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Storia della Musica, l’Antica Grecia
Prof. D’Amico Antonello
Ist. Magistrale “Emilio Lussu”
Premessa
Nella storia della cultura occidentale, l'antichità greca ha rappresentato un concreto modello di classicità, specialmente per l'architettura, la scultura e la letteratura. Diverso è stato per la musica, arte altrettanto importante e praticata nel mondo classico, della quale, a differenza delle discipline precedentemente dette, ci sono rimasti solo pochi frammenti e di difficile interpretazione. L'elemento di continuità tra il mondo della civiltà musicale ellenica e quella dell'Occidente europeo è costituito principalmente dal sistema teorico greco, che fu assorbito dai romani e da essi trasmesso al medioevo cristiano. Il sistema diatonico, con le scale di sette suoni e gli intervalli di tono e di semitono, che sono tutt’ora base del nostro linguaggio musicale e della nostra teoria, è l'erede e il continuatore del sistema musicale greco. Altri aspetti comuni alla musica greca e ai canti della liturgia cristiana dei primi secoli dell'era volgare furono il carattere rigorosamente monodico della musica e la sua stretta unione con le parole del testo.
I tre grandi periodi della storia della musica greca
In linea di massima, è possibile distinguere tre grandi periodi all'interno della storia della musica greca:
Periodo arcaico: dalle origini al VI secolo a.C.
Periodo classico: dal VI secolo al IV secolo a.C. Fu il periodo delle grandi città di Atene, Sparta e della grande fioritura dell'arte e del pensiero filosofico greco;
Periodo ellenistico-romano: dal IV secolo fino al 146 a.C. (conquista della Grecia da parte dei Romani);
Periodo arcaico
Nel periodo arcaico domina, in Grecia, una concezione della musica che è di tipo magico-incantatorio. Ricordiamo che, per i Greci, la magia era un estremo tentativo di controllare le forze naturali che si presentavano, con violenza, all'uomo primitivo. Fu in questo periodo che nacquero racconti mitologici che fanno riferimento al potere psichico della musica.
La forte presenza della componente sonora nella Grecia arcaica viene testimoniata dal fatto che quasi tutti i miti greci hanno una dimensione sonora (ad esempio, i miti relativi alla nascita degli strumenti, ad esempio il mito della ninfa siringa, innamorata di Pan, la quale, per sfuggire a quest’ultimo, venne trasformata in canna. Pan, per conservare questo legame con la ninfa, tagliò queste canne facendone il suddetto strumento musicale).
Gli strumenti
Lo strumento associato a questa dimensione magico-incantatoria fu l'aulos:
Era uno strumento a fiato ad ancia doppia, simile al nostro oboe, sacro al culto di Dioniso, dio del vino, dell'ebbrezza e dell'incantamento. Una striscia di cuoio girava intorno al capo dell'esecutore, aiutandolo a fermare, tra le labbra, le imboccature dell'aulos doppio, il diaulos, strumento più diffuso dell'aulos semplice.
Un altro strumento utilizzato in Grecia fu la cetra:
strumento utilizzato, generalmente, per accompagnare i racconti delle leggende degli dei e degli eroi. La lira o cetra era ritenuta e sacra al culto di Apollo, il dio della bellezza e simboleggiava una diversa idea della musica, molto più razionale di quella associata al dio Dioniso. Era formata da una cassa di risonanza dalle cui estremità salivano due bracci collegati in alto da un giogo. Tra la cassa e il giogo erano tese le corde: dapprima 4, poi 7, poi in seguito molte di più.
Le composizioni
Le composizioni che ci sono pervenute non raggiungono tutte insieme l'estensione uno dei pezzi più brevi di Bach. Comunque sia, tra i pochi documenti pervenutici in cui vengono utilizzati le due notazioni ricordiamo:
Un frammento del primo stasimo della tragedia Oreste di Euripide, scritto su papiro;
Due inni delfici, in onore di Apollo, uno in notazione vocale, l'altro in notazione strumentale, entrambi incisi su pietra;
Tre inni di Mesomette di Creta, dedicati al Sole, a Nemesi e alla musa Calliope, pubblicati da Vincenzo Galilei alla fine del ‘500.
