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Psichiatria e fenomenologia
di Umberto Galimberti - 23/07/2007
Introduzione
Il dualismo psicofisico e la questione del metodo
"A evitare ambiguita' e oscurita' impiegheremo sempre l'espressione
'comprendere' [verstehen] per la visione intuitiva dello spirito, dal di
dentro. Non chiameremo mai comprendere, ma 'spiegar' [erklaeren] il
conoscere i nessi causali oggettivi che sono sempre visti dal di fuori.
[...] E' dunque possibile spiegare qualcosa senza comprenderlo" (Karl
Jaspers, Psicopatologia generale (1913-1959), p. 30)
1. Il dualismo psicofisico in psichiatria e psicoanalisi e il metodo
esplicativo
La crisi della psichiatria e i sospetti che avvolgono la psicoanalisi non
sono del tutto infondati. Sia l'una che l'altra, infatti, derivano i loro
modelli concettuali da quello schema che Cartesio ha introdotto e che la
scienza ha fatto proprio quando, per i suoi scopi esplicativi, ha lacerato
l'uomo in anima (res cogitans) e corpo (res extensa), producendo quello che,
secondo Binswanger, e' "il cancro di ogni psicologia".
Questa divisione cosi' radicale non e' qualcosa di originario che si offra
all'evidenza fenomenologica, ma e' un prodotto della metodologia della
scienza la quale, consapevole che il suo potere e la sua efficacia si
estendono esclusivamente nell'ordine quantitativo e misurabile della res
extensa, e' costretta a ridurre lo psichico a epifenomeno del fisiologico
che in psichiatria Griesinger chiama "apparato cerebrale" e in psicoanalisi
Freud chiama "ordine istintuale". Cio' che ne nasce non e' una psicologia
che, direbbe Jaspers, "comprende" [verstehen] l'uomo per come si da', ma una
psico-fisiologia che lo "spiega" [erklaeren] come si spiega qualsiasi
fenomeno della natura.
Ma per spiegare l'uomo come fenomeno della natura occorre oggettivarlo e
considerare la psiche non come un atto intenzionale, ma come una cosa del
mondo da trattare secondo le metodiche oggettivanti che sono proprie delle
scienze naturali. Ora, se la psicologia oggettiva lo psichico e, come fa la
fisiologia con gli organi corporei, lo tratta come cosa in se' che non si
trascende in altro, la psicologia, per allinearsi al modello delle scienze
naturali, perde la specificita' dell'umano e quindi cio' a cui essa e'
naturalmente ordinata.
Il primo a rendersi conto che la psicologia deve abbandonare l'ideale
esplicativo perseguito nelle scienze naturali fu Jaspers che, nella sua
Psicopatologia generale del 1913, denuncio' il carattere riduttivo di ogni
spiegazione, la quale - a differenza della comprensione che si accosta a
cio' che ha da comprendere in modo da scorgere le strutture che emergono dal
suo versante e non dal versante di chi indaga - riduce cio' che appare a
cio' che essa considera le leggi ultime o la realta' ultima dei fenomeni che
appaiono. Per questo, precisa Jaspers: "E' possibile spiegare qualcosa senza
comprenderlo", perche' cio' che viene spiegato e' semplicemente ridotto a
cio' che e' stato anticipatamente presupposto.
Cosi' dicendo, Jaspers non nega che la spiegazione comprenda qualcosa, ma
siccome il valore della sua comprensione dipende dalla realta' e dalla
verita' delle ipotesi che sono state anticipate, cio' che e' stato supposto,
e a cui cio' che appare viene correlato, ricondotto, ridotto, trasformato, i
fenomeni spiegati sono "compresi come se" [als ob]. A questa comprensione
"come se" Jaspers riconduce sia le spiegazioni della psichiatria classica
che erano possibili solo supponendo il meccanicismo anatomico-fisiologico,
sia la psicoanalisi di Freud, il cui ordine di spiegazione e' comprensibile
solo supponendo, alle spalle dei fenomeni, la libido istintuale.
Nel tentativo di costruire una psicologia sul modello delle scienze
naturali, perche' convinto che solo la metodologia di queste scienze potesse
offrire intorno all'uomo un sapere rigoroso analogo a quello raggiunto
nell'ordine delle cose, Freud, sorretto da questa pre-cognizione che
dall'inizio alla fine guidera' la sua analisi psicologica, scrive che: "Il
compito consiste nello scoprire, dietro le proprieta' o qualita'
dell'oggetto d'indagine che immediatamente si offrono alla nostra
percezione, qualche altra cosa che sia piu' indipendente dalla particolare
capacita' recettiva dei nostri organi di senso e piu' si avvicini a quella
che riteniamo essere la vera realta' delle cose".
