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Con l’opera di Freud si realizza il passaggio dalla PSICOLOGIA SPERIMENTALE alla PSICOANALISI.
Nasce 1856, in una cittadina della Moravia; l’ambiente era decisamente ostile alla comunità ebraica. Le uniche possibilità professionali per un giovane ebreo erano o la carriera o giuridica (cui Freud pensa in un primo tempo) o quella medica. Quest’ultima scelta venne favorita dall’interesse per le teorie di Darwin e dalla passione della Naturphilosophie di Goethe.
Dopo la laurea diventa allievo di Ernst Brucke; realizza uno studio sulla fisiologia delle cellule nervose; è costrett, successivamente, per mancanza di autonomia economica, a lasciare l’Istituto.
Nel 1881 lavora all’ospedale di Vienna; è assistente di Meynert; decide di dedicarsi alla neurologia e compie ricerche sul midollo spinale.
E’ il periodo in cui si dedica a ricerche sulle proprietà terapeutiche della cocaina (richiamate anche ne L’interpretazione dei sogni), insieme al medico Karl Koller. Questo ingenuo entusiasmo per la sostanza, di cui non conosceva ancora le proprietà stupefacenti, gli sarà più volte rinfacciato dall’ambiente medico ufficiale, ostile alle sue successive ricerche.
Nel 1886 sposa Martha Bernays. Successivamente inizia lac ollaborazione con Josef Breuer. Con lui Freud sostiene il passaggio dalla elettroterapia alla ipnosi.
L’ipnosi consentiva di
La collaborazione con Breuer è decisiva per la formazione di Freud: è possibile affermare, inafatti, che l’origine della psicoanalisi coincide proprio con l’abbandono della tecnica dell’ipnosi.
Gli studi sull’isteria di Freud vengono osteggiati; le conclusioni dei suoi lavori contrastavano infatti con il radicale fisiologismo della psicologia dell’epoca e con il giuramento di Helmotz . Lo stesso Freud, la cui formazione era (e nonostante tutto rimarrà) positivista, nutriva molti dubbi in merito ai risultati delle proprie ricerche; egli tendeva del resto a giustificarli con criteri di carattere quantitativo (testimoniato dal carteggio con Fliess).
Si può anzi affermare che una prima svolta nelle considerazioni di Freud avviene quando in lui si precisa la volontà di arrivare a diagnosi differenziali tra sintomi psichici e sintomi somatici; questi dovevano essere infatti spiegati differentemente.
Tali dubbi vennero a Freud considerando le implicazioni del metodo catartico, praticato da Breuer su un’unica paziente, Anna O. Si trattava di una donna affetta da molteplici disturbi di carattere isterico (paralisi, confusione mentale). Ricordi in ipnosi della assistenza al padre malato, emozioni intense la cui espressione era stata impedita. La conclusione di Breuer era che i ricordi costituissero dei traumi non sufficientemente abreagiti, cioè alla tensione non era seguita una adeguata scarica. Una volta rievocata la scena traumatica (rivissuta allucinatoriamente) il sintomo spariva. Il primo sintomo ad essere guarito in questo modo fu l’idrofobia isterica (vide il cane della non amata istitutrice bere dell’acqua); l’idrofobia era dunque una espressione deviata di questa antica emozione. Rievocata la scena, Anna O. chiese di bere e l’idrofobia sparì.
La terapia che Breur ricavò da questo caso consisteva nell’isolare ogni sintomo nevrotico, nel rievocarne la causa attraverso l’ipnosi e scaricarne la tensione accumulata (abreazione). Nel 1892 e poi nel 1895 venne pubblicato Studi sull’isteria, scritti da Breuer e da Freud insieme.
