Napoleone

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Napoleone

 

    L'ultima fase di vita della Convenzione vide il predominio dei termidoriani (degli uomini cioè che avevano abbattuto Robespierre > che, in gran parte, rappresentavano i nuovi ricchi, quel segmento della borghesia per il quale la rivoluzione era stata un affare vantaggioso per le speculazioni monetarie, i prestiti allo Stato, le forniture all'esercito, l'acquisto di beni nazionali e che era interessata ad una stabilizzazione della situazione.

  I termidoriani erano repubblicani convinti, ma condividevano con i monarchici costituzionali l'obiettivo di ritornare ai principi dell'89 e ben presto si accinsero a smantellare le leggi adottate dal Comitato di salute pubblica, soprattutto per un ritorno alla libertà economica.

  L'abbattimento di Robespierre era stato qualcosa di più di un evento politico. Aveva segnato la fine di un clima e l'inizio di un mutamento d'opinione caratterizzati dalle intimidazioni e dalle bravate di bande di giovani reclutate fra la classe media bene­stante (la '~gioventù dorata'~), dal diminuire della partecipazione alla vita politica delle sezioni e dalle divisioni interne del movi­mento popolare dei sanculotti e dei giacobini.

  Nel marzo 1794 la Polonia, sotto la guida di Kosciuszko, insorse per rivendicare la propria indipendenza e la propria unità nazionale. La rivolta polacca, schiacciata nel novembre dai Russi, incise negativamente sulla coalizione antifrancese. Le truppe di Parigi ottennero importanti vittorie e invasero le Provin­ce Unite. Contemporaneamente all'interno della Francia venne firmata la pace con i ribelli vandeani e ribadita la libertà di culto. A causa della galoppante inflazione, le condizioni di vita dei ceti popolari peggiorarono sensibilmente, ma il movimento sanculotto che tentò di far leva su questa situazione venne duramente sconfitto e s'intensificò il "terrore bianco".

   L'architrave del progetto di stabilizzazione, cui aspiravano i termidoriani, fu fissato nell'agosto 1795 nella Costituzione del­l'anno III che si richiamava a quella del 1791, ripristinando il suffragio censitario secondo il principio che "un paese governato dai proprietari è proprio dell'ordine sociale", istituendo il bicame­ralismo e un complicato sistema che rafforzava la separazione dei poteri. lì potere esecutivo era affidato a un Direttorio di cinque membri. Garantitisi sul versante sociale con il suffragio ristretto e su quello politico con una rete di precauzioni volte a evitare il ripetersi di una situazione simile a quella del governo del Comitato di salute pubblica, i termidoriani poterono ribadire le fondamentali libertà conquistate dai francesi: al primo posto tuttavia non stava più l'eguaglianza, ma la libertà e in particolare veniva ribadito che l'eguaglianza non è un diritto naturale, ma consiste nel fatto che «la legge è uguale per tutti». I diritti erano accompagnati da una Dichiarazione dei doveri che richiamavano al rispetto della legge e ad una vita regolata: "si può essere un buon cittadino solo se prima si è un buon figliolo, buon padre, buon fratello, buon amico, buon marito".

  L'inflazione continuava a crescere e all'ostilità popolare con­tro il potere termidoriano si affiancava quella di alcune fasce della borghesia anch'esse colpite dall'inflazione. Da tale clima traevano profitto soprattutto i monarchici che il 5 ottobre 1795 tentarono un colpo di Stato represso dalla Convenzione con l'appoggio della guardia nazionale delle sezioni parigine di sini­stra, guidate da alcuni ufficiali ex giacobini, tra cui c'era Napo­leone Bonaparte. A fine ottobre si insediò il Direttorio che, dopo aver tentato di sostituire l'assegnato con una nuova carta mone­ta, nel febbraio 1797 ritornò alla moneta metallica determinando la fine dell'inflazione ma l'avvio di un pesante processo deflat­tivo.

   La guerra che continuava con Inghilterra e Austria diventava per la Francia sempre più guerra di conquista, anche se si saldava con la volontà dei patrioti, minoranze rivoluzionarie locali, che guardavano alla presenza francese come a una sorta di necessità per sconfiggere la società degli ordini, per deporre i principi, per abolire gli oneri feudali e la schiavitù, per introdurre costituzioni e leggi modellate su quelle francesi. La Francia fece propria la tesi delle frontiere naturali: oltre il mare, il Reno, le Alpi, i Pirenei: e cominciò a fare sempre più affidamento sulle risorse dei paesi conquistati.

