Musica del 68

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Musica del 68

LA MUSICA DEL 68 STUDENTESCO

1. INTRODUZIONE

 

1968:La canzone italiana scopre la voglia di combattere transitando dal Festival di Sanremo alle piazze. Il suo è un cammino non facile,inizia dall’impegno di Fabrizio De Andrè e di Francesco Guccini per proseguire col furore militante di cantautori come Paolo Pietrangeli,che si riappropriano della tradizione folk per dare voce agli studenti e agli operai.
In America e in Inghilterra il rock cerca invece di mutare pelle attraverso il timido approccio politico dei Beatles,la violenza blues dei Rolling Stones,l’imprevedibile religiosità di Bob Dylan,il ribellismo autolesionista di Jim Morrison e di Jimi Hendrix,la rabbia freak di Frank Zappa.
Ci volle infatti il Sessantotto della musica ribelle per mandare all’aria convinzioni puramente pacifiste. Un ’68 che prese le distanze dalla vetrina della hit parade radiofonica e impose la propria forza alimentandosi di canzoni in presa diretta, di cronaca sociale e politica,di messaggi di lotta. Fu un passaparola che si mise a viaggiare da cantina a cantina,da corteo a corteo. E per dare forma alla protesta furono sufficienti una voce e una chitarra acustica.

2. LA CANZONE POLITICA

 

Per meglio focalizzare il Sessantotto della musica in Italia è necessario fare un passo indietro.
Sanremo 1967:il suicidio del cantautore Luigi Tenco,in gara con il brano Ciao,amore,ciao, produce l’effetto di scardinare un’epoca:grida basta al conservatorismo festivaliero,preannuncia l’imminente rivoluzione culturale. Caratterizzerà infatti non poco il festival successivo.
Sanremo ’68 nella sostanza fu veramente “sessantottesco”. Il primo posto ottenuto da Sergio Endrigo pose infatti all’attenzione del grande pubblico un artista introspettivo,del tutto estraneo alle mode e di fede comunista.

Le canzoni del cosiddetto “impegno”,intonate in compagnia perseguendo un’idea di spettacolo estemporaneo,on the road, senza barriere ed estranee ai santuari della musica (il palcoscenico sanremese,le sale di registrazione) traevano spunto dal patrimonio folkloristico nazionale che due gruppi in particolare (Cantacronache e il Nuovo Canzoniere italiano) avevano riscoperto e reinterpretato.
Il primo,formatosi a Torino nel 1957 e supportato da scrittori come Eco,Calvino,Fortini e Rodari,combatteva il disimpegno canzonettistico dando voce alla cronaca pressante e all’attualità politica.
Il Nuovo canzoniere italiano,nato a Milano negli anni ’50 attorno al lavoro di Gianni Bosio e Roberto Leydi,due studiosi del movimento operaio,cominciò invece ad approfondire il canto popolare entrando poi in contatto con Cantacronache.