Breuer affermava che l’eccitazione nervosa provoca una perturbazione dell’equilibrio dinamico del sistema nervosa tale da necessitare una scarica adeguata (abreazione), poiché sussisterebbe la tendenza a mantenere costante il livello dell’eccitamento [principio di costanza]. Alla base dei sintomi ci sarebbe un “ingorgo” di affetti determinato dal conflitto fra la forza dell’emozione e la forza delle rappresentazioni che ne impediscono l’espressione; residuo di esperienze emotive. Il fenomeno per cui l’eccitazione nata da una rappresentazione emotiva intensa si convertiva in sintomo somatico, sparendo dalla coscienza, era stato chiamato da Freud conversione, e Breuer ipotizzava che si producesse in base un processo analogo a un corto circuito.
L’importanza di queste esperienze stava nel fatto che le reminiscenze non erano presenti alla coscienza: ciò comportava una distinzione fra COSCIENZA e PSICHISMO e quindi esigeva una spiegazione riguardo l’oblio delle scene traumatiche.
Rispetto alla soluzione di questo problema, possiamo notare le prime differenze fra Breuer e Freud:
Mentre dunque per Breuer la nevrosi dipendeva da un non sapere, per Freud dipendeva invece da un non voler sapere.
Freud teorizza allora un nuovo tipo di terapia: non si propone di ricercare in modo selettivo gli episodi che riportano alla scena traumatica primaria, ma esplicitare i ricordi e i legami con la situazione patogena attraverso la catena delle associazione. Lo scopo di Freud era il seguente: evitare che il paziente esercitasse una funzione critica nei confronti delle rappresentazioni che si presentassero spontaneamente alla mente.
Si realizza così l’abbandono dell’ipnosi, il che favoriva un ampliamento dei pazienti (non tutti infatti erano sensibili all’ipnosi), ma permetteva di recepire meglio la forza di resistenza opposta al riaffiorare del ricordo e di esplorare lo stratificarsi attorno al nucleo patogeno dei contenuti rimossi (ciò che con l’ipnosi non poteva avvenire, in quanto il nucleo in quel caso rimaneva riparato). Inoltre l’ipnosi non si era rivelato una sistema capace di realizzare cura definitiva (a molti pazienti erano riapparsi i sintomi); questo perché creava una decisa dipendenza dal terapeuta.
Il compito del terapeuta era quello di trasformare i conflitti inconsci alla base della patologia in conflitti coscienti tramite il superamento delle resistenze, e non nel provocare semplicisticamente l’abreazione.
Differenza tra l’isteria provocata dalla rimozione energetica con conversione organica, dalle nevrosi compulsive e dalle fobie, dove si verifica una trasposizione di affetto dalla rappresentazione patogena, ad un’altra legata a una prima da un falso nesso che la rende incomprensibile (risultato ottenuto applicando l’associazione spontanea). E’ un tentativo di proteggersi dai propri desideri.
Freud è venuto così ad elaborare quelli che considererà i due fondamenti della psicoanalisi: il fenomeno della resistenza (rimozione) e il fenomeno del rapporto affettivo con il terapeuta (traslazione).
Sull’analisi dei conflitti scatenanti i processi della nevrosi, Freud giunse alla conclusione che si trattava di conflitti fra gli impulsi sessuali del soggetto e le resistenze contro la sessualità. Fu questo un risultato del suo lavoro empirico, in quanto le associazioni dei pazienti rimandavano sempre a questa tematica.
Queste conclusioni di Freud determinarono la rottura del rapporto con Breuer, che le riteneva inaccettabili; egli negò sempre l’esistenza di tale aspetto in Anna O., così come non volle riconoscere il legame affettivo nutrito per lui dalla paziente (che diventerà invece il fulcro della terapia psicoanalitica).
In oltre Freud arrivò alla conclusione che all’origine di un sintomo non si trova mai un unico fatto traumatico, che è invece il sintomo sovradeterminato da molteplici situazioni traumatiche, spesso assai simili, la cui evocazione si dispone in successione cronologica che, invariabilmente, porta ad episodi di carattere sessuale situati nell’infanzia.
