Rocce magmatiche ignee eruttive

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Rocce magmatiche ignee eruttive

 

ROCCE MAGMATICHE

Le rocce Magmatiche (o ignee o eruttive) si formano per la solidificazione di un fuso, generalmente silicatico, in seguito a raffreddamento più o meno rapido della massa fusa stessa. Queste rocce si possono formare sia sulla superficie terrestre che in profondità all'interno della crosta e del mantello. Prima di osservare le modalità di raffreddamento e solidificazione dei magmi, é importante vedere come e perché tali fusi possano formarsi. (problema: come può una roccia formatasi in profondità all'interno della crosta essere attualmente esposta sulla superficie terrestre?)
I magmi si formano per fusione parziale di rocce preesistenti, a causa di aumenti anomali di temperatura che avvengono in profondità in corrispondenza di particolari aree terrestri, sia di tipo continentale che oceanico. Per valutare come un fuso possa formarsi, e perché questo avvenga in circostanze speciali, é utile fare riferimento ai concetti di geoterma e di curva di fusione  (figura). Le geoterme, sia continentale che oceanica, sono solitamente localizzate nel campo P-T pertinente alla roccia solida; solo in condizioni particolari (elevati flussi di calore, presenza di acqua nella roccia) le geoterme potranno intersecare la curva di fusione iniziale (o solidus): in questo caso la roccia potrà fondere. Il meccanismo di fusione parziale (o anatessi) é in grado di generare fusi magmatici sia nella crosta (sialica) che nel mantello superiore (peridotitico).
Una volta formatosi il magma tenderà, a causa della sua densità minore rispetto alle rocce circostanti, a risalire spontaneamente. Durante la risalita, venendo a contatto con rocce più fredde, il magma cederà calore raffreddandosi e iniziando i processi di cristallizzazione: in base alla sua velocità di risalita esso sarà in grado o meno di fuoriuscire sulla superficie (condizioni vulcaniche o effusive). Se il magma non trova una via verso la superficie e cristallizza in profondità si parlerà di condizioni plutoniche o intrusive. Vari fattori influiranno sulla possibilità di risalita del magma: fratturazione delle rocce sovrastanti, densità, viscosità, temperatura e composizione del fuso. Alcuni di questi fattori sono interdipendenti: ad esempio la viscosità é funzione del grado di polimerizzazione dei tetraedri SiO44-, che é a sua volta legato alla composizione del fuso (più o meno ricca in silice) ed alla temperatura. Minore la temperatura, maggiore sarà la viscosità del fuso e maggiore la sua difficoltà a risalire all'interno della crosta.
Le due diverse condizioni di solidificazione (vulcanica e plutonica) implicano differenze sostanziali in due parametri molto importanti: pressione e velocità di raffreddamento. Il primo parametro determina l'associazione mineralogica che si formerà per cristallizzazione (si veda oltre); il secondo avrà conseguenze fondamentali sulla struttura della roccia. I caratteri strutturali comprendono dimensioni e forma dei minerali ed i rapporti tra i costituenti della roccia, vetro compreso. La struttura di una roccia magmatica riflette le condizioni nelle quali questa é solidificata, ed in particolare il tempo a disposizione per raffreddarsi e la capacità di conservare il proprio contenuto volatile fino agli ultimi stadi del raffreddamento (si veda oltre). E' chiaro che la velocità di raffreddamento del magma sarà più bassa, e di conseguenza il tempo di raffreddamento più lungo, se il fuso é circondato da rocce solide relativamente calde, quindi in condizioni plutoniche.
