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U2 – THE UNFORGETTABLE FIRE - Italy, Island, U2K75
1. A Sort of Homecoming (5:28)
2. Pride (In the Name of Love) (3:48)
3. Wire (4:19)
4. The Unforgettable Fire (4:55)
5. Promenade (2:35)
6. 4th of July (2:12)
7. Bad (6:09)
8. Indian Summer Sky (4:17)
9. Elvis Presley and America (6:23)
10. MLK (2:31)
Album pubblicato da: Blue Mountain Music Ltd.
Prodotto e arrangiato da: Brian Eno & Daniel Lanois.
Ulteriori arrangiamenti di: Kevin Killen e Randy Ezratty.
Tutti i brani sono stati registrati allo Slane Castle, Co. e Meath e Windmill Lane Studios, di Dublino.
Bono: voce. The Edge: chitarre, tastiere e cori. Adam Clayton: basso. Larry Mullen Junior: percussioni.
Voci, trattamenti addizionali ad opera di: Eno / Lanois.
Musica degli U2, Testi di Bono.
Arrangiamenti alle chitarre: Noel Kelehan. Luci: Paul Barret.
Managment: Paul McGuinness. Anne-Louise Kelly, Ellen Darst.
Staff: Dennis Sheehan, Joe O'Herlihy, Steve Iredale, Tom Mullally, Steve Rainford, Peter Williams, Tim Buckley, Lord Henry Moutcharles.
Cover fotografia: Anton Corbijn / Steve Averill.
Realizzazione: Anton Corbijn / The Creative Dept Ltd.
Ringraziamenti particolari rivolti a Mrs Christine Kerr.
Batterie: Yamaha.
Corde: James Howe Industries.
«Noi non consegniamo dei messaggi belli e pronti alla gente. I nostri testi e la nostra musica sono il nostro tentativo di cavare qualcosa fuori dalla confusione delle nostre vite; e credo ciò sia quello che più o meno tutti cercano di fare. Le nostre liriche cercano di esplorare ed analizzare terre dure ed aspre, luoghi interiori quali le paure che molti preferirebbero seppellire. Il messaggio è quindi a noi stessi, noi non additiamo nessun’altro se non noi stessi. Non siamo predicatori, politicanti o profeti, siamo esseri umani che chiedono “aiuto”, noi celebriamo l’essere umani» - Bono, ai microfoni di Davide Sapienza (dalla e-zine Fire, e dal numero 1, del febbraio 1985, pag.8).
The Unforgettable Fire è il quarto album studio degli U2 e il quinto della loro carriera. Un album in cui si sente una certa maturazione artistica e musicale, nel flusso di coscienza metafisico incontro al quale la band è voluta andare, non ponendosi limiti di tempo per la realizzazione e chiudendosi in stanza asettica, dove poter lavorare su melodie che da tempo le menti dei 4 della band, avevano nella testa.
D’altronde si tratta del primo album post-punk uduico e soprattutto di un album in cui collaborano, per la prima volta, coloro che diventeranno i produttori storici della band: Brian Eno e Daniel Lanois.
L’arte attraverso diversi tentativi d’opera, si fa conoscenza suprema del mondo, nelle suggestioni e nei contrasti: questo in sintesi è quello che si può dire al primo ascolto di questo innovativo album.
L’album ancora una volta vede la presenza di qualche pezzo unicamente strumentale, la qual cosa ha fatto storcere un po’ il naso agli addetti ai lavori. E’ un anno importante quello di The Unforgettable Fire: Like A Virgin di Madonna (Sire/Warner Bros, 1984) e Thriller di M. Jackson (Epic, 1982), diventeranno dischi memorabili della storia della musica mondiale, come quel Born In The Usa di B.Springsteen (Sony, 1984), che di lì a poco diventerà grande amico, nonché duettista del nostro vocalist. I Queen danno alle stampe uno dei loro lavori più contraddittori e sperimentali della loro storia, come A Kind Of Magic (EMI/Hollywood Records, 1986),e anche gli U2 si cimentano con un genere nuovo: una musica di tipo ambient, con la stessa energia rock delle origini ma con una maggior manipolazione e “addolcimento” dei suoni. Ne viene fuori l’album forse più genuino di tutta la loro discografia, senza i grandi stridii delle origini ma anche senza l’elettronica che irromperà nelle chitarre di Edge e Adam nel corso di tutti gli anni 90. Il titolo dell’album è estrapolato da una mostra di quadri omonima, eseguita in quegli anni dai superstiti della bomba di Hiroshima, che gli U2 visitarono a Chicago nel 1983. Inoltre i due castelli su cui si regge la grafica e la storia di quest’album, sono icone e significato del nuovo progetto della band irlandese: lo Slane Castle e il Moydrum Castle. Quest’ultimo è il simbolo della violenta storia d'Irlanda. Costruito nel 1814 diventò la dimora dei Lord Castelmaine. Nel luglio 1921 l'esercito britannico, in cerca di armi, rase al suolo tre fattorie nei pressi del castello. La popolazione in rivolta si vendicò sul castello, simbolo del potere inglese, e lo diede alle fiamme, distruggendolo. Là dove prende vita la storia della rivolta irlandese, nascono ora piante e fiori, mai sradicati. Gli U2, sono ormai alle radici della storia e alle radici della musica irlandese: agli occhi del mondo possono diventare testimoni con la loro musica della causa nazionale contro l’Aids combattuta da Bob Gendolf nel Live Aid del 1984.
Badsuonata per 12 minuti e Sunday Bloody Sunday in diretta da Dublino, rappresenteranno 2 dei momenti di maggior catalizzazione mediatica dell’evento televisivo.
Bono ha detto: «The Unforgettable Fire è stato un disco deliziosamente sfuocato, sgranato come un quadro impressionista, molto diverso da uno slogan su di un tabellone pubblicitario» e anche noi, proponiamoci di ascoltarlo, con la pazienza e l’ammirazione giusta: né tanta, né poca insomma.
I PEZZI
1. A Sort Of Homecoming – Il brano si apre rockeggiando con la batteria di Larry, in pieno stile War; ben presto, però, il suono si fa meno aggressivo, e la voce di Bono che da vivace (come al solito) diventa un po’ più “pulita”, un po’ “netta” del passato.
Il testo è ispirato alla poetica di Paul Celan (1920-1970), ebreo di lingua tedesca nato in Romania, morto suicida nel 1970 a Parigi, che auspicava «il ritorno a casa senza più violenze, dopo i viaggi intorno al mondo che la vita ci spinge ad intraprendere».
Kylie Minogue (che nel 2006 ha dettato con Bono nell’esecuzione di un brano di R. Williams intitolato Kids (dall’album della pop star britannica Sing When You’re Winning, EMI 2001), durante lo Showgirls Tour), cantante pop di origine australiana, ritiene che l’homecoming degli artisti sul palco sia quello che riesce a rispondere ad una esigenza importante della musica: rispondere a questa affermazione: «I want to aim that!».
Cosa vuol dire? Tornare in studio e sullo stage dei concerti con la stessa fame di successi con cui ci si è fatti strada e con la grande voglia di mostrare il potere delle parole.
And you hunger for the time/Time to heal, 'desire' time/And your earth moves beneath/Your own dream landscape.
On borderland we run.
I'll be there, I'll be there tonight, A high-road, a high-road out from here.
Notevole l’apporto di Adam, molto ispirato al basso, Bono in alcuni momenti sembra cantare come un americano del dixieland o meglio come un africano delle piantagioni “canterine”: Oh com-away, I say, o com-away, I say I.
Perla rara del disco e solo apparentemente disgregata, non puoi dirle veramente nulla di cattivo per la bontà che traspira.
Per stanotte finalmente sto tornando a casa
Sto tornando a casa.
2. Pride (In The Name Of Love) – Il brano, il primo dell’album scritto in onore e memoria del reverendo Martin Luther King:
Early morning, April four
Shot rings out in the Memphis sky
Free at last, they took your life:
sono i versi riportati nell’epitaffio della tomba che custodisce il corpo del reverendo dalla data della sua morte, 04 Aprile 1968.
Il brano apre ufficialmente un ciclo di hits indimenticabili e memorabili che porteranno gli U2 sul tetto del mondo con quel loro stile cosi “americano”: The Unforgettable Fire, The Joshua Tree e Rattle & Hum, rappresenteranno la trilogia eighties’ blues and soul di Bono e compagni e forse il loro momento di maggiore ispirazione artistica. Pride la cantano tutti, anche quelli che gli U2 non li conoscono. A Torino nel luglio del 2001, Pride diventa simbolo del Giubileo 2000, e da testimonianze rese note dalla città piemontese, l’urlo dei 70.000 spettatori raggiunse la periferia della città a km di distanza e persino in alcune residenze limitrofi.
In the name of love / What more in the name of love
In the name of love / What more in the name of love... Oh oh oh oh...: il ritornello si esaurisce in queste due semplici frasi reiterate e anaforate ma che diventano un inno di passione e liberazione con quei cori finali che sembrano non voler arrendersi alle dissolvenze che le questioni di tempo e di registrazione impongono.
Tornando all’inizio del brano, Pride è ancora una volta determinazione del trionfo della chitarra di Edge che inizia a imporre i propri riffs intricati e elaborati all’attenzione del pubblico di tutto il mondo. Bono canta a squarciagola e sembra lo stesso di October e/o War.
Un pezzo suggestivo e solenne, ricco di fanfare.
Il brano ha una energia incredibile che lo rendono unico nel suo genere; irripetibile nella carriera costellata di successi degli U2, non ci sarà un’altra Pride:
They could not take your pride.
3. Wire – Trionfo di chitarre, loop e bassi, l’introduzione di questo brano che diventa in alcuni punti un po’ la Bullet The Blue Sky del passato con le sue strazianti sonorità che segnano una condizione di disagio, parla dei lacci della vita e di quelli della droga, gli stessi che legheranno in manierà più dolce e passionale, la straordinaria galoppata musicale di Bad.
Is this the time, The time to win or lose?/ Is this the time, The time to choose?: e a scegliere per gli U2, ci pensa Brian Eno che in questo brano si sente molto presente con i suoi lavori tra le royalties dell’album.
Divertente e trascinante, sebbene di divertente ci sia ben poco nel parlare di droga.
Io entro e tu esci, tu ci riesci
Eccoci qui ancora, ora fai le tue scommesse
E' questo il tempo ?
Il tempo per vincere o perdere ?
E' questo il tempo ?
Il tempo per scegliere ?
Un Bono in versione accanita, che non dispiace per nulla.
4. The Unforgettable Fire – Un po’ Drawning Man, un po’ Scarlet, un po’ The Ocean, un po’ New Year’s Day, forse un po’ anche Party Girl, il secondo singolo di questo disco delle meraviglie si tinge di forti tinte impressionistiche, di pianoforti, loop, e straordinari violini finali. E’un quadro di impressioni diverse sulla vita e sull’amore, come lo è il videoclip che lo accompagna, in una fuga tra castelli dell’orrore e campi di grano sterminati, tempeste di fulmini e giostre:
Carnival
The wheels fly and the colors spin
Through alcohol
Red wine that punctures the skin
Face to face
In a dry and waterless place
è la strofa più impressionante del brano e gli U2 tutti presenti (e si sente), forse giocano il meglio delle loro cartucce in un brano che è irripetibile e che nelle sonorità è un po’ come Pride.
Qualcuno spara dei colpi, proprio come quelli di proiettile da una Magnum: è Larry o è Brian? L’emozione per chi ascolta aumenta, in un crescendo di emozioni e di timore che questo brano sembra infondere. Una estrapolazione della loro storia, poco suonata nei tour, forse perché è uno di quei “pezzi maledetti”, nei significati reconditi e nelle note forse raggiungibili solo in studio; chi lo sa.
Tra il settembre del 1984 e l’aprile del 1985, con questo singolo e con il precedente (Pride), gli U2 pubblicano alcune b-sides strumentali come Boomerang I e Boomerang II, 4th of July, The Tree Sunrises, Love Come Tumbling, Bass Trap (gli ultimi tre pubblicati nel 2007 nell’edizione deluxe della nuova versione rimasterizzata di The Joshua Tree) e Sixty Seconds In Kingdom Come.
5. Promenade – Brano targato tutto Hewson; Bono, intimista e riflessivo, nel suo quaderno personale scrive questo pezzo, in occasione dell’acquisto della prima casa, post-nozze, lungo le rive del mare che bagna Dublino.
Oh, tell me, Cherry you dance with me
Turn me around tonight
Up through the spiral staircase
To the higher ground.
Slide show ,sea side town.
Coca-Cola, football radio radio radio
radio radio radio.
Si tratta probabilmente di uno dei pezzi meno riusciti dell’album, solo perché troppo smielato e semplice nelle sonorità, e ogni tanto “deve” anche accadere per chi è grande come loro, ma non infallibile.
Eppure il testo è molto particolare: un’associazione di immagini interiori proiettate su uno schermo naturale esteriore, essendo stato anche uno dei testi “improvvisati” al microfono da Bono (ancora una volta da Fire, numero 2, Maggio 1985, pag. 15).
Atmosfere soffuse e americaneggianti, Promenade contiene suggestioni funebri, specie nell’utilizzo dell’espressione Cherry dance with me, che per gli anglosassoni è, a quanto pare, una sorta di invocazione alla morte.
Dalle parole di Bono, a Bill Flanaghan, in «Soul Revelation And The Baptism Of Fire» del 01 Febbraio 1985: «The song was written in one take. I went to the microphone with a piece of music and just sang it. In some ways it's complete coincidence. The 'radio' image just came to me -- and obviously I turned it into that Van [Morrison] lick: 'Radio, radio, radio’».
Una melliflua chitarra di Edge, regala uno straordinario momento di pace; proprio quello della morte.
