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“La Metafisica”
C’è una scienza che studia l’essere-in-quanto-essere e le proprietà che gli sono inerenti per la sua stessa natura. Questa scienza non si identifica con nessuna delle cosiddette scienze particolari, giacché nessuna delle altre ha come suo universale oggetto di indagine l’essere-in-quanto-essere, ma ciascuna di esse ritaglia per proprio conto una qualche parte di essere e ne studia gli attributi, come fanno, ad esempio, le scienze matematiche. E poiché noi stiamo cercando i principi e le cause supreme, non v’è dubbio che questi principi e queste cause sono propri di una certa realtà in virtù della sua stessa natura. Se, pertanto, proprio su questi principi avessero spinto la loro indagine quei filosofi che si diedero a ricercare gli elementi delle cose esistenti, allora anche gli elementi di cui essi hanno parlato sarebbero stati propri dell’essere-in-quanto-essere e non dell’essere-per-accidente; ecco perché anche noi dobbiamo riuscire a comprendere quali sono le cause prime dell’essere-in-quanto-essere.
Aristotele, Metafisica E, 1, G, 1, a cura di G. Giannantoni, Roma-Bari, Laterza, 1973.
“Dio come pensiero di pensiero”
[...] se esso [l’intelletto divino] non pensa nulla, in nulla verrebbe a risiedere la sua dignità ma esso si troverebbe nello stato di un uomo addormentato; se, invece, esso pensa ma pensa qualcosa che sia diversa da sé stesso, allora il suo pensiero viene a dipendere da qualche altra cosa, e in tal caso [...] esso non potrà essere la migliore delle sostanze, giacché la sua assoluta superiorità è sua proprietà solo in virtù del pensare. Inoltre, tanto nel caso che la sua sostanza si identifichi con l’Intelletto quanto nel caso che si identifichi col pensiero, qual è l’oggetto del pensiero? [...] E' chiaro, quindi, che esso pensa la cosa più divina e veneranda, e che non muta mai il suo oggetto [...]. Epperò l’Intelletto pensa sé stesso, se è vero che esso è il bene supremo, e il suo pensiero è pensiero di pensiero.
(Aristotele, Metafisica, in Id., Opere, a cura di G. Giannantoni, Bari, Laterza, libro lambda, 9)
“Scienza e Dimostrazione”
Se, pertanto, il conoscere è quale abbiamo posto, è necessario anche che la conoscenza apodittica proceda da cose vere, prime, immediate, più note, anteriori e cause della conclusione: ché in questo modo i principi saranno propri di ciò che si dimostra. [...] E chi vorrà possedere la scienza che procede mediante dimostrazione non soltanto deve rendere maggiormente noti i principi e credere maggiormente ad essi che a ciò che è dimostrato, ma nient’altro dev'essere per lui più credibile e più noto che gli opposti dei principi dai quali procederà il sillogismo dell'errore contrario, se davvero chi conosce in senso assoluto deve essere inamovibile.
(Aristotele, Analitici Secondi, in M. Zanatta, Organon di Aristotele, U.T.E.T., Torino, 1996, vol. II, pp. 11 – 14)
“I diversi tipi di sillogismo e la dialettica”
Ebbene, sillogismo è un discorso nel quale, poste alcune cose, qualcosa di diverso da ciò che è stabilito segue di necessità in forza di ciò che è stabilito. Vi è dunque una dimostrazione quando il sillogismo proceda da asserzioni vere e prime, oppure da asserzioni tali che hanno assunto il principio della conoscenza ad esse relativa in forza di certe asserzioni vere e prime; dialettico è invece il sillogismo che argomenta da opinioni notevoli. [...] E, complessivamente, su tutte le cose di cui abbiamo parlato e su quelle di cui, dopo queste, parleremo, ci basti aver definito in questa misura, poiché di nessuna di esse ci proponiamo di produrre la nozione rigorosa, ma vogliamo trattarne quanto basta in un abbozzo, ritenendo completamente sufficiente, secondo la presente trattazione, il poter riconoscere come che sia ciascuna di esse.