Freud è ormai convinto che episodi collegati alla sessualità risalenti all’infanzia fossero alla base di ogni nevrosi. In particolare, egli ritiene che tali esperienze siano costituiti da episodi di seduzione infantile (perpetrati per la maggior parte dei casi dal padre o da un fratello maggiore). Se questo incidente primario:
Freud intende scoprire i meccanismi di difesa (odio, sogno, allucinazioni), che causano la dimenticanza del trauma.
Nel 1895 egli raggiunge la convinzione che i contenuti dei sogni rappresentano L’APPAGAMENTO DI UN DESIDERIO. Necessità di ricercare la logica del sogno.
Freud porta avanti le sue ricerche attraverso un processo di autonanalisi: nell’approfondire il contenuto dei suoi stessi sogni egli scopre un desiderio di liberarsi da una colpa a lui sconosciuta, colpa avvertita verso il padre: si accorge che il trauma infantile non è più rappresentato da un episodio di seduzione, ma dall’emergere di un groviglio di sentimenti del bambino verso i genitori; in particolare, egli nota l’esistenza di un confuso rapporto di odio e di amore verso il padre e verso la madre.
Freud giunge così alla teorizzazione del conflitto edipico che:
Freud può allora affermare che il SOGNO è un appagamento allucinatorio di un desiderio represso.
In esso bisogna distinguere fra un contenuto latente (il signficato autentico del songo, che non viene esplicitato dall’episodio vissuto nell’esperienza onirica) e un contenuto manifesto (la sinossi del sogno stesso): il sogno non è solo un sintomo, ma è costituito come un sintomo, poiché in esso si presentano egualmente la rimozione del desiderio inappagato e la sua trasformazione e manifestazione attraverso sintomi esterni apparentemente ad esso non riconducibili.
La comprensione di questo processo è molto importante, in quanto consente a Freud di rivelare la struttura dell’apparato psichico; egli infatti può affermare l’esistenza di forze psichiche di cui una plasma il desiderio onirico (contenuto latente), mentre l’altra censura, dissimulando il desiderio (contenuto manifesto).
Freud ipotizza l’esistenza di due processi che si attuano nell’apparato psichico e che corrispondono grosso modo alla attività dei sistemi inconscio e preconscio:
L’Interpretazione dei sogni vendette in 5 anni circa 600 copie! In realtà Fredu sperava sempre – come si nota dall’ultimo capitolo del libro – che i futuri sviluppi della fisiologia potessero confermare le proprie teorie.
In quest’opera ripropone in sostanza la stessa concezione della dinamica psichica: i bisogni materiali determinano lo sviluppo di tutto l’apparato mentale; la vita psichica nasce dal contrasto tra realtà e appagamento dei desideri, e quando tale conflitto diventa troppo doloroso interviene la rimozione, che modifica la strutture dell’io e ne occulta parte dei desideri.
Ogni sintomo scaturisce dal conflitto fra realtà e desideri; i sintomi mirano a un soddisfacimento sessuale (o meglio il sostituto del soddisfacimento negato); oppure a una difesa dello stesso.
Tre saggi sulla teoria della sessualità (1905)
L’esigenza da parte di Freud di esaminare in modo articolato in che cosa consista la vita sessuale deriva direttamente dalla sua riflessione sul sintomo. I sintomi in realtà non producono alcuna reale soddisfazione; ravvivano però una situazione in cui il rapporto con la vita sessuale è stato cancellato; inoltre l’evento all’origine del sintomo allude alla vita infantile, tale da dover essere considerato come soddisfacimento di appetiti crudeli, mostruosi o addirittura innaturali.
Nei saggi del 1905 viene formulata per la prima volta la teoria della libido, concepita coma la manifestazione della pulsione sessuale che però, nel corso del sui sviluppo, incontra diverse vicissitudini.
