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Gli scopi di questa lezione sono:
Il lemma sport è di lingua inglese, ma è quasi unanimemente assegnato all'antico desport francese (diporto) , anche se l'inglese sport (divertimento) era già presente nella caccia alla volpe del cinquecento.
E’ intorno al concetto di diporto che si sviluppa lo sport post-medioevale. L’attitudine ludica risulta già intuibile nell’idea del fare diporto, trasporto di sé senza scopi ulteriori, come una passeggiata a piedi o a cavallo, una gita in barca.
I primi desportes, o sports, erano molto probabilmente poveri di sfide propriamente fisiche, essendo retaggio di èlite non avezze all’espressione diretta di forza muscolare.
Sport è dunque un lemma relativamente giovane che si riferisce ad un amplissimo insieme di attività di piacere, che coinvolgono il corpo e lo spirito dei praticanti.
Da questa collocazione fortemente ludica prende il via l'espressione moderna dello sport. Siamo alla fine dell’ottocento, il contesto è ormai adatto alla diffusione dello sport e ad una sua prima vera collocazione come fenomeno sociale.
Inoltre al tempo non erano poche le persone, particolarmente in Francia, che nutrivano un ammirato e vivo ricordo storico dell’antica esperienza olimpica.
Tutti sappiamo che in origine erano i giochi a Olimpia. La paideia si fondava sullo sviluppo armonico della persona, la cura del corpo e dello spirito erano un tutt’uno, e l’attività fisica era in primo luogo momento educativo. Ad essa si associava il coraggio, l’etica del grande guerriero, il mito della perfezione estetica. Tutto ciò trovava nei giochi l’ambiente ideale: tregua dentro le guerre, competizione leale ed aperta, corpi scolpiti e gesti fluidi, forza, forma ed ideali. Lo sport dell’antica Grecia era tutto questo insieme.
Con la decadenza della civiltà ellenica e l’avvento di Roma l’attività fisica prende altre strade, allontanandosi comunque dalla visione olistica del mondo ateniese. Va ad assumere una dimensione esclusivamente militare, gli atleti si professionalizzano in gare di schietta simulazione bellica, l’educazione del corpo rimane funzionale al bisogno di forza o velocità.
Ciò che non viene perso, anzi, che sarà gelosamente custodito e coltivato, è il sapere medico. La Medicina ha avuto già il suo fondatore, Ippocrate, e fin dai suoi primordi ha saputo identificare nel movimento una importante fonte di benessere fisico e occasione terapeutica. Questo, come vedremo, sarà tutt’altro che ininfluente per la storia dello sport e dell’attività motoria in genere.
Dal 776 a.C., ogni 4 anni, per 1172 anni i giochi vennero celebrati senza soluzione di continuità, per un totale di 294 edizioni, e doveva essere ormai di gran lunga la manifestazione più antica di quel mondo, prima ellenico poi romano, quando l'imperatore Teodosio nel 396 d.C. li soppresse, ritenendoli, insieme a tutte le manifestazioni associate (danza, musica, competizioni del poetare) avvenimenti pagani.
Venne il medioevo portando con sé la nota visione oscurantista del mondo, dove non avrebbe mai potuto trovare spazio sociale il piacere della cura del corpo e delle sue imprese. Lo sport si tradusse ancor di più in strumento bellico, e ancor peggio di guerra religiosa. I tornei e le giostre si moltiplicavano e, nonostante l'opposizione ufficiale della Chiesa, in nome della difesa della cristianità si allestivano intere settimane di tenzoni cruente. Non ci furono altre espressioni se non i pochi giochi concessi nelle feste popolane. Si giunse peraltro persino a vietare anche quelli, sino all'alba del seicento (dunque piuttosto oltre il limite del Medioevo). Alcuni di questi giochi vietati vennero fortunatamente comunque giocati, e tra questi c’era il gioco del pallone. Non furono pochi i giochi vennero praticati fuori dalla legge , a fronte di rischi non leggeri, e ciò porta a considerare il gioco e la pratica dell’agone sportivo, anche tra la popolazione adulta, un importante momento di libera espressione, per l’individuo e per la collettività.
