Educatore in psichiatria

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Educatore in psichiatria

2. L'educatore in Psichiatria
                 
2.1. Il reparto di Psichiatria

La Psichiatria è quel settore specialistico della medicina che si occupa dello studio sperimentale, della prevenzione, della cura e della riabilitazione dei disturbi mentali dal punto di vista sia teorico che pratico. Quanto rientra nel suo spettro di competenza è frutto della combinazione di diversi ambiti, quali: medico-farmacologico, psicologico, giuridico, neurologico, politico e  sociologico. L'indagine psichiatrica ha articolato le sue sistematizzazioni prevalentemente nell'ambito della medicina, presentandosi come il settore degli studi medici che si interessa prettamente delle conseguenze provocate dalle lesioni e dalle disfunzioni del cervello che sono causa di alterazioni del comportamento e dello stato di coscienza. La Psichiatria, in ogni caso, si occupa di tutte le forme di patologia della condotta individuale e della soggettività esperienziale, indipendentemente dalla possibilità di rintracciarne le cause in lesioni o disfunzioni cerebrali.
Per ciò che concerne la diagnosi, in linea generale, la diagnosi psichiatrica è un processo complesso, che si avvale di valutazioni anamnestiche, colloqui clinici, test psicopatologici e, quando necessario, anche di altre valutazioni mediche e psicologiche (internistiche, neurologiche, psicologiche, sociali). In merito a ciò risulta necessario aprire una parentesi sulla funzione che le diagnosi psichiatriche hanno assunto nel tempo, non propriamente definibile positiva: citando quanto affermato da Franco Basaglia, infatti, le suddette avrebbero un valore ormai quasi del tutto categoriale, considerando che spesso corrispondono ad un etichettamento e ad una stigmatizzazione del malato: "dal momento in cui lo psichiatra si trova faccia a faccia con il suo interlocutore (il cosiddetto "malato mentale") sa di poter contare su un bagaglio di conoscenze tecniche, teoriche e pratiche  con le quali – partendo dai sintomi – sarà in grado di ricostruire l'ombra di una malattia; avendo, tuttavia, la netta percezione che, non appena avrà formulata la sua diagnosi, l'uomo sfuggirà ai suoi occhi, perché definitivamente codificato in un ruolo che ne sancisce soprattutto un nuovo status sociale".
Tra i disturbi mentali sono annoverate innumerevoli patologie, tra tra le quali figurano la depressione, i disturbi d'ansia, la schizofrenia, i disturbi da abuso di sostanze e di alcool, i DCA (ovvero i disturbi del comportamento alimentare), i disturbi ossessivi e molte altre patologie che sottendono queste elencate e che, come riporta il Servizio Sanitario Nazionale (SSN), costituiscono ogni giorno una problematica di rilievo sempre maggiore, considerando il fatto che non riguardano prevalentemente una tipologia o una classe di età ma ricoprono quasi per intero ognuna di queste. Le “malattie psichiatriche", infatti, sono considerabili come  un gruppo eterogeneo di malattie del cervello, con sintomi e conseguenze che coinvolgono emozioni, funzioni cognitive superiori e capacità di controllare comportamenti complessi; per queste e molte altre motivazioni, esse coinvolgono in toto la vita del paziente e quella dei suoi familiari, ed in particolare sono spesso causa della rottura dei loro legami affettivi. Oltre a tali problematiche vi sono poi, come se non bastasse, costi sociali ed economici per le persone colpite e per i loro familiari, certamente non di minore impatto. Dai dati provenienti dalla letteratura scientifica internazionale emerge che nell'arco di un solo anno il 20% della popolazione adulta ha presentato uno o più dei disturbi mentali (preceduti  da disturbi che compaiono in età evolutivo-adolescenziale) che sono riportati nella Classificazione Internazionale delle Malattie dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, ovvero nel DSM "Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders", giunto alla quinta edizione.
Essendo stato dimostrato che buona parte dei disturbi di cui stiamo parlando (e dell’infelicità che deriva da essi) sono attribuibili ad alcune condizioni esterne sulle quali è possibile intervenire al fine di renderle il meno incisive possibile sul progressivo peggioramento delle suddette patologie,   la sempre crescente consapevolezza dell’aumento dell’incidenza e della sofferenza che circostanzia  i disturbi mentali ha reso necessarie azioni di prevenzione, oltre che di cura, di queste patologie.
In Italia l'assistenza psichiatrica è fornita dall'Azienda sanitaria mediante i Dipartimenti di salute mentale (DSM), esistenti in tutte le ASL (Azienda Sanitaria Locale), di cui tutti i cittadini posso fruire. In tali centri di accoglienza, il soggetto affetto da patologia psichiatrica è accolto da un équipe costituita da ogni figura concernente la patologia: psicologo, psichiatra, assistente sociale, infermiere professionale ed educatore professionale. Essendo Dipartimenti gestiti al livello locale, l'assistenza al livello regionale e provinciale viene erogata in varie forme, ognuna delle quali utilizza un diverso approccio in relazione alla propria utenza di riferimento, e quindi garantisce servizi per ognuna delle differenti sfaccettature concernenti le patologie. Tra le varie modalità per mezzo delle quali viene prestata assistenza a persone con malattie psichiatriche troviamo:

