Nascita della psicoanalisi

Nascita della psicoanalisi

 

 

 

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Nascita della psicoanalisi

La personalità deve essere intesa come un costrutto ipotetico, e come tale non può essere definito da una sola prospettiva; ogni metodo di indagine infatti offre una sua definizione ed evidenzia diversi livelli di analisi e di contenuto propri della ricerca sulla personalità.
Nei vari indirizzi psicodinamici la personalità si configura come un'organizzazione affettiva e cognitiva che è l'esito del rapporto tra le pulsioni, che agiscono dall'interno, e le pressioni della realtà esterna.

La psicanalisi è alle origini di un trattamento per un particolare tipo di disturbi nervosi raccolti sotto la comune denominazione di psiconevrosi.

In un primo momento negli Studi sull'isteria (1895) Freud avanza l'ipotesi sulla natura traumatica delle nevrosi e sulla parte di primo piano che la sessualità, quale fonte di traumi psichici e quale motivo della "difesa", cioè della rimozione dalla coscienza di rappresentazioni, ha nella patogenesi dell'isteria.
Secondo la teoria del trauma sessuale specifico, all'origine della psiconevrosi vi è sempre un'esperienza traumatica avvenuta nell'infanzia e in connessione con la vita sessuale. La psicoanalisi, attraverso le libere associazioni si configura come metodo elettivo di trattamento, inteso a liberare l'affetto represso.
In questo caso il disturbo nervoso nasce dal contrasto tra l’Io e quanto di traumatico ed inaccettabile, proveniente dall'ambiente, è stato represso ed è quindi contenuto nell'inconscio.

Si prospetta l'ipotesi di una energia nervosa, sul modello dell'energia fisica e nasce la convinzione di poter ridurre l'interpretazione dei diversi fenomeni mentali ai diversi investimenti e movimenti di tale energia.
I 2 principi generali che regolano la quantità di energia sono l'inerzia, cioè la tendenza alla completa scarica di energia, e la costanza, cioè la tendenza a mantenere costante la somma di eccitamento.
Il piacere corrisponde alla scarica dell'eccitamento; il dispiacere corrisponde ad un aumento del livello di quantità e di eccitamento.
Successivamente la teoria del trauma specifico tende a declinare e trova un'articolazione più completa il concetto di pulsione.

Le rappresentazioni rimosse non originano da una stimolazione esterna, ma appartengono alla sfera della fantasia e trovano la loro causa in una stimolazione interna.
Nel costrutto di pulsione a risultare fondamentale è prevalentemente il conflitto intrapsichico tra la pulsione e censura.
Da una prospettiva prevalentemente descrittiva ci si muove verso una prospettiva genetico-strutturale nella quale l'apparato psichico si configura come l'esito di una differenziazione di strutture, caratterizzato da propri livelli di organizzazione; la dinamica intrapsichica quindi non si configura più soltanto come la risultante del contrasto tra pulsioni e censura, ma, ad un livello di articolazione maggiore, come la risultante del rapporto tra le diverse strutture.
In questa la concezione dell’Io, significativo è lo spostamento dall'analisi del rimosso all'analisi delle resistenze.
Il sogno, formazione di compromesso tra conscio e inconscio, si configura come risultante da desideri che premono per una soddisfazione che è inaccettabile alla coscienza. Sono quattro le operazioni che trasformano il materiale ideativo latente in sogno manifesto: la condensazione, lo spostamento, la considerazione della rappresentabilità e l'elaborazione secondaria.
Il criterio dell'accessibilità alla coscienza qualifica i vari contenuti psichici e guida ad una raffigurazione dell'apparato in termini di luoghi/sistemi: il conscio, l'inconscio, il preconscio. Quest'ultimo è il luogo di ciò che è accessibile alla coscienza (conoscenze, ricordi), uno schermo tra l'inconscio e la coscienza.

Nei tre saggi sulla teoria sessuale la pulsione sessuale è indicata con il nome di libido e vengono spiegate le tappe fondamentali dello sviluppo psicosessuale del soggetto.
Nonostante gli sforzi Freud non riesce comunque nella costruzione di una teoria generale del funzionamento psichico.

Nella prospettiva psicoanalitica freudiana le pulsioni agiscono come propulsori del comportamento, che spingono l'organismo a rapportarsi con la realtà esterna. In quest'ambito, la personalità può essere colta attraverso l'analisi dei processi psichici profondi, del tutto inconsci, attraverso l'analisi dell’Es, che è il grande serbatoio delle pulsioni, l’Io che è l'istanza intermedia caratterizzata da parti coscienti e da parti inconsce, il Super-io che rappresenta il codice morale educativo ed è soprattutto il risultato del rapporto con le figure genitoriali.
Nella teoria strutturale con il concetto di Es Freud indica l'inconscio e quindi il rappresentante delle pulsioni; esso è ciò che orienta il comportamento e che però è destinato a restare estraneo alla coscienza. La sfera dell’Io comprende numerose funzioni, dalla percezione al pensiero razionale, ma soprattutto, quella fondamentale di contenimento e di contrasto delle rivendicazioni pulsionali.
Il Super-io si configura come una nuova istanza, che qualifica la funzione mediatrice dell’Io, mentre l'importanza di quest'ultimo risulta dal fatto di dover essere servitore di tre padroni, l’Es, il super io e la realtà esterna, in rapporto costante con tutti e tre.
L'ansia viene poi concepita come segnale d'allarme di fronte al pericolo rappresentato dalle richieste pulsionali e posta alla base delle varie resistenze e difese.

Il principio di realtà si configura come principio regolatore del principio di piacere, ossia di quella tendenza suprema cui obbediscono i processi primari, cioè processi psichici più antichi. In questi ultimi la ricerca di scarica totale ed immediata corrisponde al fluire, rapidamente, dell'energia psichica da una rappresentazione all'altra, secondo i meccanismi di condensazione e di spostamento. Nei processi secondari invece, regolati dal principio di realtà, la scarica viene differita e le rappresentazioni sono investiti in modo stabile.
Occorre quindi distinguere un modello primario e un modello secondario dell'azione, della cognizione e dell'affetto; il primo è relativo ad una modalità di funzionamento psichico sostanzialmente dominata dal principio di piacere e caratterizzata da un'urgenza di scarica dell'energia; il secondo è invece relativo ad una modalità di funzionamento regolata dal principio di realtà e caratterizzata da soddisfazione parziale e dilazionata nel tempo.
I 2 modelli devono essere intesi in una prospettiva evolutiva come poli estremi e opposti del livello di organizzazione, equilibrio e finalizzazione delle diverse attività dell'apparato psichico. Solo a livello secondario le diverse manifestazioni psichiche sono l'esito di cariche legate (cioè non del tutto libere rispetto a una qualsiasi forma di organizzazione e finalizzazione), neutralizzate, ai fini del consolidamento e dello sviluppo di strutture psichiche che assicurano all'organismo un rapporto con la realtà, caratterizzato da livelli di organizzazione e funzionalità superiori.

 

Psicologia dinamica

L'idea di una psicologia dinamica implica che il funzionamento, l'equilibrio e lo sviluppo dell'apparato psichico sono sempre le risultanti di forze psichiche che si assecondano e che si inibiscono tra loro.
La portata esplicativa del concetto di pulsione va oltre i significati assegnati alla nozione di istinto, ed assume valenze diverse, rispettivamente come spinta, come meta, come organizzatore del funzionamento psichico, in accordo con i diversi punti di vista, economico, dinamico e genetico-strutturale che vengono di volta in volta assunti.
In relazione al concetto di pulsione è importante la distinzione tra fonte, oggetto e meta.

"Per pulsione possiamo intendere innanzitutto nient'altro che la rappresentanza psichica di una fontedi stimolo in continuo flusso, a differenza dello stimolo, il quale è prodotto da eccitamenti isolati e provenienti dall'esterno. La pulsione è così uno dei concetti al limite tra lo psichico il corporeo. La fonte della pulsione è un processo eccitante in un organo, e la meta prossima della pulsione risiede nell'abolizione di questo stimolo organico. Chiamiamo la persona dalla quale parte l'attrazione sessuale, oggetto sessuale, l'azione verso la quale la pulsione spinge, metasessuale".

Importante è la distinzione tra pulsioni di autoconservazione e pulsioni sessuali.
Con il primo termine Freud designa l’insieme dei bisogni legati alle funzioni somatiche necessarie alla conservazione della vita dell’individuo; il loro prototipo è costituito dalla fame. Mentre le pulsioni di autoconservazione sono dirette alla conservazione dell'individuo, le pulsioni sessuali sono dirette invece alla conservazione della specie. Le due tipologie di pulsioni si escludono a vicenda se non teniamo conto che quelle di autoconservazione si sviluppano a livello psicologico, mentre le seconde si sviluppano a livello biologico.
L'introduzione del concetto di "narcisismo" non mina le originarie differenze tra pulsioni sessuali e pulsioni dell'Io. In realtà in questo caso si registra uno spostamento dell'attenzione dalla fonte delle pulsioni, all'oggetto di queste; l'oggetto della pulsione diventa quindi il punto di riferimento principale per la distinzione tra le pulsioni stesse.
Inizialmente la libido dell’Io e la libido oggettuale coesistono; solo quando avviene l'investimento d’oggetto diventa possibile discriminare un'energia sessuale, ossia la libido, da un'energia delle pulsioni dell’Io.
Mentre però la distinzione tra pulsioni sessuali e pulsioni di autoconservazione è inerente alla fonte delle pulsioni medesime, la distinzione tra libido dell’Io e libido oggettuale è invece inerente all'oggetto dell'investimento libidico.
Freud sembra utilizzare il concetto di Io in due modi: secondo un'accezione estesa, come sinonimo di persona, e secondo un'accezione più circoscritta, come unità dell'apparato psichico (istanza) non esistente nell'individuo fin dall'inizio.
L’Io come persona totale è all'inizio fonte, serbatoio ed oggetto della libido; in questa accezione le pulsioni sessuali che presiedono alla conservazione della specie si appoggiano, almeno all'inizio, al soddisfacimento delle pulsioni dell’Io che presiedono alla conservazione dell'individuo e solo successivamente si rendono indipendenti da questa.

In Al di là del principio di piacere si viene di ipotizzare l'azione di un principio ancor più generale che induce ogni organismo a ripristinare lo stato precedente e secondo il quale “la meta di tutto ciò che è vivo è la morte, l'aspirazione più universale di tutti gli esseri viventi sarebbe quella di tornare alla quiete del mondo organico”.
Il dualismo tra pulsioni dell’Io e pulsioni sessuali viene assorbito all'interno di un nuovo dualismo, quello tra pulsioni di vita,comprensive delle pulsioni di autoconservazione e delle pulsioni sessuali, e pulsioni di morte, la cui vera natura rimane oscura. Il conflitto fondamentale tra mondo interno e mondo esterno, tra Io-piacere e Io-realtà, diventa ora un conflitto prevalentemente interno tra ciò che agisce nella direzione della vita (Eros), e ciò che, invece, si oppone alla vita (Thanatos).

 

Libido e aggressività

Lo sviluppo psichico per larga parte viene a coincidere con lo sviluppo psicosessuale al quale sono riconducibili le varie manifestazioni del disturbo mentale.
La libido si configura, oltre la sfera della sessualità in senso stretto, come l'elemento propulsore dell'intero funzionamento psichico.
È fondamentalmente per rendere ragione dei lati oscuri della teoria della libido che prende origine la riflessione sull'aggressività, per dare un senso a quelle manifestazioni che non sono (o non sono soltanto) di natura libidica.

È possibile distinguere una prima fase nella quale principalmente l'aggressività si configura come un aspetto della libido (come al servizio di questa); una seconda fase nella quale viene avanzata più chiaramente l'ipotesi di un aggressività indipendente dalla libido, piuttosto ascrivibile alle pulsioni dell’Io; infine una terza fase nella quale l'aggressività non è più considerata una manifestazione delle pulsioni di autoconservazione, ma come l'estroflessione della pulsione di morte .
In questa prospettiva è possibile configurare tre ipotesi:

  • l'ipotesi di una pulsione originaria eterodistruttiva.
  • L'ipotesi di un’aggressività come reazione all'esperienza della frustrazione.
  • L'ipotesi che riconduce l'aggressività ad una pulsione di morte e la condotta aggressiva all'estroflessione di un originario investimento autodistruttivo.

 


Gli sviluppi della psicoanalisi

i diversi contributi si possono raggruppare in tre grandi filoni: la psicoanalisi dell’Io; la psicoanalisi delle relazioni concettuali; la psicoanalisi di Sé.

 

La psicoanalisi dell’Io

La psicanalisi dell’io interpreta l'aspirazione ad una teoria generale del funzionamento psichico e pone al centro della propria ricerca le vicende funzionali e il problema dell'adattamento.

 

H. HARTMAN
Questa prospettiva privilegia l'impostazione genetico-strutturale, nella quale la psicoanalisi si configura fondamentalmente una psicologia generale dello sviluppo in grado di guidare alla scoperta del funzionamento psicologico nella sua globalità.
Importante è il concetto di adattamento individuale, dato dal rapporto reciproco tra organismo, ambiente e l’Io. Questo è assicurato dal corredo costituzionale e dalla sua maturazione. È in garantito inoltre dallo sviluppo stesso dell'umanità. Hartman attribuisce importanza fondamentale ai fattori costituzionali dell’io, apparati ereditari che costituiscono l'autonomia primaria dell’io. L’io in questa impostazione è caratterizzato da funzioni che sono in larga parte autonome rispetto alle vicissitudini delle pulsioni. Il rapporto inoltre tra l’io e l'Es non è pensato necessariamente in termini di campi contrapposti, ma più propriamente di "interdipendenza reciproca". Fin da piccolo il bambino è dotato di apparati biologici innati (pensiero, percezione, linguaggio, eccetera), componenti dell'autonomia genetica primaria dell’io, che hanno un processo di maturazione indipendente.
Lo sviluppo psichico e in generale il processo adattivo possono essere meglio completi se si tiene conto del peso di quei fattori e di quelle funzioni che operano senza alcun elemento conflittuale. Durante lo sviluppo può avvenire che costellazioni psichiche originariamente conflittuali si svincolino dall'influenza delle pulsioni per essere inglobate nella sfera dell’io libera da conflitti (cambiamento di funzione).
Con la nozione di autonomia secondaria si designa appunto tale cambiamento di funzione, che assicura un potenziamento dell’io nel suo rapporto con l’Es e con la realtà (al contrario il conflitto può svilupparsi in seguito ad un indebolimento dell’io).
Nello sviluppo dell'adattamento del soggetto al suo ambiente svolge un ruolo importante l'aggressività che, assieme alla funzione libidica, è la fonte energetica che assicura il funzionamento psichico. L'energia aggressiva svolge un ruolo decisivo nello sviluppo della struttura psichica, per tutto ciò che si riferisce all'apparato difensivo. Quanto più è forte l’io tanto più efficaci sono le capacità di neutralizzare le tendenze aggressive.
D. RAPAPORT
Secondo questo studioso ogni comportamento umano può essere esaminato in base a diversi punti di vista: quello economico, in connessione con i flussi di energia; quello dinamico in connessione con le vicissitudini delle pulsioni; quello strutturale in connessione con lo sviluppo di strutture capaci di imbrigliare l'energia e disciplinare le pulsioni; infine quello genetico-adattivo, in connessione con gli scambi organismo-ambiente che presiedono al consolidamento delle strutture al servizio dell'adattamento.

 

A. FREUD
L'analisi dell’io viene privilegiata nella comprensione dei processi psichici. Viene qui affrontato l'approfondimento dei contenuti dell’io e di come questi si strutturano in rapporto alle domande pulsionali, prestando speciale attenzione alle attività difensive, sul presupposto che in psicoanalisi tutto il materiale che ci aiuta ad analizzare l’io appare sotto forma di resistenza all'analisi dell’Es.
Le misure difensive originano come protezione dall'angoscia derivante dal Super-io, dal reale e dalla forza delle pulsioni.
Le misure difensive connesse al Super-io, propri della nevrosi degli adulti, hanno la fonte principale nelle proibizioni del Super-io e nella sua funzione di controllo dei desideri pulsionali.
Le misure difensive connesse all'angoscia del reale, proprie delle nevrosi infantili, traggono origine principalmente dalle insufficienze del bambino a far fronte alle difficoltà che il rapporto col mondo esterno comporta.
Per le misure difensive connesse alla forza delle pulsioni bisogna ricordare che la sorgente di angoscia ascrivibile alla forza delle pulsioni è ciò che qualifica il carattere dell’io. È proprio di questo infatti, impedire l'irrompere delle pulsioni, in accordo con il principio di realtà.
La linea evolutiva tipica è costituita da otto fasi evolutive. Tuttavia per l'analisi in senso normale o patologico dello sviluppo del bambino è necessario prendere in considerazione le effettive situazioni del rapporto di questi con il mondo.

 

R. SPITZ
In questa prospettiva lo sviluppo del bambino è l'esito di un incontro tra questi, che non ha ancora una individualità, e la madre, che ha già una individualità suscettibile di essere arricchita dalla personalità del bambino e che influisce sul suo sviluppo (incontro tra psicologia dell’io e psicologia delle relazioni oggettuali).
Spitz ritiene che lo sviluppo psichico proceda attraverso quattro stadi, attraverso tappe caratterizzate ciascuna da un organizzatore (un insieme di processi che tendono a formare una struttura complessa sia dal punto di vista biologico che psicologico), sino ad uno stadio in cui la percezione dell'oggetto predispone alla relazione con l'altro e prelude all'integrazione della personalità.

  • Stadio preoggettuale: stato di indifferenziazione tra mondo interno del mondo esterno.
  • Stadio dell'oggetto precursore (fino a otto mesi): si caratterizza con la risposta al sorriso che si configura come il primo organizzatore.
  • Stadio dell'oggetto libidico: la reazione di angoscia all'estraneo è il secondo organizzatore, che attesta la capacità del bambino di riconoscere la madre e reagire con angoscia in sua assenza.
  • Periodo della comunicazione semantica: la comparsa della "no" -terzo organizzatore-indica una capacità oppositiva e una facoltà di giudizio che confermano lo sviluppo di una più complessa organizzazione individuale.

 

 

M. MAHLER
Anche in questo caso si ritengono fondamentali le precoci esperienze infantili. Secondo la Mahler lo sviluppo proceda attraverso tre tappe fondamentali: la fase dell’autismo normale, la fase simbiotica e la fase separazione-individuazione.
Nella fase di autismo normale l'attività dell'organismo mira essenzialmente a pervenire ad un equilibrio omeostatico, e il bambino è fondamentalmente una realtà fisiologica, mentre psicologicamente non è ancora nato.
Nella fase simbiotica (stadio preoggettuale di spitz) vi è una progressiva caduta delle barriere protettive nei confronti del mondo esterno e il bambino si abitua progressivamente al rapporto con la realtà fino a conquistare una propria identità. Questa fase sancisce la nascita psicologica del bambino, mentre il sostegno empatico della madre ne prepara la risoluzione.
Nella fase della separazione-individuazione la relazione simbiotica evolve in relazione oggettuale e ciò determina l'acquisizione dell'identità. Vi è un costante aumento della consapevolezza della separazione fra Sé e l'altro e della consapevolezza della realtà del mondo esterno.
Quest'ultima fase prevede quattro sottofasi: differenziazione, sperimentazione, riavvicinamento e acquisizione della costanza oggettuale.
Il bambino dapprima comincia a differenziare il proprio corpo da quello della madre e mostra interesse verso l'esterno esplorando il volto della madre.
Nella sperimentazione è fondamentale il processo attraverso il quale il bambino si protende progressivamente verso l'ambiente esterno, pur tornando puntualmente dalla madre per attingere il rifornimento affettivo.
In questo allontanarsi e ritornare dalla madre si manifestano le cosiddette crisi di riavvicinamento.
Nell'ultima fase si pongono infine le condizioni per avviare un processo in cui la relazione madre-bambino assume un'organizzazione stabile.

La psicoanalisi delle relazioni oggettuali

La psicoanalisi delle relazioni oggettuali ha avuto l'intento di caratterizzare l'originaria relazione madre-bambino e gli stadi precoci che influenzano in modo in cui si sviluppa la nostra personalità, come esito di tale relazione. Oltre quindi all'importanza della dimensione inconscia, si cerca soprattutto di comprendere la conflittualità del bambino nel delicato passaggio che si instaura tra il momento della fusione a quello della differenziazione e dell'autonomia.

 

M. KLEIN
Un ruolo fondamentale assumono in quest'ottica gli impulsi distruttivi nelle primissime fasi evolutive.
A differenza di quanto accade con Freud secondo la Klein la pulsione di morte è presente sin dalla nascita e ciò determina l'anticipata comparsa dell’io e del Super-io. La pulsione di morte si configura dal punto di vista metaforico per rappresentare ciò che rende difficile la crescita e si oppone, sin dall'inizio, alla vita. Ciò al fine di evitare la fatica e la sofferenza che la crescita comporta e con lo scopo di allontanare e distruggere tutto ciò che, della realtà interna e della realtà esterna, sembra aumentare tale sofferenza.
Una parte della pulsione di morte viene quindi proiettata sull’oggetto esterno, e un'altra parte viene mantenuta all'interno e trasformata in aggressività. Allo stesso modo una parte della funzione di vita e proiettata su un oggetto esterno (che in questo caso rappresenta l'oggetto ideale) mentre un'altra parte viene mantenuta all'interno e adoperata nel rapporto libidico con tale oggetto.
Si determina quindi una precoce emergenza dell’io (rispetto alle teorizzazioni freudiane), necessaria per contenere e deviare verso l'esterno l'originaria autodistruttività dell'organismo, mentre gli impulsi distruttivi e l'angoscia che essi suscitano dà origine al Super-io.
La fantasia viene in questo caso considerata come l'espressione mentale delle pulsioni, un mezzo di strutturazione della realtà e di controllo dell'angoscia che assolve ad una funzione di difesa.
Secondo questa impostazione vi è un periodo precocissimo dello sviluppo (primi quattro mesi) in cui il bambino deve attraversare un momento particolarmente importante, la cosiddetta posizione schizoparanoide in cui si sviluppa un conflitto costitutivo: pulsioni di vita e pulsioni di morte modulate dalla fantasia emergono in tutta la loro forza e ciò provoca una scissione dell'io dovuta alle fantasie.
Un particolare ruolo svolge l'invidia, ossia la più diretta emanazione della pulsione di morte. Questa viene diretta verso l'oggetto d'amore, e non sempre può essere integrata, cioè superata grazie al normale processo evolutivo dell’io, un processo fondamentale per la "conquista" della posizione depressiva. Il passaggio dalla posizione schizoparanoide alla posizione depressiva è caratterizzato dalla capacità del bambino di cogliere l’unità dell'oggetto e di riconoscere la madre come oggetto altro da sé e in relazione con gli altri.
Questa posizione tuttavia non è esente da conflitti. Il bambino infatti, nella consapevolezza che amore e odio sono entrambi parti di sé, sperimenta la propria ambivalenza, a cui viene ad associarsi una nuova angoscia, quella di essere egli stesso causa di distruzione dell'oggetto ed è quindi assalito dall'esperienza della perdita e della colpa.
Colpa, lutto e riparazione sono tutti meccanismi emotivi che emergono nella posizione depressiva e risultano di fondamentale importanza per lo sviluppo della personalità.
Il sentimento di ambivalenza che si sviluppa porta il bambino a riparare l'oggetto d'amore invidiato e distrutto nella posizione schizoparanoide.
La riparazione non è un meccanismo di difesa, ma è una modalità emozionale che tende a ricostruire, ricreare e riconnettere il mondo interno del bambino rispetto al mondo esterno. In questo periodo le esperienze del lutto e della riparazione pongono le basi dei processi creativi e della sublimazione. Il bambino infatti, come sperimenta la possibilità di dare vita a ciò che è stato frantumato, così sperimenta ripetutamente la necessità di preservare l'oggetto dai propri sentimenti ostili.
La pulsione aggressiva quindi, in quanto riflesso delle privazioni, delle paure e dell'angoscia dell'esperienza infantile nel mondo, si pone alla base del Super-io e ne sostanza l'azione come persecutore dall'interno.
È importante osservare come il bambino cominci a sperimentare il sentimento di gratitudine, che si oppone e supera l'invidia (gratitudine e invidia sono polarità opposte che modulano lo sviluppo). La gratitudine viene alimentata dalla riparazione e diviene la vera spinta propulsiva delle pulsioni di vita, che riguardano il legame, la connessione delle cose e il dar vita alle cose.

 

W. BION
La riflessione di Bion sulla psicologia dei gruppi costituisce un punto di riferimento fondamentale per la comprensione dei diversi livelli di funzionamento della mente.
Il gruppo si attivano meccanismi primitivi di dipendenza, di attacco e fuga, di accoppiamento che costantemente interagiscono con l'esame di realtà.
Il gruppo quindi è il prototipo del funzionamento mentale.
Un concerto importante è quello di identificazione proiettiva.
Dal punto di vista fisiologico l'identificazione proiettiva implica, nel rapporto madre-bambino, la capacità recettiva e di contenimento della madre e la possibilità di questa di indurre cambiamenti positivi nel bambino (reverie).
Dal punto di vista patologico invece l'identificazione proiettiva è considerata come attacco alla relazione, rivolto soprattutto all'interno. Tale attacco si risolve nella frantumazione dell'apparato per pensare e nella evacuazione stessa di tale apparato.
Altri concetti importanti sono:
La funzione alfa e ciò che assicura il rapporto con la realtà e sostiene lo sviluppo del pensiero della personalità. Quando questa si esplica si producono elementi alfa, che comprendono tutto il materiale utilizzabile dai pensieri onirici e dal pensiero inconscio di veglia.
Le impressioni sensoriali e le emozioni non modificate, cioè non trasformate, costituiscono invece gli elementi beta che si sottraggono all'attività del pensiero.
La barriera di contatto costituisce una ipotetica entità che segna il punto di contatto e di separazione tra gli elementi consci e inconsci e genera la distinzione tra loro.
Mentre la barriera di contatto assicura il funzionamento della personalità nei confronti della realtà interna ed esterna lo schermo beta costituisce la base dei disturbi di personalità, in quanto composto di elementi beta che non hanno la capacità di integrarsi.
Il concetto di trasformazione fa riferimento sia alle trasformazioni continue che caratterizza il fluire dell'esperienza, sia alle trasformazioni prodotte dalla relazione terapeutica (in una data trasformazione è possibile distinguere uno stato iniziale, un processo di trasformazione e un prodotto finale).
esistono tre gruppi di trasformazioni che interessano l'area mentale:
Le trasformazioni a moto rigido (deformazione trascurabile) ineriscono all'organizzazione della parte non psicotica della personalità.
Le trasformazioni proiettive implicano un alto grado di trasformazione e sono connessi a meccanismi di scissione e identificazione proiettiva.
Le trasformazioni in allucinosi concernono la parte psicotica della personalità. Queste sono associate a situazioni particolarmente gravi, ad esempio al fallimento o alla mancanza della funzione di contenimento della madre, di quei contenuti (elementi beta) che, se non trasformati, arrestano l'emancipazione dello psichico (e il loro evolversi in elementi alfa).
Si distinguono in particolare le trasformazioni in K, e le trasformazioni in O.
Le trasformazioni in K si riferiscono ai processi di maturazione di evoluzione della personalità.
Le trasformazioni in 0 invece hanno carattere distruttivo e vengono definite con il termine "cambiamento catastrofico".