Infine l'Epitaffio di Sicilo, inciso su un ceppo funerario è l'unico completo ma brevissimo.
Le Notazioni
I Greci adottavano due tipi di notazione, una strumentale derivata dalle lettere Fenicie e l'altra vocale utilizzando le lettere in maiuscolo dell'alfabeto Greco Antico.
L’Epitaffio di Sicilo
La Teoria
La Ritmica Nella Grecia antica, la musica era assolutamente inseparabile dalla poesia, soprattutto nel periodo più antico della sua storia. Nella poesia greca e in quella latina, la metrica era governata dalla successione, secondo schemi prefissati, di sillabe lunghe e brevi (metrica quantitativa). Da questi schermi derivavano le alternanze fra tempi forti e deboli, cioè il ritmo.
La ritmica greca si estendeva all'area delle arti temporali, quindi la musica adottava gli stessi principi metrici della poesia (Ogni verso della metrica greca era costituito da un insieme di piedi, dati da sillabe lunghe e brevi). Elemento fondamentale ed indivisibile della metrica greca era il tempo primo, misura della sillaba breve. La breve si indicava con il segno U e corrispondeva alla durata di una croma, mentre la lunga si indicava con il segno - e corrispondeva alla durata di due sillabe brevi, ossia di una semiminima. Il ritmo si produce solo quando ci sono due o più note o sillabe, cioè più brevi e lunghe; esse si ordinavano in schemi ritmici chiamati piedi (pirricchio, giambo, trocheo…) Nella poesia, i piedi si raggruppavano in combinazioni varie a formare i versi, e i versi a formare le strofe.
Il canto
Verso la fine del periodo arcaico cominciò a svilupparsi una lirica monodica, affidata ad una voce sola ed eseguita in contesti conviviali. Monodiche furono, ad esempio, le intonazioni con cui si declamavano i poemi omerici e la lirica delle epoche alessandrina e romana.
In alcune città come Sparta, invece, ove si sviluppò un forte senso civile e si diede importanza alla dimensione collettiva della vita, si sviluppò una produzione di musica corale, affidata ad eventi celebrativi pubblici sia religiosi che laici.
Forme della lirica corale furono tra gli altri:
il ditirambo in onore di Dioniso,
Periodo Classico
Nel periodo classico, la prima grande novità fu la nascita della tragedia . Della tragedia abbiamo notizie dall'opera Poetica (Aristotele)|Poetica]] di Aristotele , nella quale si afferma che la tragedia nasce, nel Peloponneso, dal ditirambo .
La struttura della tragedia
Prologo: recitato da un personaggio allegorico che introduce la tragedia;
Parodos: l'entrata del coro, che avviene danzando e cantando;
Alternanza di episodi (ossia parti recitate) e stasimi (ossia parti cantate dal coro);
exodos: scioglimento della vicenda. Poteva essere cantato o recitato, o entrambi.
La struttura della tragedia
Dal punto di vista musicale, nel periodo classico, il nomos viene sostituito gradualmente da un'armonia o modo, cioè da scale. La differenza tra nomos e modo sta nel fatto che il nomos è una melodia prestabilita in una tonalità, mentre il modo ci consente di inventare nuove melodie pur battendo sulla stessa tonalità. L'esecutore che utilizza il nomos è vincolato ad usare una sola melodia, mentre colui che utilizza il modo, cioè la scala, può inventare, mantenendo il tono, l'accento espressivo del nomos. I principali modi, dorico, frigio e lidio, vengono chiamati con i nomi dei nomoi corrispondenti proprio perché le scale di quei nomoi sono le stesse dei modi, con la differenza che il nomos è solo una melodia, mentre il modo è una scala che consente all'esecutore di inventare, quindi c’è una fioritura inventiva.
Com’è avvenuto di norma nella storia della musica, le innovazioni tecniche, cioè i sistemi musicali, precedono la loro teorizzazione. I Greci utilizzavano i sistemi musicali in maniera pratica.