(Aristotele, Topici, in M. Zanatta (a cura di), Organon di Aristotele, U.T.E.T., Torino, 1996, vol. II, pp. 115 – 117)
“Il principio di non contraddizione”
[...] Il principio più sicuro di tutti è quello intorno al quale è impossibile essere nel falso. Questo principio è necessariamente il più conoscibile,[...] e non ipotetico, perché non è una ipotesi il principio che deve necessariamente possedere chi voglia comprendere una qualsiasi delle cose che sono, e quando si vuole arrivare a conoscere qualcosa, è necessario possedere già ciò che si deve necessariamente conoscere per conoscere una cosa qualsiasi. [...] È impossibile che la stessa cosa insieme inerisca e non inerisca alla medesima cosa e secondo il medesimo rispetto; e si aggiungano tutte le altre determinazioni che si potranno aggiungere per evitare difficoltà di carattere dialettico.[...]Nessuno può ritenere che la medesima cosa sia e non sia, come alcuni credono che dicesse Eraclito.
(Aristotele, Metafisica, a cura di C. A. Viano, Torino, U.T.E.T., 1974, pp. 272-273)
“L’Amicizia”
"L'amicizia è una virtù o s'accompagna alla virtù; inoltre essa è cosa necessarissima per la vita. Infatti nessuno sceglierebbe di vivere senza amici, anche se avesse tutti gli altri beni (e infatti sembra che proprio i ricchi e coloro che posseggono cariche e poteri abbiano soprattutto bisogno di amici; infatti quale utilità vi è in questa prosperità, se è tolta la possibilità di beneficare, la quale sorge ed è lodata soprattutto verso gli amici? O come essa potrebbe esser salvaguardata e conservata senza amici? Infatti quanto più essa è grande, tanto più è malsicura). E si ritiene che gli amici siano il solo rifugio nella povertà e nelle altre disgrazie; e ai giovani l'amicizia è d'aiuto per non errare, ai vecchi per assistenza e per la loro insufficienza ad agire a causa della loro debolezza, a quelli che sono nel pieno delle forze per le belle azioni. [...]
(Aristotele, Etica Nicomachea, trad. it. in Opere, vol. VII, Bari, Laterza, 1983, libro VIII, cap. 1, pp. 193-194)
“I tre tipi di amicizia”
"Tre dunque sono le specie di amicizie, come tre sono le specie di qualità suscettibili d'amicizia: e a ciascuna di esse corrisponde un ricambio di amicizia non nascosto. E coloro che si amano reciprocamente si vogliono reciprocamente del bene, riguardo a ciò per cui si amano. Quelli dunque che si amano reciprocamente a causa dell'utile non si amano per se stessi, bensì in quanto deriva loro reciprocamente un qualche bene; similmente anche quelli che si amano a causa del piacere. (...)L'amicizia perfetta è quella dei buoni e dei simili nella virtù. Costoro infatti si vogliono bene reciprocamente in quanto sono buoni, e sono buoni di per sé; e coloro che vogliono bene agli amici proprio per gli amici stessi sono gli autentici amici (infatti essi sono tali di per se stessi e non accidentalmente); quindi la loro amicizia dura finché essi sono buoni, e la virtù è qualcosa di stabile; e ciascuno è buono sia in senso assoluto sia per l'amico. Infatti i buoni sono sia buoni in senso assoluto, sia utili reciprocamente.
(Aristotele, Etica Nicomachea, cit., libro VIII, cap. 3, pp. 196-199).
Imprescindibilità della filosofia
.... se si deve filosofare, si deve filosofare e se non si deve filosofare, si deve filosofare; in ogni caso dunque si deve filosofare. Se infatti la filosofia esiste, siamo certamente tenuti a filosofare, dal momento che essa esiste; se invece non esiste, anche in questo caso siamo tenuti a cercare come mai la filosofia non esiste, e cercando facciamo filosofia, dal momento che la ricerca è la causa e l’origine della filosofia.
(Aristotele, Protrettico, fr.424, in Opere, a cura di G. Giannantoni, Roma- Bari , Laterza, 1973)
Fonte: http://anki.altervista.org/appunti/testi/antologia_Aristotele.doc
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