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MOTIVAZIONE E REGOLAZIONE DELLE EMOZIONI
Il comportamento di ogni essere vivente è orientato al soddisfacimento di determinati bisogni e alla realizzazione di un certo numero di scopi mediante singole azioni o mediante attività coordinate.
I bisogni possono essere di varia natura, da quelli fisiologici (fame, sete, sonno ecc.) a quelli legati al vivere sociale, come il raggiungimento di un certo status ecc. Ma il rapporto fra organismo ed ambiente, fra spinte interne ed esterne, non è riducibile alle esigenze motivazionali, perchél’attività cognitiva, che consente di elaborare e scegliere la miglior strategia da adottare, e l’attività comunicazionale, con cui gli individui si comunicano le rispettive intenzioni, entrano a far parte del processo che attiva l’organismo per il raggiungimento degli obiettivi.
In quest’ottica oggi, a differenza del passato, si tende ad esaminare insieme motivazione ed emozione, come due facce di una stessa medaglia. L’emozione assume un ruolo di mediazione fra l’individuo e l’ambiente e questa mediazione può essere espressa a vari livelli: le espressioni facciali, la postura, la gestualità, la riflessione sul vissuto soggettivo ecc.
Lo studio della motivazione indaga il perché un dato comportamento venga attivato, lo studio dell’emozione indaga il come l’organismo reagisce a seconda che lo scopo venga raggiunto o meno.
Fra bisogni e desideri ed emozioni c’è una sottile differenza: le emozioni sono il risultato del controllo sugli eventi per capire se questi soddisfano o meno i bisogni, mentre questi ultimi non rientrano in un’attività di verifica.
Il collegamento tra motivazioni ed emozioni riguarda la potenzialità che le emozioni hanno di modificare la relazione organismo-ambiente.
Fino ad oggi ha prevalso un’altra linea teorica, che vedeva le emozioni come il regno della irrazionalità (e le motivazioni come il regno della creatività). Si pensava che le emozioni irrompessero nell’organismo a “guastarne” l’esecuzione dei piani, ad arrestare o a rallentare le azioni. Oggi sappiamo che così non è. Le emozioni, siano esse quotidiane come quelle dettate dalla curiosità o da una certa ansia “fisiologica”, oppure siano intense come quella che si prova davanti ad un ostacolo improvviso che ci appare sulla strada mentre guidiamo, ci consentono di regolare l’attenzione e di mettere in atto la strategia più adeguata e più economica. Certo, non tutto il regno delle emozioni è così funzionale. Esistono casi di disfunzionalità e riguarda il mondo della psicopatologia: le fobie, l’ansia generalizzata, la fobia sociale ecc.).
Secondo le teorie attuali, se si guarda all’organizzazione dell’esperienza emotiva di vedrà che l’elemento cognitivo c’è dall’inizio del processo stesso. Partendo da questa base, gli autori Ricci Bitti e Caterina propongono la descrizione di un sistema motivazionale-cognitivo-emotivo suddiviso in tre livelli gerarchici leggibili in due dimensioni: una filogenetica ed una ontogenetica.
In termini filogenetici, il livello più basso corrisponde agli organismi le cui strutture cerebrali sono meno evolute, per cui si parla di riflessi ed istinti per l’aspetto motivazionale, di risposte fisiologiche di adattamento (arousal) per quello emotivo, di schemi prefissati di comportamento (imprinting) e vie dirette subcorticali implicate per l’aspetto cognitivo e di struttura cerebrale, quindi di comportamento non appreso; il secondo livello corrisponde agli animali che vivono in gruppi sociali e che curano la prole, per cui si parla di motivazioni primarie, di emozioni fondamentali (tendenza all’azione, definizione di Frijda), di valutazione e conoscenza dell’ambiente da un punto di vista cognitivo, di un aspetto comunicazionale non verbale e del coinvolgimento della corteccia ed di comportamento prevalentemente non appreso; il terzo livello è quello della nostra specie, quella che possiede un linguaggio e una comunicazione complessi, per cui l’aspetto motivazionale vede un comportamento intenzionale diretto verso uno scopo e definito dal linguaggio (motivazioni secondarie), la descrizione attraverso etichette verbali del vissuto emotivo (emozioni secondarie), una valutazione delle regole sociali e dell’esperienza soggettiva per l’aspetto cognitivo, la comunicazione simbolica, cioè linguistica, un emisfero dominante ed una via di trasmissione corticale indiretta (nuove strutture) ed un comportamento (quasi esclusivamente) appreso.