  • Assistenza ambulatoriale, domiciliare → garantisce prestazioni di diagnosi, cura e riabilitazione, attraverso l’opera di medici, educatori professionali, infermieri professionali e psicologi;
  • Assistenza ospedaliera → prevede interventi medici di diagnosi, cura e riabilitazione che non possono essere affrontati in ambulatorio o a domicilio (anche in situazioni di trattamento sanitario obbligatorio);
  • Assistenza terapeutico-riabilitativa → è prevista presso strutture residenziali di tipo comunitario o gruppi-appartamento e presso strutture semiresidenziali (Centri Diurni);
  • Assistenza socio-assistenziale → garantisce la possibilità di interventi in ambito sociale e familiare attraverso un servizio sociale interno al Dipartimento di salute Mentale.

 

L'assetto dipartimentale dei servizi psichiatrici è strutturato in modo che dal centro (il Dipartimento di Salute Mentale, DSM) il servizio possa essere erogato in maniera differenziata a seconda del bacino di utenza e a seconda della prestazione richiesta dalla patologia dei pazienti presi in carica.
Funzione essenziale del DSM è la strutturazione dell'organigramma delle ASL, costituente l’insieme dei servizi territoriali e ospedalieri dedicati alla prevenzione, cura e riabilitazione del disagio psichico e dei disturbi mentali degli adulti. Tali Dipartimenti sono costituiti da una struttura territoriale – chiamata "Centro di Salute  Mentale" – da un servizio psichiatrico di diagnosi e di cura (SPDC), da un centro diurno, da un day hospital psichiatrico e da una struttura residenziale psichiatrica.
L'attività di ogni Dipartimento, per rispondere nel modo migliore e completo possibile alla molteplicità dei bisogni del così variegato ambito psichiatrico, è quindi diversificata in una rete di servizi che offrono quattro tipi basilari di assistenza:

  • servizi per l'assistenza diurna, ovvero i Centri di Salute Mentale (CSM);
  • servizi semi-residenziali, tra cui i Centri Diurni (CD);
  • servizi residenziali, ovvero le Strutture residenziali riabilitative (SRR), distinte a loro volta in terapeutico riabilitative e socio-riabilitative, e la Comunità terapeutica;
  • servizi ospedalieri, e cioè i Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura (SPDC)  e i Day Hospital (DH)

A completare i servizi sopraelencati vi sono anche le Case di cura private; esse erogano servizi a pagamento e possono offrire una o più opzioni di presa in carico, a seconda delle richieste dell'utente ed in base a quanto richiesto dalla patologia di cui si sta parlando e su cui si deve andare ad intervenire.

