Psicoanalisi ed il mito di Edipo

Psicoanalisi ed il mito di Edipo

 

 

 

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Psicoanalisi ed il mito di Edipo

L’origine della Sfinge: due modi di concepire il gruppo

  • La psicoanalisi ed il mito di Edipo

I miti ci offrono un grande aiuto per comprendere le vicende umane, i comportamenti individuali e collettivi, lo sviluppo degli affetti e del pensiero. Altre volte possono apparire misteriosi, oscuri, un po’ distanti dalla quotidianità e dalla modernità. Per avvicinarsi alla idea di gruppo, è importante il mito della Sfinge.

 

Finestra sul mito della Sfinge

Riferimenti mitologici: qualche verso di Sofocle, testi di Graves

  • Il mito di Edipo in Freud
  • La versione allargata del mito di Edipo, impiegata da Bion

Freud ha cercato di spiegare il funzionamento della psiche. Nella sua teoria, la psiche si sviluppa nell’infanzia e sono centrali le relazioni affettive e fantasmatiche che il bambino stabilisce con il padre e con la madre. Un momento cruciale di questo processo di sviluppo è il complesso edipico. Si può dunque dire che il complesso ed il mito di Edipo sono alla base della teoria psicoanalitica.
Quando poi Freud si è confrontato con la psicologia sociale; come abbiamo già visto, egli ha proposto una variazione antropologica del mito edipico sotto forma del rapporto fra il padre-padrone e l’orda primordiale dei figli. Si tratta di una forma di Edipo modificata, trasformata, adattata, che  spiegherebbe l’origine del fantasma edipico, filo-geneticamente tramandato attraverso la trasmissione trans-generazionale della vita psichica. Il fantasma edipico sarebbe attivo, tanto nella vita familiare quanto in quella di gruppo, collettiva e sociale in senso più generale.
Nella storia del pensiero psicoanalitico post-freudiano, alcuni autori, soprattutto francesi, ad iniziare da Anzieu, si sono chiesti fino a che punto potesse essere mantenuta questa centralità dell’Edipo anche nella situazione di gruppo (extra-familiare), ponendosi il dubbio sulla sua effettiva validità per la comprensione delle dinamiche di gruppo.
L’Edipo può servire, infatti, per individuare soprattutto le tappe evolutive dell’individuo, ma non tanto per indagare e descrivere una situazione fondamentale, caratteristica e distintiva della vita del gruppo.
Va inoltre ricordata la rivisitazione, seppur effettuata da un vertice differente rispetto alla prospettiva degli autori francesi, del mito di Edipo ad opera di Bion, il quale ha proposto una concezione che, ripresa e arricchita anche dalle formulazioni di alcuni autori che si sono ampiamente ispirati al pensiero bioniano, esprime un avanzamento concettuale attraverso due tappe fondamentali. La prima, introdotta direttamente da Bion, coincide con la proposta di estendere l’analisi del mito di Edipo a tutte le sue componenti, per poterlo adattare alla realtà gruppale. In tale prospettiva, il mito di Edipo può essere utilizzato come una forma narrativa, una sorta di versione “filmica” delle teorie psicoanalitiche, in cui ciascun personaggio, elemento, evento, simbolo, rappresentazione (quali la Sfinge, la peste, l’enigma, ecc.) non rimane semplicemente sullo sfondo rispetto alla vicenda centrale del rapporto triangolare Laio-Edipo-Giocasta, ma assume un significato altrettanto rilevante, al punto che si può parlare anche del mito della Sfinge, della simbologia mitologica della peste o di altri aspetti o personaggi che acquistano un ruolo da “protagonista” nella narrazione.

