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Giampaolo Chiappini*, Silvia Dini**, Lucia Ferlino*
*Istituto Tecnologie Didattiche – CNR, Genova
**Istituto “D. Chiossone onlus”, Genova
Introduzione
Il tema di interesse di questo capitolo è la relazione tra tecnologie e disabilità in una prospettiva di didattica speciale, cioè in una prospettiva finalizzata all’integrazione degli studenti disabili dentro l’istituzione scolastica .
In questo lavoro non verrà sviluppato uno studio analitico sull’uso delle tecnologie didattiche nell’integrazione scolastica delle varie e specifiche disabilità (ciò richiederebbe un intero volume). Verranno invece prese in esame alcune problematiche di tipo generale che caratterizzano le relazioni tra tecnologie, disabilità e integrazione scolastica e verrà compiuta un’analisi critica del modo in cui tali problematiche possono oggi essere lette, interpretate e affrontate, alla luce di ricerche e di sperimentazioni condotte in questi anni in questo campo di indagine e di applicazione.
Nel fare ciò cercheremo innanzitutto di definire cosa si possa oggi intendere per didattica speciale in una situazione scolastica caratterizzata da profonde trasformazioni sul piano istituzionale e sociale e preciseremo il ruolo che le tecnologie possono assumere in tale tipo di didattica. Discuteremo quindi di accessibilità e di usabilità delle tecnologie didattiche oggi disponibili, cercando di attualizzare il significato di questi due termini nell’integrazione scolastica degli studenti disabili e cioè nella loro integrazione sul piano operativo, nell’accesso ai contenuti e alle conoscenze e nello sviluppo di specifiche competenze disciplinari.
Rifletteremo, in conclusione, sul ruolo che il docente assume in questa nuova prospettiva didattica e su quali competenze deve fondarsi la sua formazione.
Disabilità, didattica speciale e ruolo delle tecnologie
Con il termine disabilità viene normalmente intesa la conseguenza esterna di un deficit, congenito o patologico, di natura fisica, psichica, sensoriale o motoria.
Il termine inglese “handicap” viene invece utilizzato per indicare una situazione di svantaggio che può insorgere quando la disabilità interferisce nelle aspettative della persona condizionando, in senso restrittivo, la sua vita quotidiana. L’handicap o svantaggio si produce quindi all’interno di un determinato contesto nei confronti di un soggetto che presenta delle menomazioni o dei deficit.
In questo quadro consideriamo la disabilità non come causa diretta di un handicap ma come un fattore di rischio per una sua insorgenza. Osserviamo che su un fattore di rischio si può intervenire attraverso modalità di prevenzione opportuni.
La prevenzione dello svantaggio conseguente ad una disabilità costituisce un indicatore del grado di civiltà di un paese che si esprime in termini di qualità dell’integrazione che le istituzioni sono in grado di garantire alle persone che presentano necessità speciali.
In ambito scolastico l’handicap emerge quando, in conseguenza di un deficit o di una menomazione, allo studente non viene data la possibilità di sviluppare tutte le sue potenzialità e capacità limitando lo sviluppo di competenze e l’appropriazione di conoscenze che caratterizzano uno o più ambiti disciplinari.
L’handicap scolastico si caratterizza quindi sempre come una problematica di sviluppo e/o di apprendimento; esso si manifesta quando il contesto scolastico non è in grado compiere una appropriata prevenzione dello svantaggio, mettendo in atto le soluzioni capaci di favorire lo sviluppo di tutte le potenzialità della persona.
Nella scuola italiana il numero degli alunni che presentano disabilità di tipo sensoriale o motorio è pressoché costante (circa l’1, 68% di tutti gli alunni nell’anno scolastico 2001/2002), mentre risulta in aumento il numero di coloro che presentano disabilità intellettive, disturbi specifici di apprendimento, disturbi emozionali e comportamentali, differenze sociali e culturali, malattie fisiche e altre situazioni di difficoltà.
Sebbene tutti questi alunni presentino situazioni personali problematiche molto diverse tra loro, sono accomunati da necessità speciali che richiedono interventi mirati per superare le loro specifiche difficoltà. In altre parole emerge il bisogno di una didattica speciale fondata non più su un’idea di scuola speciale, separata e segregante (come succedeva alcune decine di anni fa), e neppure su un’idea di scuola normale nella quale lo studente disabile viene inserito ma non integrato, cioè senza che la scuola sia in grado di offrirgli reali e concrete possibilità di sviluppo e apprendimento.
Il riferimento per un nuovo tipo di didattica speciale in grado di realizzare un reale processo di integrazione scolastica può essere trovato nella nozione di Speciale Normalità elaborata da Ianes.
Una didattica orientata alla Speciale Normalità affronta i bisogni educativi degli studenti disabili all’interno di un quadro che da una parte assume come riferimento la normalità del bisogno di formazione, cioè una formazione il più possibile rispondente alle normali richieste dei normali luoghi di vita, e dall’altra considera la specialità della persona, nelle sue condizioni di salute, nelle sue funzioni e struttura di corpo e nelle sue capacità personali (Ianes D., 2001).
Una didattica orientata alla Speciale Normalità è quindi una didattica volta ad articolare la sua offerta formativa per rispondere alla crescente eterogeneità dei bisogni presenti oggi nelle classi, senza mai perdere di vista la normalità delle capacità presenti, a vari livelli di sviluppo, in ogni studente e la normalità del bisogno di formazione necessario per inserirsi pienamente nella società e svolgere attività corrispondenti alle proprie aspettative. Si tratta di una didattica per tutti, per gli studenti dichiarati disabili, per coloro che pur non essendo riconosciuti come disabili presentano bisogni educativi speciali (deficit di attenzione, di autostima, disturbi di apprendimento…), e anche per gli studenti “normali”, ognuno dei quali ha proprie caratteristiche, un proprio stile di apprendimento, bisogni specifici e differenziati.
Una didattica orientata alla speciale normalità è una didattica che persegue concretamente l’integrazione scolastica sul piano operativo, sul piano dell’accesso ai contenuti, sul piano dello sviluppo di competenze.