Ma la canzone politica propriamente detta,quella concepita come strumento di aggregazione e propaganda sotto una bandiera (generalmente rossa) ha una data di nascita precisa,come ci ricorda Michele Straniero,uno dei fondatori del gruppo Cantacronache:
“Era l’estate del 1957.Pestalozza (la massima autorità del Pci sulla musica) insieme ad altri era andato a Berlino dove avevano visto al lavoro i Berlines Ensemble. Quando tornarono tentammo anche noi di lanciare canzoni politiche anche noi? I primi tentativi furono fatti ascoltare a Mila,Einaudi e a vari funzionari del partito a Torino.
Piacquero. Fu così che il Pci ci mise a disposizione una casa editrice,Italia Canta”.
Alla lunga però l’idea si rivelò tutt’altro che brillante.
Innanzitutto il Partito comunista,che da una parte aveva favorito la nascita della canzone politica,si comportava nei suoi festival da perfetto imprenditore:nessuna corsia preferenziale per i “suoi” artisti,ponti d’oro invece ai cantanti che avevano successo “di cassetta”.
Per i cantautori politici la vita fu infatti molto dura:ostracismo ufficiale dalla radio di Stato,dalla tv di Bernabei oltre ad un totale disinteresse delle altre case discografiche. A ciò si aggiungeva la concorrenza dei cantautori che avevano abbandonato la formula menestrellesca canto-chitarra in favore di forme spettacolari più sofisticate con tanto di band e luci.
Il rock e la pop music dal canto loro non trovarono particolari ostilità da parte dell’industria discografica e della radiotelevisione,perché,più che esprimere precise istanze politiche,riferivano in maniera mediata il nuovo modo di essere dei giovani, attraverso ritmi e sensazioni che privilegiavano l’analisi estetica a quella politica.
Oggi la canzone che nasce come messaggio politico di lotta e di rivolta sopravvive solo nel rap formato centri sociali dei 99 Posse e da pochi altri gruppi per lo più sconosciuti dalla maggior parte della gente.


3. PAOLO PIETRANGELI

Dalla palestra cantautorale del Nuovo canzoniere italiano ebbe modo di emergere Paolo Pietrangeli, romano,figlio del regista cinematografico Antonio Pietrangeli.
Oggi regista del “Maurizio Costanzo Show” scrisse le canzoni politiche più violenti,memorabili e orecchiabili del filone politico come “Contessa”,o “Mio caro padrone domani ti sparo” (che fanno parte della prima raccolta lanciata da Hobby and Work,intitolata “Avanti Popolo”.
In un periodo in cui le canzoni nella sinistra grondavano di passione e di militanza,lui riusciva già a distinguersi per un certo gusto ironico che spaziava dal privato al politico. Le sue canzoni,più che barricadiere,avevano toni cabarettistici con i quali Pietrangeli ben comunicava,nascosto da una gran barba nera su una faccia paciosa.
Secondo Pietrangeli “una canzone doveva entrare in sintonia con quanto accadeva,con quanto si sentiva”. E confrontarsi laddove fosse possibile con ciò che uccedeva fuori dai confini nazionali:come ad esempio l’uccisione del Che nell’ottobre del 1967,narrata in musica nel ’68 in “Comandante Che Guevara”,un altro grande successo popolare. Ma a fornire la materia prima per le canzoni militanti era pur sempre la realtà italiana.
I brani più recenti di Pietrangeli,meno noti,raccolti nello spettacolo “Canti e contesse”,si staccano nettamente dallo stile naif degli anni ruggenti, e propongono un minimalismo straordinariamente attuale.
Recentemente è uscito il suo ultimo album,intitolato “C’è poco da ridere”,nel quale si capisce benissimo che,nonostante i tempi non siano più quelli duri del 68,anche di fronte ai fatti della cronaca politica attuale c’è molto meno da ridere di quanto sarebbe giusto,come di fronte ai recenti fatti del G8.

In un’intervista ad una rivista di musica italiana Pietrangeli  da un suo giudizio alla canzone politica dei nostri tempi e sul suo futuro:
-Rispetto al passato la canzone politica sembra diventata un po’ fuori moda,sono pochi gli artisti che la ripropongono. Secondo lei questo a cosa è dovuto?
“Da sempre,risponde Pietrangeli,il mondo della canzone e il mondo della politica viaggiano su strade che sono nella migliore delle ipotesi parallele se non divergenti.Se però guardiamo tutta una serie di gruppi che fanno rap scopriamo che non è proprio così. I 99 Posse,per esempio,e altri gruppi anche meno noti che suonano in alcune situazioni,come i centri sociali,non è che non cantino canzoni politiche,tutt’altro. Certo che nel momento in cui la canzone risponde non all’urgenza del racconto,ma al fatto di essere venduta,è chiaro che scegliendo la canzone politica automaticamente limiti il target dei tuoi fruitori,come si dice adesso. Non è però sempre così,basta vedere Manu Chao e il successo che ha raggiunto facendo soprattutto canzoni politiche. Secondo me in questo momento c’è una sorta di risveglio rispetto a qualche anno fa.”