La teoria freudiana sulla sessualità infantile incontrò la derisione generale, poiché Freud basava le proprie convinzioni esclusivamente sui ricordi prodotti in analisi dagli adulti; anni dopo, però, si arrivò a una conferma sperimentale fondata sull’osservazione diretta bambini. Lo scandalo principale che suscito l’opera fu che abbatteva il confine tra normalità e perversione (al contrario dalle opere di sessuologia dell’epoca) e tra la sessualità dell’adulto e quella innocente del bambino. Le deviazioni della pulsione sessuale, infatti, sono presenti anche nella vita sessuale normale tanto che, se non si mettono le forme morbose in relazione con la normalità, non è possibile comprendere il carattere di fissazione che esse in alcuni casi assumono.
Freud sostituisce all’idea tradizionale di una sessualità che appare con caratteri determinati in un periodo specifico della vita umana (successivo alla pubertà), il concetto di pulsione sessuale, tendente alla ricerca del soddisfacimento sin dal momento della nascita e destinata a passare per stadi intermedi, prima di servire alla riproduzione. Una sessualità quindi degenitalizzata, considerata funzione corporale di tutto l’uomo. La nevrosi sorgerebbe nel momento in cui avviene un’offesa al soggetto durante lo sviluppo sessuale.
Libìdo: espressione dinamica dell’impulso sessuale nella vita psichica, composta da impulsi parziali; la causa di questi impulsi parziali è qualsiasi eccitazione proveniente dal corpo, e in particolare da alcune precise zone erogene. Lo scopo è l’acquietamento della eccitazione.
Il concetto di «libido» tende a configurarsi come il tratto originario e maggiormente distintivo della natura umana, la cui pulsione originaria sarebbe dunque egoistica ed aggressiva. Come si vedrà più avanti, Freud ne ricava un atteggiamento di sostanziale pessimismo antropologico, che si richiama alla lezione di Hobbes. I suoi riferimenti filosofici espliciti sono però Schopenhauer (Freud ammette la derivazione del concetto di «libido» da quello di «volontà») e Nietzsche (quest’ultimo confermato proprio in anni recenti).
Nel bambino la pulsione sessuale è composita e si appoggia prima sulla funzione alimentare (decisiva per la conservazione della vita); è essenzialmente autoerotica, ma può spostarsi verso oggetti esterni, di cui ha importanza non il sesso, ma il legame con l’istinto di conservazione. Attraverso un lungo processo la funzione sessuale si rende indipendente dalle altre funzioni e viene respinta la scelta autoerotica, sino al raggiungimento della sessualità adulta.
Bambino = essere perverso polimorfo .
Fase genitale: coincide con la raccolta degli impulsi parziali nella zona genitale; e preceduta da una fase fallica (da Freud teorizzata successivamente) che è identica alla fase definitiva, propria della sessualità adulta (concentrazione sulla zona genitale); l’attività intellettuale che sia il bambino sia la bambina iniziano ad investire nell’indagine sessuale parte dal presupposto della presenza del pene. E’ a questo punto che i destini del bambino e della bambina si separano: il bambino entra nella fase edipica, le sue fantasie riguardano l’attività del pene con la madre, sua prima seduttrice nelle cure del corpo e che ora egli cerca di sedurre. Tenta dunque di sostituire presso la madre il padre; questi dapprima, grazie alla sua autorità, era il modello, successivamente diventa il rivale che gli sbarra la strada e che vorrebbe eliminare. Tale periodo deve convivere con il timore della castrazione, grande trauma della vita del bambino che coincide con la visione della mancanza del pene nella donna. Il timore della castrazione pone fine al conflitto edipico e porta all’inizio del periodo di latenza. La bambina invece, dopo un vano tentativo di eguagliare il bambino, sperimenta la propria mancanza fallica (invidia del pene) con conseguenze durature per lo sviluppo del suo carattere. Freud, sicuramente condizionato dal clima moralistico dell’epoca, esagera questi effetti: fa anticipare nella bambina il periodo di latenza, giustamente fa notare la nascita del conflitto edipico in seguito a tale scoperta, ma poi parla di un allontanamento della donna dalla vita sessuale a causa delle convinzioni morali e religiose dominanti.