In questo quadro riteniamo che le tecnologie didattiche possono assumere tre diversi ruoli che corrispondono ad altrettanti modi di intendere l’agire educativo orientato alla Speciale Normalità:
Tale polivalenza di ruoli può favorire lo sviluppo di una didattica orientata alla speciale normalità favorendo il raggiungimento dell’autonomia nell’organizzazione dello studio e una indipendenza nella produzione, a condizione che le tecnologie in uso presentino caratteristiche di accessibilità ed di usabilità.
Accessibilità e usabilità
Le nozioni di accessibilità e di usabilità nascono e vengono definite nell’ambito della Human Computer Interaction.
Si tratta di due nozioni che spesso vengono confuse tra loro perché sono strettamente connesse l’una all’altra e sono tra loro complementari.
Il termine accessibilità è stato usato per indicare se uno strumento (sito web, software o anche altri strumenti di uso quotidiano) è stato progettato e realizzato per essere usato da una gamma molto vasta di utenti, compresi quelli con disabilità. E’ importante osservare che il principio ispiratore che dovrebbe guidare la progettazione di nuovi prodotti e strumenti e quella della Progettazione Universale (Design for All) secondo cui le specifiche di un qualsiasi progetto dovrebbero tener conto della varietà di esigenze di tutti gli utenti di quel particolare strumento. Infatti il moderno progresso tecnologico e la diffusione delle ICT (spiegare l’acronimo) in tutti i campi della vita sociale richiede che “tutti” vengano messi nella condizione di avvalersi del computer e dei software, e dei servizi Internet. Nel 2003, in Italia, è stata approvata una legge sull’accessibilità dei servizi pubblici on-line, che impone che tutti i siti pubblici web debbano essere redatti secondo le specifiche del WAI (Web Accessibility Guidelines) del W3C. Questo, non solo a tutela e a beneficio dei disabili ma come garanzia di attenzione per una migliore qualità dei servizi stessi nei confronti di tutti i cittadini.
L’accessibilità ha un sistema di misurazione che è condiviso a livello mondiale.
Per favorire l’accessibilità di strumenti e prodotti informatici sono oggi disponibili vari tipi di tecnologie assistive che compensano le limitazioni funzionali, facilitando l’uso di strumenti e prodotti software da parte, per esempio, di disabili visivi e motori, un tempo preclusi o limitati nell’uso di tali tecnologie. Tali tecnologie assistive sono per esempio gli screen reader, gli screen magnifiers (o software ingrandenti), le tastiere adattive, i software di riconoscimento vocale, i switches.
L’accessibilità di uno strumento o di un prodotto informatico costituisce quindi la condizione di base affinché esso possa essere usato dentro il contesto scolastico da parte di studenti disabili ed, in particolare, da quelli che presentano deficit visivi o motori.
Il termine usabilità viene invece utilizzato per indicare il grado di efficacia dell’uso di uno strumento o di un prodotto informatico da parte di un utente in relazione agli obiettivi per cui tale strumento o prodotto è stato usato
Secondo la definizione data nella parte 11 dell’ ISO 9241, l’usabilità è il “grado in cui un prodotto può essere usato da particolari utenti per raggiungere certi obiettivi con efficacia, efficienza e soddisfazione in uno specifico contesto d’uso”. Come si può notare l’usabilità può essere definita solo in relazione ad un utente all’interno di un contesto d’uso; non è quindi una caratteristica del prodotto in sé come lo è invece l’accessibilità.
Il contesto d’uso al centro della nostra attenzione è quello scolastico; l’usabilità dovrà essere valutata in relazione al perseguimento di obiettivi sul piano dell’apprendimento e dello sviluppo di competenze disciplinari
In questo quadro osserviamo che l’accessibilità e l'usabilità sul piano tecnico sono fattori discriminanti e indispensabili per selezionare strumenti didattici che siano ottimali nel favorire l’integrazione sul piano operativo, nell’accesso ai contenuti, nella costruzione di specifiche competenze in ciascun studente, nel rispetto delle sue caratteristiche individuali.
Tecnologie didattiche e integrazione sul piano operativo
L’integrazione sul piano operativo si attua mettendo il disabile in grado di compiere le stesse attività svolte dagli altri studenti in classe attraverso l’adozione di appositi strumenti che sono concepiti per consentire allo studente disabile di fare ciò che altrimenti non potrebbe, oppure di farlo con minore sforzo o dispendio di energia, oppure di farlo in modo più sicuro o psicologicamente più accettabile (Le Moli G., 2000). . In questo quadro le TD assumono il ruolo di strumenti compensativi, per fare, per abilitare, per svolgere normalmente attività altrimenti precluse (il poter fare).
Per realizzare una reale integrazione operativa attraverso l’uso di TD occorre affrontare vari tipi di problematiche che riguardano principalmente la scelta delle tecnologie hardware e software, il training finalizzato alla familiarizzazione con tali tecnologie.
Discuteremo brevemente tali problematiche facendo riferimento principalmente all’integrazione sul piano operativo di studenti disabili visivi. Ovviamente tali problematiche si pongono anche per altri tipi di disabilità. In tali casi dovranno essere affrontate tenendo conto dei bisogni specifici di ciascuno anche se la loro soluzione Per altri tipi di disabilit
E’ noto che gli studenti che presentano deficit visivi e motori hanno necessità di strutture hardware specifiche per potersi integrare operativamente nelle normali attività di classe
Per gli studenti disabili visivi, ad esempio, la postazione ideale prevede, in linea di massima, un qualsiasi PC multimediale e come dotazione hardware scanner e stampante. Come ausili specifici possono essere introdotti software ingrandenti (per ipovedenti) con o senza rinforzo vocale, screen reader (per ciechi) con sintesi vocale o display braille. Accanto a questi ausili, si può studiare una serie di piccoli accorgimenti necessari soprattutto per gli ipovedenti, quali l’illuminazione ambientale, la scelta delle dimensioni del monitor, colori e contrasti...