Andando ad analizzare nel particolare ognuno dei servizi sopra esposti, segue una breve trattazione esplificativa di ciò che essi svolgono e di come sono organizzati.
Il Centro di Salute Mentale (CSM) è fulcro di tutta l'attività organizzativa dell'équipe degli operatori, ed è quindi il punto fondamentale di coordinamento delle varie attività sul territorio. Esso è il punto cardine dell'assistenza psichiatrica territoriale, ove le persone vengono accolte, ove vengono elaborati per queste ultime progetti terapeutico-assistenziali personalizzati e dove avviene l'integrazione tra le funzioni del Dipartimento di salute mentale e quelle dei medici di famiglia.
Nel Centro trovano collocazione:

  • gli ambulatori medici;
  • l'ambulatorio infermieristico;
  • l’eventuale Servizio Sociale del Centro di Salute Mentale.

Il CSM Garantisce la costruzione di percorsi di base, per mezzo della previsione di visite psichiatriche, di cure farmacologiche, di assistenza sociale, di supporto psicologico, di riabilitazione e di un servizio specifico di  informazione e di assistenza alle famiglie dei pazienti.
L’equipe multidisciplinare del Centro di Salute Mentale (in genere composta da medici psichiatri, assistenti sociali, infermieri ed educatori professionali) presta servizio per offrire supporto di diverso tipo, in particolare tra le attività garantite figurano:

  • valutazione delle richieste che giungono da utenti, familiari, servizi sociali e medici di medicina generale;
  • visite domiciliari;
  • visite ambulatoriali;
  • colloqui di supporto psicologico;
  • percorsi riabilitativi e risocializzanti;
  • psicoterapie individuali e di gruppo;
  • filtro e prevenzione dei ricoveri psichiatrici;
  • proposte di ricovero nei servizi.

 

Il Centro Diurno (CD) è una struttura semiresidenziale con funzione terapeutico-riabilitativa (comprendente l’intervento farmacologico) a disposizione degli utenti almeno 8 ore al giorno per 6 giorni alla settimana, collocata in ambito territoriale. Esso accoglie il paziente nelle ore diurne su segnalazione dell'equipe terapeutica che lo ha in cura nel Centro di Salute Mentale (CSM).
L’utenza del CD è costituita da soggetti i cui bisogni derivano principalmente da incapacità o gravi difficoltà nello stabilire validi rapporti interpersonali-sociali: in esso può essere garantito uno dei trattamenti  privilegiati per alcune forme di psicosi e per le schizofrenie, considerando che consente di curare  pazienti molto gravi, senza allontanarli interamente dalla famiglia. La cura dell'utente del Centro Diurno consiste nel  ricreare un dato contesto di fattori emotivi e psicologici, affinché il paziente possa condurre una vita socio-familiare ed affettiva normale, recuperando quelle abilità che sono andate perdute nel corso della patologia. Sulla base delle caratteristiche evidenziate, risulta evidente come il CD rappresenti lo strumento cardine del DSM per portare a termine il definitivo "sorpasso" degli ospedali psichiatrici; all'interno di esso – differentemente che dal passato – può essere fornita una adeguata assistenza ai pazienti più gravi, offrendo loro un contesto abitativo appagante ed adeguato, nonostante non abbiano la possibilità di vivere in maniera definitiva da soli. La gestione di un Centro Diurno può essere prevista sia dal DSM che da privati sociali.

La Struttura Residenziale Riabilitativa (SRR) è una struttura extra-ospedaliera dove vengono inseriti, per l'intero arco delle 24 ore, piccoli gruppi di utenti il cui disturbo psichico è ormai stabilizzato e per i quali è necessario un periodo di sostegno socio-assistenziale. In relazione al livello di autonomia dei residenti, il soggiorno sarà organizzato in modo da prevedere diversi gradi di protezione, cioè con operatori sempre presenti (nei casi di minore autonomia), o meno presenti (per i pazienti che hanno raggiunto un adeguato livello di autonomia).
La Residenzialità sollecita:

  • la riappropriazione, da parte dei pazienti, delle proprie capacità di vita e di convivenza e la verifica della possibilità di rapporti relazionali con il mondo esterno;
  • il passaggio, per il paziente, da una condizione di maggiore assistenza ad una di maggiore indipendenza.