6. 4th of July – Ancora un brano nazionalista, ancora una data storica. Questa volta in un pezzo totalmente strumentale, gli U2 celebrano il giorno di Indipendenza americana, ma per noi italiani potrebbe anche rappresentare due date storiche differenti: la celebrazione della nascita dell’eroe dei “due Mondi”, Giuseppe Garibaldi (1807-1882) e la vittoria sulla Germania nella semifinale dei Mondiali di Calcio del 2006 che ci avrebbero reso Campioni del Mondo per la IV volta. Dal punto di vista musicale, niente più che un intermezzo che anticipa il “grande cavallo di razza” del lato di B della cassettina, targata Island Records.
«L’avevamo lasciata in fondo ad un nastro» - dalle parole di The Edge - «ed è stato Bono a volerla a tutti i costi nell’album».
Angosciosa e destabilizzante.
They promised you a miracle…
7. Bad – C’è chi si perde ad interrogarsi sul significato della parola di questo brano (cattivo/cattiva oppure “eroina”, intesa come droga?) e chi invece non capisce come mai Badnon abbia dato luogo a un 45 giri, fatta eccezione per l’EP Wide Awake In America, del 1985, che conterrà una versione live da 8 minuti della canzone più canticchiata (dai fans) della storia degli U2.
Punti di vista.
Stiamo parlando di un altro pezzo storico e indimenticabile della carriera degli U2, che non manca mai nei concerti in giro per il mondo del quartetto. Sonorità celtiche e campanellini (gli stessi di Wind In Lonely Fences del disco Ambient #2, The Plateau Of Mirror di Brian Eno, EG/Astralwerks/Thirsty Ear, 1980) alternati a tamburellate Mulleiane, sono solo l’inizio di questa carica all’arma bianca di una canzone in crescendo.
Questa canzone non riguarderebbe una persona in particolare, ma un mucchio di persone su questa Terra,… probabilmente parlerebbe anche di BonoVox il quale si rivolge alla band con queste parole: «Questa è per loro, per quelli di loro che si sono innamorati di un'amante pericolosa - l'amante è l'eroina e la canzone è Bad»; il brano che è un crescendo di emozioni oltre che di introduzioni strumentali (a partire dalla batteria e dai violini), che la rendono in alcuni tratti un pezzo folk, quasi western.
I significati che possiamo trovare sul dizionario di lingua inglese della parola Bad sono molteplici e tutti perfettamente adattabili ai valori professati nella canzone: sbagliato, malato, sgradevole.
Badè il trionfo dei sostantivi minimalisti di Paul Hewson:
This desperation
Dislocation
Separation
Condemnation
Revelation
In temptation
Isolation
Desolation… ed è senza dubbio una delle canzoni più riuscite dell’album.
Un roundtrip simbolico nelle profonde foreste incantate di Re Artù e gli spazi incontaminati della selvaggia wilderness americana.
8. Indian Summer Sky – La canzone indica un’evidente e incalzante “tuffo” nella natura incontaminata, tra i vuoti delle riserve autoctone indiane che hanno smantellato le tende dei loro rifugi per lasciare il posto a enormi teschi di bisonti, punzonati da condor famelici e iene.
Dopo un pezzo come Bad non ci si aspetta che gli U2 riescano ancora a stupire, eppure lo fanno alla grande. Non mancano ormai sempre più evidenti le citazioni alle città americane di cui Bono & Co. si sono fatti cittadini “virtuali” onorari (prima ancora di riceverne la carica autentica che avverrà durante il Conspiracy Of Hope Tour).
Molte città americane nascono sulle ceneri di antiche civiltà scomparse o rese autoctone per via dell’uomo bianco, come è avvenuto per gli indiani, oggi più che mai “stivati” nelle riserve naturali. In questa canzone domina il soprannaturale, sopito solo dalle percosse e dalle violenze subite dai nativi d’America: il senso dello spirito intrappolato nella giungla di cemento vien fuori come sguardi veloci.
Così vento passa attraverso il mio cuore
Così vento soffia attraverso la mia anima
Così vento passa attraverso il mio cuore
Così vento soffia attraverso la mia anima
Così vento passa attraverso il mio cuore…
Musicalmente parlando, in alcuni punti si risentono le origini musicali di Boy, nella sua vena selvaggia, ma è bella perché veloce:
Tu offri te stesso per questo il giorno più lungo
Tu offri te stesso, ti dai via completamente.
Mentre Bono prega, mani sollevate al cielo, gli altri 3 rivolgono i loro versi selvaggi uh uh, agli spiriti del loro animo da pellerossa, e provano a rievocarli, in una fiera attitudine guerriera.
Intensa e sottovalutata: tingiti anche tu la faccia di terra e maschere indù, e balla attorno al fuoco con gli U2.
9. Elvis Presley And America – Bono disse che fu scritta pensando all'ultimo Elvis che, obeso e frastornato, dimenticava le parole delle proprie canzoni. Non sarà il primo brano che gli U2 dedicheranno al genio del rock’n’roll di Memphis (vedi Elvis Ate America, in Passengers, Original Soundtrack Vol.I), ma rispetto all’altra (che verrà), questa canzone suona per lo meno, un pochettino più orecchiabile. Resta la passione e il ricordo per Elvis (vocalizzare e improvvisare un testo proprio come avrebbe fatto lui non è certo poca cosa), ma gli U2 ogni volta che gli rendono omaggio non riescono a comporre mai più di una canzonetta: è un dato di fatto che questa canzone contenuta in The Unforgettable Fire album, sembra più una demo che ha rubato il posto a qualche altro brano che parso come b-side, ha dimostrato maggior caratura musicale. Bah, vabbè, godiamoci comunque questi versi:
You know
Like no one told you how
But you know
Though the king that howls has howled
But you feel like sentimental
But you don't care
If I just share it in your heart.
Bono sul vibe di questa canzone ricorda: «Brian mi diede il microfono, e mi disse di cantare su questo pezzo di musica che era stato rallentato, e suonato al contrario: io gli dissi: “Ma come?Cosi? Adesso? E lui “Si, cosi!”, “non è del resto ciò che cerchi?” Così mi misi a cantare, e quando finii c’erano tutte queste belle frasi e quelle bellissime melodie e dissi a Brian “Non vedo l’ora di finirla”, e lui: “Cosa vuol dire finirla?E’ già finita!”: ecco come è nato questo brano» (da Fire, numero di settembre 1985, n°2, pag.19, ibidem).
10. M L K– Brano di chiusura di questo album dalle nuove sonorità U2, è un po’ la “40” del 1984.
Si tratta del secondo brano dedicato alla memoria di Martin Luther King (sue infatti le iniziali che compongono il titolo questa canzone) ma che suona come una ninna nanna ed è come il momento che segue un bel tazzone di milk=latte bevuto davanti al focolare, in una notte di tempesta prima della buonanotte.
Ancora si può interpretare il testo come una dedica a tutti i padri e i defunti della Terra e non a caso MLKfu suonata in occasione dell’evento sportivo-mediatico più seguito alla tv dagli americani, il Superbowl, la finale di rugby del 2001, e alle spalle di Bono & Co. in pieno Elevation Tour si innalzarono i nomi delle vittime dell’attacco kamikaze delle Twin Towers di New York. Il sonnolento e evocativo suono del piano di Edge/Eno, fu poi bruscamente interrotto dall’introduzione della ben più rockeggiante Where The Streets Have No Name.
Dormi, dormi stanotte, e che possano avverarsi i tuoi sogni…
Valutazione in euro di un vinile: clamoroso, può costare anche solo 5 €, e cosi come venderlo (come succede) a 35 € significa, in un modo o nell’altro, commettere un’eresia
Valutazione in euro di una cassetta: 5 euro in media.
Valutazione in euro di un cd: il prezzo si aggira sugli 8-10 euro. Buona scelta per chi lo compra in questo formato. Si può pentire di avere a casa solo la cassettina. Sigh.
U2 – ACHTUNG BABY - UK, Island, CIDU28 / 510347-2
1. ZOO station (4:36)
2. even BETTER than the REAL THING (3:41)
3. ONE (4:36)
4. until the END of the WORLD (4:39)
5. who's gonna RIDE your WILD HORSES (5:16)
6. SO cruel (5:49)
7. the FLY (4:29)
8. MYSTERIOUS WAYS (4:04)
9. TRYIN' to throw your ARMS around the WORLD (3:53)
10. ULTRA violet (light my WAY) (5:31)
11. ACROBAT (4:30)
12. LOVE IS blindness (4:23)
Bono: Voce e chitarra The Edge: Chitarra, tastiere e cori. Adam Clayton: Bassi. Larry Mullen: Percussioni. Paul McGuinness: Manager. Studio Staff: Joe O'Herlihy: Monitoraggio. Des Broadbery: Tecnici Tastiere e Chitarre: Fraser McAlister, Sam O'Sullivan. Anne-Louise Kelly: Manager di Produzione dell’album.
Studi di registrazione: Hansa Ton Studios Berlin, Dog Town Dublin, S.T.S. Dublin, Windmill Lane Studios Dublin. Co-Ordinatiozione a Berlino : Joe O'Herlihy e Dennis Sheehan. Co-Ordinazione Dublin : Terry Cromer, Arrangiamenti audio.
Management Principale a Dublino: Anne-Louise Kelly, Barbara Galavan, Jackie Bennet, Eileen Long, David Herbert, Maria Duffy, Brigid Mooney, Anne O'Leary, Cillian Guidera, Liz Devlin, Cecilia Coffey. Management Principale a New York: Ellen Darst, Keryn Kaplan, Sheila Roche, Bess Burke, Lisa Fiscoff.
Copiaggio: Arnie Acosta agli A & M Mastering Studios; Los Angeles Digital Editing a cura di Stewart Whitmore / A & M Mastering Studios, LA. Quality Control Cheryl Engels / A & M Studios, Ringraziamenti a Los Angeles vanno agli strumenti: Yamaha ,Paiste, Pro-Mark and James Howe Industries per le corde. Daniel Lanois and Brian Eno compaiono per gentile concessione della casa discografica Opal/Warner Brothers.
Foto di: Anton Corbijn. Design di: Steve Averill e Shaughn McGrath - Works Associates (Dublin). Illustrazioni di etichetta di: Charlie Whisker. Ulteriori foto di: Richie Smith.
Achtung, achtung…ragazzo!
Gli anni 90 si lasciano alle spalle la triste eredità di antiche dittature ormai cadute, con tutto ciò che ha conseguito il recente crollo del muro di Berlino. L’assetto economico e politico europeo, sta, così, cambiando. Tutti gli stati occidentali dell’Europa, si proclamano desiderosi di costituirsi in comunità: una comunità che possa essere in grado un giorno di chiamarsi Stati Uniti d’Europa.
Gli U2 tornano a casa e decidono di incidere il loro sesto album negli studi di Dublino e di Berlino in Germania, gli stessi Hansa Ton Studio di David Bowie.
Dalla nazione tedesca, nasce la nuova creazione musicale degli U2, considerato a lungo, come il più bell’album degli U2, o al massimo secondo solo a The Joshua Tree.
L’aria europea che si respira in Germania “sembra” essere più fredda, più rarefatta: i suoni sono nettamente diversi rispetto al passato, l'elettronica fa il suo primo vero ingresso nel sound U2, ma l'elemento che spicca di più è la chitarra di The Edge, mai stata così graffiante e suggestiva. Le canzoni dolci o forti, si riscaldano nelle scorribande elettriche di Dave Evans e sono tutte come un pugno nello stomaco e lasciano poca respirazione all’ascoltatore.
Tutti i brani sono belli e sembra che un’affermazione come questa, diventi difficile dirla di un album che dura più di 45 minuti, ai giorni nostri. Nella musica, resta “incastonata” come un prezioso, nella mente dell’uomo, la mastodonticità mediatica e le forti emozioni di cui l’album si fa portavoce nel tour che seguirà di lì a poco, chiamandosi prima ZooTv Tour e poi Zooropa Tour.
Allo Zoo TV Tour con gli U2, parteciparono gli hipsters del gruppo statunitense Public Enemy, autori di Greatest Misses (Def Jam, 1992), una collezione di remix che fece flop e risultò trash, cosi come i grezzi e sfarzosi versi e lazzi delle loro improvvisazioni a cappella nel rap della bootleg chiamata Zooradio Broadcast Outside del 1992. A tutto questo, si aggiunse il problema con la legge per Flav, legati al consumo di stupefacenti, che portò la band nemica a fermarsi durante il 1993 per permettere al componente leader di tentare una disintossicazione.
Il 1991 è stato un anno importante per la musica: escono pietre miliari come Nevermind dei Nirvana (DGC Records), il secondo album di alternative rock, di una band che in quegli anni annoverava, e rinnovava… sconvolgeva di grunge la scena musicale di tutto il mondo.
Ma non è tutto qui.
Queen, Innuendo (Hollywood Records) e Red Hot Chili Peppers, Blood Sugar Sex Magik (Warner Bros Records), Metallica, Metallica, (Elektra Records) Dangerous di Micheal Jackson (Epic) e Out Of Time dei R.E.M. (Warner Bros Records.) chiudono il cerchio.
Il 1991 è anche un anno drammatico per la musica internazionale: muoiono Miles Davis, trombettista jazz fusion acclamato in tutto il mondo per la sua raffinatezza artistica, mentre il mondo del rock piange una delle sue voci più belle, forse la più bella di tutti i tempi: Freddy Mercury. A lungo ammalato di AIDS, ci lascia il 24 Novembre all’età di 45 anni. Il cantante che ha lavorato con i Queen ma anche a pregevoli progetti da solista, scriverà Mother Love prima di morire, e questa canzone sarà contenuta nell’album post-mortem del 1995 intitolato Made In Heaven (EMI).
Achtung Baby, in questo marasma musicale, tuona come un monito, un comando; chiede che si faccia luce su di sé.
Bono canta Night & Day, in un disco promozionale (Red, Hot And Blue, Chrysalis / Capitol Records 1990) firmato con tanti artisti, e si diletta a passeggiare per i tetti d’Irlanda di notte, anche solo per fumarsi una sigaretta. Canterà dandoci dentro l’anima. E non solo in questa cover di Cole Porter.