Per i disabili motori, l’attenzione si pone soprattutto sui sistemi di input alternativi e sulla scelta di tastiere e mouse di dimensioni e forme opportune, fino a software di emulazione della tastiera sul video e interfacce a scansione, anche con predizione di parole. Ciò al fine di poter usare il mezzo informatico con il minimo sforzo, sfruttando la mobilità residua. Si deve essere consapevoli che tale strumentazione, per quanto ottimale, non riuscirà sempre ad abbattere completamente le difficoltà operative dello studente. In ogni caso svolgerà sempre una funzione vicariante. ad esempio, il disabile motorio può scrivere ed editare testi; probabilmente la sua velocità di esecuzione delle procedure non sarà come quella di un normodotato ma l’obiettivo di produrre un testo corretto, impaginato, ben leggibile dagli altri, sarà raggiunto in egual misura.
L’uso di tali tecnologie in classe richiede inoltre la costruzione di un ambiente operativo idoneo che risponda ai bisogni specifici del disabile. Questo potrà comportare la soluzione di tutta una serie di problemi di tipo ergonomico e logistico aggiuntivi. Per esempio l’ipovedente potrebbe avere esigenze restrittive per quanto riguarda l’illuminazione, o il tipo di monitor da scegliere, o avere esigenza di altri ausili ottici o elettronici a completamento della strumentazione (lampada, lenti, videoingranditore con uscita sul video del computer...). Il cieco potrà aver bisogno di una cuffia ad auricolare per non estraniarsi dalla classe con la sintesi vocale. Il computer sicuramente serve “sul banco” per un rapido accesso, ma occupa spazio e copre la visuale ai compagni della fila dietro; occorrerà pertanto disporre i banchi in modo tale di favorire la partecipazione e la collaborazione all’attività da parte di tutti gli studenti. Se si lavora in classi diverse (ad esempio in laboratorio) si deve valutare se replicare o trasportare la strumentazione.
Come si può notare da quanto esposto, anche la sola introduzione del computer nella classe per consentire allo studente disabile una piena integrazione sul piano operativo nelle normali attività può comportare la soluzione di molti piccoli e grandi problemi di tipo ergonomico e logistici.
E’ importante notare che nel compiere le scelte di hardaware in relazione dei bisogni dello studente l’insegnante può anche avvalersi della collaborazione di strutture specializzate esterne alla scuola che operano sul terreno riabilitativo.
Compiute le scelte dell’hardware necessario in base ai bisogni dell’alunno disabile e risolti i problemi ergonomici e logistici per il suo utilizzo in classe occorre selezionare il software in grado di consentirgli di sviluppare la propria operatività nelle normali attività di classe.
La scelta del software deve essere compiuta prendendo in considerazione da una parte il tipo di attività didattica che si intende sviluppare e dall’altra i bisogni sul piano operativo e cognitivo dell’alunno.
Consideriamo per esempio il problema della scrittura negli studenti disabili visivi.
Per un ipovedente la scrittura manuale può presentare difficoltà sia in fase di decodifica (se si tratta di leggere testi scritti a mano) sia in quella di produzione. La grafia di un ipovedente può risultare spesso incerta e confusa e l’uso spaziale della pagina può non essere equilibrato sul piano estetico/funzionale rispetto agli standard. In questo caso l’uso di un software di vidoescrittura ha un grande valore sul piano dell’integrazione sul piano operativo e della possibilità di interagire con gli altri alla pari. Esso consente allo studente di lavorare a video su un testo, prima sul contenuto e poi sulla presentazione. Il testo scritto sul video può essere letto agevolmente da tutti e stampato con diverse dimensioni di carattere tipografico e infine curato nell’impaginazione lavorando a posteriori solo sul piano dell’aspetto.
Analogo discorso vale quando si opera in un gruppo misto in cui siano presenti alunni ciechi.
In generale tutti i programmi di tipo general pourpose (word processor, fogli elettronici, data processing) sono in larga misura accessibili tramite gli ausili specifici (tipicamente screen reader e barra braille) e consentono al non vedente una piena condivisione delle modalità di svolgimento dei compiti.
Questo non significa per il non vedente rinunciare all’uso di testi stampati su carta in braille o rinunciare all’uso della scrittura braille stessa che ha grandissima importanza e risulta l’unica codifica possibile per la lettura su carta. Si tratta piuttosto di un completamento in quanto i testi digitali potranno, al bisogno, essere facilmente stampati anche in braille con l’opportuna stampante e il software di conversione abbinato, ma nella loro veste informatica possono essere elaborati a più mani da tutti. In questo modo , si possono scambiare appunti, scambiare informazioni, lavorare in maniera individuale o collaborativa.
Per quanto riguarda ipovedenti e non vedenti il problema principale è che in certi ambiti disciplinari, in particolare quelli matematici e scientifici le tecnologie compatibili con gli ausili sono carenti. Va sottolineato però che molta parte di studio, in tutti i settori passa attraverso la produzione testuale che abbiamo visto essere la più accessibile.
Forti limiti invece esistono quando si tratta di utilizzare programmi didattici, giochi educativi o altro materiale multimediale che per gli ipovedenti possono presentare forti problemi sul piano della percezione e della discriminazione visiva (ad esempio sfondi confusi, scritte piccole e poco contrastate...) riducendone quindi l’efficacia e anzi, producendo un senso di frustrazione nell’utente. Questi tipi di software andranno quindi selezionati e proposti con cautela, sia basandosi sulla propria sensibilità che sull’osservazione delle reazioni dell’utente, sia chiedendo direttamente un feedback sulla percezione e sul gradimento del software.
Una volta individuati gli strumenti tecnologici adatti si rende necessario un training, più o meno lungo, per raggiungere un livello base di operatività con il computer senza il quale non è pensabile l’autonomia.
