Rubinetto

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Rubinetto

 

La Civiltà Greca

Dopo la fine della cultura cretese toccò ai Greci raccogliere la fiaccola della civiltà europea. E' il caso di porre l'accento, che con i Greci comincia l'avvento di una rubinetteria vera e propria, giacché si tratta d'organi in metallo, prodotti con procedimenti metallurgici e montati con accorgimenti meccanici. Pare, infatti, che i rubinetti greci fossero in bronzo ed oltre al tipo a maschio cilindrico, che costituiva la soluzione concettuale e tecnica più pratica, sia dal punto di vista costruttivo, sia da quello funzionale, applicassero pure qualche tipo di saracinesca.

Una delle prime invenzioni dei greci fu la noria a secchi, una perfezionatissima macchina idraulica, con ingranaggi dentati per la trasmissione di moti rotatori orizzontali in moti verticali, con successione a catena di cestelli metallici mobili e strutture in muratura per l'ancoraggio di tutto il meccanismo. La noria veniva solitamente azionata da energia animale utilizzando asini e muli, ecc.. Successivamente si progettò un nuovo tipo di noria con trazione idraulica aumentando notevolmente la resa.

Per la costruzione di queste macchine, le parti in metallo erano un passaggio obbligato, e i Greci si avvalevano delle tradizioni metallurgiche che sin dall'epoca micenea avevano via via accumulate. Nell'antichità si conoscevano solo pochi minerali metalliferi di facile estrazione, come il rame e lo stagno, la cui riduzione avveniva nei cosiddetti forni a vento con tiraggio naturale, capaci di raggiungere solo modeste temperature e di fondere al massimo leghe semplici come il bronzo. Anche gli attrezzi erano pochi e rudimentali. La metallurgia primitiva si avvaleva soltanto del martello e incudine, spesso di pietra, per eseguire lavorazioni di battitura a freddo o forgiatura a caldo.

Vitruvio, a proposito della tecnica greca, menziona di valvole che venivano adattate sia ai tubi d'organi idraulici che a quelli d'organi a vento. E' possibile che conoscessero già la valvola a farfalla. Le tubazioni degli acquedotti greci si costruivano in terracotta e probabilmente in legno, ma per le condutture sottoposte a forti pressioni si scavavano tubi forando la pietra, oppure si fabbricavano in piombo e bronzo.

I più antichi acquedotti che si conoscano sono i Qanaat, d'origine orientale. Servivano in origine per l'irrigazione di vaste zone aride. Si trattava di condotti in lieve pendenza sistemati dentro gallerie di mattoni, scavate fino alla sorgente che era costituita da una falda acquifera sotterranea. Ogni 300 metri i Qanaat erano provvisti di bocche di sfiato accessibile per la pulizia e la manutenzione delle tubature.

 


L'acquedotto di Atene era un Qanaat provvisto di pozzo verticale per la presa d'aria, è probabile che in ognuno di essi fosse presente una saracinesca per chiudere l'acqua in caso di guasto o per la manutenzione.

In questa civiltà si sono ritrovate numerose fontane, l'uomo greco amava molto vivere all'aria aperta, e all'ombra dei sacri templi, era possibile trovare numerose fontane pubbliche che allietavano il luogo ed offrivano giochi d'acqua. La presenza di fontane fa supporre che esistettero anche i rubinetti, altrimenti non si spiega come facessero a fermare l'acqua per un'eventuale manutenzione oppure per un'economicità di un bene così prezioso.

Oltre all'Agorà troviamo in Grecia il Gimnasium, dove i giovani greci si recavano per educarsi in diverse discipline, ma soprattutto in quella ginnica. In questo luogo erano presenti impianti per lavarsi e detergersi il sudore prima accumulato. Qui il bagnante stava in piedi dentro una vasca, sopra la quale, alcune colonne ai lati ed al centro, sostenevano i doccioni modellati in terracotta, rappresentanti teste d'animali vari, spesso leoni, tori, cinghiali, dall'aria sempre feroce. Un altro vasto campo d'estrinsecazione, i rubinetti greci lo trovarono nei cosiddetti giochi taumaturgici, vanto degli scienziati ellenistici del mondo alessandrino. Gli scienziati alessandrini avevano creato molti di questi congegni mobili sfruttando l'acqua, la pressione atmosferica; valvole rubinetti avevano spesso il compito di aprire e chiudere il passo a ciascuno degli elementi che di volta in volta apparivano in scena.