  • Il polo della conoscenza

Perché abbiamo stabilito questa connessione tra la sfinge ed il gruppo? Una piena risposta potrà nascere dall’intero svolgimento del nostro discorso, ma vogliamo da subito stabilire alcuni punti.
Nel mito di Edipo, la sfinge è la figura che pone interrogativi, anzi propone veri e propri enigmi, che riguardano questioni essenziali. Chi sono? Che cos’è la vita? Come ci si trasforma nel corso del tempo? La sfinge dunque rappresenta il polo della conoscenza. A nostro avviso è utile considerare il gruppo in questa stessa luce. Il gruppo non soltanto pone ai membri interrogativi su di loro, ma il gruppo stesso e ciò che accade al suo interno si pone come oggetto di curiosità e di indagine. È un’esperienza che ogni partecipante ad un gruppo terapeutico o di formazione sperimenta sino dalla prima seduta. Egli è fatto oggetto di interesse e domande da parte degli altri partecipanti ed a sua volta è naturalmente portato a cercare di capire che natura abbia la nuova situazione nella quale si trova. Nel mito di Edipo, la Sfinge, quale figura enigmatica che, a sua volta, pone ai viandanti quesiti enigmatici, può essere interpretata come il simbolo dell’Interrogativo, riferito innanzitutto alla propria natura misteriosa e inquietante. Infatti, sebbene la Sfinge ponga Edipo di fronte al dilemma circa la natura di quell’essere che cammina la mattina a quattro zampe, a mezzogiorno con due e la sera con tre, da un punto di vista psicoanalitico è evidente che la domanda e la risposta siano da intendere comunque in senso riflessivo, cioè riferite all’identità stessa di chi pone il quesito e a quella di colui che è chiamato a fornire una soluzione, dal momento che, per la psicoanalisi, non ci si può conoscere se non attraverso l’altro. In tal senso, il mito di Edipo viene considerato dal punto di vista dell’indagine, della ricerca, della scoperta, della conoscenza. Nel momento in cui assume questa prospettiva, Bion dà prova di aver risentito fortemente del pensiero di Melanie Klein, la quale aveva ipotizzato l’esistenza, accanto alle due pulsioni fondamentali della libido e della destrudo, di un autonomo istinto epistemologico, la cui rappresentazione mitologica sarebbe, per l’appunto, la Sfinge, secondo Bion. Nella situazione gruppale, il riferimento al mito della Sfinge è legato ad una concezione del gruppo come dispositivo di indagine e di conoscenza su se stessi, sui propri comportamenti, sui fenomeni che si sviluppano una volta che le persone sono riunite in gruppo.

 

  • L’origine della Sfinge

Nel mito vorremmo prendere in considerazione un punto particolare: l’origine delle Sfinge. Possiamo considerare questo aspetto del mito da due punti di vista. In altri termini, la questione controversa dell’origine della Sfinge è controversa e rimanda a due versioni che sono ambedue storicamente accreditate. Secondo la prima versione, la Sfinge sarebbe il frutto di un incesto tra fratelli ed un nodo di rapporti tra generazioni diverse (padri-madri/figli) che vengono presentate come confuse. La Sfinge infatti – secondo questa versione del mito – sarebbe una sorella di Edipo, figlia di un precedente matrimonio di sua madre, Giocasta.
Secondo la seconda versione, la Sfinge sarebbe invece l’ultimo prodotto di una genealogia di mostri: l’Idra di Lerna, …………….

  • La concezione del gruppo secondo il modello della famiglia

Valendoci di queste due riferimenti mitologici, possiamo focalizzare l’attenzione su due modi fondamentali di  avvicinarsi ad una concezione della nozione di gruppo. Possiamo concepire il gruppo sul modello della famiglia, e quindi vederlo come un insieme in cui: i membri sono considerati come fratelli, il gruppo (in quanto tale) come madre, il terapista come padre, ecc. A differenza della famiglia vera e propria, nel gruppo tutti questi piani e rapporti sarebbero intrecciati e confusi. Questo modello “familiare” del gruppo presenta poi tutta una serie di configurazioni fantasmatiche.

 

Finestra su nozione di fantasma e di costellazione fantasmatica

Nell’uso degli psicoanalisti francesi il fantasma è una sceneggiatura immaginaria nella quale il soggetto è presente e nella quale egli rappresenta, in modo più o meno deformato dai processi difensivi, la realizzazione di un desiderio inconscio.
«Il concetto di imago è dovuto a Jung che descrive l’imago materna, paterna, fraterna. [...] L’imago è un prototipo inconscio di personaggi che orienta elettivamente il modo in cui il soggetto percepisce gli altri. [...] Essa non va intesa come un riflesso del reale, neppure più o meno deformato; per esempio, l’imago di un padre terribile può benissimo corrispondere ad un padre reale molto mite»
È opportuno soffermarsi a considerare le analogie e differenze tra questa due nozioni ………………………………………………………………………………………………………………………………