 

R. FAIRBAIRN
Con Fairbairn la psicoanalisi si caratterizza come vere propria teoria delle relazioni oggettuali.
Le pulsioni sono forme di energia che costituiscono la dinamica delle strutture endopsichiche. L'energia pulsionale non tende alla scarica, ma, legandosi alle strutture dell’io, è volta a stabilire una relazione con l'oggetto.
Il vero fine libidico è l'instaurazione di relazioni soddisfacenti con gli oggetti; ed è quindi l'oggetto che costituisce la vera meta libidica.
Configurandosi la libido come una ricerca d'oggetto, ne consegue che il comportamento umano è fondamentalmente proteso verso il mondo esterno ed è regolato dal principio di realtà.
Diventa quindi fondamentale prendere in esame lo sviluppo dei rapporti oggettuali, che procede da una fase di dipendenza infantile fino ad una fase di dipendenza matura dall'oggetto.
Nella fase di identificazione primaria il rapporto con l'oggetto è regolato da tendenze incorporative (l'oggetto per il bambino è fonte di amore e di odio e viene indifferentemente a configurare il mondo interno ed esterno).
Alla fase di dipendenza infantile segue quella di transizione. Questa è caratterizzata da un atteggiamento dicotomico: mentre una spinta progressiva tende a liberarsi dall'identificazione con l'oggetto, quella regressiva invece cerca di mantenerlo.
Con il raggiungimento della dipendenza matura si perviene ad una completa differenziazione dell’io dall'oggetto e quindi alla capacità da parte dell'individuo di stabilire rapporti collaborativi con oggetti differenziati.
In questa impostazione l'accento è posto sul carattere ambivalente che assume la configurazione dell'oggetto, sulla produzione di importanti meccanismi (ad esempio la rimozione) e su come il mondo infantile sia soggetto ad esperienze di scissione in rapporto agli oggetti.
Poiché l’Io, di fronte all'oggetto ambivalente interiorizzato non tollera che esso sia al tempo stesso eccitante e frustrante, l'oggetto viene scisso in due parti, una accettante e una rifiutante. Destinatario del processo di scissione è l’Io che, viene a fratturarsi in una parte libidica e in una parte aggressiva.

 

D. WINNICOTT
Winnicott mira ad un approfondimento delle condizioni che presiedono allo sviluppo evolutivo normale del bambino. Anche egli sottolinea la centralità della relazione madre-bambino, non caratterizzata all'origine da una relazione oggettuale, ma da una tendenza alla riunificazione con la madre, e dalla globalità formata dalla coppia, nell'ambito della quale il bambino è in uno stato di dipendenza totale.
Viene presa in esame una particolare condizione psicologica della madre definita preoccupazione materna primaria, che ha il suo apice verso la fine della gravidanza e si protrae per alcune settimane dopo la nascita, e che è simile ad uno stato di ritiro e di dissociazione, contraddistinto da un'elevatissima sensibilità. La madre "sana" è quella che riesce a vivere questa condizione e, in forza di quella sensibilità, è capace di anticipare, interpretare e provvedere tempestivamente ed efficacemente ai bisogni del bambino.
L'oggetto transizionale è quello con cui il bambino ama giocare, ed è il primo "possesso non me" del bambino e concerne un'area intermedia di esperienza tra il "dentro" e il "fuori" di cui l'oggetto e il simbolo.
Dal rapporto di fiducia tra madre  e bambino può emergere uno spazio potenziale tra l'individuo e l'ambiente (che è in origine l'oggetto) che costituisce il primo momento del gioco e in cui viene sottolineata l'importanza del ruolo della creatività intesa come processo fondamentale della vita psichica del bambino.
Il bambino supera lo stato simbiotico quando è in grado di costruire una relazione sempre più permeata dalla consapevolezza del dato di realtà e dalla perdita della propria onnipotenza. La madre sufficientemente buona, attraverso frustrazioni dosate, consentirà al bambino di esprimere un gesto spontaneo: rispondere alle frustrazioni con aggressività, ed è proprio attraverso questa che il bambino scopre la madre reale. Ciò determina una transizione da un primitivo rapporto d'oggetto (dove il bambino è l'oggetto primario sono un tutt'uno) alla capacità di fare uso dell'oggetto.
Fondamentale in questa impostazione sono i concetti di vero e falso Sé.
Il vero Sé comincia a costituirsi dagli stadi più primitivi, assumendo un'identità con la progressiva maturazione delle strutture nervose, e coincide con la creatività, con il sentimento di realtà e la capacità di essere se stesso.
Le radici del falso sé devono essere rintracciate invece in quel processo difensivo con il quale il bambino asseconda passivamente le richieste materne e dell'ambiente sviluppando un processo di compiacenza. L'eccessiva compiacenza con il mondo esterno infatti impedisce la mobilità del suo spazio potenziale e la possibilità di interagire e di fare uso dell'oggetto.
L'integrazione del senso del Sé del bambino si realizza invece quando egli è in grado di utilizzare oggettivamente l'oggetto senza farsi dominare dalla compiacenza.

 

J. BOWLBY
Questa impostazione è legata alla nozione di attaccamento e all'approfondimento delle conseguenze negative che possono derivare quando la primitiva relazione di attaccamento tra madre e bambino viene compromessa dalla carenza di cure materne, dalla separazione più o meno prolungata o dalla perdita della madre.
Si sottolinea in questo caso l'importanza di un legame affettivo intimo e costante tra madre e bambino, che, rappresentando una fonte di soddisfazione per entrambi, se viene a mancare, si pongono le premesse per uno sviluppo problematico del bambino.
Come risultato dell'interazione con il suo ambiente di adattamento evolutivo e, specialmente dall'interazione con la figura principale di tale ambiente, cioè la madre, si sviluppano le bambino diversi sistemi comportamentali.
L'attaccamento è attivato da fattori interni (fatica, fame, dolore, disagio) ed esterni (partenza, assenza, ritorno della figura di attaccamento) e prende la forma di varie condotte di segnalazione e di accostamento.
Sono state individuate quattro fasi nello sviluppo delle esperienze di attaccamento (le prime tre relative al primo anno di vita)

Una prima fase caratterizzata da una responsività indifferenziata del bambino nei confronti delle persone.
Una seconda fase nella quale la responsività del bambino si focalizza progressivamente sulla figura materna.
Una terza fase in cui la ricerca della madre è più attiva è meglio organizzata in forma di sequenze comportamentali finalizzate.
Nella quarta fase il bambino acquista la capacità di assumere la prospettiva dell'altro e perciò di intendere le intenzioni e le motivazioni della madre.

Dal grado di armonia che caratterizza il legame madre-bambino, l'esperienza di attaccamento si evolve in condotte del bambino che rivelano differenti gradi di sicurezza, ansietà e resistenza. Le madri che accolgono le segnalazioni del bambino e sono capaci di mantenere e sviluppare una relazione reciprocamente gratificante, sono quelle che decisamente favoriscono l'evoluzione dell'esperienza di attaccamento in sentimenti di fiducia e sicurezza. L'esperienza di attaccamento è destinata a influenzare le successive fasi dello sviluppo, dall'adolescenza, sia nei rapporti interni alla famiglia che esterni, all'età adulta, nei rapporti di lavoro e con le generazioni successive.
un concetto importante è quello di angoscia di separazione.
L'angoscia che i bambini mostrano in assenza della madre si configura come una manifestazione spontanea, seppur influenzata dall'ambiente, fondamentalmente determinata geneticamente e resa operante da sistemi connessi alla sopravvivenza della specie.
viene infine approfondita la problematica del lutto e dei processi difensivi che si attivano in seguito alla perdita e all'angoscia.
La separazione dalla madre (tra il primo e il terzo anno di vita) comporta una prima reazione di protesta con la quale il bambino si prodiga per riavere la madre e, con la perdita di speranza che la madre possa tornare, un profondo stato di disperazione e di infelicità. L'elaborazione del lutto implica l'esistenza di alcune condizioni ottimali tra cui una relazione sicura con i genitori prima della perdita, l'essere messo di fronte alla realtà dell'evento e il conforto dei genitori superstite.

 

La psicoanalisi della Sé
La psicoanalisi del sé, per alcuni aspetti, un modello misto dei precedenti ed è quella che in epoca recente maggiormente interpreta la psicoanalisi come una psicologia "bipersonale" dello sviluppo della personalità

 

H. KOHUT
Nel suo pensiero il Sé appare il nucleo originario e centrale della personalità e il cui sviluppo corrisponde ad una graduale trasformazione dal narcisismo infantile onnipotente ad narcisismo e realistico ed in cui le nevrosi e le psicosi non sono altro che le deformazioni di tale sviluppo.
Alla nascita, il Sé dipende, per sopravvivere, dall'ambiente e in particolare dal rapporto con la madre. Il bisogno dell'oggetto alla nascita è un bisogno vitale e al quale la madre può corrispondere sostanzialmente con un rapporto empatico. L’empatia con la quale l'oggetto-madre accoglie i bisogni del bambino da un lato assicura la sua sopravvivenza fisica, dall'altro sorregge la sua crescita psicologica, infondendo un senso di valore. Ciò pone le condizioni per un investimento narcisistico e perciò per un potenziamento del Sé del bambino che prende le forme di un "Sé grandioso".
L'elemento di base della formazione del Sé grandioso risiede nella possibilità che il bambino ha di trovare nella figura materna la conferma della propria unicità, cioè quella sensazione di onnipotenza che è essenziale allo sviluppo.

L'elemento di base della formazione dell’"Imago parentale idealizzata" risiede invece nella capacità della coppia genitoriale di rispondere empaticamente ai bisogni del bambino.
Le patologie psicotiche e narcisistiche sono quindi riconducibili a disturbi nei processi di formazione e di costruzione di queste due costruzioni.
Lo sviluppo della personalità dovrebbe tendere a ciò che viene definito narcisismo sano, ossia quel processo che gradualmente consente al bambino di superare l'iniziale grandiosità narcisistica attraverso la cosiddetta interiorizzazione trasmutante. Attraverso questa modalità si ha un disinvestimento graduale dell'oggetto-Sé idealizzato e gradualmente si comincia strutturare un Sé coeso, stabile e continuo nel tempo. Il narcisismo sano è caratterizzato dall'amore per se stessi, dall'autostima e da una contenuta grandiosità narcisistica.
I disturbi narcisistici invece derivano da gravi privazioni delle prime esperienze interpersonali a cui seguono, per compensazione, strutture secondarie difensive che rivendicano quell'esperienza di valore che è venuta a mancare. Si tratta quindi di adulti che da bambini non hanno ricevuto calore emotivo e che hanno dovuto far fronte alla solitudine e alla depressione con il ricorso a fantasie grandiose.

 

R. D. STOLOROW e  G. E. ATWOOD
Questi studiosi cercano di spiegare i fenomeni psichici come il prodotto di meccanismi di interazione tra le soggettività (prospettiva intersoggettiva in psicoanalisi).
Questi reinterpretano in chiave intersoggettiva alcuni temi classici dell'indagine psicoanalitica come la motivazione e gli affetti, in quanto prodotti della regolazione tra le diverse soggettività, a partire dal sistema madre-bambino.
In base a quest'impostazione si distinguono due forme di inconscio: l'inconscio preriflessivo e l'inconscio dinamico.
Il primo tipo si riferisce a quei principi organizzatori dell'esperienza che operano al di fuori della coscienza dell'individuo e che si definiscono nelle diverse interazioni tra i mondi soggettivi del bambino e delle figure significative.
L'inconscio dinamico è formato da un insieme di configurazioni che non possono giungere a livello della consapevolezza perché legate a conflitti emozionali e pericolose per il soggetto. può infatti accadere che stati affettivi cruciali del bambino non siano integrati, perché non riescono a suscitare la necessaria risposta sintonizzata da parte dell'ambiente. Anche i confini tra conscio e inconscio riflettono il contesto intersoggettivo madre-bambino.
L'area della consapevolezza e quindi l'esperienza coscia del bambino si articola infatti in seguito alla risposta convalidante dell'ambiente. Se questa convalidazione non avviene, intere aree del mondo esperienziale del bambino vengono rimosse e sacrificate per salvaguardare il legame di cui egli ha bisogno; è questa l'origine dell'inconscio dinamico (esperienze emotive non convalidate).

Anche altri aspetti dell'esperienza del bambino possono però rimanere inconsci, non perché sono stati rimossi, ma perché, in assenza di un contesto intersoggettivo convalidante, non hanno mai potuto esprimersi. Questi aspetti formano il terzo tipo di inconscio, definito inconscio non convalidato (assenza del contesto intersoggettivo rispetto alle richieste ed esigenze del bambino).

In quest'impostazione cambia anche la concezione del trauma psichico.
Mentre la concezione classica del trauma psichico si fonda sull'idea della mente come entità isolata che subisce un sovraccarico di energia pulsionale, secondo i due autori il nucleo del trauma si situa nell'esperire uno stato affettivo insostenibile. Non è il dolore ad essere traumatico, ma l'assenza di risposte adeguatamente sintonizzate dall'ambiente che rende la reazione dolorosa del bambino traumatica e fonte di patologia. Uno stato affettivo diventa infatti traumatico quando risulta assente la risposta sintonizzata che deve aiutare il bambino esercitando una funzione di tolleranza, contenimento, modulazione e alleviamento.

 

O. KERNBERG
Kernberg si occupa principalmente dei casi borderline che lo portano a riflettere maggiormente sulle funzioni dell’Io.
Nei pazienti borderline la natura del transfert, diversamente dai nevrotici, si sta ora precocemente e in modo caotico, e riflette stati dell’Io contraddittori. Le manifestazioni particolari di transfert patologico che pervadono la vita psichica sono in origine non metabolizzate dall’io; poiché la metabolizzazione non si è potuta effettivamente istaurare, si determina la presenza e la fissazione di residui patologici della primitiva relazione oggettuale.
Sono tre i diversi sistemi di interiorizzazione dell'esperienza: introiezione, identificazione e identità dell’Io.
L’introiezione è la forma più primitiva di organizzazione dei processi internalizzatati. Le introiezioni comprendono le immagini meno differenziate del sé dell'oggetto, permeate da pulsioni modulate dall'esperienza, di natura libidica o aggressiva.
L'identificazione implica un livello di un'organizzazione più evoluto e si verifica quando le capacità cognitive percettive consentono al bambino di riconoscersi, quindi di valutare il suo ruolo nell'interazione.
L'identità dell’Io rappresenta il livello più maturo dei processi di internalizzazione. Questa organizzazione si caratterizza per il consolidamento delle strutture dell’Io per una concezione coerente del mondo degli oggetti e per il riconoscimento di tale coerenza da parte del bambino.

Molto diversa è la concezione dell'Es, che si distacca significativamente dalle concezioni basate sul modello delle pulsioni. Secondo Kernberg l’Es si sviluppa con i processi di rimozione, e quindi successivamente alla strutturazione dell’Io che ha nei processi di introiezione difensiva la primitiva matrice di organizzazione. Le pulsioni si vengono a configurare come organizzazioni più complesse, nelle quali ciò che è innato e istintivo si combina con quanto è primariamente significativo nel sistema psichico: l'esperienza interpersonale.

 

D. STERN
Viene in quest'impostazione approfondita un'analisi delle prime esperienze soggettive del bambino in connessione ad un processo di maturazione cognitiva e affettiva della vita psichica infantile definito sviluppo per senso del Sé del bambino.
La definizione è l'analisi della bambino clinico sono caratterizzate da inferenze relative ai ricordi, alle esperienze passate, alle narrazioni del soggetto e alle interpretazioni dell'analista. Si tenta quindi di attribuire un significato alle qualità dell'esperienza soggettiva.
Vengono elusi dall'analisi del bambino osservato i dati che necessariamente rientrano nell'ambito della ricerca del bambino clinico.
Si dirà indagare in questo caso come le primissime esperienze si trasformino nella costruzione del senso del Sé. L'esperienza infantile del sé e dell'altro viene indagata senza però ricorrere a istanze psichiche tradizionali (come l’Io e l’Es), ma mirando all'individuazione di modalità che si instaurano prima dell'autoconsapevolezza e dello sviluppo del linguaggio.
Lo sviluppo del senso di Sé comprende quattro differenti sensi del Sé, e ognuno di essi si caratterizza come particolare esperienza soggettiva e specifiche modalità di relazione sociale che si instaurano in periodi evolutivi ben precisi (non da considerare però in termini di fasi che si conseguono l'una all'altra, in quanto essi cooperano tra di loro e si mantengono attivi per tutta la vita).

Il senso di un Sé emergente (primi due mesi) si caratterizza cancella questo in cui uno dei processi fondamentali è la percezione amodale, cioè una capacità innata di ricevere l'informazione in una modalità sensoriale e tradurla in qualche modo in un'altra modalità sensoriale.
Il senso di un Sé nucleare (2-6 mesi) in cui assumono significato il senso del Sé del bambino di fronte all'altro e il senso del Sé il bambino con l'altro, gli eventi oggettivi e gli eventi soggettivi che caratterizzano tale rapporto. Quando viene attivata una rappresentazione di interazioni generalizzate (RIG) si richiama un ricordo definito compagno evocato, che rappresenta l’esperienza di "essere con", cioè l'esperienza di una relazione che influisce significativamente sulla relazione contingente.
Il senso del Sé soggettivo (7-15 mesi). Assume rilievo la relazione intersoggettiva che porta ad una maggiore maturazione i processi connessi alla socializzazione dell'esperienza. A circa nove mesi il bambino è in grado di dirigere la sua attenzione su un oggetto e di seguire la stessa operazione della madre mostrando l'acquisizione di capacità di decentramento e di riconoscimento cognitivi. Esprime inoltre intenzioni molto distinte.
Il senso del Sé verbale (15-18 mesi) evolve con lo sviluppo del linguaggio e permette al bambino di narrare la propria vita. È un periodo particolarmente significativo per la strutturazione della personalità in quanto attraverso il linguaggio il bambino estende i propri orizzonti di conoscenza, coerentemente con una maggiore organizzazione dell'esperienza soggettiva del Sé e del Sé con "l'altro".

 

J. D. LICHTENBERG
Egli elabora una teoria psicoanalitica della motivazione che si sviluppa attraverso gli appagamenti di bisogni e desideri e si consolida nelle conquiste affettive. Di fondamentale importanza risultano gli scambi interpersonali fin dalle prime fasi dello sviluppo, in un modello delle motivazioni umane che si organizzano dinamicamente attorno ad un Sé che evolve solo nella vitalità degli affetti.
I cinque sistemi motivazionali rispondono a bisogni fondamentali e contribuiscono (in interazione con la figura d'accudimento) alla regolazione del Sé.
Il sistema motivazionale che presiede alla regolazione dei bisogni fisiologici e il sistema di attaccamento sono separati ma interdipendenti e devono coesistere per una corretta funzionalità del processo regolativo. La regolazione fisiologica modulata principalmente dalle dinamiche affettive della coppia madre-bambino, rappresenta la prima forma di sperimentazione della capacità di avviare, organizzare, controllare e integrare i bisogni interni con le richieste esterne.
Nel sistema motivazionale di affiliazione l'obiettivo centrale è la sperimentazione di piacere nell'intimità, di conferma del proprio valore, di riduzione dell'angoscia e del disagio, che comincia a farsi più pressante soprattutto in fase adolescenziale.
I sistemi motivazionali esplorazione/assertività sono strettamente collegati al piano della competenza e dell'efficacia. Il piacere della competenza si definisce in modo sempre più preciso grazie anche alle esperienze di gioco, inteso come tentativo di esplorare l'ambiente. La capacità del bambino di avvertire un senso di adeguatezza, rinforzata dal piacere derivato dal senso di efficacia, induce ad avviare nuove organizzazioni comportamentali, regolando le attività in funzione del ripristino dello stato desiderato. Tutto ciò determina la capacità di sperimentarsi come causa agente e un senso di potere dato dalla padronanza delle azioni, che rappresentano per il Sé una meta persistente perché "allenano" all'affermazione del Sé.
Il sistema motivazionale avversivo è responsabile delle reazioni (avversive) che si possono manifestare con l'antagonismo o con il ritiro. Si caratterizza però anche per la sua forza costruttiva primaria, in quanto la reazione avversiva funziona da richiamo per i genitori le cui azioni riparative (atti di riparazione) rappresentano per il bambino un'esperienza di apprendimento che egli usa per l'autoregolazione.
L'attività di tutti sistemi motivazionali si scandisce intorno a desideri e preferenze che restano sottesi al sistema motivazionale sensuale-sessuale.
Il piacere, distinto in sensuale e sessuale, rappresenta la metà di tutte le esperienze di tutti gli individui. Il piacere sensuale deriva dalla diminuzione della tensione interna, mentre l'eccitazione sessuale deriva dall'intensificazione della sensazione di piacere fino a livelli orgasmici.

In ogni periodo dello sviluppo si può rinvenire una dominanza motivazionale di uno o più sistemi. Ognuno di questi è costruito attorno ad un bisogno fondamentale e ne promuove la realizzazione e la regolazione. Se il bisogno non viene soddisfatto l’individuo sperimenta un senso di incoerenza del Sé, minacciato nelle sue funzioni di avvio, organizzazione ed integrazione delle motivazioni. In ultima analisi quindi il Sé può essere considerato come un contenitore di motivazioni e si configura come "centro indipendente di organizzazione".


Inconscio e Società

 

ALFRED ADLER
In questa impostazione la personalità viene considerata in rapporto all'ambiente sociale. È necessario indagare quindi sullo stile di vita dell'individuo e sul modo in cui esso influenza e viene influenzato dall'ambiente.
Lo stile di vitaè propriamente il nucleo e l'elemento distintivo della personalità, esso origina dall'infanzia, viene affinato nella sua continua interazione con l'ambiente e rappresenta il complesso di tutte le esperienze significative dell'individuo.
Connessa alla nozione di stile di vita è la nozione di sé creativo, con la quale si fa riferimento a quella tendenza all'autorealizzazione presente in ogni uomo che è sottesa alla condotta, indirizza le scelte e dà coerenza alla personalità.
Al centro di questa impostazione vi è la problematica dell'inferiorità.
La nozione di inferiorità inizialmente concerne gli organi e la proprietà dell'organismo di operare per compensazione, rafforzando alcune funzioni a compensazione di altre compromesse. Successivamente, la condizione di inferiorità e il senso di inferiorità che ne deriva si pongono alle radici del carattere individuale. Il senso di inferiorità deriva da un'infanzia difficile che finisce col condizionare tutta la vita dell'individuo, che tende a compensare le proprie difficoltà, cercando di bloccare quanto avverte come fragilità e facendo ricorso a comportamenti che risultano distanti da un'adeguata adesione alla realtà.
È quindi fondamentale stabilire come si è strutturato lo stile di vita del bambino, che tipo di sviluppo ha avuto il senso di inferiorità e come quest'ultimo ha potuto generare delle mete o delle aspettative fittizie. Adler ritiene legittima la reazione al sentimento di inferiorità attraverso l'onnipotenza e la volontà di potenza, sottolinea come è l'esasperazione di questa volontà che porta l'individuo a dirigersi verso mete fittizie e a perdere contatto con le mete reali.
In questo senso la nevrosi è una meta fittizia che origina da un sentimento di inferiorità psicologica che accomuna ogni individuo, e quindi l'esito dei processi e meccanismi che creano una rappresentazione fittizia di sé e degli altri.
Riordinare le mete significa quindi anche chiarire le motivazioni inconsce e l'affiorare dei ricordi al fine di determinare una sinergia tra quanto è possibile e quanto è realizzabile.
La personalitàsi configura quindi con un processo in continua interazione con l'ambiente da cui viene trasformato e che trasforma.
Il sentimento di comunità inoltre appare insieme l'elemento primo e ultimo dell'individuo e della società: elemento primo perché il sentimento del sociale è una prerogativa innata basilare della personalità; è l'elemento ultimo perché è l'ideale regolativo della natura umana nelle sue molteplici espressioni. La precarietà del senso di comunità determina una rappresentazione di sé e degli altri che inevitabilmente sfocia in una serie di mete e obiettivi falsi. Anche l'aggressività e le diverse manifestazioni di ostilità sono essenzialmente le componenti di strategie compensatorie orientate al raggiungimento di mete fittizie (intese in particolare come reazione alla frustrazione, piuttosto che come pulsioni originarie).

 

CARL GUSTAV JUNG

Teoria dei complessi
Tra le tappe più significative del pensiero di Jung assume molta importanza l'analisi dei complessi.
Attraverso l'esperimento associativo (consistente nella presentazione al soggetto di una lista di parole selezionate alle quali egli viene invitato a rispondere) Jung mise in rilievo che il tempo di reazione prolungato era quasi sempre associato ad una componente emotiva che si scatena nel paziente, cioè ad un complesso totalmente o relativamente inconscio.
I complessi sono perciò proprio il nucleo centrale della vita psichica.
Chiarire l'origine del complesso significa individuare quelle esperienze conflittuali, quelle sensazioni angosciose, quei dissidi interiori che manifestano i punti vulnerabili della personalità. Le esperienze della prima infanzia sono estremamente importanti per capire alcune forme tipiche dei complessi, in particolare quelle connesse al rapporto originario del bambino con i genitori.
A differenza di quanto avviene nell'impostazione freudiana, nella psicologia junghiana il complesso è legato a una diversa concezione della libido e alle nozioni di archetipo e di simbolo.
In particolare Jung estende il concetto di libido, in quanto energia psichica, a quello di energia vitale; nozione questa che gli sembra adeguata a considerare oltre che lo psichico, anche le funzioni biologiche.
È proprio dell'energia psichica lo spostarsi secondo una direzione progressiva e regressiva.
La progressione della libido corrisponde essenzialmente ad un adattamento alle esigenze dell'ambiente, che, tuttavia, può arrestarsi e produrre, per contrasto, una regressione verso i contenuti dell'inconscio. Progressione e regressione non sono però sinonimi di evoluzione e involuzione. La crescita della personalità si deve infatti dal concorso di entrambe.