Centrale in questa fase è il complesso edipico, l’amore in parte cosciente e in parte inconscio per il genitore di sesso opposto che raggiunge la massima intensità attorno ai cinque anni. L’insorgere delle nevrosi è sempre legato al superamento parziale o non superamento di questo complesso).
Dopo la fase fallica si realizza un periodo di latenza quindi, durante la pubertà, si giunge alla ultima fase. Tutta l’esperienza infantile subisce una rimozione estremamente energica e, nel modo in cui le leggi dell’inconscio lo permettono, tutti gli impulsi affettivi contrastanti e le reazioni allora attivate restano nell’inconscio, pronte a disturbare lo sviluppo ulteriore.
La maturazione sessuale ravviva le antiche fissazioni lipidiche: l’individuo deve svincolarsi dai genitori (superamento del complesso edipico) e solo dopo la cessazione di questo compito diventa un adulto. Se ciò non avviene, la vita sessuale sarà inibita, non unitaria:
Se questi eventi sono accompagnati da rimozione si ha la nevrosi, se rimangono coscienti si ha la perversione (ovvero, come detto sopra, l’appagamento della soddisfazione sessuale in forme pre genitali, trasferite sul altri oggetti o surrogati).
Momento culminante della vita sessuale infantile è dunque il superamento del conflitto edipico, ineliminabile “finché la comunità umana conoscerà solo la forma della famiglia”. Al conflitto edipico il nevrotico resta attaccato, mentre nell’uomo sano gli investimenti oggettuali infantili rivivono nei sogni perversi, incestuosi, omicidi.
Non esiste dunque una causa specifica della nevrosi: i nevrotici non sanno reagire a circostanze che gli altri dominano più felicemente (capacità di sublimare tendenze sessuali non soddisfacibili).
Nel 1902 Freud viene nominato professore straordinario all’Università di Vienna; contemporaneamente si realizza la rottura con l’amico W.Fliess; Freud avvertiva l’esigenza di rompere affettivamente e professionalmente con una personalità le cui teorie egli aveva largamente sopravvalutate.
In ogni caso in quegli anni si formò una prima cerchia di discepoli del maestro che portò alla nascita (l’anno rimane tuttora incerto) della Società psicologica del mercoledì; successivamente, nel 1908, si formò la Società psicoanalitica di Vienna. Tra i nomi che vi aderirono sono da ricordare quelli di Franz Adler e di Otto Rank, che più avanti daranno origine a correnti alternative della psicoanalisi. A Freud pesava il fatto che la psicoanalisi si diffondesse quasi esclusivamente nel mondo intellettuale ebraico e accolse quindi con profondo entusiasmo l’adesione alla Società di Burgholzli (direttore della famosa clinica psichiatrica di Zurigo) e del suo assistente Carl Gustav Jung (entusiasmo pari al dolore che gli causò la successiva rottura). Jung aveva autonomamente sperimentato il metodo degli “esperimenti associativi”, che provava il carattere tendenzioso del meccanismo della memoria e svelava l’esistenza di materiale rimosso sotto forma di quello che veniva chiamato “complesso affettivo”.
Il 26 aprile 1908 si tenne il primo congresso internazionale di psicoanalisi.
Con il successo, Freud inizia a preoccuparsi per la superficialità con cui la psicoanalisi veniva praticata (speculare dell’acritica accoglienza precedente). L’autonomia di analisti impreparati causava pericolose deviazioni; era necessario compire un’analisi didattica prima di iniziare la pratica, per superare la resistenza dei conflitti che si vivono personalmente.