La Comunità terapeutica è una struttura residenziale protetta ove il paziente può trascorrere un breve periodo della sua vita; nonostante la variabilità temporale dovuta dal percorso previsto dal progetto terapeutico,il periodo di residenza non può mai superare i due anni. Una Comunità terapeutica accoglie i pazienti per l'intero arco delle 24 ore, nel corso delle quali specifici progetti terapeutici hanno la funzione di integrare l'intervento ambulatoriale.
Tra gli obiettivi previsti per il paziente vi sono:

  • il raggiungimento di una significativa riduzione/ridimensionamento del disturbo e delle conseguenze di quest'ultimo;
  • il recupero dell'autostima e delle competenze sociali;
  • il reinserimento nei luoghi naturali di vita (famiglia, luoghi di lavoro e di svago);

 
Le prestazioni erogate dalla Comunità terapeutica prevedono :

  • interventi con le famiglie di provenienza, secondo due modalità (gruppo multifamiliare con genitori, pazienti e operatori della Comunità Terapeutica / terapia familiare);
  • interventi psicoterapeutici individuali e di gruppo;
  • interventi riabilitativi, con percorsi di cura della propria persona e cura dell'ambiente di vita attraverso la partecipazione alle attività quotidiane della Comunità; riappropriazione sia delle competenze necessarie alla creazione ed al mantenimento di una rete sociale sia  delle abilità lavorative, attraverso la promozione di attività di formazione professionale;
  • trattamento farmacologico;
  • collaborazione con i Centri Diurni per ulteriori attività riabilitative e socializzanti per gli utenti;
  • partecipazione alla vita comunitaria, sia attraverso piccoli gruppi che nell'ambito

dell'assemblea generale della Comunità.

L'utente che volesse essere inserito nella Comunità deve innanzitutto rivolgersi al CSM. L'équipe terapeutica che lo avrà in cura, insieme agli operatori della Comunità Terapeutica, stabilirà poi un P.E.I. (Progetto Educativo Individualizzato).
Tra i servizi di assistenza in regime di ricovero ospedaliero, troviamo infine i Servizi Psichiatrici di diagnosi e cura ed il Day Hospital.
Nello specifico, i Servizi Psichiatrici di diagnosi e cura (SPDC) rappresentano il presidio situato presso un ospedale, la cui funzione principale è accogliere pazienti in situazioni di crisi che richiedono:

  • una terapia urgente in forma volontaria, ovvero il "Trattamento Sanitario Volontario" (TVS). In questo caso il cittadino può rivolgersi al CSM o all'accettazione di un ospedale dove è presente un SPDC per richiedere il ricovero volontario;
  • un trattamento in regime di TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio), il quale deve essere accompagnato da una certificazione sottoscritta da due medici, di cui uno deve essere psichiatra dipendente dei Servizi Pubblici, ed autorizzato dal Sindaco (intervento, questo, limitato alla fase acuta di patologia grave a cui il paziente può accedere a ricovero ospedaliero su invito del CSM, del medico di famiglia, tramite il 118 o spontaneamente).

Nel corso del  ricovero vengono coordinate terapie farmacologiche e viene messa sotto osservazione la situazione personale e relazionale del paziente. È possibile effettuare anche interventi psicoterapeutici sulle famiglie oppure interventi di tipo socio-assistenziale. Questo ricovero può essere, come già sovraesposto, ospedaliero o in Day Hospital.

Il Day Hospital è uno spazio di assistenza semi-residenziale per prestazioni diagnostiche e terapeutico-riabilitative a breve termine. Esso è collocato in strutture ospedaliere o esterne all'ospedale (sempre collegate con il CSM), e può permettere di ridurre la durata del ricovero e/o garantire l'effettuazione coordinata di accertamenti diagnostici, nonché di avviare e monitorare interventi farmacologici e psicoterapeutici-riabilitativi. Per alcuni pazienti questa tipologia di assistenza si pone in alternativa al SPDC; la funzione essenziale è, insomma, quella di evitare ricoveri a tempo pieno, al fine di limitare quanto più possibile la durata della permanenza dell'utente nella struttura ospedaliera (ove possibile).

