Televisione e comunicazione

Televisione e comunicazione

 

 

 

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Televisione e comunicazione

 

A) FINALITA’ DELL’ISTITUTO:

1) FORMAZIONE DEL CITTADINO DEMOCRATICO
2) SVILUPPO DELLA CAPACITA’ CRITICA
3) EDUCAZIONE AI DIVERSI LINGUAGGI

B) OBIETTIVO FORMATIVO O DIDATTICO DELLO STUDENTE - EDUCAZIONE AL LINGUAGGIO DELLA TELEVISIONE


TELEVISIONE

L’ERA DEI MEZZI DI COMUNICAZIONE.

Se per poter comunicare occorre un sistema di segni (lingua, codice, linguaggio) conosciuto sia dall’emittente che dal ricevente, e se le forme più antiche di linguaggio sono quella gestuale, basata sul senso della vista, e quella orale, basata sul senso dell’udito, seguite da quella scritta, basata sui sensi della vista e del tatto, e risalente a 5.000/6.000 anni fa, è pur vero che la moderna comunicazione audiovisiva è una forma più completa di comunicazione, perché si basa sia sul senso dell’udito che su quello della vista.

Ricordiamo alcune date
(cronologia del percorso storico di
- pubblicità
- televisione
- computer):

1482, 17/10, Jean du Pré realizza il primo manifesto della storia per il grande perdono di Notre Dame di Reims;
1498, Pierre Le Caron pubblica un piccolo manifesto per l’entrata di Luigi XII a Parigi;

1609, gazzette settimanali in Germania ed Olanda;
1620, gazzette settimanali in Francia;
1622, gazzette settimanali in Inghilterra;
1629, primo annuncio pubblicitario sul “Mercurius Britannicus”;
1631, primo annuncio pubblicitario sulla “Gazette” di Parigi;
1639, il primo giornale italiano, “La Gazzetta di Genova”;
1657, 22/6, “The Public Advertiser” annuncia che “In Bishopgate Street, a Queen’s Head Alley, è in vendita una eccellente bibita proveniente dalle Indie, chiamata cioccolata”;
1660, il primo quotidiano della Storia si pubblica a Lipsia;
1623, calcolatore ad orologeria di W.Schickard;
1642, macchina da calcolo di B.Pascal (la 'pascalina');
1671, prototipo del calcolatore meccanico di Leibniz;
1691, sul “Protogiornale veneto perpetuo” il primo annuncio pubblicitario italiano vanta “le virtù ammirabili dell’Aqua della Regina d’Ongaria, fabbricata dal signor Niquaquert, profumiere del sig. Duca d’Orleans”;

1701, modello di calcolo binario di Go. Leibniz;
1775, calcolatrice di Ch. Stanhope basata sul prototipo di Leibniz;
1776, calcolatrice di M. Hahn;
1786, 'difference engine': proposta di J.H. Mueller per una calcolatrice più complessa;

1803, 'automazione' a schede perforate dei telai Jacquard;
1805, primo telegrafo ottico in Italia;
1806, 'carta carbone' per la copiatura;
1808, prima macchina per scrivere di Turri;

1820, 'aritmometro' di Ch.X.Th. de Colmar, prima calcolatrice messa in commercio in pochi esemplari;
1823, 'difference engine' di Ch. Babbage, modello dell'elaboratore (computer) odierno;
1826, Nièpce e 1835, Daguerre alle origini della fotografia;
1829, alfabeto Braille;
1834, 'analytical engine' di Ch. Babbage;
1835, il banchiere Charles-Louis Havas fonda la prima agenzia di stampa al mondo, gestendo la pubblicità per i giornali abbonati al suo servizio (oggi Havas è uno dei grandi gruppi mondiali della pubblicità); costruzione in USA del telegrafo elettromagnetico di Morse;
1836, l giornalista Emile de Girardin pubblica “La Presse”, la cui quarta pagina è dedicata ad annunci pubblicitari a pagamento;

1843, collaborazione all' <analytical engine> di Lady Lovelace, cioè di Ada Byron, figlia del poeta, che anticipa di un secolo il moderno elaboratore (computer) ed è considerata 'il primo hacker del mondo' ('hacker', tecnico informatico appassionato, ma anche scorretto);
1844, trasmissione tra Washington e Baltimora mediante telegrafo del primo messaggio in alfabeto Morse;
1847, modello semplificato (realizzato soltanto nel 1989-'90) della 'difference engine' di Ch. Babbage;
1848, G. Boole fissa i modelli algebrici usati novant'anni dopo negli elaboratori a calcolo binario e le 'formule booleane' utilizzate in Internet;
1849, appare per la prima volta il termine ‘pubblicità’;

1851, a Londra, all’Esposizione internazionale delle arti e delle industrie, viene stampato il primo catalogo illustrato dei prodotti; aprono i primi grandi magazzini; per le strade girano uomini-sandwich;
1853, G. ed E. Scheutz a Stoccolma realizzano una macchina funzionante secondo le indicazioni di Ch. Babbage;
1855, moderna macchina per scrivere di G.Ravizza;
1857, primo modello di telefono di Meucci;

1861, prima cartolina postale negli USA; all’esterno dei vagoni della nuova metropolitana di Londra appaiono manifesti commerciali: nasce la pubblicità dinamica;
1863, la prima concessionaria di pubblicità italiana viene fondata a Milano dai farmacisti Carlo Erba ed Attilio Manzoni;
1866, cavo sottomarino telegrafico transatlantico;

1871, il telefono di Meucci (e I. Manzetti, e Bell, 1876);
1874, prima macchina dattilografica della Remington;
1877, il fonografo o 'dittafono' (registratore della voce su cilindro) di Edison;

1881, stereofonia del francese Ader;
1884, la 'ruota di Nipkow', primo esperimento elettromeccanico di televisione, operato in Germania da P. Nipkow mediante schede perforate rotanti e strutturanti immagini da trasmettere elettricamente; prima penna stilografica Waterman, USA;
1885, produzione in serie di una calcolatrice più compatta del precedente 'aritmometro' sulla base dei progetti indipendenti di F. Baldwin (USA) e W.T. Odhner, svedese operante in Russia;
1886, invenzione della 'linotype' per una stampa meno costosa e più veloce (O: Mergenthaler, USA);
1887, macchina monotype per la stampa dello statunitense Lanston;
1888, sperimentazione delle onde elettromagnetiche (già previste in teoria da Maxwell nel 1865) da parte del fisico tedesco Heinrich Hertz; primo grammofono a disco di E. Berliner; la macchina fotografica, Kodak, di George Eastman; il 'contometro' (tastiera) di D. Felt;
1889, prima calcolatrice stampante di D. Felt;

1890, applicazione di schede perforate alle macchine da calcolo (H. Hollerith e J. Powers, USA);
1891, Toulouse Lautrec produce ‘Moulin Rouge-La Gouloue, il suo primo lavoro per la pubblicità; 'kinematograph' di Th. Edison;
1892, nasce l'industria delle macchine da calcolo (calcolatrici) sulla base dei concetti di Felt;
1893, 'cinematograph' ideato da L. Bouly;
1895, il telegrafo senza fili di Marconi (esperimenti nella villa paterna di Pontecchio, Rovigo); il cinema dei fratelli Lumière, i fumetti, le gomme per le automobili; la commutazione elettromeccanica delle linee telefoniche, i raggi X di Roentgen;
1897, il tubo catodico del fisico tedesco K.F. Braun (premio Nobel nel 1909 insieme a G. Marconi); Marconi effettua il primo collegamento senza fili tra UK e Francia;
1898, invenzione del 'sistema sintonico' che mette in sintonia o accorda le frequenze dell'apparecchio trasmittente con quello ricevente, facilitando le trasmissioni senza fili;

1901, 12.dic., primo collegamento radiotelegrafico transatlantico tra Poldhu (Cornovaglia, UK) e San Giovanni di Terranova (Canada) in alfabeto Morse;
1902, a Milano prima incisione su disco di brani lirici cantati da E. Caruso;
1906/'07, triodo (Audion) o valvola termoionica, la prima componente elettronica, dello statunitense Lee De Forest; pubblico servizio di radiotelegrafia transatlantica gestito dalla società 'Marconi'; sperimentazione di trasmissioni radiofoniche;
1919, nasce in USA la RCA (Radio Corporation of America), che acquista l'American Marconi;

1920, prima emittente radiofonica a Pittsburg (USA);
1922, primo comunicato radiofonico pubblicitario negli USA1924, la radio in Italia;
1923, negli USA manuale per la pubblicità di Claude Hopkins: “Scientific advertising”;
1925, primi esperimenti televisivi in UK; 'dailygraph', registratore magnetico di K. Bauer (Germania);
1926, nasce in USA la Nbc (National Broadcasting Company), prima società radiofonica statunitense; nel Regno Unito la televisione meccanica dello scozzese John Baird; primi comunicati radiofonici commerciali in Italia;
1927, nasce la Cbs (Columbia Broadcasting System), seconda società radiofonica statunitense; esce "Il cantante di jazz" (USA) di Alan Crosland, interpretato da Al Jolson, il primo film sonoro-musicale;
1928, nasce l'EIAR (Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche); il cav. Gazzoni pubblica un manuale per la pubblicità: “Vendere, vendere, vendere”;
1929, esperimenti di tv a colori in USA;

1931, nasce Radio Vaticana;
1932, TV elettronica sperimentale in USA;
1935, la TV inizia in Germania; invenzione della pellicola a colori (solo più tardi utilizzata nei films); 'magnetofono', registratore della AEG (Germania); Ibm 601, calcolatore a schede perforate della IBM (International Business Machines), prodotto in 1500 esemplari;
1936, la TV inizia nel Regno Unito;
1937, la TV inizia in Francia; il radar (radio detecting and ranging) in USA; A.M. Turing a Cambridge espone una teoria matematica che semplifica la progettazione di un computer, che viene realizzato da G. Stibitz dei Bell Laboratories a New York ('la macchina di Turing' è uno dei primi calcolatori binari), poi sviluppato nel 1940 insieme a S. Williams;
1938, la TV inizia in URSS; K. Zuse ed H. Schreyer sviluppano a Berlino un prototipo di elaboratore meccanico programmabile basato sul calcolo binario e sull'algebra booleana, usando pellicole cinematografiche al posto di schede perforate;
1939, la TV inizia in USA e in Italia; Zuse e Schreyer lavorano ai missili da bombardamento V2; J. Atanasoff e C. Berry (Yowa State University) realizzano il primo calcolatore a valvole elettroniche;

1940, anche Schreyer sperimenta soluzioni 'a valvole' per l'elaboratore;
1941, Schreyer realizza un elaboratore elettronico;
1943, nasce l'Abc (American Broadcasting Company), terza società radiofonica statunitense; nasce 'Colossus', primo enorme calcolatore logico programmabile a valvole, costruito in Gran Bretagna per motivi militari connessi alla decifrazione segreta dei codici cifrati nemici (tedeschi);
1944, nasce la RAI (Radio Audizioni Italiane), mentre l'EIAR continua nella Repubblica Sociale fascista;
1945, progetto non realizzato 'Memex' dello scienziato V. Bush, che propone una rete mondiale di condivisione della conoscenza;
1946, l’elaboratore o computer ENIAC (Electronic Numerical Integrator And Computer) di J.Eckert e J.Mauchly dell'Università di Pennsylvania (USA), enorme progenitore dei computer elettronici;
1947, 'Ukusa', sistema di intercettazione delle comunicazioni, frutto di un accordo tra servizi segreti britannici e statunitensi, progenitore di 'Echelon' (1980);
1948, opera in Italia ‘Lintas’, la prima agenzia pubblicitaria statunitense; il transistor (Transductance Resistor) dei laboratori Bell (At&t) sostituisce le valvole termoioniche, facendo della radio il primo mezzo di comunicazione mobile e aprendo la strada alla 'miniaturizzazione' dei circuiti elettronici; primi registratori su nastro magnetico; prima fotocopiatrice Xerox
1949, opera in Italia ‘Thompson’, una seconda agenzia pubblicitaria statunitense; Pasqua, primo messaggio televisivo di Pio XII; 'Edvac' (Electronic discrete variable computer), primo computer a nastro magnetico;

1950, nasce l'UER (Union Européenne de Radiodiffusion); la società statunitense di ricerche di mercato Nielsen comincia a diffondere gli indici di ascolto della televisione ai fini della vendita alle aziende degli spazi per la pubblicità televisiva; Y. Nakamata a Tokyo inventa il 'dischetto' (floppy disc), poi distribuito dall'Ibm;
1951, Ernest Dichter fonda negli USA l’Institute for motivational research; Univac, primo computer in vendita da parte della Remington Rand;
1952, prima funzione politica della televisione nell'elezione alla presidenza degli USA di Dwight Eisenhower;
1953, nasce in USA lo 'spot' (breve intervento) pubblicitario;
1954, 3 gennaio, la televisione in Italia; primo collegamento in Eurovisione;
1956, la videoregistrazione Ampex o Rvm (registrazione video-mgnetica); l'At&t posa un cavo telefonico transatlantico;
1957, Vance Packard, “I persuasori occulti”, analisi critica della pubblicità USA; lo 'Sputnik (4.10), primo satellite artificiale; 1957/1977, 'Carosello', breve inserto pubblicitario televisivo italiano; l'Ibm realizza il sistema Ramac (Random access method of accounting and control), progenitore dell' <hard disk>;
1958, J Kilby realizza il primo circuito integrato;
1959, prima macchina automatica fotocopiatrice Xerox; 'word processing' (Textverabeitung) di U. Steinhilper (Ibm Germania);

1960, primo ciclo di duelli politici televisivi fra i due candidati (Kennedy/Nixon) alla presidenza degli USA;
1961, il secondo canale televisivo in Italia;
1962, il primo satellite intercontinentale per telecomunicazioni 'Telstar' (laboratori Bell della At&t); videogioco 'Space War' dello studente del Mit (Massachusetts Institute of Technology), Steve Russel;
1964, Herbert Marcuse, “L’uomo a una dimensione”, analisi critica della società; 'Syncom', primo satellite geostazionario; Olimpiadi di Tokyo, primo evento internazionale trasmesso via satellite; costituzione di 'Intelsat', Consorzio internazionale per la comunicazione via satellite; 'Subscription tv', in California, prima sfortunata pay tv; P. Baran (Rand) delinea il 'networking', primo passo verso Internet; D. Englebert inventa il 'mouse';
1965, primo collegamento satellitare Europa-Nord America via Eurovisione; commutazione elettronica delle linee telefoniche (At&t); T. Nelson inventa il termine 'hypertext' e propone il progetto 'Xanadu', non realizzato, simile al 'Memex'; in Italia la Olivetti produce una calcolatrice elettronica, ideata da P.G. Perotto, chiamata 'Programma 101' ('la perottina'), da alcuni considerata un prototipo di 'desktop computer';
1966, P.Baran e P.Sweezy, “Il capitale monopolistico”; TV a colori nel Regno Unito (sistema tedesco Pal [Phase alternated lines], nella Repubblica di Francia (sistema francese Secam [Sequentiel couleur mémoire]) e nella Repubblica Federale di Germania (sistema Pal);
1967, primo esperimento di Mondovisione ((Eurovisione-Intervisione);
1968, primo esperimento di rete, basato sui principi di Rand, realizzato in Gran Bretagna dal 'National Physics Laboratory'; regolarizzazione (standardizzazione) dell'alfabeto ASCII (American Standard Code for Information Interchange); D. Engelbert dello 'Stanford Research Institute' presenta un sistema con tastiera, mouse e interfaccia 'a finestra', modello dei 'personal computer';
1969, nasce negli USA il canale pubblico Pbs; 20/21 luglio, diretta satellitare dello sbarco sulla Luna (28 ore continuative, 500 milioni di spettatori); ARPA lancia il progetto 'ArpaNet' per il collegamento di quattro università degli USA; primo protocollo di collegamento NCP (Network Control Protocol);