Le date delle defezioni di alcuni collaboratori di Freud e la nascita di concezioni alternative coincisero con i congressi vari che venivano organizzati, in teoria, con l’opposta intenzione di affermare la compattezza e l’unità della disciplina. Innanzitutto la rivalità tra viennesi e zurighesi, che si intensificò quando, nel 1910, Jung – dietro pressione dello stesso Freud – venne nominato presidente della Associazione psicoanalitica internazionale.
Il primo a distaccarsene fu Franz Adler, nel 1911, che impoverì le premesse della psicoanalisi fino a prenderne sostanzialmente le distanze. Adler pone come elemento determinante del comportamento umano non le componenti libidiche inconsce, quanto l’autoaffermazione dell’individuo quale “volontà di potenza” e “protesta virile” (esplicito è il richiamo al concetto di “superuomo” in Nietzsche). Questa forza serve a sconfiggere l’originario complesso di inferiorità derivato dalla condizione infantile, dalle deformità o dal sesso femminile. Totalmente negata era invece il carattere fondamentale dell’esperienza sessuale infantile e la condizione perennemente conflittuale dell’apparato psichico, che invece, a parere di Adler, l’Io dominava in una crescita adeguata in modo efficace.
Fu però la defezione di Jung, avvenuta durante il congresso di Monaco nel 1913, a colpire in modo particolarmente negativo Freud. La separazione da Jung deriva da una scoperta che egli fece all’interno delle sue ricerche psicoanalitiche: l’analogia esistente fra la rielaborazione delle fantasie sessuali dei nevrotici relative ai desideri incestuosi e determinate simbologie etiche e religiose. Jung decise di non spiegare queste ultime con le prime (ovvero di non sessualizzare la religione), precisando la loro relazione con il conflitto edipico, ma affermo il contrario: il conflitto edipico andava inteso quale simbolo di esigenze etiche e religiose. In merito alla libido, Jung affermava trattarsi di una “tensione generale” non sessuale, in cui la madre, il padre, i complessi erano figurazioni miticamente investite di significati eternamente dati e trascendenti. Si poteva dunque evitare l’analisi della vita sessuale infantile e di quella attuale – che Jung trovava imbarazzante – per dedicarsi allo studio della archeologia e mitologia comparate.
Jung riconosce, nelle situazioni di isteria, la presenza di fantasie inconsce che sostituiscono o si sovrappongono completamente all’attività della coscienza; nota però come in queste fantasie ricorrano frequentemente motivi mitici che sarebbe riduttivo riferire esclusivamente all’esperienza personale del soggetto. Nell’inconscio non sarebbero dunque solo presenti le rimozioni di episodi appartenenti al vissuto dell’individuo, ma anche immagini di carattere umano universale che sono visibili non solo nei sogni, ma anche nel simbolismo dei materiali mitologici e dei sistemi religiosi e filosofici: questi contenuti (chiamati da Jung ARCHETIPI) costituiscono l’inconscio collettivo: ne deriva che, a parere dello psicoanalista svizzero, la psiche umana si colloca in una dimensione che va al di là di una singola vita, e che fa riferimento all’intero sviluppo della cultura umana.
A quel punto Ernst Jones, rimasto legato a Freud, prese la decisione di costituire un comitato ristretto con l’impegno di consultarsi reciprocamente prima di dissentire pubblicamente su alcuno dei principi fondamentali della psicoanalisi. Ciò non impedì che successivamente anche altri tra i migliori allievi (e alcuni proprio componenti del comitato ristretto) lo abbandonarono (Sachs, Ranc, Ferenczi).
Freud interpretò queste defezioni in senso psicoanalitico: il fatto che venisse abbandonato dai suoi più appassionati e fedeli discepoli nel momento di maggior fragilità (vd. Vicende biografiche) non è del tutto casuale, ma è anzi da ricondurre alle tensioni di gelosia fra allievi mista alla venerazione e al non del tutto risolto rapporto di dipendenza che li legava al maestro.