 

 

2.2 Il ruolo dell'educatore nel reparto di Psichiatria
La malattia mentale è, forse, una delle cause di disagio sociale che più preoccupa, perché ritenuta sinonimo di pericolosità ed imprevedibilità. Per gran parte del XX secolo, la malattia mentale fu considerata inguaribile, progressiva ed incomprensibile: ciò giustificava la segregazione dei pazienti, finalizzata di fatto alla salvaguardia delle “persone civili” e del decoro. Gli strumenti terapeutici, a quel tempo, erano lasciati alla fantasia più sfrenata: docce ghiacciate, diete sbilanciate, isolamento e contenzione fisica sono solo alcune delle pratiche cui venivano sottoposti i pazienti. Nel nostro Paese, nonostante dalla legge n° 180 (1978) – che impose la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari – sia stato avviato un importante processo di revisione normativa a riguardo, al livello di opinione pubblica la richiesta di chiusura di tali istituti non è stata quasi mai accompagnata dall’impegno ad affrontare seriamente il problema del che fare di fronte a persone affette da disturbi psichici di cui nessuno si vuole occupare. I disturbi psichici, nella nostra cultura, sono infatti ancora soggetti a uno “stigma” maggiore: ciò porta al graduale rifiuto, allontanamento ed esclusione della persona mediante l’assunzione di comportamenti discriminatori nei confronti della stessa. Questo stato di solitudine compromette ulteriormente le abilità dell’individuo e le sue capacità di recupero; lo stigma che si accompagna alla malattia mentale crea, infatti, un circolo vizioso di alienazione e discriminazione per la persona malata, per la sua famiglia e per tutto l’ambiente ad essi circostante, diventando la fonte principale di un grave isolamento sociale.
L'individuo che entra da utente in un reparto di Psichiatria, pertanto, non solo soffre di disturbi mentali, ma ha associato anche il dolore dovuto alle conseguenze della stigmatizzazione.
Occuparsi di Psichiatria vuol dire avere un rapporto col prossimo che ti chiede aiuto, avendoti individuato come persona competente: tale richiesta mette in condizione lo psichiatra-educatore di entrare nell'ottica di avere a che fare con persone normali, che reagiscono però in modo poco producente, avendo nel proprio bagaglio personale una storia particolare. Questa storia, se ci prendiamo la briga di affrontarla dalla parte dell’interessato, ci fa capire che noi, nei loro panni, con la loro storia, ci comporteremmo come loro; anzi, probabilmente peggio di loro. Le storie degli utenti dei reparti di Psichiatria sono storie in cui a prevalere sono sempre la paura e la sfiducia, storie dalle quali ci si rende conto che non è mai comparso un atteggiamento fiducioso nei loro confronti.
L’Educatore ha un ruolo centrale in ambito psichiatrico: egli, come professionista nell’educazione degli adulti con disagio mentale, è un facilitatore dell’apprendimento, ed oltre a conoscere a fondo i processi di apprendimento ha la capacità di aiutare la persona a impegnarsi in maniera proattiva nella diagnosi dei propri bisogni in continua trasformazione. Questo operatore specializzato, però, per poter lavorare al meglio, deve essere parte integrante di una ben più ampia equipe. Nei reparti Psichiatrici, la figura dell’Educatore professionale funge prettamente da mediatore tra il paziente ed i suoi processi di organizzazione cognitiva ed emotiva; egli trova la sua funzione nel guidare l’altro verso l’autonomia nei compiti che fanno quotidianità, contribuendo così alla ristrutturazione della sua immagine interiore: l'obiettivo cardine del suo lavoro è fare ordine e chiarezza fuori per raggiungere un parallelo equilibrio interiore.
L’Educatore si colloca all’interno della cosiddetta categoria dei “professionisti dell’aiuto”, cioè di coloro che entrano in contatto con diverse tipologie di utenti, che necessitano però tutte di sostegno. Nonostante sia evidente che situazioni diverse richiedano divfferenti modalità di approccio, la base su cui un Educatore deve poggiare il suo agire è sempre la stessa, ed essa esige la presenza di quattro costanti fondamentali: conoscenza, professionalità, competenza e motivazione. Senza questi fondamentali ingredienti, la prestazione erogata si ridurrebbe a una prestazione tecnica e meccanica, che se da un lato potrebbe essere uno strumento di difesa da coinvolgimenti personali troppo profondi, dall’altro svuoterebbe l’intervento della sua essenza.
L’intervento dell’Educatore è complesso ed articolato, in quanto esercita quotidianamente un ruolo di mediazione tra i bisogni degli utenti e le risorse professionali e strumentali a disposizione; egli deve essere inoltre capace di rendersi flessibile nel proprio intervento ed in grado di interagire con diversi interlocutori senza mai dimenticare i confini e le peculiarità del proprio ruolo.