Secondo Anzieu (1976, p. 359) nel gruppo sono attivi in modo specifico alcuni fantasmi: il fantasma del gruppo-macchina è un fantasma che ha a che fare con l’angoscia di smembramento; certi silenzi sono legati all’angoscia ed al fantasma di divoramento; il fantasma di rottura rappresenta una specie di denominatore comune delle diverse disorganizzazioni possibili, da cui si sentono minacciati i partecipanti di un gruppo.
Non esistono soltanto “fantasmi di gruppo”, ma anche “fantasmi individuali” portati nel gruppo. Talora questi “fantasmi individuali” svolgono la funzione di punto di aggregazione e di organizzatori dell’intero gruppo. Missenard per primo ha introdotto il concetto di fantasma individuale inconscio in qualità di organizzatore psichico inconscio del gruppo. In questa teorizzazione di Missenard il fantasma individuale inconscio viene proposto da un membro del gruppo che si pone come persona centrale del gruppo stesso. Talora il fantasma può essere portato da uno dei membri talora da un altro.Secondo Anzieu (1976), mentre alcuni membri del gruppo possono riconoscersi nel fantasma specifico di uno di loro, per altri membri ciò non accade: dunque o si oppongono o ne propongono un altro. Questa situazione crea conflitti e, per evitarli, il gruppo tende a funzionare intorno ai fantasmi originari comuni a tutti. La struttura distributiva, permutativa e drammatica del fantasma è un paradigma della gruppalità psichica. L’idea, improntata alla logica degli insiemi ed alla grammatica, consiste nel fatto che il fantasma implica il principio di una distribuzione (ripartizione) di posizioni distintive e delle rispettive funzioni del soggetto, dell’oggetto e dell’azione.In francese l’enunciato del fantasma «Un bambino viene picchiato» viene reso con «On bat un enfant» (Si picchia un bambino), dove «On» (Si) rappresenta un posto indeterminato, che permette la distribuzione e la permutazione delle posizioni dei soggetti (chi picchia e chi viene picchiato).Questa distribuzione di posti e di funzioni nella scena del fantasma, determina ed assegna delle posizioni e delle funzioni ad esse correlate, nella scena del gruppo; la struttura distributiva dei fantasmi originari è in definitiva un organizzatore di tali legami. Una “costellazione emotivo-fantasmatica” è un dato insieme di emozioni e fantasie, generato dalla evoluzione di “O”, che a sua volta influenza il discorso e la comunicazione del gruppo. Un ruolo essenziale, nella costituzione di una data costellazione emotivo-fantasmatica, è giocato dalla scelta dell’analista e dei membri del gruppo, che portano il loro interesse su un certo insieme di elementi (attese, timori, emozioni, sentimenti, fantasie, pensieri), tra molti altri che rimangono sullo sfondo.
BIBL. ESSENZIALE: Anzieu D. (1976). Il Gruppo e L’inconscio. Borla, Roma, 1979; Anzieu D. Progrès et problèmes en theorie des groupes. Bull. de Psychologie, 1983-1984, Vol. 37, 1-5, pp.1-12. Bion W.R. (1977). Il cambiamento catastrofico. Torino: Loescher, 1981. Laplanche J. e Pontalis J.B. (1967). Enciclopedia della psicoanalisi. Roma-Bari: Laterza, 1973. Kaës R. (1993). Il gruppo ed il soggetto del gruppo. Roma: Borla, 1994; Kaës R. (1994). La parola ed il legame. Roma: Borla, 1995. J. Laplanche e J.-B. Pontalis, 1973, vol. I, pp. 224-225. Jung C.G. (1912). La libido. Simboli e trasformazioni. CGJ V. Anzieu D. (1976). Il gruppo e l’inconscio. Roma: Borla, 1979; Viola M. (1981). Fantasma originario, fantasia e rappresentazione in un gruppo analiticamente orientato. In Gruppo e funzione analitica, II, 3, pp. 47-56.

 

Questo è modello di gruppo – un modello cioè costruito ad immagine di una famiglia o eventualmente di una famiglia molto primitiva, come l’orda - ci è stato presentato da Freud in Totem e tabù. Vedremo, poi, che a questo modello in Freud, se ne associano altri. Successivamente, il modello del gruppo costruito ad immagine di una famiglia è stato ripreso da vari autori. Vediamo subito che cosa ha scritto Freud, ci occuperemo più avanti degli altri autori: Didier Anzieu, René Kaës, ………………

 

 

Freud e il gruppo in Totem e tabù (grafo)

 

 

  • La concezione del gruppo come insieme di elementi eterogenei

Partendo dalla versione del mito che vede la Sfinge come ultima trasformazione di una genealogia di mostri, l’accento è posto su una concezione del gruppo come un “tutto”, che è qualitativamente differente dalla somma delle singole parti eterogenee. Non si tratta qui di vedere i fratelli e i loro legami, oppure l’intreccio incestuoso che lega e confonde i membri di una famiglia appartenenti a diverse generazioni, ma di portare invece l’attenzione sul tutto di cui le persone fanno parte, sulle condotte e fantasie che tutti condividono, al di là dei differenti ruoli e posizioni. Vi è qualcosa che accomuna tutti, che è più fondamentale e meno articolato di uno scenario fantasmatica, che prevede ruoli differenziati.
Vogliamo mettere in evidenza, prima di tutto che questa concezione come insieme di elementi è propria della concezione di mostro come viene proposta dal mito della Sfinge e da altri miti classici. Ciò che è mostruoso, ma anche mirabile è il fatto che i pezzi disparati uniti insieme danno origine ad una nuova individualità dotata di vita.