Assumendo l'ipotesi congetturata come piu' reale del fenomeno percepito,
Freud mostra chiaramente di attenersi all'ideale esplicativo delle scienze
naturali, dove la molteplicita' fenomenica e' ridotta allo schema anticipato
come chiave interpretativa per la lettura dei fenomeni. Lo schema poi che
lavora acriticamente alle spalle di Freud e' la concezione filosofica
cartesiana secondo cui la realta' ci e' nota solo in due modi: sotto il
profilo della res extensa e sotto il profilo della res cogitans.
Sempre nel Compendio, si legge: "Di cio' che chiamiamo la nostra psiche (o
vita psichica) ci sono note solo due cose: innanzitutto l'organo fisico e lo
scenario in cui quest'ultimo svolge la sua attivita': il cervello (o sistema
nervoso), e in secondo luogo i nostri atti coscienti, che sono dati
immediatamente e che nessuna descrizione potrebbe farci comprendere piu' da
vicino".
Da questi due dati ultimi Freud ricava le due ipotesi che sono alla base
dell'intera teoria psicoanalitica. La prima consiste nell'assumere che "la
vita psichica e' la funzione di un apparato, al quale attribuiamo la
proprieta' di essere esteso nello spazio e composto di piu' parti"; la
seconda consiste nell'inferire, dalla constatata "lacunosita' nella serie
degli atti coscienti", che "lo psichico e' in se' inconscio".
Ma qui tanto il giudizio che c'e' una "lacunosita' nella serie degli atti
coscienti", quanto l'inferenza che "lo psichico e' in se' inconscio"
poggiano sull'accettazione indiscussa del presupposto scientifico secondo il
quale la realta' esiste sempre e soltanto nella forma di una causalita'
rigorosa e senza lacune, per cui, se non e' dato di constatare questa
causalita' a livello di coscienza, bisognera' affermarla a livello
inconscio.
Da tali premesse risulta evidente che l'inconscio non e' una realta'
psichica, ma e' un prodotto del metodo con cui Freud ha affrontato questa
realta'. Infatti, senza l'accettazione indiscussa dell'ipotesi causale, gli
sarebbe stato impossibile "constatare" la lacunosita' della vita cosciente e
"inferire" l'esistenza di un altro livello dove poter reperire i supposti
nessi privi di lacune.
Siccome l'inconscio, in quanto inconscio, e' per definizione inverificabile,
si possono supporre in esso tutti quei "nessi privi di lacune" richiesti
dall'ipotesi causale, e questo non tanto per "comprendere" la vita psichica,
quanto per "spiegarla" secondo l'ideale esplicativo delle scienze naturali.
Alla base poi della concezione che intende la vita psichica come "la
funzione di un apparato" c'e' l'accettazione acritica e inconsapevole del
dualismo cartesiano tra res cogitans e res extensa che, distruggendo
l'originaria unita' dell'uomo, porta a concepire come entita' in se',
appartenenti a un "apparato psichico" a sua volta chiuso in se stesso,
quelle che in realta' sono modalita' di relazione dell'originario rapporto
dell'uomo con il mondo, che gia' Brentano, di cui peraltro Freud aveva
seguito un corso universitario, e dopo di lui diffusamente Husserl avevano
indicato come intenzionalita' della coscienza.
Intesa la coscienza come una cosa (res cogitans) invece che come un atto
intenzionale, si comprende come Freud possa trattare le qualita' psichiche
quasi fossero oggetti fisici, fino a supporre per esempio che i sentimenti
possano essere spostati da una persona all'altra (transfert) come si
spostano le cose. In effetti il concetto di transfert, cosi' come quello di
proiezione, ci sono divenuti a tal punto familiari che rischiamo di non
vedere neppure le difficolta' teoriche implicite in essi. Come e' possibile,
infatti, che un'entita' psichica, quale per esempio un mio sentimento
ostile, appartenente quindi a uno spazio interiore, soggettivo e privato
quale e' appunto l'"apparato psichico", possa uscire da me e fissarsi su
uomini e cose, fino a fondersi con essi, al punto che gli elementi
costitutivi della mia psiche vengano percepiti come realta' esteriori?