1970, sistema di videoregistrazione professionale 'u-matic' della Sony; nasce Unix, primo sistema operativo che può essere condiviso da computer diversi e che, nonostante le varianti anche commerciali, rimane 'opensource'; cioè con la disponibilità del 'codice sorgente' (originario); nasce il linguaggio di programmazione 'C', che favorisce lo sviluppo sia di Unix che di Internet; viene definito il concetto di 'spam' (pubblicità ingombrante);
1971, nasce la 'posta elettronica' ('e-mail'); R. Tomlinson definisce il programma per lo scambio di messaggi in rete; primo 'microchip'; l'ingegnere italiano F. Faggin per la 'Intel' realizza il processore 4004, progenitore dei microprocessori; viene avviato il protocollo TCP/IP; viene adottato per la posta elettronica il segno @ ('at'), chiamato in Italia 'chiocciola'; nasce il primo BBS (Bulletin Board Service o System = bacheca Internet = contenitore per consultazione) (CBBS di W.Christensen e R. Suess);
1972, escono le videocassette; 'Hbo' (a partire da New York), prima tv nazionale a pagamento via cavo ('pay tv') di successo; Telebiella, la prima TV privata italiana semiclandestina; videogiochi 'Computer Space' e 'Pong' di Nolan Bushnell, che fonda la società 'Atari';
1973, primi collegamenti internazionali con l'ArpaNet; viene avviato 'Ethernet', il sistema per collegare i computer in rete;
1974, in Italia la Corte costituzionale consente con la sentenza n. 202 la ricezione delle tv estere e l'impianto della tv via cavo locale, cioè la fine del monopolio RAI; nasce 'Telnet', il primo sistema che permette, a chi ha un accesso a un servizio nella rete, di collegarsi con un altro; nasce FTP (File Transfer Protocol);
1975, in Italia prima riforma della RAI (legge 103); videoregistrazione 'Betamax' della Sony;
1976, in Italia la Corte costituzionale consente l'emittenza privata locale; si diffonde la videoregistrazione 'VHS' (esempio delle conseguenze negative della concorrenza, in quanto il sistema 'Betamax', di qualità migliore, introdotto l'anno precedente, viene sostituito, per motivi commerciali, dal sistema 'VHS', di qualità inferiore); nasce UUCP (Unix to Unix copy), base dei newsgroup Usenet; viene prodotto il 'Cray 1', il primo 'super computer';
1977, Denis Haye inventa il modem (modulatore-demodulatore); viene prodotto Apple II, il primo vero personal computer (1977/'79); inizia la televisione a colori in Italia (sistema tedesco Pal);
1978, protocollo TCP/IP alla base di Internet; stampante laser; macchina da scrivere elettronica Olivetti; 'Tetris', gioco inventato in URSS da A. Pazhitnov;
1979, linguaggio di programmazione 'Ada' in onore di Ada Byron; produzione del cd (compact disk); inizia la Terza rete televisiva in Italia; nasce 'Wordstar', il primo programma di 'word processing' a larga diffusione; nascono i newsgroup Usenet; nasce Compuserve, il primo servizio commerciale online; K. MacKenzie inventa il primo 'emoticon' o 'smiley' (in italiano chiamato 'faccina'); esce 'MUD', il primo dei 'giochi di ruolo ' in rete;

1980, Echelon, servizio segreto elettronico di intercettazione delle comunicazioni (USA, UK, Australia, Nuova Zelanda); la società giapponese Nintendo presenta l'eroe del videogioco Mario, un idraulico italiano probabilmente negli USA, furbo e tenace, che supera ogni difficoltà;
1981, nasce BitNet (Because it's there network), che poi confluisce in Internet; l'Ibm costruisce il suo primo personal computer; vengono prodotti i primi personal computer portatili (molto pesanti); viene fondata Fininvest;
1982, Internet in Italia (CNUCE di Pisa); lettore laser di cd (compact disk); si diffondono i 'cloni' di computer Ibm, prodotti da altri, compatibili e venduti a prezzi inferiori; esce il 'Commodore 64', non compatibile, ma di ottima qualità e ad un prezzo accettabile (595 dollari); nascono i dischetti 'double side' da 320 k;
1983, il protocollo TCP/IP viene adottato e comincia la diffusione di Internet con la graduale prevalenza di Nsf-Net su ArpaNet; nasce il sistema DNS (Domain Name System); mentre cominciano i collegamenti fra BBS, che iniziano anche in Italia; W. Gibson pubblica 'Neuromancer' e inizia la leggenda del 'ciberspazio'; la Apple lancia MacIntosh;
1984, esce 'Wordperfect', programma di 'word processing' (negli anni '80 nasce anche RTF, Rich Test Format, utile per quasi tutti i 'word processor'); Fininvest compra la sua terza rete;
1985, Legge Craxi n. 10 del 1985 che legittima le tre reti private della Fininvest e fa nascere il duopolio (due centri di potere televisivo) della Rai e di Fininvest; nasce Whole Earth 'Lectronic Link (The Well), prima grande comunità online; nasce 'America online', che prevarrà su Compuserve; si definisce il concetto di 'netiquette';
1986, nascono le 'mailing list', iniziano i forum (fora) di discussione basati sull'e-mail; nasce il protocollo NNTP (Network News Transfer Protocol), che sostituisce progressivamente UUCP; nasce in Italia il primo nodo online di pubblico accesso, McLink; cominciano i collegamenti a Fidonet, la principale rete internazionale di BBS; Pkzip (più noto come 'zip'), il software più diffuso per la compressione dei files, viene realizzato da Ph. Katz (morto nel 2000 a 37 anni povero e alcoolizzato);
1987, nascono i dischetti 'double density' da 720 k (e in seguito quelli 'high density' da 1,4 Mb); primi virus informatici;
1988, nasce IRC (Internet Relay Chat); viene identificato il primo 'worm' o 'virus replicante', capace di riprodursi attraverso gli allegati ai messaggi informatici;
1989, Tim Berners-Lee inventa a Ginevra il World Wide Web; esce la direttiva europea 'Televisione senza frontiere'; si costituisce RIPE (Réseaux IP Européens);

1990, Legge Mammì n. 223 sull'emittenza televisiva (duopolio, Garante per la Radiodiffusione, proibita la tv via cavo); nasce la pay tv 'Telepiù', che avrà tre canali;
1991, Linus Torvalds sviluppa il sistema operativo aperto Linux; la Germania nel 1987 si associa alla Francia per la fondazione (1991) del canale culturale satellitare europeo in chiaro 'Arte', senza pubblicità; nasce 'Gropher', primo sistema di navigazione Internet, seguito da 'Veronica' (Very Easy Rodent-Oriented Net-Wide Index to Computerized Archives); Ph. Zimmerman distribuisce la prima versione di PGP (Pretty Good Privacy), il più diffuso sistema di crittografia;
1993, dalla Francia parte 'Euronews', telegiornale satellitare in chiaro di 11 tv pubbliche europee; nasce Canal Plus, televisione satellitare in Francia; la Francia ottiene la salvaguardia della propria cultura con l'applicazione del principio della 'eccezione culturale'; M. Andreessen rende operativo 'Mosaic', il primo browser (programma per la consultazione di documenti in rete); comincia a diffondersi 'world wide web'; nasce 'Allweb', il primo 'motore di ricerca' per la rete 'web'; nasce 'InterNic', sistema di riferimento per i 'domain' Internet; il primo quotidiano online è il 'San José Mercury News'; si completa la rete di satelliti su cui si basa il GPS (Global Positioning System);
1994, Direct Tv negli USA, prima televisione digitale satellitare, in parte 'pay per view'; M. Andreessen e J.Clark sviluppano Netscape, che diventa il 'browser' più diffuso; nasce 'Yahoo', il più noto repertorio di informazioni online; apre 'First Virtual', prima banca online; in Italia nasce ALCEI (Electronic Frontiers Italy), l'associazione per la libertà della comunicazione elettronica interattiva; si verifica il più esteso 'crackdown' (crollo, crisi) della storia telematica mondiale; l'Unione Sarda è il primo quotidiano italiano online;
1995, 'Perfect Tv' in Giappone, televisione digitale satellitare; il consorzio privato lussemburghese 'Astra' lancia 'Astra 1 E', primo satellite europeo destinato alla televisione digitale; i servizi tradizionali online Compuserve, America online e Prodigy diventano ISP (Internet Service Provider); anche in Italia iniziano i providers con Telecom ('Tol', poi 'Tin') e Olivetti ('Italia Online'); negli USA nasce 'Amazon', la più famosa libreria online; in Italia 'Il Manifesto' è il primo quotidiano nazionale online;
1996, viene prodotto il dvd (Digital video disc); esce il masterizzatore per cd; in Italia 'Fininvest' diventa 'Mediaset'; nasce in Francia 'Canal Plus Satellite', televisione digitale satellitare; il consorzio pubblico 'Eutelsat' lancia il satellite digitale 'Hot Bird 2'; nascono 'Ragno italiano' e 'Il Trovatore', i primi motori di ricerca italiani, seguiti da 'Virgilio' e 'Arianna'; negli USA esce l'edizione online del 'Wall Street Journal'; in Italia edizione online de 'la Repubblica', de 'Il sole 24 Ore' e de 'l'Unità';
1997, in Italia viene istituita l'Autorità per le telecomunicazioni; in Europa viene votata una direttiva che liberalizza in qualunque caso l'accesso in diretta degli spettatori in canali non codificati (in chiaro); l'Unione Europea avvia il progetto (poi rinviato) di intercettazione 'Enfopol', sul modello di 'Echelon';
1998, con Omnitel inizia la concorrenza telefonica; edizione online del 'New York Times';

2000, crisi della 'nuova economia', derivante dallo sviluppo non adeguato dell'informatica con il conseguente scoppio della bolla speculativa nelle Borse (della supervalutazione delle azioni delle società collegate all'informatica); l'Italia tuttavia si colloca tra le prime dieci nazioni al mondo nell'uso di Internet;
2001, in Italia viene approvata una legge sull'editoria che suscita proteste perché potrebbe ostacolare la libertà di comunicazione in rete;
2002, cominciano in Italia le trasmissioni della 'pay tv' 'Sky'; i crolli finanziari di 'Echelon-Andersen', 'Worldcom' e di altre società mettono in evidenza le storture del sistema finanziario speculativo soprattutto statunitense; il problema del terrorismo è utilizzato in molti Stati per restrizioni delle libertà di comunicazione anche via Internet; si aggrava il problema dello 'spamming' (pubblicità informatica invadente) e dei 'virus';
2004, Legge Gasparri di regolazione della televisione digitale terrestre.

 

I mass media.

Nel ‘700 la stampa diventa un mezzo di comunicazione di massa: i primi giornali, che nascono in Inghilterra, sono The Tatler [Il Chiacchierone], fondato da Steele nel 1709, e The Spectator [Lo Spettatore], fondato da Addison nel 1711.
I mass media (espressione composta da un termine inglese, ‘mass’, che significa ‘massa’, e da uno latino, ‘media’, che è il plurale di ‘medium’, parola che significa ‘mezzo’, ‘strumento’) sono quindi il frutto prima dell'invenzione della stampa (1450), poi dell'aspetto pedagogico-didascalico (tendente all'insegnamento e alla diffusione delle conoscenze) della cultura illuministica, e infine della tecnologia elettrica ed elettronica dell'800 e del '900, quando sono state poste le basi per il decollo dei due mezzi di comunicazione che hanno dominato la vita quotidiana del sec. XX: la radio e la televisione.
I mass-media sono pertanto strumenti comunicativi che, nel corso del tempo, hanno fatto giungere lo stesso messaggio, in modo sempre più simultaneo, a un numero sempre maggiore di persone e in località anche molto distanti.
Lo sviluppo progressivo di tali strumenti ha pertanto consentito di passare dal giornale alla radio alla Tv (oggi anche via satellite) al computer e ad Internet.

Lo sviluppo della RADIO.

Il primo passo fondamentale viene realizzato da Guglielmo Marconi, a partire dal 1894, con i primi esperimenti di trasmissione di segnali elettrici significativi attraverso l’etere.
La radiotelegrafia di Marconi o il telegrafo senza fili trasmette attraverso l'etere lo stesso codice Morse (che rappresentava le lettere dell'alfabeto con sequenze di punti e linee) che il tasto del telegrafista inviava attraverso i fili.
Alla fine del XIX secolo lo sviluppo tecnico delle comunicazioni, basate sull’utilizzazione dell’elettricità, segue due linee parallele e, spesso, convergenti, legate ai progressivi miglioramenti del telegrafo elettrico e del telefono.
Nei primi anni del '900 vengono fatti molti tentativi riusciti per trasmettere, invece del codice Morse, la voce umana.

Negli USA.

La cosa viene facilitata dall'invenzione del diodo, o valvola termoionica, brevettato nel 1907 dallo statunitense Lee De Forest con il nome di Audion, prima componente elettronica messa in commercio.
La radio rimane ancora per alcuni anni un telefono senza fili per comunicare tra due punti fissi. Quando il radiotelefono permette a un uomo a terra di parlare con un altro uomo a bordo di un aeroplano sembra raggiunto l’obiettivo massimo.
Un telegrafista di origine russa dell'American Marconi, David Sarnoff, che nella notte del 14 aprile 1912 aveva captato la richiesta di soccorso del Titanic, propone invano di utilizzare le onde herziane per trasmettere musica e parole nelle case della gente, cioè di ricorrere al broadcasting.
Intanto nel 1919 una società statunitense, la RCA (Radio Corporation of America), costringe l'American Marconi a cedere le proprie attività e nel 1920 inizia le trasmissioni radiofoniche e la vendita di music boxes, cioè degli apparecchi radio.


La sua evoluzione economica: l’industria.

L’evoluzione economica della radio è legata alla produzione degli strumenti di trasmissione e degli apparecchi di ricezione, che porta alla crescita di grandi industrie che ancora oggi detengono posizioni dominanti nel campo dell’elettronica e delle comunicazioni su scala internazionale come la General Electric, la Westinghouse, la RCA (Radio Corporation of America), la AT&T (American Telephone & Telegraph), la Western Electric negli Stati Uniti d’America, e la Philips (Paesi Bassi), la Telefunken (Germania), la British Marconi (Gran Bretagna) e altre ancora.

La sua evoluzione sociale e politica: la gestione (l'organizzazione).

L’evoluzione sociale e politica della radio segue due strade diverse, corrispondenti a due sistemi antitetici (opposti) di gestione (organizzazione) dell’attività radiofonica, che costituiranno i modelli classici di riferimento per tutti gli altri Paesi:
da una parte il monopolio pubblico (B.B.C., British Broadcasting Corporation) della Gran Bretagna e dall’altra il sistema di reti private degli Stati Uniti, sottoposto al controllo relativo di un organismo pubblico federale.
Al primo modello, quello pubblico, gestito direttamente o indirettamente dallo Stato, si ispirano in genere i Paesi europei, che considerano la radio, come il telefono, la posta, la televisione un servizio pubblico, cioè sociale, un segno di civiltà da portare anche nei luoghi più sperduti, come un diritto da assicurare a tutti i cittadini, indipendentemente dal costo da affrontare. Perciò gli Stati europei hanno preferito affidarne la realizzazione al monopolio pubblico (dello Stato).
Al secondo modello, quello privato, che privilegia l'interesse particolare dell'individuo su quello comune o generale della società, preoccupandosi prima di tutto della resa di ogni attività, cioè del profitto che le aziende possono conseguire come compenso degli investimenti (delle spese affrontate), secondo quanto consentono le leggi del mercato e la logica della concorrenza, si sono invece ispirati altri Stati, a partire dagli USA.

Le funzioni (gli scopi) della radio (e della televisione): EDUCARE-INFORMARE-INTRATTENERE.