STRUTTURA
Se consideriamo gli aspetti strutturali (o tessiturali) delle due sottocategorie di rocce magmatiche in relazione alle condizioni di solidificazione (figura), possiamo dire che le rocce intrusive saranno caratterizzate da una struttura olocristallina granulare: questi due termini indicano rispettivamente la completa cristallizzazione del fuso, ed una grana visibile ad occhio nudo. Viceversa le rocce effusive avranno una struttura ipocristallina, solitamente porfirica o, più raramente vetrosa. Il termine porfirico indica la presenza di cristalli di dimensioni maggiori (fenocristalli) immersi in una matrice a grana più minuta o vetrosa. La forma dei minerali puo esser definita da facce cristalline ben sviluppate (minerale idiomorfo o euedrale) o al contrario da contorni irregolari (minerale allotriomorfo). La grana dei cristalli può essere grossa (>5mm), media (tra 5 e 1 mm) o fine (<1mm). Si tenga presente che esistono condizioni di formazione intermedie a quelle effusive ed intrusive, che sfumano nell'una o nell'altra categoria: si tratta di ambienti superficiali denominati subvulcanici o ipoabissali. Rocce formatesi in queste ultime condizioni avranno caratteristiche strutturali intermedie: o granulari a grana fine, oppure porfiriche ma generalmente prive di vetro.
COMPOSIZIONE CHIMICA DELLE ROCCE MAGMATICHE
La composizione chimica dei magmi, seppur variabile, viene descritta da un numero non molto grande di ossidi fondamentali: SiO2, Al2O3, FeO, Fe2O3, MgO, CaO, Na2O, K2O, TiO2, H2O. Se consideriamo (figura) un diagramma di variazione degli ossidi in funzione del contenuto in SiO2, si osserva che:
1) La silice (SiO2) é, come anticipato, l'ossido più abbondante nelle rocce magmatiche (da 40 a oltre 70%), e solo MgO può assumere valori superiori al 20% (fino a 45). Tutti gli altri ossidi hanno concentrazioni inferiori a 10-15%.
2) La concentrazione di alcuni ossidi (Na2O, K2O) aumenta parallelamente a quella della silice (correlezione positiva), quella del MgO diminuisce (correlazione negativa), ed infine quella di CaO, Al2O3, FeO e Fe2O3 é dapprima in aumento e poi in diminuzione. Al2O3 é comunque il secondo ossido in ordine di abbondanza in rocce ad alto tenore in silice: questo sta ad indicare che rocce ricche in silice saranno anche ricche in Al2O3, Na2O e K2O e povere in MgO, e viceversa.
Come si é visto, il contenuto in silice é il parametro che esibisce la più grande variazione assoluta nelle rocce magmatiche; é perciò naturale che questo sia preso come criterio chimico distintivo di vari tipi di roccia. Sulla base del tenore in silice si avranno rocce acide o persiliciche (SiO2 > 65%), rocce intermedie o mesosiliciche (SiO2 compreso tra 52 e 65%) e rocce basiche o iposiliciche (SiO2 < 52%). Se il contenuto in silice diminuisce al di sotto del 43% avremo le rocce ultrabasiche (saranno molto ricche in MgO!)
La fase volatile (per la maggior parte H2O) è un costituente fondamentale del fuso magmatico, fornendo ad esso la possibilità di cristallizzare minerali contenenti (OH) (minerali idrati o ossidrilati). La quantità di volatili nel fuso, e la possibilità di trattenere i fluidi fino agli ultimi stadi della cristallizzazione dipendono dal chimismo globale del magma (fusi più acidi possono ospitare una maggior quantità di acqua) e, in misura preponderante e con proporzionalità diretta, dalla pressione. L'influenza della pressione sul contenuto in acqua (solubilità) nel magma ha riflessi immediati sul comportamento durante il raffreddamento in condizioni plutoniche o vulcaniche. Mentre magmi plutonici, cristallizzanti ad elevate pressioni, potranno contenere elevate quantità di fluido, fusi che si trovano a pressione ambiente sulla superficie terrestre (lave) saranno costretti a rilasciare (più o meno violentemente) il proprio contenuto in volatili. Rocce effusive saranno tipicamente povere o prive di minerali idrati (biotite, orneblenda), e provviste di vescicole e bolle gassose.