Un rubinetto greco di concezione veramente moderna appare nella ventosa di Erone, una macchina per aspirare l'aria. Si tratta di un cilindretto cavo con foro al centro. Dentro, a perfetto tenuta, vi è uno stantuffo comandato da un'impugnatura esterna. Dalla parte dove s'immette lo stantuffo il cilindro è filettato internamente in modo che l'avanzamento non sia per pressione ma per avvitamento. Questo rispecchia come procedimento i moderni rubinetti a valvola, e rispecchiano nella tecnologia sulla siringa a plyuco, già conosciuta dai Greci e descritta da Erone nelle sue opere.

Nel Milliarion di Erone troviamo un rubinetto a testa di equino che rispecchia nella sua funzione un odierno rubinetto con valvola a sfera.

 

L'età Romana

Durante l'età antica, i maggiori progressi in tutte le arti e le tecniche si ebbero in epoca romana, quando si ebbe la diffusione tra lo spirito speculativo astratto del mondo greco ed il senso pratico tipico dei romani.

Anche la metallurgia, pertanto conobbe un notevole sviluppo, sia sul piano tecnico-scientifico sia su quello economico-organizzativo.

I principali metalli usati erano il ferro, il bronzo, ed il piombo, ma notevole diffusione avevano anche l'ottone ed i metalli preziosi.

Il bronzo era largamente usato per la realizzazione d'oggetti domestici di lusso, quali forzieri, sedie, sgabelli, tavoli, letti triclinari, vasellame, caldaie, bracieri, lucerne e candelabri e grandi statue. Anche i rubinetti dell'epoca erano realizzati con questa preziosa lega.

Il primo acquedotto romano fu quello dell'Aqua Appia, costruito intorno al 300 a.C.; seguirono l'Anio Vetus, l'Aqua Marcia, l'Aqua Giulia, l'Aqua Adriana.

Questi acquedotti adducevano l'acqua ai diversi serbatoi principali, distribuiti nei vari punti della città, che venivano chiamati Castelli d'Acqua (castellum). Da questi castelli per mezzo di tubazioni in piombo, l'acqua veniva distribuita alle fontane pubbliche, ai bagni ed in misura minore alle abitazioni private.

Per tutto il periodo della repubblica, 509 a. C. fino al 27 a.C., anno in cui assume il potere l'Imperatore Cesare Ottaviano Augusto, gli acquedotti romani non soddisfacevano tutte le richieste degli utenti. Questo anche perché il sistema di distribuzione non era perfetto e l'acqua scorreva continuamente, con conseguente spreco, inoltre erano frequenti le perdite con inevitabili gocciolamenti, tutto questo indusse le autorità competenti a concedere a privati l'utilizzo dei punti di perdita.

Per il controllo ed il buon funzionamento degli acquedotti fu nominato un Curator. Tra di essi ricordiamo Frontino nato nel 40 d.C: e morto nel 103. Dai controlli di Frontino, le eccedenze d'erogazione, che prima venivano disperse, furono impiegate per nuove fontane e nuove concessioni private. A partire da quest'accurato regime d'economia, è certo che i romani impiegarono un maggior numero di rubinetti nella loro rete idrica urbana, e persino le fontane pubbliche dovevano avere, come dimostrerebbe qualche basso rilievo d'epoca repubblicana.



Anche sotto l'impero di Caracalla si ebbero miglioramenti dell'acquedotto romano (212 d.C.).
Durante le invasioni barbariche, gli acquedotti romani decaddero gravemente, ed in questo periodo vi fu il massimo deterioramento ed abbandono di un'opera così importante ed utile per la comunità del mondo antico.

