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Significato dei termini utilizzati nei libri
Pellicole bianco e nero le prime pellicole fotografiche bianco e nero furono prodotte su un supporto instabile ed infiammabile: il nitrato di cellulosa. Questo fu il primo film flessibile utilizzato per materiali fotografici, dapprima per la preparazione artigianale di lastre, verso gli ultimi anni ottanta del xix secolo per la loro produzione industriale. Nel 1888 furono prodotte da john carbutt le pellicole di celluloide e nel 1889 altre furono commercializzate dalla kodak per impiego fotografico e cinematografico. Soltanto nel 1923 la stessa kodak rese disponibili sul mercato pellicole cinematografiche su un supporto diverso, l’acetato di cellulosa, altri esteri misti alla cellulosa(propionato-acetato, acetato-butirrato) furono sperimentati in seguito, ma l’abbandono del nitrato avvenne soltanto con la produzione del triacetato di cellulosa nel 1948. Altri supporti, quali il cloruro di polivinile, il poliestere ed il policarbonato hanno avuto impiego limitato. È del 1955 la produzione del tereftalato di polietilene, molto stabile nel tempo, eccellente dal punto di vista meccanico soggetto a variazioni dimensionali assolutamente inferiori alle altre materie plastiche prima menzionate. Il supporto è trattato industrialmente con un’emulsione fotografica che per la sua composizione generale può essere definito classico: gelatina- alogenuro d’argento (gelatina-argento dopo lo sviluppo ed il fissaggio). La sensibilità delle pellicole, che in primo luogo dipende dagli alogenuri presenti, è stata estesa dall’aggiunta di sensibilizzanti, sono state così prodotte pellicole sensibili soltanto alla regione del blu, altre alle regioni del blu e del verde (ortocromatiche) altre ancora a tutto lo spettro visibile (pancromatiche) ed infine all’infrarosso (fino a 900 nm ed oltre). Per quanto riguarda le radiazioni ultraviolette è opportuno notare che gli alogenuri d’argento sono a esse sensibili, che la gelatina in cui sono dispersi però ha funzione di filtro assorbendo quelle con lunghezze d’onda inferiori a 210 nm e che funzione di filtro hanno anche gli obiettivi fotografici, i quali assorbono radiazioni con lunghezza d’onda inferiore a 320 nm. Soltanto parte degli uv, pertanto, quelli più vicini allo spettro visibile, contribuiscono alla formazione dell’immagine fotografica (nel caso di pellicole per raggi x o gamma l’assorbimento indesiderato della gelatina è contenuto riducendo lo spessore dell’emulsione e concentrando gli alogenuri in superficie). Ulteriori progressi sono stati fatti anche rispetto alla rapidità nominale delle emulsioni, che può essere ulteriormente incrementata apportando opportune varianti al trattamento strandard di sviluppo, consentendo di utilizzare tempi di esposizione particolarmente brevi fermando immagini in movimento, oppure producendo immagini anche in scarse condizioni di illuminazione. La nascita della fotografia digitale, e i suoi rapidi sviluppi, hanno portato negli ultimi anni all’abbandono delle pellicole su supporto di poliestere, considerate ormai prodotto di nicchia, a tutto vantaggio della fotografia digitale e della risoluzione sempre più alta delle nuove macchine fotografiche, che consentono oggi di ottenere immagini sempre più vicine alla qualità di quelle su pellicola tradizionale. Bibliografia: residori 2002.
Fonte: http://www.cricd.it/pages.php?idpagina=13&idContenuto=6151
Sito web da visitare: http://www.cricd.it/
Autore del testo: Carlo Pastena C.R.I.C.D.
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