MINERALI DELLE ROCCE MAGMATICHE
Si tratta per la maggior parte di silicati, dato che il magma é un fuso silicatico. Sono presenti comunque altri composti, generalmente in quantità molto modeste; queste fasi accessorie possono però essere molto importanti dal punto di vista economico. Tra le fasi più importanti dal punto di vista quantitativo viene generalmente operata la distinzione in minerali scuri (o mafici o femici, ricchi in Mg e Fe) e chiari (o sialici, ricchi in Si e Al). Tra i minerali femici fondamentali ricordiamo olivina, pirosseni (orto- e clino-), anfiboli (orneblenda), biotite. Tra quelli sialici i plagioclasi, i feldspati alcalini, il quarzo e i feldspatoidi. Questa distinzione non é puramente cromatica, ma riflette le caratteristiche chimiche generali dei minerali e delle rocce che li contengono. Ne deriva che rocce basiche conterranno prevalentemente minerali femici, e potranno anche venir chiamate femiche; viceversa rocce acide (o sialiche, ricche in Si e Al) conterranno prevalentemente minerali sialici.
Se le condizioni ambientali di raffreddamento determinano la grana dei minerali ed i loro rapporti reciproci (struttura), il tipo di fasi mineralogiche che si formerà é invece determinato (oltre che dalla composizione globale del fuso e dalla pressione di cristallizzazione) dalle condizioni di temperatura. Il comportamento dei minerali durante le cristallizzazione e l'influenza del parametro temperatura sono stati studiati e schematizzati da BOWEN, che ha elaborato il concetto di serie di reazione, continua e discontinua, come rappresentativo dell'evoluzione mineralogica durante la cristallizzazione (figura). Possiamo brevemente riassumere i presupposti, le osservazioni e le implicazioni delle teorie di Bowen nei paragrafi seguenti.
La cristallizzazione dei magmi non avviene ad una temperatura definita, ma lungo un intervallo di temperatura variabile dai 1400 ai 500°C. Inoltre esiste un ordine cronologico di cristallizzazione dei minerali; questa cronologia riflette essenzialmente valori di temperatura decrescenti: avremo perciò minerali di formazione precoce, tipici di alta temperatura, ed altri tardivi, che si formano a T più bassa.
Durante il raffreddamento i cristalli già formati non sono più in equilibrio chimico con il liquido rimasto, e devono avvenire delle reazioni. Bowen ha individuato due serie: una di reazione discontinua comprendente tutte le fasi femiche, con l'olivina e la biotite come prima ed ultima fase di cristallizzazione rispettivamente, ed una di reazione continua dei plagioclasi, che parte da termini calcici di alta temperatura e si evolve verso composizioni più sodiche. La distinzione tra serie continua e discontinua é data dal fatto che mentre i plagioclasi costituiscono una famiglia isomorfa con completa miscibilità all'interno e possono cambiare composizione con continuità, i minerali femici devono reagire tra loro creando nuove fasi dalla struttura cristallina completamente riorganizzata.

CRITERI DI CLASSIFICAZIONE DELLE ROCCE MAGMATICHE
Come già anticipato, una prima suddivisione delle rocce magmatiche può venire effettuata sulla base del contenuto in silice: otteniamo i campi delle rocce acide, intermedie, basiche ed ultrabasiche. Questo criterio é di tipo chimico, e verrà ripreso oltre nella trattazione e descrizione più dettagliata delle rocce effusive. Il secondo criterio classificativo fondamentale é quello mineralogico, che si fonda sul riconoscimento dei minerali presenti nella roccia e nella stime delle abbondanze di questi.
Va tenuto conto che i due criteri non sono separati: la composizione chimica e quella mineralogica di una roccia sono strettamente collegate e riflesse l'una nell'altra. La necessità di usare due criteri distinti (chimico e mineralogico) emerge però dalle nette differenze esistenti tra rocce effusive e rocce intrusive, che rendono alternativamente inapplicabili l'uno o l'altro metodo. Le rocce effusive molto spesso contengono vetro, perché i minerali non hanno avuto il tempo di formarsi: in questo caso il criterio classificativo chimico sarà ideale. Le rocce intrusive, completamente cristallizzate, consentiranno  una facile valutazione delle abbondanze dei minerali, senza che dispendiose analisi chimiche vengano effettuate.
Per attuare una classificazione su base mineralogica dobbiamo essere in grado (o tentare) di riconoscere macroscopicamente i minerali principali delle rocce magmatiche. Ci si basa su alcune caratteristiche quali colore, lucentezza, forma (o abito), presenza di sfaldature o solubilità in acido.