    Alla ricerca di denaro e premuto da un esercito scontento, il Direttorio decise, nella primavera 1796, di scatenare un'offensiva antiaustriaca per assicurarsi il possesso della riva sinistra del Reno. La campagna doveva essere condotta da 5 armate, ma il ruolo principale doveva essere svolto dalle truppe del fronte tedesco. Le capacità militari e politiche di Bonaparte, che guida­va l'armata d'italia, sconvolsero questi piani e procurarono meriti eccezionali al generale, che da solo svolse poi trattative di pace con l'Austria a Campoformio. L'asse della strategia francese si spostò così verso il Mediterraneo. Il Direttorio affidò a Bonaparte il comando di una spedizione in Egitto, ma tale politica espansio­nistica, provocando reazioni in tutta Europa, fece nascere, nel dicembre 1798, la seconda coalizione antifrancese che la Fran­cia riuscì a sconfiggere a metà dell 800.

  Il Direttorio, nonostante la vittoria nella guerra in Europa, non riuscì a raccogliere intorno a sé forze sufficienti per realizzare un progetto di stabilizzazione politica. L'equilibrio politico fondate sull'appoggiarsi alternativamente a destra e a sinistra era infaui troppo instabile. Il direttore del giornale "Il Tribuno del popolo' Babeuf, insieme all'esule italiano Buonarroti, organizzò una rete rivoluzionaria segreta che avrebbe dovuto, al momento opportu­no, impàdronirsi con la forza del governo del paese. Si chiamò la «congiura degli eguali», poiché Babeuf era convinto che per realizzare una vera democrazia bisognasse perseguire l'ideale di un'eguale ripartizione dei frutti del lavoro comune, possibile scie dopo l'abolizione della proprietà privata. Denunciati da un delato­re, tutti i capi babuvisti furono arrestati e Babeuf fu giustiziato nel maggio 1797.

    Le elezioni della primavera del 1797 videro il soprawento della destra monarchica: il Direttorio chiese allora aiuto ai gene­rali Hoche e Bonaparte e sotto la minaccia armata impose l'annullamento dell'elezione di circa 180 deputati. I veri vincitori risultarono in questo modo i generali - e in particolare Bonapar­te - i quali contavano su truppe fedeli ed erano diventati decisivi con le conquiste di guerra per l'equilibrio delle finanze statali.

    All'indomani del colpo di Stato, il secondo Direttorio chiamò agli esteri Talleyrand, sancì la bancarotta dei due terzi del debito pubblico, introdusse riforme fiscali. Con tre annate (1796-1797. 1798) di buoni raccolti, i prezzi delle derrate agricole diminuirono in modo notevole: migliorarono così le condizioni materiali di vìta degli strati meno abbienti, mentre la deflazione colpiva soprattut­te gli interessi di coloro che vivevano dei redditi della terra ed anche il mondo manufatturiero. lì secondo Direttorio si trovò così ad avere ostili proprio i ceti sul cui appoggio contava, Per garantirsi da sorprese elettorali decise che fossero i consigli uscenti a convalidare i risultati elettorali e riuscì ad invalidare l'elezione di 106 nuovi eletti, ma l'anno successivo i consigli non accettarono più di farsi strumento di un nuovo colpo di Stato.    

Si aprì così la via per un nuovo colpo di Stato, quello che Napoleone Bonaparte, di ritorno in segreto dall'Egitto, attuò nel novembre dell 799, sulla strada spianatagli da Sieyés (entrato a far parte del Direttorio) che era un convinto assertore detta revisione dei meccanismi costituzionali. Si arrivò così alla Costi­tuzione dell'anno VIII il cui principio fondamentale era che ta fiducia dovesse venire dal basso, l'autorità dall'alto. Tale Costitu­zione affidava il governo a tre consoli nominati per dieci anni e indicava Napoleone Bonaparte come primo console. Tale nomina venne sanzionata a larghissima maggioranza da un plebiscito.

Nel maggio 1802, dopo le vittorie di Marengo e di Hohenlinden, venne sottoposto agli elettori il seguente testo: «Napoteone Bonaparte sarà console a vita?» Solo lo 0,2% dei votantì si pronunciò contro. Napoleone pose allora mano alla riorganizzazione dello Stato. Molti dei provvedimenti e delle istituzioni da lui volute tra il 1800 e il 1804 furono destinati a durare a lungo e a segnare profondamente la Francia: la centralizzazione e il sistema prefettizio; il codice civile denominato poi Codice Napoleonico; il liceo: la Legion d'onore: la Banca di Francia: la nuova unità monetaria di 5 grammi d'argento.