Oltre alla comprensione della simbologia, della terminologia e del significato dell’elaborazione digitale delle informazioni, occorre maturare una necessaria coordinazione oculo-manuale per gestire i sistemi di input; a questo si aggiunge, nel caso di disabilità sensoriali o fisiche, la padronanza degli ausili personali (hardware o software). E’ infatti importante osservare che le tecnologie assistive sono solo in parte trasparenti rispetto all’uso comune del computer e richiedono un ulteriore grado di astrazione per capire quando e come utilizzarle.
Per esempio per un disabile visivo il training richiede una certa mediazione iniziale (che spesso avviene contestualmente all’apprendimento dell’ausilio) per comprendere la terminologia informatica (concetto di file, cartella, software...) e la simbologia del sistema operativo (menu, finestre, icone, inserimento di parametri).
In questi casi è importante tenere presente che le interfacce iconiche user-friendly contemplano l’uso del mouse che invece risulta un ausilio assai difficoltoso per l’ipovedente e del tutto impossibile per il cieco. Essi pertanto si avvarranno della tastiera standard sia per la scrittura sia per gli input, usando i comandi selezionandoli dai menu o tramite scorciatoie da tastiera.
L’insegnante dovrà essere in grado di supportare il disabile adeguandosi a queste modalità.
E’ importante ricordare che nei casi di disabilità visive e motorie i training per apprendere una corretta impostazione nell’approccio di base al PC possono essere effettuati da centri specializzati, nei quali esistono competenze capaci di individuare il momento opportuno per iniziare lo studente all’uso di un software ( in base al livello di maturità e alle priorità del soggetto) e di mettere l’utente in condizione di poter proseguire in autonomia, e relazionandosi con gli altri, di approfondire la conoscenza e l’uso di tale software.
Tecnologie didattiche e integrazione nello sviluppo di competenze disciplinari
L’autonomia nell’uso del computer nel contesto scolastico richiede lo sviluppo di competenze specifiche relative all’ambito disciplinare in cui esso viene usato.
Molto spesso, affrontando le problematiche connesse con l’integrazione nello sviluppo di competenze di studenti disabili mediante l’uso di tecnologie, l’attenzione viene posta su ciò che manca e le tecnologie diventano strumento per porre rimedio a tale mancanza. Questa impostazione appare corretta nell’affrontare problematiche relative ad aspetti di accessibilità o nell’uso di tecnologie per scopi riabilitativi; essa invece appare non appropriata, o almeno non sempre appropriata, per favorire lo sviluppo di competenze in un certo ambito disciplinare.
Ogni ambito disciplinare è caratterizzato da specifiche tecniche che sono procedure operative per risolvere compiti relativi a tale ambito.
Per affrontare compiti nell’ambito di una disciplina occorre imparare ad usare specifiche tecniche che, per ragioni di efficienza nello sviluppo di ogni attività, devono diventare routine.
Osserviamo però che se l’attività didattica si riduce all’appropriazione e all’uso di specifiche tecniche, essa può diventare prescrizione, una serie di ricette da applicare in compiti meccanici, ripetitivi, necessariamente decontestualizzati o con scarsi riferimenti ad un contesto che dia significato al loro uso (si pensi per esempio ad esercizi meccanici in campo aritmetico per lo sviluppo delle tecniche delle operazioni, o a esercizi in campo linguistico di consolidamento tecnico). Con questo approccio gli studenti mostreranno grosse difficoltà ad usare la tecnica quando serve o a giustificare perché essa è stata usata in quel contesto. Questo approccio purtroppo è quello che molto spesso caratterizza l’insegnamento agli alunni con ritardi nell’apprendimento in un certo ambito disciplinare. Gli alunni disabili, come è noto, a causa dei loro deficit presentano molto spesso ritardi e difficoltà di apprendimento nei vari ambiti disciplinari.
Noi pensiamo che concentrando l’attenzione solo o principalmente sugli aspetti mancanti si perdano di vista di vista i bisogni complessivi dell’individuo e di conseguenza non si riesca a realizzare un contesto educativo appropriato in grado di favorire lo sviluppo dei processi cognitivi coinvolti nell’uso funzionale di una tecnica o nella sua giustificazione.
Per esempio lo sviluppo dei processi cognitivi coinvolti nell’anticipazione e pianificazione di una strategia di azione, nella produzione di ipotesi e di argomentazioni, nella interpretazione di un testo o di un effetto relativo ad un’azione condotta non possono essere compresi sganciati dalle forme culturali e dalle pratiche sociali che caratterizzano l’attività entro la quale tali processi risultano coinvolti.
I risultati di ricerca sviluppati negli ultimi 15 anni all’interno di differenti quadri teorici della Distributed Cognition, dell’Activity Theory, e della Situated Action (rif) concordano sul fatto che il contesto condiziona fortemente lo sviluppo dei processi cognitivi, non solo nel senso di favorirli o limitarli, ma nel senso di determinarli. Questi risultati di ricerca ci portano a ritenere che nello sviluppo di competenze disciplinare in cui sono coinvolti importanti processi cognitivi come quelli prima menzionati, l’attenzione debba essere messa in relazione non solo a ciò che manca (tecniche di base), ma alla persona disabile considerata nel complesso dei suoi bisogni che devono trovare risposte (almeno parziali) nel contesto educativo in cui si sviluppa l’attività di insegnamento/apprendimento.
Questo comporta che nella pratica didattica venga valutato attentamente come equilibrare la relazione tra disabilità e sviluppo di tecniche specifiche con la relazione tra disabilità e bisogni complessivi del bambino.
In questo quadro anche l’uso di tecnologie deve essere visto non solo in relazione allo sviluppo di specifiche tecniche ma come strumento in grado di strutturare un contesto educativo nel quale possano emergere i processi cognitivi che risultano coinvolti nell’uso funzionale di una tecnica o nella sua giustificazione.
Cercheremo di sviluppare questa problematica attraverso un esempio relativo all’insegnamento della lettura e della scrittura con bambini sordi.