Occorre aspettare la prima metà dell'ottocento per vedere configurarsi una legittima pratica sportiva, e nell'Inghilterra per prima troverà menti, disponibilità e attenzioni organizzative.
Secondo molti storici il modello sportivo anglosassone si sviluppa a seguito del processo di industrializzazione, raccogliendo i giovani delle zone urbane in attività che mostrano, come sostiene Pivato, "un disegno pedagogico,… un'impronta etica e una disciplina" .
Nella seconda metà dell'ottocento l'organizzazione sportiva inglese supera i confini dell'isola e si trasmette gradatamente in Europa e in America del Nord, assume regole più articolate e identifica nuove categorie, nuovi spazi e nuove responsabilità. Lo sport assume i caratteri della modernità in tutte le sue espressioni e recupera nuove ragioni.
E' in quel periodo che lo sport trova nel tempo libero il suo naturale contenitore, anche se ovviamente solo nelle classi sociali che potevano disporne. Si parlerà di sportivizzazione dei passatempi dunque, di loisir .
Elias ipotizza che il travaso da gioco popolare a sport sia uno dei passaggi caratteristici del processo di civilizzazione delle popolazioni, dove l'aggressività e la violenza vengono canalizzate in espressioni socialmente accettabili e contenute in una rigida struttura di regole che ne rimuovono, o almeno attutiscono, i rischi di danno (caso esemplare ne sia il pugilato).
I Giochi rinacquero nel 1896 per iniziativa del barone parigino Pierre Fredi De Coubertin, e l’impulso alla pratica sportiva nel mondo occidentale è immenso, in particolare a partire dalle prime edizioni radiotrasmesse.
Siamo ormai nel novecento, lo sport va assumendo una nuova identità. In coerenza con le necessità della nuova complessità sociale tende ad estendersi in una configurazione sempre più articolata, non sempre così esplicita e raramente esclusiva.
D’altro canto un insieme di ragioni socio-economiche premono sempre più affinché tutto lo sport venga rigidamente strutturato ed adeguatamente istituzionalizzato e, in modo altrettanto lucido, gerarchizzato.
Oggi lo sport è una galassia di cui nemmeno si sa bene la composizione, con alcune aree fortemente presidiate, controllate e attentamente gestite.
Ma innanzitutto, cosa intendiamo con il termine sport?
Nel 1992 a Rodi la VII Conferenza dei Ministri Europei dello Sport ha approvato la Carta Europea dello Sport , poi ratificata dal Consiglio d'Europa. All'art. 2 si definisce sport "[…] qualsiasi forma di attività fisica che, mediante una partecipazione organizzata o meno, abbia come obiettivo il miglioramento delle condizioni fisiche e psichiche, lo sviluppo delle relazioni sociali o il conseguimento di risultati nel corso di competizioni a tutti i livelli".
Quasi tutto ciò che mi fa muovere può essere sport, dunque. Qualsiasi attività fisica finalizzata al mio benessere o alla partecipazione a competizioni.
E’ la fisicità della pratica sportiva il concetto chiaramente espresso in questo documento, e solo quello. Questo ci permette di cogliere con chiarezza la misura dell’incertezza epistemologica esistente ad ogni livello in tema di attività motoria.
In ogni caso il termine sport viene oggi effettivamente utilizzato per indicare una moltitudine d’attività e di comportamenti, senza peraltro mostrare caratteri così chiaramente peculiari da permetterne una definizione certa.
Le scienze sociali infatti, che più di altre vivono l’esigenza di definire e classificare le attività umane, non hanno finora saputo proporci una definizione coerente ed unitaria del termine sport, pur a fronte di una notevole crescita d’interesse verso di esso negli ultimi trent’anni e del conseguente sviluppo di una copiosa letteratura sociologica dedicata.