Le condutture di questi acquedotti avevano una tale perfezione tecnica che ancora oggi sono in grado di funzionare. Dal punto di vista costruttivo le tubazioni venivano incassate dentro apposita sede detta specus. Si trattava di un lungo canale a sezione quadrata, scavato nella roccia, ove il terreno lo consentiva, oppure costruito in muratura. Le tubazioni impiegate erano solitamente costruite in terracotta, materiale più usato per ragioni pratiche ed utilitarie. Vitruvio preferiva i tubi in terracotta perché, scriveva, sono i più economici, possono essere riparati con facilità, e l'acqua trasportata è molto più salutare di quella passante per i tubi di piombo.Quasi sempre le tubazioni portano impresso un marchio che può corrispondere sia al nome del proprietario sia a quello dell'idraulico sia effettua l'impianto; a volte figura il nome dell'imperatore.

Siccome ignoravano la tecnica della trafilatura, i plumbari partivano da lamine lunghe secondo la misura stabilita, che arrotondavano attorno ad un'anima di legno di forma cilindrica. Alle estremità, dove risultavano i giunti longitudinali, colavano piombo fuso o una lega di piombo e stagno. Per controllare meglio le tensioni ogni cinque chilometri si faceva sfociare l'impianto in un serbatoio praticabile ove era possibile controllare le pressioni.

Per gli allacciamenti s'interponeva nella conduttura principale una scatola di derivazione, fatta di piombo, da dove, in direzione perpendicolare alla condotta madre, si dipartivano da un lato e dall'altro due tubi di derivazione di calibro inferiore, questo per avere più servizi in un solo punto di presa. Ognuno di questi tubi di derivazione erano provvisti di valvola d'arresto. Questi rubinetti erano a maschio cilindrico e si azionava per mezzo di un grosso chiodo o un tondino di ferro, da infilare a modo di chiave dentro un foro predisposto nella testa del maschio. L'uso di valvole e rubinetti applicati alla rete idrica diveniva sempre più importante per ridurre lo spreco d'acqua, questo sostenuto anche a livello politico.
Uccelli ricorda alcuni tipi di saracinesche in uso presso i romani.

I rubinetti romani in genere erano a maschio cilindrico, raramente conico, forse per difficoltà d'esecuzione. Il corpo ed il maschio venivano costruiti per fusione, quest'ultimo in un unico blocco con testa prismatica. Il corpo era un cilindro cavo con gli estremi allargati all'esterno, come una sorta di flangia ricurva. Le guarnizioni erano in genere di semplice stoppa o di cuoio, questo causava una maggiore difficoltà nell'aprire o chiudere il sistema. Nelle giunzioni non esistevano filettature, nonostante i romani n'erano a conoscenza. L'installazione si otteneva introducendo le bocche del rubinetto dentro il manicotto dei tubi e saldando in giro una fascia abbondante di piombo che assicurava la tenuta.

 

 


Il Medioevo

Dopo la decadenza dell'Impero Romano, anche gli acquedotti caddero in rovina. La furia devastatrice dei barbari non risparmiò nemmeno queste opere dedite alla comodità della persona.

Furono soprattutto i monasteri, che si fecero portatori di quella tecnologia acquisita col tempo, ricostruendo impianti per il rifornimento idrico e per gli scarichi. Nelle vicinanze del refettorio di un convento capitava di vedere un lavabo, in cui da un becco di rame, e qualche volta d'ottone, scaturiva un sottile zampillo d'acqua corrente. A partire dal 1100, sino a tutto il 1300, gli acquamanili subirono un'innovazione stilistica, si produssero con raffigurazioni di teste d'animali o umane di ragguardevole grandezza e che portavano attaccati alle superfici panciute più di un becco o rubinetto.
La Dama o il Cavaliere potevano attingere girando con le proprie mani un'elegante chiavetta. Erano autentici rubinetti in bronzo, del tipo a maschio, simili a quelli romani, dal punto di vista tecnico, ma rinnovati nello stile, che appariva più lineare.

Nel 1150, la Prioria di Canterbury provvedeva all'installazione di un completo impianto idraulico, nato da un progetto del quale esistono ancora i disegni. L'impianto era provvisto di numerosi rubinetti alla maniera dei Romani, ed esistevano persino tubazioni chiamate purgatoria, che avevano il compito di convogliare periodicamente un getto di sciacquo negli scarichi.