Quarzo: lucentezza vitrea, incolore, solitamente allotriomorfo, durezza  Mohs = 7 NON sfalda
Feldspati (Plagioclasi e Feld. Alcalini): bianchi (in alcuni casi il feldspato potassico può assumere colorazione rosa o viola), da idiomorfo (abito tabulare) a allotriomorfo. Sfaldature a circa 90° (superfici a gradinata)
Olivina: colore verde, aspetto vetroso, abito molto tozzo o isodiametrico
Pirosseni: neri (ortopirosseni e augiti) o verde bottiglia (diopside), abito prismatico tozzo, sfaldature a 90° circa
Anfiboli: neri (orneblende) o verdi (tremolite-attinolite) in funzione della composizione, abito prismatico allungato, sezioni a losanga con doppio sistema di tracce di sfaldatura a circa 120°
Biotite: nera, abito lamellare, molto lucente nella sezione basale pseudoesagonale, sfaldatura fittissima
Muscovite: incolore, lucentezza madreperlacea, abito e sfaldature come la biotite

Calcite: incolore o bianca, abito romboedrico, durezza Mohs = 3, solubile in HCl diluito a freddo, SFALDA molto bene
Dolomite: come la calcite, ma NON solubile in HCl diluito a freddo
più rari:
Granato: generalmente isodiametrico (tendenzialmente sferico), rosato o rosso nei termini ricchi in almandino
Staurolite: marron più o meno intenso, abito prismatico tozzo
Cianite: azzurra, abito prismatico allungato
Tormalina: nera, a sezione trigonale, abito prismatico allungato
Feldspatoidi (nefelina, leucite, etc): bianchi, isodiametrici o prismatici tozzi a base esagonale (sezioni rettangolari o esagonali)
LE ROCCE INTRUSIVE
Le rocce intrusive (o plutoniche) hanno sempre una struttura olocristallina granulare, talvolta porfirica se sono presenti fenocristalli di alcuni minerali maggiormente sviluppati rispetto alla matrice circostante (anch'essa completamente cristallizzata!).
Il colore delle rocce intrusive é un parametro utilizzato per dare loro un'inquadramento classificativo iniziale e qualitativo; in particolare viene definito un INDICE di COLORE, come la percentuale in volume dei minerali scuri della roccia. L'indice di colore varierà tra 0 e 100%, e sarà tanto maggiore quanto più elevata è la presenza di minerali femici (olivina, pirosseni, orneblenda, biotite). L'indice di colore viene generalmente stimato ad un esame macroscopico; la valutazione così effettuata é generalmente soggetta ad errori, indotti particolarmente dalle variazioni di grana della roccia: a parità di contenuto in minerali femici, una roccia a grana fine sembrerà più scura di una a grana grossa (inducendo ad una sovrastima dell'indice di colore). La definizione dell'indice di colore va applicata esclusivamente alle rocce intrusive. Il colore delle rocce effusive è estremamente variabile anche a chimismo costante, e trae generalmente in inganno.

CLASSIFICAZIONE DELLE ROCCE INTRUSIVE
Per dare un nome ad una roccia magmatica, una volta individuatane la natura intrusiva (struttura olocristallina granulare), si dovrà operare una sequenza di osservazioni, che consentiranno in seguito di scegliere tra i vari diagrammi classificativi a disposizione. Il criterio usato é mineralogico, e si basa sull'analisi modale (analisi della distribuzione percentuale dei diversi minerali presenti) della roccia. I vari stadi di osservazione sono i seguenti:
1) Distinguere i minerali femici da quelli sialici, e valutare la percentuale dei femici (definita M).
2) Se M>90, la roccia (molto scura) apparterrà alla categoria delle rocce ULTRAFEMICHE o ultramafiche.
Se M<90 la roccia verrà classificata secondo lo schema classificativo di Streckeisen, che si basa sui rapporti percentuali tra i minerali chiari. Tra le rocce qui annoverate vi saranno sia le iposiliciche, che le meso- e le persiliciche. Infatti in tutti questi tipi di rocce i minerali chiari sono sempre maggiori al 20%.