Ciononostante molte delle riflessioni sul tema convergono verso un modello euristico di definizione di sport sufficientemente generalizzante, e che lo inquadra come l’insieme delle attività fisiche e motorie che:
richiedono, per essere svolte, la conoscenza delle regole e delle tecniche del gioco;
2 - si realizzano all’interno di un reticolo di regole non modificabile a piacere dai partecipanti;
3 - lo scopo sta nell’esito finale, il cui carattere è formale: vittoria o sconfitta;
4 - sono parte di istituzioni gerarchiche che producono e consumano .
Come si noterà l’approccio sociologico permette di restringere notevolmente il campo di applicabilità del termine sport, inglobandone le forme più storiche, tradizionali ed appunto sociologicamente riconosciute, ma non risolve altrimenti la collocazione di attività come il jogging, il body building, il trekking e l’arrampicata, il nuoto solitario ecc che sarebbero quindi, secondo questo modello, pratiche “non sportive”.
Rimane inoltre la difficoltà di collocare tutte quelle attività (scacchi, bridge, pesca “sportiva” ecc) che sì rientrano in organizzazioni e sistemi di regole e giudizi specifici, ma che non evidenziano quella dimensione di impegno motorio così chiaramente espressa nella definizione stessa di sport.
Anche la descrizione di Guttmann degli elementi caratterizzanti l’identità dello sport moderno muove nella direzione di uno sport organico, che recepisce la dimensione storico-sociale e civica del fenomeno sportivo:
Secolarismo, ossia il distacco della pratica sportiva da sistemi e credenze religiose;
Uguaglianza per opportunità e condizioni, dato che il mondo sportivo riconosce a tutti, in linea di principio, la possibilità di competere a parità di condizioni;
Specializzazione dei ruoli;
Razionalizzazione, che si evidenzia in particolar modo nella standardizzazione delle modalità di realizzazione sportiva e nella sistematicità dell’esplorazione di nuove metodologie di allenamento e nuove tecniche;
Organizzazione burocratica, che regola e amministra tutto il complicato sistema sportivo;
Quantificazione, che riconduce una qualsiasi impresa sportiva ad una misura sintetica;
Ricerca del record, che anima e alimenta nello sport moderno lo sforzo per raggiungere il primato agonistico.
Da tutto ciò risulta evidente la difficoltà di una sintesi nominativa dello sport moderno, che è con tutta evidenza un fenomeno estremamente dinamico e libero dalla necessità di uno stretto riconoscimento formale.
Ciò è vero in particolare dall’avvento dei cosiddetti sport californiani (surf, snowboard, paracadutismo di vetta, skateboard, canoa estrema, torrentismo ecc) che solo in parte sono stati assorbiti dalle strutture sportive ufficiali internazionali o locali e che per il resto non possiedono se non parzialmente le proprietà descritte da Guttmann.
Essi rappresentano quasi sempre un’impresa fortemente orientata al superamento dei propri limiti, senza obbligate misure oggettivanti. Un confronto estremo con se stessi, la propria capacità di superare ostacoli spesso naturali, di dominarli grazie al proprio coraggio e all’uso di strumenti d’alto livello tecnologico e di forte innovazione tecnica, oltre al bisogno di godere di un’immersione totale nell’ambiente naturale, dove si voglia intendere per naturale uno spazio anche urbano ma non specificatamente adattato all’attività praticata .
Tutte queste attività, per le loro caratteristiche motorie e le modalità di realizzazione, sono normalmente concepite come attività sportive. Ciò in riferimento al comune senso attuale di sport, di attività sportiva e dell’essere sportivi .
D’altro canto il Comitato Olimpico Internazionale, cioè l’organismo mondiale che cura l’organizzazione dei Giochi Olimpici, sia estivi che invernali, ha cura di collocare nel panorama sportivo tutto ciò che, in accordo con la concezione sociologica dello sport, si mostra potenzialmente assimilabile dalla sua struttura gerarchica.
In realtà il CIO cura semplicemente il panorama sportivo facilmente olimpicizzabile, i cui contenuti e modalità di attuazione sono compatibili con i criteri propri dell’organizzazione olimpica stessa .