Educare-informare-intrattenere sono le parole d’ordine, in rigoroso ordine d'importanza, del servizio radiofonico pubblico, che è finanziato dal canone pagato dagli utenti. E' il programma lanciato negli anni '20 dal primo direttore della BBC britannica, sir John Reith, per il quale 'EDUCARE' significa estendere, proseguire e approfondire anche tra gli adulti l'insegnamento avviato con i bambini, 'INFORMARE' significa far giungere le notizie anche ai cittadini esclusi dalla lettura dei giornali e dalla partecipazione attiva alla politica, 'INTRATTENERE' è qualcosa di più di 'divertire': si tratta di un divertimento intelligente che comporta un qualche impegno critico.
Tale trinomio, nel caso delle radio (e delle televisioni) private degli USA, viene rovesciato e semplificato, diventando divertire-informare-educare, con al primo posto il divertimento, che costituisce il mezzo più efficace per conquistare più pubblico, cioè per attrarre un sempre maggior numero di ascoltatori (telespettatori), a cui inviare messaggi pubblicitari a pagamento (pagati dalle aziende produttrici e venditrici di merci, in realtà dai cittadini compratori a causa della maggiorazione pubblicitaria, cioè dell'aumento del prezzo dei prodotti per il carico delle spese per la pubblicità), i quali, inseriti nella programmazione ordinaria, accrescono le entrate pubblicitarie degli enti radiofonici privati e i profitti sia delle aziende pubblicitarie che delle aziende produttrici e venditrici delle merci pubblicizzate.

 

Nuove funzioni della radio.

Durante la prima guerra mondiale la radio si sviluppa, come mezzo di propaganda bellica (di guerra), in tutti gli Stati coinvolti, iniziando la sua trasformazione che la porta, nel corso degli anni ’20, a diventare sia in Europa che negli USA un mezzo di comunicazione di massa (a grande diffusione), che si consolida negli anni ’30.
La radio ha infatti un’importante funzione sia nell’Italia fascista (nel 1924/5 inizia il servizio nazionale di trasmissioni radiofoniche dell'URI [Unione Radiofonica Italiana], poi dal 1928 EIAR [Ente Italiano Audizioni Radiofoniche], che nel 1943 diventa la voce della Repubblica Sociale Italiana (RSI di Salò, sul Lago d Garda), mentre a Roma nasce nel 1944, ispirandosi al modello della BBC britannica, la RAI (Radio Audizioni Italiane, poi RAI-TV), che nella Germania nazista, in quanto diventa un fondamentale strumento di propaganda politica, indirizzato alla parte emotiva degli ascoltatori, mediante una tecnica psicologica che ricorre all’utilizzo sia di ‘stereotipi’ (modelli prefissati) sia di informazioni ripetute in modo martellante sia del lancio di slogans (parole d’ordine), tutti modi di comunicazione semplificati più facilmente memorizzabili dagli ascoltatori.
Ma con il passare del tempo assume sempre più importanza la funzione quotidiana di collegamento con il resto del mondo, che consente alla sfera privata di incorporare, in qualche modo, la sfera sociale, superando con la crescente diffusione il limite dell'iniziale privilegio di pochi.
Per la prima volta un <ospite fisso esterno> condiziona la vita familiare, dando apparentemente un nuovo senso alla vita, nel momento in cui vengono meno (scompaiono) le consuetudini tradizionali.

Funzioni di contestazione.

La radio assume, in alcune situazioni particolari, altre funzioni (che vanno ben oltre la voce del potere o lo scopo di educare-informare-divertire o di produrre profitto), allorché diventa strumento di mobilitazione e di organizzazione politica per i movimenti rivoluzionari e di liberazione nazionale.
Ricordiamo i casi emblematici della “Voce dell’Algeria Combattente”, che dal 1956 è stata la radio del Fronte di Liberazione Nazionale algerino, e di “Radio Rebelde”, la radio della rivoluzione cubana (1953-1959).

Lo sviluppo della TELEVISIONE.

Nel corso del Novecento, quindi, entrano in funzione la radio (nel 1924 in Italia), la televisione (sperimentata in Inghilterra dal 1926 da John Baird con riproduzione meccanica e poi dallo statunitense di origine russa Wladimir Zworykin con riproduzione elettronica basata sulle valvole termoioniche e il tubo catodico) e il computer (1946, che utilizza le valvole elettroniche), che, in successione, sono diventati i mezzi dominanti della comunicazione, nonché il Radar (Radio detecting and ranging), che utilizza il tubo catodico.
La televisione è uno dei mass media o strumenti di comunicazione (giornale, fotografia, telegrafo, telefono, radio, cinema, tv, computer, internet, ecc.) che diffondono soprattutto divertimento, ma anche informazione nonché educazione, in tutto il mondo, a costi limitati e in tempi rapidissimi.
A differenza della radio, che può essere ascoltata mentre si svolgono altre attività, la TV costringe all’immobilità davanti allo schermo, come spesso succede ai bambini per un periodo che va dalle tre alle cinque ore e oltre.
Negli stessi anni, in cui la radio diventa strumento di propaganda fascista e nazista, la televisione, in altri Paesi, esce dai laboratori e inizia la sperimentazione.
Verso gli anni ’30 infatti ciò avviene soprattutto in Gran Bretagna, ad opera della BBC (British Broadcasting Corporation), l’ente di gestione del monopolio radiofonico pubblico inglese, e negli Stati Uniti d’America, ad opera della RCA (Radio Corporation of America, una delle maggiori società radiofoniche private statunitensi).
Nel 1926 i contrasti tra i vari soci di quest’ultima portano al compromesso della nascita di una società controllata, la Nbc (National Broadcasting Company), destinata a collegare su scala nazionale le stazioni locali.
Nel 1927 nasce la rete concorrente Cbs (Columbia Broadcasting System).
Nel 1943 nasce la terza rete, l'Abc (American Broadcasting Company).

Ma la seconda guerra mondiale rinvia lo sviluppo di questo nuovo strumento di comunicazione al dopoguerra, quando si diffonde rapidamente con una profonda influenza sulla società.
Tali tre reti, Nbc, Cbs e Abc costituiscono ancora oggi le tre reti private principali, cui si è aggiunta la rete pubblica Pbs (Public Broadcasting System), nata nel 1969, come collegamento nazionale di un gruppo di televisioni educative, anche dall'esigenza di stabilire per i bambini un'oasi televisiva senza violenza; ma la 'deregulation' (abolizione di leggi restrittive), voluta dal presidente R.Reagan (1980-'88), trasforma le serie televisive per bambini in lunghissimi spot di giocattoli.

In Italia.

Il servizio televisivo inizia il 3 gennaio 1954 in regime di monopolio della RAI-TV (Radio Audizioni Italiane e TV), in seguito alla convenzione (contratto-concessione) ventennale con lo Stato, firmata nel 1952.

TV pedagogica (istruttiva ed educativa).

All'inizio la televisione italiana, per probabile influsso cattolico, è pedagogica (istruttiva ed educativa) e umanistica (nella programmazione la scienza è poco considerata).
Nel 1961 inizia il secondo programma.
Nel 1964, con i primi governi di centrosinistra, entrano nell'organigramma della RAI anche giornalisti socialisti.
Già i due terzi degli abitanti seguono regolarmente i programmi televisivi.
A quella data il 10% della popolazione è ancora analfabeta, il 15% semianalfabeta, cioè sa firmare ma non sa leggere, il 70% parla quotidianamente il dialetto e ha difficoltà a parlare la lingua italiana, il 25% non legge mai un giornale.

Democratizzazione televisiva.

Come la radio, anche la televisione arriva in moltissime famiglie italiane prima della scuola e del giornale. Per la situazione di particolare arretratezza la televisione in Italia costituisce un elemento di democratizzazione controllata e di modernizzazione, diventando il concreto surrogato (sostituto) di una carente (insufficiente) scolarità (frequenza della scuola) e alfabetizzazione (conoscenza dell'alfabeto e, quindi, competenza nel leggere e nello scrivere).

Rai ‘teatrale’.

La RAI degli esordi è lontana dall'industria cinematografica, attingendo invece testi, registi ed attori dal teatro.

‘Romanzo sceneggiato’ e ‘originali per la tv’..

Sostanzialmente teatrale è il 'romanzo sceneggiato', un genere televisivo tipicamente italiano, cui appartengono 'Il dottor Antonio', 'Piccole donne', 'Il mulino del Po', 'La Pisana', 'Piccolo mondo antico', 'La cittadella', 'Una tragedia americana', 'Il caso Mauritius', 'I promessi sposi', 'Cime tempestose', 'Anna Karenina' e molti altri.
Analoga impostazione hanno gli 'originali per la tv', tra cui spicca la lunga serie di 'Vivere insieme', o i polizieschi del 'Tenente Sheridan', da cui deriverà la 'miniserie' (trasmissione in poche puntate), che è un'altra specialità italiana, come 'La Piovra'.

TV ‘cinematografica’.

Alla fine degli anni '60 la TV si avvicina al cinema, iniziando la produzione di film, alcuni dei quali di successo, come il primo, 'Francesco d'Assisi' (1966) di Liliana Cavani, 'L'Odissea' (1968) di Franco Rossi, 'I Clowns' (1970) di Federico Fellini, 'Strategia del ragno' (1970) di Bernardo Bertolucci, 'Padre padrone' (1977) dei fratelli Taviani , 'L'albero degli zoccoli' (1978) d Ermanno Olmi, premiato al Festival di Cannes.
‘Varietà’ e ‘quiz’.

Il varietà ('Studio Uno', 'Giardino d'inverno') adatta modelli statunitensi, come anche i 'quiz', di cui diventano famosi 'Lascia o raddoppia?' e 'Campanile sera', condotti ambedue dall'abile 'showman' italo-americano Mike Bongiorno, ambasciatore della TV statunitense presso i diffidenti dirigenti italiani.

Programmi culturali.

Notevoli i programmi culturali ed educativi, ('Una risposta per voi', 'Almanacco', 'L'approdo'. 'Tuttilibri', 'Sapere', 'Telescuola'). Se la Bbc con la sua 'Open University' tenta lo studio superiore a distanza, la Rai con 'Non è mai troppo tardi' affronta direttamente l'alfabetizzazione (l'insegnamento dei primi elementi della lingua).

Informazione e politica’.

Limitata l'informazione, mentre cominciano ad apparire i 'rotocalchi' di approfondimento come 'Tv Sette', e cauta la politica, confinata nelle 'Tribune' politiche, elettorali e sindacali (dal 1960).

Prima pubblicità.

Solo una nicchia di un quarto d'ora è destinata alla pubblicità, tutta racchiusa nel famoso spazio intitolato 'Carosello' (1957/1977), dove il messaggio promozionale deve seguire precise regole narrative e stilistiche: 1) il prodotto reclamizzato può essere citato soltanto all'inizio e alla fine di un breve spettacolo offerto ai telespettatori; 2) nel corso del breve spettacolo il prodotto reclamizzato non deve essere neppure evocato, ipocritamente nascondendo la reale funzione commerciale della trasmissione. Regole uniche al mondo e agli antipodi di quelle delle odierne trasmissioni televisive non solo commerciali.

‘Talk-show’.

Il 'talk-show' arriva alla fine del monopolio pubblico con 'Bontà loro', 'Acquario' e 'Grand'Italia', tutti e tre successi di Maurizio Costanzo, destinati ad influenzare profondamente le successive trasmissioni televisive.

Cultura urbana.

Diffondendo su tutto il territorio nazionale e per tutte le categorie sociali, in ambienti di cultura prevalentemente rurale (agricola, contadina), orale e di villaggio, modelli di vita, di attività e di professioni tipicamente urbani, la televisione promuove la diffusione della cultura urbana, il consumo di prodotti industriali ed anche lo spostamento di larghe masse d’individui verso le città.
Alle donne, ad esempio, viene proposta l’immagine della casalinga di città, che trova emancipazione nell’uso degli elettrodomestici.
Agli uomini viene proposto il modello dell’individuo della classe borghese, impegnato, nelle aziende private o negli enti amministrativi pubblici, a realizzare la sua idea di progresso nell’aspetto quantitativo di acquisto crescente di beni di consumo e durevoli.

La Rai tra ‘azienda’ e ‘funzione democratico-sociale’.

Con l'approssimarsi della scadenza della convenzione nel 1972 si discute se nella RAI debba prevalere il principio organizzativo dell'azienda ('più azienda') o il principio democratico-sociale della diffusione-partecipazione ('apertura alla società').

Nascono le ‘tv libere’.

Si cominciano a ricevere televisioni straniere (Capodistria, Montecarlo, Svizzera italiana) e nascono televisioni private semiclandestine come Telebiella.
Dopo che nel 1974 la Corte Costituzionale rende possibile la ricezione delle televisioni estere e l'impianto della tv via cavo locale, il Parlamento nel 1975 approva la riforma della RAI (L.103), che stabilisce la nascita della terza rete, autonomia e decentramento di reti e testate, la garanzia per associazioni e movimenti dell'accesso alle trasmissioni televisive, la conferma del monopolio statale con il controllo del Parlamento, anziché del Governo, il blocco di fatto dello sviluppo della TV via cavo.
L'anno successivo (1976) la Corte Costituzionale consente l'emittenza privata locale, per cui nascono radio e televisioni private.
Nel 1977 viene introdotto il colore.
Nel 1979 inizia la Terza rete televisiva.
Alla fine degli anni '70, in mancanza di una legge, inizia il processo di concentrazione delle emittenti private.
I principali editori italiani costituiscono, tra il 1979 e il 1980, canali e reti nazionali: Rizzoli (Pin, Prima rete indipendente), Rusconi (Italia 1), Mondadori (Retequattro), mentre l'imprenditore edile milanese Silvio Berlusconi (Fininvest) acquista frequenze in tutta Italia per diffondere il potente segnale della sua emittente 'Canale 5'.
L'operazione di Berlusconi (che si fonda su una notevole raccolta pubblicitaria, su un grande magazzino di programmi acquistati e sulla qualità tecnica del segnale) si rivela la più efficiente, mentre Rizzoli viene travolto dallo scandalo della loggia massonica deviata P2, e Rusconi e Mondadori vendono le loro reti a Berlusconi stesso, che nel 1984 possiede tre reti nazionali, un indice di ascolto del 40% ed una raccolta pubblicitaria superiore a quella della RAI.
Nel 1984 la magistratura blocca le trasmissioni di Berlusconi considerate illegali perché diffuse non solo in sede locale, ma anche a livello nazionale. Interviene allora il governo Craxi, che fa convertire dal Parlamento in legge (Legge n. 10 del 1985) un decreto che legittima le reti Fininvest: da quel momento nasce il duopolio (due centri di trasmissione) televisivo italiano della RAI e di Fininvest.

La legge Mammì.

Nel 1990 la Legge 223, detta legge Mammì, conferma sostanzialmente il duopolio, introducendo la figura del Garante per la Radiodiffusione, mentre la tv via cavo è di fatto proibita e dei canali satellitari non si parla.

‘Telepiù’.

Qualche giorno dopo l'approvazione della legge Mammì compare sui teleschermi il marchio 'Telepiù' ad annunciare una 'pay tv', che avrà tre canali, con la partecipazione finanziaria del 10% (massimo consentito dalla legge) da parte della Fininvest, che però possiede il controllo della produzione e del magazzino. Vengono lanciati un canale di cinema ed uno di sport, e, successivamente, una 'pay per view' calcistica via satellite, senza però mai riuscire a far quadrare i bilanci.

Cecchi Gori.

Nel 1995 il gruppo cinematografico Cecchi Gori acquista 'Telemontecarlo' e 'Videomusic' con scarsi risultati di ascolto, tanto che le sue reti verranno acquistate da Telecom e trasformate in 'La 7' ed 'Mtv'.
Nel 1996 Fininvest si trasforma in Mediaset, quotata in Borsa.
Nel 1997 viene approvata la legge che istituisce l'Autorità per le telecomunicazioni.

‘Stream’ e ‘Sky’.

Le difficoltà di Telepiù sono accentuate dalla nascita di Stream della Telecom che, a sua volta in difficoltà, finirà nelle mani dell'imprenditore australiano Rupert Murdoch, che acquisterà anche Telepiù, facendo nascere nel 2002 'Sky'.

L’influenza deleteria (dannosa) delle tv private.

L'avvento delle reti televisive private sconvolge la programmazione televisiva in Italia, portando ad ore di trasmissione della produzione seriale statunitense, con l'aggiunta delle sentimentali 'telenovelas' sudamericane, cui viene affiancata una produzione diretta (in studio) fondata su giochi, intrattenimento parlato (talk-show) e varietà, tutto questo contro un servizio pubblico della Rai misurato e diplomatico, ma spesso noioso.
Inoltre, la strumentalizzazione di situazioni dolorose e conflittuali, esposte in programmi confidenziali in studio, e l'esibizione di situazioni-limite (reality show) producono quella televisione dell'eccesso che è stata chiamata tv-spazzatura (trash tv), mentre esplode la commercializzazione (televendite apposite, telepromozioni da parte degli stessi conduttori-testimonial) e la pubblicità.