Allo scoppio della guerra Freud (che era personalità incline a posizioni conservatrici, sia in campo politico sia nell’intendere la moralità della vita familiare) dimostra un forte patriottismo filo asburgico, approvando la dichiarazione di guerra; successivamente, di fronte al massacro ed alla distruzione, accentua la sua visione pessimistica dell’uomo (vd. Corrispondenza con Einstein –altro documento-). Freud si dice convinto che ciò che è avvenuto corrisponde, purtroppo, a quanto avrebbe potuto prevedere la psicoanalisi.
Il problema della nevrosi di guerra venne dibattuto al Congresso Internazionale di Psicoanalisi nel 1918; negli ambienti scientifici tali nevrosi erano considerate come una confutazione della psicoanalisi, in quanto dimostravano che i traumi all’origine della nevrosi avevano cause più recenti ed erano legate a fattori contingenti. In realtà l’analisi sembrava confermare, a suo parere, il rapporto esplicito fra nevrosi e conflitti psichici inconsci; sino a portarlo a dichiarare l’inconciliabilità tra psicoanalisi ed esercito (istituzione che tende a peggiorare l’effetto dei traumi precedenti), il che gli provocò un ulteriore ostracismo.
Nel 1920 Freud pubblica un saggio dal titolo Al di là del principio del piacere, che parte dall’osservazione riguardo la passione dei bambini per la ripetizione dei giochi, dei racconti, indipendentemente dal fatto che siano piacevoli. Freud ritiene allora che, oltre al principio di piacere – dolore se ne manifesta un altro detto coazione a ripetere. Tale tendenza alla ripetizione è essa stessa di natura pulsionale, ed è un elemento della vita pulsionale di carattere essenzialmente conservatrice. Si riferisce ai gradini più bassi della scala animale, e il suo scopo è un ritorno all’inorganico, la tendenza alla disintegrazione. Nasce così il concetto di pulsione di morte. Freud dunque ora presuppone l’esistenza di due principi: l’Eros e la pulsione di morte. L’esistenza di questa forza, che tende alla distruzione dell’individuo così nella psiche dell’uomo come in ogni cellula, e che svolge la sua opera in silenzio, può divenire manifesta solo quando si volge all’esterno: il comportamento aggressivo, o l’impulso sadico, sarebbero cioè una manifestazione secondaria di una primaria tendenza all’autodistruzione, di cui il masochismo è l’espressione erotizzata (“non riesco a capire come abbiamo potuto ignorare l’universalità dell’aggressione e della distruzione estranee ai fini erotici, e non dar loro il dovuto significato nella nostra interpretazione della vita”).
1922 L’Io e l’es – Questo testo costituisce il punto di partenza di quasi tutte le ricerche psicoanalitiche successive. In quest’opera appare la definitiva tripartizione della psiche pensata da Freud, che meglio interpreta la sua idea antropologica e i conflitti intrapsichici a fondamento della vita di ogni soggetto, non solo nelle manifestazioni nevrotiche.
Centrale rimane anche in questo caso la nozione di libido, che esprime il principio del piacere, la tendenza cioè di ogni essere umano a ricercare l’appagamento del desiderio erotico; il rapporto dell’uomo col mondo è dunque un rapporto di appropriazione, in cui l’essere cerca soddisfazione alla propria natura pulsionale.
Al principio del piacere si contrappone il principio di realtà, che ha il compito di limitare il completo esaudire dei desideri libidici; esso rappresenta il mondo esterno e gli altri soggetti, che si oppongono a una nostra totale soddisfazione. Il principio di realtà pone il soggetto di fronte al fatto che non può realizzare totalmente la propria volontà e che molti dei suoi desideri non possono essere esauditi.