Sempre in Inghilterra, il monastero di Durham, possedeva una fontana-lavello nel giardino del chiostro, questa fontana era provvista di 24 funzionali rubinetti d'ottone e diverse altre cannelle d'erogazione.

Nei castelli feudali e nei palazzi l'acqua scorreva dai pozzi e dalle cisterne in canali in pietra, che la convogliavano nei luoghi d'utilizzo.
Pochissime case avevano l'acqua corrente e per i bisogni domestici la gran maggioranza della popolazione doveva attingerla alle fontane pubbliche site nelle piazze. Si diffusero così le immagini fantastiche della fontana della giovinezza e della fontana dell'amore, che altro non era che il sogno dei poveri di poter usufruire d'acqua fresca in casa senza alcun limite, per essi il bagno, infatti, non poteva che essere altro che una tinozza per tutta la famiglia accanto al fuoco in cucina.

Nel 1275 si ha conoscenza di un certo Robert l'orefice al quale siano stati commissionati rubinetti tra i quali qualcuno anche in oro per la corte inglese, questo dimostra come un tempo, la figura del rubinettaio non era riconosciuto, ma chi s'intendeva di fusioni poteva fare anche rubinetti.

Dopo il 1400 s'incominciano ad usare bacinelle di pietra fissate nel muro, presero il nome di lavatoria, lavandini. Al di sopra della vaschetta, attaccato ad un gancio infisso nella nicchia, penzolava un serbatoio asportabile, di forma sferica o conica. Quest'ultimo presentava una maniglia per essere trasportato e sistemato sul fuoco, all'estremità il serbatoio presentava un rubinetto

Il Rinascimento

Con la fine del medioevo l'uomo cambia modo di pensare, e si apre verso nuove idee e verso nuove scoperte, si fa artefice della qualità della sua vita.
Sulle piazze, nelle ville, nei giardini, torna la moda delle fontane, ingegneri, architetti, artigiani idraulici, studiarono le combinazioni di getti più spettacolari e complicati. In questo carosello acquatico, valvole e rubinetti trovarono un impiego di primo ordine.

Le valvole automatiche subiscono in questo periodo storico un nuovo impulso sia inventivo sia costruttivo. Ricordiamo, infatti, la figura di Leonardo da Vinci, che in questo settore progetta diversi tipi di valvole applicabili a pompe aspiranti e prementi. Compare la tradizionale valvola a conchiglia, ma per lo più sono valvole coniche in cui l'otturatore, con movimento in senso verticale, è attaccato ad un lungo stelo e scorre entro determinate guide.

Leonardo progetta in seguito anche valvole a cerniere multiple, adottando per esse sistemi tecnici del tutto differenti da quelle tronco-coniche.
Interessante è una tromba da galea con valvola conica sempre progettata da Leonardo per vuotare le sentine delle navi (1).
In questo periodo fu molto attiva la fabbricazione di rubinetti in vetro che assumeva sempre più importanza giungendo fino ai giorni nostri. Un rubinetto a maschio conico in vetro, è applicato nel distillatore a refrigerazione continua, disegnato da Leonardo intorno al 1490.

Sono facilmente realizzabili i rubinetti in vetro, sono a maschio conico o meglio cilindrico, realizzati in due pezzi singoli di cui, uno è il corpo con i condotti di alimentazione e di erogazione l'altro il maschio in un unico blocco con la chiavetta. Una volta realizzato questo tipo di rubinetto non necessita di tecniche di pulitura quali smerigliatura o lucidatura.
Nella prima metà del XVII secolo la costruzione di valvole e rubinetti subisce un considerevole processo tecnologico.

E', infatti, di questo periodo l'invenzione della valvola di sicurezza inventata da Dionigi Papin fatta nel 1631.
Importantissima, per capire come fosse l'ambiente di lavoro di una rubinetteria dell'epoca, è la stampa di Cristoforo Weigen eseguita nel 1698. Il pittore fotografa una situazione di lavoro all'interno dell'opificio, rappresentando due operai intenti nel loro lavoro, troviamo due banconi, su uno trovano posto gli utensili, nell'altro sono fissate le morse (2). In una cassa ai piedi dei due operai troviamo rubinetti semi finiti, corpi con maschi, condotti, chiavette di forma diversa. In alto in secondo piano si possono vedere un lume un vaso, probabilmente di rame e due rubinetti, vanto dei lavori prodotti nel laboratorio.