Cultura dequalificata e politica ‘spettacolare’.

La cultura diventa una forma di intrattenimento e l'informazione politica viene spettacolarizzata anche in relazione al cambiamento del sistema politico ed elettorale, che passa da proporzionale, basato sui singoli partiti e sulle preferenze espresse sulla scheda elettorale dagli elettori, a maggioritario, basato su due coalizioni contrapposte e sull'emergenza (esposizione, pubblicizzazione) anche televisiva dei leaders (rappresentanti delle coalizioni o dei 'poli' contrapposti, ma anche uomini dello spettacolo in versione politica, ecc.).

‘Fiction seriale’.

Intanto pure in Italia prende piede la 'fiction' seriale, anche per l'imposizione della legge 122 alle tv di investire parte dei ricavi nella produzione diretta, per cui nascono 'Incantesimo', L'avvocato Porta', 'Un medico in famiglia', 'Una donna per amico', 'La dottoressa Giò', 'Linda e il brigadiere', 'Il commissario Montalbano', 'La squadra', 'Distretto di polizia', 'Il maresciallo Rocca', 'Commesse', 'Centovetrine', 'Un posto al sole', 'Vivere'.


Qualche elemento tecnico.

Il termine (la parola) televisione viene dal greco ‘ tele ’, che vuol dire ‘lontano’. La televisione è infatti un sistema di trasmissione a distanza di immagini mobili e suoni per via elettrica ed elettronica. Si tratta di una tecnica basata sulla scansione o scomposizione (suddivisione) di un’immagine in linee ('definizione'), formate da puntini luminosi (di luce anche colorata) che, trasformati in impulsi elettrici, vengono trasmessi mediante onde elettromagnetiche ad un apparecchio (televisore, monitor) in grado di ricomporli, ricostituendo su uno schermo l’immagine originale (di partenza).

La TV via cavo.

Già alla fine degli anni '40 si sviluppano negli USA reti via cavo ('multiplex', costituito da due conduttori metallici concentrici, separati da un isolante e ricoperti da una guaìna, in cui possono viaggiare più segnali contemporaneamente) per distribuire il segnale televisivo in 'zone d'ombra', dove gli ostacoli non lo fanno giungere.
All'inizio degli anni '60 il cavo compare nei grandi agglomerati urbani (nelle grandi città).
Verso la metà degli anni '60 i distributori locali ('cable operators') cominciano ad offrire, in condizioni di monopolio, accanto alle reti ('network') nazionali, programmi specializzati e tematici a pagamento ('pay tv'), sfruttando anche la migliore qualità dell'immagine garantita dal cavo e la scarsa presenza della pubblicità.
La prima sfortunata pay tv, nel 1964, è 'Subscription TV' in California (USA), che viene però osteggiata fino al fallimento dalle grandi reti e dalle stesse associazioni di consumatori, che sostengono il principio della gratuità delle trasmissioni.
Nel 1972 il gruppo 'Time' lancia 'Hbo' (Home box office), partendo da New York, dedicata al cinema e allo sport. Nel 1975 Hbo decide di prendere in affitto un ripetitore satellitare ('trasponder') sul satellite 'Satcom 1' a copertura nazionale, raggiungendo un accordo con i 'cable operators' per la ricezione via antenna e la distribuzione via cavo, modalità di distribuzione che diventa caratteristica permanente della TV statunitense.
In Europa questa tecnologia si sviluppa negli anni '70, ma soltanto negli anni '80 la rottura dei monopoli televisivi pubblici rende possibile la televisione commerciale e la pay tv.

La digitalizzazione.

La digitalizzazione è la conversione dei dati in un linguaggio numerico binario contraddistinto dai soli numeri 0 e 1, e il loro trattamento elettronico. Il computer riconosce solo due posizioni, 0 e 1, no e sì, off e on. Invece i nostri sensi percepiscono il mondo come una variazione continua, ad esempio, della voce, o dello sfumare dei colori, ossia in modo analogico. Anche la radio e la televisione, che sono analogiche, trasmettono con una variazione continua di segnali radio. La digitalizzazione non consente soltanto di creare computer sempre più piccoli, semplici e potenti, ma di offrire aiuto ad altre tecnologie analogiche, il cui problema è il trattamento veloce di grandi quantità di dati.
Qualcosa del genere è avvenuto con la telefonia, quando si è passati dalla commutazione (trasferimento di linea e di chiamata) elettromeccanica (1895, spostamento elettrico di lamine di rame) alla commutazione elettronica (1965, At&t).
Dal 1978 tecniche digitali sono state usate in alcuni limitati settori della produzione televisiva.
La convergenza tecnica multimediale comincia ad interessare la televisione quando la digitalizzazione è apparsa più che una particolare tecnica di ripresa, un sistema per ampliare la capacità di trasmissione, potendo applicare la compressione ad un'emissione televisiva come avviene per ridurre la mole di un documento nel computer, occupando meno spazio nello spettro elettromagnetico o di un trasponder (ripetitore) satellitare o di un cavo per telecomunicazione, moltiplicando così i canali offerti al pubblico.
Con la televisione digitale scompare in pratica la differenza tra 'pay tv' e 'pay per view'.
Le imprese pubbliche di radiotelevisione possono guardare alle piattaforme digitali come al vero servizio pubblico del domani, perché offrono una garanzia di pluralismo, attraverso la molteplicità dei canali, superiore a quella per cui furono creati i servizi pubblici radiotelevisivi.

Il digitale terrestre.

Il digitale terrestre è la televisione digitale trasmessa non via satellite o cavo , ma via etere, attraverso le onde elettromagnetiche: con una sola frequenza è possibile inviare contemporaneamente da quattro a dieci programmi. In realtà, le prime esperienze in Inghilterra e Spagna sono fallite, mentre in Svezia se ne è avvantaggiato il servizio pubblico di fronte alle difficoltà territoriali di utilizzo sia del cavo che dei satelliti (che non riescono a coprire, per la loro collocazione geostazionaria, le zone più settentrionali)..
In Italia la cosiddetta Legge Gasparri del 2004 considera il digitale terrestre un fattore di riordino delle frequenze, di estensione del pluralismo e di interattività (ma non sembra che possa far concorrenza all'interattività già operativa dei computer), anche se ostacola l'ingresso di nuovi soggetti televisivi l'accentramento delle risorse finanziarie (in particolare della pubblicità) nel duopolio RAI-Mediaset e, soprattutto, in quest'ultima
Sono già attivi cinque blocchi di programmi ('multiplex'), e lo spegnimento delle trasmissioni analogiche è previsto nel 2007, utilizzando nel periodo transitorio entrambi i sistemi ('simulcast').


La TV satellitare.

Negli anni '60 la TV comincia ad uscire dai confini nazionali grazie all'uso dei satelliti artificiali.
Il lancio, da parte dell'URSS, del primo satellite artificiale, lo 'Sputnik' (4.10.1957), e dello 'Sputnik II' il mese successivo (con a bordo la cagnetta Laika) suscita negli USA il timore di un sorpasso tecnologico: inizia così l'epoca della 'corsa allo spazio' tra URSS e USA.
Se dal 1866 un cavo telegrafico sottomarino unisce stabilmente le due rive dell'Oceano Atlantico e dal 1907 la società Marconi gestisce un pubblico servizio transatlantico di radiotelegrafia, solo nel 1956 l'At&t posa un cavo telefonico transatlantico.
Il primo satellite intercontinentale per telecomunicazioni è lo statunitense 'Telstar', progettato nei laboratori Bell (At&t) e messo in orbita (1962) da parte della Nasa. Il successo lo fa diventare un oggetto di culto, esaltato anche da una canzone dei 'Tornadoes': un segnale radio proveniente dalla Terra viene riflesso dal 'trasponder' (ripetitore) del satellite su un altro punto della Terra e ricevuto da una stazione. Ma il fatto di ruotare attorno alla Terra in un'orbita ellittica gli procura il grave difetto di poter svolgere la sua funzione di collegamento soltanto per mezz'ora al giorno quando si rende visibile contemporaneamente dagli USA e dall'Europa.
Per eliminare questo limite nel 1964 viene messo in orbita 'Syncom', il primo satellite geostazionario, cioè fisso nello spazio, perché gira alla stessa velocità della Terra, collocandosi a 36.000 km. di altezza nel luogo dove può permanere per il bilanciamento della forza centrifuga con quella centripeta, per cui, mostrandosi apparentemente fermo nello stesso punto del cielo, risulta operativo a tempo pieno (sempre).
La comunicazione si avvia pertanto verso la globalizzazione con la conseguente costituzione lo stesso anno di un consorzio internazionale per la comunicazione via satellite, 'Intelsat', il cui primo satellite è 'Early Bird' (1965), mentre l'Unione Sovietica promuove 'Intersputnik' (1971).
La scarsa potenza dei satelliti richiede enormi antenne paraboliche, come quella di 27 metri di diametro della stazione italiana del Fùcino (prov.de L'Aquila).
Il primo evento internazionale trasmesso via satellite sono le Olimpiadi di Tokyo (1964), la prima trasmissione di collegamento Europa-Nord America via Eurovisione è del 1965, il primo esperimento di Mondovisione via Eurovisione-Intervisione è del 1967, ma l'evento che segna le dimensioni mondiali della diretta televisiva satellitare (28 ore continuative) è lo sbarco sulla Luna (20/21 luglio 1969 davanti a più di 500 milioni di spettatori).
Una persistente leggenda metropolitana narra che, fallito lo sbarco lunare, l'operazione venne ricostruita in uno studio televisivo, come proverebbero alcuni riflessi sulla visiera dell'astronauta Neil Armstrong, tant'è vero che nessun altro equipaggio umano è mai più sceso sulla Luna.

Il futuro è della Televisione o di Internet?

Due posizioni si confrontano nella previsione del futuro rapporto della Televisione con Internet.
Secondo la prima, lo sviluppo di Internet e l'introduzione sul mercato di personal computer ancora più semplici faranno di Internet il centro di smistamento, in tutte le case, di ogni tipo di servizi, per cui la tv generalista rimarrebbe un servizio residuale.
Per la seconda prospettiva, sarebbero le novità tecniche della TV (digitale, satellitare, cavo, terrestre, pay tv, pay per view, tv on demand, ecc.) a segnare il futuro della comunicazione.
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I generi televisivi

Due sono i generi principali di trasmissione: il genere informazione (comprensivo del genere educazione) e il genere intrattenimento.
Il genere informazione comprende il telegiornale, le inchieste giornalistiche, l'approfondimento informativo (negli anni '50 negli USA nasce lo spazio fisso dell'anchorman o giornalista dalla forte personalità anche politica), il 'talk-show' (intrattenimento informativo con la partecipazione di ospiti, del pubblico e la proiezione di filmati), i documentari, i programmi culturali, la TV verità, lo sport, ecc..
Il genere intrattenimento comprende il varietà, il gioco a quiz, la fiction (gli italiani chiamano 'fiction' quello che gli statunitensi preferiscono chiamare 'comedy' e gli inglesi 'drama'), i films, i piccoli capolavori di sceneggiatura dei telefilms ('series' di puntate di meno di mezz'ora, con personaggi inalterati, che non crescono psicologicamente e non hanno memoria del passato: 'Serpico', 'Perry Mason', 'Lassy', 'Furia', 'Star Trek'), i più complessi 'serial' ('Dallas', 'Dinasty'), la sit-com (situation comedy: 'I love Lucy', in Italia 'Lucy ed io') o commedia di situazione o di ambiente, lo stesso talk-show (dibattito-spettacolo anche informativo), il programma contenitore: 'Domenica in', 'Buona domenica', ecc.), i cartoni animati, ecc.

Il linguaggio televisivo.

La comunicazione tra la TV e il pubblico è tipicamente monodirezionale, dato che l’utente (il destinatario o ricevente) non può avere un ruolo attivo, anche se negli ultimi anni si è cercato di coinvolgere lo spettatore per via telefonica.
Caratteristiche del linguaggio televisivo sono fondamentalmente:
- la trasmissione dominante di immagini, per cui il linguaggio verbale o alfabetico o sonoro risulta essere integrativo, cioè serve soltanto ad integrare il messaggio visivo e, a volte, diventa superfluo (un’aggiunta inutile);
- l'industrializzazione dell'immagine, mediante l'uso artificiale dei primi piani (in qualche modo democratico, consentendo a molti di vedere immagini altrimenti riservate a pochi);
- la scelta esclusiva, tecnica o politica, da parte del regista, solo di alcune immagini tra quelle disponibili delle varie telecamere;
- la compressione del tempo, per cui il tempo della televisione è accorciato rispetto al tempo naturale;
- la velocità e la frammentazione delle informazioni in video e in audio, per cui la trasmissione veloce di tanti messaggi diversi, frammentari, parziali, non coordinati, ostacola la possibilità di controllo mentale e di rielaborazione personale della comunicazione;
- la capacità di omologazione (di unificazione) della lingua italiana, cioè, nonostante qualche variazione di registro linguistico in dipendenza del tipo di programma, la capacità di costituire, fin dagli anni ’60, un importante strumento di unificazione (omologazione, uniformità, standardizzazione) della lingua italiana, allora parlata in modo esclusivo soltanto dal 30% della popolazione, mentre il 70% parlava il dialetto o alternava dialetto e italiano.

Il palinsesto (la programmazione televisiva).

All'inizio l'offerta della programmazione televisiva è limitata: un solo canale per poche ore al giorno per non ostacolare il lavoro, lo studio, il riposo. Solo negli anni '60 arriva il secondo canale (1961).
Nel quadro generale dei programmi ogni serata viene dedicata ad un genere diverso.
L'indice di ascolto è piuttosto un indice di gradimento dei programmi, dato che non ci sono esigenze pubblicitarie, per cui interessa piuttosto la qualità e la funzione delle trasmissioni.
Dalle poche ore iniziali di trasmissione si giunge alla copertura totale delle 24 ore.
La parola 'palinsesto' nell'antichità significa 'codice manoscritto di pergamena (pelle trattata, ovina o caprina, cioè di pecora o capra), su cui, raschiata la prima scrittura, è stato scritto un nuovo testo'.
Il palinsesto odierno, così chiamato forse perché soggetto a continue riscritture per le varie esigenze e modifiche di programmazione, preparato in anticipo sulla base degli indici di ascolto (con il metodo e gli apparecchi auditel per ottenere l'audience o l'indice di ascolto) e dei piani di produzione dell’azienda, è il quadro generale dei programmi.
Il palinsesto tiene conto del tempo libero degli utenti, i quali, per la maggior parte, debbono andare a lavorare il mattino successivo, per cui la fascia oraria di prima serata (20.30 / 22.30) è quella più seguita e, quindi, più importante anche ai fini pubblicitari.
Alla RAI (Radio Audizioni Italiane), che fa pagare un canone, hanno man mano fatto sempre più concorrenza, a partire dalla fine degli anni ’70, le TV private, che non fanno pagare il canone e ricavano i loro proventi (entrate, guadagni) dalla pubblicità.
In realtà, le tv private sono solo apparentemente gratuite, perché, se è vero che non fanno pagare il canone, è pur vero che le spese per la pubblicità televisiva vengono caricate sul prezzo dei prodotti reclamizzati, per cui i telespettatori delle tv private (e della tv pubblica) sono costretti a pagare una specie di canone indiretto al momento dell’acquisto delle merci.
Per mantenere ed accrescere il proprio pubblico ogni canale cerca di caratterizzarsi, per cui, ad esempio, Rete 4 predilige 'soap opera' e cronache mondane, mentre Rai 3 le trasmissioni culturali. Ma si ricorre anche ad altri stratagemmi (espedienti, astuzie), come mandare in onda un programma sempre alla stessa ora, anticiparne l’inizio o avvertire con un ‘promo’ (informazione promozionale) che sta per andare in onda.