3.1.“CONTESSA”

Nel 1966 Paolo Pietrangeli scrisse “Contessa”,brano promosso ad “inno nazionale” del movimento studentesco sessantottino.
Composto durante l’occupazione dell’Università di Roma in seguito all’uccisione dello studente Paolo Rossi per mano fascista (27 aprile 1966),diviene popolarissimo in tutte le manifestazioni politiche,al pari di Bandiera rossa e dell’Internazionale.

Che roba Contessa,all’industria di Aldo                                               Contestaz.operaia vista dalla parte dei padroni  
Han fatto uno sciopero quei quattro ignoranti,                                     Cronaca di uno sciopero
Volevano avere i salari aumentati                                                         Motivi che inducono allo sciopero
Gridavano pensi di essere sfruttati

E quando è arrivata la polizia                                                                Modalità dello sciopero all’arrivo della polizia
Quei quattro straccioni han gridato più forte                                        e loro reazione
Di sangue han sporcato il cortile e le porte                                          Non c’è rassegnazione-si usa anche violenza
Chissà quanto tempo ci vorrà per pulire.                                              Sono versi di cronaca nera tipici del ‘68

Compagni dai campi e dalle officine                                                    E’ il verso passato alla storia
Prendete la falce,portate il martello                                                      Incitamento di rivolta agli operai-richiama all’uso
Scendete giù in piazza picchiate con quello                                         sistematico di violenza contro Sistema di prepotenti
Scendete giù in piazza affossate il Sistema

Voi gente per bene che pace cercate                                                     Come nel verso precedente si denota foga,ardore
La pace per far quello che voi volete                                                    e furore di quel momento
Ma se questo è il prezzo vogliamo la guerra                                        Invito a combattere per cambiare il Sistema
Vogliamo vedervi finir sottoterra                                                         per la libertà
Ma se questo è il prezzo l’abbiamo pagato
Nessuno più al mondo dev’essere sfruttato
La struttura ora ripete quella dei primi 4 versi
Sapesse Contessa che cosa mi ha detto                                                                
Un caro parente dell’occupazione                                                        
Che quella gentaglia rinchiusa li dentro                                              
Di libero amore facea professione                                                        In questi 2 versi si nota bene il punto di vista
Delle classi ricche,dei padroni che rivendicano la
E del resto mia cara di che si stupisce?                                                 Loro superiorità sugli operai..
Anche l’operaio quale figlio o dottore                                 
E pensi che ambiente può venir fuori!!
Non c’è più morale…Contessa.

Se il vento fischiava ora fischia più forte
Le idee di rivolta non sono mai morte
Se c’è chi lo afferma non state a sentire
E’ uno che vuole soltanto tradire
Se c’è chi lo afferma buttategli addosso
La Bandiera Rossa…gettatelo in un fosso

Voi gente per bene che pace cercate
La pace per far quello che voi volete
Ma se questo è il prezzo vogliamo la guerra
Vogliamo vedervi finir sottoterra
Ma se questo è il prezzo l’abbiamo pagato
Nessuno più al mondo deve essere sfruttato.  

Questa canzone-simbolo che si snoda lungo versi crudi,da spietata cronaca nera era, come ha ricordato di recente Pietrangeli “un canto di libertà,non di mediazioni che canalizzò intenzioni e furori di quel momento. Era inoltre scritta da uno del movimento:molti la conoscono,ma in pochi sanno chi l’ha composta”

 

 

Fonte: http://www.tesionline.it/tesiteca_docs/13051/LA_MUSICA_DEL_68_STUDENTESCO.doc

Sito web da visitare: http://www.tesionline.it

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

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