 

Struttura e dinamica della personalità
Jung concepisce la psiche come una totalità che è conscia e inconscia al tempo stesso.
La coscienza è indissolubilmente legata all'Io. L’Io è il precipitato di esperienze fondamentali, una funzione fondamentale della personalità volta esperire il mondo esterno e quello psichico; è strettamente legato al processo di individuazione che rappresenta una delle elaborazioni più importanti di questa teoria.
Jung ha analizzato due dimensioni dell’inconscio tra loro in interazione.
Le esperienze e i contenuti psichici che non fanno parte della coscienza delimitano lo strato dell'inconscio personale. Esso comprende tutti ricordi che sono andati perduti; rappresentazioni penose rimosse (dimenticate intenzionalmente); percezioni cosiddette subliminali, cioè percezioni sensorie che non sono abbastanza intense da raggiungere la coscienza; e infine contenuti che non sono ancora maturi per la coscienza. L'inconscio personale però non esaurisce la dimensione inconscia. Mentre l'inconscio personale riflette la trama di vissuti e avvenimenti propri di ogni individuo e raggiunge il suo limite nei primissimi ricordi infantili, l'inconscio collettivo ha un carattere universale, dal momento che i suoi contenuti ineriscono a tutta l'umanità. L'inconscio collettivo prescinde dalla nostra storia soggettiva e può essere compreso attraverso gli archetipi e i simboli. Questi generano una perenne interazione tra l'inconscio e la coscienza. Jung distingue le rappresentazioni archetipiche, dall’archetipo in sé.
Le configurazioni con le quali un archetipo si manifesta rinviano a una forma fondamentale di per sé irrappresentabile e afferrabile solo approssimativamente: l'archetipo in sé.
Sono invece le rappresentazioni archetipiche quelle che possono essere riconosciute e delle quali è possibile cogliere l'incidenza sul piano psichico, individuale e collettivo nella forma di simboli, motivi religiosi e immagini mitologiche.
I simboli (veri trasformatori di libido)in particolare svolgono la funzione fondamentale di mediazione tra l'inconscio e la coscienza; ciò che essi esprimono non è mai compreso totalmente, ma è un linguaggio che va tradotto, sono espressioni di contenuti accessibili e inaccessibili alla coscienza.

 

I tipi psicologici
Rispetto al problema delle differenze individuali Jung individua quattro funzioni psicologiche e due orientamenti fondamentali. Le differenze di personalità sono le risultanti delle varie combinazioni possibili tra funzioni e orientamenti e si caratterizzano in rapporto al prevalere di una funzione rispetto alle altre o di un orientamento rispetto all'altro.
Per funzione psicologica si intende una certa forma di attività psichica che in circostanze diverse rimane fondamentalmente uguale a se stessa.
Le quattro funzioni fondamentali sono: pensiero, sentimento, intuizione, sensazione. Secondo Jung le quattro funzioni fondamentali abbracciano la totalità dell'esperienza.
L'individuo si orienta prevalentemente con una delle funzioni principali che risulta pertanto dominante e differenziata. La funzione meno differenziata, opposta a quella cosciente, è invece attiva nell'inconscio, mentre le altre due funzioni, definite ausiliarie, oscillano tra la coscienza e l'inconscio.
I 2 orientamenti fondamentali sono invece introversionee estroversione. Mentre le funzioni segnano le traiettorie dell'esperienza soggettiva, i due atteggiamenti corrispondono a disposizioni generali permeate di energia psichica (libido).
L’estroversione è caratterizzata dalla prevalenza dell'oggetto sul soggetto e riflette la disponibilità della libido a nutrirsi degli eventi esterni, a porsi in sintonia con le esigenze della collettività. Il tipo estroverso vive negli altri e con gli altri, mentre il rapporto con se stesso assume per lui aspetti inquietanti.
L'introverso invece concentra e dirige la libido su se stesso, l'oggetto esterno viene mantenuto ai margini della prospettiva, e quando è costretto a confrontarsi con l'esterno reagisce con scontrosità e goffaggine.
Anche gli Orientamenti Fondamentali possono risultare differentemente dominanti nelle diverse fasi dello sviluppo e nelle diverse situazioni.

In rapporto alle possibili combinazioni tra funzioni e atteggiamenti, sono stati individuati otto tipi psicologici: il tipo di pensiero estroverso; il tipo di pensiero introverso; il tipo di sentimento estroverso; il tipo di sentimento introverso; il tipo di sensazione estroversa; il tipo di sensazione introversa; il tipo di intuizione estroversa; il tipo di intuizione introversa.

 

Il processo di individuazione
Nel pensiero junghiano l’Io assume un carattere centrale nel rapportarsi sia al mondo interno che al mondo esterno.
Il termine Persona traduce la relazione dell’Io con il mondo esterno. Con esso Jung intende un complesso di funzioni che, costituitosi per ragioni di adattamento, non è tuttavia identico all'individualità, ma un compromesso tra l'individuo e la società. La Persona comprende infatti l’insieme di comportamenti esteriori della personalità dell'individuo. Nei casi in cui l’Io si identifica esageratamente con la persona si ha una destrutturazione dell'esperienza dell'individuo e un impedimento per lo sviluppo della personalità, poiché risulta compromessa quella evoluzione dialettica dell'individuo chiamata individuazione.
Secondo Jung individuarsi significa diventare un essere singolo, diventare se stessi, attuare il proprio Sé. Individuazione potrebbe quindi essere tradotto anche con "attuazione del proprio sé", o "realizzazione del sé".
Indicatori del processo di individuazione sono alcuni archetipi: l'Ombra; l’Animus e l'Anima; il Vecchio Saggio e la Magna Mater; il.

L'individuazione inizia quando si riesce a prendere coscienza dell'Ombra cioè della parte oscura della personalità che coincide con la funzione meno differenziata dell’Io. L'ombra rappresenta i contenuti psichici rimossi dell'inconscio personale e, in particolare, quegli aspetti primitivi e riprovevoli inaccettabili per l’Io.
Gli archetipi dell'Anima e dell’ Animus rispettivamente inerenti alla psicologia maschile e femminile, caratterizzano il mondo interiore della psiche e sono il corrispettivo di ciò che è la Persona rispetto al mondo esterno.
L’Individuazione può effettivamente progredire se si è in grado di pervenire ad un livello dell'inconscio ancora più profondo, simboleggiato dall’archetipo dello spirito, il Vecchio Saggio e la Magna Mater. Queste figure, che possono assumere diverse forme simboliche, sprigionano un effetto molto intenso e, in alcuni casi, possono far soccombere l’Io al loro potere. Il prendere coscienza dei loro contenuti però riconduce a se stessi, a “qualcosa che è profondamente vissuto”.
L'esperienza che coincide con l'immagine archetipica del rappresenta il momento di approdo del processo di individuazione e l'apertura dell'individuo a quella dimensione dell'inconscio che normalmente è estranea. Il Sé è un costrutto psicologico che serve a designare un'entità che trascende la possibilità della comprensione razionale. Il Sé permette quella sintesi tra inconscio e coscienza che è il processo ideale al quale tende la psicoterapia junghiana.

Secondo Jung i sintomi della nevrosi non sono soltanto conseguenze di cause esistite un tempo, ma sono tentativi falliti verso una nuova sintesi della vita.
Anche nella psicologia analitica il momento elettivo per comprendere i contenuti dell'inconscio è costituito dall'analisi dei sogni.
Mentre però Freud considera il sogno l’appagamento sostitutivo di un desiderio rimosso, Jung mette in rilievo il carattere compensatorio del sogno, ritenendo che questo svolga una funzione compensatoria rispetto all'attività cosciente.
I contenuti onirici dell'inconscio personale inoltre vanno considerati e resi coscienti prima di quelli relativi all’inconscio collettivo.

 

W. REICH
Reich approfondisce la natura del comportamento sessuale ed approda alla definizione di "potenza orgastica", con la quale si pongono le basi per consolidare la relazione ipotizzata tra disturbi della genitalità e nevrosi.
La potenza orgastica è intesa come la capacità di abbandonarsi, senza alcuna inibizione, al flusso dell'energia biologica, la capacità di scaricare l'eccitazione sessuale accumulata, attraverso contrazioni piacevoli involontarie del corpo.
La potenza orgastica viene così a coincidere con un criterio molto più allargato di sessualità genitale.
L'individuo nevrotico è sostanzialmente afflitto dall'incapacità di sperimentare effettivamente l'orgasmo, gli è impossibile concedersi totalmente alla relazione sessuale a motivo di un ingorgo nell'organismo dell'energia libidica.
Le psiconevrosi hanno il loro nucleo nelle nevrosi attuali; è l’energia sessuale bloccata di una nevrosi attuale che alimenta la psiconevrosi.
Per Reich il Carattere è l'apparato psichico di protezione dall'angoscia, dalle insidie del mondo esterno, dall’inconscio, ma anche insieme di strutture di modalità di rapporto con la realtà che ostacolano e inibiscono fino a paralizzare la vita dell'individuo. Il carattere si esprime attraverso il corpo e la personalità non può essere studiata se non analizzando la struttura corporea.
Il carattere si trasforma da apparato di protezione in armatura,allora si ha un'alterazione cronica dell’Io, che comporta una limitazione della mobilità psichica di tutta la persona. Quando l'armatura caratteriale inibisce il soddisfacimento sessuale, si determinano le condizioni per la formazione del carattere nevrotico (è un inaccettabile desiderio d’amore, vissuto come colpevole, ciò che induce il masochista a ricercare la punizione).
Sotto il profilo economico, il carattere nevrotico è caratterizzato da un ingorgo della libido.
Sotto il profilo evolutivo, il carattere nevrotico è assillato da desideri incestuosi e pressato dalla messa in atto di formazioni reattive, che ne arrestano l'evoluzione.
Sotto il profilo strutturale e dell'adattamento sociale, il carattere nevrotico è dominato dal conflitto tra Es e Super-io. Mentre l’Io del carattere nevrotico si caratterizza per ostilità e atteggiamento servile nei confronti rispettivamente dell’Es e del Super-io, il carattere genitale è dotato di importanti elementi "sessuoaffermativi" che eliminano ogni contrasto tra Es e Super-io. L’Io del carattere genitale non è ostacolato dal senso di colpa nella soddisfazione pulsionale, ed è contraddistinto da un'armatura "flessibile".
L'autore ritiene che la causa prima dello sviluppo del carattere nevrotico sia la famiglia patriarcale, nell'ambito della quale dalla negazione e dal soffocamento di uno sviluppo sano della sessualità, derivano l'inibizione, la passività e l'assoggettamento all'autorità.
All'origine dell'aggressività troviamo sempre una frustrazione, un amore frustrato che si trasforma in odio. Spesso è l’inibizione della sessualità, prodotta dall'educazione autoritaria, che trasforma l'aggressività in un'esigenza non controllabile, in quanto l'energia inibita si trasforma in distruttività. Quindi alla base delle diverse tendenze aggressive rivolte verso gli altri o verso se stessi non vi sono pulsioni aggressive o pulsioni di morte, ma frustrazioni e limitazioni imposte ad un adeguato soddisfacimento libidico.

 

A. LOWEN
La bioenergetica si fonda sulla semplice proposizione che il corpo sia un'entità imprescindibile dalla mente e si propone l'obiettivo di aiutare la persona a riconquistare la sua natura primaria, la condizione di libertà e di grazia.
Ciò che si pone al centro di questa indagine psicologica è il Carattere, in quanto riflesso dell'equilibrio e della salute dell'individuo, poiché assolve la funzione di preservare il piacere e di proteggere dal dolore.
Lowen ha individuato una tipologia dei principali caratteri.
Il carattere orale è l'esito di una maturazione precoce dell'organismo.
Il carattere masochista presenta uno sviluppo notevole della massa muscolare; il senso di sfiducia nei confronti del mondo, genera una grande sofferenza che viene rivolta verso il proprio interno.
Il carattere isterico è contraddistinto da una rigidità pressoché totale del corpo.
Il carattere fallico-narcisista è contraddistinto da un modo di vivere la sessualità commista ad una forte componente aggressiva. Il nodo del conflitto risiede nella paura inconscia della punizione per l'attività genitale.
Il carattere passivo-femminile.
Nel carattere schizofrenico il rapporto con la realtà è del tutto compromesso e all'estraniamento dal mondo corrisponde una perdita di contatto con il proprio corpo.
Il carattere schizoide è uno stato intermedio tra quelli nevrotici e quello schizofrenico. In questo caso si conserva un tenue contatto con la realtà, ma la debolezza dell’Io permea tutta la sfera affettiva.

Per quanto riguarda i disturbi del Sé, tra le turbe narcisistiche di maggiore gravità c'è: la personalità borderline, la personalità psicopatica, la personalità paranoide.
La personalità borderline presenta solo alcune caratteristiche tipiche del narcisismo, come la tendenza a esternare un'immagine grandiosa e di successo.
La personalità psicopatica ha in comune con il narcisismo la negazione dei sentimenti; è caratterizzata da una forte arroganza che sconfina solitamente nel disprezzo e nella crudeltà.
La personalità paranoide si caratterizza per una forte componente di megalomania, sottesa sia al vissuto egocentrico di sentirsi al centro delle situazioni, sia all'alienazione dell’Io.
La depressione esprime la perdita di contatto della persona con il proprio corpo e corrisponde ad una "assenza di emozioni". L'appiattimento delle componenti motivazionali ed emozionali compromette il rapporto dell'individuo con l'ambiente. Una delle cause più importanti della depressione è la perdita della fede. La fede rappresenta (aspetto inconscio) la vera motivazione nella vita.

 

LA PSICOANALISI SOCIALE

La psicoanalisi sociale attribuisce particolare rilievo alle dimensioni culturali, sociali e interpersonali della personalità.


In ultima analisi viene affermata l'esistenza di un'ostilità primaria. L'aggressività primaria, diretta verso l'oggetto d'amore viene repressa per salvaguardare sia l'esistenza di esso, sia l'esistenza del rapporto d'amore con esso. L'inibizione del soddisfacimento pulsionale genera nuova aggressività la quale, associandosi alla prima, innalza la quantità di ostilità, che, una volta introiettata ed interiorizzata, si costituisce come Super-io che si contrappone all’Io.

KAREN HORNEY
In questa impostazione si ritiene che il conflitto nevrotico non possa essere compreso restando ancorati ad una concezione della natura basata sulla teoria della libido. La storia di ogni conflitto si interseca costantemente con l’insieme di situazioni che segnano lo sviluppo della personalità diversamente nei vari contesti sociali.
I conflitti delle prime fasi di sviluppo non sono da imputare a fattori pulsionali, ma a determinati comportamenti dei genitori nei confronti del bambino. Perdono di importanza inoltre i fenomeni della fissazione e della regressione.
La genesi delle nevrosi e affrontata attraverso l'esame di quelle condizioni sociali che determinano una situazione originaria definita angoscia di base. Un sano sviluppo delle potenzialità individuali richiede un ambiente favorevole. La mancanza di riconoscimento, di affetto e di amore provoca una condizione di isolamento e di impotenza che fungono da prototipo al futuro comportamento nevrotico.
Dalla situazione originaria (angoscia di base) possono derivare tre atteggiamenti nevrotici che rispettivamente portano l'individuo a ricercare gli altri, a entrare in conflitto con gli altri e ad allontanarsi degli altri. Nell'individuo nevrotico queste situazioni si intrecciano in maniera contrastante, anche se generalmente solo uno di essi è portato al livello di consapevolezza.
La tendenza a andare verso gli altri esprime un bisogno diffuso di protezione che deriva da un'insaziabile bisogno di sentirsi sicuro.
La personalità dominata da un atteggiamento che induce a mettersi in conflitto con gli altri è costantemente in opposizione con il mondo esterno.
L'individuo che invece opera un allontanamento tra sé e gli altri, sviluppa un'esigenza dominante di autonomia e indipendenza orientata a rendere inoperanti i propri conflitti.
Queste soluzioni esprimono bisogni nevrotici di affetto e approvazione.

 

E. FROMM
Nella sua concezione psicologica ha particolare importanza il processo di individuazione con il quale egli definisce sia lo sviluppo dell'umanità, sia lo sviluppo individuale (sulla base delle concezioni di Marx e di Freud). In quest'ottica lo sviluppo dell'individuo è contrassegnato dal suo impegno nel superamento delle varie situazioni che fanno da ostacolo alla sua piena affermazione.
La condizione umana è l'espressione di una contraddizione fondamentale: da un lato l'uomo è intimamente legato alla natura e dall'altro è costantemente proteso a trascenderla. L'individuo infatti, oltre a essere motivato da esigenze biologiche, è mosso da bisogni psicologici che riflettono il suo rapporto con la società.
La personalità è la totalità delle qualità psichiche, ereditarie e acquisite, che sono caratteristiche di un individuo. Questa dipende significativamente dalle condizioni del particolare contesto culturale cui l'individuo appartiene e dal quale traggono origine le varie "tipologie personali", nelle quali si rispecchiano i valori di un determinato sistema sociale.
Per quanto riguarda le espressioni del carattere si distingue tra orientamenti produttivi e non produttivi.
Sono orientamenti non produttivi quelli di coloro che si pongono in maniera passiva nei confronti della realtà, che rappresentano se stessi come se vivessero in un mondo di mercato e non di persone. In connessione con tali orientamenti, i caratteri sadico-masochisti sono gli esiti di un processo di socializzazione punitivo e repressivo e rappresentano modi deformati di interagire nei quali, indipendentemente dal prevalere della distruttività, o della passività risulta disturbato il rapporto con il mondo.
Si è invece in relazione produttiva con il mondo quando prevalgono la ragione e l'amore: la prima permette di comprendere l'essenza degli oggetti, il secondo di disporsi totalmente nei confronti di un nostro simile.
Molto importante è il concetto di carattere sociale, con il quale si estende l'analisi dal livello psicologico-individuale, a quello psicologico-sociale. Con carattere sociale si intende una selezione di tratti, il nucleo essenziale della struttura di carattere della maggior parte dei membri di un gruppo, sviluppatasi per effetto delle esperienze fondamentali e del modo di vita comune a tale gruppo.
Connesso alla formazione del carattere sociale è l'inconscio sociale che si sviluppa mediante la repressione di quei valori che sono in contrasto con il sistema sociale e ne minacciano l'equilibrio.
Mentre il carattere sociale ha la funzione di trasmettere valori globalmente condivisi, l'inconscio sociale perpetua la paura dell'isolamento inducendo l'adeguamento all'assetto sociale.
Questa impostazione inoltre tende ad un'analisi delle libertà come fenomeno eminentemente dialettico. Da un lato infatti la libertà è una condizione che esalta l'autonomia, la capacità critica e la costruttività dell'individuo, dall'altro può però rappresentare una condizione che l'individuo tende a fuggire a causa dei pericoli e dei sentimenti di ansietà e di insicurezza che essa può comportare. Il disagio psichico della nevrosi insorgono quando l'individuo non riesce a esplicitare il processo di riconoscimento della propria individualità, quando vengono elusi i rischi della libertà.

 

H. S. SULLIVAN
Alla base di questo sistema si trova un'analisi dell'organismo umano rappresentato da uno stato di tensione che è caratterizzato da due temi: l'euforia assoluta e la tensione assoluta.
L'euforia assoluta può essere definita come uno stato di completo benessere.
La tensione assoluta potrebbe essere definita come la deviazione più grande possibile dall'euforia assoluta.
Mentre la riduzione della tensione originata dai bisogni conduce alla soddisfazione, la riduzione della tensione provocata dall'angoscia coincide con la sicurezza interpersonale.
La personalità è caratterizzata da dinamismi, personificazioni ed esperienza cognitiva.
I dinamismi corrispondono a schemi di comportamento che caratterizzano l'organismo. Il dinamismo più importante è quello del sistema dell’Io che è prodotto dall'esperienza interpersonale originato dall'angoscia. Esso costituisce un'organizzazione volta a fronteggiare le situazioni di angoscia e tende ad assolvere una funzione difensiva, ma quando questa diventa persistente e generalizzata può minare lo sviluppo della personalità.
Con il concetto di personificazione si fa riferimento alle percezioni che l'individuo ha di sé e degli altri. Dalle prime esperienze del bambino con la madre derivano le personificazioni della madre buona e della madre cattiva e traggono origine le personificazioni del "me", come "me buono", "me cattivo" e "non me".
La formazione del me buono ha alla base situazioni interpersonali gratificanti per il bambino.
La personificazione del me cattivo risulta associata invece a situazioni interpersonali che esprimono angoscia.
La personificazione del non me deriva da condizioni particolari, come quelle del sogno o da gravi manifestazioni patologiche.
Per quanto riguarda l'esperienza cognitiva vengono distinti tre modi: protassico, paratassico, sintassico.
Il modo protassico (il più rozzo nei primissimi giorni di vita) può essere considerato come la serie discreta di stati momentanei dell'organismo sensoriale.
Il modo paratassico costituisce una forma più evoluta di esperienza, che manca tuttavia ancora di proprietà organizzative coerenti.
Il modo sintassico corrisponde alla forma più matura di esperienza e si caratterizza per l'uso di un linguaggio simbolico condiviso e adeguato alla comunicazione intersoggettiva.

Lo sviluppo della personalità è la storia delle sue relazioni nel corso delle varie fasi della vita. Queste sono:

Infanzia: caratterizzata dalle prime relazioni del bambino con il mondo esterno e dell'importanza della zona orale.
Fanciullezza (fino alla comparsa del bisogno del gioco): lo sviluppo del sistema dell’Io è molto più integrato.
Età scolare: il bambino diviene "essere sociale", con molteplicità di esperienze interpersonali.
Preadolescenza: caratterizzata da spontaneità dei sentimenti e bisogno di amicizia con persone dello stesso sesso.
Adolescenza: coincide con la comparsa della sessualità genitale e si caratterizza da un lato per il bisogno di intimità personale, dall'altro perché comincia a delinearsi il bisogno sessuale che richiede una differenziazione dal primo.
Tarda Adolescenza: se lo sviluppò ha avuto condizioni favorevoli, questa fase rappresenterà un periodo estremamente fertile dal punto di vista delle attività sociali e delle relazioni interpersonali.
Età adulta: coronamento di quanto è avvenuto nelle fasi precedenti.

 

J. LACAN
In questa impostazione la formazione dell’Io viene analizzata con la teorizzazione dello stadio dello specchio: l'attività che il bambino produce davanti a uno specchio inizia a sei mesi e conserva la sua importanza fino a 18 mesi.
Lo stadio dello specchio gli articola in tre tappe progressive:

  • All'inizio il bambino reagisce davanti allo specchio come se l'immagine fosse una cosa reale o, tenuto in braccio dall'adulto, confonde il suo riflesso con quello dell'adulto.
  • In un secondo momento il bambino non prende più l’immagine come un oggetto reale.
  • La terza tappa è quella del riconoscimento della propria immagine allo specchio e quindi dell'identità dell’Io: è un processo di identificazione primaria che è la matrice di tutte le altre identificazioni.

 

Lo stadio dello specchio introduce all'immaginario, che precede l'ordine simbolico.
La dimensione dell'immaginario permea, oltre allo stadio dello specchio, anche il nucleo originario della relazione del bambino con la madre. Entrambi precludono alla tematica edipica, che caratterizza l'accesso all'ordine del simbolico.

Il primo tempo dell’Edipo coincide con lo stadio dello specchio nel quale la relazione madre-bambino è tutta sotto il segno dell'immaginario, indifferenziata. Il bambino desidera essere tutto per la madre e si identifica con il desiderio di lei: il fallo.
Il secondo tempo dell’Edipo introduce all'ordine simbolico. Il padre, impedendo la fusione materna del bambino con la madre, impedisce l'annullamento del bambino nel desiderio della madre. Perché ciò avvenga è necessario che la madre riconosca la legge del padre e che il padre sia soggetto alla legge che rappresenta. Se la madre non riconosce questa funzione paterna e il bambino rifiuta la legge del padre, egli mantiene su di sé il desiderio della madre e ne resta assoggettato, in uno stato permanente di fusione e impossibilitato ad emergere dall'immaginario.
L'accoglimento della legge permette l'identificazione del bambino col padre detentore del fallo. Si instaura così il terzo tempo dell’Edipo. Mentre il bambino viene a prendere il posto che gli compete nella triade familiare, l’Io può emergere come soggetto.

Punto centrale in questo pensiero concerne la distinzione tra bisogno, domanda e desiderio.
Il bisogno tende, attraverso l'oggetto, all'appagamento, ma non è mai puro bisogno; inserito nelle catene del linguaggio implica sempre il desiderio e la domanda.
La tecnica analitica mira fondamentalmente a condurre il soggetto al linguaggio del suo desiderio (anzitutto allentando i vincoli con cui si manifesta la parola). Il ruolo dell'analista è quindi soprattutto quello dell'ascolto.

 

 


SOGGETTIVITÀ ED ESPERIENZA

 

La psicologia fenomenologica
La psicologia fenomenologica si caratterizza per un'analisi della soggettività che mira ad affrancarsi da metodi di indagine riduzionistici.
In quest'ottica vengono distinte le scienze dello spirito dalle scienze della natura (Dilthey). Le prime infatti hanno come oggetto l'esperienza interna, mentre l'oggetto delle seconde è esterno all'uomo.
La psicologia è alla base delle scienze dello spirito e ad essa spetta la conoscenza e la descrizione delle leggi della vita spirituale.
L’Erlebnis, cioè l'esperienza vissuta, è l'unità primaria del conoscere e il fondamento della psicologia. La vita psichica è costituita da un insieme di elementi inscindibili tra loro e corrisponde ad una trama in cui ogni esperienza vissuta richiama l'altra secondo un preciso ordine di senso.