Conseguentemente il concetto di sport si divarica sempre più, e ciò in funzione del contesto: da un lato la visione strutturata dell’impianto sociologico e la coerente missione di controllo e rigida gerarchizzazione da parte del CIO, dall’altra la concezione comportamentale ed ambientale di tutti quei numerosissimi praticanti liberi che, in sintonia con la percezione odierna di tutta la popolazione occidentale, si considerano sportivi a fronte di attività motorie non produttivamente finalizzate vissute come libera interpretazione del proprio tempo libero .
Con ciò non si risolve ovviamente la questione della quantificazione dell’attività fisica eventualmente necessaria affinché ciò che attuo sia riconoscibile come attività sportiva, ma almeno liberiamo il campo da tutto ciò che intralcia l’acquisizione di nuove pratiche sportive e sciogliamo il nodo del rapporto benessere-competizione.
Infatti in nessuna competizione di alcun livello sportivo la prestazione è funzionale alla diretta produzione d’altro se non della prestazione stessa, e il risultato è l’unico prodotto direttamente recepito dal contesto.
Il fatto che poi gli atleti siano rinforzati con denaro o altre ricompense nelle loro motivazioni a fornire la prestazione stessa non significa ovviamente che ciò trasformi automaticamente la competizione in una attività produttiva di beni o servizi .
Ovviamente sappiamo che lo sportivo professionista, e a volte persino il dilettante, vive di quei rinforzi, e che dunque la motivazione estrinseca può essere decisamente predominante.
Rimane però una sostanziale differenza con qualsiasi altra forma di lavoratore: lo sportivo produce in quanto tale null’altro che il proprio gesto sportivo, e solo quello, e per quello viene rinforzato. Tutto il resto è indotto.
Le altre figure professionali che possiedono questa peculiarità sono gli attori, gli acrobati, i ballerini e i musicisti.
Tutti questi esprimono solo gesti, e non producono null’altro che fugaci immagini o suoni impalpabili.
Poco importa che possano essere registrati, riprodotti, commercializzati. Ciò che vale è l’improduttività immediata, la mancanza di un risultato esterno al gesto stesso e contestuale ad esso.
E’ evidente, questo assunto implica una concezione artistica dello sport, anche se lo spettacolo non c’è, anche se è solo per se stessi .
Ma chi non percepisce come arte una magari perfetta evoluzione sul ghiaccio, un imprendibile dribbling di Pelè, persino un sorpasso mozzafiato?
E se non lo si concepisce come tale, perché gioiamo di fronte a certi gesti o improvvise soluzioni e ne restiamo affascinati, magari anche dopo averne osservato l’inutilità?
Ciò vale per noi spettatori e per noi sportivi in azione, perché la tecnica sta allo sport come sta alla musica o alla danza o alla recitazione.
Dunque lo sport non è mai attività produttiva, ma sempre attività artistica.
In altre parole lo sport è un’attività motoria volontaria non direttamente produttiva che può essere estrinsecamente rinforzata o vissuta come libera interpretazione del proprio tempo libero.
Così gli sportivi sono indissolubilmente legati ad altri artisti.
Per la loro distinzione e classificazione ci si dovrà riferire ai contesti, non alla natura o alle proprietà delle attività.
L’Enciclopedia delle Scienze Sociali definisce, in prima approssimazione, il tempo libero “[…] quella quota di tempo che gli individui tendono a riempire con attività scelte liberamente, non soggette a vincoli imposti dall’esterno, non finalizzate a lucro e ritenute fonte di piacere e/o di riposo”.
Dunque il tempo libero è un tempo autodeterminato composto da un insieme di attività che tendono a porsi in contrapposizione al tempo lavorativo, e normalmente si intende come parte del tempo quotidiano.
In termini linguistici l’espressione italiana tempo libero non pare vi sia un termine ad hoc per designare questa che si presenta come un’area di comportamenti.
Gli anglosassoni usano il termine leisure, che con il francese loisir condivide la radice latina licere, esser lecito. Ciò ne colloca il significato in un contesto di consenso esterno, di permesso.
Lo spagnolo ocio deriva invece dal lemma otium, riposo, riferito in particolare al tempo di cura personale, del corpo e dello spirito.