L’uso di un sistema di comunicazione sincrona in rete (meglio conosciuti come sistemi di Chat) consente di strutturare un contesto comunicativo che prende vita in una sorta di dialogo basato sull’uso della lingua scritta. La lingua scritta storicamente viene utilizzata per realizzare monologhi e non dialoghi. Monologo e dialogo sono due situazioni comunicative profondamente diverse. Il dialogo avviene in interazione con un interlocutore che fornisce costantemente feedback e che collabora alla riuscita del dialogo stesso. Il dialogo richiede meno pianificazione anticipata rispetto al monologo; il contesto del dialogo fornisce costantemente indicazioni e suggerimenti per la comprensione di quanto trasmesso dall’interlocutore.
Per lo sviluppo di un dialogo a distanza basato sull’uso della lingua scritta i sistemi di comunicazione sincrona offrono vari tipi di ausili e più in particolare:
- possibilità di avvalersi di una memoria esterna come supporto per la pianificazione del discorso;
- disponibilità sullo schermo in ogni momento dei messaggi inviati dall’interlocutore;
- possibilità di accedere all'intera registrazione scritta del dialogo intercorso fra un utente ed il suo interlocutore;
- possibilità di modificare e correggere ogni frase prima di inviarla.
Queste possibilità di azione offerte dalla tecnologia di rete consentono di strutturare vari tipi di contesti educativi in grado di determinare effetti che hanno una grande importanza sul piano dell’apprendimento della lingua scritta con i bambini sordi (Bottino & Al, 1995).
Effetti motivazionali
Il dialogo mediato da computer crea le condizioni perché il bambino possa soddisfare il bisogno di estendere i propri contatti comunicativi con soggetti diversi in un rapporto facilmente controllabile che offre la possibilità di capire e di farsi capire. Nelle sperimentazioni compiute per esempio l'aumento della motivazione alla comunicazione emerge chiaramente dai protocolli di osservazione, dall'eccitazione che si manifestava nei bambini nel momento in cui si apprestavano ad utilizzare il calcolatore per effettuare un dialogo e dal disappunto che traspariva quando dovevano interrompere la comunicazione o quando la comunicazione si interrompeva perché cadeva la linea (Bottino & Chiappini, 1995). L'aumento della motivazione si riflette a sua volta nell'impegno degli alunni nel compiere le attività di lettura e scrittura connesse con la realizzazione del dialogo, creando le condizioni per sviluppi sul terreno cognitivo oltre che su quello della dell'autonomia.
Effetti Cognitivi
Gli effetti cognitivi principali che hanno accompagnato le attività degli alunni con la tecnologia di rete riguardano principalmente lo sviluppo di processi connessi con la previsione del contenuto, nelle attività di lettura, lo sviluppo delle capacità di pianificazione, nelle attività di scrittura e lo sviluppo delle competenze lessicali e sintattiche della lingua scritta.
Sviluppo di capacità di previsione nella lettura
Il contesto comunicativo in cui si realizza il dialogo favorisce lo sviluppo dei quei processi di anticipazione che sono indispensabili per giungere ad una piena comprensione del significato contenuto in un dato messaggio. In fase di comprensione del testo ricevuto, la ricostruzione del significato si basa in modo evidente sull'attività di anticipazione compiuta dal bambino all'atto di formulare la domanda o sulla base dello sviluppo del dialogo; ciò gli permette di sorvolare su molti errori presenti nella struttura della frase ricevuta e di ricostruirne il significato lasciandosi guidare soprattutto da ciò che egli "si aspetta di trovare" nel messaggio o da ciò che può essere suggerito dalla dinamica del processo comunicativo in atto. Notiamo che questa capacità di anticipazione del significato risulta spesso assente nelle attività di lettura dei bambini sordi. La mancanza di anticipazione riduce molto spesso l'attività di lettura ad un mero esercizio tecnico articolatorio.
Sviluppo di capacità di pianificazione nella scrittura
L'interazione con un destinatario reale consente di sviluppare i processi cognitivi necessari per identificare e per precisare il suo scopo comunicativo e per pianificare in modo conseguente l'azione comunicativa. Il seguente esempio, (Chiappini ***) esemplifica molto bene questo effetto cognitivo che accompagna l'attività del soggetto in questo contesto.
“Attraverso la LIS (Italian Sign Language) abbiamo proposto ad un gruppo di 4 bambini una nota situazione problematica (100 soldati devono attraversare un fiume utilizzando la barca di due bambini che ha alcune limitazioni per il trasporto) e abbiamo richiesto loro di trovare una soluzione. Eseguito il confronto delle strategie risolutive, grafiche e mimiche, che i bambini avevano realizzato è stato chiesto loro di produrre un testo scritto per il problema al fine di proporlo successivamente ad altri bambini. Nella costruzione del testo tutti i bambini hanno inserito non solo informazioni utili alla comprensione della situazione problematica, ma anche parti descrittive della loro strategia risolutiva. I bambini, cioè, sembravano incapaci di una pianificazione cosciente in relazione allo scopo contenuto nella consegna.
E' stato poi chiesto ad uno di questi bambini di collegarsi, tramite il calcolatore, con un bambino di un'altra scuola per proporgli il testo che aveva scritto.
Dopo i preliminari di rito ("ciao sono..."), il bambino ha esplicitato al proprio destinatario lo scopo del collegamento ("un problema"). Si è quindi reso conto improvvisamente che il testo che aveva prodotto precedentemente non era adatto e perciò ne ha prodotto uno nuovo in modo che fosse maggiormente adeguato allo scopo.
Il contesto comunicativo mediato dal calcolatore ha costretto il bambino a prendere in considerazione il modo in cui il suo interlocutore avrebbe utilizzato il testo che andava producendo. Tutto ciò ha portato il soggetto a precisare il proprio scopo comunicativo e a pianificare, in relazione ad esso, in modo coerente, la propria azione comunicativa.”
Appropriazione di strutture linguistiche a sviluppo lessicale
Le particolari caratteristiche della situazione comunicativa favoriscono processi di appropriazione delle forme e della funzionalità di strutture linguistiche e il potenziamento delle capacità lessicali del soggetto.