 

E. HUSSERL
Con questo studioso la relazione del soggetto con il mondo assume un nuovo significato. Centrale nella sua impostazione è la nozione di intenzionalità.
Ciò che esiste infatti non è l'oggetto, ma l'intenzione; per la coscienza ciò che è fondamentale è la possibilità, che le è propria, di costituire un orizzonte intenzionale. La relazione Io-mondo si caratterizza quindi per la relazione intenzionale.
In questo contesto quindi la realtà costituita viene data come ovvia e si determina una sorta di momentaneo estraneamento dal mondo, affinché esso possa successivamente essere colto nel suo significato originario.
La crisi delle scienze, secondo Husserl, deriva dal fatto che si è perso il senso originario dell'esperienza, cioè l'esperienza intuitiva del "mondo della vita", che è il mondo percettivamente intuito.

 

J. P. SARTRE
Sartre prende posizione contro quegli indirizzi che si accostano allo studio della realtà psichica allo stesso modo in cui ci si accosta lo studio della realtà fisica. Per gli psicologi associazionisti l'emozione è un evento come un altro, marginale rispetto alle implicazioni che essa riveste per la vita psichica. Sartre, come Husserl, ritiene invece che i fenomeni psichici non hanno carattere univoco e oggettivo, ma sono reazioni dell'uomo al mondo.
L'emozione rinvia sempre alla totalità dei rapporti della realtà umana con il mondo.
Secondo Sartre ciò che caratterizza la "metafisica ingenua dell'immagine" è l'idea di trattare l'immagine alla stessa stregua di una cosa, esistente essa stessa come una cosa.
In realtà ogni teoria dell'immaginazione deve soddisfare due esigenze: deve rendere conto della discriminazione spontanea che la mente opera fra le sue immagini e le sue percezioni (differenza percezione/immaginazione); deve spiegare la funzione esplicata dall'immagine nelle operazioni di pensiero. Vengono quindi poste le basi di una psicologia fenomenologica dell'immaginazione.
Per cogliere la peculiarità dell'immaginazione è necessario distinguerla dalla percezione.
L'oggetto della percezione è correlato ad un mondo di oggetti reali; l'atto percettivo può essere definito quindi "realizzante" perché è proteso a cogliere il reale.
L'atto immaginativo è invece definito "irrealizzante" in quanto pone l'oggetto come inesistente, assente
La peculiarità dell'atteggiamento immaginativo implica che la coscienza possa formare immagini e porre una tesi di irrealtà, che attesta la libertà della coscienza. La coscienza immaginativa quindi permette di trascendere la realtà e di negare l'esistente in vista di una nuova situazione. La condizione fondamentale della coscienza, in ultima analisi, è quella di essere al tempo stesso nel mondo e di avere continuamente la possibilità di trascenderlo.

 

M. MERLEAU-PONTY
In questa impostazione il concetto di struttura permette di superare l’antinomia classica fra determinismo fisico e vitalismo organico, poiché sia la stimolazione provocata dall'ambiente che la reazione dell'organismo vengono inglobate in un processo unico di strutturazione.
Secondo questo studioso occorre restituire al corpo tutte le sue caratteristiche essenziali, mettendone in risalto il significato nel processo generale dell'esistenza.
Il corpo è infatti il nucleo fondamentale dell'esperienza e il veicolo primo del nostro essere-nel-mondo.
Il corpo vissuto deve essere considerato da un triplice punto di vista, e cioè in quanto "appartenente al mondo", " esserci-nel-mondo" e "apertura verso il mondo" (spazio temporalità impegnata).
La dimensione esistenziale dell'uomo è quella di essere coscienza e corpo, soggettività incarnata.

 

La psichiatria fenomenologica
L'elemento distintivo della psichiatria fenomenologica è nella di rivalutazione della malattia mentale, nell'opposizione ad ogni forma di reificazione e di privazione del suo significato. La psichiatria del diciannovesimo secolo infatti, non concedeva alcuno spazio alla soggettività, trattando il disturbo psichico come mero segno di un'alterazione di tipo biologico. Questa concezione viene ribaltata con la psichiatria fenomenologica.
Rispetto alla prospettiva psicodinamica, quella fenomenologica-esistenziale estende il concetto di personalità, analizzando la soggettività dell'individuo, il suo modo di essere, la singolarità dell'esperienza soggettiva.

 

K. JASPERS
Con Jaspers l'uomo viene considerato nella sua globalità.
L'intento fondamentale di questo studioso quello di conoscere l'esperienza vissuta dell'individuo ma anche le cause che le sono sottese, le reazioni che la caratterizzano e i modi in cui essa si manifesta oggettivamente; la delimitazione e l'oggetto della psicopatologia si specificano a partire dalla necessità di un'indagine scientifica che possa aprirsi al contributo di più metodi.
Crolla di conseguenza ogni distinzione tra malattia e salute, perché fondamentale diventa il rapporto tra individuo e il suo mondo.

 

E. MINKOWSKI
Il nucleo della sua elaborazione è l'analisi dei fenomeni della temporalità vissuta. L'importante è l'atto di penetrazione intuitiva, inteso come la modalità che permette di attingere la complessa fenomenologia del vissuto temporale.
Con il termine vissuto si intende il fondo della vita umana, l’insieme di eventi incisi nella vita di ogni individuo.
Il concetto di slancio vitale si riferisce ad un fenomeno fondamentale su cui si innestano gli altri fenomeni e le traiettorie esperienziali che costituiscono il tempo vissuto. Lo slancio vitale non concerne l'atto volitivo, ma corrisponde fondamentalmente al fenomeno dell'avvenire, ossia al modo elettivo di vivere il tempo. È in sostanza il processo che dà coerenza all'avvenire vissuto e che ci fa protendere verso la realizzazione di qualcosa di importante.
Se lo slancio vitale costituisce la direzione verso l'avvenire, il modo in cui viviamo l'avvenire viene a caratterizzare l’insieme dinamico della temporalità vissuta o il naturale progettarsi della persona.
La sintonia e la schizoidia sono dimensioni fondamentali di questo processo: la prima è il principio che ci permette vibrare all’unisono con l'ambiente; la seconda esprime invece una perdita di contatto vitale con esso. Sintonia e schizoidia sono quindi intese rispettivamente come espressione del contatto vitale con la realtà e come facoltà di staccarci da questa stessa realtà.
La destrutturazione della temporalità vissuta e alla base della condizione patologica.

 

L. BINSWANGER
Secondo questo autore la ricerca psicopatologica deve cogliere il fenomeno psichico in quanto espressione della struttura globale della persona.
Secondo questi è importante per la psichiatria l'analitica esistenziale di Heidegger, soprattutto per il fatto che cerca l'essere dell'uomo intero e non settori fenomenici e oggettivi da delimitare nell'uomo stesso.
Centrale è il concetto di Presenza, che riguarda la totalità dell'individuo e i suoi diversi modi di essere nel mondo (ciò che Heidegger definisce Esserci), il cui carattere distintivo e rivelato dal fatto che l'uomo esiste in quanto è nel mondo.
Il termine presenza ha implicazioni diverse rispetto al concetto di personalità. La presenza è innanzitutto globalità umana, che comprende in sé anima e corpo, cosciente e incosciente.
Il concetto di mondo è definito (dall'antropoanalisi) come mondo biologico, mondo sociale e mondo proprio. Non si tratta però di tre mondi differenti, dato che vengono vissuti simultaneamente dalla persona e rappresentano le possibili configurazioni esistenziali del vissuto individuale.
Il criterio ordinativo che sta alla base dei diversi modi di essere della presenza è stabilito dalla possibilità e dalla maggiore o minore libertà di manifestarsi autenticamente.
In ragione della loro maggiore o minore libertà, i modi di essere della presenza sono ordinati a seconda del potere essere, in cui la presenza si esprime nella sua assoluta libertà; dell'avere il permesso di essere, in cui la presenza è limitata dai rapporti limitanti e strumentali; dell'essere costretto ad essere, in cui la presenza è ostacolata fortemente dal disagio psichico.

  • Il poter essere è l'estrema libertà che si declina attraverso i modi di essere dell'amore e dell'amicizia.
  • L'avere il permesso di essere è una modalità condizionata in cui le relazioni sono strumentali e la presenza progetta il mondo in maniera limitata. Tale limite non è da intendersi nel suo aspetto positivo, ma come limitazione effettiva delle capacità del soggetto di esperire il mondo, causando un impoverimento dell'identità.
  • L'essere costretti a essere è una condizione di disagio in cui l'esperienza della presenza subisce una destrutturazione.

 

Il modo di essere nell'amore non è inteso come passione amorosa o come amore platonico, ma esprime una fusione, un'unità duale (armonia e compenetrazione dell’Io e del Tu).
Anche l'amicizia è una partecipazione duale, qualsiasi avvenimento infatti appartiene all'unione stessa dell'amicizia, e tale partecipazione ha il significato essenziale di fusione con la storia interiore di un'altra persona; a differenza del modo dell'amore, però, nell'amicizia il soggetto è portato a legarsi con più persone.
La malattia mentale è invece un'espressione drammatica dell'essere costretti ad essere, una configurazione in cui il progetto di mondo si presenta oppressivo e povero.
Le manifestazioni patologiche invece sono modalità che, nella loro particolare costituzione, rivelano un fallimento esistenziale della presenza, e cioè una forma di esistenza mancata
Ciò che fa divenire la presenza un tormento e una sofferenza è l'impossibilità di adattarsi al disordine della propria esperienza e la ricerca di una via d'uscita che permetta di ristabilire l'ordine disturbato.

 

R. LAING
Anche in questo contesto la persona è considerata come unitaria e totale.
La categoria dell'insicurezza ontologica primaria costituisce il nucleo fondamentale da cui partire per l'analisi fenomenologica dell'esperienza psicotica.
Rispetto all'autonomia, alla stabilità e alla consapevolezza di essere nel mondo come persona reale, che caratterizzano l'individuo che vive in uno stato di sicurezza primaria, la condizione di insicurezza ontologica è lo stato di una lacerazione fondamentale: in essa, la realtà stessa del proprio essere e della propria identità è messa in questione.
La categoria dell'insicurezza fornisce il criterio per considerare il rapporto particolare che l'individuo stabilisce con il proprio corpo e con se stesso. Il corpo può infatti essere vissuto come separato, scisso dall’Io del soggetto (come centro di un falso Io) e come un oggetto appartenente agli altri piuttosto che come il nucleo stesso dell'essere.
Lo stato psicotico si instaura quando il senso di irrealtà, delle sensazioni del falso Io si estende e penetra fino al vero Io (interiore), quando il corpo, oltre a essere un mero oggetto che serve alle relazioni con gli altri, diviene per il soggetto qualcosa che si trova in loro possesso.

In questo contesto si mette in rilievo il modo in cui le relazioni intersoggettive determinano l'individuo nella sua stessa possibilità di esistenza. Di conseguenza il "sentirsi vuoto" dello schizoide scaturisce dalla mancanza di complementarità da parte degli altri, giacché l'esperienza del soggetto ha un originario carattere intersoggettivo.
L'identità, ossia l'esperienza primaria di essere nel mondo è quindi determinata dall'accettazione, dal rifiuto, dalla negazione e dalla mistificazione che intersecano significativamente le varie relazioni interpersonali. Le stesse relazioni determinano inoltre il senso di realtà della persona e perciò la sua sicurezza o insicurezza.
La confusione e il conflitto appaiono l'esito della influenza che gli altri esercitano sull'esperienza dell'individuo.
L’esemplificazione di questi processi sono l'elusione della propria esperienza, la collusione e il doppio legame.
Quando si sviluppano relazioni interpersonali caratterizzate da doppio legame, nelle quali l'individuo è destinatario di richieste pressanti tra loro incompatibili e comunque irrinunciabili, le situazioni diventano insostenibili dal momento che risulta impossibile per il soggetto cogliere il senso delle richieste degli altri e adattare ad esse il proprio comportamento.
L'analisi della famiglia costituisce un contesto privilegiato per rendere intellegibili la natura e la forza delle relazioni interpersonali. La designazione di un membro della famiglia come unico portatore di problemi psichiatrici appare spesso l'atto finale di una dinamica patogena del processo familiare, in cui la malafede è lo strumento principale di comunicazione intersoggettiva.

 

La psicologia umanistica
Gli studi della psicologia umanistica hanno approfondito gli aspetti sani della personalità e contribuito a darci una visione "positiva" dell'esperienza soggettiva.
La personalità, in quest'ottica, può essere considerata una struttura unitaria che ha una tendenza attualizzante, una motivazione che porta il bambino a selezionare le esperienze coerentemente con il proprio organismo.
La tendenza attualizzante della persona mira ad  autorealizzare la propria esperienza: ciò che minaccia la autorealizzazione sono i fattori ambientali, le condizioni di merito, i giudizi di valore, i processi di attribuzione che gli altri fanno sulla nostra personalità e che tendono a modificare la nostra naturale inclinazione alla autorealizzazione.

 

C. ROGERS
Questa concezione è sostenuta da un’estrema fiducia nelle possibilità dell'uomo di riscattarsi dai condizionamenti della natura e della società e di ambire alla piena realizzazione di tutte le potenzialità di cui è portatore.
La tendenza attualizzante di cui l'organismo è portatore imprime una direzione costruttiva allo sviluppo, verso la differenziazione, l'integrazione e la piena realizzazione degli aspetti sani e creativi. L'organismo infatti non tende a sviluppare le sue potenzialità negative, se determinate condizioni si verificano è solo perché esistono situazioni contingenti del tutto insolite e anormali che favoriscono la loro insorgenza.
L'individuo (e il bambino) sceglie quindi quelle esperienze che migliorano e contribuiscono allo sviluppo dell'organismo, rifiutando le altre, in un processo chiamato "criterio di valutazione organismica ".
La tendenza verso la realizzazione del Sé costituisce il nucleo fondamentale della struttura della personalità. Nella prima infanzia le esperienze interne sono vissute in modo unitario; il bambino in questo caso non è ancora in grado di differenziare tra ciò che è "Io" e ciò che è "non Io".
Successivamente, in accordo con il processo di differenziazione proprio della tendenza attualizzante, il bambino comincia a discriminare tra ciò che gli appartiene e ciò che gli è esterno e diviene gradualmente consapevole di essere e di funzionare autonomamente.
Lo sviluppo del sé è determinato significativamente dalle valutazioni altrui e ciò si associa ad un forte bisogno di considerazione positiva che può indurre a valutare le esperienze anche in modo difforme dal processo di valutazione organismica.
Quando varie condizioni di merito accompagnano lo sviluppo del Sé la percezione dell'esperienza subisce una differenziazione: le esperienze che sono state valutate positivamente e che sono coerenti con il Sé vengono percepite e integrate; le esperienze che sono valutate negativamente, e che sono quindi conflittuali, sono ignorate o distorte ed escluse dalla coscienza.
La discrepanza fra Sé e direzione organismica dipende dai condizionamenti ambientali e culturali che inducono ad assumere comportamenti che sono perversioni nei confronti della direzione originaria della tendenza attualizzante.
Quando la discrepanza fra il Sé e l’esperienza è molto forte, le difese dell'individuo possono risultare inadeguate e incapaci di impedire la disgregazione della personalità. In questo caso si generano varie forme di disagio psichico (tra cui quella psicotica).
Questa discrepanza può essere sanata attraverso un processo di reintegrazione, in modo che il soggetto si riappropri delle proprie esperienze negate tramite un aumento dell'autostima positiva incondizionata.
Il terapeuta può aiutare il paziente a vivere più coerentemente la sua esperienza tramite la comprensione empatica.

 

A. MASLOW
In quest'impostazione lo studio della personalità come struttura unitaria trova nell'analisi della motivazione il momento di maggiore approfondimento.
La vera spinta motivazionale dell'individuo è data dai bisogni, disposti da Maslow secondo una scala gerarchica che comprende alla base i bisogni fisiologici e al vertice quelli di autorealizzazione.
Mentre i primi quattro tipi di bisogni (fisiologici, di sicurezza, di appartenenza e di affetto, di stima) concernono motivazioni da carenza e mirano generalmente alla riduzione della tensione, i bisogni di autorealizzazione corrispondono a vere e proprie motivazioni da crescita.
La mancanza di gratificazione di un bisogno genera un aumento di tensione nell'organismo che si placa nel momento in cui esso viene soddisfatto. I bisogni di autorealizzazione, essendo di ordine più elevato, fanno aumentare la tensione interna in quanto la gratificazione non deriva da qualcosa di tangibile, ma si ravvisa nella possibilità di cogliere dimensioni più elevate, quelle che da sole bastano a dare un significato all'esistenza. Non è comunque necessario che i bisogni siano totalmente soddisfatti perché si possa manifestare un bisogno di livello superiore.
Il raggiungimento dei bisogni di autorealizzazione coincide con una efficace percezione della realtà e perciò con la capacità di discriminare ciò che è genuino e concreto da ciò che è astratto e generico, con la spontaneità, con l'accettazione di sé e degli altri. Coloro che si realizzano mostrano una particolare autonomia dall'ambiente culturale e sociale, sono meno dipendenti dalle soddisfazioni esterne e più disposti ad affidarsi alle proprie potenzialità. Una loro caratteristica fondamentale è la creatività; infine Io, Es e Super-io in queste persone non sono in opposizione, ma operano in sinergia.

 

R. MAY
Anche May ha focalizzato il suo interesse sulle possibilità di autorealizzazione dell’uomo, privilegiando la dimensione della consapevolezza personale e della potenza creativa dell’amore e della volontà.
La centricità rappresenta il nucleo della dimensione individuale che l'uomo è portato a trascendere naturalmente nella direzione di una sempre maggiore espansione della persona. La consapevolezza rappresenta l'aspetto soggettivo della centricità, mentre ad un livello più evoluto ciò che ne costituisce il nucleo è la coscienza in quanto proprietà ontologica centrale.
Sono quattro le fasi che scandiscono il divenire umano:
La fase dell'innocenza (dalla nascita ai due anni) è caratterizzata dalla mancanza di differenziazione fra il proprio mondo e quello degli altri.
La fase della ribellione si estende lungo tutto il periodo dell'infanzia e dell'adolescenza e si declina secondo una duplice opposizione: nei confronti dei genitori per la conquista dell'autonomia, e nei confronti di se stesso e di quella parte della propria personalità sperimentata come dipendente.
La fase dell'autocoscienza normale coincide con la conquista della libertà e con la capacità di fronteggiare l'angoscia e di elaborare il senso di colpa.
La fase dell'autocoscienza creativa rappresenta l'espressione più alta dell'essere umano e la condizione primaria del autorealizzazione.
Rispetto alla piena realizzazione della persona è cruciale l'esperienza dell'angoscia, che costituisce l'emozione più profondamente radicata nell'uomo.
May distingue un'angoscia normale e un'angoscia nevrotica.
La prima è una caratteristica ontologica che si associa ad un rapporto costruttivo dell'individuo con la realtà. La seconda è l'espressione di un diffuso disagio intrapsichico che può opprimere la vitalità della persona, compromettendo l'intenzionalità, la spontaneità, la creatività e la capacità di percepire e di interagire con il proprio mondo.
L’angoscia insorge quando i valori individuali sono fragili e incoerenti con il processo di realizzazione individuale.
Il fine principale della psicoterapia è quello di favorire l'integrazione a livello conscio ed inconscio dei vari processi costitutivi della personalità: desiderio, volontà, decisione.
È necessario innanzitutto analizzare la sfera del desiderio e, a tal fine, è fondamentale comprendere il linguaggio del corpo, chiarire le difese del soggetto, far emergere le emozioni e i desideri inconsci, per integrarli al livello di consapevolezza.
La seconda fase della terapia è rivolta a valorizzare pienamente le potenzialità della persona facendo leva sulla volontà. In questa fase l'autocoscienza pone le premesse per lo sviluppo della decisione e della libertà di scelta.
In ultima analisi la terapia è diretta alla piena maturazione e realizzazione dei desideri inconsci.


STRUTTURA E DESCRIZIONE DELLA PERSONALITÀ

 

Alcuni studiosi hanno privilegiato lo studio delle differenze individuali e la ricerca sugli elementi stabili e distintivi della personalità. Risultano evidenti le diversità tra gli assertori di un determinismo biologico (Pavlov, Eysenck); e i più moderati sostenitori di una concezione della personalità che si costruisce e si realizza come totalità dinamica, aperta al rapporto con l'ambiente sociale (Allport, Murray).

 

Il costituzionalismo
Sheldon è convinto che la struttura somatica sia la determinante primaria del comportamento e che le componenti biologico-ereditarie svolgano una parte essenziale nella determinazione della personalità.
L'obiettivo principale è quindi quello di identificare delle caratteristiche fisiche sulla base delle quali poter classificare i vari individui, approfondendo l'esame dei nessi tra struttura biologica e comportamento. Ha elaborato un proprio metodo di misurazione delle caratteristiche fisiche dei vari individui ed è giunto alla identificazione di tre componenti principali sulla base delle quali diversi soggetti potevano essere ordinati: l’endomorfia (fisico morbido e rotondeggiante); la mesomorfia (fisico solido e squadrato); l’ectomorfia (fisico fragile ed allungato). Successivamente l'interesse si è spostato sull'identificazione di componenti primarie del comportamento, con lo scopo di esaminare possibili nessi tra fattori biologici e psicologici.

 

Tipi e Proprietà del sistema nervoso
Gli studi di Pavlov hanno invece interessato l'importanza delle differenze individuali in rapporto alla diversa velocità e accuratezza con le quali risultava possibile stabilire (in certi cani) riflessi condizionati positivi o negativi.
Sulla base dei quattro temperamenti di Ippocrate, Pavlov ha descritto quattro tipi di cani, rappresentanti le diverse posizioni di un continuum ai cui estremi si collocano rispettivamente la massima espressione dei processi eccitatori e la massima espressione dei processi inibitori.
I cani molto eccitabili hanno un temperamento collerico, aggressivo, e sono facilmente condizionabili, ma con difficoltà nell'acquisizione di associazioni inibitorie.
I cani molto inibiti hanno un temperamento melanconico, sono resistenti a stabilire associazioni positive e inclini a stabilire con facilità associazioni inibitorie.
Tra i due estremi troviamo altri due tipi di cani nei quali processi eccitatori e inibitori risultano meglio equilibrati nonostante la relativa prevalenza degli uni o degli altri e nei quali sono riconoscibili le caratteristiche del temperamento sanguigno e di quello flemmatico.
Le strutture cerebrali che costituiscono la base di importanti funzioni psicologiche e alle quali fanno riferimento le ipotesi di tipologie temperamentali sono: la corteccia e i due emisferi, in cui ha luogo l'analisi delle informazioni e l'organizzazione del comportamento; il sistema reticolare ascendente, situato nel tronco dell'encefalo, che regola il livello di attivazione; il sistema limbico (talamo, ipotalamo, amigdala), implicato nelle reazioni emotive agli stimoli, nella ricerca del piacere e di evitamento del dolore, nella soddisfazione delle necessità biologiche primarie.

Gli studi si sono poi rivolti all'esame delle caratteristiche del sistema nervoso capaci di spiegare la diversa modalità di reagire al condizionamento e, in quanto tale, capaci di guidare lo studio sistematico delle differenze individuali. Tra le caratteristiche individuate, la forza (o intensità) è quella più a lungo studiata; segue l'equilibrio, e per ultima la mobilità.
La forza corrisponde alla capacità di lavoro delle cellule corticali e conseguentemente alla funzionalità del sistema nervoso. Si tratta di una forza sia rispetto ai processi di eccitazione sia rispetto ai processi di inibizione.
L'equilibrio del sistema nervoso è espresso dal rapporto tra la forza dei processi eccitatori e la forza dell'inibizione. L'equilibrio è perciò massimo quando processi eccitatori ed inibitori sono di pari intensità.
La mobilità del sistema nervoso è espressa dalla capacità di cambiamento e alternanza dei processi eccitatori ed inibitori in rapporto ai continui mutamenti dell'ambiente nel quale l'animale è inserito e al quale l'animale deve reagire e adattarsi.
È evidente nello studio del funzionamento psichico l'accentuazione degli elementi costituzionali ed innati. Tale accentuazione è tuttavia mitigata dal riconoscimento dell'importanza che le influenze ambientali e i processi educativi possono avere nel modellamento delle diverse caratteristiche e, in definitiva, nello sviluppo delle diverse personalità.

Dopo Pavlov, l'attenzione si è spostata dalla individuazione dei tipi alla individuazione di proprietà del sistema nervoso.
Mentre le varie forme di comportamento sono in larga parte dipendenti dalle condizioni di vita e da quelle dell'ambiente precoce, le proprietà del sistema nervoso appaiono invece poco suscettibili di essere modificate.
Per Proprietà del sistema nervoso ci si riferisce in particolare alle sue caratteristiche innate naturali, cioè quelle che rinviano alla componente ereditaria e che vengono a formarsi definitivamente durante lo sviluppo embrionale e le prime frasi ontogenetiche.
Teplov e Nebylitsyn hanno avanzato la proposta di quattro proprietà fondamentali:
la forza (la tolleranza a continue e frequenti sollecitazioni); il dinamismo (la facilità nel generare processi nervosi); la mobilità (la velocità di trasformazione); la labilità (la velocità di inizio e cessazione del processo nervoso). Queste assumono rilievo soprattutto in ambito fisiologico.
Nebylitsyn individuò nell'attività generale (mentale, motoria, sociale) e nell'emozionalità (che include la sensibilità, l'impulsività e la debolezza emotiva) le due principali dimensioni del temperamento. Secondo questo autore, mentre il sistema cortico-reticolare è responsabile della regolazione dell'attività, il sistema limbico è responsabile della regolazione dell'emozionalità.