   Nel dicembre 1804, nella cattedrale di Notre-Dame alla pre­senza del papa Pio Vii, Napoleone cinse la corona imperiale. il suo impero resistette fino all'aprile 1814. La ragione profonda della stabilità francese durante il regno di Napoleone sta nel piano politico che guidò le scelte dell'imperatore, convinto che occorresse un amalgama delle differenti tendenze politiche: in questo modo ad esempio scelse i suoi collaboratori, privilegiando la loro fedeltà e le loro capacità piuttosto che il loro passato, e ricondusse all'interno della legalità due tendenze eversive: quella dei cattolici tradizionalisti (con la pacificazione religiosa sancita con il concordato del luglio 1801, ribadendo la libertà religiosa ma affermando che la religione cattolica era quella della maggio­ranza dei francesi e organizzandone l'esercizio) e quella dei monarchici (accordando l'amnistia agli emigrati, abolendo nel 1805 il calendario rivoluzionario, reintroducendo nel 1808 la nobiltà e, infine, sposando nel 1810 Maria Luisa d'Austria e divenendo così nipote acquisito di Luigi XVI e Maria Antonietta giustiziati dalla rivoluzione).

   Il modello culturale di cui Napoleone si servì era quello dell'antichità classica: l'instaurazione dell'impero nell'antica Ro­ma non aveva spazzato via le istituzioni repubblicane: semplice­mente le aveva svuotate ma aveva anche portato Roma ai suoi massimi traguardi. L'appello al popolo e l'affermazione che la sovranità stava nella nazione furono elementi che concorsero a far accettare a molti repubblicani l'ordine imperiale. Del resto era stato il popolo, attraverso un referendum, ad acclamare Bona­parte primo console, poi console a vita, infine imperatore.

   L'organizzazione dell'università e del liceo e l'istituzione della nobiltà imperiale consentirono a Napoleone di accrescere e di consolidare la sua base sociale borghese stimolando i meriti personali e la competitività in campo militare e civile. Nè mancò a Napoleone l'appoggio dei ceti popolari sia per l'accordo rag­giunto con la Chiesa, sia per la tensione patriottica e l'orgoglio nazionalista determinato dalle vittorie in guerra che egli ottenne per 10 anni.   

    Lo stato di guerra servì a Napoleone a mantenere compatta dietro di sé la Francia, ad impinguare le finanze statali con i tributi imposti, ad alimentare il suo mito in patria e all'estero.

    Napoleone riprese la guerra in Europa nella primavera del 1803. La pace di Amiens non aveva retto sia perché la Francia aveva continuato una politica espansiva e protezionistica, sia per il rifiuto di Londra di evacuare, come stabilito, l'isola di Malta. Nel 1805 il Regno Unito riuscì a dar vita alla terza coalizione con Russia, Svezia, Austria e Napoli. Napoleone ebbe successo sull'intera coalizione e pose mano alla riorganizzazione politica dell'Europa: ridisegnò la carta italiana, trasformò la repubblica bàtava in regno di Olanda sul cui trono pose il fratello Luigi: ridusse a 38 il numero degli Stati tedeschi: creò la Confederazio­ne del Reno con 16 principati germanici. L'unica insidia veniva dalla supremazia navale inglese come aveva dimostrato la pe­sante sconfitta subita dai francesi a Trafalgar.

Irritata per la creazione della Confederazione del Reno, la Prussia entrò nel conflitto a fianco degli Stati ancora in guerra con la Francia: si formò la quarta coalizione della quale Napoleo­ne ebbe rapidamente ragione. Il trattato di pace con la Russia fu una sorta di alleanza con la quale lo czar riconobbe le soluzioni territoriali e dinastiche di Napoleone in Europa e aderì alle misure economiche anti-ingiesi, in cambio del diritto di espander­si in Romania e in Finlandia. Con i territori strappati alla Prussia tra l'Elba e il Reno, Napoleone formò il regno di Westfalia e il granducato di Varsavia. Procedette contemporaneamente ad una politica di annessione di territori non francesi alla Francia: nel 1811 il territorio sotto la diretta amministrazione francese era formato da 130 dipartimenti di cui 44 fuori dalla Francia: l'impero si estendeva da Lubecca ai Pirenei, dalla Bretagna al confine fra Lazio e Campania.