E’ con la rivoluzione industriale che si afferma il concetto di tempo libero, quando luoghi di lavoro e quotidianità si distaccano in modo netto e definitivo e si produce una parallela distinzione per i tempi della vita quotidiana.
Il tempo libero, o il tempo ad esso assimibilabile, è stato fin dall’antichità un tempo riservato ai ceti superiori, che ne disponevano soprattutto per l’arricchimento dello spirito, in particolare durante l’ellenismo e il periodo romano imperiale.
Con l’avvento della cultura cristiana i tempo libero viene giudicato con ambivalenza, a seconda della natura delle attività che ne derivano. Se infatti da un alto è considerato valore positivo se dedicato alla riflessione ed all’educazione dello spirito, esso è condannato se collegato al piacere non dello spirito ma dei sensi. Il giudizio negativo dell’ozio in quanto tale attraversa peraltro tutta la nostra cultura occidentale per giungere fin quasi ai nostri giorni, sia nelle professioni religiose che nelle analisi sociologiche, che ne colgono soprattutto il valore socialmente discriminante.
Solo nel filone edonistico rinascimentale e poi nell’approccio antiborghese del XIX secolo l’ozio acquista il significato di libero e giusto godimento del piacere, con una prospettiva filosofica e sociologica di aperta contrapposizione al pensiero dominante nelle rispettive epoche.
In Italia nel secolo scorso nascono le prime libere associazioni di lavoratori, che da organizzazioni di mutuo sostentamento ben presto si svilupparono momenti di attività educativa e ricreativa.
Nel frattempo anche la Chiesa, prima attraverso l’opera di Don Bosco, poi con gli scouts, si apre ad iniziative nel campo dell’educazione ricreativa, diffondendo la pratica del tempo libero organizzato attraverso l’intera sua rete di parrocchie.
Nel XX secolo in tutta Europa si moltiplicarono libere associazioni e movimenti dedicati alla gestione del tempo libero, mentre in Italia rimase appannaggio delle organizzazioni padronali, religiose oppure operaie.
Durante il periodo fascista l’Opera Nazionale Dopolavoro organizzò e controllò il tempo libero di tutti i lavoratori italiani.
Con la caduta del fascismo prendono corpo i centri del dopolavoro aziendali, che progressivamente si struttureranno, grazie anche a diretti patronati partitici, in associazioni ombrello, fino a diventare gli attuali Enti di promozione sportiva.
Lo sport ricreativo è, coerentemente con la definizione di sport sopra adottata, un’attività fisica volontaria non direttamente produttiva vissuta come libera interpretazione del proprio tempo libero.
Quindi l’unica significativa differenza tra sport e sport ricreativo è la mancanza, in caso di ricreazione sportiva, di rinforzi estrinsecamente orientati (economici, sociali ecc).
Lo sport ricreativo è in sostanza l’intero mondo sportivo non professionistico, semi-professionistico e, almeno in certi casi, dilettantistico.
E’ il mondo amatoriale, che non significa necessariamente della garetta della domenica.
Cosa si intende per attività fisica, attività motoria, attività motoria ricreativa? Che relazioni ci sono tra queste e lo sport?
Per attività fisica tecnicamente si intendono comportamenti che implicano, per le più diverse ragioni, l'espressione di una certa quantità di movimento.
Definendo i contesti di realizzazione dell’attività fisica una prima semplice classificazione separa due grandi categorie: l’attività occupazionale e quella del tempo libero.
In molti casi l’occupazionale è riferita ad una durata che va dalle sei alle otto ore, anche se in molte categorie professionali si possono realizzare giornate lavorative di diversa durata, anche in funzione del periodo annuale o del ciclo produttivo.
Estremamente variabile è ovviamente il tempo della attività fisica ricreativa, che include ogni tipo di attività di allenamento, di sport e di ricreazione attiva in genere.
Purtroppo non vi sono lavori che abbiano approfondito le dinamiche del rapporto tra i due tipi di attività nei diversi profili occupazionali. La loro conoscenza peraltro potrebbe fornire un importante strumento di controllo, prevenzione e formazione per una gestione dei livelli energetici ottimizzata per categorie e funzioni professionali .