 

G. ALLPORT
Allport guarda alla personalità come ad un'unità dinamica nella quale si coniugano armonicamente fattori biologici, psicologici e sociali. Ciò che in particolare interessa è come tali fattori si integrino per risultare in una individualità dai caratteri unici e irripetibili.
In questa impostazione non solo il passato, ma anche il futuro viene a svolgere una parte di rilievo nella determinazione del presente. La personalità è infatti un'organizzazione dinamica che si caratterizza per il modo in cui l'individuo si protende verso il futuro, e soprattutto nel modo in cui in questo protendersi corrisponde ad una sempre maggiore realizzazione delle proprie potenzialità. Di conseguenza la persona normale, nelle sue manifestazioni coscienti, nei suoi desideri e nelle sue aspirazioni diventa l'oggetto privilegiato della ricerca sulla personalità.
Lo studio della personalità viene a caratterizzarsi come studio delle forze che regolano lo sviluppo nella direzione della crescita e della differenziazione.
La nozione di tratto è centrale nella descrizione della personalità. I tratti sono sistemi neuropsichici generalizzati e focalizzati, con la capacità di rendere molti stimoli funzionalmente equivalenti, e di iniziare a guidare le coerenti forme di comportamento adattivo ed espressivo. Questo si distingue dalle abitudini e dagli atteggiamenti.
Il tratto, oltre a essere più generale delle abitudini, è il risultato di una loro integrazione e quindi ha un maggiore potere di generalità.
Il tratto ha inoltre anche una maggiore generalità rispetto all'atteggiamento, nonostante entrambi siano predisposizioni alla risposta, ed entrambi possono iniziare e guidare il comportamento (sono il risultato congiunto di fattori genetici e acquisiti).
La nozione di tratto è anche differente rispetto alla nozione di tipo. Il tipo è infatti un'astrazione che in qualche modo appanna le effettive caratteristiche di un individuo, mentre il tratto è un insieme di disposizioni che rendono ragione dell'unicità dell'individuo. Si distinguono tra tratti cardinali, centrali e secondari in rapporto al loro grado di dominanza e generalità.
Punto di approdo del divenire è il Proprio.
Il Proprio non è innato, ma si sviluppa gradatamente con la crescita dell'individuo. Esso rappresenta la regione della personalità in cui atteggiamenti, pensieri e valutazioni pervengono alla massima coerenza; è quindi sinonimo di identità personale.
Con La nozione di autonomia funzionale di bisogni si spiegano i differenti motivi che orientano la condotta e caratterizzano la personalità di ciascun individuo.
Nei primi mesi di vita la motivazione è l'espressione di processi biologici regolati dal principio della riduzione della tensione (bisogno di eliminare il dolore e realizzare uno stato di piacere) .
Con lo sviluppo delle funzioni del Proprio anche i motivi si differenziano e si organizzano coerentemente con l'evoluzione e con l'organizzazione dei tratti. Con l'autonomia funzionale dei bisogni quelle attività un tempo strumentali alla soddisfazione di determinati bisogni diventano fonte di nuovi bisogni, del tutto indipendenti dai primi. Questa autonomia è strettamente connessa alle funzioni del proprio: sono queste infatti che permettono di sostenere una certa attività fino a farla diventare uno scopo in sé, che prescinde dalle situazioni e dai condizionamenti originari. Essa indica la capacità umana di distaccarsi dal passato, dai condizionamenti biologici e infantili, per elaborare mete liberamente scelte.

 

H. MURRAY
Murray diversamente da Allport assegna grande importanza all'esperienza passata dell'individuo (influenza della psicoanalisi freudiana e junghiana).
Lo studio della personalità coincide in gran parte con la ricostruzione della storia della personalità, di cui la personologia mira a cogliere gli elementi distintivi di unitarietà e globalità. Egli riconosce nella motivazione l'elemento centrale per lo studio della personalità. Lo studio della motivazione (studio dei bisogni, delle pressioni ambientali, degli stati di tensione e di conflitto) è quindi ciò che permette di rappresentare l'unità reale della condotta (anche in chiave di previsione e controllo del comportamento), e, in definitiva, di pervenire al nucleo della personalità.
L'esistenza di un bisogno è deducibile dalla condizione soggettiva che determina l'innesco di un comportamento.
I bisogni possono essere distinti in viscerogeni e psicogeni, a seconda che essi siano connessi a fattori organici e a fattori psicologico-culturali.
I bisogni viscerogeni corrispondono a esigenze fisiche dell'organismo.
I bisogni psicogeni corrispondono alle esigenze specifiche dell'esperienza psichica individuale come si sviluppa nella relazione con il mondo.
I bisogni sono interconnessi tra loro a vari livelli: in genere la soddisfazione dei bisogni primari condiziona lo sviluppo e la soddisfazione dei bisogni secondari, più propriamente psicologici.
Il processo motivazionale è strettamente dipendente dall'ambiente, il quale, da un lato, fornisce le varie opportunità di soddisfazione, e, dall'altro, esercita sull'individuo vari tipi di pressione. Mentre l'individuo è portatore di bisogni infatti, l'ambiente è sede di pressioni. Anche per queste ultime è possibile operare delle distinzioni.
Le pressioni alpha corrispondono alle caratteristiche fisiche e oggettive della condizione ambientale; le pressioni beta corrispondono invece la percezione che l'individuo ha delle varie pressioni ambientali.
Ai fini dell'indagine sulla personalità di un individuo è necessario cogliere le esperienze salienti e gli eventi.
L'evento, in particolare, in quanto intreccio di bisogni e pressioni, è l'oggetto più reale, l'unità concreta di analisi per il "personologo". L'analisi tematica appare il modo privilegiato per la descrizione e la comprensione di un evento.

 

Le teorie fattoriali
L'analisi fattoriale è una tecnica multivariata che fondamentalmente soddisfa esigenze di parsimonia e di semplificazione in quanto consente di ridurre un più ampio numero di variabili osservate ad un numero minore di variabili ipotetiche, in ragione di ciò che le variabili osservate hanno in comune.
I fattori sono ipotetiche strutture sottese alle variabili osservate e hanno una funzione sintetica e descrittiva. Essi tuttavia possono anche convalidare delle ipotesi e suggerirne di nuove, nonché assumere le caratteristiche di agenti causali. L'impiego dell'analisi fattoriale in psicologia ha consentito di approdare alla costruzione di vere e proprie teorie della personalità, cioè di sistemi in cui i dati forniti dall'esperienza si ordinano rispetto ad un insieme gerarchico di ipotesi sul funzionamento complessivo della personalità.
Non si può pensare però che la procedura statistica possa fare emergere in maniera oggettiva una struttura della personalità reale.
Negli ultimi anni peraltro l'analisi fattoriale ha assunto importanza come strumento di verifica e di conferma delle ipotesi, piuttosto che come strumento di scoperta. Gli autori che seguono sono convinti dell'esistenza di stabili caratteristiche, disposizioni o dimensioni interne all'individuo che possono essere identificate tramite l'analisi fattoriale.

 

R. CATTELL
Secondo questo autore la personalità è ciò che consente la previsione di quello che una persona farà in una data situazione e itratti sono le strutture mentali, dedotte dall'osservazione del comportamento, che descrivono la personalità e che rendono ragione di tale previsione. Lo studio della personalità coincide pertanto con la ricerca e lo studio dei diversi tratti che la definiscono.
Cattell distingue tra tratti comuni, posseduti da tutti gli individui, e tratti unici propri del singolo individuo; tratti superficiali, relativi a gruppi particolari di situazioni, e tratti originari che stanno alla base di particolari manifestazioni; si distinguono poi tratti temperamentali, relativi agli aspetti formali del comportamento, e tratti dinamici relativi alle componenti motivazionali di questo (nonchè tratti di abilità, relativi all'efficienza del comportamento).
Alcuni tratti appaiono connaturati alla costituzione degli individui; altri invece appaiono il risultato delle diverse influenze ambientali; altri ancora specifici di particolari condizioni psicopatologiche.
Cattell è pervenuto all'identificazione di 23 tratti originari bipolari in larga misura di natura temperamentale.
Per spiegare gli aspetti dinamici della personalità sono stati introdotti concetti di erg e di metaerg. Il primo è un tratto costituzionale innato (ad esempio il sesso); il secondo è un tratto costituzionale dinamico plasmato dal fattore ambiente. L'ambizione dello studioso è quella di fornire un modello strutturale e un modello dinamico della personalità, in grado di rendere ragione sia degli aspetti descrittivi che degli aspetti motivazionali che presiedono al comportamento.

 

H. EYSENCK
L'intento di questo studioso e quello di proporre un sistema che tende a una spiegazione esaustiva della personalità globale e ambisce ad ancorare la descrizione e la previsione della condotta all'indagine sui processi e sui meccanismi biologici che la sostengono e la determinano.
quella di Eysenck fa parte delle teorie passate sul livello di attivazione.
Il livello ottimale di attivazione condiziona la specifica sensibilità che ciascun organismo possiede nei confronti degli stimoli esterni, quindi la tendenza a ricercare ambienti e situazioni che forniscano una stimolazione con le proprie esigenze. Questo processo è regolato dalla formazione reticolare, situata nel tronco encefalico, in particolare dal cosiddetto sistema di attivazione reticolare ascendente (ARAS)
Il punto di partenza per la costruzione della teoria è l'identificazione di due superfattori: l'estroversione-introversione e il nevroticismo; questi saranno affiancati successivamente da un terzo superfattore, lo psicoticismo.
L'autore distingue in relazione alla loro specificità o generalità le reazioni, i tratti e i tipi.
Rispetto al livello più specifico delle reazioni, i tratti, ad un livello intermedio tra reazioni e tipi, sono tendenze interne relativamente stabili che risultano dall'aggregazione di reazioni simili, mentre i tipi, ad un livello superiore, sono costellazioni (o sindromi) di tratti.
La nozione di tipo sta a indicare un gruppo di tratti correlati; la nozione di tratto sta a indicare invece un gruppo di comportamenti o tendenze all'azione correlati.
Eysenck indaga il ruolo del sistema di attivazione reticolare ascendente rispetto all'introversione-estroversione e del sistema limbico rispetto al nevroticismo
È stata avanzata l'ipotesi che il grado di estroversione o introversione non sia altro che una misura dell'eccitabilità (arousal) corticale rilsutante dall'attività del sistema di attivazione reticolare ascendente.
L'Estroversione-Introversione, regolata dall'attività del sistema reticolare, rappresenta il comportamento di ricerca di stimoli e di apertura verso l'esterno. Secondo questo studioso esiste un livello di stimolazione ottimale dell'attività corticale e lo spostamento da tale livello determina, secondo un meccanismo di compensazione, la necessità o meno di ricerca di stimoli esterni.
Gli introversi, a causa di un elevato livello interno di eccitazione (elevata attività del sistema reticolare - soglia bassa di attivazione), tendono ad evitare la stimolazione esterna, per evitare un eccesso di stimolazione.
Gli estroversi invece, essendo portatori di un basso livello di eccitazione (bassa attività reticolare - soglia alta di attivazione), sono più inclini alla ricerca di nuove (o più intense) stimolazioni esterne per preservare o realizzare un livello di stimolazione per loro ottimale.
Il nevroticismo (stabilità-instabilità emotiva) è stato posto in relazione con l'eccitazione autonomica e perciò con l'attivazione (activation) principalmente ascrivibile all'attività di quella porzione del sistema nervoso (cervello viscerale) che sostanzialmente presiede alla regolazione della vita emotiva (ippocampo, amigdala, ipotalamo, ecc.).
I soggetti emozionalmente instabili sono caratterizzati dai livelli di attivazione bassi e presentano reazioni negative in situazioni di stress anche minimo; al contrario i soggetti emozionalmente stabili sono caratterizzati da livelli di attivazione alti.
I due sistemi che presiedono all'eccitazione corticale e all'eccitazione autonomica non sono però indipendenti, ma agiscono sinergicamente e in varie combinazioni rispetto alle diverse manifestazioni comportamentali. Solo perciò in ordine a un criterio di predominanza sembra possibile sostenere che l’arousal sia ciò che discrimina lungo la dimensione estroversione-introversione e che l’activation sia ciò che discrimina lungo la dimensione nevroticismo.
Lo psicoticismo rimane un costrutto più problematico e controverso. In esso sembrano convergere elementi di impulsività, ricerca di sensazioni, irresponsabilità, aggressività e, nelle forme estreme, anche reazioni come schizofrenia paranoidea e psicosi maniacodepressiva.

 

 

J. P. GUILFORD
Secondo questo autore la personalità non è che un insieme unico di tratti.
Per tratto si intende ciò che, nella sfera del funzionamento fisico, mentale e comportamentale, distingue in modo relativamente durevole una persona da un'altra.
La specificità e la generalità dei diversi tratti (fisiologici, bisogni, interessi, atteggiamenti, attitudini e tratti temperamentali, che riguardano gli aspetti formali del comportamento, cioè il modo in cui il comportamento è espresso) definiscono l'ampiezza delle classi di manifestazioni che sono suscettibili di essere ricondotte a ciascuno di essi.
Egli ha approfondito l'esame di quei tratti chiamati primari che, se resi espliciti da una varietà di comportamenti e in una varietà di situazioni, possono consentire una descrizione comprensiva della condotta di una persona. Il suo modello è costituito da 13 fattori primari.

Dimensioni della personalità
Nei fattorialisti lo studio della personalità è strettamente intrecciato all'approfondimento degli strumenti per la misura, soprattutto questionari di autovalutazione.

Sistemi empirico-intuitivi
Il sistema di descrizione e valutazione della personalità su basi prevalentemente induttive è il Minnesota Multiphasic Personality Inventory (MMPI). Esso trae sostanzialmente la sua validità dalla valenza patognonomica che determinate risposte mostrano di avere in un ampio numero di popolazioni. Si tratta di un questionario a risposta chiusa del tipo vero-falso che contiene oltre 500 item e offre un profilo di personalità lungo determinate dimensioni. Tali dimensioni vengono misurate con 10 scale risultate dal confronto tra diverse popolazioni psichiatriche e dalla selezione degli item maggiormente discriminanti i vari gruppi.

 

J. GRAY
In questa impostazione differenti processi fisiologici sembrano essere maggiormente e stabilmente correlati con l’impulsività (ritenuta nella formulazione della teoria di Eysenck una dimensione a metà strada fra il nevroticismo e l'estroversione) rispetto a quanto essi siano correlati con l'estroversione.
Alcuni esperimenti evidenziano il ruolo dell’impulsività e dell'ansia (che nel sistema di Eysenck rappresenta una dimensione intermedia tra nevroticismo e l’introversione) come variabili chiave nel differenziare i soggetti più facilmente condizionabili dai soggetti più difficilmente condizionabili, in rapporto anche alla specificità del rinforzo considerato (premio o punizione).
Gray ha proposto un modello delle dimensioni principali della personalità risultante dalla rotazione di 45 gradi dei fattori di Eysenck estroversione-introversione e nevroticismo-stabilità emotiva. Le due nuove dimensioni che risultano da questa rotazione sono l'ansia e l'impulsività.
La prima dimensione comprende ad un polo il quadrante stabilità emotiva-estroversione (bassa ansia) e al polo opposto il quadrante nevroticismo-introversione (alta ansia).
La seconda dimensione comprende ad un polo il quadrante stabilità emotiva-introversione (bassa impulsività) e al polo opposto il quadrante nevroticismo-estroversione (alta impulsività).
Le due dimensioni rifletterebbero inoltre una diversa sensibilità alla rinforzo (premio o punizione): mentre livelli elevati di ansia si assocerebbero ad una alta sensibilità nei confronti delle punizioni, livelli elevati di impulsività si assocerebbero ad un’alta sensibilità nei confronti dei premi.
Egli ha proposto una descrizione biologica dei sistemi di emotivo-comportamentali, che comprende il sistema di attivazione comportamentale (BAS), il sistema di inibizione comportamentale (BIS) e il sistema di attacco o fuga (Fight or Flight).

  • Il BAS attiva comportamenti di approccio in reazione a stimoli di ricompensa o di non punizione ed è influenzato dal sistema neurotrasmissivo della dopamina. Questo sistema è ritenuto alla base della dimensione temperamentale dell'impulsività; quando predomina questo sistema, l'individuo appare estroverso o con problemi di psicopatia.
  • Il BIS è responsabile dell'inibizione comportamentale, ossia dell’evitamento passivo in risposta a segnali punitivi o di novità. Dal punto di vista cognitivo il ruolo di questo sistema consiste nella comparazione tra le proprie aspettative e la realtà dei fatti. Dal punto di vista fisiologico, il BIS è in rapporto all'azione del sistema della serotonina e della noradrenalina e può essere considerato alla base della dimensione dell'ansietà; quando predomina questo sistema l'individuo si presenta introverso o con sintomi depressivi.
  • Il sistema di attacco o fuga in presenza di stimoli negativi, caratterizza l'aspetto difensivo (di panico) e aggressivo (di collera) del temperamento. Questo sistema coinvolge il sistema libico.

 

Questo autore ritiene inoltre che gli stessi meccanismi che regolano l'ansia o impulsività siano anche responsabili di alcuni importanti disturbi psicopatologici. I disturbi di tipo distimico (depressioni, ossessioni, fobie) sarebbero legati al funzionamento del sistema di inibizione comportamentale (BIS), tipici di soggetti con elevati livelli di ansietà e sensibili alle punizioni; viceversa i disturbi di tipo psicopatico e i comportamenti antisociali sarebbero tipici dei soggetti con elevati livelli di impulsività, incuranti delle possibili sanzioni derivanti da tali condotte
In questo modello quindi l'estroversione e il nevroticismo verrebbero a configurarsi come dimensioni secondarie, risultanti dalle interazioni tra i sistemi dell'ansia e dell'impulsività.

Cloninger articola maggiormente la tipologia di Gray. Egli ipotizza tre principali dimensioni temperamentali: la ricerca di novità che si basa sul sistema di attivazione comportamentale ed esprime la tendenza ad agire intensamente a stimoli nuovi; l’evitamento del danno che si basa sul sistema di inibizione ed esprime la tendenza ad agire intensamente a stimoli di tipo avversivo; la dipendenza dalla ricompensa e si basa sul sistema di conservazione comportamentale e si caratterizza per una tendenza ad agire intensamente alle ricompense. I tre sistemi sono mediati da specifici neurotrasmettitori: l'attivazione sarebbe regolata dal sistema dopaminergico, l'inibizione dal sistema serotoninergico, e la conservazione dal sistema noradrenergico.

 

M. ZUCKERMAN
Questa impostazione ruota attorno ad un costrutto: La ricerca di sensazioni, che esprime il bisogno di varie, nuove e complesse sensazioni ed esperienze e perciò la propensione ad assumere rischi fisici e sociali al solo fine di tale esperienza.
Egli ritiene che l'organismo sia caratterizzato da un livello ottimale di attivazione e che perciò miri al mantenimento di un tono edonico positivo (inteso come aspetto qualitativo degli eventi mentali) attraverso il livello ottimale di stimolazione.
Da ciò consegue che la stessa stimolazione può indurre alcuni ad un incremento di essa o alla ricerca di stimolazioni aggiuntive, mentre altri ad un abbassamento di essa e all’evitamento di nuove stimolazioni.
Quindi individui con un elevato livello di attivazione prediligono situazionidi bassa stimolazione; individui con un basso livello di attivazione prediligono situazionidi intensa stimolazione.
Differenze individuali nella ricerca di sensazioni corrispondono perciò all'espressione di una dimensione fondamentale della personalità.
È importante sottolineare l'esistenza di un gran numero di sistemi che producono attivazione corticale. Tra i meccanismi neurofisiologici maggiormente responsabili delle differenze individuali (nella ricerca di sensazioni) un ruolo fondamentale è svolto dal sistema di monoammine del sistema libico.
Mentre la dopamina sarebbe responsabile della tendenza ad una elevata attività generale e all'esplorazione, la norepinefrina fornirebbe all'individuo un rinforzo positivo connesso alle situazioni nuove e alla conseguente voglia di assumere rischi.
I "ricercatori di sensazioni", in quanto caratterizzati da un basso livello di attività del sistema catecolaminico, sarebbero indotti a cimentarsi con attività rischiose e a ricercare livelli di attività e di stimolazione cui verrebbe ad associarsi un maggior rilascio di catecolamine. Al contrario, gli "evitatori di sensazioni", in quanto caratterizzati da un elevato livello di attività del sistema delle catecolamine eviterebbero attività rischiose ed elevati livelli di attività e stimolazione per compensare e attenuare la già abbondante presenza di catecolamine.
Questo studioso è giunto ad individuare una dimensione definita ricerca di sensazioni impulsiva non socializzata molto simile allo psicoticismo di Eysenck e relativa ad aspetti della personalità come l'impulsività, la mancanza di organizzazione e di responsabilità, l'aggressione. Le espressioni estreme di tale dimensione si associano a gravi disturbi di personalità (psicopatie e condotte antisociali) (egli ascrive circa il 50% delle cause di questa dimensione a fattori genetici e individua tali cause principalmente in deficit degli enzimi neuroregolatori e dei neurotrasmettitori dopamina, norepinefrina e serotonina) che presiedono ai meccanismi di inibizione comportamentale.
Gli ultimi studi di questo autore hanno portato a una sostanziale conferma del sistema (dei tre superfattori) di Eysenck, e l'aggiunta a tale modello di altre due dimensioni temperamentali: l'attività, che comprende il livello di attività e di energia generale e la persistenza, e la aggressione-ostilità, che comprende aggressione, ostilità, rabbia e non desiderabilità sociale.

 

J. WIGGINS
Wiggins distingue i tratti interpersonali da altri tipi di tratti, come quelli temperamentali o cognitivi, e individua due assi principali: potere e amore.
Partendo dal polo positivo del potere muovendosi successivamente attraverso il polo negativo dell'amore, quello negativo del potere e quello positivo dell'amore, vengono individuate otto combinazioni delle due dimensioni principali corrispondenti ad altrettanti attributi interpersonali della personalità.
Fondamentalmente due dimensioni forniscono le coordinate per comprendere tutto il comportamento interpersonale: Agency e Communion. La prima concerne la ricerca di potere e di dominio, a seconda la ricerca di intimità e di unione.

 

I "BIG FIVE"
Negli ultimi anni un consenso crescente si è venuto realizzando intorno alla sistematizzazione della personalità in termini di cinque grandi fattori, i cosiddetti Big Five.
L'accordo si è formato principalmente sulla definizione di quattro fattori, rimanendo problematica la natura del quinto, che ha ricevuto definizioni differenti.

  • Il primo fattore coincide con quello che è stato indicato come estroversione-introversione e ad esso sono riconducibili caratteristiche di personalità come l'energia, l'attività e la dominanza.
  • Il secondo fattore viene indicato come gradevolezza-ostilità e adesso sono riconducibili caratteristiche come l'altruismo e la cordialità nel polo della gradevolezza, la superbia e l'astiosità nel polo dell'ostilità.
  • Il terzo fattore è indicato come coscienziosità.
  • Il quarto fattore coincide con quanto è stato indicato come stabilità-instabilità emotiva (il nevroticismo di Eysenck).
  • L'ultimo fattore coincide con quanto è stato indicato, di volta in volta, come cultura, come intelletto, o come apertura all'esperienza, per indicare creatività, originalità, curiosità intellettuale.

 

Caprara e colleghi hanno costruito un nuovo questionario per la misura dei cinque fattori (il Big Five Questionnaire), con il quale si è inteso offrire una soluzione più parsimoniosa del numero delle sottodimensioni in cui si articolano in cinque grandi fattori.
I 5 grandi fattori sono stati denominati: energia, amicalità, coscienziosità, stabilità emotiva e apertura mentale. Ad ognuno dei cinque grandi fattori corrispondono due sottodimensioni:
Il fattore energia risulta composto dalle sottodimensioni dinamismo e dominanza.
Il fattore amicalità risulta composto dalle sottodimensioni cooperatività-empatia e cordialità-atteggiamento amichevole.
Coscienziosità è composto da scrupolosità e perseveranza.
Stabilità emotiva è composto da controllo dell'emozione e controllo degli impulsi.
Apertura mentale è composto da apertura alla cultura e apertura all'esperienza.

 

IL TEMPERAMENTO
Il temperamentopuò essere definito come un costrutto ipotetico di organizzazione usato per identificare una serie complessa di processi che si riferiscono al modo in cui il comportamento è espresso (aspetti formali del comportamento), indipendentemente dal contenuto ed alle motivazioni del comportamento.
Nel complesso con la nozione di temperamento si accentua l'interesse per le componenti biologiche della condotta, per le differenze individuali in quanto iscritte in un repertorio biologico più o meno ascrivibile ad un patrimonio genetico, per i processi connessi alle varie forme di attivazione e di eccitazione.
Di fronte alla complessità della nozione di temperamento è tramontata l'ipotesi di una corrispondenza univoca tra reazioni interne dell'organismo e proprietà formali del comportamento; allo stesso modo l'idea di un livello ottimale di stimolazione sembra essere più una congettura che non una spiegazione, dal momento che non ci dice nulla sui processi e meccanismi biologici effettivamente coinvolti.
È plausibile che il temperamento faccia da impalcatura alla costruzione successiva della personalità, ma restano ancora da chiarire i punti di giuntura e gli elementi di distinzione tra l'uno e l'altra. Se per temperamento intendiamo qualche cosa di originario rispetto alla personalità che su di esso prende forma, in virtù dell'azione moderatrice dei processi di socializzazione, è in una prospettiva evolutiva che la nozione di temperamento può conservare una sua validità per indicare caratteristiche individuali a metà strada tra il biologico e lo psicologico che svolgono una parte importante nel sostenere determinati sviluppi della personalità. Come vi sono caratteristiche di personalità che meglio assecondano certe aspettative e pressioni ambientali, così vi sono caratteristiche del temperamento che meglio assecondano lo sviluppo di certi tratti.
In quest'ottica l'indagine sul temperamento coincide con l'esame delle differenze individuali che stanno alla radice delle varie disposizioni e dei vari comportamenti e perciò con l'esame di ciò che, al confine tra biologico e psicologico, accompagna la costruzione del mentale.

 

  • STRELAU

Il temperamento coincide con una serie di caratteristiche relativamente stabili dell'organismo ed è essenzialmente determinato biologicamente. Questo concerne gli aspetti formali del comportamento: il livello di energia e le sue caratteristiche temporali. Temperamento e personalità sono considerati come fenomeni indipendenti, ma non opposti.
Il Temperamento è il risultato dell'evoluzione biologica.
La Personalitàè principalmente il prodotto di condizioni sociostoriche.
La personalità è una prerogativa soltanto degli esseri umani. Il temperamento caratterizza l'individuo fin dalla nascita ed è determinato da meccanismi fisiologici innati che, tuttavia, possono essere modificati dalle influenze ambientali.
La personalità si costruisce sulla base delle relazioni significative instaurate dal bambino, e il suo sviluppo è influenzato soprattutto dai processi di apprendimento e di socializzazione.
Il temperamento (corrispondente a caratteristiche stabili, determinate in particolare da meccanismi neurologici e meccanismi endocrini) è relativo agli aspetti formali del comportamento; la personalità concerne gli aspetti di contenuto: le motivazioni, le aspettative, i desideri, le mete.
Non è escluso che i tratti temperamentali siano soggetti alle influenze di fattori ambientali fisici, sociali e culturali. Questi fattori possono provocare dei cambiamenti nei meccanismi fisiologici, in situazioni estreme come quelle di continua sovrastimolazione o di prolungata deprivazione.
Il livello energetico del comportamento (caratteristiche energetiche del temperamento) riguarda le variazioni di intensità delle risposte degli individui alle stimolazioni esterne o interne all'organismo. Esso è determinato da un insieme di meccanismi fisiologici che vengono a costituire e ad agire come un'unità funzionale. Si esprime secondo due dimensioni: la reattività e l'attività.