 


(1) Una ricostruzione completa della tromba, con lo spaccato della valvola in legno, è conservata nella scala Vinciniana, presso il Museo "Leonardo da Vinci" di Milano.
(2) Morsa di tipo a coda o articolata, tipo più usato in passato, prima di essere sostituita dalla morsa parallela.

La stampa mostra chiaramente la nascita dell'industria del rubinetto, infatti, fino ad ora chi produceva rubinetti era più che altro un fonditore che poteva anche fare rubinetti, quando gli fosse commissionato quel tipo di prodotto si arrangiava di volta in volta secondo le circostanze e la propria fantasia, questa stampa sembrerebbe dimostrare l'impiego di tecniche di lavorazione già importanti.

Nel 1738, Blondel, architetto di Luigi XV, progetta una stanza da bagno con due vasche, una per lavarsi l'altra per sciacquarsi. Le vasche erano incassate agli angoli della stanza e le tubazioni erano nascoste, probabilmente incassate pure loro. I rubinetti e gli accessori vari erano dorati.

La macchina a vapore inventata nel XVIII secolo, rappresenta il primo indicativo passo, nel lento e faticoso cammino dell'uomo verso la conquista dell'automazione. Con quest'invenzione il rubinetto acquista immediatamente un forte interesse. Valvole e rubinetti nella macchina a vapore sono, infatti, organi importanti quanto la caldaia, il forno, oppure lo stantuffo. Da questo periodo s'incomincia a costruire una gran quantità di rubinetti e valvole, ma il processo non è standardizzato, ma ogni officina adotta di volta in volta progetti diversi secondo le esigenze. Questo porta a concludere che sia le valvole sia i rubinetti venissero prodotti nelle stesse officine che realizzavano l'intera opera, e secondo le esigenze di quel tipo specifico di macchina.

Nel 1775 Cummings, sfruttando gli studi d'altri precursori (Harington), brevetta il primo WC a valvola dotato di sifone.
Nel 1778 Bramah migliora l'idea creata da Cummings, ottenendo un gran successo commerciale.

L'uso generalizzato del WC almeno in Inghilterra, avvenne verso il 1814, come risulta da cronache scritte; è da ritenere quindi, che per affinità d'impianto, da tal epoca in poi si fosse esteso nel mondo pure l'uso della rubinetteria da bagno.
Nel 1788, Lavoisier utilizzava apparecchiature scientifiche in vetro e metallo, provviste di luccicanti e minuscoli rubinetti in ottone a maschio conico; perfezionate valvole a sfera, con dado e rondella per il fissaggio della sfera, chiavetta a farfalla, manicotti ben torniti e bocchetta per l'attacco di flessibili.

Nascono allora nuove istituzioni pubbliche, come il teatro e il caffè. Quest'ultimo vede il rubinetto entrare quale componente d'obbligo, applicato a grossi vasi in rame e ottone, finemente lavorati con sbalzi ed incisioni di bell'aspetto compositivo, che contenevano bibite di vario genere.
Nel contesto squisitamente decorativo dell'ambiente anche il rubinetto diventa un fatto estetico, un componente d'arredo, e si compiace di forme sinuose ed eccentriche. I rubinetti sono sempre a maschio conico, molto precisi nella fattura, con superfici ben pulite e levigate.

L'Ottocento

L'ottocento vede l'esplosione della scienza e della tecnica, della medicina, attraverso una nuova casistica d'indagine e d'interventi. L'ottocento è anche il secolo che vede nascere due nuove fonti d'energia, il motore a combustione interna e l'energia elettrica.

Progettato intorno al 1800 il Canale dell'Ourcq, dall'ingegnere idraulico Girard, divenne il modello per i successivi acquedotti sotterranei. L'opera aveva come scopo quello di fornire d'acqua corrente tutta Parigi, constava di tre capaci gallerie a volta, oltre una quarta di scorta affiancata lungo il percorso. La portata complessiva ammontava ad 80.000 kilo/litri ogni 24 ore, corrispondenti alla misura di 4.200 pollici.