Il Center for Disease Control and Prevention propone una suddivisione un po’ più articolata dell’attività fisica, facendo riferimento a quella proposta nell’International Physical Activity Questionnaries , sviluppata nel 2000 in collaborazione con 14 paesi nei vari continenti, e che distingue tra:
Attività Motoria è nel mondo anglosassone (motor activity) un’espressione di linguaggio quasi esclusivamente medico , ma anche in Inglese quest’espressione permette una distinzione importante.
Se infatti l’attività fisica si riconosce nella quantità delle trasformazioni energetiche attuate, l’attività motoria distingue le modalità, le qualità motorie delle trasformazioni stesse .
Dunque l’espressione attività motoria richiede una descrizione qualitativa della gestualità realizzata, non una sua misura diretta.
Due persone possono perciò praticare la stessa attività motoria con dispendi energetici assolutamente diversi: pedalare per un’ora su una bicicletta è la stessa attività motoria per tutti, che muova i pedali a 30 oppure a 90 rpm , ma non può essere la stessa attività fisica, dato che nel primo caso forse nemmeno suderei, nel secondo forse nemmeno ci arriverei vivo, nel mio caso specifico.
L’espressione attività motoria rappresenta quindi in generale l’insieme di tutte le configurazioni motorie possibili, di tutti i gesti, di tutti i movimenti attuabili.
Parlare di attività motoria risulta dunque più preciso, ma solo nei casi in cui sia opportuna una distinzione tra tipologie di movimenti, dove per tipologia si voglia intendere, in accordo con la concezione di N.A.Bernstein, la forma degli stessi, cioè la loro morfologia e topologia.
L'attività motoria ricreativa per eccellenza è il gioco.
Questo perché realizza al meglio, nel modo spesso più soddisfacente e opportuno, la propria natura teleologica , la propria necessità.
Il gioco è spesso presente in molte delle forme di motricità che esprimiamo, e spesso tendiamo a trasformare in ricreative anche le attività fisiche che non sarebbero tali.
L’attività motoria ricreativa è, data la definizione sopra assunta, anche attività sportiva ricreativa qualora implichi una quantità di attività fisica non insignificante all’interno del compito motorio realizzato .
Sport per Tutti è un’espressione utilizzata da molte organizzazioni ed istituzioni.
La "Carta Europea dello Sport per Tutti" non definisce lo sport per tutti, e nemmeno la Carta Olimpica dello Sport per Tutti , ma interpretandone le intenzioni si può agevolmente cogliere come lo sport per tutti sia inteso come un servizio per lo sport ricreativo.
E’ cioè lo sport ricreativo visto dalla parte normativa, amministrativa, gestionale e promozionale.
Lo sport per tutti è in altre parole il termine identificativo del fenomeno culturale e sociale dello sport ricreativo, fenomeno che coinvolge molti milioni di persone già in Italia che praticano sport ricreativo all'interno di enti, istituzioni, associazioni di varia natura.
Dunque lo sport per tutti coinvolge in particolare gli sportivi ricreativi che si fanno parte integrante del movimento sportivo locale, per lo più come soci di libere associazioni non governative.
Ma le politiche di sviluppo dei servizi allo sport ricreativo tendono a coinvolgere anche gli sportivi non ufficiali, quelli che scelgono di praticare al di fuori di qualsiasi struttura. Questo degli sportivi autonomi è infatti è un insieme di cittadini molto vasto.
S.Pivato, L’era dello sport, Firenze, Giunti, 1994.
che sottolinea l’importanza della persona e delle sue attività in quanto totalità, attribuendogli un valore di compiutezza che supera la mera somma delle parti (dalla definizione di olismo, G.Devoto & G.C.Oli, Dizionario della Lingua Italiana, Ed. Le Monnier, 1975, Firenze)
Elias N., Dunning E., Sport e aggressività-La ricerca dell'eccitamento nel loisir, Bologna, Il Mulino, 1989
Pivato, op.cit.
loisir è un termine francese che significa……. Nella lingua inglese troviamo il termine leisure, che indica il tempo di svago, del proprio agio e comodo (leisure = agio, comodo, tempo libero, tempo disponibile; C.A.Ashton, B.J.Fox, B.Schmid, Dizionario Ed. Sansoni, 1988, Firenze), in sintonia con il termine spagnolo ocio (ocio = tempo libero, ozio; L.Tam, Dizionario Ed. Hoepli, 1997, Milano; l’etimo di ocio è il latino otium = riposo).