A tutela dei ragazzi.

In Europa la programmazione per ragazzi, prima così sorvegliata, viene sconvolta dall'arrivo delle televisioni private, particolarmente dove, come in Italia, manca l'azione regolatrice dello Stato. La disponibilità a costi modesti di un vasto magazzino di cartoni giapponesi e di animazioni di personaggi-giocattolo riempie la programmazione di molte emittenti private con programmi discutibili, mentre cade ogni cautela nelle ore ancora accessibili ai più piccoli.
Si rafforza di conseguenza il movimento di opinione che critica decisamente tale programmazione sconsiderata.
Negli USA e in Canada viene introdotto il V-chip, un dispositivo elettronico che, gestito dai genitori, filtra i programmi violenti.
In Europa il V-chip, nonostante la sollecitazione del Parlamento europeo, non viene introdotto nella direttiva 'TV senza frontiere' (1977), mentre si diffondono forme di autoregolamentazione, specifiche autorità di controllo, icone segnaletiche sullo schermo, e anche fasce protette.
Non viene accolta, invece, anche per motivi economici, la proposta di introdurre l'educazione ai media nei programmi scolastici.
Con la diffusione di Internet le preoccupazioni dei movimenti d'opinione sui pericoli che corrono i bambini si trasferiscono dalla tv al web.


Qualche elemento di analisi: il piccolo spettatore.

Il figlio, che rimane davanti al televisore dalle tre alle cinque ore, ha oggi tre genitori: padre, madre e televisione.
Egli si alfabetizza (impara a conoscere lingua e realtà) attraverso i comunicati commerciali, i telequiz, i programmi di varietà, e cresce immerso in un universo di messaggi di violenza, dalle rapine e dagli omicidi realmente accaduti a quelli della finzione (fiction) dei films e telefilms, per cui rimane stordito e senza orientamento tra realtà e immaginazione, tanto che i rapporti con la famiglia e l’ambiente sono alterati (modificati, falsati), prevalendo, sulle dirette esperienze personali, i contenuti e i linguaggi delle immagini irreali televisive.

Qualche elemento di analisi: il punto di vista dello spettatore.

La televisione, come gli altri mass-media (strumenti di comunicazione), è un fenomeno complesso e ambiguo, cioè nello stesso tempo positivo e negativo, a seconda dell’uso che se ne fa.
A seconda del punto di vista, infatti, la televisione può essere per lo scienziato un pennello elettronico; per il sociologo un mezzo di integrazione (partecipazione) o di disgregazione (separazione) sociale; per lo psicologo un test per ricerche motivazionali (sui motivi psicologici, ad esempio, delle scelte degli spettatori); per il pedagogo o l’insegnante un valido strumento didattico (d’insegnamento) o una calamità (disgrazia) diseducativa; per il politico un mezzo di conquista e di gestione del potere; per il moralista il nuovo focolare domestico in senso positivo o negativo; per lo studioso di problemi della comunicazione un linguaggio complesso, che combina immagini e sonoro fatto di parole, musica e rumori; per un futurologo (studioso del futuro) l’anticamera di un villaggio globale, ecc.
Il tempo libero da lavoro, per la nostra ricostituzione fisica e psichica, viene ripartito da ciascuno tra un tempo del divertimento (sport, gioco, attività ricreative di gruppo, ecc.) a imitazione giocosa del tempo accelerato della televisione, ed un tempo rallentato e rilassato nella gestione dei nostri rapporti umani e affettivi.

Qualche elemento di analisi: il punto di vista del produttore.

La televisione, che è un gran libro aperto sul mondo, è, in realtà, secondo il pubblicitario newyorkese Tony Schwartz, “una finestra sul consumatore [sul mercato]”, perché è un formidabile mezzo di condizionamento e di persuasione al conformismo (all’uniformità) nei comportamenti e nei gusti, cioè a vivere tutti nello stesso modo secondo gli inviti della pubblicità (dei messaggi della comunicazione pubblicitaria).
Per l'industriale, infatti, la televisione costituisce un canale di crescita dell'industria e del commercio e, alla fine, una merce.
La capacità di penetrazione (di vendita) dei prodotti televisivi statunitensi dipende non dal livello culturale, ma dalla qualità tecnica di composizione (assemblaggio), dall'attrazione immediata dei contenuti superficiali, banali (mediocri), popolari (semplici) che distraggono dai problemi della vita reale, e, anche e soprattutto, dai costi inferiori, nel mercato mondiale, dovuti sia ad una più lunga e, perciò, migliore esperienza organizzativa sia alla volontà concorrenziale di creare con i prezzi minori (dumping) una conseguente domanda indotta (artificiale) per la propria produzione, che implica (comprende) una contemporanea fondamentale diffusione della ‘american way of life’ (del modo americano di vivere, del costume sociale statunitense).
Poiché la TV statunitense nasce con la gestione privata delle risorse tecniche e, perciò, si fonda sul reperimento (ricerca, raccolta) delle risorse finanziarie necessarie al funzionamento, fondamentale diventa la vendita alle aziende degli spazi (dei tempi, degli interventi) pubblicitari sulla base della loro importanza (del loro valore, cioè del loro costo finanziario in dipendenza del numero dei telespettatori presenti in quel determinato momento), per cui si rende indispensabile la misurazione della presenza del pubblico video. Dal 1950 infatti la società statunitense di ricerche di mercato Nielsen diffonde giornalmente gli indici di ascolto, che servono per stabilire le tariffe della pubblicità televisiva e che finiscono per diventare il vero metro di giudizio (quantitativo, non qualitativo) nei riguardi della televisione.
E proprio riguardo all’uso distorto del mezzo televisivo, lo studioso Umberto Eco ha catalogato, ad esempio, nel campo dell’informazione, una serie di manipolazioni (falsificazioni) possibili delle notizie televisive, per motivi politici, ma anche per semplici motivi tecnici (tempi ristretti o limitati del telegiornale) come a) ‘Commentare solo ciò che non scredita (non critica) il potere ‘,
b) ‘ Nel dubbio meglio tacere ‘;
c) ‘ Mettere la notizia scomoda dove nessuno l’aspetta‘;
d) ‘Non dire polenta ma pasticcio di mais ‘, cioè usare il linguaggio meno comprensibile;
e) ‘Trasmettere le notizie importanti solo con la voce e quelle irrilevanti [secondarie] accompagnate da immagini ‘, ecc.

‘Televisione senza frontiere’, 1989.

La Comunità europea interviene nel 1989 con una direttiva del Consiglio europeo, la cosiddetta 'Televisione senza frontiere', che stabilisce quote di produzione europea, e limiti all'affollamento pubblicitario

‘Eccezione culturale’, 1993.

Ma l'Europa, nel campo della produzione televisiva, continua ad oscillare tra liberismo e protezionismo, capofila del quale dimostra di essere la Francia, che nel dicembre 1993 riesce a far accogliere il principio della 'eccezione culturale' [cioè della difesa della (propria) cultura e della (propria) produzione], riuscendo così a far escludere la comunicazione e il diritto d'autore dagli accordi commerciali GATT (General Agreement on Tariffs and Trade), da cui è nata la WTO (World Trade Organization, 1995), mentre gli USA sostengono la liberalizzazione completa.

Diritto all’informazione, 1997.

Un'altra direttiva del 1997 garantisce ai telespettatori, tra l’altro, il diritto all'informazione, come l'accesso in diretta agli avvenimenti sportivi più rilevanti su canali televisivi non codificati (in chiaro), anche se i relativi diritti di trasmissione già siano stati venduti in esclusiva ad una pay tv.

La concorrenza (commerciale).

L'avvento della concorrenza muta profondamente il quadro televisivo europeo, avvicinandolo a quello statunitense, dominato dalla tv commerciale, dalla verosimiglianza (più che dalla verità) nella rappresentazione della vita della gente comune (prima esclusa dalla tv), e dal divertimento, cioè dall'ultimo termine semplificato della famosa triade EDUCARE-INFORMARE-INTRATTENERE proposta dal primo direttore della BBC, John Reith.
La vita della gente comune, rappresentata dalla cosiddetta tv-realtà, che intende essere una tv di servizio ('Chi l'ha visto?', 'Telefono giallo', 'Mi manda Lubrano'), si trasforma in 'reality show' (l'olandese 'Big Brother', 1999, che diventa in Italia 'Il Grande Fratello', 'Survivor', 2000, 'La fattoria', con ambientazione ottocentesca, ecc.).
Rappresentazioni estreme di sciagure, delitti, violenze, horror si alternano a trasmissioni caritatevoli per la raccolta di fondi per le più nobili cause, applicando il criterio della pseudo (falsa) generosità (la carità), anziché quello del diritto di ciascun individuo e di ogni popolo di vivere in condizioni dignitose, indipendentemente dalla classe sociale o dal luogo in cui si nasce.
Chiamata da qualcuno 'televisione intensificata', si tratta, come si vede, di un complessivo caso lampante di risultato negativo o peggiorativo prodotto dalla concorrenza delle televisioni private e dalla concorrenza economica in generale, una delle tante distorsioni provocate dalla cosiddetta libertà di mercato, di un mercato senza regole, in cui domina in modo autoritario (da una posizione di superiorità economica), totalitario (invadendo tutti i settori della società), dogmatico (come portatore di una verità assoluta, che esclude qualunque altra verità o valore) il dio Denaro, cioè il Capitale.

 

 

APPROFONDIMENTI.

Il pericolo della ‘TELECRAZIA’

I mass media hanno modificato il sensorio (le sensazioni rilevate dai sensi), i modi di lettura e di scrittura, i tradizionali processi educativi, i tempi e le caratteristiche del divertimento.
Infatti, mentre il mondo della parola “punta sulla logica…[sul]la storia [la riscoperta delle radici nel passato]…[sul]l’obiettività…[sul]la disciplina [ordine, regole]”, il mondo della (tele)visione, invece, è “imperniato sulla fantasia [sull’immaginazione]…[sul]la contemporaneità [sull’oggi], [sul]la simultaneità [diffusione simultanea]…[sul]la gratifica [soddisfazione] immediata…emotiva” (N. Postman), vale a dire che il mondo della parola e della ragione è imperniato sullo spessore della storia, mentre il mondo dell'immagine della televisione è basato sull'immediatezza superficiale del presente.
Sul ruolo e le funzioni dei mass media si è sviluppato, a partire dagli anni ’50, un dibattito che ha visto contrapporsi la corrente degli integrati (nell’ideologia della positività del progresso, considerato in ogni caso fonte di civiltà), sostenitori cioè dei grandi vantaggi dei nuovi mezzi tecnici (modernizzazione, progresso, socializzazione, partecipazione politica, mobilità sociale), e la corrente degli apocalittici (pessimisti contestatori), per i quali i mass media possono diventare prigioni senza muri, strumenti deleteri (distruttivi) al servizio di dittatori e demagoghi (falsi democratici), fabbriche di desideri e bisogni artificiali, distruttori delle differenze tra le culture con l’intento di omogeneizzarle, cioè di renderle uniformi, schiacciando i fruitori (utenti, clienti, consumatori, cioè i cittadini) sotto la tirannia del presente, intorpidendo così la coscienza del passato, della Storia, modernizzando il dominio del potere, la manipolazione dell'opinione pubblica e del consenso, volgarizzano (livellando verso il basso) la vita culturale, diventando, in conclusione, uno strumento del potere per proseguire in forme moderne e industrializzate il dominio di una classe sociale (la borghesia) sulle altre (proletariato, classi inferiori).
I romanzieri hanno dato un importante contributo alla corrente dei critici.
Lo scrittore inglese Aldous Leonard Huxley ne "Il mondo nuovo" ("Brave new world", 1932) prefigura (annuncia, anticipa) una società immersa nel divertimento e amante della tecnologia, che libera dalla fatica di pensare.
Sulla strada tracciata da "Il mondo nuovo" si sono collocati studiosi come il sociologo statunitense Neil Postman, che ha visto quel dominio della tecnologia incarnato nei mass-media, e Guy Debord, che ne ha fatto l'elemento base della sua opera "La società dello spettacolo".
Un altro scrittore inglese, nel romanzo "1984" (1949), denuncia un cupo futuro totalitario (controllo totale della società da parte del potere politico), in cui il regime politico controlla i cittadini mediante uno schermo televisivo collocato in ogni casa.
Sebbene gli strali di Orwell siano diretti principalmente contro il regime stalinista, l'immagine ossessiva di una televisione onnipresente, strumento di un potere oppressivo, viene fatta propria nel mondo occidentale soprattutto dagli intellettuali (uomini di cultura) di sinistra.
Il centro culturale più importante, che segue questa strada, è la cosiddetta 'Scuola di Francoforte', un centro universitario di ricerca sociologica sorto nel primo dopoguerra (1924, dopo la fine della prima guerra mondiale, 1914-1918) nella nuova capitale della Germania, Weimar, e animato da sociologi come Theodor Adorno, Max Horkheimer, Walter Benjamin, che sperimentano sulla propria pelle l'uso propagandistico che il nazismo fa del mezzo radiofonico e, più in generale, degli apparati della comunicazione come i giornali, il cinema, la fotografia.
Costretti a fuggire dalla Germania nazista (1933) e poi dall'Europa da essa invasa (1939), alcuni riparano negli USA, mentre Benjamin (1940) si toglie la vita in una cella della polizia franchista o falangista (fascista) spagnola.
Negli sconosciuti Stati Uniti d'America Adorno e Horkheimer, insieme ad altri esuli tedeschi come lo scrittore Bertolt Brecht, provano la spiacevole sensazione che anche in quella società i mass-media vengano utilizzati a fini di propaganda, questa volta commerciale, condizionando non solo l'acquisto delle merci, ma lo stesso modo di vivere, la stessa vita quotidiana (lo stile di vita, ossia l' <american way of life> ).
Di qui la fondazione della teoria della 'Scuola di Francoforte' (dalla sede del centro di sociologia, in cui gli studiosi continuano il loro lavoro dopo il ritorno in Germania alla fine della seconda guerra mondiale, 1939-1945), che, partendo dal marxismo (dalle analisi economiche, sociali e politiche di Karl Marx), vede nella diffusione di massa (generale) non solo dei prodotti commerciali, ma anche di quelli culturali medi (ad opera della cosiddetta 'industria culturale'), un efficace strumento con cui la classe dominante (la borghesia), condizionando tutte le scelte e, quindi, il consenso dei cittadini, perpetua (continua a mantenere) il suo dominio economico, culturale e politico sulle altre classi sociali e, quindi, sulla società in generale.
Tanto più se si pensa che l'industria culturale ha segnato il passaggio dalle opere d'arte, realizzate da singoli autori o da botteghe artigianali, a grandi apparati culturali, controllati dal potere economico o da quello politico, capaci di provvedere alla fabbricazione e alla diffusione di prodotti 'artistici' facilmente replicabili in serie.
Un forte contributo critico è venuto anche da singoli artisti come Nam June Paik e Fabrizio Plessi, che di un televisore hanno fatto un 'totem' (oggetto-simbolo di appartenenza e di venerazione), o come Wolf Vostell, che nel 1963 ha sotterrato televisori accesi avvolti nel filo spinato, o da avanguardie artistiche come il gruppo 'Ant Farm', che nel 1975 ha fracassato cataste di televisori.
Altre obiezioni riguardano lo 'scambio ineguale' tra Stati industrialmente forti, appartenenti al nord del mondo, grandi esportatori di prodotti video, e Stati deboli del Terzo e del Quarto mondo, che li importano, contrattandone il prezzo da una posizione di inferiorità, senza poter intervenire sui contenuti, uno 'scambo ineguale' (una ineguaglianza) che rischia di distruggere le culture nazionali.
Nel 1980 una commissione dell'Unesco (l'organismo culturale dell'ONU), guidata dall'irlandese Sean Mac Bride, presenta un rapporto dal quale risulta che l'industria culturale occidentale costituisce una forma supplementare (aggiuntiva rispetto a quella strettamente economica) di dominazione economica e ideologica sul Terzo mondo.
Su incarico sempre dell'Unesco l'Università di Tampere in Finlandia effettua due ricerche (1974 e 1985) sullo 'scambio ineguale', dalle quali emerge il traffico a senso unico di programmi d'intrattenimento dagli USA agli Stati sottosviluppati.
Durante la guerra USA/Vietnam (1964-1975) i servizi (reportages) televisivi statunitensi si distaccano progressivamente dal loro originario carattere flogovernativo per denunciare le ingiustizie e le brutalità della guerra. In quell'occasione per la prima volta la tv viene considerata, soprattutto dai militari, un elemento determinante nello spostamento dell'opinione pubblica su posizioni contrarie alla guerra e perfino uno dei fattori della sconfitta., ma un'analisi più accurata mostra come l'informazione televisiva abbia accompagnato piuttosto che preceduto il mutamento di opinione del popolo statunitense.
Questo precedente spiega comunque l'estrema ritrosia (riluttanza, riservatezza) con cui, durante la prima guerra del Golfo contro l'Iraq (1991) e in quella contro l'Afghanistan (2001) e in seguito, i militari abbiano fornito ai giornalisti notizie e immagini, che non potevano che essere quelle ufficiali sulla guerra.
Nel corso della seconda guerra del Golfo contro l'Iraq (2003-2004) i giornalisti e gli operatori televisivi sono stati addirittura 'embedded', cioè obbligati ad aggregarsi a determinate unità militari e, quindi, privati della libertà di movimento e della possibilità di farsi una visione d'insieme della situazione sul campo.
Ma la presenza presso gli stessi soldati di numerose fotocamere amatoriali digitali, impossibili da controllare e capaci di diffondere ovunque le immagini tramite Internet, ha fatto fallire l'operazione di controllo capillare, permettendo, ad esempio, la diffusione di foto e filmati di abusi e torture delle truppe statunitensi sui prigionieri iracheni.
Alcuni considerano le trasmissioni televisive espressioni di volgarità (per i contenuti di tipo grossolano, rozzo, superficiale), proprie di un genere di basso livello culturale, che ostacola e contrasta le manifestazioni della cultura più evoluta e, in particolare, della scrittura, perché la superficialità e la transitorietà (fugacità) visiva della televisione si contrappongono all'impegno e alla permanenza delle espressioni culturali profonde scritte (ma anche orali), in cui prevale la parola sull'immagine, la fatica di leggere, capire e interpretare la realtà sulla sua percezione diretta e immediata, la dimostrazione delle cause e delle ragioni degli avvenimenti sulla loro semplice evidenza o riproduzione visiva.
In Italia la crisi del ceto politico, determinata dagli scandali di Tangentopoli tra il 1992 e il 1994, fa emergere i conduttori televisivi come intermediari tra i cittadini e il potere in forme solo apparentemente democratiche e sostanzialmente plebiscitarie (comportanti il condizionamento e la distorsione del consenso nella semplificazione spettacolarizzata dei problemi) e comunque sostitutive di corrette procedure politiche democratiche, basate sugli organismi elettivi (Parlamento, Regioni, Province, Comuni), sui partiti, sui sindacati, sulle associazioni.
Il rischio temuto è quindi l’avvento della ‘telecrazia’ (tele = da lontano, crazia = potere), cioè del dominio dei mass media, in particolare di quelli che operano attraverso l'etere o la linea telefonica (da lontano), come la televisione e Internet.