3) Se la roccia é ultrafemica, vedere quale minerale femico é il suo componente maggiore; si avranno PIROSSENITI, ORNEBLENDITI e PERIDOTITI (o duniti) a seconda che il femico principale sia rispettivamente pirosseno, orneblenda o olivina.
4) se la roccia non é ultrafemica, bisognerà ossrvare i minerali chiari, e ripartirli nelle quattro categorie Q (quarzo), A (feldspati alcalini), P (plagioclasi non albitici) e F (feldspatoidi).
IL DIAGRAMMA QAPF DI STRECKEISEN
Se si considera che esiste una incompatibilità chimica tra Q e F (cioé non si trovano rocce contenenti contemporaneamente quarzo e feldspatoidi), le rocce non ultrafemiche saranno composte, a livello di minerali chiari, da composizioni che ricadono o nella terna QAP o viceversa in quella APF (rocce rispettivamente sovrassature o sottosature in silice). Noi considereremo la prima categoria (triangolo QAP) perché la maggior parte delle rocce plutoniche vi ricade. Come in ogni diagramma compositivo triangolare, le quantità dei vari minerali vanno normalizzate a 100.
Il triangolo QAP (figura allegata) é suddiviso in campi che corrispondono ai vari tipi di roccia. I campi sono separati da linee ad ugual contenuto in quarzo (linee orizzontali parallele al lato AP) e da linee ad ugual valore del rapporto A/(P+A) (linee diagonali che convergono verso l'apice Q). L'uso e la lettura del diagramma sono immediati; va solamente aggiunto che:
- la linea del 5%Q suddivide i campi delle alcalisieniti, sieniti, monzoniti, monzodioriti e monzogabbri in due sottocampi: le rocce che si proiettano nel sottocampo superiore (Q>5%) avranno il prefisso quarzo- (ad es. quarzo-sienite)
- la distinzione tra gabbro e diorite (rocce nelle quali il componente chiaro è quasi essenzialmente P) va fatta sulla base del contenuto di Anortite del plagioclasio: se An<50% si parla di diorite, e viceversa.
- rocce la cui composizione si proietta nel campo al di sopra di Q=60% non si trovano in natura; non hanno perciò un nome ufficiale.
E' chiaro che, passando da sinistra a destra nel triangolo QAP, la percentuale di A diminuisce sino ad essere praticamente nulla nella tonalite e nel gabbro. In modo analogo il contenuto in Q (quarzo) sarà maggiore nel sienogranito che nella sienite (quest'ultima potrebbe essere totalmente priva di Q).
Altre indicazioni classificative non implicite nel diagramma QAPF, ma che derivano da considerazioni sulla modalità di cristallizzazione delle varie fasi mineralogiche sono:
- la percentuale dei minerali femici (equivalente all'indice di colore) aumenta spostandosi verso il vertice P nel diagramma.
- la percentuale di anortite nel plagioclasio aumenta nello stesso modo: nel granito il plagioclasio sarà di tipo albite-oligoclasio, nella diorite di tipo andesina, nel gabbro vi sarà labradorite.
- il tipo di minerali femici che completa l'associazione mineralogica della roccia varia, coerentemente con la Serie discontinua di Bowen, nei vari tipi di roccia plutonica. Il granito conterrà biotite come femico caratteristico, il gabbro avrà pirosseno o orneblenda. L'olivina è tipica delle rocce ultrafemiche e di alcuni gabbri.
Le osservazioni sopraelencate sono molto utili nella classificazione delle rocce e nel dedurre la loro storia di formazione. Esse sono sintetizzate schematicamente nelle due figure allegate: la prima indica i valori medi di indice di colore delle principali rocce intrusive, in funzione del tipo di roccia e della abbondanza e tipo di minerali presenti; la seconda espone uno schema semplificato della cristallizzazione delle rocce magmatiche, mettendo in evidenza i legami che esistono tra fasi mineralogiche, composizione chimica globale del magma, variazione compositiva del plagioclasio, temperatura, e tipo di roccia prodotta.