Dietro di lui si accendono gli schermi di mille televisori e la pubblicità inonda di messaggi subliminali il telespettatore medio; la letteratura poi si fa portatrice di messaggi blasfemi come: Mock The Devil And He Will Flee From Thee, Superficiality Is God, Rock & Roll Is Entertainment.
La ribellione passa dal chiodo. Il giubbotto di pelle punk diventa simbolo di libertà e di anticonformismo negli anni 50 e 60, grazie ai film di James Dean.
Bono lo indossa, con sfrontatezza, corto e modellato sul suo corpo. Un giubbotto di pelle che si fa ergonomico alla silouhette di Hewson che rinvigorisce un mito svanito con i concerti dei Ramones, e che esprime grande fisicità nella interpretazione dei brani del nuovo album.
Larry potenzia i muscoli sulla sua batteria e appare pieno di tattoo nel video della contestatissima The Fly e ad affermare l’immagine di una band tosta e rockettara, ci pensa il taglio di capelli simil-naziskin su un Adam Clayton, che dimette definitivamente i panni di brav’uomo, pacato e pacifico.
Acthung Baby viene pianificato cosi: un album coriaceo, di potenza esponenziale, dove tutto è estetica, rinnovamento. Durante la lavorazione dell’album, 7 master del disco, vengono rubati dagli Studios degli U2, e molto del lavoro di Larry alle percussioni va perduto; tant’è vero che durante l’esecuzione di UltraViolet (Light My Way) a 3:10 dall'inizio della canzone sembra che a Larry cada una bacchetta e per molto tempo non riesca più a trovarla.
I fari si accendono sulle immagini e sui simboli che accompagnano i videoclip e la booklet del cd.
Nel lato interno del libretto, una delle foto del mosaico ritrae Adam Clayton completamente nudo in una foto artistica di Anton Corbijn. Negli USA tale foto è stata censurata, come già era accaduto per l’album Boydel 1980.
Thierry Noir pittore francese, amante di automobili e di Trabant, regala agli U2, un’idea “corsara” non solo per gli scatti di Corbijn ma anche per i messaggi “a quattro ruote” contenuti nelle canzoni degli U2.
L'immagine sulla copertina del singolo One è una fotografia dell'artista David Wojnarowicz, che illustra come gli indiani cacciavano i bisonti costringendoli a correre fino a precipitare in un dirupo. Wojnarowicz fu un artista versatile e di grande talento. Produsse quadri, sculture, collage, fotografie, video, libri e pubbliche esibizioni.
Wojnarowicz identifica se stesso e noi stessi con i bisonti, sospinti verso l'ignoto da forze che non possiamo controllare o nemmeno comprendere. (da Anche Tu, http://digilander.libero.it/u2anchetu/curiosita.html).
Così l'immagine dei bisonti diventa metafora di un tipico atteggiamento della gente che tende a "tirare avanti" ignorando problemi gravi come l'AIDS, ma anche l'inquinamento o la fame nel mondo. Questo atteggiamento rischia di portare l'intera umanità (un mandria di bisonti al galoppo!) verso guai seri se non ci si fermerà un momento per cercare di risolvere certe gravi questioni.
Il singolo One uscì a Marzo 1992 e tutti i ricavati della vendita del singolo vennero devoluti alla ricerca sull'AIDS.
David Wojnarowicz era già malato di AIDS da tempo, morì poco dopo: il 22 luglio 1992 a New York a soli 37 anni.
Esistono inoltre tre videoclip di One, diventata, forse, la più celebrata canzone della storia degli U2.
La prima, girata da Anton Corbijn in bianco e nero “seppia”, ritrae due Trabant dipinte e anatomiche, che girano per le strade deserte di una Berlino Wendersiana. Gli U2 sono all’interno di un tipo bordello anni 30, e travestiti in abiti femminili d'epoca. Omosessualità e amore etero, si fondono in una dolcissima ballata, dagli accordi semplici e come al solito dalla semplicità, esplode l’essenzialità della potenza comunicativa della musica di Bono e soci.
Questa versione venne criticata da MTV USA perché giudicata troppo imbarazzante e venne cosi commissionata loro una seconda versione.
Regia di Mark Pellington, contiene sequenze rallentate di bisonti al galoppo, e immagini di fiori, in particolare girasoli. Le immagini sono inframmezzate dalla parola Onetradotta in svariate lingue e terminante con la frase Smell the flowers while you can (Annusa i fiori finché puoi).
Anche questo video è un grande omaggio che la band fa al lavoro e alla memoria di David Wojnarowicz.
Il video è un ennesimo trionfo di estetica, però gli U2 non si vedono mai, e per questo, ancora una volta, venne escluso dalla programmazione di MTV USA.
La terza versione, diretta da Phil Joanou, già “padre”, come ben sappiamo di Rattle & Hum, è stata girata nell'arco di una sola sera in un bar di New York. Ritrae Bono al tavolo davanti ad una birra, con spezzoni dei concerti dello ZooTV Tour. Un video molto più tradizionale, anche se molto più banale che ebbe l'approvazione di MTV USA e diventò di gran lunga la più programmata fra le tre versioni, in tutte le tv musicali del mondo.
Ma Achtung Baby non è soltanto un fotobook di immagini, cosi come risulta sicuramente violento e volgare, relegarne il successo di vendite unicamente alla fama e ai significati delle varie One.
L’album è un’utopia nella distopia: i messaggi inutili che ci lanciano addosso i mass media suonano come un po’ di letteratura sparata a caso, su menti catatoniche: per un verso ideologiche come 1984 di George Orwell (Secker & Warburg, 1949), per un certo altro verso discriminanti come in Per Chi Suona La Campana di Ernest Hemingway (Mondadori, 1996).
E gli U2 non sono da meno: sono vittime-e-carnefici dello showbusiness e talvolta profeti di valori strani e travalicatori di un popolo che canta le loro canzoni ma che preferisce non venire a patti con la stessa carica mirabolante delle luci dei riflettori di cui si tingono gli anni 90.
Disciplina di guerriglia e tanto altro ancora, c’è in Acthung Baby.
Contradiction Is Balance, recita uno dei tanti banner lanciati alla rinfusa dagli schermi dello ZooTv, al pubblico, all’accendersi di una isterica Zoo Station, che è capomastro di questo album irreversibile come le scritte dei testi delle canzoni, in cui non c’è più ordine e ortografia.
Esplodono mille suoni differenti nel disco: dalle ballate più classiche ai pezzi rocchettari stile punk, ai pezzi cinematografici che seguono la stessa scia di All I Want Is You, l’ultimo brano da cui Achtung Baby, eredita la stessa tradizione musicale di Rattle & Hum e che sembra essere stato pubblicato chissà quanti milioni di accordi prima.
La ridanciana So Cruel, la psichedelica Until The End Of The World, la acrobatica Acrobat, la Presleyiana Love Is Blindness, sono i piccoli grandi momenti in cui il sipario si alza a svelare l’animo più intimo degli U2.
Sulla musica dei pezzi più grossi dell’album, la maschera da cinema di BonoVox si trasforma in un viso pronto a liberarsi dalle rarefazioni e dalle distorsioni che vengono applicate da Flood, anche alla sua voce.
Negli anni '90, gli U2 hanno provato a divertirsi, ad essere ironici, strafottenti, decadenti: ci pensa Achtung Baby, con le sue distorsioni e le sue atmosfere pregne di paranoia e solitudine a cancellare l'immagine rigida, seria e scomoda degli U2 anni 80, troppo riflessivi, troppo Three Chords And The Truth.
Achtung Baby pretende di professare verità assolute: come l’amore unico, cieco e non crudele.
Ma è anche un album paesaggistico: scenari apocalittici come la fine del mondo e autostrade alla On The Road di Jack Kerouac (Viking Press, 1957); e uno sguardo cosi, ritorna involontariamente al ricordo dell’America che si è lasciati dietro.
Così il titolo è anche un monito per tutti gli idealisti fans degli U2 ad aprire gli occhi e stare all'erta, perché le cose non sono così semplici e definite come erano sembrate. Manca la calligrafia chiara nei testi delle canzoni degli U2: il pubblico non potrà far altro che partecipare a una tournée (di successo) ricca di cori, di balli (Mysterious Ways) e emozioni, senza non provare un minimo di inquietudine e misunderstanding.
Raccoglierà negli stadi i fiori che sbocciano nell’indicibile e li porterà a casa come trofei.
Veniamo ora all’anno 2011 e ai 20 anni… di quei fantastici anni 90.
Nella conferenza stampa tenutasi il 09/09/2011 al Festival Internazionale del Cinema di Toronto in occasione del lancio del documentario "From The Sky Down" che ha anticipato di fatto l'uscita della edizione remastered+10 di Achtung Baby+Zooropa, queste sono state le considerazioni generali su Achtung Baby:
Edge: "Un album non è finito finché non esce, magari avremmo fatto dei piccoli cambiamenti in ogni canzone. ma abbiamo sempre l'occasione di aggiustare una canzone quando la suoniamo live”.
Bono: "'Even Better Than The Real Thing è una sorta di pensiero pop-art, adesso la vedo simile alla scia di Woody Allen. La carnalità di questa canzone ha un ruolo importante, un tema che si ritrova piu' volte nell'album. Damien Hirst ha completato il video di Even Better Than The Real Thing ed è un'opera d'arte. L' abbiamo mostrato una volta sola a Glastonbury e che probabilmente non verrà mostrato di nuovo. Certe cose, certi pensieri, diventano come le meditazioni: non le capisci pienamente, ma le senti”.
[…]
Bono: "Q Magazine, una rivista di musica importante negli Uk, ha commissionato a diversi artisti varie canzoni di Achtung Baby. Jack White per Love Is Blindness, Depeche Mode per So Cruel, Patti Smith per Until the end of the world, Damian Rice per One. E strano perché quando sentii Achtung Baby, quando lo finimmo, pensai 'c'è qualcosa che non va', ma quando ho sentito i pezzi di tutti questi artisti ho pensato 'è ottimo!'".
Ed ecco cosi venir alla luce AHK-toong BAY-bi, questo il nome del tanto atteso cd covered dei nostri giorni e questi gli interpreti con le relative canzoni:
Nine Inch Nails - Zoo Station
U2 (Jacques Lu Cont Mix) - Even Better Than The Real Thing
Damien Rice - One
Patti Smith - Until The End Of The World
Garbage - Who's Gonna Ride Your Wild Horses
Depeche Mode - So Cruel
Snow Patrol - Mysterious Ways
The Fray - Trying To Throw Your Arms Around The World
Gavin Friday - The Fly
The Killers - Ultraviolet (Light My Way)
Glasvegas - Acrobat
Jack White - Love Is Blindness.
Allora tutti in edicola? No, meglio riascoltare i pezzi, vah!
I PEZZI
1. ZOO station - A Berlino gli U2 registravano Achtung Baby e la linea di metropolitana che li portava agli Hansa Studios era proprio la U2 che ferma al Zoologischer Garten, la Stazione dello Zoo di Berlino (quello del famoso libro: Noi, I Ragazzi dello Zoo Di Berlino di Christine F., BUR Rizzoli, 1989).
Così la linea metro portava gli U2 verso gli studi dove stava nascendo il nuovo, rivoluzionario sound berlinese del gruppo, qui dichiarato in una informatissima presa di posizione alla prima persona personale: I'm ready for what's next che indica, quanto i quattro fossero pronti al cambiamento e a quello che comporterà alla loro musica.
Il borbottìo di una marmitta non catalitica e la strada sterrata sottolineata dal suono percuotente della Yamaha di Larry Mullen sono solo l’inizio di un pezzo che in un attimo spoglia di ideali gli U2 e di quello che erano stati fino ad allora.
E’ celeberrima la frase, in una voce di Bono che è talmente aliena che non sembra la sua:
Time is a train
Makes the future the past
Leaves you standing in the station
Your face pressed up against the glass
in cui sembra che gli U2 provino per un attimo a tirare il freno a questo oggetto musicale lanciato a velocità supersoniche:
I'm just down the line from your love ... Zoo Station
Under the sign of your love ... Zoo Station
I'm gonna be there ... Zoo Station
Tracing the line ... Zoo Station
I'm gonna make it on time ... make it on time ... Zoo Station
Just two stops down the line ... Zoo Station
Just a stop down the line ... Zoo Station
Gli U2 coniano un prefisso cordiale al loro neologismo musicale (seppur preso in prestito alla letteratura) che li contraddistinguerà per ancora 3 anni.
Il disco che verrà si chiamerà Zooropa, la giusta conseguenza della nuova comunità linguistica europea, leggibile attraverso le carte ferroviarie dei percorsi alternativi tracciati dagli U2.
The Edge si fa dolce, esotico e aggressivo con la sua chitarra; è difficile capire e sorprendere dove sterzerà il manubrio nelle sue sgommate improvvise.
Questo il motivo per cui mai altro brano è riuscito a dare esattamente l’impressione dell’alta velocità.
2. even BETTER than the REAL THING – Bono balla e danza in una pioggia di pubblicità televisive, letteralmente rovesciate sulla gente. E la carica ritmica di ZooStation non si è ancora arrestata, quando esplode nel disco il riff monotono e esplosivo di The Edge.
You're the real thing
Yeah the real thing
You're the real thing
Even better than the real thing
Give me one last chance
And I'm gonna make you sing
Give me half a chance
To ride on the waves that you bring...
E’ travolgente e ipnotica fino alla fine. E’ un ritmo che imperversa, come una cosa che ci si è messi in testa e la si vuole ottenere a tutti i costi.
La voce sensuale di Bono è accarezzata dalle percussioni di Mullen che si rendono sopportabili e afro-cubane nel momento centrale dell’album per assorbire un suono più caliente dedicato ai poco abituati ai ritmi sostenuti.