Le critiche.

Derrick de KERCKHOVE.

Seduzione.

La televisione è stata vista come la nemica per eccellenza del pensiero critico, del ragionamento, della consapevolezza, della coscienza dell’uomo.
Uno dei maggiori teorici della negatività del mezzo televisivo è Derrick de Kerckhove, allievo ed erede intellettuale del sociologo canadese Marshall McLuhan, per il quale il mondo è diventato ormai un villaggio globale (1964), perché le stesse notizie vengono comunicate al mondo intero, spingendo conseguentemente a uniformare in tutti esperienza e cultura, sulla base di modelli spesso non reali o falsificati.
In un suo volume (‘Brainframes’) de Kerckhove a sua volta afferma che la televisione parla in primo luogo al corpo e non alla mente, avendo un potere nascosto di fascinazione [attrazione] ipnotica, in quanto riesce a trascinare lo spettatore da un’immagine all’altra. In altre parole, essa lascerebbe troppo poco tempo ai suoi fruitori (telespettatori) per riflettere su ciò che stanno guardando. In breve, la televisione “minaccia la sacrosanta autonomia che abbiamo acquisito grazie al leggere e allo scrivere”.
Infatti, noi possiamo leggere il libro che teniamo davanti agli occhi, ma, quando siamo di fronte alla televisione, per motivi connessi alle leggi fisiologiche del nostro corpo, è la televisione a ‘leggerci’. Il tubo catodico ha uno sguardo più potente di quello dello spettatore, che finisce quindi con l’essere una facile vittima della seduzione multi-sensoriale del monoscopio.

Contro la televisione hanno scritto non solo scienziati della comunicazione, psicologi, pedagogisti e sociologi, ma anche filosofi come Hans.Georg Gadamer ed epistemologi (filosofi della scienza) come Karl R. Popper.

H. G. GADAMER.

Schiavi?

Per Gadamer la televisione è “la catena a cui l’uomo moderno è legato dalla testa ai piedi.
E chi ha le chiavi di questa catena è la moderna élite (gruppo dirigente) delle informazioni.”.

Pierre BOURDIEU.

Censura e violenza.

Per Bourdieu la televisione esercita una censura invisibile, in cui si sostanzia una violenza simbolica..

Jean BAUDRILLARD.

Per Baudrillard la televisione fa scomparire la realtà dietro la sua rappresentazione televisiva, per cui l'immagine televisiva uccide la realtà, e in questo realizza un 'delitto perfetto'.
Karl R. POPPER.

Educazione.

Il livello culturale delle trasmissioni televisive è diventato scadente, perché la forte competizione, per mantenere l’ascolto (audience) delle stazioni televisive, ha sempre più prodotto materiale vuotamente sensazionale, non per scopi educativi, ma per accaparrarsi spettatori a fini pubblicitari.
Ecco l’orribile tesi di un direttore di stazione televisiva: ”Dobbiamo offrire alla gente quello che la gente vuole”, come se si potesse sapere quello che vuole realmente, ricavandolo dalle statistiche degli ascolti delle trasmissioni effettivamente messe in onda, mentre non si può in realtà sapere che cosa il pubblico sceglierebbe se potesse ricevere proposte nuove e diverse da quelle trasmesse.
Tradizionale aspirazione della democrazia è quella di educare, di far crescere il livello di educazione del popolo, perché la libertà dipende dalla responsabilità, a sua volta legata alla capacità critica di conoscere, capire e valutare.

Violenza.

Noi stiamo invece educando i nostri bambini alla violenza., la quale, se può ritrovarsi qualche volta anche nelle nostre famiglie, oggi essa vi penetra quotidianamente attraverso lo schermo televisivo.
C’è ormai un discreto numero di casi in cui i responsabili di atti criminali hanno ammesso di aver ricevuto ispirazione per i loro crimini dalla televisione.
Come rimedio non si può ricorrere alla censura, che non è tollerabile in una democrazia.

Una patente per fare TV.

La proposta di Popper è quella di regolarsi come per i medici, che hanno una loro organizzazione democratica di autocontrollo, e perciò di istituire un’organizzazione consimile per gli operatori televisivi, riconosciuta dallo Stato, che stabilisca i principi deontologici (del comportamento professionale) degli affiliati, e rilasci, dopo un regolare corso di insegnamento con esame finale, una patente, una licenza, un brevetto, che possa in qualunque momento essere revocato, in seguito al giudizio di una sorta di Corte deontologica, nel caso in cui un associato non rispetti le regole.
Primo scopo.
Uno degli scopi principali del corso sarà quello di insegnare agli operatori televisivi che la loro attività è principalmente quella di educatori di masse enormi di spettatori.
I cittadini di una società civile, infatti, le persone cioè che si comportano civilmente, non sono il risultato del caso, ma di un processo educativo, che collega il vivere civile alla riduzione e all’eliminazione proprio della violenza.
Secondo scopo.
Un altro scopo del corso è quello di conoscere gli strumenti mentali (i concetti, le idee) da fornire al pubblico minorile e adulto per poter distinguere la finzione dalla realtà e per poter anche evitare, volendo, alcune trasmissioni.
Questa proposta complessiva va nel senso dell’esigenza fondamentale della democrazia di mettere sotto controllo il potere politico, compresa la televisione, che è diventata un potere politico colossale, potenzialmente il più importante di tutti, quasi Dio in terra.

Karol WOITYLA.

Aldilà del mercato.

Il diritto all’informazione implica che la comunicazione sia vera e integra e, perciò, onesto il modo di realizzarla.
Un settore, quello dei media, tanto decisivo nella società, non va abbandonato ai giochi del mercato, ma opportunamente tutelato, sia per garantire un equilibrato e democratico confronto delle opinioni, sia per salvaguardare i diritti dei singoli membri della comunità, specialmente dei più giovani e dei meno dotati di senso critico.
La libertà non è fine a se stessa, perché diventa autentica solo quando viene posta al servizio della verità, della solidarietà e della pace.

Rapporti genitori-figli.

I genitori dovrebbero discutere con i figli dei programmi e delle trasmissioni televisive, mettendoli in grado di giudicare.
Formare le abitudini dei figli, a volte, può semplicemente voler dire spegnere il televisore, perché ci sono cose migliori da fare.
I genitori, che si servono abitualmente della televisione come di una specie di bambinaia elettronica, abdicano (rinunciano) al ruolo di primari educatori dei figli, anche perché comprimono (riducono) il tempo a disposizione per i rapporti familiari diretti, e rinunciano ad integrare le informazioni televisive con altre fonti culturali.

Al servizio della società.

I canali della televisione, d’altra parte, sia pubblici che privati, non debbono ridursi solamente ad un terreno di particolari interessi commerciali o di potere o di propaganda di gruppi economici, sociali o politici ristretti, ma diventare piuttosto strumenti al servizio dell’intera società.

John CONDRY.

Crisi della scuola e della famiglia USA.

Oggi c’è qualcosa che non va nel modo in cui crescono i bambini statunitensi.
La famiglia nucleare (priva di nonni e anziani) appare stravolta, la scuola funziona male, quando funziona, i test mostrano un calo costante dei risultati, aumentano i disturbi fisici e mentali, crescono suicidi e omicidi.

Il tempo.

Per un’analisi della situazione il tempo risulta essere un’unità di misura assai utile perché, a differenza delle ricchezze e delle opportunità, è un bene identico per tutti.
Nella settimana-tipo di 112 ore di veglia a disposizione i bambini statunitensi trascorrono all’incirca 40 ore guardando la televisione e giocando con i videogiochi, alle quali si aggiungono le 40 ore di scuola, compreso il tempo necessario per gli spostamenti e per i compiti a casa, per cui restano soltanto 32 ore utilizzabili nei rapporti con i familiari e con i coetanei (nel gruppo dei quali è accolto soltanto se è aggiornato su quanto propone la tv).

Capire il mondo.

La maggior parte dei bambini, pur trovandola divertente, guarda la televisione perché cerca di capire il mondo, mentre la maggior parte degli adulti la guarda per divertimento.
I bambini, che ovviamente sono più vulnerabili degli adulti, hanno difficoltà a discernere i fatti dalla finzione.
I bambini teledipendenti tendono a leggere e a giocare di meno, ad essere obesi, a diventare più aggressivi, influenzati negativamente negli atteggiamenti, nelle credenze e nei valori.

Prodiga (generosa) di violenza.

Ad esempio, i bambini, assistendo a scene violente, possono arrivare alla conclusione che il più forte abbia ragione.
Comunque, essi afferrano che, se uno vuole una cosa ed ha più potere di un altro, la ottiene.
E’ documentato che nei programmi per bambini figura una media di 25 atti di violenza l’ora rispetto ai 5 l’ora per gli adulti nella fascia di massimo ascolto, atti di violenza e delitti raccontati spesso, cosa ancor più grave, da un punto di vista che esprime ammirazione.

L’orologio.

La televisione è governata dall’orologio: per quanto drammatico sia l’argomento in onda, è il tempo che detta il passaggio ad altri programmi e, quindi, ad altri prodotti da vendere.
Sotto questo profilo la tv assomiglia alla scuola, dove una discussione, per quanto coinvolgente, viene comunque interrotta dal suono della campanella, che rende banali (futili, di poco valore) l’interesse e l’apprendimento.

I poveri.

I poveri e i meno fortunati sono rappresentati di rado in televisione, e, quando ciò avviene, vengono ridicolizzati, perché la chiave della vita è la ricchezza.
Essa però viene trattata senza alcun collegamento con il lavoro necessario a produrla, per cui i bambini, che finiscono per considerarla il più grande ideale della vita, da conseguire inoltre nel più breve tempo possibile, non sanno come procurarsela, arrivando a conclusioni allarmanti, suggerite dalle stesse trasmissioni televisive.

Il sesso.

Gli adolescenti (14-18 anni) vengono in un anno esposti in media a circa 2.500 riferimenti al sesso, trattato però come preludio alla violenza o in un contesto di violenza, oppure visto come un aspetto della vita da affrontare con una risata nervosa o attraverso situazioni accompagnate da risate registrate, per cui non c’è da stupirsi che i giovani abbiano problemi con la loro intimità.

Stravolge valori.

Ma oltre alla struttura dell’informazione televisiva ci deve preoccupare anche la struttura dei valori offerti dalla tv.
Una scala largamente applicata li divide in valori strumentali, quali - mezzi - per raggiungere un dato fine, e valori terminali, quali - fini - in se stessi: se, per esempio, una persona attribuisce valore al lavoro, perché determina sicurezza economica, il lavoro costituirà un valore strumentale e la sicurezza economica un valore terminale.
I valori strumentali più citati dalla pubblicità sono la furbizia, la bellezza fisica, l’essere giovani e attraenti (insomma, essere furbi, belli, giovani e sexy), e, tra i valori finali, quelli egoistici come il successo personale o il riconoscimento sociale, o, tutt’al più, negli spot destinati specialmente ai bambini, il gioco e il divertimento.

Bugiarda riguardo alla giustizia.

Negli USA la maggior parte delle persone è convinta che, se i criminali la fanno franca, è perché i tribunali sono troppo indulgenti.
La realtà è esattamente opposta.
La maggioranza delle persone arrestate viene spedita in galera per lunghi periodi di tempo, tanto che oggi i detenuti sono tre volte più numerosi di 12 anni fa (circa due milioni di persone), e tuttavia neanche il 20 % di tutti i crimini denunciati sfocia effettivamente in un arresto.
L’opinione diversa della gente dipende dagli spettacoli televisivi, dove i criminali vengono rapidamente acciuffati dalla polizia, ma sfuggono alle pene grazie all’indulgenza dei giudici, ma dove anche molti comportamenti normalmente giudicati immorali (fino a veri e propri delitti come il ricatto, l’omicidio, la rapina, ecc.) sono considerati accettabili se adottati da qualche personaggio che goda il favore del pubblico.
In televisione, infatti, una cosa è giusta o sbagliata a seconda di chi la fa (del personaggio in azione), perché per la televisione i buoni non possono fare che cose buone, anche se sbagliate, e viceversa, i cattivi non possono fare che cose cattive, anche se in realtà sono buone.
La televisione presenta quindi, specialmente ai bambini, idee false e irreali, e un sistema di valori sconcertante, che ha al suo vertice il consumismo.

La scuola.

Occorre pertanto che la scuola insegni qualcosa sulla televisione per quanto riguarda sia i programmi che la pubblicità, in modo che bambini e adolescenti imparino che l’acquisizione di beni materiali non è lo scopo supremo della vita.
Molti dei valori veicolati (diffusi) dalle trasmissioni e dagli spot sono in contraddizione con quelli di una società veramente umana, civile e democratica.
La scuola deve farlo rilevare e prospettare i veri valori in contrapposizione con la società consumistica dei disvalori e delle disuguaglianze.
La scuola può così offrire motivi di riflessione e discussione agli studenti.

 

Il lembo del mantello (lettera pastorale di Carlo Maria MARTINI).