In dettaglio.
I livelli della motivazione: riflessi, istinti e pulsioni. I riflessi sono singole azioni di risposta a stimoli interni o esterni, sono automatiche ed hanno una funzione regolatoria dell’organismo: sudorazione oppure alcuni riflessi del neonato (la suzione, la rotazione della testa verso una stimolazione esterna). Gli istinti sono una sequenza comportamentale, non appresa, non modificabile dall’apprendimento, stabile nelle sue fasi e uguale per tutti gli individui della specie, come la migrazione dei pesci. Le pulsioni nascono, anche, da una vivace contestazione avvenuta nei confronti della attribuzioni di istinti anche all’uomo. Allora, le pulsioni sono una forza interna all’organismo determinata dai bisogni quali fame, sonno, sete ecc. a cui l’uomo non attribuisce un significato universale e non risponde con sequenze comportamentali non apprese, non modificabili ed uguali per tutti. Le azioni vengono poi memorizzate e riattivate al ripresentarsi degli stessi bisogni. La disputa tra istinto e pulsione è oggi attenuata, perché è ormai sodato che l’uomo è fatto sia di biologia sia di esigenze sociali.
Le motivazioni sono primarie (bisogni fisiologici) e secondarie (bisogni nati con l’apprendimento), intrinseche (non sono legate ad uno scopo ma all’attività stessa, ad esempio lo studio per il piacere di imparare) ed estrinseche (legate ad uno scopo vantaggioso, ad esempi lo studio per prendere un buon voto). L’attività legata alle motivazioni si esplica su base gerarchica, ovvero se non sono soddisfatte le motivazioni primarie non può esserci ricerca di soddisfacimento di quelle secondarie. In relazione alla complessità dei bisogni dell’uomo, Maslow nel 1954 ha proposto un modello gerarchico che ben illustra quest’ottica: i bisogni umani sono divisi in 5 livelli a seconda della loro primarietà e dalla loro distanza dalle esigenze biologiche e fisiologiche, divisi in tre blocchi: bisogni primari, bisogni sociali e bisogni del Sé:
Bisogni fisiologici
Fame, sonno, sete, sesso ecc.
Bisogni di sicurezza e protezione
Ricerca delle figure parentali come protezione ed accadimento per crescere incolumi
Bisogni di amore e appartenenza
Appartenenza al gruppo sociale, esigenza di cooperazione, dare e ricevere amore
Bisogni di riconoscimento e rendimento
Riconoscimento dei meriti in relazione al ruolo, esigenza di essere produttivi e competenti
Bisogni di realizzazione del sé
Si realizza l’espressione delle proprie potenzialità
Secondo gli autori, è possibile aggiungere un altro livello identificato col bisogno di trascendenza, per cui l’individuo si sente parte di un ordine cosmico o divino.
Per Maslow i bisogni appartenenti ad un gruppo superiore richiedono l’esistenza di quelli del livello inferiore. Diverse ricerche hanno rilevato che anche il bisogno di cooperazione e di riconoscimento del ruolo esiste nelle altre specie animali, quelle più evolute. Invece, l’ultimo livello, quello della realizzazione del sé, implica una riflessione ed un’attività di astrazione del pensiero tipica solo della nostra specie.
Dal punto di vista della teoria, la motivazione è stata affrontata dalle varie scuole, dal comportamentismo (Watson e Tolman) al cognitivismo con Miller e Allport, i quali però operarono in un ambito comportamentista, Miller con gli esperimenti sui topi nella gabbia con metà pavimento elettrificato ed Allport elaborando l’autonomia funzionale delle motivazioni. Queste ricerche, senza niente togliere alla loro validità, avevano una visione della motivazione che non coglieva nessuna progettualità nel bisogno, definita dagli scopi del comportamento. Per la teoria cognitivista le motivazioni e i bisogni sono concetti dinamici, che cambiano in rapporto al sistema di norme e di valori e mutano in rapporto all’elaborazione delle informazioni provenienti dall’ambiente di cui l’organismo opera. C’è una continua ristrutturazione delle strategie e il cambiamento riguarda sia l’azione sia i bisogni.
Se i processi cognitivi vengono valutati nella loro dimensione evolutiva come delle capacità che diventano competenze, allora cambiano anche i bisogni e le motivazioni in base all’evoluzione della conoscenza della realtà e della comunicazione.