3. ONE - Una sublime poesia che tratta temi universali come l'amore, il rispetto reciproco, il perdono e molto altro ancora. Il testo è così perfetto che si adatta senza forzature a diversi contesti: un rapporto di coppia, il rapporto tra popoli e razze diverse, il rapporto tra i componenti di una famiglia che non vanno più d'accordo.
E’ la canzone con cui si identifica il prototipo medio di fan che crede in una sola One-band al mondo: gli U2.
In un'intervista a The Edge su Q Magazine, il chitarrista si sentiva spesso dire che la canzone veniva suonata ai matrimoni e rispondeva stupito: «Ma avete ascoltato il testo? Non è quel genere di canzone». Alcune intepretazioni vedono in Onel'unicità in senso spirituale, altri tendono ad associare il testo alla riunificazione tedesca, visto il periodo speso dalla band in Germania.
Ciò nonostante, l'interpretazione più popolare è la versione che considera il testo parlare in verità della vita passata assieme al padre da Bono, dopo che questi perse la madre all'età di quattordici anni.
Intrisa di simbiosi religiose e di concetti trascendentali che talvolta oltrepassano persino la teologia, Oneè anche cultura templare, simboli, natura, animali, spirito libero; One è rappresentazione di vita, la vita di ognuno.
E’ stata suonata migliaia di volte e spesso è il pezzo degli U2 che più si adatta alle manifestazioni sociali in aiuto dei più sfortunati; l’hanno cantata Pavarotti, Mary J.Blige, le Corrs, i Travis, Micheal Stipe e i REM, i Pearl Jam, Quincey Jones, Wyclef Jean ma nessuno è riuscito a dare potere ipnotico a questo brano come i loro ideatori.
One fu piazzata al quinto posto tra le canzoni più popolari di ogni tempo dalla Sony. In un'analoga classifica, Q Magazine l'ha inserita al primo posto, mentre si posiziona alla 36esima nella lista delle 500 migliori canzoni secondo il Rolling Stone. È stata oggetto di cover da parte di Johnny Cash e Joe Cocker e secondo un sondaggio condotto dalla VH1, One è stato la canzone britannica con il miglior testo di sempre.
Nel 2006, il format televisivo lancia un sondaggio che coinvolge 13 mila spettatori che elegge il verso più rappresentativo della musica pop degli ultimi anni.
Al primo posto giunge One degli U2 grazie al passo One life, with each other, sisters, brothers seguita a ruota da How Soon Is Now? degli Smiths (Hatful Of Hollow, Rough Trade, 1985). Al terzo posto Smells Like Teen Spirit dei Nirvana (Nevermind, ibidem).
La musica (specialmente nella parte conclusiva del brano, come era già avvenuto con un’altra storica canzone d’amore, With Or Without You) si libera dalla voce di Bono e dà vita ad un potere e ad un’emozione troppo forte da riuscire a descrivere.
A differenza di With Or Without You che era oggetto di una bella ritmica travolgente e crescente, la strumentalizzazione più sussurrata di One la rende “regina della musica leggera”: un tappeto musicale di tastiere e chitarre. Nient’altro, perché c’è solo questo nella loro musica:
One love
One blood
One life
You got to do what you should
One life
With each other
Sisters
Brothers
One life
But we're not the same
We get to carry each other
Carry each other
One.
Dalle parole di Bono: «Le grandi canzoni tendono a essere caratterizzate, nel profondo, da una certa tensione, un perfetto equilibrio fra amarezza e dolcezza. One non parla di unità, ma di differenza. Non è la vecchia idea hippy del “viviamo tutti insieme”. Semmai si basa più su un concetto più punk-rock. E’ anti-romantica».
4. until the END of the WORLD – Bis Ans Ende Der Welt, omonimo è il titolo di un film di Wim Wenders del 1991, film berlinese ambientato nel 1999 in uno screenplay apocalittico e nucleare. Il plot del film è tutto incentrato sulla contaminazione terrestre; a dire il vero anche la canzone degli U2, colonna sonora del film (e non sarà l’unica, ndr.) sembra contaminata da allucinazioni.
Un inconsueto spettro urlante, la voce di un essere deforme e inanimato vien fuori dalla chitarra di The Edge, introduce una pericolosa traccia fatta di percussioni indiavolate che si rendono addirittura insostenibili, dal finale ossessivo e rumorosissimo.
Bono non canta; Bono declama il testamento di un pazzo. Dalle sue dichiarazioni, «Sono le parole di Giuda Iscariota a Gesù»:
I took the money, I spiked your drink
You miss too much these days if you stop to think
You led me on with those innocent eyes
And you know I love the element of surprise
In the garden I was playing the tart
I kissed your lips and broke your heart
You, you were acting like it was the end of the world
La canzone si propone come un ipertesto: un brano complesso, organizzato in modo da consentire al fruitore di scegliere da sé, tra diversi percorsi di lettura.
Lo scrittore americano Edgar Allan Poe (1809-1849), scrisse nel 1835 un racconto intitolato Re Peste (contenuto in Racconti del Grottesco, Oscar Mondadori, Milano 2000) una storia basata sulla deformazione visionaria della realtà (noi non sappiamo se ciò che accade è vero o è piuttosto effetto della sbornia dei due protagonisti principali), in cui iperbole e caricatura si fondono fino all’inverosimile.
Appunto, un viaggio nell’aldilà e un ritorno alla vita con le scorazzate di The Edge e con la voce di Bono che inneggia all’amore.
Edge e Clayton sembrano Syd Barrett e David Gilmour, e cosi gli U2 si avvicinano un po’ alla musica pulse dei primissimi anni dei Pink Floyd.
Un pulsare di sensazioni e di incertezze germogliano nell’animo dei più sensibili. Questo è assicurato.
5. who's gonna RIDE your WILD HORSES - Si dice che sia stata ispirata da una relazione tra uno dei tre U2 sposati (chissà quale?) ed una ragazza conosciuta in tournée. Questa relazione, ovviamente pericolosa per un matrimonio legittimo, andò avanti per un po', poi venne troncata (anche se a malincuore) perché la spontaneità della fanciulla rischiava di mettere a repentaglio il matrimonio del “nostro” (da Anche Tu, ibidem).
Lanois e Eno ci lavorano sù; alcuni loop provocano la sensazioni di un’introduzione ai violini, ma quello che conta in questo brano è la carica della batteria di Mullen che la suona come se fosse un pezzo di The Joshua Tree.
Tra le canzoni di Achtung Baby, si direbbe forse una delle canzoni dal sound tradizionale.
Cavalli selvaggi, pezzi di vetro, spiaggie deserte, pioggia sporca e cieli biblici ancora una volta sono quelli che avevamo scoperto in America, e il testo è quasi un continuum tematico di Until The End Of The World:
Well you stole it
'Cause I needed the cash
And you killed it
'Cause I wanted revenge
Well you lied to me
When I asked you to
Baby ... can we still be friends? e ancora:
Più io giro alla larga
Il cacciatore farà peccato... per l'avorio della tua pelle...
Ho fatto un giro nella pioggia sporca
Fino a un luogo dove il vento grida il tuo nome
Sotto gli alberi il fiume rideva
Di me e te ...
Alleluia, rosa bianca dei cieli
Le porte che apri
Io non posso proprio chiuderle…
6. SO cruel – Al primo ascolto si direbbe proprio un pezzo da palcoscenico. Un lamento amoroso che si spinge alle soglie del vittimismo e del piangersi addosso. Bono è bravissimo in questo. Un attore in piena regola.
La Commedia dell’Arte irlandese, si avvale di un contributo tecnico e musicale che avrebbe potuto benissimo accompagnare in tour anche Elvis Presley.
La band che fa cerchio attorno alle sofferenze interne, dichiara che il pezzo è stato scritto in occasione della fine del matrimonio di The Edge, lasciato dalla moglie Aislinn proprio durante la realizzazione di Achtung Baby.
Un pianoforte che piange note sorde (niente a che vedere con quello di New Year’s Day) e percussioni trance, sono solo un accenno alla potenza cupa di questo brano, forse il più pragmatico e riflettuto dell’album.
La musica è particolarmente dolce. Ma a cogliere di sorpresa l’attenzione sarà sempre quel battito cardiaco che si avverte fin dalle prime note. Un cuore che batte. Un cuore sofferente. Un cuore che insegue. Un cuore che spera. Un cuore che ama. Un cuore che perde…
La lirica allude ad un sentimento d’amore che provoca dolore, gelosia, risentimento, tradimento, rabbia, menzogna e disperazione.
Baby ... you're nowhere
You say in love there are no rules
Sweetheart
You're so cruel
Desperation is a tender trap
It gets you every time
You put your lips to her lips
To stop the lie.
Non mancano riflessioni teologiche in questa canzone:
La sua pelle è pallida come lo è solo la colomba di Dio
Grida come un angelo per il tuo amore
Poi lei fa che tu la guardi dall'alto
E tu hai bisogno di lei come di una droga.
Organi e strings ricercati da Flood potenziano il finale musicale di questa canzone che cresce e cresce sempre più fino addirittura al ricomparire della chitarra elettrica di Edge.
7. the FLY - Il singolo che precedette Achtung Baby fu davvero rivoluzionario, sia nelle sonorità che nel testo.
Mai prima di allora Bono aveva cantato parole così ciniche e disilluse. Un vero strappo con l'idealismo che contraddistinse i testi U2 degli anni '80 e che divise critica e pubblico per diventare oggi una delle canzoni intramontabili dal vivo.
Canzone lacerante, aggressiva, ossessiva. Congestionante.
La chitarra di Edge è una mosca petulante, come quelle intontite dal freddo di inverno, sulle finestre di vapore delle nostre abitazioni.
Bono si è antropomorfizzato in mosca: il suo look è quello di un punkettaro senza mezzi termini.
Chiodo, borchie, capelli lunghi e unti, occhiali “a maschera” che in quegli anni vennero ribattezzati appunto “a mosca”.
E non stupiamoci nell’affermare l’idea che l’inizio del brano non è nient’altro che la fine. Esatto: provate a tagliarne i primi 3 secondi e ad appiccicarli (se potete, con un software wave) alla fine, e vedrete che è tutto vero.
Capo e coda sono la stessa cosa ed è la stessa cosa dire che in questa canzone non c’è né capo, né coda.
It's no secret that the stars are falling from the sky
It's no secret that our world is in darkness tonight
They say the sun is sometimes eclipsed by a moon
Y'know I don't see you when she walks in the room
It's no secret that a friend is someone who lets you help
It's no secret that a liar won't believe anyone else
They say a secret is something you tell one other person
So I'm telling you... child.
Sconvolgente scoprire 2 voci in questo brano una di Edge e l’altra di Bono: un padre che parla al figlio, una mosca che ronza all’orecchio di un uomo, una low voice e una gospel voice, contrapposte nello stesso individuo.
Franco Loi, ricorda come molti poeti hanno parlato dell’importanza del ritmo e dei suoni in quella sequenza che chiamiamo verso. Il poeta celtico Yeats, fautore del Rinnovamento Poetico Celtico, tra la fine dell’Ottocento e i primi 10 anni del 900, scrisse che «i suoni hanno molta più importanza dei significati apparenti». E questa qualità dei suoni e dei ritmi, la sperimentiamo tutti. Se infatti ascoltiamo un rock o un jazz, il corpo è indotto a muoversi. E’ un tipo di suono che sollecita i centri nervosi, ed è certo per questo che si sono propinati alle masse questi tipi di suoni; tutto il nostro essere vibra, ed entra in un movimento di recupero del nostro sentire più profondo: il pensiero, anche inconscio, le sensazioni corporee, le memorie, i sentimenti. Non occorre essere musicisti, basta la capacità di ascolto (da La Poesia E’ Vita, un articolo de Il Sole 24 Ore n.353, pag. 14).
La notte e il giorno, dunque. L’angioletto e il diavolo. La tv e la radio.
Di Bono si dice che è individuo d’opportunismo e intraprendenza e che sembra andare a braccetto con sé stesso.
Sibilante, beat e industriale: sono gli aggettivi che meglio si adattano alla descrizione oggettiva di questo brano che si autocelebra punto di massima sperimentazione elettronica di quegli anni con un singolo ricco di b-sides e collaborazioni artistiche d’impatto (come Anthony Burgess, Ritch Smythe, John Klein e il coro di voci biance della compagnia teatrale Clockwork Orange diretta da Ron Daniels): la The Lounge Fly Mix, che suona molto più trip-hop e la magnetica e inquietante Alex Descent Into Hell For A Bottle Of Milk (Korova 1) che canta cosi:
Dies irae, dies illa
Dies irae, dies illa
Tuba mirum spagrens sonum
Descendit in inferno
Dies irae
Dies irae.
The Fly è esplosione musicale, è chitarra elettrica allo stato puro, su una potenza persecutrice di bassi maniacali e batteria.
Chopping Down e Shocking sono le parole d’ordine che bisogna decifrare per l’ascolto di questa canzone: come essere espulsi via da un’aereoplano in volo e non avere il paracadute.
The Fly è potenza allo stato puro: è rock show, è dimostrazione di efferatezza artistica.
In questa canzone la Verità è celata: il secret di cui tanto si parla è una perla preziosa incastonata in un trionfo di decibel.
Le snippet che da sempre accompagnano l’esecuzione di questo (difficilissimo) brano dal vivo sono: (I Can’t Get No) Satisfaction –Rolling Stones (un must della musica rock di tutti i tempi) dall’omonimo album di Mick Jagger & Co. del 1965 (London, Decca); Lust For Life di Iggy Pop, (Album omonimo, RCA, 1977); Billy Boola, di Bono e Gavin Friday dalla colonna sonora del film In The Name Of Father, (Island Records 1994).
Amore, splendiamo come una stella che brucia
Stiamo cadendo dal cielo... stanotte
(Achtung Baby)
...buonanotte, ô Voi che riuscite a dormirci su.
8. MYSTERIOUS WAYS – Un funky sensuale e intraprendente, tra le rovine delle antiche civiltà “rosse” del Mediterraneo, che agli occhi degli U2 si mostrano come città capovolte e convesse dentro enormi specchi.