Elias N., Dunning E, op.cit.
www.coe.int
Molte sarebbero le osservazioni da sviluppare circa questa definizione di sport. Due su tutte: 1- parlando di miglioramento del livello di benessere (le condizioni) distinguere i domini fisico, psichico e sociale è oggi assolutamente improprio, se non del tutto sbagliato; 2- e se l’obiettivo di conseguire risultati nel corso di competizioni anche non professionistiche ,o addirittura giovanili, richiedesse un peggioramento delle condizioni fisiche, psichiche etc etc, faccio sempre sport? Cosa vuol dire, che lo sport può anche far male in età evolutiva?
Istituto Enciclopedico Treccani, Enciclopedia delle scienze sociali.
Guttmann A, Dal rituale al record. La natura dello sport moderno,1994, Napoli.
Si pensi ad esempio allo skateboard, che per molto tempo, e spesso ancora tutt’oggi, ha visto come campi d’allenamento e di gara informale scalinate, marciapiedi e quant’altro di adatto e d’immediata disponibilità.
Chiunque infatti definirebbe sportivo un individuo che, ad esempio, ogni settimana pratica nuoto, tennis, ciclismo o podismo. E si sa che non sono pochi gli appassionati sportivi, i cosiddetti amatori, che praticano una significativa quantità di attività sportiva ogni settimana, se non addirittura ogni giorno.
In quest’ottica, giusto come esempio, è collocabile la scelta di fare del bridge uno sport olimpico dimostrativo. Perché davvero, chi di noi uscendo di casa dopo cena per andare ad una partita di bridge con gli amici, o anche ad una gara ufficiale dello stesso, si sentirebbe di dire: “Cara, esco, vado a fare un po’ di sport”?
Montarsi l’armadio è faticoso, e anche tagliare la legna, ma se lo scopo è la produzione di un servizio o di un bene, allora è un hobby produttivo.
Ovviamente ciò non esclude nemmeno che attorno alla prestazione degli atleti non si realizzino imprese ed attività chiaramente produttive, ma questo è
vedi al capitolo Ragioni e Condizioni
attori, ballerini, acrobati e musicisti infatti fanno tutti arte, e tra loro i migliori fanno della loro arte uno spettacolo, esattamente come gli sportivi.
Howley ET, Type of activity: resistance, aerobic and leisure versus occupational physical activity, Medicine and Science in Sports and Exercise, 2001, 33(6 Suppl):S364-9; discussion s419-20.
www.ipaq.ki.se
per motor activity si intenderebbe in medicina generale l’insieme dei comportamenti come reazioni motorie ad una patologia, una terapia o ad un qualsiasi altro evento medico. Fanno eccezione i neurofisiologi che considerano la motor activity, al pari dei kinesiologi, la performance in un motor task.
Un esempio: 500 Calorie sono una misura sufficiente per quantificare l’attività fisica svolta, ma non di qualificare l’attività motoria realizzata. Se ho consumato 500 Calorie nuotando o cacciando farfalle poco importa in termini fisici, è sempre la stessa attività (quantità), ma notoriamente sono attività estremamente diverse (qualità). Così i due esempi di attività sono identici in termini fisici, diversi in termini motori.
rpm =round per minute (giri/min)
che si giustifica in sé, che trova in sé le ragioni del proprio essere
ma il concetto di significanza non è affatto di semplice definizione
www.coe.int
www.olympic.org
individui o gruppi
Fonte: http://www.dsnm.univr.it/documenti/OccorrenzaIns/matdid/matdid690322.doc
Sito web da visitare: http://www.dsnm.univr.it
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
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www.riassuntini.com dove ritrovare l'informazione quando questa serve