L’Educatore è chiamato a riconoscere e ad ascoltare con particolare attenzione i sentimenti che ciascun utente prova e sperimenta, ad amplificarli, a dar loro voce, a completarli e – se possibile – ad attribuire loro un significato. Egli deve porsi nell'ottica di essere un effettivo “elemento di cambiamento”, ed è necessario che sviluppi una particolare sensibilità e disponibilità ad individuare i bisogni (spesso inespressi) dei pazienti. Gli strumenti che l’Educatore impara ad utilizzare e ad affinare nell’esercizio del suo incarico privilegiano la relazione empatica, l’osservazione partecipe, la capacità di lavorare in gruppo con figure professionali diverse, la supervisione psicologica, e soprattutto l’utilizzo della famiglia come risorsa indispensabile per il proprio lavoro; l’osservazione, in tutto questo, rappresenta uno strumento fondamentale di conoscenza.
L’osservazione partecipe si caratterizza per il suo ruolo attivo: non solo si registrano i comportamenti spontanei, ma è necessario – a volte – intervenire modificando le caratteristiche del contesto, attraverso la comprensione e la riorganizzazione di quegli aspetti ritenuti critici, per consentire l’attivazione di competenze ed abilità da parte dei soggetti in carico. L’osservazione aiuta, inoltre, a riflettere sugli interventi coerenti con il PEI (Piano Educativo Individualizzato), ipotizzando in collaborazione con l'equipe multidisciplinare le strategie più funzionali alla soluzione della situazione problematica. Nel lavoro di equipe, il contributo da parte dell’Educatore si esplica nel monitoraggio quotidiano dei punti di forza e di debolezza dell'utente, che permettono a tutti gli attori coinvolti nel processo educativo di costruire una serie percorribile di obiettivi e di attività in quella specifica situazione e con le risorse effettivamente a disposizione. Oltre che monitorare il raggiungimento o meno degli obiettivi prefissati, è compito poi dell’Educatore valutare il grado di generalizzazione delle abilità, il grado di mantenimento nel tempo delle competenze acquisite ed il livello raggiunto.
Come dice la stessa etimologia del termine, educare significa consentire all’individuo di diventare consapevole di se stesso e del proprio ambiente, e di svolgere un ruolo sociale nel lavoro e nella società in genere. L’Educatore è colui che interviene su problematiche legate al disagio psicologico e sociale e alla malattia fisica, per cui diviene il portavoce del bisogno di comprensione e dell’esigenza di sostegno di un’identità che non corrisponde a valori normativizzati, in quanto inserito dalla società in una posizione di deviante.
L’intervento dell’Educatore, però, non è limitato alle situazioni devianti dalle condizioni considerate normali per il sistema, ma si estende all’ambiente quotidiano di vita del soggetto: lo scopo dell’agire educativo è un “cambiamento modale”, che coinvolge la persona intera in ogni aspetto della sua esistenza. L’Educatore, in un reparto di Psichiatria, si troverà spesso a svolgere la propria azione all’interno di gruppi; per questo motivo è fondamentale che egli sia in grado di favorire la collaborazione spontanea ed attiva dei soggetti, ampliare la loro capacità di espressione con i vicini (imparando ad usare anche la gestualità come modalità comunicativa) e limare le regole patologiche di cui il gruppo si è strutturato. Alla luce di quanto detto, risulta evidente come – tramite interventi educativi ben progettati e consapevoli – i soggetti affetti da malattia mentale possano essere riabilitati, e possa essere quindi garantita loro una normale vita.
Lavorando in equipe, ovviamente, l'Educatore non è solo: ad essere utilizzati sono molteplici approcci, ognuno mirato ad intervenire su uno dei fattori scatenanti il disturbo mentale specifico dell'utente: ad essere oggi riconosciuto come l'approccio terapeutico più completo è quello che integra la terapia farmacologica al trattamento psicoterapeutico. Mentre il primo contiene i sintomi della malattia, il secondo può mettere il paziente nella condizione di individuare, elaborare e trasformare (risolvendole) le ragioni profonde della malattia. È necessario dedicare un tempo adeguato al colloquio con l'utente per valutare la serietà del problema e giungere a terapie che non mirino semplicemente a nascondere i sintomi del disagio dietro ad un farmaco: la parola può aiutarci a capire l’origine del male, e l’obiettivo deve essere quello di ristabilire le condizioni di equilibrio e di benessere psichico aldilà della terapia farmacologica.