Ancora una volta sorprende il cambio di tendenza musicale degli U2 di questi nuovi anni 90. Un gigantesco schermo ritrae una danzatrice del ventre che ci mostra l’ombelico a dispetto della Luna (...lei cambia le maree...illumina le mie notti...).
In realtà la Luna è solo una metafora per parlare, in generale, delle donne: fascino, mistero e sensibilità del sesso "debole" (per modo di dire).
Spiritualism e Sexual healing: suoni che vengono dall’oriente e una voce potente in prima linea ad affermare:
It's alright...it's alright...it's alright
She moves in mysterious ways
It's alright...it's alright...it's alright
She moves in mysterious ways.
Insomma, tutto va bene.
L’album meno introspettivo e riflessivo degli U2, il più bugiardo (forse) si arricchisce di una dolce silhouette che staglia la sua ombra sui muri di una medina.
Essere delle rockstar ha i suoi indubbi vantaggi. Ed intanto le mogli dei nostri quattro tessono la tela...
Un’opera d’arte, il video del regista marocchino Stephane Sednaoui. Davvero.
5 i remix nel singolo datato novembre 1991, in cui compare la collaborazione artistica con gli Apollo 440, Howard e Trevor Gray, maestri della musica techno.
9. TRYIN' to throw your ARMS around the WORLD – Una canzonetta si direbbe a tutta prima, ma dalla semplicità e dalla gaiezza disarmante. Nel titolo come non notare ancora un forte simbolismo, espressione di messaggi di amore e solidarietà universali. Un po’ One, un po’ Mysterious Ways: una ballata allegra con un nuovo tuffo nelle sonorità celtiche e classiche del dna degli U2. Ma anche un testo che lascia interdetti, pieno di frasi poetiche e di espressioni letterarie.
Il testo è surreale e un po' assurdo (anche questa è una novità per gli U2).
Introducendo questa canzone durante il concerto del 13/3/1992 a Worchester (Ma, USA) Bono disse: «Questa è una canzone su un uomo di Donegal, che torna a notte fonda dal pub, e quando arriva a casa non riesce ad infilare la chiave nella porta».
Il Flaming Colossus, infatti, ringraziato nelle note presenti nel booklet del cd è un locale notturno di Los Angeles.
Probabilmente l'idea per questo pezzo venne loro, dopo aver alzato un po’ troppo il gomito.
Ho sognato di vedere Dalì
Con un carrello del supermercato
Stava cercando di gettar le braccia intorno ad una ragazza
Lui fece passare un maggiolino cabrio
Per la cruna di un ago
Stava cercando di gettar le braccia intorno al mondo…
Dalì, come Salvador Dalì (1904-1989) pittore surrealista spagnolo; mentre la frase nella strofa successiva A woman needs a man/ Like a fish needs a bicycle, era lo slogan di una attiva femminista del 1970 chiamata Gloria Steinem.
Sto correndo verso te... verso te
Donna stai ferma...donna stai ferma
Stai ferma...donna stai ferma
Donna lo farò…
In un romanzo del 1987, Stephen King (IT, Sperling & Kupfer), lo scrittore americano delle inquietudini, cita anche lui la stessa donna americana e conclude il suo romanzo con il protagonista in una folle corsa in bicicletta, verso un incrocio pericoloso, con sua moglie in braccio.
10. ULTRA violet (light my WAY) - Un prologo che è una dichiarazione d'intenti:
Sometimes I feel like I don't know
Sometimes I feel like checkin' out
I want to get it wrong
Can't always be strong
And love it won't be long...;
fregiandosi in passato, d’aver ospitato Help! dei Beatles (album Help, Parlophone, 1965) come snippet introduttiva, è un testo sul prezzo dell'amore e su come le difficoltà possano rinforzare un'unione e come, invece, le agiatezze e la routine la possano indebolire.
You bury your treasure
Where it can't be found
But your love is like a secret
That's been passed around
There is a silence that comes to a house
Where no one can sleep
I guess it's the price of love
I know it's not cheap.
Bono ispiratissimo su una atmosfera musicale che comincia ad incupirsi (questo fino alla fine dell’album) un pò alla volta, ma con decisione.
The Edge esibisce più o meno la stessa semplicità di strimpellatura musicale che aveva caratterizzato Even Better Then The Real Thing, ma forse qui si rende più convincente, anche perché c’è un bel Larry Mullen da ascoltare, dietro alle sue percussioni e la canticchievolezza del brano, lo permette.
Un omaggio infine degli U2 alla musica psichedelica dei The Doors, Light My Fire (The Doors, Elektra 1966), un pezzo di quelli da museo, che invece, cantava cosi:
The time to hesitate is through
No time to wallow in the mire
Try now we can only lose
And our love become a funeral pyre
Come on baby, light my fire
Come on baby, light my fire
Try to set the night on fire, yeah
You know that it would be untrue
You know that I would be a liar
If I was to say to you
Girl, we couldn't get much higher
Come on baby, light my fire
Come on baby, light my fire
Try to set the night on fire
Try to set the night on fire
Try to set the night on fire
Try to set the night on fire.
Una notte in cui è necessario indossare occhiali da sole per paura dei raggi ultravioletti del giorno. Raccomandati dall’associazione internazionale vedenti-non vedenti, ma non presenti nella confezione dell’album di Bono e soci.
11. ACROBAT – Un brano molto Led Zeppelin: ci troviamo difronte ad un pezzo tirato e teso, reso tagliente da un The Edge frenetico e nervoso, che conferisce ulteriore enfasi all’emozionato cantato di Bono.
Una riserva di energie immancabile e inesauribile. Un pezzo da incorniciare. Gli U2 più cupi e (forse) sinceri della loro storia musicale.
Pezzo molto arrabbiato e cattivo, tratta della difesa dei propri ideali dagli attacchi della macchina standardizzatrice, ma non solo.
Ancora una volta si tratta della perdita dei valori, del mancato riconoscimento nei modelli che ci vengono proposti e della forza dei sogni e dell'amore.
Tutta l’esecuzione del brano e la sua fragilità si regge su una frase inquietante: In dreams begin
responsibilities: questo, dal titolo di una raccolta di racconti di Delmore Schwartz (1913-1966; raccolta nel Partizan Review del 1937).
Lo scrittore newyorchese fu professore universitario di Lou Reed.
Fu proprio Lou Reed e consorte a far conoscere a Bono le sue poesie, e per questo sono ringraziati nelle note di Acrobat, nella booklet di Achtung Baby.
Mai eseguita dal vivo, ad eccezione di un soundcheck provato a Herskey in Arizona nel 1992 ma risultato un autentico disastro, è rimasta maudite, in questo album di sorprese e oggetto del mistero della elaborazione artistica degli U2.
Una parte in solo, accentuata da una didascalia molto iconica nel libretto dei testi, comincia cosi:
And I must be
An acrobat
To talk like this
And act like that
And you can dream
So dream out loud
And you can find
Your own way out
You can build
And I can will
And you can call
I can't wait until
You can stash
And you can seize
In dreams begin
Responsibilities
And I can love
And I can love
And I know that the tide is turning 'round
...don't let the bastards grind you down
Acrobat, esalta la tecnica esecutrice di tutti e quattro gli U2, in un trionfo di accordi e di distorsioni musicali, difficili da descrivere, e forse da ripetere.
Quello però che più fa riflettere è l’introduzione di una chitarra dapprima lenta e accompagnata da dolci armonie, poi il subentrare di basso e il tam tam di battaglia in un crescendo continuo che ci mostrano l’esplosione di una tempesta di pioggia acida che era nell’aria e che aspettava solo il tempo di rigettarsi sul terreno.
Un testo veramente elaborato e pieno di parole chiave.
I deboli di cuore, farebbero meglio a skipparla.
La rabbia e la dark music di queste atmosfere tardo-achtunghiane non si esauriscono né qui né in Love Is Blindness ma si raccoglieranno, come in un secchio e si terranno li per 2 anni, acqua bollente e ribollente, in cui “gettare la pasta” di Zooropa.
Bono afferma in media-res: «Cosa faremo ora che tutto è già stato detto?
Nessuna idea nuova qui, e tutti i libri sono stati letti»: l’acrobata in un circo è colui che si avvale delle più grandi forze muscolari e che si trova costretto a ragionare per reggersi l’equilibrio. E’ colui sul quale tutti gli occhi sono puntati, è colui che non può sbagliare: perciò la domanda successiva che ci si pone è: ma che cosa farà mai adesso?
Non si sa, l’unica eccezione alla regola è sapere che Acrobat è la canzone preferita di Bono: un piccolo capolavoro, d’accordi sospesi come su di un sottilissimo filo che sta per spezzarsi.
12. LOVE IS blindness - La chiusura del disco è affidata a Love is blindness, canzone dedicata alla memoria di Nina Simone (1933-2003), cantante, pianista, e scrittrice-attivista per i diritti civili americani, che si apre con un organo quasi spettrale accompagnato da un canto che tocca tonalità così basse da far salire un brivido di intensa commozione.
Amore, morte, cecità e casualità. Ancora una volta è sù, il filo dell’acrobata e l’artista deve continuare a tenersi in piedi perché The Show Must Go On (Queen, Innuendo, ibidem):
Love is blindness
I don't want to see
Won't you wrap the night
Around me
Oh my heart
Love is blindness
In a parked car
In a crowded street
You see your love
Made complete
Thread is ripping
The knot is slipping
Love is blindness
La passione e la teatralità di Bono sono strazianti, mentre Edge che si esibisca al pianoforte o che si spinga in un assolo di chitarra intenso, trafigge i cuori di tutte le teenagers degli anni Novanta.
Schiacciando la maniglia del detonatore, si spengono le vite come soffiare su di una candela. L'attentatore conosce, ovviamente, tutti i particolari che la polizia sta cercando ma non potrà mai rivelare a nessuno i sui segreti, gli stessi segreti della musica degli U2.
Questi ultimi invece si immedesimeranno talmente tanto in quest’atmosfera così cupa (quella di un amore “impossibile” che vuole oltrepassare i limiti della percezione), che faranno propri alcuni successi di artisti del passato, come: My Girl, di Smokey Robinson (The Temptations, Greatest Hits, 1965):
I dont need no money
Fortune or fame
Ive got all the riches baby
One man can claim
Well, I guess you say
What can make me feel this way
My girl (my girl, my girl, ooh)
Talkin bout my girl
My Girl
Talkin bout my girl
e Can’t Help Falling In Love With You del 1961 di Elvis Presley:
Wise men say only fools rush in
But I cant help falling in love with you
Shall I stay
Would it be a sin
If I cant help falling in love with you
Like a river flows surely to the sea
Darling so it goes
Some things are meant to be
Take my hand, take my whole life too
For I cant help falling in love with you.
Valutazione in euro di un vinile: 20 euro e anche di più.
Valutazione in euro di una cassetta: anche 5 euro è possibile.
Valutazione in euro di un cd: prezzo che si aggira tra gli 8 e i 10 euro.
U2 – THE JOSHUA TREE - UK Pressing, UC26 / 842 298-4
1. Where the Streets Have No Name (5:37)
2. I Still Haven't Found What I'm Looking For (4:37)
3. With or Without You (4:56)
4. Bullet the Blue Sky (4:32)
5. Running to Stand Still (4:18)
6. Red Hill Mining Town (4:52)
7. In God's Country (2:57)
8. Trip Through Your Wires (3:32)
9. One Tree Hill (5:23)
10. Exit (4:13)
11. Mothers Of Disappeared (5:14)
DISC 2 – DELUXE EDITION 2007
12. Luminous Times (Hold On To Love)
13. Walk To The Water
14. Spanish Eyes
15. Deep In The Heart
16. Silver And Gold
17. Sweetest Thing
18. Race Against Time
19. Where The Streets Have No Name (Single edit)
20. Silver And Gold (Sun City)
21. Beautiful Ghost/Introduction To Songs Of Experience
22. Wave Of Sorrow (Birdland)
23. Desert Of Our Love
24. Rise Up
25. Drunk Chicken/America
Prodotto da : Brian Eno & Daniel Lanois. Mixato da : Steve Lillywhite Registrato da: Flood.
Strumenti addizionali : Dave Meegan con Pat McCarthy.
Ai mixer : Mark Wallace, e Mary Kettle.
Parole di: Bono. Cori di:: The Edge, Brian Eno, Daniel Lanois. Programmazioni e tastiere ai DX7: Brian Eno.
Tambourine / Pianoforti / Chitarre addizionali: Daniel Lanois.
Armonica a bocca: Bono. One Tree Hill – Arrangiamenti alle chitarre: Bob Doidge. Suonato a: Armin Family. Red Hill Mining Town – con la collaborazione dell’orchestra: The Arklow Silver Band. Red Hill Mining Town – Ulteriori arrangiamenti: Paul Barrett.
Staff Tecnico in Studio: Joe O'Herlihy, Des Broadberry, Tom Mullally, Tim Buckley, Marc Coleman, Mary Gough, Marion Smyth. Manager: Paul McGuinness. Principle Management, Dublin: Anne-Louise Kelly. Principle Management, New York: Ellen Darst.
Ringraziamenti a: Dennis Sheehan, Steve Iredale, Peter Williams, Cillian Guidera, Barbara Galavan, Brigid Mooney, Caroline Ashe, Cecilia Coffey e Frank Coffey, Keryn Kaplan, Pat Murphy, Gavin Friday, Guggi, Charlie Whisker, Osmond J. Kilkenny III, Brian Murphy, Robbie Wootton, Little Steven e Jimmy Iovine (Grazie) T-Bone Burnett, Irene Keogh, Aislinn, Pearse e Karina, Paddy Dunne, David Badstone, Merle Wheeler, Owen Epstein, Ron McGilvray, John Clark, (Irish) Bill Graham, Bob Lanois, Terry e Joy Stewart, Pete Gray, Paul Barrett e Sound Track Services, Chris Parkes
Percussioni, Tastiere, e ulteriori strumenti: Yamaha. Piatti: Paiste. Bacchette: Pro Mark. Corde: Superwound, Rotosound - James Howe Industries. Ulteriori apporti alle chitarre, grazie a: Michael Brook. (Parte di questo album è stato registrato con la Amek Mixing Console di Edge).