Per esempio in una sperimentazione una bambina sorda, durante la realizzazione di dialoghi con una adulta sorda, è stata esposta con regolarità all'uso della struttura riflessiva che non padroneggiava. Tale struttura veniva utilizzata in modo deliberato e ricorrente dall'adulta sorda nelle frasi che inviava alla bambina durante il dialogo in rete (“questa mattina mi sono alzata tardi, mi sono lavata….”). La situazione di dialogo permetteva alla bambina di cogliere facilmente il significato contenuto nei messaggi ricevuti. Le domande che venivano effettuate dall'adulta sorda erano inoltre formulate in modo da spingere l'alunna a riutilizzare la struttura a cui era esposta (i.e. “Tu cosa hai fatto questa mattina?”). Abbiamo osservato che in questo modo si creavano condizioni che permettevano un processo di appropriazione "spontaneo" della struttura linguistica a cui la bambina è esposta.
Inoltre questo contesto comunicativo ha messo in evidenza potenzialità notevoli per lo sviluppo lessicale dei bambini sordi. Di fronte ad un termine sconosciuto che non permette di cogliere il senso complessivo della frase, cioè di capire l'intenzione comunicativa del proprio interlocutore il comportamento prevalente che abbiamo osservato nei bambini è di chiedere esplicitamente spiegazioni (i.e. cosa vuol dire ....). La "naturalità" di questo comportamento (chiedere spiegazioni) può essere solo riferito contesto comunicativo in cui il bambino opera; questo non è infatti il comportamento naturale del bambino sordo nell'attività didattica ordinaria quando incontra un termine sconosciuto o quando si accorge di non aver capito. Anzi nell'attività di lettura ordinaria capita molto spesso che il bambino non si accorga di non aver capito.
Equilibrio tra sviluppo di capacità e bisogni comunicativi nel corso delle attività
Un aspetto centrale della progettazione del contesto educativo riguarda la scelta delle soluzioni più efficaci per equilibrare l'esigenza di dare contemporaneamente risposte allo sviluppo e padronanza di tecniche e a quelli più strettamente comunicativi. Nella sperimentazione descritta la scelta compiuta è stata quella di cercare di rispondere ai due bisogni con una scansione temporale permessa dalle particolari caratteristiche della situazione di comunicazione. Durante l'attività comunicativa tutta l’attenzione deve essere posta sulla riuscita del processo comunicativo; correzioni, spiegazioni da parte dell’insegnante possono essere effettuate, su esplicita richiesta del bambino, solo per favorire tale processo.
La riflessione sulla struttura delle frasi prodotte, le eventuali correzioni, le attività di consolidamento tecnico attraverso esercizi ad hoc possono essere effettuate solo dopo che l'attività comunicativa è terminata, lavorando sulla stampa del dialogo o utilizzando altro materiale o software specifico, per esempio del tipo drill and practice.
Notiamo che in questo modo anche la successiva attività di riflessione, di correzione e di consolidamento tecnico risulta valorizzata in quanto necessaria per poter meglio comunicare con i propri interlocutori e migliorare le proprie prestazioni nell'utilizzo della lingua scritta.
Tecnologie didattiche e integrazione nell’accesso e nell’appropriazione di nuove conoscenze
Abbiamo visto che ogni tecnologia che aiuti a superare un limite operativo, consente all’alunno disabile di esprimere al meglio le proprie potenzialità e di raggiungere risultati proporzionali alle capacità e all’impegno dedicato.
Abbiamo altresì sottolineato che le tecnologie possono svolgere un ruolo cruciale nello strutturare contesti educativi in grado di sviluppare specifiche competenze disciplinari e i processi cognitivi in esse coinvolti.
Cercheremo ora di mettere in risalto come le tecnologie didattiche, sotto appropriate condizioni d’uso, possano svolgere un ruolo cruciale per consentire all’alunno disabile di apprendere nuove conoscenze e contenuti nel rispetto delle modalità di accesso alle informazioni a lui più appropriate.
L’accessso a nuove conscenze é storicamente basato sul libro stampato, cioé su una organizzazione della conoscenza sequenziale, mono-bi mediale, delimitata in uno spazio chiuso.
Oggi con gli ipertesti, la multimedialità e l’ipermedialità supportati dalla moderna tecnologia l’organizzazione della conoscenza può esssere strutturata in forme associative, differenti sistemi simboloci, in aggiunta a quelli del libro stampato, possono essere utilizzati per rappresentarla, la dimesione “iper” sostituisce la sua delimitazione in uno spazio chiuso, offrendo possibilità di navigare in essa e quindi flessibilità nell’accesso e personalizzazione.
Questa diversa organizzazione della conoscenza permette di strutturare ambienti di apprendimento caratterizzati da nuove dimensioni di approccio e di interazione con essa : multisensorialità, nuovi equilibri tra linguaggi analogici e digitali, naturali e formali, tra gioco e studio, tra mente e corpo, ampliamento cooperativo (Calvani, ***).
E’ stato messo in evidenza da più parti che queste nuove possibilità di appropriazione di conoscenza possono essere di grande aiuto per consentire il superamento di difficoltà in situazioni di disabilità, ma, in assenza di possono costituire delle nuove barriere e quindi portare a nuove forme di svantaggio.
L’uso delle tecnologie come aiuto per l’accesso alla conoscenza può essere proposto a livelli diversi e con forme diverse, nel pieno rispetto delle capacità del singolo individuo; in questa prospettiva epistemica acquista minore importanza la disabilità intesa come mancanza di abilità e di sapere; piuttosto assume rilievo l’ambiente, in continua evoluzione, delimitato ad ogni momento dalla differenza fra gli obiettivi didattici (stabiliti dal docente) e le potenzialità dell’alunno.
All’interno di questo spazio operativo-cognitivo le tecnologie occupano un ruolo dinamico, come strumenti per accedere al sapere in modo “attivo”, sia per conoscere sia per esprimere le proprie capacità operative.
L’accesso al sapere è il risultato della sinergia fra strumenti, capacità personali, contesto educativo.