2.3 Un'esperienza di tirocinio presso l'S.R.R. della "Casa Rossa" (a cura di Roberta Zingarelli)
Questa mia esperienza di tirocinio è stata sviluppata durante il Corso di Laurea triennale svoltosi presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia di Ancona, il quale prevedeva un'Attività Formativa Pratica e di Tirocinio Clinico da svolgersi all'interno delle sedi operative dell'ASUR Marche e degli Enti convenzionati. La  frequenza nella struttura ospitante prevedeva duecento ore di tirocinio ed il raggiungimento dei seguenti obiettivi formativi:

  • conoscere ed osservare le competenze professionali esercitate dagli Educatori del servizio;
  • sperimentare, nella pratica della relazione con l'utenza, le acquisizioni teoriche di base dell'Educatore Professionale;
  • raccogliere informazioni sull'organizzazione del Servizio.

La struttura presso la quale ho svolto la mia esperienza di tirocinio era una Struttura Riabilitativa Psichiatria (S.R.R.), la cui figura di responsabile di riferimento veniva ricoperta dal Dottor Gargiulo, medico psichiatra. All'interno della suddetta collaboravano, in un'ottica di équipe multidisciplinare: educatori professionali, assistenti sociali , infermieri , operatori socio-sanitari, un maestro d'opera (che gestiva un laboratorio pratico di falegnameria) ed una psicologa. Il numero degli utenti era di quindici residenti e quattro diurni.
Il ruolo svolto dall'Educatore all'interno della struttura prevedeva un percorso riabilitativo mediante interventi educativi e terapeutici, che avevano come obiettivo comune il raggiungimento del maggiore livello di autonomia possibile da parte dell'utente, potendo considerare l'S.R.R. fase antecedente ai “gruppi appartamento”.  In particolare, l'Educatore forniva all'utente gli strumenti necessari per il suo percorso riabilitativo mediante:

  • attività di falegnameria, durante la quale gli utenti si impegnavano nella realizzazione pratica di un utensile;
  • attività sportive, nelle quale rientravano attività di yoga presso il centro diurno oppure attività fisica  presso la palestra di una cooperativa in contatto con l'S.R.R.;
  • attività espressive, come il laboratorio musicale o di disegno libero (particolarmente gradito dagli utenti);
  • attività di supporto, per assolvere ad esigenze particolari degli utenti (uffici, visite mediche);
  • attività di teatro.