Inciso e mixato agli studi di: Windmill Lane Studios, Dublin. Fotografia di: Anton Corbijn. Design: Steve Averill. Artwork di: The Creative Dept. Ltd, Dublin.
In memoria di Greg Carroll 1960-1986.
Nel 1985 in un’intervista rilasciata da BonoVox in Italia, si sostiene che la band non è «una band religiosa, perché la religione ha diviso la gente, invece di unirla. Noi ci sentiamo soffocati dalla Chiesa, che in Irlanda, ti rende davvero isterico: i giovani in Irlanda, come noi, cercano di divincolarsi dalla Cristianità, non da Cristo, poiché Lui voleva davvero il superamento delle divisioni e la riconciliazione» (dalla e-zine italiana Fire, n.3 pag.6).
Sebbene non si sentano una band religiosa, poiché «Cristo sarebbe diventato agli occhi del mondo, unicamente un concetto» (dalla e-zine italiana Fire, ibidem), nel 1987, gli U2 pubblicano l’albero di Joshua, che diventa subito il disco più venduto, più apprezzato dai fans e l’album che meglio ricorda la storia degli U2, in cui si trovano molti riferimenti teologici. E allora, banalmente sorgono le domande: «cosa» e «perchè»?
Cinque singoli, diffusione planetaria e un album diventato in breve tempo, album classico degli anni
80, The Joshua Tree, risponde con dati alla mano e successi, a quei perché.
Curiosamente, ci sono in circolazione vinili e musicassette in cui la band è in primo piano e altre pubblicazioni in cui, nella cover, sono leggermente defilati sulla sinistra; altri in cui c’è solo l’albero di Giosciua in primo piano. Tutto questo è dovuto, non solo alla diffusione e alla vendita di milioni di copie dell’album leggendario, ma anche al fatto che una prima ristampa parziale dell’album fu fatta nel 2000 e una terza (e pare definitiva) nel 2007 con la decisione di Paul McGuiness, manager storico della band, di mettere su per Natale una edizione deluxe, con gli undici brani rimasterizzati (dal momento che alcuni pezzi, ossia gli ultimi 5, necessitavano che si alzasse un po’ la loro voce, rispetto alla loro prima stesura del 1986) più un secondo vinile-cd comprendente tutte le b-sides, le promo, le radio edit, le outtakes e le other takes della band. Insomma per la serie chi più ne ha più ne metta.
L’album che nasce, quasi certamente, da un profonda ispirazione mistica Bob Dylaniana, come lo testimonia l’esecuzione dal vivo della cover di Maggie’s Farm di quegli anni (Bring It All Back Home, Columbia1965), si caratterizza, ancora una volta, di brani che seguono una lunga riflessione interiore, in testi e musica.
I pezzi sono ispiratissimi: si dedica l’album alla memoria di George Carroll che sarebbe stato molto vicino alla band negli anni di maturazione e esperienza musicale: gli anni dell’inizio del sodalizio artistico con Eno/Lanois.
Bono ormai ha la voce di un adulto, Edge sembra preso da visioni esoteriche (tanto diventano difficili i suoi accordi), Larry ha capito che per fare rock non è necessario rompere la batteria e Adam come sempre, seppur sia ritenuto “lo sfigato” del gruppo, sa dedicare agli amanti dei suoni bassi, momenti di vera goduria musicale.
L’aggiunta di cori, di armoniche, di pianoforti e di atmosfere Poppeggianti, soprattutto negli ultimi pezzi (come Exit e Mothers Of Disappeared) fanno di questo album un autentico capolavoro della musica rock e un ottimo punto di transizione tra la musica tardo-adolescenziale e quella matura, nonché elettronica degli anni 90, targata uddue.
The Joshua Tree è epico, etereo ed arrabbiato contemporaneamente.
«The Joshua Tree è la visione europea dell'America, in tutto e per tutto, dai suoni alle parole: le strade che non hanno nome, il gospel, la guerra, il deserto, l'amore, i desaparecidos... Sarebbe troppo lungo raccontare tutto». (da Ondarock.it).
Perché si parla di questo disco come del disco “irraggiungibile” nella carriera degli U2? Semplice, perché vi ascoltiamo una musica schietta, una musica diretta; undici brani, uno più bello dell’altro.
Una tracklist principale impareggiabile e una varietà di suoni che vanno dal folk al rock senza mezze misure fino alle contaminazioni più superficiali con la musica leggera; dal mistico, al passionale, persino un tocco di spirituale e di fantastico, fino a toccare sonorità astratte e trascendentali.
Molti brani sono frutto dell’impegno sociale con Amnesty International a cui gli U2 dedicheranno sempre almeno una paginetta dei libretti con i testi nei dischi che verranno.
The Joshua Tree ha ragione Ondarock.it, a ritenerlo come un disco “troppo lungo” e pieno di tematiche nuove per quegli anni.
Lo confermano le tante personalità che hanno dato un contributo valido alla causa “americana” della musica di Bono e soci: i Clannad (co-autori con Bono di un singolo intitolato In A Lifetime, raccolto nell’album Macalla, (RCA, 1985) molto romantico e delicato, a cui Bono ha dato il volto e i capelli per un video in cui interpretare il mito dei fumetti Sandman), Mark Ellis (alias Flood) una delle colonne dello sperimentalismo degli U2 di tutto il Novanta.
Robbie Robertson, con cui gli U2 incideranno due singoli fuori dal “progetto” “U2”, intitolati Sweet Fire Of Love e Testimony, l’irlandesissima Sinéad O’Connor, co-autrice con Edge della colonna sonora del film The Captive (Virgin Records,1987), Micheal Brooke e il sempre presente Gavin Friday; la Arklow Silver Band, mogli, mariti, figli, zii e tutto l’allegro cucuzzaro.
Per Loris Cantarelli, sono «la band più popolare del pianeta» (ne La Collana Legends) e niente è di più vero, dal 1987 ai giorni nostri.
«Outside is America» - erano le parole che il “reverendo” Bono professava in quegli anni (titolo anche di un documentario dvd uscito per l’occasione della edizione deluxe nel 2007).
Come dargli torto: un Bonovox glorioso, originale, intenso e extended, proprio come il loro albero di Joshua.
I PEZZI.
1. Where the Streets Have No Name – Metti sulla piastrina del tuo mangianastri la cassettina con la cover grigia, schiacci play e ti siedi sul divano. Piazzi le cuffie nelle orecchie al massimo e ti sembra, che all’inizio di questo album, si sia deciso di entrare in chiesa (un po’ come succede con il prodotto n.2 degli Arcade Fire, grandi artisti “sopravvalutati” da Bono, in Neon Bible (album Merge del 2007) cosi sacro).
Ti sembra di essere in Chiesa, si è vero, ma ti ritrovi invece a percorrere delle strane strade. Le strade della gente che non ha nome. Della gente che si raduna sotto il The Million Dollar Hotel, come sotto un palco, per assistere la band che sta girando il video di Where The Streets Have No Name, in poco più che camicia a maniche corte o a petto nudo (nota da ricordare: un’inedita versione di Adam Clayton, biondo qui, veramente come il sole).
Il video è stato diretto da Meiert Avis ed è risultato vincitore nel 1988 del Grammy Awards come migliore performance video dal vivo… e in quel video c’era davvero tanta gente.
La gente che ha creduto alle parole del sogno americano di M.L.King. La stessa gente di J.F.Kennedy (il primo e unico presidente cattolico, della storia degli Usa, 1917-1963), quella che sulla luna ci è andata per davvero. La gente che ha percorso a piedi km e km del deserto del Texas, e puoi dire tutto quello che vuoi, ma se non ci sei stato, beh, allora vuol dire che non ne sai nulla.
«Ci sono strade che somigliano alle vite che percorri tutte in un momento Non sai capire dove sei arrivato Ma sei sicuro che ora stai correndo»– per i Tiromancino è cosi (Strade, dall’album La Descrizione Di Un Attimo, Virgin del 2000).
Le strade che non hanno nome, sono le strade in cui si contano ville, appartamenti, case in affitto, ma senza numero civico; sono anche le strade dell’Etiopia, là dove Bono e Ali (sua moglie) intrapresero un viaggio negli anni 80, votati a prestare servizio sociale in soccorso alle popolazioni povere, le stesse che Bono celebra ormai da anni nella canzone più propriamente rock del loro repertorio.
What shall I render unto the LORD for all his benefits toward me? I will take the cup of salvation, and call upon the name of the LORD. I will pay my vows unto the LORD now in the presence of all his people.
Il salmo responsoriale 116, vv.12-14 introdotto come trait d’union alla jam session Where The Streets Have No Name con Bad e “40”, nella notte del 6 giugno 2001 in quel di Boston, è certamente una cosa importante da ascoltare e comprendere alla scoperta della potenza lirica nonché musicale di questo pezzo cosi «trascendentale» (Bono).
Dove le vie non hanno nome
Dove le vie non hanno nome
Ancora costruendo
Poi distruggendo l'amore
Distruggendo l'amore
E quando andrò là
Ci andrò insieme a te
(E' tutto ciò che posso fare)… I'll show you a place High on a desert plain Where the streets have no name.
Una scarica di adrenalina con bassi e chitarre elettriche che mandano chiarori e riffs abbaglianti,… altro che deserti! E’ un viaggio nel cuore dell’America, ma un viaggio anche nel cuore dell’uomo. E’ destrezza, è ambient, è elevazione di suoni, è fade,è elettronica, è musica al servizio dell’uomo. E’ «un muro del suono», dice Mark Butler, con Bono alla voce e Edge agli arpeggi che fanno fronte comune.
E tutto questo e ancora tanto altro, l’”immancabile” Where The Streets Have No Name.
Dalle parole di Brian Eno, questa canzone, una canzone che suona “vecchia” come vecchio è il curriculum degli U2, è anche la canzone della solitudine: dell’altro nient’altro che me. Il tentativo di trovarsi un posto tutto per sé, un posto non solo romantico o spirituale.
Bono: «I often feel very claustrophobic in a city, a feeling of wanting to break out of that city and a feeling of wanting to go somewhere where the values of the city and the values of our society don’t hold you down» (da Wikipedia.org).
Da riascoltare a manetta senza mai stancarsi: da quella sotto al tendone degli anni 80, a quella sul palco del limone che diventa Playboy Mansion.
E perché no, anche quella che qualcuno ha remixato col suono della sirena della polizia di sottofondo, che si può scaricare solo su Internet.
Potere, questo, delle strade della grande “rete”.
Un climax di chords in progression in un frame da I-IV-I-IV-vi-V-I, che si è meritato un potere persuasivo incredibile nella vasta produzione musicale degli U2: quello di essere una bandiera della solidarietà e della buona musica.
2. I Still Haven't Found What I'm Looking For - Il titolo più lungo della storia degli U2 è la canzone da cantare a squarciagola in una notte d’estate, esaltato da 80.000 piccole fiammelle silenziose, ma brillanti nell’arena dello Stadio Olimpico di Roma (23 Luglio 2005).
Pezzo incredibile, quanto mai spirituale e ricco di speranze religiose alla ricerca di Dio e della Verità. Difficile commentare questo pezzo musicalmente: è una lunga passeggiata nella musica, come quella di Bono e soci tra le luci di Las Vegas; è una scalata di suoni quanto mai semplici, come tanti piccoli sorrisi alla gente, che canta con te, ma proprio perché semplici, risultano autenticamente irripetibili.
The Edge è l’autentico architetto di questo “mostro” del “cemento” musicale. Niente pizzetto, niente luci brillantinate sulla maglietta, ma unicamente capelli al vento e un gilet sportivo, trovato in un cassetto e messo su alla rinfusa.
I Still Haven’t Found What I’m Looking For è un continuo believe: credere ad un testo semplice e allo stesso tempo ricco (di metafore, di sensazioni).
La paradossalità della musica degli U2 è pensare che si possano conciliare suoni cosi semplici e immediati con un testo ricco di immagini: mountains, fields, walls, cities, stones.
You broke the bonds
You loosed the chains
You carried the cross
And my shame... gioco di assonanze e rime finali in questa quartina cosi spirituale:
Tu hai rotto i vincoli
Sciogliesti le catene
Portasti la croce
Ed il mio peccato.
E’ del 2006, una versione afro-cubana del pezzo degli U2, originale, sbalorditiva, geniale e innovativa, sotto i suoni dello storico gruppo cubano Buena Vista Social Club, identificabile nella traccia numero 6 del cd Rhythms Del Mundo (Universal):, e nella potente voce del solista blues Coco Freeman:
He vencido mil montañas
He llegado hasta el fin
Y es por amor a tí
Y es por amor a tí
He corrido, he trepado
Conquistado esa ciudad,
Nuestra ciudad
Y es por amor a tí.
Qui non conta saper cantare, qui conta credere e basta: che tu sia di Modena, di New York, di Berlino, o di Tokio, canta ciò che ancora stai aspettando, appena Bono alza al cielo, il suo microfono.
«Qui è un attimo; quello che ho, sono le cose che restano» (Zero Assoluto, Certe Cose Non Cambiano, dall’album Appena Prima Di Partire, etichetta UNI, 2007).
3. With or Without You – Con o senza te: è una disamina amorosa molto sofferta. E’ una canzone strappalacrime, una di quelle che ti restano nel cuore e per sempre.
Ballata dai toni melodrammatici, si apre con una base molto semplice, ricca di campanelli in perfetto stile Boy, con un basso incisivo che prepara il terreno all’entrata in pieno ritmo Mulleiano di una chitarra dai suoni melodiosi. L’escalation musicale trova sfogo in un ritornello indimenticabile che è del più tipico degli U2:
E tu dai via te stessa
E tu dai via te stessa
E tu dai
E tu dai
E tu dai via te stessa.