Freud
Lo studio della motivazione costituisce una linea di ricerca e di applicazione nella psicologia dei consumi. Le “interviste in profondità”, seguite all’iniziale entusiasmo della diffusione del modello psicoanalitico, sono uno strumento potente per differenziare gli aspetti motivazionali e hanno avuto, su piano storico, il grande merito di spezzare il legame fra motivazione e razionalità, evidenziando anche il ruolo dei fattori emotivi. Queste connessioni non riguardano solo la psicologia dei consumi, ma anche quella sociale e dei gruppi, oltre agli aspetti più privati del sé. Fenomeni quali il bisogno di prestigio, di conformismo o al contrario di resistenza alle pressioni del gruppo, sono fortemente influenzati dalle dinamiche emotive.
Questo si riflette bene nel campo della moda (abbigliamento, accessori ecc.), per cui si rilevano sia aspetti del sé sia aspetti sociali che contribuiscono a rafforzare il bisogno di indossare un vestito alla moda. Gli abiti definiscono una certa identità sociale e, al tempo stesso, sono anche un’espressione di individualità.
Un altro campo di applicazione è quello della motivazione al lavoro. Shein, vent’anni dopo, ha elaborato un modello che rispecchia l’ossatura gerarchica di quello di Maslow: il raggiungimento del secondo livello si ha solo dopo aver superato il primo. Per Shein i livelli sono tre:
razionale economico, le motivazioni sono di ordine economico;
sociale, in cui si soddisfa il bisogno di affiliazione, cioè di sentirsi parte di un gruppo;
autorealizzazione, in cui si soddisfa il bisogno di competenza e di partecipazione ai processi decisionali.
Le emozioni sono senz’altro sistemi complessi costituiti da varie componenti che si attivano contemporaneamente: i vissuti soggettivi che danno una valenza positiva o negativa al vissuto emotivo; le modificazioni fisiologiche che preparano il soggetto ad agire; le caratteristiche espressivo-motorie, le espressioni facciali, corporee con cui segnaliamo all’altro le nostre emozioni e le nostre intenzioni. Le emozioni hanno un valore adattivo come risposta alle sollecitazioni ambientali.
Nello studio sull’emozione umana si è proseguito seguendo due direttici: una ha evidenziato come il rapporto interattivo e dinamico degli individui con mondo esterno dia vita a passioni e sentimenti che caratterizzano la vita dell’individuo; l’altra ha esaminato singoli episodi emotivio, analizzandone le espressioni motorie. Questa differenza di orientamento si ha perché le emozioni hanno una componente di attivazione fisiologica, in parte non controllabile (SNC; SNA, sistema endocrino) e una componente verbale (cognitiva). Inoltre, le emozioni predispongono l’organismo ad agire, componente espressivo-motoria, e consentono una riflessione soggettiva dell’esperienza e del vissuto emozionale.
Le prospettive che si sono delineate negli studi sono quattro:
la prima è quella di James e Lange e definisce la componente fisiologica, per cui la valutazione cognitiva dell’emozione si ha dopo le risposte espressivo-motorie;
la seconda è quella evoluzionistica darwiniana, che studia l’aspetto espressivo-motorio, con le ricerche sull’espressività universale delle emozioni;
la terza è una prospettiva cognitivista che vede le emozioni inserite nel contesto di interazione tra individuo e ambiente e studia le componenti cognitive e motivazionali;
la quarta è quella del costruttivismo sociale per cui le emozioni non sono solo esperienze private ma evolvono e mutano a seconda del contesto storico e sociale.
Le teorie dell’istinto puntano sui comportamenti innati del tutto simili ai pattern comportamentali delle altre specie animali. I comportamenti istintivi non sono modificabili dall’apprendimento, sono stabili e rigidi, sono universali cioè valgono per tutti gli individui della specie. Queste teorie sono difficili da applicare all’uomo.