Dal punto di vista dell’insegnante e dell’educatore il computer è uno strumento che, a seconda del modo con cui viene utilizzato, come strumento per imparare e come strumento di lavoro, può dare vita a diverse occasioni educative.
Per esempio, se imparare viene inteso soprattutto come acquisizione di conoscenze, il computer potrà essere usato come uno strumento che rafforza tale processo, sfruttando le potenzialità di quei software che puntano sulla qualità e quantità delle informazioni che l’utente può assimilare (ad esempio eserciziari e opere di consultazione); sarà determinante la facilità che il computer può garantire a tale scopo.
In particolare gli alunni ipovedenti traggono beneficio dalla possibilità di consultare enciclopedie e dizionari elettronici, in quanto le funzionalità di ricerca delle voci sopperiscono all’enorme difficoltà pratica di eseguire le stesse operazioni con i dizionari cartacei e gli ausili ottici comunemente usati (lenti, occhiali o videoingranditori).
Analogo discorso vale per alunni ciechi, per i quali la disponibilità di testi in formato elettronico ha reso disponibile/accessibile il sapere in un formato condivisibile con altri, a differenza dei testi in codice braille.
Se l'obiettivo dell'apprendimento è quello di sviluppare la capacità di applicare competenze acquisite, si potranno utilizzare tutti quei programmi che sviluppano il processo di trasferimento delle competenze dai contesti originari di acquisizione ad altri nuovi (ad esempio problem solving, giochi di strategia, di simulazione...).
Indipendentemente dallo stile di insegnamento scelto, le TD possono cambiare l'insegnamento da un modello di tipo trasmissivo del sapere a uno più collaborativo; in un ambiente didattico in cui l'apprendimento sia favorito dall'interazione degli studenti, tutti, supportati sia da idonei materiali sia dal docente nel ruolo di orientatore/facilitatore di processo.
In quest’ottica riteniamo anche Internet un moderno strumento usabile in ambito educativo (per accedere a risorse informative, per la comunicazione interpersonale e per l’apprendimento collaborativo – come ci ricordano Trentin, 1998 e Calvani, 1999) - e come tale non può sottrarsi ai criteri di accessibilità ed usabilità (vedi paragrafo relativo).
Il docente: quali competenze tecniche e metodologiche?
Abbiamo cercato di dare una lettura ed una interpretazione delle problematiche che caratterizzano le relazioni tra tecnologie, disabilità ed integrazione scolastica e di suggerire il modo con cui affrontarle. Per fare ciò abbiamo discusso di bisogni speciali, di didattica speciale, di accessibilità e di usabilità delle tecnologie didattiche, da un lato quindi abbiamo messo in evidenza quelle che sono le necessità specifiche di uno degli attori del processo educativo, dall’altro abbiamo messo in evidenza quelle che possono essere le soluzioni strumentali a questi bisogni. Ma vi è un altro attore in questo processo, non meno importante, che facilita l’agire educativo, che si pone come mediatore tra i bisogni degli alunni e le tecnologie: il docente.
Riteniamo opportuno dedicare, a questo punto della nostra trattazione, uno spazio ad una riflessione sul ruolo che il docente assume in questa nuova prospettiva didattica e su quali competenze deve fondarsi la sua formazione.
Ad una competenza strumentale di base sulle tecnologie si deve affiancare una competenza metodologica: per poter usare le tecnologie didattiche non basta conoscerle, bisogna saperle scegliere in funzione dei propri obiettivi educativi, inserirle correttamente nella progettazione didattica, bisogna acquisire un “metodo” per farne uno strumento “utilizzabile” ed “utile”, uno strumento che sia in grado di offrire alla pratica didattica un valore aggiunto significativo.
Dietro alle competenze metodologiche c’è una serie di informazioni, di conoscenze, di esperienze condivisibili che devono poi essere maturate, elaborate da ciascun docente in prima persona confrontandole con la propria esperienza pregressa, con la propria sensibilità, con le proprie conoscenze e in particolare con tutte quelle “competenze didattiche e pedagogiche” che da sempre hanno caratterizzato e qualificato la sua attività: competenze tradizionali che trovano ora anche un nuovo strumento tecnologico su cui fare affidamento.
Il docente ha il compito delicato di riflettere sulla necessità e sulle modalità di utilizzo di strumenti di aiuto, nelle situazioni scolastiche concrete che mettono alla prova le capacità di ogni alunno. Le tecnologie possono permettere di personalizzare fortemente l’approccio al sapere dell’alunno, tramite opportune proposte metodologiche, nel rispetto delle differenze e dei bisogni individuali.
E’ importante che gli strumenti consentano a tutti l’accesso ai contenuti e ai processi, siano “usabili” in senso lato; come abbiamo visto, nel contesto didattico il significato di termini quali accessibilità e usabilità trascende il livello tecnico, nel senso più ampio di mezzi per raggiungere un obiettivo. A tal fine il docente può agire in diversi modi.
Il docente deve reperire informazioni dettagliate sulla patologia del soggetto, sui suoi bisogni e sulle sue capacità residue.
Deve saper instaurare un rapporto collaborativo con tutte le figure che sono impegnate nel costruire un percorso formativo che risponda al meglio alle sue esigenze per favorirne l’integrazione.
Deve conoscere la situazione psicologica e relazionale del soggetto per poter avere un approccio il più costruttivo possibile per valorizzare la sua diversità e favorirne l’integrazione.
L’insegnante dovrebbe disporre con discrezione la postazione del disabile all’interno del gruppo classe, in modo che tutta la classe si senta a proprio agio.
Deve verificare che l’alunno abbia a disposizione la strumentazione che gli spetta e che sia adeguata, funzionante e funzionale ai suoi bisogni.
