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Significato dei termini utilizzati nei libri
Segno diacritico [segno, lat. Sĭgnum, «segno, visibile o sensibile di qualche cosa» diacritico, dal gr. Diakritikós, «atto a distinguere», der. Dal gr. Diakrínō, «distinguere»]. 1. Segno grafico che, sovrapposto, sottoposto, anteposto o posposto ai segni grafici abituali, quali sono per esempio le lettere dell’alfabeto, conferiscono loro un significato speciale. Tali segni possono appartenere all’ortografia ordinaria di una lingua (cediglia sottoposta alla lettera ç in francese, tilde sopra la ñ in spagnolo, ecc.), Oppure essere usati con significato convenzionale nei vari sistemi di indicazione o trascrizione fonetica per indicare articolazioni particolari. In senso ampio, il segno diacritico (o lettera con valore diacritico) è anche una lettera alfabetica che sia usata solo per dare a un’altra un determinato valore fonetico: per es. L’h italiana nei nessi che, chi, ghe, ghi. 2. Nella edizione critica di un testo, insieme di segni grafici adoperati per evidenziare elementi notevoli. Un sistema di segni diacritici era già in uso presso i filologi alessandrini(iii-ii secolo a.C.), Per indicare anomalie (versi spuri, erroneamente dislocati o ripetuti, turbamenti nell’ordine delle parole) e loci notevoli la pratica, seppure diversamente articolata, ha accompagnato l’attività dei grammatici antichi e tardo- antichi, e dei commentatori medievali. Nelle edizioni critiche moderne, i principali segni diacritici che accompagnano il testo (non sempre usati in modo univoco) sono le parentesi uncinate, < >, per le integrazioni le parentesi quadre, [ ], per le espunzioni per i loci desperati, le cruces gli asterischi, , per le lacune.
Fonte: http://www.cricd.it/pages.php?idpagina=13&idContenuto=6151
Sito web da visitare: http://www.cricd.it/
Autore del testo: Carlo Pastena C.R.I.C.D.
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