L'approccio mineralogico alla classificazione delle rocce intrusive (classificazione modale) soffre di un problema principale: l'impossibilità di distinguere A e P quando il feldspato potassico non ha la colorazione rosata. Infatti I feldspati sono generalmente bianchi. Ecco che sui rende necessaria l'analisi modale eseguita al microscopio, mediante la quale la distinzione tra A, P, Q e F é più agevole e più precisa. Non potendo effettuare indagini sofisticate durante il riconoscimento macroscopico, l'attribuzione di un nome alla roccia avrà sempre un grado più o meno grande di incertezza. Oltre che considerare i minerali chiari, ci si può aiutare però anche con l'osservazione dei femici, ricordando che la loro presenza é regolata dagli schemi già visti. Perciò, nell'impossibilità di discriminare tra A e P in una roccia ricca in Q (nella fascia tra 20 e 60%Q), sarà utile ricordare che se il femico principale é biotite la roccia sarà con molta probabilità un granito; se invece il minerale scuro é orneblenda, si tratterà di una tonalite. Queste sono indicazioni di massima e sono soggette ad eccezioni; nonostante ciò possono tornare di grande utilità.


CLASSIFICAZIONE DELLE ROCCE EFFUSIVE
Come anticipato, la classificazione delle rocce vulcaniche viene effettuata su base chimica. Questo perché la frequente incompleta cristallizzazione di queste rocce, a cui si accompagna la grana fine o l'origine vetrosa della matrice, rendono impossibile o erronea la stima delle abbondanze relative dei vari minerali. Perciò, sebbene sia stata proposta una classificazione su base mineralogica (doppio triangolo QAPF anche per le rocce effusive) questa risulta inapplicabile a fini pratici. Del diagramma QAPF per le rocce effusive ricorderemo solamente le equivalenze terminologiche tra rocce plutoniche e vulcaniche che si proiettano nello stesso campo: si potrà quindi dire che la riolite é l'equivalente effusivo del granito, il basalto del gabbro, e così via. Questo parallelismo di terminologie é utile poiché mette in relazione due tipi di roccia (una effusiva ed una intrusiva) con uno stesso magma di partenza. Anche l'indice di colore é un parametro privo di significato per una roccia effusiva: il vetro può assumere i colori più svariati, anche in rocce aventi la medesima composizione.
Nonostante tutto, l'esame macroscopico delle rocce effusive é importante. Esse hanno frequentemente una struttura porfirica (olocristallina o ipocristallina) o talora vetrosa. A occhio nudo non saremo in grado di stabilire se la matrice fine sia cristallizzata o vetrosa; ci limiteremo quindi a stabilire da quali minerali siano costituiti i fenocristalli (se presenti). Ricordiamo che nelle rocce effusive sono molto rari o assenti i minerali idrati: sarà difficile trovare anfibolo o biotite. Nel caso essi siano presenti, sono cristallizzati probabilmente in condizioni profonde, e trascinati poi in superficie col fuso. Inoltre, il tipo di minerali che costituiscono i fenocristalli sarà regolato dalle serie di reazione di Bowen: saranno più comuni pirosseni e plagioclasio calcico, più rari i feldspati alcalini, ancor più il quarzo.
IL DIAGRAMMA T.A.S.
E' lo schema classificativo accettato universalmente per la classificazione delle rocce effusive. Il suo nome (Total Alkali/Silica) indica anche come il diagramma é costruito: in ascissa la percentuale in peso di SiO2, ed in ordinata quella di Na2O+K2O (gli alcali). L'attribuzione del nome alla roccia é immediata se si hanno a disposizione i dati relativi all'analisi chimica della roccia stessa. In ascissa è subito evidente anche la suddivisione delle rocce, in base al tenore in silice, da ultrabasiche ad acide.
Nel diagramma TAS possono essere individuate tre Serie di rocce effusive, che corispondono a gruppi di rocce, di composizione variabile da basica a intermedio-acida, che si trovano associate temporalmente e spazialmente in natura (ad esempio all'interno di un singolo vulcano). Non possiamo discutere sul significato delle Serie e su come esse si formano; basti sapere che esse rappresentano l'evoluzione di un magma progenitore (o capostipite) di tipo basico, che da origine a dei magmi differenziati più acidi. Sulla base della percentuale di alcali a parità di silice, le Serie saranno denominate Subalcalina o Calcalcalina (da basalto a riolite), moderatamente alcalina (da trachibasalto a riolite alcalina o trachite) e fortemente alcalina (da basanite a fonolite). Si noti la corrispondenza tra queste serie e i gruppi di campi ad andamento circa orizzontale nel diagramma QAPF.