Tra gli strumenti messi a disposizione per l'Educatore – per documentare l'andamento dei singoli percorsi di riabilitazione – rientravano: la cartella educativa, il diario di équipe, il V.A.D.O. (ovvero il test per la Valutazione delle Abilità e Definizione degli Obiettivi).
La tipologia di utenza della struttura Casa Rossa era prevalentemente caratterizzata da soggetti psicotici – gravi o meno gravi – e borderline. La mia posizione di tirocinante non è mai stata sottovalutata in quanto tale, al contrario, anzi, nelle riunioni di équipe che si svolgevano a cadenza settimanale sono sempre stata coinvolta in qualità di "risorsa" vera e propria, considerando che quasi subito sono riuscita ad instaurare un buon rapporto con gli utenti, ed in particolare con una ragazza che, in questo contesto, chiamerò Giulia, con la quale il rapporto si è sviluppato talmente profondamente da diventare quasi di fiducia, e del quale parlerò in seguito.
Questo tirocinio mi ha permesso di acquisire importanti capacità osservative, di ascolto e di attenzione alle relazioni umane, e di comprendere quanto queste ultime siano fragili, soprattutto se instaurate con soggetti affetti da una patologia psichiatrica. La capacità di relazionarmi con gli utenti della Struttura rappresentava per me uno scoglio importante da superare, ma allo stesso tempo mi affascinava particolarmente: il fatto di essere riuscita a condividere realmente momenti di relazione e di scambio con loro, alla luce di ciò, mi ha reso molto entusiasta.
Il servizio offerto agli utenti constava di numerose risorse, e tra quelle definibili " immateriali" vi era certamente l'entusiasmo degli operatori e lo spirito di collaborazione con cui lavoravano, fattori, questi, particolarmente avvertiti dagli utenti.
Tornando alla peculiare relazione instaurata con una utente specifica, Giulia , è proprio sulla base di questa che ho deciso di svolgere con ancor più enfasi il mio progetto di tirocinio, sotto la costante revisione ed attenzione della mia tutor Francesca Domesi, Educatrice e Coordinatrice del gruppo degli educatori all'interno del Servizio. Giulia era una paziente borderline non grave, avente un forte bisogno e desiderio di sperimentare relazione amicali (e non) fuori dal contesto della Struttura, a suo dire morboso: la sua principale aspettativa era quella di lasciare quanto prima la struttura per avere la possibilità di costruire una sua vita autonoma, contrariamente al desiderio della sua famiglia, che riteneva opportuno che Giulia venisse costantemente seguita dal C.S.M. (Centro di Salute Mentale).
Tra i macro-obiettivi stabiliti nel mio progetto figurava la necessità di riuscire a vivere più serenamente il rapporto con la famiglia di Giulia, e tra i micro-obiettivi l'esigenza che Giulia stessa acquisisse fiducia negli operatori, accettasse le regole di convivenza della struttura ed acquisisse una maggiore autonomia relativamente alla sfera dell'igiene personale.
Tra le resistenze di Giulia vi era l'enorme suscettibilità ai rimproveri sia degli operatori che della famiglia. Negli interventi da effettuare avevo previsto:

  • colloqui di sostegno (assolutamente non giudicanti) tra la famiglia e gli operatori referenti, proprio perchè l'utente vi aveva già stabilito una relazione;
  • attività corporee, tra le quali quella fisica generica, la piscina e lo yoga;
  • l'inserimento di Giulia nel gruppo denominato "Corbezzolo", formato da un Centro Diurno in contatto l'S.R.R., solito organizzare gite fuori porta in località di montagna e di mare una volta l'anno.

Essendo il mio un tirocinio di breve durata, non ho avuto modo di cogliere a pieno gli obiettivia lungo termine raggiunti da Giulia, ma nonostante questo posso affermare che a breve termine ella aveva risposto molto positivamente al progetto avviato.
Nonostante il limite temporale, mi ritengo molto entusiasta di questo tirocinio formativo, in quanto mi ha permesso – dopo tanta teoria studiata nel regolare percorso di studi accademico – di avvicinarmi ad una modalità "pratica" di lavoro dell'Educatore.

 

Fonte: http://formonline.uniroma3.it/pluginfile.php/22787/mod_forum/attachment/124687/Psichiatria%20completo.doc

Sito web da visitare: http://formonline.uniroma3.it/

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

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