L. V. Bugnatelli inventa la doratura galvanica, utilizzando le scoperte di A. Volta.
Viene aperto intorno al 1829 il primo stabilimento di cura idroterapica, ma solo negli anni che vanno dal 1830 al 1840 si diffonde questa terapia, e la doccia viene considerata una cura medica.

Due rubinetti, più una pompa a mano, venivano applicati al bagno doccia del 1850 circa. Si tratta di una piccola vasca che sorreggeva al di sopra, per mezzo di quattro montanti di cui uno era il tubo, un serbatoio per l'acqua. Sul fondo del serbatoio era applicata una bocchetta da annaffiatoio, con getto azionato dal primo rubinetto. Questo bagno doccia era in commercio in due versioni: una con rubinetto a maschio conico, l'altro con chiavetta a farfallino, che aveva tutte le caratteristiche del rubinetto di erogazione a valvola moderno.

Lo scaldabagno boiler sugg del 1870, presenta una rubinetteria molto simile a quell'usata nelle macchine a vapore. Non era raro vedere sistemi di leve e controleve, simili ai comandi del valvolame applicato alle locomotive, in cui una singola manopola comandava l'apertura o la chiusura simultanea di due rubinetti. Nel boiler sugg questa soluzione consentiva, a valvole aperte, che il serbatoio venisse fornito di una quantità di acqua fredda pari a quella calda erogata, evitando così il pericolo di scoppio comune ai primi scalda-acqua, che spesso venivano riscaldati dimenticandosi di aprire prima il rubinetto di alimentazione.

Sul finire del 1800 il lavamano, che nella forma più semplice costituiva un tavolo buffet, con un piano paraspruzzi rivestito, e qualche bacinella con catino su di esso, avvalendosi dell'acqua corrente, prende sempre più importanza e migliora.

Nel 1884 si diffonde un nuovo tipo di WC a sifone, che ha il vantaggio di non emettere cattivi odori e che fornisce prestazioni notevolmente migliori rispetto al Bramah e può pertanto essere tenuto in casa. I rubinetti vi trovano posto nel meccanismo dello sciacquone automatico a getto controllato.

Molto curioso è il rubinetto a due vie del 1890, applicato ad un lavabo, in cui le tubazioni per l'acqua calda e fredda sono sovrapposte l'una sull'altra e fuse in un unico blocco.
Nel 1899 è inventato lo scaldabagno ad alta pressione Califont, capace di distribuire acqua calda a tutta la casa, sempre nello stesso anno si diffonde l'uso della stanza da bagno, con lavabo, vasca da bagno e doccia.

Nonostante resistenze e negligenze, dopo la seconda metà dell'Ottocento si andò in ogni caso affermando il principio che l'igiene andava di pari passo con la salute e pertanto si cercò di diffondere la pratica del bagno, anche creando stabilimenti pubblici da adibire a quest'uso. Il favore che incontrò nello stesso periodo la pratica dell'idroterapia, testimonia di un mutato rapporto dell'uomo con l'acqua. Bagno, doccia, sauna iniziarono a diffondersi, sebbene con finalità terapeutiche, ma bisognerà attendere il secolo successivo perché queste pratiche cessassero di essere considerate insolite ed entrassero a far parte dell'uso comune.

Nel XX secolo la necessità di costruire alloggi moderni e salubri per gli operai delle fabbriche in crescita stimola la domanda di rubinetteria che cessa di essere prodotto di lusso riservato a pochi e diviene prodotto commerciale.

Il rubinetto è quindi una conquista dell'Uomo, non dell'Uomo moderno, una conquista che ha segnato l'asservimento del bene più vitale fornito in natura: l'acqua, o meglio, l'acqua corrente in casa.

Dal punto di vista psicologico il rubinetto è anche un concetto. Il concetto di supremazia e dominio che l'uomo, diciamo questa volta "moderno", ha saputo creare di sé, piegando e trasformando i beni amorfi e inanimati, esistenti in natura sin dalla notte dei tempi, in cose utili al comodo suo.

 

Fonte: http://www.altrestorie.org/nativi/LA%20STORIA%20DEGLI%20INDIANI%20DAMERICA

Sito web da visitare: http://www.altrestorie.org/

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