Della serie subalcalina (che contiene le rocce più comuni) osserveremo il basalto e la riolite (ha molte varietà tra cui il porfido). Qualora si possano osservare i fenocristalli, il basalto conterrà pirosseno e/o plagioclasio; la riolite avrà spesso fenocristalli di feldspato alcalino (sanidino, anortoclasio) e quarzo. Vi può essere un po' di biotite.
Della moderatamente alcalina vedremo la trachite: questa roccia, che é comune nei Colli Euganei e lastrica molte delle nostre strade e piazze, contiene tipicamente dei fenocristalli tabulari di sanidino, altri feldspati e biotite.
Nelle rocce della serie fortemente alcalina saranno abbondanti i fenocristalli di feldspatoidi (leucite KAlSi2O6 nella serie alcalino-potassica o nefelina NaAlSiO4 in quella alcalino-sodica). Questi tipi di rocce, relativamente poco abbondanti, sono comuni nei prodotti del vulcanesimo laziale e campano.
LE PEGMATITI
Questo particolare tipo rocce si genera in condizioni intrusive, e le pegmatiti accompagnano generalmente plutoni di tipo "granitico" in senso lato. Le pegmatiti si formano generalmente in giacitura "filoniana", cioè in corpi di tipo tabulare, prodotti dall'iniezione del magma (o meglio dei fluidi residui, come vedremo in un istante) all'interno di fratture circostanti il plutone.
Per quanto riguarda il loro aspetto macroscopico, le pegmatiti sono caratterizzate dalla grana molto grossa dei minerali che le compongono: non di rado essi superano il decimetro, ed in casi eccezionali sono stati rinvenuti cristalli della lunghezza di oltre dieci metri! Altra caratteristica strutturale tipica delle pegmatiti é la compenetrazione dei cristalli. La mineralogia delle pegmatiti comprende, oltre ai minerali sialici tipici di bassa temperatura (quarzo, feldspato potassico, plagioclasio albitico, muscovite e biotite), anche una serie di minerali rari ed accessori nelle altre rocce intrusive, come berillo (smeraldo), tormalina, granato, topazio, miche di Litio, corindone, etc. Questi minerali fanno delle pegmatiti potenziali risorse di elementi e minerali rari e/o preziosi, dall'elevato interesse economico.
La formazione delle pegmatiti avviene durante gli ultimi stadi della cristallizzazione di un magma in condizioni intrusive. Per capire che cosa accade inqueste fasi, e le ragioni della struttura e mineralogia peculiare delle pegmatiti, si può fare riferimento alle curve di Niggli-Rittman, che mostrano gli andamenti della concentrazione in volatili e della tensione di vapore in funzione della temperatura del magma. Mentre la cristallizzazione avviene quasi completamente nello stadio ortomagmatico, con l'ulteriore diminuzione di temperatura si avranno contemporaneamente l'aumento marcato della concentrazione relativa in componenti volatili e l'aumento della tensione di vapore (stadio pegmatitico). Questo é dovuto al fatto che i componenti volatili presenti nel fuso (prevalentemente acqua) possono entrare nei reticoli cristallini dei minerali solo in minima parte, e si concentrano nel residuo. Il residuo magmatico arricchito in fluidi supercritici sarà, in base a quanto le serie di Bowen predicono, differenziato in senso sialico e alcalino, e avrà concentrati quegli elementi rari (Be, Li, F, etc.) che solitamente non sono vicarianti all'interno dei minerali comuni delle rocce magmatiche. Questi ultimi formeranno i minerali rari delle pegmatiti. La grana molto grossa delle pegmatiti é legata alla cristallizzazione in un presenza di abbondante fase fluida, che aumenta la mobilità degli elementi e la velocità di crescita dei cristalli.

Fonte: http://www.eurispet.eu/bernardo/magmatico.rtf

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