Le teorie della riduzione della pulsione chiamano in causa le pulsioni primarie (fame, sete ecc.) che però non mettono in moto la stessa attività comportamentale. La teoria di Cannon, poi elaborata da Bard, sosteneva che l’attivazione della risposta espressivo-motoria e di quella di valutazione cognitiva erano contemporanee. Secondo Cannon la necessità di soddisfare i bisogni (di ridurre le pulsioni, appunto) punta al ristabilimento di un equilibrio omeostatico. Cannon individuò anche il circuito cerebrale che viene attivato dalle emozioni, la regione talamica, a cui poi fu aggiunta, da Papez, l’amigdala ed altre regioni fino ad individuare il circuito libico (MacLean). Ma le teorie dell’arousal, al contrario, sostengono che l’organismo non cerchi la riduzione delle pulsioni ma tendono a mantenere il livello di arousal (di attivazione dei circuiti fisiologici, SNC, SNA e sistema endocrino) ottimale e non a ridurlo.
Secondo le teorie costruzionistiche (Harré), speculari a quelle evoluzionistiche, si sostiene che le emozioni possano esser comprese solo in rapporto all’ordine culturale. Sono il linguaggio e i valori di una società a determinare le emozioni, prova ne è che alcune di esse sono sparite dal vocabolario e dal circuito emotivo (l’accidia). Le emozioni sono il frutto di un lungo lavoro etnocentrico fatto da psicologi occidentali, tanto che in altre culture, come per esempio in quella eschimese, non esiste l’emozione della rabbia.
Lazarus e Frijda, psicologi di matrice cognitivista, hanno sostenuto, in polemica con Zajonc, la necessità di una pur minima elaborazione cognitiva dell’emozione per riconoscerla come tale.
Le teorie dell’appraisal, termine coniato da Magda Arnold nel 1960, ritengono le emozioni come fenomeni adattivi che spingono all’azione. L’appraisal è un sistema doppio: si percepisce e si valuta lo stimolo e ci si prepara all’azione. Si ha una valutazione concettuale e un’attivazione fisiologica. Questi due canali collaborano, fornendo tutte le necessarie informazioni all’individuo.
La teoria psicoanalitica di Sigmund Freud ha affrontato il tema delle emozioni (e delle pulsioni) definendone la chiara ambivalenza e la loro durata tutt’altro che breve.
È provato che le emozioni abbiamo un forte impatto fisico. Il SNA che controlla la muscolatura involontaria, come il cuore, è composto da due sistemi: uno di attivazione (simpatico) e uno di inibizione (parasimpatico). Muovendosi dalla teoria centrale di Cannon, per cui tutte le emozioni hanno lo stesso pattern di attivazione fisiologica, Schachter e Singer, negli anni Sessanta, fecero un interessante esperimento. Al gruppo sperimentale iniettarono una sostanza stimolante del SNA, mentre al gruppo di controllo iniettarono una sostanza neutra. Al gruppo sperimentale furono dette due cose diverse: ad alcuni fu detto che la sostanza non aveva effetti (gruppo dei disinformati) e ad altri fu detta la verità (gruppo degli informati). Ad entrambi fu detto che l’esperimento consisteva in una prova di acuità visiva. Mentre i soggetti, in una sala d’aspetto, attendevano di esser chiamati, un complice dei ricercatori entrava nella stanza mostrandosi euforico oppure aggressivo. Il gruppo dei disinformati reagì piegando il proprio comportamento all’emozione espressa dal complice. Il gruppo degli informati sapeva di avere una sostanza che gli attivata fisiologicamente e niente accadde al gruppo di controllo. Questo esperimento fu fatto a sostegno della teoria cognitivo-attivazionale, per cui l’attivazione fisiologica è generica e può esser piegata verso qualsiasi emozione. Il noto esperimento è stato, successivamente, sottoposto a significative critiche di ordine metodologico.
Le emozioni hanno un forte impatto anche sulla memoria. Eventi emotivamente significativi sono ricordati a lungo e con grande accuratezza di dettagli. Dall’altra parte, si tenderebbe ad attribuire ai ricordi emozioni che rispecchiano lo stato emozionale attuale al momento della rievocazione (effetto congruenza).
L’influenza delle emozioni sulla memoria è dovuta anche al fatto che un evento traumatico è rivissuto nella memoria e, a volte, raccontato spesso, mettendo quindi in moto il meccanismo della reiterazione.
Le emozioni sono associate a brusche violazioni delle aspettative e generano un sentimento di incontrollabità, per cui ci vuole un serio lavoro cognitivo per ristabilire l’equilibrio. Le emozioni, inoltre, producono un effetto sociale di sostegno e di intimità.
Fonte: http://web.tiscali.it/mhrlp/eds/motivazione_emozione.doc
Sito web da visitare: http://web.tiscali.it/mhrlp/eds
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
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