 

Mostruoso e mirabile

 

Il termine “mostro”, pur designando una creatura inquietante, spaventosa, minacciosa, viene tuttavia utilizzato anche per indicare anche qualcosa di portentoso, incredibile, straordinario, fuori dal comune. “Mostro” viene “da mostrare” (dal verbo latino monstrare), mostrare qualcosa perché crea meraviglia, evoca stupore e un senso di mistero sulla sua stessa natura.
Il mostro non è soltanto un intreccio incestuoso, ma è anche una chimera risultante dall’unione di parti eterogenee e di diversi aspetti o entità differenti per livello e categoria, come l’unione di un animale con un dio, di un uomo con un animale, di bestie di specie diverse, o composizioni di altri elementi, che danno comunque un risultato originale, talvolta inquietante per la dissonanza fra le singole parti che vengono unite, ma che può essere ed è contemporaneamente mirabile nella rivelazione della sua totalità.

 

 

Il gruppo diverso dalla somma delle parti

(citazione di un brano originale di K. Lewin)

 

  • I legami che operano le trasformazioni tra parti e tutto

Dobbiamo fermarci a questo punto a considera i diversi tipi di legami che sono stati concepiti per dare conto della formazione del gruppo.
Questo tipo di legame può essere espresso dal concetto di interdipendenza di Kurt Lewin, da quello di legame verticale di Freud, di koinonìa di Fornari, di T-koinòn e la funzione gamma di Corrao, ecc. Si crea un legame per cui le varie parti sono non soltanto sono interrelate, reciprocamente solidali e interagenti ma anche acquistano caratteristiche che dipendono dal fatto che sono diventate parti di un tutto. Come vedremo più avanti, ciò che è molto caratteristico e particolare è il fatto che se si danno alcune condizioni le parti pur essendo diventate costituenti di un tutto mantengono le loro caratteristiche individuali, anzi in un cero senso le potenziano. In altre situazioni, invece, vi è una diminuizione, sin quasi all’annullamento degli individui.

 

I legami che uniscono le persone

 ed

i legami relativi alla trasformazione di un insieme in un tutto (grafo)

  • Freud: libido, identificazione
  • Bion: valenza, cooperazione
  • Pines: coerenza (Il cerchio di fuoco)

 

 

  • Conseguenze teoriche e tecniche dei due modi di vedere il gruppo

Quindi, sulla base delle genealogie mitologiche, vengono proposti due modi fortemente diversi di concepire il gruppo. Di conseguenza, sono diverse anche le opzioni teoriche e tecniche che derivano da questa bipartizione. Se consideriamo il gruppo secondo il modello familiare, il terapista, e talvolta il gruppo stesso, saranno investiti di funzioni “genitoriali”, per cui le tematiche che verranno esaminate e sviluppate saranno quelle della gelosia, del legame con le figure parentali, delle tappe di sviluppo individuale, della rivalità tra fratelli, ecc., e il riferimento al mito della Sfinge rimarrà essenzialmente nel contesto edipico, così come quest’ultimo è stato classicamente inteso nella tradizione psicoanalitica. Se, invece, adottiamo il modello che concepisce il gruppo come un “tutto”, qualitativamente diverso dalla somma delle parti, allora l’interesse sarà focalizzato soprattutto sulla relazione tra le parti e la totalità e sulle trasformazioni che da tale sistema dinamico derivano. In tal senso, verranno indagati i fenomeni collettivi, come gli assunti di base, che concorrono a caratterizzare il tutto, o come il pensiero di gruppo e lo sviluppo del gruppo di lavoro, quale espressione di una evoluzione di questa totalità, sostanzialmente corrispondente ad un differente livello di funzionamento mentale, sia sul piano individuale che su quello collettivo.

 

Fonte: http://www.psicologia1.uniroma1.it/repository/131/Sfinge&due-cnc-grp-08.doc

Sito web da visitare: http://www.psicologia1.uniroma1.it

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