Philira e tilia

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Significato dei termini utilizzati nei libri

 

Philira e tilia

Philira e tilia 1. Ulpiano, in un passo a lui attribuito del digestum (32,52 pr. - 9) Cita i due termini philyria e tilia, riferiti entrambi all’albero del tiglio (gr. Philýra), non a caso presenti soprattutto nell’opera di plinio. Di tilia, l’enciclopedista distingue due varietà, il maschile e la femminile. In particolare quest’ultima presenta fra la corteccia e il legno una membrana a più strati fini, usata per fabbricare corde chiamate tiliae, delle quali le più sottili sono dette philyrae, famose per l’uso antico di intrecciarle ai nastri delle corone. Tilia e philyra sono usati in relazione anche ad altri alberi, sicché tilia può indicare il rivestimento membranaceo all’interno della corteccia dell’olmo, impiegato a fini teraupetici o altri, e philyrae sono le nervature che danno fibrosità alle foglie delle palme o sono generici vegetali usati per usi disparati, o ancora le strisce ricavate dallo stelo del papiro che, opportunamente sovrapposte servivano per l’allestimento della scheda papiracea destinata alla scrittura. Tra le notizie finora riportate quella di plinio è l’unica a documentare esplicitamente l’uso della cortex tiliae per la scrittura. Secoli dopo marziano capella in nupt. 2,136 Citerà come sparuti esemplari di una tecnica ormai superata, rari [libri] in philyrae cortice. Ancora nel iv secolo simmaco rimprovera a protadio la pretesa di mandargli lettere scritte su codices di legno di rovere o su puglillares di tiglio, piuttosto che su charta di papiro, il cui facile deterioramento potrebbe compromettere il testo. Dalle due testimonianze risulta rispettivamente che la corteccia del tiglio di usava per messaggi estemporanei e per confezionare libri. Ma questa è l’unica differenza tra i due enciclopedisti: nel riferirsi al supporto ligneo plinio parla di tilia, marziano di philyra, un calco latino di philýra, il nome greco dell’albero ripreso nell’omonima eroina (la ninfa philyra trasformata in albero), meno corrente di tilia ma del tutto interscambiabile con esso. Proprio per questa ragione non si può escludere che l’uso di philyra o di tilia, in mancanza di indicazioni precise (come cortex in plinio e marziano), faccia pensare all’impiego scrittorio sia della corteccia sia del legno di tiglio. La coestistenza delle due denominazioni per la stessa pianta doveva essere di antica data, nonostante la distinzione fra tilia (-ae) e philyra (-ae) per indicare parti diversamente impiegate dello stesso albero, fatta da plinio (nat. Xvi, 65), probabilmente nell’intento di ovviare all’oggettiva difficoltà del doppio appellativo. 2. Strisce sottilissime di papiro che tagliate in senso longitudinale, erano accostate in modo da formare il foglio compatto che, asciugato al sole e spalmato di olio di cedro, per maggiore adesione della scrittura, era pronto per l’uso (v. Anche papiro, tapa). Bibliografia: spallone 2008.

 

Fonte: http://www.cricd.it/pages.php?idpagina=13&idContenuto=6151

Sito web da visitare: http://www.cricd.it/

Autore del testo: Carlo Pastena C.R.I.C.D.

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