La struttura della tragedia
Il compito del Coro è, anche, quello di spiegare al pubblico azioni e reazioni che avvengono sulla scena, le quali, per motivi ovvi, non sono di facile e immediata comprensione;
il Coro è neutrale rispetto agli attori e alle loro azioni, e svolge la funzione di "narratore".I cittadini greci infatti erano obbligati alla partecipazione della tragedia, in modo che tramite questa si arrivasse a quella purificazione dei mali e presa visione dei proprio limiti, questo momento di purificazione era chiamata catarsi.
Calcolo delle altezze musicali secondo il sistema Pitagorico
Pitagora, nato presumibilmente attorno al 570 a.C. nell’isola di Samo, nel Mar Egeo, dopo lunghe peregrinazioni che lo portarono addirittura nell’antico Egitto e a Babilonia, visse poi nella Magna Grecia (l’attuale Italia Meridionale), dove insegnando filosofia e matematica, si circondò di una schiera di seguaci, i cosiddetti “Pitagorici”.
Pitagora
Sebbene alcune delle ipotesi più stravaganti degli allievi di Pitagora siano oggi del tutto discutibili, e la loro ossessione per i numeri fu già criticata in maniera ironica da Aristotele ( che nel IV secolo a.C. scrisse nella Metafisica: “I cosiddetti pitagorici si dedicarono per primi alle scienze matematiche, facendole progredire; e poiché trovarono in esse il proprio nutrimento, furono del parere che i principi di queste si identificassero coi principi di tutte le cose”), i pitagorici diedero un contributo fondamentale allo sviluppo della matematica, e alla sua applicazione al concetto di ordine, sia questo musicale, cosmico o persino etico. La loro antica sapienza si basava su una profonda ammirazione per il numero e per la sua presunta funzione cosmica.
Pitagora
Pitagora constatò che gli intervalli musicali e l’altezza delle note corrispondono alla lunghezza relativa delle corde in vibrazione. In pratica, dividere una corda tesa in base a numeri interi consecutivi genera suoni armoniosi e piacevoli, “consonanti”. Al contrario, se due note (due differenti vibrazioni) sono scelte a caso e vengono emesse contemporaneamente, il suono che ne risulta è “dissonante”. Solo poche combinazioni sono gradevoli, pochi intervalli sono consonanti. Così Pitagora, utilizzando delle semplici corde che egli faceva vibrare, scoprì che l’unisono si ottiene quando le lunghezze di due corde sono identiche (rapporto di 1:1), l’ottava quando le corde sono una la metà dell’altra (1:2), la quinta in rapporto di 2:3 (ovvero, se una la vibrazione di una corda di una data lunghezza produce un DO, una corda lunga i 2/3 della precedente produce un SOL).
Tuttavia se dovessimo costruire un arpa o un violino dei gironi nostri, determinando la lunghezza delle corde o il punto di pressione sulla tastiera solo dal punto di vista strettamente matematico il tipo di suono risulterebbe del tutto dissonante, tranne che per l’ottava.
I Pitagorici
I Pitagorici erano convinti che tutti gli elementi dell’universo dovessero le loro proprietà alla natura dei numeri. Per esempio le osservazioni astronomiche suggerivano che anche il moto dei corpi celesti fosse estremamente regolare, che rispettasse un ordine ben preciso. Così, è di Pitagora e dei suoi seguaci la formulazione del concetto di “musica delle sfere”, musica prodotta dal regolare muoversi dei corpi celesti, che soltanto pochi eletti possono ascoltare.
Esempio di quinte Pitagoriche
Proviamo ora a fare un esempio matematico !
Prendiamo un LA con oscillazione a 440 hz e confrontiamo altri tre suoni in contemporanea calcolandoli solo matematicamente, senza utilizzare il nostro orecchio, in teoria dovremo avere un accordo maggiore perfetto
Fonte: http://www.damomo.it/lezioni/Storia_della_musica_antica_grecia.doc
Sito web da visitare: http://www.damomo.it
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