Il livello di attività determina sia la quantità di stimolazione necessaria all'organismo (in base al suo livello di attivazione ottimale) sia l'intensità, relativamente stabile, delle risposte individuali agli stimoli. In base a ciò si distinguono:
Individui ad alta reattività, caratterizzati da alta sensibilità e bassa resistenza. Questi individui evitano le forti stimolazioni, dal momento che il loro livello di attivazione ottimale ha bisogno di ridurre l'intensità degli stimoli in entrata.
Individui a bassa reattività, caratterizzati da bassa sensibilità ed alta resistenza. Questi individui hanno bisogno di intense stimolazioni per raggiungere il loro livello di attivazione ottimale.
La diversità dipende dal fatto che le reazioni agli stimoli sono caratterizzate da un differente "coefficiente di elaborazione allo stimolo", cioè un diverso livello energetico messo in atto che richiama il costrutto di "livello di attivazione ottimale", secondo il quale ciascun individuo ha una specifica quantità di stimolazione sensoriale ed emotiva adeguata (sensibilità) e una singolare capacità di reggere le stimolazioni forti (resistenza).di conseguenza per le persone sensibili le emozioni forti sono disturbanti, mentre il contrario si verifica per chi è poco sensibile.
L'altra dimensione temperamentale, l’attività, svolge la funzione di regolare la richiesta di stimolazione dell'individuo in modo tale da assicurare un livello di attivazione ottimale per l'organismo. Individui a bassa la reattività tendono a preferire attività varie, intense e coinvolgenti; individui ad alta reattività preferiscono invece attività tranquille.
Ne consegue che le persone molto reattive spesso mostrano di essere poco attive, e viceversa.
Il temperamento concerne anche caratteristiche temporali: la velocità di reazione, la mobilità, la durata, il tempo di reazione e la ritmicità.
La velocità di reazione consiste nel tempo impiegato dai processi nervosi per tornare al livello di sensibilità iniziale dopo aver subito una stimolazione.
La mobilità corrisponde all'abilità di cambiare la direzione di una reazione (attività) in funzione dei mutamenti dell'ambiente esterno.
La durata consiste nel mantenimento di una reazione dopo che lo stimolo si è estinto.
Il tempo di reazione all'abilità di creare delle reazioni omogenee che abbiano la loro azione all'interno di un tempo stabilito.
La ritmicità corrisponde alla regolarità con cui si presentano gli intervalli fra reazioni omogenee.

 

  • THOMAS e S. CHESS

Questi studiosi definiscono il temperamento come uno stile comportamentale. Esso concerne il "come" del comportamento, diversamente dalla motivazione che concerne il "perché" e dalle abilità che concernono il "che cosa".
Si tratta di un attributo psicologico che svolge un'attività di mediazione nel rapporto dell'individuo con l’ambiente. Temperamento e ambiente hanno infatti una reciproca influenza: da un lato l'ambiente influenza il temperamento del bambino, dall'altro il temperamento del bambino influenza il comportamento delle persone a lui vicine e perciò il suo ambiente interpersonale.
Gli studi hanno permesso l'identificazione di nove dimensioni del temperamento presenti fin dalla nascita e che influenzano la futura personalità di ogni individuo. Ogni bambino ha un proprio temperamento ovvero un modo specifico, fondato su specifici processi genetico-biologici, di rispondere al suo ambiente secondo queste nove caratteristiche.
Il livello di attività riguarda la componente motoria dell'attività. Un bambino attivo è a proprio agio quando agisce, mentre un bambino quieto è a suo agio quando non agisce.
La ritmicità, ovvero la regolarità e prevedibilità di funzioni biologiche (sonno, alimentazione, ecc.).
La risposta di avvicinamento come reazione a nuovi stimoli attraverso avvicinamento o ritiro. Affrontando qualcosa di nuovo il bambino orientato all'avvicinamento va verso di esso e ed è ansioso di scoprire il nuovo.
La adattabilità ovvero la facilità di cambiare ed adattare il comportamento in una direzione socialmente desiderabile.
La soglia di responsività come l'intensità di uno stimolo necessaria per evocare una risposta. Un bambino molto sensibile è facilmente infastidito da stimoli con soglie molto basse (rumore, temperature, ecc.).
La intensità della reazione indica la quantità dell'energia esibita dalle espressioni emozionali (non intesa come intensità dei suoi sentimenti) un bambino con alta intensità reagisce intensamente a tutto.
La qualità dell'umore si riferisce alla qualità delle risposte emozionali.
La distraibilità come suscettibilità alle varie fonti di stimolazione interferenti.
Il grado e la durata dell'attenzione. Alcuni bambini sono più capaci di altri di sostenere un prolungato sforzo d'attenzione e concentrazione senza pause e interruzioni.

Sono state individuate tre costellazioni temperamentali corrispondenti alle caratteristiche di tre gruppi di bambini rispettivamente indicati come facili, difficili e lenti.
Quelli facili sono bambini che hanno ritmi regolari nelle diverse funzioni biologiche, producono reazioni positive e di avvicinamento nei confronti dei nuovi stimoli, si adattano facilmente al cambiamento e mostrano un umore moderatamente intenso e positivo.
Quelli difficili hanno ritmi biologici irregolari, reazioni negative di ritiro nei confronti di stimoli nuovi e producono espressioni emotive negative.
I bambini lenti presentano una discreta regolarità nelle funzioni vitali e una combinazioni di reazioni negative di moderata entità e di reazioni adattive di maggiore lentezza, ma con una tendenza al recupero graduale di reazioni più normali se sostenuti da un'azione facilitante dell'ambiente.
Sono state successivamente approfondite le interazioni cruciali per lo sviluppo del bambino.
Le nozioni di bontà di adattamento e di povertà di adattamento sono parse particolarmente appropriate per rappresentare la relazione del bambino in rapporto alla compatibilità della dotazione temperamentale con le richieste ambientali.
La nozione di bontà di adattamento si riferisce alla consonanza tra caratteristiche temperamentali e le aspettative, le richieste e le opportunità provenienti dall'ambiente.
La nozione di povertà di adattamento si riferisce invece alla divergenza tra il bambino e l'ambiente quando le richieste e le aspettative dell'ambiente sono eccessive o incompatibili con il temperamento o le capacità del bambino di farvi fronte.
Infatti quanto più l'ambiente è incline a soddisfare le richieste del bambino, maggiore sarà la possibilità di un'armonica risonanza fra il soggetto è l'ambiente medesimo.
Le ricerche basate su questo modello mostrano che tratti i temperamentali precoci possono avere un buon valore predittivo per le future difficoltà di adattamento.
Il temperamento costituisce (Rutter) una variabile di potere predittivo considerevole nella psicopatologia dello sviluppo, con implicazioni notevoli sia teoriche che pratiche.

 

 

M. ROTHBART e D. DERRYBERRY
Anche in questa impostazione il temperamento è determinato primariamente a livello biologico e concerne le differenze individuali per quanto riguarda la reattività e la autoregolazione.
Per la reattività si intende l'eccitabilità o l’attivabilità del sistema di risposta comportamentale.
Per autoregolazione si intendono i processi (l’attenzione, l’inibizione) che servono a modulare (attivare/inibire) la reattività in risposta a parametri endogeni o esogeni.
Il temperamento si sviluppa parallelamente al processo di maturazione, che coinvolge processi fisiologici e cognitivi alla base della reattività e dell'autoregolazione.
Le differenze individuali si esprimono nel corso dello sviluppo attraverso differenti modi e tempi in cui giunge a maturazione la maggior parte dei sistemi. Mentre nel primo anno di vita predominano i sistemi eccitatori del cervello, successivamente assumono maggior importanza i processi inibitori.
A causa della maturazione dei sistemi è prevedibile che il profilo temperamentale di ciascun individuo capisca una serie di riorganizzazioni e trasformazioni nel corso dei primi anni di vita
I due studiosi ritengono che il temperamento sia in vario modo associato all'ambiente e che, nel corso dello sviluppo, gli aspetti reattivi e autoregolativi del temperamento possono interagire con le stimolazioni offerte dall'ambiente, tenendo comunque sempre presente che lo stesso stimolo non ha lo stesso effetto su individui con temperamenti diversi.

 

GOLDSMITH e CAMPOS
Questi studiosi mettono in rilievo la componente emotiva delle caratteristiche temperamentali, sostengono che temperamento ed emozionalità sono termini interscambiabili e che lo studio del temperamento non può essere disgiunto da quello dell'emozione.
Lo studio del temperamento coincide con lo studio delle emozioni primarie di base, presenti fin dalla prima infanzia (rabbia, paura, gioia, piacere); sono queste che regolano i processi psicologici interni e l'attività sociale-interpersonale e la loro espressione non richiede alcuna istruzione dall'ambiente sociale.
Durante lo sviluppo, gli obiettivi di ciascuna emozione primaria (intesa come pure biologico primario che costituisce la base delle differenze individuali) si mantengono costanti. Il sistema emotivo, interagendo con i fattori sociali e cognitivi, può essere modificato da essi e a sua volta modificarli divenendo, attraverso questo processo, un sistema integrato e funzionale.
Poiché l'integrazione temperamentale si realizza grazie al contributo di input sia interni che esterni, appare fondamentale identificare quelle esperienze sociali in grado di favorirne la realizzazione e il consolidamento.
Nell'esame di queste emozioni è opportuno riconoscere: la meta, l'apprezzamento della meta, la tendenza all'azione che ad esse si accompagna. Nel corso dello sviluppo cognitivo si modificano soprattutto quelle mete che risultano in qualche modo minaccianti l’integrità fisica e la propria autostima.

 

BUSS  e PLOMIN
Questi definiscono il temperamento come un insieme di tratti della personalità (personalità primaria) relativamente stabili ereditati e manifesti sin dalla prima infanzia.
Sono stati individuati tre tratti temperamentali che soddisfano questi criteri: emotività, attività e socievolezza.
L'emotività corrisponde alla tendenza ad entrare facilmente ed intensamente in uno stato di agitazione. Le persone molto emotive sarebbero caratterizzate da un più alto livello di arousal rispetto alle persone poco emotive, che manifesterebbero invece un basso livello di attivazione.
La attività è costituita dalla forza e dalla rapidità dei movimenti ed è connessa al livello di attivazione ottimale proprio dell'organismo. Gli individui con bassi livelli ottimali di arousal (gli "introversi" di Eysenck) percepiscono come piacevoli i bassi livelli di stimolazione e come spiacevoli le forti stimolazioni. Gli individui con alti livelli ottimali di arousal trovano piacevoli le forti e intense stimolazioni.
La socievolezza è relativa a tendenze affiliative e alla preferenza a stare con gli altri. Consiste nel cercare le ricompense sociali presenti in ogni tipo di interazione e a sentirsi particolarmente gratificati da esse.
Non si considerano tratti temperamentali quelle dimensioni la cui importanza declina dopo l'infanzia; non vengono considerati tratti temperamentali neanche quei tratti di personalità che derivano primariamente dall'esperienza sociale (ad esempio la vergogna).
In questa prospettiva, nel corso dell'infanzia il temperamento è di fatto indistinguibile dalla personalità. Con il passare degli anni, le caratteristiche iniziali della personalità tendono quindi a differenziarsi.
Questi due studiosi hanno anche elaborato strumenti di valutazione dei tre tratti temperamentali. I risultati ottenuti mediante tali tecniche di misurazione dimostrano l'esistenza di una chiara differenza tra le tre dimensioni; dati ottenuti sulle adozioni mostrano poi come questi tratti siano ereditabili (e, di conseguenza, meno modificabili rispetto ad altri)e stabili nel corso dello sviluppo.


GENETICA, AMBIENTE E PERSONALITÀ

In ambito psicanalitico gli sviluppi della psicoanalisi dell'io, sia la psicoanalisi delle relazioni oggettuali, sia la teoria dell'attaccamento concorrevano ad enfatizzare il ruolo delle precoci relazioni affettive e gli effetti difficilmente reversibili della separazione e delle frustrazioni precoci.
Oggi si ha motivo invece di ritenere che le persone cambiano in buona misura nel corso dello sviluppo e che l'impatto delle precoci esperienze, anche negative, può avere effetti a lungo termine molto diversi in relazione alla natura delle successive esperienze di vita. Molto dipende quindi dalle condizioni di allevamento successive, poiché oltre alla grande variabilità interindividuale, bisogna tenere in grande considerazione le grandi potenzialità di recupero che contraddistinguono la specie umana.
Nella nuova concezione della personalità, tutte le fasi dello sviluppo riflettono un complesso di continuità e discontinuità, che inducono a guardare ad esso come un flusso di transizioni e di possibilità. Le regolarità che valgono per tutti gli individui concernono proprietà emergenti e meccanismi di interazione piuttosto che comportamenti specifici. Le cause della maggior parte delle manifestazioni della personalità non vanno cercate solamente nell'organismo o solamente nell'ambiente. Sia l'organismo dell'ambiente sono infatti i sistemi aperti in relazione di stretta reciprocità.
Ciò significa non solo che il comportamento dipende da entrambi i fattori, biologici-ereditari e ambientali-culturali (che forniscono gli elementi e le condizioni di base per la costituzione di un'organizzazione psichica) e che questi non sono additivi ma interattivi, ma una novità è il ruolo che viene riconosciuto ai processi cognitivi e affettivi, in quanto variabili interagenti capaci di agire significativamente sui fattori biologici e ambientali.
Soltanto l'indagine sull'intero arco della vita può quindi svelare il ruolo delle transazioni multiple che segnano le vicende della personalità individuali e il peso da assegnare alle varie influenze genetiche e ambientali.
Recenti sviluppi della genetica comportamentale inducono ad attribuire alla ereditarietà un ruolo molto importante per quanto concerne la definizione dei principali tratti di personalità .
Non si può sostenere che i geni agiscano allo stesso modo nei diversi ambienti, dal momento che non si può escludere che la stessa influenza genetica possa operare in taluni ambienti come fattori di protezione o di vantaggio ed in altri come fattori di rischio o di svantaggio (possiamo solo affermare che alcune correlazioni o interazioni hanno esiti più ricorrenti di altri).
Nel momento in cui si vengono a prendere in considerazione complessi e stabili costellazioni comportamentali, l'indagine sul ruolo dei geni non può essere disgiunta dall'indagine sul ruolo dell'ambiente e soprattutto dall'indagine sulle loro interazioni.
Un'altra scoperta concerne la maggior importanza delle influenze ambientali non condivise, rispetto a quelle condivise. Le influenze condivise sono quelle che hanno un impatto simile su tutti i bambini della stessa famiglia (povertà, separazione familiare); le influenze non condivise sono invece quelle che hanno un impatto differente su ogni bambino nella stessa famiglia (ricoveri ospedalieri, frequenza di una scuola diversa).
Le influenze ambientali che contano significativamente non sono quelle connesse all'ambiente fisico, ma quelle connesse all'ambiente relazionale (e quindi le esperienze che rendono lo stesso ambiente differente, come un diverso trattamento ricevuto dai genitori o come le aspettative e i sentimenti che si sono accompagnati ai diversi legami familiari).
Per molti anni si è creduto che le persone siano condizionate e determinate dalle esperienze dei primi anni di vita. Gli studi in questo ambito hanno dimostrato che l'opportunità di esperienze successive riparatorie può attenuare o annullare gli effetti negativi delle sofferenze precoci, ma che alcune persone sono fin dall'inizio più "elastiche" (e più attrezzate) di altre a cimentarsi con le difficoltà della vita.
Il problema principale non è quello della persistenza degli effetti di singole esperienze, ma quello del modo in cui varie esperienze "agiscono su" o “interagiscono con" un determinato corredo genetico e si intrecciano tra loro. È quindi importante chiarire come le persone concorrono a modellare, con il proprio temperamento e il proprio comportamento, quelle successive, proprio a causa della continuità dell'ambiente che esse hanno in parte contribuito a definire.

 

La trasmissione genetica di caratteristiche di personalità
Oggi si ha la convinzione che l'organismo biologico interagisca dinamicamente con l’ambiente nel corso della vita, e che l'esperienza psicologica non possa essere compresa se non si conoscono anche le caratteristiche biologiche dell'organismo che esperisce.
Un punto di partenza per lo studio dei nessi tra biologia è Personalità è rappresentato dallo studio dei meccanismi genetici che consentono la trasmissione delle predisposizioni biologiche attraverso le generazioni.
Il concetto di "ereditabilità" è diverso da quello di ereditarietà. Quest'ultima riguarda il processo deterministico di trasmissione di geni dai genitori ai figli; l'ereditabilità, invece, non si riferisce al grado di determinazione genetica di un tratto in uno specifico individuo, ma è un concetto statistico, relativo ad una popolazione. L'ereditabilità può essere quindi definita come proporzione di varianza fenotipica che può essere spiegata dalle differenze genetiche tra gli individui.
Per quanto riguarda le determinanti del comportamento, in queste intervengono non solo fattori ambientali, ma anche capacità autoregolazione.
I fattori genetici influenzano le tendenze psicologiche, ma le esperienze comportamentali possono anche contribuire all'attivazione dei vari effetti dei meccanismi genetici. Ciò significa che l'espressione genetica è influenzata da fattori ambientali e anche dalle esperienze comportamentali.
Gli studi sulla trasmissione genetica di caratteristiche di personalità hanno riguardato principalmente i cosiddetti "tratti" o "disposizioni" comportamentali. I sistemi di tratti più spesso oggetto di indagine sono due: quello di Eysenck e la Teoria dei Cinque Grandi Fattori.
Ad ogni modo nei numerosi studi effettuati emerge che l'ipotesi che si va maggiormente affermando è quella della interazione, intesa come continuo interscambio tra fattori biologici e ambientali.
Le variabili biologiche definiscono non tanto la personalità, quanto una sua componente, il Temperamento, cioè l'insieme congenito di predisposizioni a particolari modalità di risposte comportamentali ed emozionali. Sull'organizzazione di queste predisposizioni influiscono grandemente percezioni, atteggiamenti e aspettative del soggetto.

 

Ambiente condiviso e ambiente non condiviso
Nel modellare la personalità individuale, le influenze genetiche e ambientali si intrecciano fin dal momento della nascita. Possono essere però necessari determinati ambienti per scatenare gli effetti di geni specifici.
La ricerca genetica sta cambiando il modo di considerare l'effetto dell'ambiente: in psicologia le influenze ambientali tendono a rendere i bambini cresciuti nella stessa famiglia differenti piuttosto che simili. Queste influenze, che si riflettono sullo sviluppo psicologico ma che non sono condivise dai bambini della stessa famiglia, vengono definite "ambiente non condiviso".
Aspetti dell'ambiente non condiviso sono ad esempio incidenti, malattie, di istanza di età, esperienze al di fuori della famiglia ma anche la personale interpretazione che il singolo dalle medesime situazioni.
L'influenza ambientale è responsabile di almeno la metà delle variabilità di molte caratteristiche psicologiche, ma solitamente non è l'ambiente familiare condiviso che determina la somiglianza tra i membri della famiglia. Le influenze ambientali più significative non sono condivise dai membri di una famiglia. Ciò significa che le influenze ambientali che operano sullo sviluppo agiscono in ugual modo sia sui bambini che crescono nella stessa famiglia sia su quelli che crescono in famiglie differenti.
L'ambiente non condiviso e quello condiviso non sono limitati al solo ambiente familiare; esperienze al di fuori della famiglia possono venire o meno condivise dai fratelli (amicizie, educazione).
Le influenze ambientali che operano sullo sviluppo psicologico non lo fanno su base familiare, ma piuttosto su base individuale: i loro effetti sono relativamente specifici per ogni bambino piuttosto che generali per tutti i bambini della stessa famiglia (ad esempio esperienze come il divorzio influenzano i figli in modo differente).
Ricerche condotte utilizzando diversi approcci genetici hanno portato alla conclusione che il fattore genetico contribuisce in maniera sostanziale alle misure dell'ambiente, specialmente di quello familiare.
Esistono tre tipi di correlazioni tra genotipo e ambiente: passiva, evocativa e attiva (Plomin).
Il tipo passivo si verifica quando i bambini ereditano passivamente dai loro genitori gli ambienti familiari che sono correlati con le loro propensioni genetiche. La correlazione tra genotipo e ambiente di tipo passivo richiede interazioni tra individui geneticamente correlati (fonte dell'influenza ambientale: genitori e fratelli).
Il tipo evocativo (o reattivo) si verifica quando gli individui evocano delle reazioni da altri individui sulla base delle loro propensioni genetiche. Il tipo evocativo può essere indotto da chiunque reagisca agli individui sulla base delle loro inclinazioni genetiche.
Il tipo attivo si verifica quando gli individui selezionano, contribuiscono o ricostruiscono le esperienze che sono correlate con le loro propensioni genetiche. Questo tipo può coinvolgere chiunque o qualsiasi cosa dell'ambiente.
La correlazione tra genotipo e ambiente può anche essere di tipo negativo. Individui con scarse capacità nell'apprendimento costituiscono un esempio di tipo negativo, in quanto potrebbero essere oggetto di speciale attenzione allo scopo di migliorare i loro risultati.


TEMPERAMENTO E CARATTERE

CLONINGER
Nella sua teoria biosociale Cloninger opera una distinzione tra una componente biologica della personalità, ossia il temperamento, e una componente cognitiva e relazionale, ossia il carattere.
In questa teoria la personalità rappresenta l'organizzazione dinamica dei sistemi psicobiologici individuali che modulano adattamento ai cambiamenti ambientali.
Il temperamento può essere definito come l'apprendimento di abitudini associative basate sulla percezione (condizionamento) e si sviluppa nei primi anni di vita nella maggior parte dei vertebrati.
Il carattere invece riguarda l'azione individuale intenzionale e può essere definito in termini di processi simbolici astratti, che si manifestano nei comportamenti autodiretti e nella cooperazione sociale. Questi processi, che comprendono la logica, i costrutti, la facoltà valutativa e l'invenzione creativa, si basano sulla rappresentazione concettuale delle informazioni e sono completamente sviluppati sono in alcuni individui adulti. Il carattere è una struttura influenzata dall'apprendimento sociale e dalle aspettative culturali e matura in modo non lineare.
Temperamento è carattere interagiscono tra loro durante lo sviluppo.
Nell'apprendimento le abilità evolvono in una modalità gerarchica, per le quali nuove abilità funzionali si sviluppano sulla base dei meccanismi di elaborazione cognitiva precedenti. Ogni processo evolutivo incrementa il benessere dell'organismo. Il temperamento riguarda i processi di livelli di sviluppo inferiori, mentre il carattere quelli superiori.
Mentre le dimensioni temperamentali coinvolgono un meccanismo di apprendimento preconcettuale basato sui processi percettivi, le dimensioni caratteriali maturano nell'età adulta con lo sviluppo del concetto di sé e coinvolgono l'apprendimento concettuale basato sulla consapevolezza (insight).
Questi due aspetti personologici si basano su differenti tipi di esperienza, vale a dire quella implicita e quella esplicita.
Il temperamento si basa sull'esperienza implicita (o procedurale), coinvolgendo processi presemantici che codificano immagini mentali a valenza affettiva.
Il carattere si basa invece sull'esperienza esplicita (o proposizionale), che consiste in un complesso di significati e relazioni tali da poter essere richiamata alla memoria, verbalizzata o diretta intenzionalmente.
Vi sono due sistemi cerebrali diversi per la codifica di due tipi di informazione, implicita e esplicita: 1) il sistema cortico-striatale presiede alla memoria procedurale; 2) l'ippocampo e il sistema corticale limbico presiedono alla memoria proposizionale.

Gli studi etologici indicano che l'apprendimento concettuale basato sulla consapevolezza evolve dopo l'apprendimento preconcettuale e segue una struttura gerarchica filogenetica.
L’insight, alla base dello sviluppo del carattere, è definito come l'apprendimento delle relazioni e implica lo sviluppo di una risposta adattiva, nonché una riorganizzazione concettuale dell'esperienza e della percezione del sé individuale e sociale (self-concept). Lo sviluppo del self-concept comprende tre aspetti distinti, che riguardano tre diversi tipi di consapevolezza, in base all'identificazione e alla accettazione di sé come individuo autonomo, come parte integrante della natura e del tutto.
maiuscola temperamento e il carattere interagiscono tra loro, infatti, le risposte automatiche (o associative) (agli stimoli emozionali) per promuovere, mantenere o distinguere un comportamento sono inizialmente guidate da fattori temperamentali, ma possono essere condizionate e modificate in base ai cambiamenti nella salienza o nel significato degli stimoli determinati dal nostro concetto di identità.

 

Misurazione del temperamento e del carattere
Cloninger ha presentato un metodo basato sulla classificazione dei comportamenti individuali di risposta agli stimoli lungo tre principali dimensioni temperamentali: ricerca delle novità, evitamento del danno, dipendenza dalla ricompensa.

  • Ricerca di novità(NS) è la tendenza a rispondere con forte eccitamento a stimoli di novità. Questa dimensione riflette l'attività esplorativa verso una potenziale ricompensa e l’evitamento attivo delle punizioni e della monotonia. La dimensione NS si riferisce al sistema di attivazione del comportamento (BIS).

 

  • Evitamento del danno (HA) è la tendenza a rispondere a stimoli negativi con un'interruzione del comportamento per evitare le punizioni, la novità e gli effetti frustranti. La risposta è rappresentata dall’evitamento ed dall'estinzione del comportamento. Questa dimensione si riferisce al sistema di inibizione del comportamento (BAS)
  • Dipendenza dalla ricompensa (RD) è la tendenza a rispondere intensamente a segnali di ricompensa, in particolar modo a quelli di approvazione sociale o di dimostrazione di affetto. Questa dimensione si riferisce al sistema di conservazione del comportamento (BMS) e determina la ripetizione e il mantenimento dei comportamenti associati a premi o a evitamento delle punizioni.