Sulla base di questo conflitto fra principio del piacere e principio di realtà Freud individua tre aspetti della personalità, che stabiliscono fra loro relazioni, anche di natura conflittuale: l’Es, il Super-io e l’Io.
L’es si identifica con la natura pulsionale dell’individuo; è quella parte della personalità caratterizzata dalla libido, completamente dominata da bisogni egoistici di cui cerca piena soddisfazione; è anche, però –sulla base delle ultime ricerche freudiane, a fondamento della pulsione di morte.
Il Super-io rappresenta la funzione censoria o la coscienza morale, che spinge il soggetto ad arginare la propria energia libidica In origine la funzione di Super-io è assolta dai genitori, che limitano i desideri del bambino e lo pongono a confronto con la realtà esterna; successivamente tale funzione di controllo viene interiorizzata dall’individuo adulto, che reprime così i suoi impulsi.
L’Io è la parte della nostra personalità di cui siamo coscienti; non è autonomo e non ha volontà propria, in quanto subisce il perenne conflitto fra Es e Super-io. L’Io ricerca un proprio equilibrio, che raggiunge sempre in maniera approssimativa.
Con Freud, ovviamente, viene a essere totalmente demolito uno dei concetti cardine della filosofia occidentale, il cogito di Cartesio, la certezza della propria soggettività. Freud dimostra che la percezione che abbiamo del nostro io è solo una parte secondaria della nostra personalità e che le decisioni determinanti del nostro comportamento sono in realtà prese al di fuori della nostra volontà cosciente.
La nevrosi è il frutto del continuo conflitto fra es e super-io e si realizza quando l’io non riesce a trovare un equilibrio in questo conflitto; infatti le forze che si contrastano impediscono alla libido di esprimersi in modo soddisfacente.
L’Io allontana da sé la causa della nevrosi e la rimuove. La rimozione non consiste nell’annullamento della causa, ma nel suo essere relegata nell’inconscio.
Ovviamente, il contenuto rimosso cerca di emergere dall’inconscio e disturba l’apparente tranquillità dell’io. Il sintomo è la manifestazione della nevrosi, il modo in cui il contenuto rimosso si rende visibile, rendendo chiara l’insoddisfazione del soggetto.
La psicoanalisi
La pratica psicoanalitica si propone di risolvere la nevrosi, portando alla coscienza il contenuto rimosso. La terapia psicoanalitica si realizza attraverso un dialogo fra il terapeuta e il paziente; lo scopo è quello di far rivivere al paziente il conflitto causa della nevrosi.
Il paziente però oppone resistenze alla volontà dello psicoanalista di portare alla coscienza la rimozione; infatti l’inconscio, per i consueti motivi di vergogna, tende a non rivelare il suo desiderio libidico.
Lo psicoanalista cerca allora di instaurare il transfert, un’azione di tipo affettivo. Lo scopo è quello di far sì che il soggetto sia portato a compiacere il desiderio della persona oggetto del suo affetto e, quindi, a rivelare il contenuto della rimozione.
“Nell’organismo non agiscono altre forze al di fuori di quelle chimico-fisiche. In tutti i casi che non possono essere spiegati in tal modo, o si deve trovare il modo o il tipo della loro azione servendosi del metodo fisico-matematico, oppure si devono introdurre nuove forze di dignità pari alle forze fisico-chimiche che reggono la materia, e riconducibili alla forza di attrazione e repulsione.”
S’intende per «perversione» qualsiasi comportamento sessuale non finalizzato alla volontà riproduttiva.
IL bambino è perverso in quanto la sua sessualità non è ovviamente finalizzata alla riproduzione; è polimorfo poiché, nel corso dello sviluppo sessuale, il piacere erotico si concentra su zone del corpo di volta in volta differenti.
Fonte: http://www.liceomeda.it/new/documenti/materialedidattico/filosofia/freud_e_%20la_%20psicoanalisi.doc
Sito web da visitare: http://www.liceomeda.it
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
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