    Alla fine del 1810, la Russia mutò il suo atteggiamento politico passando da una sostanziale alleanza ad una aperta ostilità. Napoleone reagì stringendo alleanze con Berlino e Vien­na e organizzando una grande armata di 600000 uomini. Nel giugno 1812 la grande armata entrò nel territorio russo. i Russi ritirandosi fecero dietro di sé terra bruciata e, di scontro in scontro, lasciarono che l'esercito di Napoleone entrasse a Mo­sca: infine, prima di abbandonare la città, la incendiarono. Per l'incalzare dell'inverno, nell'ottobre Bonaparte dette l'ordine di ritirata generale. Il freddo, la fame, le malattie e gli attacchi della cavalleria cosacca fecero enormi stragi. Della grande armata restarono meno di 50000 uomini.

La catastrofe russa fu il segnale per una riscossa antinapo­leonica dell'Europa intera. Mentre Napoleone raccoglieva un nuovo esercito, nell'aprile 1813 Vienna dichiarava decaduta l'alleanza con la Francia, la Gran Bretagna firmava un trattato con i governi russo e prussiano, gli Spagnoli obbligavano le truppe francesi a ripassare i Pirenei. Si formò la quinta coalizio­ne, cui si unì anche la Svezia. Dopo la vittoria di Dresda contro i Prussiani, Napoleone fu sconfitto a Lipsia dalle armate di Au­stria, Prussia, Russia, Svezia che col protocollo di Langres del gennaio 1814 decisero dì riportare la Francia alle frontiere del 1792. Napoleone fu costretto ad abdicare e fu inviato all'isola d'Elba. La Francia perdeva l'italia, la Germania, il Belgio, la riva sinistra del Reno: sul trono francese era posto il fratello minore di Luigi XVI col nome di Luigi XVIII. Il nuovo re emanò una carta costi­tuzionale sul modello inglese, quale benevola concessione sovrana.

Nel settembre 1814 le potenze europee si riunirono a con­gresso a Vienna per dare un nuovo assetto all'Europa. in Francia la situazione non era tranquilla: borghesi e strati bene­stanti del mondo contadino temevano il comportamento dei monarchici più accesi e del clero antirivoluzionario: facendo leva su questo clima Napoleone pensò che fosse possibile un suo ritorno ai potere. Ebbe inizio l'awentura dei "cento giorni" che si concluse per Napoleone con la sconfitta di Waterloo e l'esilio a Sant'Elena.

Napoleone non fu sconfitto solo dai sovrani e da interessi di potenza. in molte zone occupate dalla Francia, a partire dal 1808, si era sviluppata una resistenza attiva che, dopo la catastrofe di Russia, fu sempre più vissuta anche come guerra dì liberazione, ove si mescolavano motivi nazionali e democratici:
così fu in Spagna, in italia, ad Amburgo e infine in Olanda.

Ma il nemico vero, irriducibile, cui Napoleone dovette la sua sconfitta fu l'inghilterra. Tutta la politica di Napoleone fu tesa a battere l'inghilterra con politiche attente di alleanze contro di essa con la Spagna, gli Stati Uniti, la Russia (e anche con sogni d'invasione>. Non riuscendo a piegarla sul terreno militare, Napo­leone pensò di batteria sul piano economico col blocco continentale al suo commercio decretato nel 1806. L'Europa era infatti per gli inglesi un mercato essenziale d'esportazione dei loro manufatti e di riesportazione delle loro merci coloniali. Le conse­guenze economiche dei blocco furono all'inizio di un certo rilievo. Nel 1808 le esportazioni britanniche diminuirono del 25%, ma non pochi furono i problemi anche per l'economia continentale che doveva sostituire i prodotti di provenienza coloniale il cui commercio era fortemente ritardato e sviluppare le attività manu­fatturiere in modo da poter fare a meno dei prodotti britannici. Perché il blocco funzionasse c'era bisogno di un ferreo controllo del continente: in questo senso vanno intese le iniziative di attacco nel 1807 al Portogallo, la destituzione nel 1808 del legittimo sovrano spagnolo, l'arresto del pontefice nel 1809, gli accordi imposti all'Austria: in questa logica va inquadrata la decisione di attaccare la Russia col disegno di controllare l'intera Europa in un momento di difficoltà interne per l'inghilterra (falli­menti a catena nel settore commerciale: difficoltà nella produzio­ne industriale: luddismo. A ciò s'aggiungono alcuni cattivi raccolti e la forte tensione con gli USA che sfociò nella guerra).

 

Fonte: http://www.adripetra.com/DidatticaDispense/SecondoTr/Storia/NAPOLEONE%20per%20punti.doc

Sito web da visitare: http://www.adripetra.com

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