 

Cloninger ha elaborato uno strumento di valutazione del temperamento: il Tridimensional Personality Questionnaire (TPQ), il quale mira a individuare le principali dimensioni della personalità fondate sulla conformazione neurofisiologica dell'organismo che si dimostrano geneticamente indipendenti tra loro.
Il TPQ viene proposto quale alternativa strumento di valutazione della personalità di Eysenck, l’EPQ, poiché gli studi effettuati su questo avevano messo in dubbio che le dimensioni della personalità proposte da Eysenck fossero rappresentative di variabili biologiche indipendenti.
Il TPQ è stato elaborato nel Temperament and Character Inventory (TCI ) allo scopo di ottenere una migliore descrizione della personalità basata sia sulle caratteristiche temperamentali che su quelle caratteriali.
Il TCI comprende infatti oltre alle dimensioni temperamentali, le tre dimensioni caratteriali derivate dal concetto di self-concept che contraddistinguono i tre diversi tipi di consapevolezza, ossia l'autodirettività (SD), la cooperatività (C) e l’autotrascendenza (ST).

  • Autodirettività (SD), si riferisce alla consapevolezza del sé individuale e rappresenta il grado di responsabilità personale e di determinazione nell'interpretare azioni finalizzate al raggiungimento di scopi e al perseguimento di valori personali.
  • Cooperatività (C) si riferisce alla consapevolezza del sé in rapporto agli altri e corrisponde alle componenti di giudizio e di valutazione sociale. Questa dimensione riguarda il grado di accettazione, cooperazione e comprensione rispetto agli altri.
  • Autotrascendenza (ST) si riferisce alla consapevolezza del sé rispetto all'universo e indica il sentimento di unità con la natura e la maturità di giudizio finalizzata al bene generale.

 

Questi strumenti di misurazione sono stati paragonati ad altri per la misurazione delle dimensioni della personalità. Il modello a cinque fattori è stato da molti considerato il più efficace nella descrizione della variabilità della personalità adulta.
Recenti studi psicometrici hanno dimostrato che sono necessarie sette dimensioni per descrivere la personalità e differenziare il carattere dal temperamento. Nel complesso, comunque, le analisi comparative tra i modelli di Cloninger e altri strumenti di misurazione della personalità hanno dimostrato l'esistenza di un alto grado di validità convergente.

 

Temperamento e carattere
Secondo la teoria biosociale, ogni dimensione temperamentale della personalità riflette l'attività di un sistema cerebrale in cui agiscono specifici neurotrasmettitori influenzano le caratteristiche stimolo-risposta degli individui.
I principali neurotrasmettitori che agiscono sulle risposte comportamentali individuali sono la dopamina per la dimensione NS, la serotonina per la dimensione HA, la noradrenalina per la dimensione RD.
È stata dimostrata una correlazione tra le dimensioni temperamentali del TPQ e le funzionalità dei sistemi neurotrasmissivi. È stata riscontrata infatti una relazione inversa tra dimensione NS e dopamina e tra RD e noradrenalina e una relazione diretta tra HA e serotonina. Di conseguenza:
Bassi quantitativi di dopamina determinano comportamenti di ricerca della novità, mentre alti livelli determinano comportamenti controllati.
Quantitativi bassi di serotonina determinano comportamenti impulsivi e disinibiti, mentre livelli alti determinano comportamenti di evitamento di situazioni potenzialmente pericolose.
Quantitativi bassi di noradrenalina danno luogo a una ripetizione dei comportamenti cui è seguito un rinforzo sociale, mentre i livelli alti determinano scarso bisogno di rinforzo sociale.
I sistemi dopaminergico, serotononergico, noradrenergico sono coinvolti, rispettivamente, nell'attivazione, inibizione e ripetizione comportamentale
Gli agonisti dopaminergico ci (anfetamina, cocaina, alcol) facilitano l'attivazione comportamentale, mentre gli inibitori della dopamina riducono sia l'attività esploratoria che le risposte ai rinforzi positivi.
Per quanto riguarda l'inibizione comportamentale che il sistema settoippocampale svolge una funzione di comparazione tra gli eventi predetti e quelli effettivi, inducendo l'interruzione del comportamento quando si verificano eventi inattesi o indesiderati
La noradrenalina è il principale neurotrasmettitore che presiede al sistema di ripetizione comportamentale. La noradrenalina può essere considerata un regolatore del livello generale dell'attività neuronale e riveste un ruolo molto importante nell'attenzione selettiva; la diretta introduzione di noradrenalina nel fluido cerebrospinale ad esempio, ha l'effetto di rendere i soggetti più reattivi agli stimoli.

 

Personalità e Adattamento
Per Cloninger l'adattamento deriva dal grado di accettabilità e conformità delle risposte comportamentali rispetto all'ambiente (grazie alla combinazione delle tendenze temperamentali e caratteriali).
Il miglior adattamento è previsto per quegli individui che mostrano valori alti nelle dimensioni del carattere, che riflettono il grado di integrazione di sé, e valori intermedi nelle dimensioni temperamentali , garantendo all'individuo un certo grado di flessibilità alle possibili variazioni dell'ambiente.
Le dimensioni temperamentali sono risultate moderatamente stabili dalla fanciullezza all'età adulta; le dimensioni caratteriali maturano invece, per fasi gerarchiche, dalla fanciullezza all'età adulta. Le transizioni tra i livelli di maturità del carattere dipendono da influenze genetiche, oltre che dall'apprendimento sociale e dalle esperienze. Alcuni studi hanno dimostrato che i punteggi di alcune dimensioni risultano essere correlati a parametri sociodemografici (età, sesso, stato occupazionale).
Cloninger ha suggerito l'ipotesi che i sottotipi dei disordini della personalità debbano essere definiti in termini di variabili del temperamento, mentre la presenza o assenza di disordini della personalità debbano essere definiti in termini di dimensione del carattere. Bassi livelli delle dimensioni del carattere infatti, soprattutto nella dimensione del autodirettività (SD) sono estremamente frequenti nel caso di disturbi della personalità. Secondo questo studioso di disturbi di personalità derivano da una scarsa capacità di adattamento all'ambiente, ad esclusione della schizofrenia e dei disturbi paranoidi, che riflettono una modalità distorta di elaborazione dell'informazione.


I tratti di personalità sono costrutti ampi e flessibili in quanto rappresentano organizzazioni relativamente costanti di modi di sentire, di conoscere e di agire. I tratti sono tendenze relativamente stabili e si esprimono in comportamenti e in specifiche situazioni (relativa costanza del tratto). La costanza può però diversamente intendersi come "essenza", quindi come forte stabilità, come "convenzione", quindi fonte di variabilità e di cambiamento, come "costruzione", cioè come fattore suscettibile di interazione con contesti specifici.

Quindi secondo questi studi è soprattutto la maturità del carattere ciò che consente a un individuo (con profilo temperamentale fuori dalla media) il raggiungimento di un discreto livello di adattamento.

TEMPERAMENTO E ATTACCAMENTO

I Fattori Epigenetici
È importante prendere in esame i ruoli svolti da natura e cultura dello sviluppo dei singoli individui.
diversi studi indicano che lo sviluppo del cervello deve essere visto come il prodotto degli effetti che le esperienze esercitano sull'espressione del potenziale genetico.
I processi che portano alla differenziazione dei circuiti cerebrali infatti sono programmati geneticamente, ma nello stesso tempo sono "esperienza-dipendenti".
I geni, oltre a consentire la trasmissione dell'informazione genetica, determinano, attraverso i processi di "trascrizione" di queste informazioni, quali proteine vengono sintetizzate a livello cellulare.
Le nostre esperienze possono influenzare la trascrizione, e quindi la modalità con cui i geni vengono espressi attraverso la sintesi proteica. Ciò significa che le esperienze possono avere effetti diretti sui processi che portano lo sviluppo dei circuiti neuronali (ad esempio inducendo la formazione di nuove connessioni sinaptiche o modificando quelle preesistenti). Le funzioni di questi circuiti sono determinate dalla loro struttura: in questo modo, cambiamenti indotti a livello della trascrizione delle informazioni genetiche provocano modifiche strutturali delle cellule nervose che plasmano la mente relazionale.
A loro volta le attività della mente portano a variazioni delle condizioni fisiologiche cerebrali che possono dare luogo all'espressione dei geni diversi.nonostante ciò è stato dimostrato che il comportamento dei genitori può avere un ruolo fondamentale nell'indirizzare il successivo sviluppo del bambino (ad esempio in caso di stati di accentuata reattività di questo, siano essi "costituzionali, oppure "acquisiti" in seguito a traumi subiti in età precoce)
Gli studi genetici del comportamento riportano che circa il 50% dei tratti di personalità analizzati sono attribuibili a fattori ereditari, mentre l'altra metà sarebbe dovuta ad aspetti dell'ambiente "non condivisi" (relazioni con coetanei o esperienze legate alla scuola).
La storia di ciascun individuo è quindi il risultato delle modalità con cui le componenti ambientali, eventi casuali e tratti ereditari contribuiscono nel loro insieme a determinare esperienze che plasmano, attraverso processi di adattamento di apprendimento, lo sviluppo della sua mente.
L'importanza dei fattori epigenetici, ossia le modalità con cui le esperienze influenzano i processi di espansione genica,implica che diversi fattori sono coinvolti nel determinare le modalità con cui un genotipo dà origine ad un determinato fenotipo.

 

Sistema comportamentale dell'attaccamento
La teoria secondo cui l'individuo ha una tendenza innata a ricercare la vicinanza delle figure di riferimento è risultata fondamentale nella maggior parte delle ipotesi esplicative sul comportamento umano.
Bowlby sostiene che il legame del bambino con la madre è dovuto al concorso di diversi "sistemi comportamentali" che si sviluppano nel bambino come risultato dell'interazione con il suo ambiente di adattamento evolutivo, e specialmente dell'interazione con la figura principale di tale ambiente, cioè la madre.
Viene sottolineata l'origine biologica di tale legame. Si tratta infatti di un bisogno innato regolato da fenomeni ambientali (comportamento di attaccamento come comportamento istintivo) finalizzato ad aumentare la possibilità di sopravvivenza del bambino.
Centrale è la nozione di Sistema comportamentale, con la quale si intendono delle sequenze di azioni che sono indipendenti dalle variazioni ambientali e da un precedente apprendimento e che svolgono una funzione essenziale per la sopravvivenza della specie nel particolare ambiente in cui i membri di questa specie si sono sviluppati.
Il concetto (etologico) di Sistema comportamentale, deputato al mantenimento della vicinanza al caregiver, è ritenuto il meccanismo che governa l'attaccamento, che a sua volta emerge da un repertorio geneticamente determinato di comportamenti specifici. Il comportamento di attaccamento infatti, si costruisce a partire da un certo numero di componenti istintuali, che maturano in tempi differenti nel corso del primo anno di vita.
L'attivazione dei sistemi comportamentali viene evocata da fattori esogeni ( partenza, assenza, ritorno della figura di attaccamento) o da fattori endogeni (fatica, fame, dolore) e prende la forma di varie condotte di segnalazione e di accostamento.
Le condotte di segnalazione sono i comportamenti-segnale da parte del bambino (ad esempio le vocalizzazioni e i sorrisi) che favoriscono l'avvicinarsi del caregiver e promuovono interazioni positive; sono condotte di accostamento invece i comportamenti avversivi (come gridare e piangere) che fanno sì che il genitore si avvicini e intervenga per alleviare il disagio, e i comportamenti attivi (come inseguire, avvicinarsi) che favoriscono la vicinanza al caregiver.
Questi comportamenti sfociano in un comportamento che mira a conservare la vicinanza alla madre.
Infatti, poiché l'obiettivo desiderato viene generalmente conseguito (ad esempio vicinanza) i vari pattern di interazione individuale si organizzano per formare un unico modello di relazione relativo alla diade bambino-caregiver.

Bowlby distingue quattro fasi dello sviluppo dell'attaccamento che vanno dalla nascita fino a due anni.

  • Preattaccamento (nascita-sei settimane) nel corso della quale il comportamento del bambino è caratterizzato dai riflessi, comportamenti presenti alla nascita, prima di qualsiasi apprendimento; il bambino ancora non discrimina la figura materna.

 

  • Formazione del legame di attaccamento (sei settimane-6, 8 mesi) in cui il bambino inizia a preferire la madre. La separazione da questa tuttavia ancora non genera angoscia.
  • Fase dell'angoscia di separazione (6,8 mesi-18 mesi, 2 anni) in cui il legame di attaccamento si evidenzia con l'ansia del settimo mese, per cui il bambino, dovendosi separare dalla madre, piange e protesta. Il bambino diviene consapevole dell'assenza della madre e inizia la sua ricerca; il bambino inizia anche le attività di spostamento autonomo, tentando, in questo modo, di seguire e raggiungere la madre per mantenere la vicinanza fisica e iniziando al contempo i suoi tentativi di esplorazione del mondo esterno.

 

  • Fase della formazione del legame reciproco (18 mesi-due anni) nella quale l'evento più importante è l’acquisizione del linguaggio, che aiuta a superare l'angoscia da separazione. Il bambino acquista la capacità di comprendere e accettare la separazione dalla madre, soprattutto quando questa, prima di allontanarsi, avverte il bambino e lo aiuta a comprendere la temporaneità della situazione.

Con l'età, i comportamenti infantili entrano in sistemi di controllo più complessi.
Dopo che il bambino ha assunto un ruolo più attivo nella ricerca di contatto ponendo le basi per la costruzione di una relazione reciproca, si manifestano le tre principali funzioni dell'attaccamento: mantenere il contatto fisico, offrire conforto e sostegno (rifugio sicuro) e garantire la sicurezza (base sicura). Il bambino è infatti biologicamente predisposto a ricercare la madre come un rifugio, nel ricercare la vicinanza di questa quando l'esplorazione comporta pericolo.
Il funzionamento del sistema comportamentale di esplorazione (come avviene nel sistema di attaccamento) è fortemente influenzato dalla comparsa di segnali, di situazioni che suscitano paura, un’emozione negativa che viene attribuita all'attivazione di uno specifico sistema che svolge la funzione biologica di proteggere il bambino da situazioni pericolose.
Il rapporto di attaccamento si snoda mediante la comunicazione, ovvero la necessità che ciascuna persona coinvolta in questo rapporto lasci che il proprio stato mentale sia influenzato da quello dell'altra. Questo processo, noto col nome di sintonizzazione affettiva, dipende direttamente dalla capacità di recepire segnali che la madre trasmette al figlio e viceversa, e rappresenta il giusto presupposto per lo sviluppo di una forma di attaccamento sicuro .
Le menti di madre e figlio tendono quindi a influenzarsi reciprocamente in un processo fondamentale per lo sviluppo e la maturazione a livello biologico dei circuiti cerebrali che mediano la capacità di autoregolazione; il cervello del bambino quindi utilizza gli stati della mente del genitore attraverso i quali si sviluppano e si organizzano i suoi processi motivazionali, emotivi e mnemonici.
Di fondamentale importanza diventa quindi la modalità di reazione dell'adulto e la sua capacità di reagire in maniera pronta e adeguata ai segnali trasmessi dal bambino. Inizialmente il bambino cerca la vicinanza delle figure di attaccamento e ciò gli dà un senso di sicurezza e tranquillità. In seguito però, i bambini interiorizzano progressivamente le loro relazioni con queste figure generando i cosiddetti modelli operativi interni di attaccamento.
Una volta formatisi questi modelli tenderanno a operare al di fuori della consapevolezza, come "organizzatori del comportamento individuale" (ricreando attivamente esperienze congruenti con la propria storia relazionale).
Questi modelli tenderebbero a rimanere stabili nel tempo, ma anche aperti a possibili revisioni alla luce dei cambiamenti importanti nella disponibilità e nella capacità di risposta delle figure di attaccamento.
La stabilità è dovuta in particolare al fatto che i modelli operativi interni forniscono all'individuo le regole attraverso le quali percepire ed agire nel contesto relazionale e quindi tendono a ricreare attivamente le esperienze coerenti con la storia di relazione che l'individuo ha vissuto .

 

Stili di attaccamento e temperamento
La teoria dell'attaccamento pone in evidenza come le differenze individuali e l'adattamento interpersonale abbia un'influenza significativa, sia implicita che esplicita, sulle relazioni di attaccamento.
Gli esperimenti hanno dimostrato come le differenze nei pattern di interazione delle varie coppie madre-bambino fossero indicative delle differenze di efficacia della relazione di attaccamento come fonte di sicurezza. Queste differenze potevano essere chiaramente differenziate nel corso della procedura sperimentale (definita Strange Situation o SS).
Nella maggior parte dei campioni, una percentuale compresa tra il 50 e il 70% dei casi manifesta uno stile di attaccamento definito "sicuro", mentre i casi restanti sono assegnati ad uno dei tre ritenuti "insicuri".
Era interessante soprattutto valutare le reazioni del bambino non solo all'allontanamento, ma soprattutto al ritorno della figura di attaccamento. Valutando questi fattori si rileva l'esistenza di tre tipi di attaccamento: sicuro (B); ansioso-evitante (A); resistente (o ambivalente) (C). In seguito ad altre ricerche è stato aggiunto un quarto tipo: attaccamento di tipo disorganizzato/disorientato.
Le differenze individuali nello stile di attaccamento sono il risultato non di caratteristiche endogene del bambino, bensì delle modalità di interazione bambino-caregiver, a loro volta conseguenza dell'abilità di quest'ultimo di interpretare e rispondere ai segnali comunicativi del bambino (Ainsworth).
Questa interpretazione andrebbe corretta se le caratteristiche temperamentali più precoci risultassero direttamente implicate nella determinazione degli stili di attaccamento e venisse dimostrata l'influenza di questi stessi attributi su quegli aspetti del comportamento del bambino ritenuti una conseguenza dell'attaccamento sicuro, indipendentemente dalla qualità dell'interazione bambino-genitore.
Dalle ricerche condotte, lo stile di attaccamento risulta particolarmente importante per comprendere la variabilità comportamentale e le dimensioni della personalità.
L’evitamento e la resistenza all’interazione sono interpretati come manifestazioni della variabilità individuale nelle dimensioni temperamentali. A determinare le notevoli differenze individuali che si possono osservare nelle capacità di regolazione delle emozioni partecipano sia fattori temperamentali, sia passate esperienze di attaccamento.
Lo stile di attaccamento del bambino e influenzato non solo dalle caratteristiche della madre, ma anche da quelle del bambino stesso. Alcune predisposizioni biologiche dei bambini possono renderli relativamente vulnerabili ad un attaccamento insicuro; il temperamento del bambino può evocare un certo tipo di risposte nei genitori, che possono ulteriormente rinforzare le caratteristiche innate di partenza.
KAGAN ha effettuato degli esperimenti con bambini con un temperamento di tipo inibito e disinibito.
I bambini sono classificati come "altamente reattivi" o "scarsamente reattivi" sulla base della combinazione di due criteri: la quantità dei movimenti degli arti e la quantità di stress con cui agiscono agli stimoli. Queste categorizzazioni si basano su un particolare della fisiologia sottostante all'inibizione, che sottolinea il ruolo svolto dai circuiti neuronali dell'amigdala nell'elaborazione di eventi non familiari.
A 14 mesi essi sono osservati durante l'esposizione è stimoli nuovi, mentre a quattro anni e mezzo sono osservati in contesti sociali (interazioni con bambini mai visti prima e con una donna che non conoscono).
I profili così ottenuti dai bambini risultano in grado di predire il comportamento messo da loro in atto più tardi.
Il contributo di Kagan indica che le caratteristiche temperamentali sono soggette a cambiamento, e i fenotipi sono soggetti a cambiamento sulla base dell'esperienza. In questi esperimenti infatti è stato riscontrato che un certo numero di bambini con un profilo reattivo nell'infanzia cambiano significativamente nel corso degli anni. Quando le madri avanzano richieste appropriate nei confronti dei bambini, invece di proteggerli continuamente dalle possibili fonti di stress, questi ultimi sono stimolati e aiutati a superare la reattività e l’inibizione estreme.
La nozione di "bambino difficile" sta ad indicare caratteristiche del temperamento che non sono facilmente modulabili da un sollecito intervento del caregiver. Le manifestazioni di insicurezza del bambino sarebbero quindi il prodotto di questi fattori genetico-temperamentali e non il risultato delle interazioni precoci (che possono però contribuire a moderare l'effetto di temperamenti difficili).
In realtà non si dispone ancora di dati che consentono di distinguere le influenze legate alla personalità del caregiver dalle influenze legate al temperamento del bambino, o di stabilire quali aspetti temperamentali siano protettivi e quali siano invece fonte di rischio .

Alcuni studi hanno analizzato le caratteristiche temperamentali del bambino e l'attaccamento infantile della madre (i modelli operativi interni) ed esaminato il peso relativo di queste due variabili nella formazione della relazione.
Le caratteristiche temperamentali sono state interpretate in termini di stile comportamentale (in accordo con il modello di Thomas e Chess) e considerate come in larga parte determinate da fattori prenatali e perinatali, con comparsa in età precoce, stabili nel tempo, ma influenzabili dai eventi esterni contestuali.
dai risultati ottenuti (da due tipi di questionari, uno per la misura del modello mentale dell'attaccamento delle madri, l'altro per la misura del temperamento dei bambini) emerge che i bambini difficili che avevano madri sicure rispetto ai loro modelli mentali dell'attaccamento erano più coinvolti con esse in interazioni positive, ovvero ricevevano più incoraggiamenti, aiuti, approvazioni e conforto rispetto a quanto accadeva ai bambini difficili che avevano madri insicure, i quali erano più oggetto di interazioni negative.
I teorici dell'attaccamento sostengono che, pur dovendo considerare importante le determinanti genetiche e biologiche dell'attaccamento, non si può escludere che la capacità di regolazione affettiva e la qualità dell'attaccamento vadano comunque considerate come una proprietà emergente della storia della relazione tra bambino e caregiver nel corso del primo anno di vita. Di conseguenza anche nel caso in cui i limiti temperamentali pongano degli ostacoli evidenti ad un adeguato dispiegarsi della funzione genitoriale, si deve considerare la risposta dell'ambiente come una variabile cruciale nel determinare la formazione di modelli di attaccamento sicuri ed insicuri e i successivi esiti adattivi o disadattivi.
In quest'ottica il temperamento difficile rappresenta più una misura della relazione di cui il bambino è partecipe che una misura dell'individuo. Il "temperamento difficile" può costituire una variabile di potere predittivo considerevole per l'individuazione di psicopatologie, ma ha senso solo se studiato all'interno di un modello interattivo che possa dar conto del processo dialettico che conduce a, o impedisce, uno sviluppo ottimale.

 

Interazioni teoriche ed empiriche
Mentre le basi biologiche della teoria dell'attaccamento non sono state prese in considerazione, le differenze individuali nella qualità dell'attaccamento (ovvero il diverso senso di sicurezza) sono state analizzate approfonditamente dalla ricerca in campo temperamentale.
Gli interrogativi concernenti il legame tra il costrutto dell'attaccamento e quello del temperamento, e quindi la loro correlazione con l'emergere della personalità nel corso dell'infanzia, trovano risposta non negli studi che riguardano gli aspetti normativi della teoria di Bowlby (che si riferisce allo sviluppo di una relazione tra il bambino e il caregiver nel corso del primo anno di vita), ma sulle differenze qualitative nel significato e nell'efficacia di tale relazione e gli eventuali legami tra sicurezza e dimensioni temperamentali.
Il costrutto "temperamento" indica proprietà dell'organismo che rimandano a proprietà dinamiche intrinseche dell'attività del sistema nervoso centrale e che si suppone siano geneticamente determinate. Questo costrutto si rivela di particolare utilità per gli studi sullo sviluppo affettivo poiché consente di identificare quali dimensioni innate possano svolgere un'azione di facilitazione o di interferenza rispetto ai processi di comunicazione e di regolazione affettiva che si stabiliscono tra il bambino e il caregiver.
Gli studi sui rapporti tra attaccamento e temperamento hanno mostrato come la qualità dell'attaccamento valutata a 12 e 18 mesi sia in realtà indipendente dalle misure temperamentali; ciò ha portato a sostenere che la qualità dell'attaccamento rappresenti di fatto proprietà indipendenti dalle caratteristiche individuali della madre e del bambino.
Dati più recenti però, sembrano indicare un quadro più composito, in cui è necessario tener conto della relazione complessa tra qualità dell'attaccamento e fattori temperamentali.
Negli studi effettuati, i resoconti dei genitori sulla difficoltà temperamentale dei bambini non consentono generalmente di distinguere tra bambini con attaccamento sicuro e insicuro. Solo definendo operativamente il temperamento in termini di irritabilità, valutata nel periodo neonatale, sono state riportate differenze tra bambini sicuri e insicuri. Il fatto che l'irritabilità nel corso della prima infanzia accresca il rischio di insicurezza nel primo anno di vita suggerisce che attributi dei bambini possano potenziare inadeguate modalità comportamentali messe in atto dai caregiver, a loro volta particolarmente stressati.
Altri studi (Crokenberg) hanno evidenziato un'interazione tra irritabilità neonatale e il sostegno sociale di cui disponevano le madri; l'irritabilità era significativamente correlata all'insicurezza nei casi in cui le madri erano prive di sufficiente supporto sociale esterno, ma non in caso di sostegno adeguato. Ciò ha portato lo studioso a concludere che il carattere irritabile di alcuni neonati influenzi le loro modalità interazionali, al punto da determinare stili di attaccamento differenti da quelli dei bambini meno irritabili.
Complessivamente questi studi, che utilizzano le classificazioni della SS o i criteri comportamentali per valutare la sicurezza dell'attaccamento, sebbene suggeriscano come gli attributi temperamentali che caratterizzano un bambino nella primissima infanzia possano contribuire a determinare un modello internazionale (bambino-caregiver) precursore dell'attaccamento insicuro, tuttavia non dimostrano che la sicurezza dell'attaccamento sia strettamente correlata alle caratteristiche temperamentali.
I bambini descritti come più difficili, vulnerabili allo stress, tendono con minore probabilità utilizzare il proprio caregiver come base sicura.
Si è poi cercato di studiare la potenziale associazione tra dimensioni temperamentali e l'irritabilità-angoscia che si manifesta nella SS. Questa irritabilità consente spesso di distinguere i casi evitanti dai casi resistenti. I risultati (dei resoconti dei genitori sul temperamento del bambino) dimostrano che le differenze tra evitanti e dipendenti vanno interpretate in primo luogo come differenze temperamentali, piuttosto che come il prodotto delle modalità interazionali.