Il titolo, “Il lembo del mantello”, fa riferimento al racconto dei Vangeli della guarigione di una donna al tocco del lembo (dell’orlo) del mantello di Gesù, lembo che diventa perciò il canale di comunicazione fra i due.
Il cardinale dà del tu alla televisione.
“E’ diffusa la persuasione secondo la quale basterebbe, per migliorare la situazione, riempire di contenuti positivi e interessanti i media, ritenuti scatole sostanzialmente indifferenti ai contenuti, ma tu non sei semplicemente un contenitore, perché la tua stessa esistenza cambia il nostro rapporto con la realtà”.
“Quando a metà degli anni ’50 hai fatto il tuo ingresso nelle nostre case e nella nostra vita, uno slogan ci invitava ad acquistarti: - ”La TV è una finestra aperta sul mondo”. - Ed è vero”.
“Ci hai portato in casa la guerra del Golfo (magari gabellando [spacciando, mostrando una cosa per l'altra] immagini di repertorio per immagini reali), e ci hai fatto conoscere le ultime novità scientifiche e tecnologiche in fatto di armamenti, e, al tempo stesso, l’assurdità di mettere tale intelligenza al servizio della distruzione; e ci hai ripetuto anche l’instancabile appello del Papa alla pace”.
.”Ma il mondo che ci porti in casa è un’immagine elettronica che solo in parte corrisponde alla realtà effettiva, anche nel caso che si tratti della diretta televisiva. Infatti, tra la telecamera, che riprende i fatti, e me seduto davanti al teleschermo, c’è un complicato e artificioso processo di selezione e costruzione delle immagini, per cui, ad esempio, il regista decide quali trasmettere ed io ricevo solo quelle. Io perciò vedo, al posto di quella vera, anche nel caso della trasmissione in diretta, solo una realtà ‘montata’, cioè frutto di montaggio elettronico. E ciò a maggior ragione quando si tratta di programmi registrati”.
“E’ dunque un mondo artificiale che mi porti in casa; e di questo mondo rimango comunque uno spettatore estraneo, incapace di intervenire”.
“Tu sei importante, perché è importante il tuo ruolo informativo e formativo, perciò deve fare i conti con te sia chi detiene il potere sia chi lo vuole rovesciare”.
“I termini informare e formare vogliono dire dare forma alla realtà e, in particolare, alla nostra coscienza, che viene segnata, modificata, plasmata, in dipendenza, ad esempio, di notizie che vengono selezionate sulla base di criteri precisi e interessati, tenendo presente che - “la nera [la cronaca nera] vende più della bianca”.
“Tu hai un grande potere di persuasione, tanto è vero che convinci uomini e donne dell’est d’Europa e del Mediterraneo ad affrontare viaggi assurdi per andare verso quei Paesi delle meraviglie e del benessere visti in televisione, senza pensare che anche in quei Paesi ci sono fatica, ingiustizia e povertà”.
“Tu sei anche autorevole, perché godi di una fiducia solida e diffusa, che si fonda sul tuo stesso potere di persuasione, tanto che si sente ripetere: - “L’ha detto la televisione”-.
“Ma, se è vero che sono aumentati i canali televisivi pubblici e privati, e sono arrivati il telecomando e il videoregistratore, che dovrebbero consentire una maggiore libertà di scelta, è pur vero che le programmazioni avvengono sulla base degli indici di ascolto e ciò produce un pericoloso abbassamento del livello qualitativo generale nella corsa sfrenata allo spettacolo attraente e banale e alla semplificazione superficiale, per cui la scelta ‘libera’ del telecomando e del videoregistratore è spesso solo apparente”.
“Il linguaggio elettronico dei media non si rivolge tanto all’intelligenza quanto ai sensi e all’emotività”.
“I media”, d’altra parte, “non sono più uno schermo che si guarda, ma un ambiente, un’atmosfera…un nuovo modo di essere vivi”.
“Ma qualcuno ha affermato che come l’ideologia dispensa dal pensare e come la burocrazia dispensa dall’agire così i media dispensano dal sentire, perché i sentimenti superficiali scacciano quelli più profondi”.

La televisione, cattiva maestra? (Anna OLIVERIO FERRARIS).

Realtà vera e ipnosi.

Se giorno dopo giorno un giovane siede davanti alla tv può incominciare a pensare che quella televisiva sia la realtà vera e quella esterna sia invece irreale, anche perché la visione prolungata della tv può comportare la nascita di uno stato ipnotico, dovuto alla trasformazione delle onde elettriche cerebrali in onde del tipo alpha, simili a quelle dell’ipnosi.

Facilità e passività contro impegno.

I giovani si abituano a ricevere una serie di immagini, percezioni e gratificazioni in brevi spazi di tempo, che non consentono [l'impegno del] la riflessione e l’approfondimento, per cui poi hanno difficoltà ad accettare i tempi lunghi [e faticosi] di un progetto o di un lavoro che richiede concentrazione e applicazione
La teledipendenza induce infatti nei giovani la passività di un atteggiamento che si aspetta tutto dagli altri, tanto che rischiano di perdere la capacità di intraprendere alcunché, la capacità di prendere l’iniziativa.
Anche la fantasia tende a spegnersi di fronte al bombardamento di immagini televisive veloci, preconfezionate e già definite in tutti i dettagli.

Scelte senza strumenti.

Inoltre, il fatto che un giovane sia posto di fronte a una grande varietà di modelli, comportamenti, alternative non è sufficiente per consentirgli di operare delle scelte se nello stesso tempo non possiede adeguati strumenti di analisi, opportune griglie di interpretazione, e una scala di valori cui fare riferimento.

“Homo videns. Televisione e post-pensiero” (Giovanni SARTORI).

Il punto centrale del discorso è che la televisione modifica radicalmente, impoverendolo, l’apparato cognitivo (di conoscenza) dell’homo sapiens (dell’uomo evoluto, civile).
Certo è che la televisione, a differenza degli strumenti di comunicazione che l’hanno preceduta, fino alla radio, distrugge più sapere e più capire di quanto ne trasmetta.
Il primato dell’immagine significa il prevalere del visibile sull’intelligibile, che porta a un vedere senza capire.
Siamo in piena e rapidissima rivoluzione multimediale, nella quale il video sta trasformando l’homo sapiens, prodotto dalla cultura scritta, in un homo videns, nel quale la parola è spodestata dall’immagine.
Il tele-vedere sta dunque cambiando la natura dell’uomo.

Il video-bambino.

Infatti il mondo, nel quale viviamo, già poggia sulle gracili spalle del video-bambino, un nuovissimo esemplare di essere umano allevato dal tele-vedere - davanti ad un televisore – ancor prima di saper leggere e scrivere.
Il video-bambino, la cui prima scuola (la scuola divertente che precede la scuola noiosa) è la televisione (la fascia oraria più frequentata dai bambini è quella di prima serata), è contrassegnato a vita dalla predisposizione al gioco, come confermano gli esperimenti sull’ipertesto e sull’ipermedia.
La convinzione di Sartori è che il video-bambino, autore di ipertesti e ipermedia, non leggerà mai nessun libro e, dopo un inutile transito nella scuola, che nemmeno lo scalfisce, continuerà a vivere giocando con Internet e circumnavigazioni.
L’ipermedia.

Nella cultura del libro lo sviluppo del discorso è lineare, in quanto il libro insegna coerenza di discorso o almeno costruzione consecutiva degli argomenti, diretta o per contrapposizione.
L’ipertesto-ipermedia è invece un testo interattivo, che affianca al testo scritto suoni, colori, figure, grafici, animazioni, consentendo, come caratteristica centrale, di percorrerlo nell’ordine che si preferisce o in modo addirittura disordinato.
La teoria lineare della libertà politica distingue tra libertà - da - (libertà difensiva) e libertà - di – (libertà positiva di poter fare), e sostiene che la libertà - da - (per esempio, dal potere dello Stato) sia condizione necessaria per la libertà – di -, e quindi la deve precedere.
Ma tutto questo discorso procedurale e logico, che costruisce in teoria e rende possibile in pratica la nostra libertà, si dissolve nella logica circolare dell’ipermedia.
Per il bambino, che andiamo allevando, finirà per non essere chiaro perché prima si deve mettere la calcina e poi il mattone, né perché una casa venga cominciata dalle fondamenta e non dal tetto, né perché i genitori debbano precedere i figli.

Il pensiero.

Il linguaggio non è solo strumento del comunicare, ma anche del pensare.
E il pensiero ci dice che la cosiddetta realtà virtuale è una irrealtà, che viene creata nel video: si tratta di simulazione che, come tale, non è quindi realtà.

Studenti clandestini.

I ragazzi camminano nel mondo adulto della scuola come clandestini, ascoltano pigramente lezioni che lestamente dimenticano, non leggono giornali, si barricano nella propria camera con i poster dei loro eroi, guardano i propri spettacoli, per strada affondano nella loro musica. Si risvegliano soltanto la notte in discoteca, quando assaporano la beatitudine di partecipare ad un corpo collettivo danzante (Alberoni).

La formazione dell’opinione privata e pubblica nella democrazia.

La democrazia è stata spesso definita un governo di opinione, e la televisione è una formidabile formatrice di opinione.
Un’opinione viene detta pubblica non solo perché appartiene al pubblico, ma anche perché investe la ‘res publica’, l’interesse generale, il bene comune (Repubblica, Stato, Regione, Provincia, Comune, ecc.).
Opinione è doxa, ossia parere, non epistème, cioè scienza provata.
Un’opinione autonoma si forma rielaborando fonti diverse, ma, nel caso della televisione, l’autorità dominante è l’immagine.
La videocrazia (dominio del video o 'telecrazia') sta fabbricando un’opinione pubblica massicciamente etero-diretta (diretta da altri, non autonoma), che in apparenza rinforza, ma in sostanza svuota, la democrazia come governo di opinione, esibendosi sfacciatamente come portavoce di quest’ultima quando si tratta semplicemente dell’eco di ritorno della propria voce (cioè la televisione forma l'opinione privata e pubblica con le sue trasmissioni, e poi afferma di farsi portavoce dell’opinione pubblica, che non è altro che l’eco della propria voce [ossia della stessa televisione], riportata, restituita dalla gente intervistata nei sondaggi; insomma, dalla televisione alla gente e dalla gente alla televisione, ma la voce è sempre quella della televisione).

Sondaggi.

“I sondaggi di opinione regnano sovrani. Cinquecento statunitensi vengono continuamente interrogati per dire a noi, cioè agli altri 250 milioni di statunitensi, quello che dobbiamo pensare” (Herstgaard).
Per di più, i risultati dei sondaggi dipendono notevolmente dal modo in cui sono poste le domande: i sondaggi, infatti, non sono strumenti di demo-potere (potere del popolo) – strumenti che rivelano la vox populi, la voce del popolo – ma sono soprattutto, come abbiamo appena visto, espressione del potere dei media sul popolo.
Inoltre, la grande maggioranza degli interpellati dai sondaggi non sa quasi nulla delle questioni a loro sottoposte: due statunitensi su cinque non sanno quale partito – e i partiti sono soltanto due – controlli il loro Congresso (Parlamento), né sanno dove si trovino gli Stati del mondo.
Pertanto, i risultati dei sondaggi sono spesso falsi o, per lo meno, distorti.
Ora, in generale, alle false interpretazioni delle statistiche vanno aggiunte le interviste casuali all’uomo della strada, che non rappresenta che se stesso, per cui sui problemi seri esse sono formidabili moltiplicatrici di stupidità che, dette sul video, fanno opinione, dato che il giorno dopo sono ripetute da migliaia di persone.

Informazione.

La conclusione è che il mondo, risolto in immagini, è disastroso per l’educazione di un animale razionale come l’uomo.
La televisione fa regredire la democrazia, indebolendone il supporto e cioè la pubblica opinione, una opinione degradata, che mette quindi in pericolo la democrazia rappresentativa (indiretta, basata sull’elezione dei rappresentanti) e svuota la democrazia diretta (ad es., il referendum).
Sarà anche vero che la cittadinanza dell’era elettronica è caratterizzata dalla possibilità di accedere a infinite informazioni, ma dire questo è come dire che la cittadinanza nel capitalismo consente a tutti di diventare capitalisti.
Il fatto è che la rivoluzione mass-mediale è pressoché interamente tecnologica e non sa che farsene di menti pensanti.
Informare deve significare comunicare un contenuto significativo, non qualunque notizia senza valutazione.

Sottocoltura.

I media, e soprattutto la televisione, sono oramai gestititi dalla sottocultura, da persone senza cultura.
E siccome le comunicazioni sono un formidabile strumento di autopromozione – comunicano ossessivamente che dobbiamo comunicare (ma che cosa?) – sono bastati pochi decenni per creare il post-pensiero, il dopo-pensiero, il pensiero brodaglia.
Oggi dilagano [nel video e fuori] le menti deboli, che crescono proprio perché si imbattono in pubblici che non sono mai stati addestrati a pensare: l’ignoranza è quasi diventata una virtù.
Non è affatto vero, come lascia intendere la faciloneria dei multimedialisti, che la perdita della cultura scritta sia compensata dall’acquisizione della cultura audio-visiva: la moneta cattiva non compensa la moneta buona scacciata.
Infatti informazione nel senso corrente non è conoscenza (nel senso di cultura), ma insieme di nozioni di diversissima importanza, accumulate senza criterio.
Con la televisione il criterio di selezione tra le informazioni dà la preferenza all’informazione più filmabile.
L’uomo della cultura scritta, e quindi dell’era dei giornali, leggeva una quindicina di eventi significativi, mentre i telegiornali li riducono alla metà e compressi in un tempo ristretto.

Negli USA.

A forza di sottoinformare, e di gonfiare le meno importanti notizie locali, si finisce per perdere di vista le notizie del mondo.
L’ottusità (la stupidità) dei pubblici educati dalla televisione è ben esemplificata dal fiasco televisivo, negli Stati Uniti d’America, della caduta nel 1989 del muro di Berlino, fondamentale evento politico del XX secolo.
Ormai negli USA solo il 20% dei giovani sotto i trent’anni segue i telegiornali di world news, di notizie del mondo, internazionali.
“Con ogni probabilità gli statunitensi costituiscono la popolazione più ‘svagata’ (disattenta e dedita ai vari divertimenti e specialmente alle trasmissioni televisive di svago) e meno informata del mondo occidentale” (N. Postman).
Negli Stati Uniti d’America un quarto degli studenti pre-universitari (tra i 16 e i 18 anni) ritiene che Franklin D. Roosevelt (1932-’45) sia stato Presidente durante la guerra del Vietnam (terminata con la sconfitta degli USA nel 1975, quindi quarant’anni dopo), due terzi non sanno piazzare nel tempo la loro terribile guerra civile (guerra di secessione, 1861-65), e metà non sa chi sia stato Stalin (URSS, al potere dal 1924 al 1953).
Dal censimento statunitense del 1986 risultava che 70 milioni di statunitensi adulti fossero analfabeti, e da indagini più recenti si ricava che 106 milioni di statunitensi non sanno leggere nel senso che leggono male.

In Italia.

In Italia lo stato degli studenti di Storia contemporanea non è migliore circa la conoscenza del ‘900: il grosso delle matricole non sa che cosa sia il New Deal (Nuovo Piano USA, Roosevelt, 1932) o il piano Marshall (1948), sbaglia sulla guerra fredda (secondo dopoguerra, dopo il 1945), sulla Repubblica Sociale (1943-45), ritiene che Badoglio (Capo del governo dopo la caduta del fascismo, 25-7-1943) sia stato un capo partigiano, ignora la data di nascita della Repubblica (Referendum, 2–6-1946; Costituzione, 1-1-1948), in cui vivono.
Nel 1998 quasi il 65 per cento degli italiani ha dichiarato di non aver letto mai un libro, e un 62% ammette di non leggere addirittura nulla, nemmeno giornali sportivi.
Soltanto il 18% dei giovani tra i 15 e i 24 anni acquista un quotidiano.

Il sistema elettorale e il post-pensiero (il pensiero dopo l'introduzione del video).