My hands are tied
My body bruised, she's got me with
Nothing to win and
Nothing left to lose..
Il pezzo si carica di forti sensazioni terrestri; un lento trasporto verso sensazioni materiali che trovano modo di “scoppiare” nella esplosione vocalica di BonoVox, ispiratissimo.
Quel che più sorprende in questo brano è il vertiginoso alternarsi di emozioni, con il calare del ritmo nella parte conclusiva, che lascia spazio ad una lunga coda unicamente strumentale.
Solo il suono puro, della musica trasmette emozioni: forse più di quanto le parole del vocalist riescano a trasmettere.
Ma tornando agli U2… evidenziamo una voluta separazione di significati, cosi come c’è una separazione di intenti, trasmessi nel testo di questa canzonissima: una storia d’amore di puro spirito contrapposta a una storia di solo sesso.
La fede in Dio e allo stesso tempo la sua rinuncia:
See the stone set in your eyes
See the thorn twist in your side
I wait for you.
Forse la più bella canzone d’amore degli U2.
Nel 2007 i Linkin Park, in un disco intitolato Minutes To Midnight, (per la Warner Bros) scrivono una canzone molto intensa e molto vicina alle sonorità degli U2, intitolata Shadow Of The Day, includendo in una stanza chiusa lo stesso senso di claustrofobica attesa d’amore di With Or Without You:
I close both locks below the window.
I close both blinds and turn away.
Sometimes solutions aren’t so simple.
Sometimes goodbye’s the only way.
And the sun will set for you,
And the sun will set for you.
And the shadow of the day,
Will embrace the world in grey,
And the sun will set for you...
4. Bullet The Blue Sky – Letteralmente, “spara al cielo blu” anche se il verbo bullet in inglese, non esiste. E’ un esperimento linguistico e anche musicale di questo brano cosi “strano” e cosi nuovo nelle corda della musica rock.
Si direbbe a tutta prima, un testo fortemente politico, che Bono avrebbe scritto durante un viaggio in Nicaragua e che trarrebbe ispirazione dal problema dell’embargo politico: insomma sarebbe come dire “l’altra faccia dell’America”.
Una base ritmica che ricorda vagamente Sunday Bloody Sunday e un’atmosfera molto oscura: questa è l’impressione che si avverte sin dalle prime note.
Bono canta con una voce che ricorda quella delle origini, a volte volutamente distorta con campionamenti che generano inquietudine nell’ascoltatore.
La musica degli U2 si fa per l’ennesima volta portatrice di un messaggio: parlare con i suoni, cosa che The Edge aveva già provato in passato ma che forse in Bullet The Blue Sky riesce meglio che in altri contesti.
La sua chitarra, molto Jimmy Paige, sotto i colpi d’arma da fuoco della batteria di Larry e del basso di Adam, diventa un cannone che piano piano riesce a trasformarsi nel volo di un elicottero che plana sul palco degli U2 che stanno inneggiando al popolo la loro rivolta sotto la minaccia di un faro abbagliante, nel nero pesto della notte.
L’elicottero è lì per arrestarli o per trarli in salvo? E’ questo il paradosso della musica.
Suit and ties comes up to me
His face red
Like a rose on a thorn bush
Like all the colours of a royal flush
And he's peeling off those dollar bills
(Slapping them down), one hundred, two hundred,
And I can see those fighter planes
And I can see those fighter planes
Across the mud huts as the children sleep
Through the alleys of a quiet city street
Up the staircase to the first floor
We turn the key and slowly unlock the door
As a man breathes deep into a saxophone
Through the walls we hear the city groan
Outside is America.
Mentre il potere della musica è in grado di generare sensazioni forti, Bono si fa storyteller, sul finale del brano: aerei da guerra, baracche di fango, cielo squarciato e pioggie che cadono dentro ferite brucianti, e un uomo continua a credere alla sua musica e a soffiare dentro un saxofono.
Per The Edge: «Bullet The Blue Sky era una demo scarna e grezza, ed è diventato un blues tormentato» - (Loris Cantarelli, Cowboy spirituali, La dimensione visiva degli irlandesi ai tempi di The Joshua Tree, contenuti in «Jam, Viaggio nella musica», numero 143, Folk Edizioni, Milano 2007): beh, se lo dice lui…
Bruciante e assassina come un macho man.
5. Running to Stand Still – The Joshua Tree è bello proprio perchè paradossale. Il titolo di questo brano, “correre per restare fermi” è sicuramente il punto di massima realizzazione di questo obiettivo.
Ancora una volta la droga si fa protagonista in un testo questa volta realizzato su misura per l’esperienza di vita di una ragazza di Dublino, in una zona molto vicina a BonoVox che ci mostra «sette torri».
Un pezzo molto dolce, che con il suono di una armonica a bocca, molto ancestrale, ci regala momenti di grande sofferenza e ricordo: un pezzo acustico e armonico che talvolta si interrompe, come un viaggio fatto di brusche fermate; è questo, il viaggio nella vita di tutti noi.
Deontologia dell’introspezione.
Superiamo i momenti difficili e fischiettiamo con ardore il loro:
Singing Ha La La La De Day
Singing Ha La La La De Day.
Adam l’ha definita «Bad part II, la versione attorno al fuoco», mentre Edge ci ricorda come sia nata, nelle corde di Daniel Lanois, e di come, splendida, possa ulteriormente trasformarsi al pianoforte.
Delicata negli anni 80, irrazionale e rabbiosa ai tempi dello Zootour, politica ai tempi del Vertigo Tour: è una di quelle canzoni che si fanno amare, perché cosi atipica dal suono tradizionale degli stessi irlandesi.
6. Red Hill Mining Town – Forse si tratta di uno dei pezzi meno conosciuti degli U2, perchè le esigenze discografiche “impongono” che si storca il naso almeno su una canzone in un album di soli successi. Red Hill Mining Town viene riproposta con maggiori intenti nel 2007 (con un video inedito nella versione deluxe), nella sua versione originale, orchestrata e arrangiata da Paul Barrett e dall’orchestra The Arklow Silver Band, e non è di certo seconda a nessuno.
La politica di Margaret Thatcher, gli scioperi e la disoccupazione dei minatori del 1985-86, la vita nelle miniere, la corsa all’oro, la guerra civile America del 1859, la storia di Abraham Lincoln, i Cheyennes, sono solo alcune delle istantanee scattate in questa storia dell’America dei giorni nostri e non solo, vista con gli occhi di un «hunter (child)», lo stesso Boy, che è partito dall’Irlanda per innamorarsi dell’America e delle sue contraddizioni.
Gli U2 nei concerti del loro The Joshua Tree Tour eseguiranno una cover della canzone folk di Peggy Seeger intitolata Springhill Mining Disaster (ballata popolare del 1958),da cui è venuta fuori l’idea per comporre questa Red Hill Città di Miniera.
In the town of Springhill Nova Scotia
Down in the dark of the Cumberland mine
There's blood on the coal, and the miners lie
In roads that never saw sun or sky
Roads that never saw sun nor sky... questa è battaglia per i diritti civili.
Un’altra occasione, questa, per Bono di diventare cantautore, quasi giornalista “accreditato” pronto a raccontarci una verità che non conosce personalmente.
Bisogna ascoltarla un po’ di volte, poi ti entra nel sangue, come molte altre.
7. In God's Country – Dio è ancora protagonista dell’ispirazione musicale degli U2, e questa è proprio bella; quale sarebbe la terra di Dio? Forse Dio si può trovare soltanto nel deserto, nel momento e nel luogo privo di speranze e valori. E il deserto è il luogo dove Anton Corbijn ha scattato le foto della booklet del disco (il Joshua Tree National Park, vicino Palm Springs nel sud della California e Zabrisky Point nel Death Valley National Park).
Da questo pezzo e per il resto dell’album, si apre un’interessantissimo squarcio di musica blues e folk che ci permette di ascoltare un Edge ispiratissimo:
Sleep comes like a drug...In God's Country
Sad eyes crooked crosses...In God's Country
Set me alight
We'll punch a hole right through the night...
Gli U2 si sentono «bruciati dal fuoco dell’amore»,… e si sente.
Inaspettato singolo, seppure soltanto per il Nord America, pubblicato nel tardo 1987, In God’s Country, consente a quanti non hanno acquistato l’album di godersi una piacevole EP in cui sono contenute, appunto estratte dall’album, Bullet TheBlue Skye Running To Stand Still.
8. Trip Through Your Wires – Introduzione con armonica a bocca e orchestrazione impeccabile, per un pezzo imperfetto e quasi, improvvisato. Nonostante il titolo, gli U2 non inciampano nei lacci delle loro scarpe, e ci regalano uno splendido rockabilly.
Gli uomini cadono regolarmente nelle trappole tese dalle donne. Del resto ciò che gli uomini ottengono dall'inciampare nei loro fili è solo sollievo e piacere. Quindi il significato del testo è: non so sei tu sia un angelo od un diavolo, so solo che mi fai stare bene.
Poca presenza di Adam in questo brano con Dave Evans che si diverte ancora a sperimentare con una delle sue chitarre Dallas. Questa è musica country, questa è tradizione americana, con suoni cosi carichi di grida e di musica piacevole.
Le mie labbra erano secche, la gola come ruggine
Mi desti riparo
Dal calore e dalla polvere…
Una vera scampagnata, per le strade delle metropoli americane.
9. One Tree Hill - Perla assoluta dell’album come cantabilità e come eccezionalità sonora. Il singolo fu pubblicato unicamente in Australia e Nuova Zelanda e fu un successo pazzesco. Eguagliabile ad un pezzo degli Inti Illimani (gruppo vocale e strumentale cileno formatosi nel 1967 nell’ambito del movimento della Nueva Canción Chilena), si sentono le radici antropologiche di un popolo, proprio o scoperto non importa. Conta il tessuto cosi ipnotico, cosi leggendario. Ci troviamo di fronte ad un pezzo corale, e la torta può essere perfettamente divisa in quattro parti uguali: ogni membro dell’U2 regala a questo brano, quanto di meglio sappia fare.
La chitarra parla, la batteria batte lo scorrere del tempo, il basso è pettorale, fisico.
Ci giriamo per esporci al freddo, perdurante gelo mentre il giorno supplica la notte di avere pietà.
Inizio da paura: batteria e chitarre a tutto spiano, e una voce soffice, morbida che poco alla volta esplode nel ritornello:
It runs like a river runs to the sea
Like a river to the sea.
Un affresco splendido, un quadro impressionista. Un tessuto musicale centrale al minuto 3, che sa tanto di freschezza artistica.
La canzone è dedicata, come tutto l’album d’altronde a Greg Carrol, che era un ragazzo maori coetaneo di Bono (1960) conosciuto dagli U2 durante il The Unforgettable Fire Tour in Nuova Zelanda.
La canzone ne celebra la morte e la sofferenza del gruppo si fa poesia:
Jara (Victor Jara, 1932-1973, poeta e cantautore cileno, dissidente politico) cantava. La sua poesia un'arma, nelle mani dell'amore/ Lo sai il suo sangue ancora grida dalla terra, esso scorre come un fiume verso il mare./ Come un fiume verso il mare…in una esplosione di acuti che mette i brividi.
Pausa finale: il pezzo sembra essere concluso e… invece no.
Briano Eno prende possesso della consolle e i quattro cantano in coro, come poche altre volte.
Bravi gli U2, veramente bravi. Da ascoltare, anche se non piacciono.
10. Exit – Una canzone cattiva e cupa, sussurrata, quasi impercettibile come altre degli U2. Un trionfo di chitarre elettriche e di atmosfere metal. Si parla di un omicidio compiuto in nome dell’amore, e lo si capisce dal battere delle bacchette di Mullen.
Ha detto Bono: - «Exit è la storia di un uomo religioso che diventa un uomo molto pericoloso quando non riesce più a capire il mistero nelle mani dell'amore»; Edge invece è imprendibile e incomprensibile.
Difficile tracciare una linea di demarcazione netta, capire cioè quanto di suo e quanto di Eno/Lanois ci sia in questo brano: sembra di assistere ad una bomba che deve essere disinnescata ma che invece esplode nelle mani degli stessi artificieri.
Un brano duro, violento ma anche molto dolce e atmosferico: il potere del paradosso di The Joshua Tree, ancora una volta.
La voce di Bono si perde nei suoi echi e gli strumenti esplodono insieme, per poi perdersi come nei chiaroscuri di una caverna.
He went deeper into black
Deeper into white, he could see
The stars shine
Like nails in the night...
Un thriller angosciante: cuore di tenebra (dal titolo di un romanzo, Heart Of Darkness, di J.Conrad, Blackwood Magazine, 1902), e ancora, il lato oscuro della luna.
L’altra faccia di noi stessi.
Tante diverse chitarre si mescolano e Larry batte più di una percussione.
Un loop finale che fa trasecolare, momenti distinguibili e irresistibili alle orecchie dei più affezionati.
Rock allo stato puro, e poi quel cicaleccio di fine estate afosa, presente nella rimasterizzazione del brano nella versione deluxe, che è cosi realistico e estasiante.
11. Mothers Of Disappeared – Un grido popolare, un inno. Un testo politico e familiare. Atmosfere sudamericane, per la close-up dell’album, che ci regala un finale inaspettato e nostalgico.
In un trionfo di suoni popolari, si avvertono in primi cambiamenti sperimentali verso l’elettronica, che dominerà nella musica degli anni 90 degli U2 (non a caso il brano verrà riproposto in una chiave più ritmica durante il Popmart Tour).
Cile, Argentina, Brasile, Perù: solo per citare alcuni degli Stati che a lungo hanno vissuto la condizione dittatoriale e la sofferenza della vita dei fuggiaschi.