Kagan focalizza l'attenzione su una singola dimensione, ovvero la reattività o la vulnerabilità allo stress psichico nel corso dell'infanzia, considerata un precursore dell'inibizione comportamentale ed emotiva. Nel costrutto dell'inibizione comportamentale egli postula la presenza di un'associazione tra le forme estreme della dimensione inibizione (cioè comportamenti particolarmente inibiti o disinibiti) e caratteristici pattern di risposta al livello del sistema nervoso autonomo (SNA) e delle risposte neuroendocrine che riflettono il funzionamento del sistema nervoso centrale (SNC) e risultano stabili a partire dai 2-3 anni di vita.
Sebbene la reattività-vulnerabilità allo stress psichico non consenta di prevedere con sicurezza lo stile di attaccamento, il comportamento resistente (gruppo C della SS) preannuncia una successiva tendenza all'inibizione.
Negli ultimi anni viene data particolare attenzione al fenomeno dell'inibizione comportamentale, definita come la tendenza del bambino ad essere diffidente e timoroso nell'affrontare situazioni nuove.
La ricerca più recente propone un modello integrato secondo il quale l'insorgenza dell'inibizione comportamentale è dovuta all’intergioco tra le componenti intraindividuali (come un temperamento infantile timoroso) e quelle interindividuali (come un comportamento genitoriale non responsivo e rifiutante, o una relazione di attaccamento insicura). Questi fattori possono contribuire sia singolarmente che congiuntamente alla determinazione di percorsi adattivi o disadattivi.
L'impossibilità da parte del bambino di un'esplorazione sociale positiva preclude lo sviluppo del suo repertorio di abilità sociali ed emotive, indispensabili per l'instaurazione di adeguate interazioni con nuove persone ed eventi.
Riguardo alla nozione di comportamento solitario è possibile individuare due orientamenti principali. Il primo orientamento sostiene che il comportamento solitario possa essere considerato come capacità del bambino di stare da solo. Tale capacità nasce dalla differenziazione tra sé e l'oggetto, unita ad un'esperienza positiva di relazione con questo ed è pertanto indice di maturità affettiva, cognitiva e sociale.
Il secondo orientamento si focalizza sul comportamento solitario come condotta a rischio. In quest'ottica l'origine dell'isolamento sociale nelle sue diverse espressioni (comportamenti solitari attivi, passivi e reticenti) è legata all'interazione tra fattori individuali (temperamento del bambino), fattori relazionali (ad esempio la qualità del rapporto affettivo con il caregiver) e fattori ambientali.
In quest'ottica si è assistito ad un crescente interesse per lo studio dell'isolamento sociale. Tra i fattori ritenuti responsabili di questo alcuni attribuiscono particolare rilievo alla qualità dello stile di attaccamento; pattern di attaccamento insicuro risultano associati a tratti temperamentali caratterizzati da ansia e timore sociale e a comportamenti ritirati e inibiti.
Gli studi di ZAPPULA sull'isolamento sociale hanno rivelato che pattern di attaccamento insicuro sono associati ad un temperamento ansioso e timoroso e a indici di inibizione comportamentale. Si ipotizza inoltre che una relazione insicura di attaccamento ed un temperamento timoroso siano predittivi dell'inibizione comportamentale.


COMPORTAMENTISMO E AMBIENTALISMO

Alcuni indirizzi hanno in vario modo accentuato l'importanza dei fattori ambientali ambientali o situazionali, sia per quanto concerne la spiegazione della condotta, sia per quanto concerne la costruzione della personalità.

 

IL BEHAVIORISMO
Con questa nozione si fa riferimento a una concezione dell'uomo, della società, della scienza, che pervade larga parte della psicologia nordamericana tra gli anni 20 e 60 del secolo scorso.
Indicando nell'ambiente la sorgente di tutte le differenze, il behaviorismo asseconda la convinzione che l'eguaglianza è possibile se si creano condizioni di pari opportunità, alimenta il progetto di una nuova società con un'illimitata fiducia nelle possibilità di controllare, decidere e modellare i comportamenti umani.
Secondo il modello delle scienze naturali, il ricercatore mira alla scoperta di leggi universali che regolano il comportamento e che possono consentire la sua previsione e il suo controllo. Il compito di questi è quindi quello di cogliere le regolarità con le quali variano le diverse manifestazioni comportamentali. L'interesse si sposta quindi dallo studio delle differenze individuali alle contingenze ambientali, che appaiono le vere determinanti del comportamento, nella convinzione che la stabilità del comportamento non dipende tanto da caratteristiche interne al soggetto, quanto dalla somiglianza delle situazioni in cui esso viene attivato, rinforzato e perciò prodotto.
L'ispiratore del nuovo movimento è J. Watson; per questi non vi è più spazio per la coscienza, la volontà o la mente. Oggetto di studio della psicologia sono il comportamento e i nessi che legano determinati stimoli a determinate risposte ovvero catene di associazioni S (stimolo) - R (risposta). Dalla conoscenza di questi nessi possono procedere la previsione e il controllo della condotta e dello sviluppo.
L'assunzione di fondo è che in un sistema psicologico completamente elaborato, date le risposte, deve essere possibile risalire agli stimoli e che, dati gli stimoli, deve essere possibile prevedere le risposte.

Gli sviluppi
Diversamente da Watson, la nuova generazione di comportamentisti (Skinner, Tolman, Hull) è convinta che il comportamento non sia riducibile ai processi anatomofisiologici che ne stanno alla base. Questi sono convinti di poter fornire previsioni assolutamente attendibili della condotta umana sulla base di un esame rigoroso delle condizioni dell'ambiente esterno e dell'ambiente interno.
La personalità si configura soprattutto come costellazione di abitudini e lo studio della formazione della personalità viene a coincidere con lo studio della formazione delle abitudini.
Accanto all'esame del condizionamento classico (la risposta è scatenata dallo stimolo condizionato), assume sempre più in rilievo l'esame del condizionamento operante o strumentale (la risposta viene emessa spontaneamente dal soggetto), si accentua l'importanza dell'indagine sulle condizioni di rinforzo (tutto ciò che eleva la probabilità di una risposta) e si ha uno spostamento crescente dell'attenzione dall'ambiente interno all'ambiente esterno.
La personalità si configura come la risultante di abitudini e capacità apprese nel corso dei successivi adattamenti alle circostanze esterne.
Skinner approfondisce la natura del rinforzo positivo (legato al raggiungimento di una soddisfazione o ricompensa) e negativo (legato all'allontanamento di una stimolazione disturbante o nociva), della punizione, dei processi di controllo e modellamento del comportamento, creando i presupposti per un vera e propria tecnologia comportamentale. Egli cerca di definire le relazioni che si vengono a stabilire tra stimoli e risposte e l'attenzione è prevalentemente rivolta a come la pressione selettiva dell'ambiente può agire attraverso gli effetti che si associano alle risposte spontanee dell'organismo.

In Tolman e Hull assume una grande importanza l’indagine sulle variabili intermedie e intervenienti che presiedono all'apprendimento e la loro riflessione si allarga dall'apprendimento alla motivazione e ai processi organizzativi che precedono la messa in atto di una condotta. Hull porta la sua riflessione sui processi interni di mediazione: le variabili intervenienti sono stimoli interni prodotti dalla risposta o risposte implicite o internalizzate, del tutto omologabili agli stimoli e alle risposte osservabili.
Per spiegare la coerenza e la stabilità della condotta, viene introdotta la nozione di pulsione che fornisce l'elemento dinamico per una teoria della motivazione in termini rigorosamente comportamentisti. Definita la pulsione come l'attivazione dell'organismo associata ad uno stato di necessità biologica, la motivazione si configura come la risultante della combinazione tra la componente attivante-energetizzante, rappresentata dalla pulsione, e la forza dell'abitudine.

In Dollard e Miller l'apprendimento viene posto alla base di tutte le diverse manifestazioni psichiche inerenti le condotte, sentimenti ed emozioni come l'ansia e la paura. Anche i processi mentali superiori, come il pensare e il ragionare, risultano dal concorso dei medesimi fattori nel determinare serie di catene associative di stimoli e risposte interne. Il pensiero e il linguaggio poi svolgono una parte essenziale nel modulare il nostro rapporto col mondo.
Anche Mead avvia una riflessione di grande rilievo sul ruolo che il linguaggio, le interazioni tra individui mediate dalla comunicazione, i ruoli sociali che vengono assegnati ed assunti, svolgono nella costruzione del Sé e perciò nella costruzione della personalità. Mente e sono emergenze sociali cui il linguaggio fornisce il meccanismo per emergere nell'interazione con gli altri. È in virtù dell'interiorizzazione di un processo sociale di comunicazione che l'individuo biologico si emancipa ad individuo psicologico.

 

Teoria dell'Apprendimento Sociale
L'enfasi sull'apprendimento e sulla pressione selettiva dell'ambiente è l'elemento di continuità tra il behaviorismo e la teoria dell'apprendimento sociale; l'ispirazione di fondo di entrambe le impostazioni è infatti situazionista.
Nella nuova elaborazione della teoria però, vengono superate le premesse teoriche della tradizione comportamentista, con l'intenzione di fondare una teoria della personalità nella quale diventa cruciale l’indagine sui processi cognitivi che regolano l'interazione organismo-ambiente. La teoria dell'apprendimento sociale infatti mira ad approfondire la natura delle condizioni esterne che regolano la condotta dell'individuo.
Mentre da un lato si afferma la contestualità di ogni condotta, cioè si sottolinea l'importanza delle condizioni esterne che la determinano, dall'altro, si afferma l'organizzazione idiosincratica di ogni condotta cioè si riconosce in essa il prodotto di una specifica e particolare organizzazione soggettiva che elabora i dati oggettivi della situazione in termini assolutamente unici e personali.
Ciascun individuo quindi elabora differentemente le sollecitazioni che l'ambiente fornisce. Dalla natura e dall'efficacia dell'organizzazione cognitiva e l'esperienza dipende in larga misura la possibilità che la condotta della persona risulti in armonia con le esigenze del suo sviluppo e con le attese del contesto ambientale in cui essa si produce.
Poiché l'ambiente di cui si dirà è principalmente un ambiente sociale, fatto di relazioni, è fondamentale capire come i diversi rapporti interpersonali contribuiscono al consolidamento di una determinata organizzazione cognitiva.
Mentre il concetto di rinforzo esterno continua a rivelarsi essenziale, è riconosciuta l'importanza di un apprendimento di tipo sociale, che si appoggia non tanto ad un rinforzo direttamente sperimentato dal soggetto, ma al tipo di elaborazione mentale che egli attiva in seguito alle conseguenze che si associano alla condotta propria ed altrui.
Ciò non si traduce in una negazione dei caratteri individuali dell'elaborazione cognitiva dell'esperienza; accentuare l'importanza dell'esame delle condizioni esterne riflette piuttosto la convinzione che una varietà di condotte attribuite in passato all'azione di specifiche forze interne sono risultate suscettibili di essere indotte, eliminate, modificate agendo sulle fonti esterne di sollecitazione e di rinforzo.
Nell'indagine della personalità sono soprattutto importanti (Rotter) le mete, le aspettative, le direzioni delle condotte. Tali mete si associano a sei categorie di bisogni-fini fondamentali: riconoscimento e prestigio, dominio, indipendenza, protezione-dipendenza, amore-affetto, benessere fisico. Si tratta di un sistema di mete e di aspettative che può rendere ragione di una varietà di condotte.
La percezione che il soggetto ha dell'ambiente, i significati che egli attribuisce agli eventi e perciò le mete dipendono dalla sua storia, dalle relazioni sociali che hanno tessuto la sua esperienza. Se è vero che i rinforzi sono determinanti, è altrettanto vero che gli elementi e le fonti di rinforzo contano differentemente in rapporto ai significati che questi assumono nell'esperienza del soggetto. Numerose forme di disagio psichico si configurano infatti come le risultanti di aspettative irrealistiche e di mete inadeguate rispetto all'effettiva accessibilità delle soddisfazioni. Per questo obiettivo del psicoterapia è il cambiamento delle mete e perciò del sistema di aspettative.
Nell'ambito della teoria dell'apprendimento sociale assume particolare rilievo la nozione di locus of control e quella di fiducia interpersonale.
Con la prima e con le scale da essa derivate rispettivamente ci si riferisce e si intende misurare un sistema di aspettative, più o meno generalizzato, contraddistinto dalla propensione ad attribuire all'esterno (agli altri, al caso) o piuttosto all'interno (alla propria volontà, determinazione) la causa del proprio successo e insuccesso. Alcune ricerche hanno confermato che le persone che hanno un alto controllo interno sono più energiche, più attive, più efficaci nel superare le situazioni stressanti, anche se non è del tutto corretto generalizzare. Può infatti accadere che alcuni individui siano sempre, in tutte le situazioni, orientati "internamente", che altri lo siano prevalentemente in certi contesti, ed altri prevalentemente rispetto a certe attività.
Con la nozione di fiducia interpersonale si fa riferimento all'aspettativa, che le persone hanno in diversa misura, che gli altri siano degni di fiducia. Apparentemente le persone che hanno una più alta fiducia interpersonale sono più felici, meno conflittuali, più amichevoli.

La più recente tradizione comportamentista ha cercato di recuperare alcune espressioni del funzionamento psichico, come la personalità, che erano state trascurate dall'impostazione più radicale; questa prende il nome oggi di behaviorismo paradigmatico o psicologico.
In questo contesto la personalità individuale rappresenta un'organizzazione delle esperienze di apprendimento che si sono venute accumulando, in virtù delle opportunità che l'ambiente ha offerto e che l'individuo ha saputo cogliere grazie al possesso di particolari abilità, a loro volta dipendenti da particolari opportunità situazionali, rinforzi o più primitivi apprendimenti. In ogni momento le opportunità offerte dall'ambiente sono suscettibili di aggiungere repertori più o meno complessi, allo stesso modo di come le contrarietà dell'ambiente possono produrre ferite più o meno profonde a seconda dei repertori già posseduti dall'individuo.
I repertori comportamentali di base vengono distinti (Staats) in tre grandi categorie corrispondenti a specifiche aree funzionali: il repertorio linguistico-cognitivo, il repertorio emotivo-motivazionale e il repertorio sensorio-motorio.
Il primo presiede al pensiero, alla comunicazione interpersonale e alla soluzione dei problemi.
Il secondo concerne le reazioni emotive e le spinte motivazionali apprese tramite associazioni con gli esiti negativi o positivi del comportamento.
Il terzo riguarda le abilità sensorio-motorie che sostengono le varie attività, da quelle di base, a quelle complesse.
Nel comportamento effettivo i tre repertori risultano interagenti e dipendenti l'uno dall'altro.

COGNITIVISMO E COSTRUTTIVISMO

Per cognitivismo si intende riportare al centro dell'indagine scientifica la mente e i processi che ne scandiscono le attività. In quest'ottica la nozione di "costrutto" si rivela essenziale e tutto il cognitivismo si configura come una forma di costruttivismo.
Da un lato il modo di dedurre i processi che governano il funzionamento della mente procede essenzialmente per via di costrutti ipotetici, dall'altro, ciò che caratterizza l'adattamento di un individuo all'ambiente e che ne specifica il modo di elaborare le informazioni sono essenzialmente dei costrutti personali.
Nel cognitivismo il programma di conoscenza che guida la ricerca e il progetto di cambiamento si indirizzano ad ipotetiche strutture mentali che modulano e regolano il rapporto dell'individuo con l'ambiente in termini di flussi e di scambi di informazione.
L'obiettivo cui mira la clinica cognitiva è pervenire ad una modifica degli affetti e delle abitudini tramite una modifica dei meccanismi interni di regolazione che presiedono alla elaborazione e alla generazione di informazioni.

 

J. PIAGET
Piaget, occupandosi di personalità e di differenze individuali, ha soprattutto mirato a cogliere ciò che non varia del funzionamento mentale e ciò che scandisce il rapporto tra l'organismo e l'ambiente ai fini dell'adattamento.
La psicologia genetica di Piaget cerca di cogliere i modi di costruzione delle conoscenze e di trarre ipotesi sulle leggi dello sviluppo stesso secondo la prospettiva cognitivista nella quale spiccano tre caratteristiche dominanti: 1) la dimensione biologica; 2) l'interazione soggetto-ambiente; 3) il costruttivismo psicogenetico.

Il concetto che sottende l'intera prospettiva è quello biologico di adattamento, infatti ogni condotta si presenta come un adattamento, o per meglio dire, un riadattamento.
L'individuo infatti agisce quando prova un bisogno, cioè quando, essendo momentaneamente rotto l'equilibrio tra l'ambiente l'organismo, l'azione tende a ristabilirlo.
Il concetto di adattamento è quindi strettamente legato a quello di equilibrio; l'adattamento corrisponde ad un equilibrio tra l'azione che l'organismo esercita sull'ambiente e l'azione che l'ambiente esercita sull'organismo.

Anche lo sviluppo psichico risulta dal concorso di fattori ereditari, fisici e sociali; in parte esso si appoggia a strutture che preesistono all'incontro dell'organismo con l'ambiente, in parte esso riflette le strutture che scaturiscono da tale incontro.
Tutti i processi mentali si configurano come la risultante di una costruzione progressiva di strutture, da quelle meno complesse a quelle più complesse, lungo una successione di tappe. Ogni tappa rappresenta una forma di equilibrio verso cui tende lo sviluppo psichico.
Questo autore ha soprattutto indagato lo sviluppo del pensiero, dallo stadio dell'intelligenza senso-motoria, attraverso lo stadio delle operazioni concrete, allo stadio delle operazioni formali caratterizzate dalla reversibilità e proprie di un pensiero ipotetico-deduttivo.
Il suo modello di sviluppo cognitivo presuppone l'interesse per la sfera affettiva e in questo senso ha evidenti implicazioni per lo studio della personalità.

 

K. LEWIN
Nella sua psicologia topologica, propone una visione della realtà psichica intesa come sistema dinamico, comprensivo della persona e dell'ambiente, risultante dal concorso di varie forze e tendente costantemente verso un equilibrio.
Egli sostiene il primato dell'atteggiamento fenomenologico come metodo di base e criterio orientativo nell'indagine degli eventi mentali; di conseguenza la percezione e il senso che il soggetto ha della realtà costituiscono anche il punto di vista privilegiato da cui procede la sua indagine sulla personalità.
I maggiori punti di contatto tra la sua impostazione e la psicoanalisi sono: il ruolo attribuito alle emozioni, alla struttura e allo sviluppo della personalità, come anche l'accentuazione del significato psicologico della condotta; le differenze concernono essenzialmente la diversa angolazione con la quale vengono ad essere caratterizzati i fenomeni psichici.
Secondo Lewin, in psicologia i vettori che determinano un processo mentale non sono stabiliti in anticipo dalla natura di determinati eventi o fenomeni, ma dipendono essenzialmente dalle condizioni nelle quali l'individuo si trova ad un dato momento.
La dinamica dei processi mentali deriva quindi dalla relazione fra l'individuo concreto e la situazione concreta .
In questa prospettiva l'attenzione si sposta dalla ricerca di ipotetiche essenze, all'indagine sui processi che nei singoli contesti regolano le diverse manifestazioni psichiche e le loro trasformazioni.

La teoria del campo costituisce il sistema generale con il quale vengono caratterizzate le diverse manifestazioni della realtà psicologica, da quelle individuali a quelle di gruppo, e quindi l’insieme di costrutti in grado di rappresentare il funzionamento della personalità (nei suoi aspetti strutturali e dinamici).
Con il termine campo si intende tutto ciò che è presente al soggetto in un dato momento e che ne determina l'azione, il sentire, il conoscere.
Con il principio di contemporaneità si ribadisce che qualsiasi comportamento dipende soltanto dalla particolare configurazione del campo psicologico a quel dato momento. Con questo principio non si intende privare di valore le esperienze precedenti, ma si intende cogliere presente e futuro per come essi sono presenti al soggetto e ne determinano contestualmente la condotta (e quindi l'influenza che essi esercitano in una data situazione).
È importante distinguere, relativamente ai fatti esistenti ad un momento dato, tre  aree fondamentali nelle quali certe modificazioni rappresentano oggetto di indagine psicologica.
Lo spazio di vita caratterizzato dalla persona e dall'ambiente psicologico come da essa percepito (comprensivo quindi dei bisogni, delle motivazioni, delle mete e degli ideali).
Fenomeni del mondo fisico e sociale che non hanno una diretta incidenza sullo spazio di vita della persona in quel dato momento.
Una zona di confine dello spazio di vita, in base alla quale si prendono in considerazione i processi del mondo fisico e sociale che agiscono sullo spazio di vita della persona in quel dato momento.

Gli eventi e i fattori che ineriscono allo spazio di vita (e che assumono rilevanza psicologica per il soggetto in un dato momento) concernono al tempo stesso sia l'ambiente che la persona.
L'ambiente è soprattutto un ambiente psicologico, cioè l’insieme di condizioni esterne che influenzano la condotta dell'individuo nella misura in cui sono da lui percepite e dotate di significato. L'ambiente psicologico deve essere distinto da quello fisico e corrisponde alla rappresentazione soggettiva che l'individuo ha degli eventi esterni.
Il termine regione sta a significare allo stesso tempo: 1) tutto ciò in cui un oggetto (nello spazio di vita) ha un suo posto e può essere rappresentato in termini spaziali; 2) ogni aspetto dello spazio di vita nel quale sia possibile distinguere contemporaneamente più posizioni o parti.
Dinamicamente la personalità appare come un sistema stratificato che ha una struttura definita e nel quale si possono distinguere le regioni centrali e periferiche. La struttura della personalità può essere intesa come un insieme di regioni che possono essere più o meno interdipendenti rispetto a una particolare situazione. Sia le regioni della persona che quelle dell'ambiente sono divise da "frontiere" (con diverso grado di consistenza).

Il comportamento è sostanzialmente inteso come mutamento di posizione, cioè come locomozione nel proprio ambiente psicologico. Con ciò si definisce il movimento che una persona compie fra le regioni dell'ambiente psicologico, cui consegue un mutamento della struttura dello spazio di vita (il mutamento è soprattutto psicologico).

Altri concetti importanti sono:
Tensione, cioè uno stato che l'individuo sperimenta all'insorgere di un bisogno o di un quasi bisogno e che l'individuo tende a superare per ripristinare l'equilibrio.
Valenza ossia un valore positivo o negativo che una regione dell'ambiente psicologico riveste per la persona; mentre una valenza positiva esercita attrazione, quella negativa suscita repulsione e implica l'allontanamento della persona da una specifica regione.
Forza ossia quella intensità di una tendenza ad agire per realizzare un determinato mutamento. La direzione, intensità e il punto di applicazione, cioè la proprietà di una forza, vengono rappresentati mediante un vettore.
Bisogno, cioè l'elemento di unificazione dei diversi costrutti dinamici. Ciò che è importante non è tanto la loro effettiva incidenza sulla condotta in rapporto alla varietà di situazioni dell'ambiente psicologico, ma determinare come un bisogno esprima certe esigenze della personalità e produca certi effetti nella specifica situazione considerata. I quasi bisogni, invece, sono strettamente legati al tipo di aspettative che il bisogno alimenta.

Le problematiche connesse allo sviluppo ruotano attorno al concetto di differenziazione, con il quale vengono discriminate certe proprietà del comportamento in termini di maggiore o minore organizzazione e complessità.
Con il crescere dell'età, ad una maggiore differenziazione, si associa una maggiore organizzazione del comportamento, in termini di maggiore complessità. Con lo sviluppo si ha anche un'estensione del campo di attività e di interessi, cui corrisponde soprattutto un ampliamento dello spazio di vita (e quindi un incremento del numero delle regioni).
Con lo sviluppo inoltre si realizza una più pronunciata tendenza al realismo e perciò la capacità di rappresentazioni e condotte più coerenti con la realtà.
La differenziazione dello spazio di vita in rapporto alla dimensione realtà-irrealtà, cioè la rappresentazione di desideri e timori (livello di irrealtà) e di aspettative (livello di realtà) costituisce una discriminante di rilievo per caratterizzare modalità diverse della personalità.
L’oscillazione dal livello di realtà al livello di irrealtà può presentarsi sia nel bambino che nell’adulto (sogno, fantasticheria, ecc). E’ proprio dell’ambiente psicologico del bambino, però, il fatto che gli eventi si associno e si confondano facilmente.

Lewin distingue tra retrogressionee regressione.
La retrogressione fa riferimento al ritorno a una modalità di comportamento precedente nella storia psicologica del soggetto.
La regressione prende in considerazione un particolare mutamento che implica il ritorno a modalità di comportamento primitive, a prescindere dalla loro effettiva esistenza nella storia dell'individuo. La regressione rappresenta una situazione critica per la persona, ma, p
er altro verso, essa rappresenta una situazione interessante per ricostruire le varie fasi che segnano la graduale costruzione della personalità.

 

Geni  e esperienza interagiscono in maniera complessa: ad esempio determinati temperamenti possono provocare un certo tipo di risposta da parte dei genitori; queste reazioni, a loro volta, rappresentano per il bambino esperienze che possono influenzare le modalità con cui le sue cellule cerebrali crescono e si collegano tra loro. Quindi i comportamenti del bambino generano, da parte dei genitori e dell'ambiente, reazioni che possono o meno rinforzare tali comportamenti.

Anche  i gemelli monozigoti, cresciuti insieme dagli stessi genitori, hanno un ambiente non condiviso, in quanto il comportamento dei genitori nei loro confronti non è identico.

Questo  concetto è legato a quello di interaffettività per cui i bambini avvertono lo stato affettivo di un'altra persona e possono discriminarlo in rapporto alle proprie emozioni oppure possono servirsi dell'emozione altrui per regolare le proprie; e anche al concetto di interintenzionalità, per cui bambino si accorge della madre sa ciò che egli vuole.

Un  altro elemento a favore della continuità può essere rintracciato nei tratti temperamentali che caratterizzano ogni individuo e che tenderanno a rimanere costanti e a dare coerenza ai comportamenti.

Alcuni  studi hanno dimostrato che possono costituire fattori di rischio durante l'attaccamento post-natale situazioni di contesto come l'assenza di supporto emotivo nell'ambiente familiare o la presenza di violenza nell'ambiente domestico. I figli di donne esposte a violenza inoltre hanno una maggiore probabilità di essere classificati "difficili". Esiste inoltre un legame, anche se di moderata entità, tra depressione materna e temperamento del bambino. I bambini di madre con elevata sintomatologia depressiva riportano maggiori problemi legati al sonno, sono più irritabili e rispondono con un'accentuata sofferenza ai cambiamenti ambientali. Questa reattività infantile inoltre, non facilmente gestibile in termini di accudimento, può creare nei genitori un senso di impotenza favorendo manifestazioni di tipo depressivo e contribuire ulteriormente ad accentuare le difficoltà nella relazione madre-bambino.

 

 

Fonte: http://brainstorm.myblog.it/list/personalita/psico_della_personalita.doc

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