In un contesto dualistico dove la res cogitans non e' un'originaria apertura
sul mondo, ma un "apparato" chiuso in se stesso, perche' costruito sui
modelli fisici della res extensa, e' impossibile spiegare il meccanismo
della proiezione se non ricorrendo a quell'elemento inverificabile
dell'apparato psichico che e' l'inconscio, la cui realta', ancora una volta,
non si impone per la sua evidenza, ma per una richiesta della metodologia
adottata.
Ora, siccome non esistono sentimenti in se' indipendenti dalle cose sentite
o dagli uomini percepiti, i concetti di proiezione e di transfert o vengono
riformulati all'interno dell'originaria apertura della coscienza all'essere,
o altrimenti, se si mantiene l'ipotesi dualistica, hanno un significato
chiaramente costruito sui modelli concettuali della fisica, per cui, finche'
mantengono questo legame, non sono concetti psicologici.
Lo stesso si puo' dire del concetto di conversione o somatizzazione, con cui
si cerca di spiegare il trasferimento di una malattia psichica agli organi
corporei. Anche alle spalle di questo concetto c'e' il dualismo cartesiano
di anima e corpo che Cartesio, dopo aver separato, ha cercato di unificare
con l'ipotesi della ghiandola pineale, che ancor oggi per molti versi e'
ritenuta un'ipotesi probabile.
Ora non si chiede a chi si occupa di scenari psichici di disporre di una
competenza filosofica, ma solo di essere consapevole che quando parla di
"conversione" o di "somatizzazione" egli considera risolti molti problemi in
realta' oscuri, solo perche' alle sue spalle funziona una teoria
presupposta, secondo cui l'uomo ha un corpo e un'anima misteriosamente in
rapporto tra loro. Quando la fenomenologia riuscira' a darci una piu'
plausibile definizione dell'uomo, il concetto di "conversione", cosi' come
quello di "transfert" e di "proiezione", perdera' il suo significato.
[Dal sito www.feltrinelli.it riprendiamo il primo paragrafo (pp. 9-3)
dell'Introduzione dell'autore a Psichiatria e fenomenologia, Feltrinelli,
Milano 2006 (nuova edizione riveduta e ampliata del testo apparso
originariamente nel 1979; ora pubblicato come volume IV delle Opere di
Umberto Galimberti); sono state omesse le note. Nel sito il libro e'
presentato dalla seguente scheda editoriale: "L'apporto della fenomenologia
alla psicologia come scienza della comprensione dell'uomo. Il primo saggio
di Galimberti edito da Feltrinelli in una nuova edizione. I contributi di
Husserl e di Heidegger da un lato e quelli di Jaspers dall'altro vengono in
questo volume richiamati e ordinati per chiarire la posizione epistemologica
della psicologia nella serie di quelle scienze il cui intento e' la
'comprensione' dell'uomo e non la 'spiegazione' del suo comportamento.
Questa differenza non consente un'innocua trasposizione a livello umano dei
modelli concettuali e dei metodi che si sono rivelati idonei nelle scienze
della natura, a meno di ridurre l'uomo a evento naturale come hanno fatto la
psichiatria classica e la 'teoria' psicoanalitica in contraddizione con la
'prassi' terapeutica. Sostituendo il dualismo cartesiano con la visione
fenomenologica che si rifa' all'immediatezza del mondo della vita, la
psicologia non dovra' piu' spiegare i misteriosi rapporti che intercorrono
tra psiche e corporeita', ma descrivere le evidenti relazioni che
intercorrono tra il corpo e il mondo e le produzioni di significato che
queste relazioni esprimono. Per la psicologia fenomenologicamente fondata,
infatti, sia il 'sano' sia l''alienato' appartengono allo stesso mondo,
anche se l'alienato vi appartiene con una struttura di modelli percettivi e
comportamentali differenti, dove la differenza non ha piu' il significato
della 'dis-funzione' ma semplicemente quello della 'funzione' di una certa
strutturazione esistenziale, ossia di un certo modo di essere-nel-mondo e di
progettare, nonostante tutto, il mondo".
Fonte: http://www.liceicolombini.it/download/didatticaviva/mmaranzana_Psichiatria%20e%20fenomenologia.doc
Sito web da visitare: http://www.liceicolombini.it
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
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