«Il ritmo sembra accompagnare la marcia dolorosa dei familiari di centinaia di desaparecidos, così come le loro lacrime dignitose sembrano quasi sgorgare dagli inquietanti effetti sonori e dalle tastiere di Eno, accompagnati dai vocalizzi di Bono» (Loris Cantarelli, Cowboy spirituali, La dimensione visiva degli irlandesi ai tempi di The Joshua Tree, ibidem).
In Argentina il movimento delle "Madri della piazza di Maggio" organizzò manifestazioni pacifiche per cercare di ottenere almeno il riconoscimento da parte dello stato della avvenuta morte dei loro figli e perché fossero rivelati i luoghi dove furono sepolti i corpi degli scomparsi.
In the trees
Our sons stand naked
Through the walls
Our daughters cry
See their tears in the rainfall...
Potere della musica che si fa carezzevole, sonnolenta, rilassata e inquietante allo stesso tempo, come per accompagnarci nell’attesa di un nuovo album pieno di nuove emozioni.
12. Luminous Times (Hold On To Love) – Prima b-side del primo singolo del 1987, ossia With Or Without You e scritta a 10 mani, comprese quelle di Eno che si fa anche autore del testo. Nella canzone dominano principalmente le tastiere e un’atmosfera tipica, di quelle da The Unforgettable Fire.
Hey, sister love
Hey, sister soothe
Hey, open love
Can turn me around tonight
Hey sister love
Save my soul
Save my soul [...] Hold on to love/ Love won't let you go... Singolare in questo brano d’amore come Bono si conceda alcune grida, alcune esclamazione come Woo! O Uh Uhh!.
Trasecolante e riflessiva.
13. Walk To The Water – Seconda b-side di With Or Without You singolo. Il brano si apre con diversi interventi atmosferici e tastierizzati in studio di Pat McCarthy e Dave Meegan.
Walk, walk, walk to the water, Walk with me, Walk, walk, walk to the roadside, Walk with me a while: uno dei principali episodi del Nuovo Testamento, presi in prestito dalla penna creatrice di Bono autore, diventa l’origine della storia d’amore dei genitori dello “scrittore”.
Ancora una volta Bono abbandona l’arte di cantare per il narrare, spoglio quindi di particolari vocalizzi, su una base ritmica orchestrata magistralmente dal solito ispiratissimo The Edge.
Il lato B di The Joshua Tree, ci dimostra quanto sia veramente difficile scegliere tra il master e questo secondo eccezionale disco.
14. Spanish Eyes – Bella… bella! Una b-side di I Still Haven’t Found What I’m Looking For(terzo 45 giri estratto dall’album) che poteva diventare benissimo un brano della tracklist dell’immenso The Joshua Tree.
La canzone si sviluppa tutta su una base ritmica molto caliente di un blues “alla The Edge”, stile anni 80, da cappello squadrato e nero.
Gli occhi spagnoli di cui si parla qui sono quelli di una bimba, aggrappata al proprio amore che lo «vede risplendere come una canzone».
Atipica dichiarazione d’amore, dal momento che non si tratta di una ballata struggente, ma di un pezzo pop piuttosto roccheggiante, il cui video (raro) vede gli U2 intenti a fare l’autostop per le strade di New York e Chicago.
Wey, hey, hey, Nẽna espera.
15.Deep In The Heart – Un pò Mothers Of Disappeared un pò Bullet The Blue Sky e un pizzico di 4th Of July secondo le dichiarazioni di The Edge, per questo brano prodotto da Marc Coleman.
Chitarre distorte di Edge, introduzioni ritmate di Clayton e Mullen e atmosfera ambient regolate sapientemente da Daniel Lanois.
Deep in the heart
Deep in the heart of this place
Deep in the heart
Deep in the heart of this place.
Porte chiuse, finestre oscurate dalla luce e un uomo intento unicamente a fare qualcosa, un work.
Parola imprecisata e indefinita.
La stessa musica sembra offrirci uno scenario da rumore di macchinari e ambiente piuttosto claustrofobico.
Niente di particolarmente alto, ma interessante nelle sonorità e nella sperimentazione vocalica tra alti e bassi, tipici picchi di modulazione sonora, che contraddistinguono da sempre la voce di Hewson.
The Joshua Tree, così, è anche sperimentazione.
16. Silver And Gold – Il pezzo più interessante della raccolta delle b-sides di The Joshua Tree, diventerà pezzo ufficiale nel nuovo album del 1989 degli U2, Rattle & Hum.
Ancora una volta un pezzo che sa di America, un brano molto country, bello da canticchiare e da ballare. Percussioni e chitarre che giocano come in Where The Streets Have No Name, a stupire l’orecchio dell’ascoltatore.
Questa è una canzone scritta su di un uomo vissuto in una baraccopoli fuori Johannesburg. Un uomo che era stanco di abbassare lo sguardo alla canna di fucile del Sud Africa “bianco”. Un uomo arrivato al punto di essere pronto ad alzare le braccia contro il suo oppressore. Un uomo che ha perso la fede nei pacificatori occidentali mentre essi discutono e mentre trascurano di sostenere un uomo come il vescovo Tutu e le sue richieste di sanzioni economiche contro il Sud Africa....
Musicalmente sembra avvicinarsi a Seconds e Surrender dell’album War.
The warden says "The exodus sold."
If you want a way out...
Silver and gold, silver and gold. Fuori ci sono i prigionieri, dentro i liberi.
Il basso di Clayton segna il passo alla descrizione ricca di scene di violenza di cui si riempie questo brano. Un’incitazione alla lotta, in difesa dei diritti civili di ogni individuo soppresso.
17. Sweetest Thing – Romantica serenata d’amore che Bono ha scritto per scusarsi di tutte le dimenticanze a cui non ha adempiuto nella lunga storia d’amore e rapporto matrimoniale con la donna della sua vita, Ali. Questa canzone che per ora è solo una demo, diventerà il singolo di spicco degli U2 nell’anno 1998, quando verrà pubblicata la racconta The Best Of 80-90.Qui in The Joshua Tree, si direbbe che suoni ancora piuttosto grezza e che Bono sia un po’ “stonato”.
Nient’altro che una canzone agro-dolce.
18. Race Against Time – Ancora un estratto da Where The Streets Have No Name, ancora un pezzo su cui poter riflettere per l’originalità che traspare dal testo e dalle strings. Il battito è costante, la suspence è crescente. La chitarra di Edge crea sensazioni d’angoscia, quasi di sgomento, mentre il basso di Adam è come un pugno nello stomaco, una sofferenza, personale, senza fine. Poi un pianoforte che non ti aspetti: gli occhi al cielo che si squarcia dalle nubi.
19. Where The Streets Have No Name (Single edit) – Meno spazio alla lunga introduzione all’organo, è la versione quella che passa in radio: più coincisa, più diretta. Insomma, ancora un modo per dare il giusto tributo ad una delle bandiere musicali degli U2.
Da sempre.
20. Silver And Gold (Sun City) – Ron Wood, dei Rolling Stones alla chitarra acustica, l’apporto di Keith Richard (che canterà con gli U2, When Love Comes To Town, nella raccolta del The Best Of 80-90) e Steve Jordan, danno un pizzico di di pepe a questo brano già celebre tra il pubblico degli U2, nonostante la nota stonata, quella d’essere solo un lato B di The Joshua Tree. Bono aggiunge un nuovo testo alla canzone e dice: «Ci stavamo divertendo a suonare vecchi brani degli anni ‘50 e ‘60. All’improvviso, mi accorsi che i miei riferimenti musicali non andavano oltre il 1976. Fu frustrante. Quella notte scrissi di getto Silver and gold, dopo aver ascoltato per ore blues del Delta. La registrai con Keith e Ronnie per Sun City, dopo di che mi accorsi che qualcosa in me era inevitabilmente cambiato». Sun City, un album pubblicato dagli Artists United Against Apartheid (Razor & Tie, 1993), è caratterizzato da tre differente versioni di questa "song of the same name”.
You can’t stop the world can turn around,
Just gonna pay your pain in my pound...
Nell’ambito dello stesso progetto, in onore di una causa indetta da Amnesty International, Bono aveva già cantato il 15 giugno del 1986, Invisible Sun, col gruppo dei Police.
I don't want to spend the rest of my life
Looking at the barrel of an Armalite
I don't want to spend the rest of my days
Keeping out of trouble like the soldiers say
I don't want to spend my time in hell
Looking at the walls of a prison cell
I don't ever want to play the part
Of a statistic on a goverment chart
[...]
There has to be an invisible sun
It gives its heat to everyone
There has to be an invisible sun
That gives us hope when the whole day's done...
21. Beautiful Ghost/Introduction To Songs Of Experience – Non ci si aspetta un brano cosi in un album del genere. Suona molto Passengers, ed è francamente un’esperienza musicale più degli anni 90 che dei 80. Ma la voce di Bono è quella li, acre, senza mezzi termini: o troppo forte o gentilmente sussurrata. L’atmosfera che si respira è quella di una casa (o una mente?) infestata dai fantasmi, ma sicuramente è un bellissimo brano da godersi comodamente in poltrona, senza aspettarsi troppo dallo sperimentalismo musicale degli U2.
Eno/Lanois, danno il loro apporto chill out e ne vien fuori davvero un bel pezzo musicale.
Fa la sua prima comparsa nel maxi cofanetto pubblicato nel 2005, col titolo The Complete U2, ed entra, a pieno diritto, nella sfera del fantastico (quasi letterario).
Hear the voice of the Bard
Who present, past, and future, sees
Whose ears have heard
The Holy Word
That walk'd among the ancient trees
Calling the lapsed soul
And weeping in the evening dew
That might control
The starry pole
And fallen, fallen light renew
'O Earth, O Earth, return
Arise from out the dewy grass
Night is worn
And the morn
Rises from the slumbrous mass
Turn away no more
Why wilt thou turn away
The starry floor
The watery shore
Is given thee till the break of day
Till the break of day
Till the break of day
Till the break of day
Till the break of day...
22. Wave Of Sorrow (Birdland) – E’ la prima novità musicale della versione deluxe del 2007.
Il brano ha nelle corde le onde marine di Eze (luogo del Marocco in cui gli U2 si sono riuniti nell’estate del 2006 per provare nuove canzoni per l’album che seguirà How To Dismartle An Atomic Bomb del 2004) ed è evidente, che anche la voce di Bono non può essere quella degli anni 80. Ci viene così presentato un brano di oggi, messo tra gli other takes del 1987, come li hanno chiamati loro.
“Tentativi”, appunto.
Bono dice che il pezzo è stato scritto in quell'epoca ed è ancora frutto del viaggio in Etiopia con la moglie, e francamente può starci ma ha un’idea mediatica che convince poco.
Lascia interdetto, almeno come operazione commerciale, sebbene si tratti di un pezzo molto dolce e ancestrale.
Un testo forte come lo sono stati tutti quelli di How To Dismartle An Atomic Bomb e come lo è il singolo del 2006 Window In The Skies) con un BonoVox di certo piuttosto noioso, dal momento che cambia il ritmo solo nel ritornello. L’originalità sta nella moltiplicazione delle voci, nella coda finale del brano in cui si ha l’idea di vederli in tour tutti con l'auricolare a cerchio sulla testa, a cantare.
Blessed are you, the death cannot hear a scream : è il verso più bello.
Il pianoforte poi fa sognare.
23. Desert Of Our Love – Alright!
And the desert of our love
And the desert of our love
And the feeling in the sand
When the poor man then...
Carica folk, bassi e percussioni a supporto di un BonoVox che si diverte a incitare la carica dei bassi di Adam e Edge al piano, e Larry con le sue percussioni dà vita ad una jam session molto bella e convincente.
A dire che hanno provato per tutta la giornata e hanno tirato fuori quanto di meglio siano riusciti a provare fino ad allora, lo si ascolta dirlo in inglese nella coda del brano (probabilmente da Lanois).
«Bass & Drums» – dalle parole di Bono, che non aveva mai incitato così i compagni.
Per Edge è un pezzo reggae e gospel, che nasce dalle ceneri di Wheather Girls, ossia le origini musicali di I Still Haven’t Found What I’m Looking For.
Niente male, per essere solo una demo, proposta a 20 anni dall’uscita di The Joshua Tree.
24. Rise Up – Pezzo pieno di ritmica traballante, nato da una demo che prendeva il nome di In The Door Step Golden Light, di sola voce. Un testo poco convincente e un crescendo solo nelle parole.
I remain in you/ I will recall this storm/ This storm recalls you
Rise up, rise up, rise up, rise up
Rise up, rise up, rise up, rise up
Rise up, rise up, rise up, rise up
Rise up, rise up, rise up, rise up...
Troppo poco per essere un marchio U2.
25. Drunk Chicken/America – Alla lettura del testo di questo pezzo, che nasce solo come strumentale, collabora una special guest, veramente molto special: si tratta del poeta beat, Allen Ginsberg, (padre della Beat Generation americana) che già nel 1997 aveva dato la voce a Miami tra le outtakes dell’album Pop, prima di scomparire pochi mesi dopo.
Questo è solo l’incipit:
America
America, I've given you all and now I'm nothing
America, two dollars and twenty-seven cents January 17, 1956
I can't stand my own mind
America, when will we end the human war
Go fuck yourself with your atom bomb
I don't feel good, don't bother me
I won't write my poem till I'm in my right mind...
Bella la carica elettrica e le sue percussioni. Energetica e... deviante.
Valutazione in euro di un vinile: La deluxe costa 35 euro. Molto meno la prima edizione. Beh, a cercarla…
Valutazione in euro di una cassetta: 10 euro la vecchia.
Valutazione in euro di un cd: il prezzo si aggira sugli 5 euro (la prima edizione, ormai riciclatissima).
Fonte:
http://digilander.libero.it/clfanzine/U2UnforgettableFire.doc
http://digilander.libero.it/clfanzine/U2AchtungBaby.doc
http://digilander.libero.it/clfanzine/U2Joshua.doc
Sito web da visitare: http://digilander.libero.it/clfanzine/
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