Deve inoltre saper scegliere gli strumenti adeguati allo svolgimento di determinate attività in un contesto comune, finalizzate al raggiungimento di determinati obiettivi. Tali attività dovranno prevedere momenti individuali in autonomia e momenti collaborativi. Nel lavoro di gruppo è necessario convincere il disabile che la sua attività è parte integrante di un’attività comune. Deve sapere che il suo lavoro è complementare a quello degli altri, quindi necessario, e che i suoi sforzi sono finalizzati al raggiungimento di un obiettivo comune. In questo contesto naturalmente è necessario valorizzare ciò che l’alunno sa fare e partire proprio da questo.
Il docente deve anche assumere il ruolo di mediatore del sapere e contemporaneamente di facilitatore nell’uso delle TD. Deve cercare di rendere usabile ciò che non lo è, pur essendo accessibile; ad esempio, di fronte alla navigazione di un sito semplice ma con dei contenuti difficili dal punto di vista lessicale, il docente dovrebbe avere un ruolo di supporto nella decodifica dei significati.
Un docente dovrebbe anche essere sensibile alle modalità di apprendimento che lo studente privilegia e sfruttarle in modo da personalizzare l’apprendimento facilitandolo; questo può essere possibile anche preparando ad hoc delle attività per lui.
Se il docente potrà disporre di tutte le metacompetenze necessarie per appropriarsi di quel mondo della didattica “speciale” supportata dall’elaboratore, potrà rendersi attore di un intervento didattico più efficace e rivolto alla speciale normalità degli alunni.
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Riferimenti bibliografici
AGGIUNGERE QUELLI DI GIAMPAOLO
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Le Moli G., ...................................................................... 2000
Fonte: Rapporto MIUR - EDS, 2003: L’handicap e l’integrazione nella scuola, Febbraio 2003
Tra le discipline che possono dare un apporto efficace allo studio dell’usabilità, la HCI si occupa di quegli aspetti che affrontano la produzione di interfacce Web. Per la precisione, la HCI riguarda la progettazione, la valutazione e l'implementazione di sistemi interattivi per l'uso da parte degli esseri umani. (Definizione tratta da http://usability.babel.it/index.htm)
Principi di progettazione secondo i quali si deve sempre tener conto della varietà di esigenze di tutti gli utenti; nel campo informatico la progettazione universale è strettamente connessa al problema dell'accessibilità e ha come punti di riferimento principali l'equità e la flessibilità, l'uso semplice ed intuitivo, l'informazione accessibile, la tolleranza agli errori, lo sforzo fisico minimo, lo studio di dimensioni e spazi adatti a qualsiasi utente, senza limiti per la capacità di movimento, la postura e la dimensione del corpo. Definizione tratta dal Glossario curato da F. Fogarolo, sul Portale Handitecno (http://www.indire.it/handitecno/).
Una tecnologia assistiva è un insieme di soluzioni tecniche hardware e software che forniscono configurazioni di postazione di lavoro adattate alle necessità speciali e alle preferenze degli utenti, permettendo loro di superare o ridurre le condizioni di svantaggio dovute ad una specifica disabilità. Definizione tratta dal Glossario curato da F. Fogarolo, sul Portale Handitecno (http://www.indire.it/handitecno/).
Letteralmente "Lettore di Schermo", software di lettura a scansione che consente ad un utente non vedente di conoscere il contenuto dello schermo nei sistemi operativi con interfaccia grafica (es. Windows). Lo screen reader fornisce in modo testuale, leggibile quindi con il display braille o la sintesi vocale, le informazioni necessarie sia sul contenuto delle varie finestre (ad esempio il testo che vi è inserito) sia sulla loro organizzazione (titolo, barra dei menu, presenza di icone o pulsanti ecc.) [...] Definizione tratta dal Glossario curato da F. Fogarolo, sul Portale Handitecno (http://www.indire.it/handitecno/).
Programmi realizzati espressamente per utenti ipovedenti al fine di consentire loro l’utilizzo del PC in modo autonomo, ingrandendo le parti dello schermo che, per le dimensioni troppo ridotte degli oggetti, non sarebbero altrimenti accessibili. Gli ingranditori di nuova generazione sono in genere associati ad una sintesi vocale. Definizione tratta dal Glossario curato da F. Fogarolo, sul Portale Handitecno (http://www.indire.it/handitecno/).
Tastiere espressamente destinate a specifiche tipologie di utenza, ad esempio tastiera espansa, facilitata, braille, unimanuale, ridotta ecc.
Sistema in grado di riconoscere la voce umana, di dare comandi al computer e inserire testi senza usare la tastiera. Rappresenta un buon sistema di input alternativo per utenti disabili, purché siano in grado di parlare in modo sufficientemente chiaro e comprensibile. Tutti questi sistemi richiedono una breve fase di addestramento necessaria per far memorizzare alla macchina la pronuncia dell'utente. Definizione tratta dal Glossario curato da F. Fogarolo sul Portale Handitecno (http://www.indire.it/handitecno/).
Termine che indica genericamente un interruttore; anche i sensori sono switch. Alcune periferiche dispongono di piccoli interruttori (chiamati in questo caso microswitch) destinati alla personalizzazione dell'apparecchio secondo le condizioni di impiego o le preferenze dell'utente. Definizione tratta dal Glossario curato da F. Fogarolo, sul Portale Handitecno (http://www.indire.it/handitecno/).
ISO 9241 'Ergonomic requirements for office work with visual display terminals (VDTs)'
E' lo standard che definisce i requisiti ergonomici per il lavoro di ufficio con i videoterminali. Si compone di 17 parti, ciascuna delle quali tratta aspetti specifici che influenzano il lavoro a terminale e di cui va quindi tenuto conto.
Sistema che consente di far pronunciare al computer qualsiasi testo [...] Definizione tratta dal Glossario curato da F. Fogarolo sul Portale Handitecno (http://www.indire.it/handitecno/).
Dispositivo che, connesso al computer, consente di leggere con il tatto (facendo scorrere i polpastrelli sulla barra), il testo che compare sul video, automaticamente convertito in codice Braille [...] Definizione tratta dal Glossario curato da F. Fogarolo sul Portale Handitecno (http://www.indire.it/handitecno/).
Fonte: http://sites.itd.cnr.it/itales1/capitolo3_dis.doc
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