Nelle elezioni il potere del video è minore quando il voto è dato a liste di partito (ad esempio, nel sistema elettorale proporzionale) , mentre è maggiore quando il voto è personalizzato, cioè quando si vota in collegi uninominali per singoli candidati (ad esempio, nel sistema elettorale maggioritario).
Come il video interagisce con il sistema elettorale, così anche il sistema elettorale interagisce con la forza strutturale dei partiti.
Infatti, ad esempio, gli Stati Uniti d’America e la Gran Bretagna hanno lo stesso sistema elettorale, cioè il sistema uninominale ad un turno, ma l’incidenza della video-politica è massima nelle elezioni statunitensi, dove la struttura dei partiti è molto debole, e minima in Gran Bretagna, dove i partiti sono ancora forti.
La video-politica tende a distruggere il partito organizzativo di massa, che si è sviluppato in Europa per circa un secolo, favorendo la nascita di partiti leggeri, privi cioè di una organizzazione capillare territoriale.
Inoltre, l’emotivizzazione della politica porta la cultura dell’immagine a rompere il delicato equilibrio tra passioni e razionalità, facendo recedere (retrocedere) quest’ultima. Così la politica emotiva, riscaldata dal video, solleva problemi senza fornire soluzioni.

Il ‘villaggio globale’.

La concezione del ‘villaggio globale’ di McLuhan va interpretata, nel senso che in realtà almeno la metà del mondo ne rimane escluso, sia per mancanza di attrezzature tecnologiche sul posto sia per i costi dei servizi delle troupes televisive.
Ma anche negli Stati sviluppati la televisione finisce per impoverire drasticamente l’informazione e la formazione del cittadino: il suo mondo di immagini, come abbiamo visto, disattiva la nostra capacità di astrazione e di comprensione, cui si aggiunge la perdita della comunità, dei legami di vicinato, visto che il video isola ogni individuo tra le pareti domestiche, formando una folla solitaria, immersa in una solitudine elettronica, che riduce al minimo anche le interazioni (relazioni) domestiche, e affida ad Internet quelle lontane.
E per i profeti del mondo digitale e della cibernavigazione non ha nessuna importanza che gli utenti siano esseri razionali, avendo da offrire in cambio una pressoché infinita libertà, non obbligando neppure a cercare i programmi e le informazioni, perché lo farà il ‘navigator’.
Leibniz ebbe a definire la libertà umana una spontaneità intelligente, non certo quella di usare lo zapping o di ingorgare internet con i graffiti o di impegnarsi nei videogiochi.
In realtà gli uomini multimediali dicono libertà, scelta, ma intendono quantità e velocità.

Superstizione.

Proprio il Paese di massima scientificità tecnologica, gli Stati Uniti d’America, è anche il Paese di massima credulità (“Maghe, maghi, stregoni, fattucchiere, cartomanti, chiromanti [leggono la mano], e astrologi affollano gli annunci economici”; “Nancy Reagan non dava al marito Ronald il permesso di incontrare Gorbaciov senza l’assenso della sua astrologa”, come dice il giornalista Riotta;) e che più abbraccia culti da strapazzo.

La concorrenza.

Ma la concorrenza migliora la televisione?
Nel Regno Unito in realtà una buona televisione pubblica, la BBC, rischia di essere scalzata da una concorrenza privata commerciale di basso livello.
Per i grandi magnati europei, Murdoch e Berlusconi, il soldo è tutto e l’interesse civico e culturale è zero. E l’ironia di questa situazione è che Murdoch e Berlusconi si vantano, nella loro scalata verso smisurati imperi televisivi, di essere i ‘democratici’, che offrono al pubblico quel che il pubblico vuole, mentre la tv pubblica offrirebbe al pubblico quello che è la televisione stessa a volere [o l’invadenza dei partiti]. Si tratta di tartufismo, di ipocrisia, perché la loro televisione privata tende ad abbassare il livello dei prodotti televisivi.
Si dice che con la [vera] concorrenza sarebbe diverso.
Ma se c’è un Paese che non ha mai avuto televisione di Stato e nel quale la televisione si è sviluppata e opera in condizioni di indipendenza e di piena competizione, questo Paese sono gli Stati Uniti d’America, che si dimostrano l’esempio peggiore, dove, per la teoria della concorrenza come sistema autocorrettivo, i consumatori dovrebbero punire il cattivo produttore televisivo e premiare le trasmissioni migliori, mentre le grandi reti televisive statunitensi, in realtà, si imitano ad oltranza, risultando rivali sì, ma in conformismo (uniformità, Graber). Difatti, su dieci notizie, otto sono le stesse su tutte le reti.
La concorrenza finisce per svilire le trasmissioni per varie cause, tra cui quell’unità di misura degli ascolti chiamata Auditel, per la quale l’ascolto di Churchill ha lo stesso peso dell’ascolto del suo portinaio, e, quindi, la crescita [quantitativa] dell’ascolto si ottiene al ribasso [qualitativo].
Tra l’altro, le cinquemila famiglie, che compongono il campione di Auditel, sono costituite da persone che stanno tutto il giorno a guardare la televisione, segnalando qual è il programma che guardano (quando non si addormentano o annoiano o fanno altro), ricavandone a fine anno un ‘regalino’. Come fanno queste persone del tutto anomale (fuori dal comune modo di vivere), pagate in regalini (e reperite con 9 rifiuti su 10) a costituire un campione statistico affidabile, sul quale si basano cinquemila miliardi di investimenti pubblicitari?

La lettura come intelligenza (capacità di comprensione) della realtà.

Il ritorno dalla incapacità di pensare (il post-pensiero) al pensiero è tutto in salita.
E certo questo ritorno non avverrà se non sapremo difendere a oltranza le letture, il libro e, insomma, la cultura scritta.
“La lettura richiede solitudine, concentrazione sulla pagina, capacità di apprezzare la chiarezza e la distinzione”, caratteristiche che non possiede l’homo sentiens (che sente) o videns (che vede) multimediale: “La lettura lo stanca…Sceglie per sé il living on self-demand (vivere secondo il proprio desiderio), quel modo di vita che è tipico dell’infante [del bambino] che mangia quando gli va, piange se avverte sconforto, dorme, si sveglia, soddisfa i suoi bisogni a caso.” (Ferrarotti).
E alla dispersione, allo smarrimento, alla banalizzazione (svilimento, semplificazione) e allo spreco della televisione e degli strumenti multimediali dobbiamo reagire [anche] nella scuola.

Striscia la tivù (A. RICCI).

Falsificazione e distorsione del presente e cancellazione del passato.

Ma possibile che in tivù tutto sia falso o falsificabile? Anche l’ora esatta?
Il segnale di Canale 5 è stato posto avanti di una ventina di secondi al fine di anticipare la concorrenza nel comunicare, ad esempio, le proiezioni elettorali, facendo così uno scoop.

In televisione compaiono spesso dei personaggi che non hanno nulla da vendere, e allora vendono se stessi, spettacolarizzando il loro dolore, i loro sentimenti, la loro eccentricità (diversità).
La tivù non è pericolosa quando si presenta chiaramente come varietà o intrattenimento, ma quando pretende di essere bocca della verità, proponendo immagini ‘oggettive’.
Il cronista della CNN, durante la guerra del Golfo, in collegamento da un albergo di Tel Aviv (Israele), fingendo un imminente attacco iracheno con i gas, rifiutava, nonostante i perentori (energici) inviti dello studio centrale, di indossare la maschera antigas, pur di continuare l’eroica telecronaca.
Ricci ha scoperto in seguito, in un angolino del teleschermo, passanti tranquilli, senza maschera antigas.

Durante la crisi in Albania venivano spesso inquadrati gruppi di albanesi, che sparavano in aria: lo facevano per gli operatori delle tivù straniere, che pagavano dieci dollari per ogni scena.

La tempesta di collegamenti e di articoli sui giornali per la morte di Diana ha nascosto completamente l’eccidio di centinaia di persone in Algeria, trucidate dalla Jihad islamica.

E’ da notare che per anni in RAI non c’è stata cura per gli archivi: tra l’altro, sono andate perdute alcune commedie di Gilberto Govi (attore dialettale genovese).

Il Gabibbo.

Il mostro per eccellenza è il Gabibbo, che esiste perché si mostra, e del mostro ha tutte le caratteristiche.
Il Gabibbo è venuto fuori nel momento degli esternatori (urlatori di idee, ottobre del ’90): Ferrara, Sgarbi, Funari, Cossiga e Santoro.
Il Gabibbo sa che, per bucare il video, ti devi ‘impupazzare’: senza la maschera in tv non puoi presentarti.
Migliaia d cittadini preferiscono rivolgersi al ‘vendicatore rosso’ piuttosto che alle Istituzioni.
Brecht diceva: “Beato il popolo che non ha bisogno di eroi”. Ma noi non riusciamo a fare a meno addirittura dei pupazzi.
E’ interessante conoscere l’origine del nome del Gabibbo, che deriva senz’altro da una parola araba, non solo dalla storpiatura di Cabib, nota famiglia di venditori di tappeti, ma anche da gabi = cretino, o da habib = amico.
In varie località della Liguria ha accezioni diverse: a Genova = meridionale; ad Alassio = gay; ad Albenga = carceriere; a Sanremo = furbo; nello spezzino = scemo.
E Ricci è contento che in giro ci siano falsi Gabibbi, falsi pupazzi, falsi dischi, perché ritiene che il trionfo del falso sia il trionfo dello specifico televisivo.

Autocensura, censura e Gabibbo.

A ‘Striscia la notizia’ ci sono stati alcuni episodi di autocensura.
Ricci, ad esempio, non mandò in onda la visita in data 2 novembre ’92 del Gabibbo (accompagnato da Curzio Maltese, che scrisse un articolo memorabile) ad una signora che possedeva il Meter (apparecchio per registrare l'ascolto, l'audience) dell’Auditel, perché l’intervista era risultata povera, mentre la mancata messa in onda avrebbe suscitato, come avvenne, un putiferio giornalistico.
Il 15 marzo ’93 gli operai in sciopero della casa editrice Universo chiamarono il Gabibbo, mentre i proprietari chiamarono la Polizia. Un dirigente della Digos si fece incontro al Gabibbo, sorridendo e a braccia aperte, quasi per stringerlo al petto; poi, senza accorgersi del microfono, cominciò a dire sottovoce: “Per cortesia, vada via per conto suo. La prego, non mi costringa a fare niente. Se questa sera in televisione mio figlio vede che il suo papà ha mandato via il Gabibbo, sono rovinato.”
Il pezzo era evidentemente esilarante (divertente), ma non venne mandato in onda: poveretto, non gli si poteva far rischiare il rapporto padre-figlio, e ancor più il rapporto con i suoi superiori, senz’altro meno simpatici di lui.

La voglia di censurare è più forte di qualsiasi impulso sessuale. E’ l’espressione massima del potere.
Una volta, terminato il numero graffiante di Grillo, mentre i funzionari della RAI stavano per prendersela con Grillo attore e Ricci autore, un provvidenziale intervento del Presidente della Repubblica Sandro Pertini, spettatore entusiasta della trasmissione, li salvò all’ultimo momento.
E c'è una forma di censura più subdola, quella di assumere persone assolutamente incompetenti per poi poterle anche più asservire (renderle dipendenti) in qualsiasi momento.

L’Auditel.

L’Auditel (sistema di rilevazione automatica dell'ascolto) è una divinità e i suoi responsi sono dogmi [verità assolute]. Per placare questo mostro gli aruspici (indovini, programmatori della futura attività della RAI-TV) Direttori di Rete, oltre a vittime umane, immolano [sacrificano] soprattutto il buon senso.
Come in ogni religione ci sono i misteri, così la maggior parte dei telespettatori non conosce il meccanismo e pensa di essere determinante per la formazione del risultato: “Sono uscito, ma ho lasciato acceso il televisore sul vostro programma per farvi fare più ascolto”. In realtà conta solo la casta dei telespettatori che hanno in casa il Meter [lo strumento dell’Auditel], di cui sono in possesso circa 5.000 famiglie.
Il dio Auditel possiede delle caratteristiche ‘meccaniche’, ripetitive, per cui a una certa ora il numero degli spettatori di una trasmissione risulta essere lo stesso, tanto che l’ “indovino” Giucas Casella ne approfittò per annunciare nella puntata di ‘Domenica in’ del 12 novembre 1995 che alle 19.30 gli spettatori sarebbero stati sei milioni e ottocentomila, naturalmente ‘indovinando’ la previsione. Casella dichiarò di essere entrato in trance, e il TG1, che lo intervistava, non gli obiettò nulla.
.Durante la seconda guerra del Golfo (1991), ad esempio, la ferma presa di posizione antimilitarista di Ricci, mentre tutto intorno infuriava la follia interventista (l’adesione alla guerra), gli procurò non pochi problemi.
Scrivevano intere scolaresche: “Vi abbiamo sempre stimato, ma perché prendete in giro gli eroi Bellini e Cocciolone? (nostri aviatori militari, fatti prigionieri dagli iracheni dopo varie missioni di bombardamento sull’Iraq nella seconda guerra del Golfo del 1991)?”.
Dopo aver mostrato nel porto di La Spezia le navi irachene armate dagli italiani, e soprattutto Bellini e Cocciolone intervistati da Emilio Fede, il clima cambiò, confermando Ricci nell’idea di considerare intelligente il pubblico, cioè capace di rispondere alle provocazioni e di accogliere i dubbi.

La realtà dipende dalla TV.

La realtà sembra che sia stata assassinata dalla tv con un delitto perfetto, come sostiene Jean Baudrillard, e noi viviamo invece ‘nell’estasi della comunicazione’ soprattutto televisiva.
Il pubblico, invitato negli studi televisivi, perde immediatamente ogni spontaneità, dato che non è più lì per guardare, ma per essere visto.
A Genova un paziente è morto, in seguito a una operazione ripresa in diretta per una trasmissione di medicina, perché il chirurgo, per stare nei tempi televisivi, aveva ‘tagliato corto’.
Alla presenza di una telecamera i dimostranti gridano di più e i poliziotti picchiano di meno.
Nei meeting di atletica, ‘casualmente’, i record arrivano solo se viene assicurata un’adeguata copertura televisiva.
Certe tappe ciclistiche si vivacizzano solo quando inizia il collegamento televisivo.
Anche in volate affollatissime il vincitore, rischiando l’osso del collo, alza sempre le braccia al cielo perché vengano meglio inquadrate le scritte degli sponsor sulla maglietta.
La cosa più sconvolgente è che, se appare in tv una persona che nella vita di tutti i giorni reputi valida, risulterà sempre un po’ meno valida; se invece è un farabutto, farà faville.


La bassa frequenza.

In bassa frequenza [nella fase di preparazione delle trasmissioni, cioè nei momenti in cui non si è in onda] basta una buona parabola [satellitare] per ‘pescare’, in modo del tutto casuale, i collegamenti dai satelliti o dai vari ‘ponti’; a volte sono gli ‘amatori’ a inviare le cassette..
La ‘bassa frequenza’ è importante non tanto per i contenuti quanto per esemplificare la differenza tra un ‘prima’ e i comportamenti in video poi: si evidenzia il momento in cui viene messa la maschera per la recita o la maschera sulla maschera già indossata
Clamoroso fu, nell’autunno del 1994, la rivelazione del teatrino fra Buttiglione e il portavoce di Forza Italia, Antonio Tajani, i quali, appartenenti allora a opposti schieramenti politici, disegnavano gli scenari della loro futura alleanza. Fu un terremoto: gli amici di partito di Buttiglione non volevano credere alle loro orecchie.

Pubblicità occulta.

E’ figlia del cinema degli anni ’60, quando sceneggiatori e registi ambientavano gran parte dei film dentro i bar, perché contenitori naturali di pubblicità: quanti Campari, fernet, portacenere marchiati, banchi-frigo della Motta!
Nel film del regista Comencini “Cercasi Gesù”, di cui ero sceneggiatore, il marchio del televisore, che guardava Beppe Grillo, era grande il doppio del normale. Ricci se ne accorse anni dopo. Chi sarà stato?
Grande il doppio era anche il marchio della Mercedes usata da Spielberg ne “Il mondo perduto”.
Recentemente l’Antitrust (organo di difesa della concorrenza contro i monopoli o gli accordi sui prezzi tra le aziende = trust) ha assolto il film “Il maresciallo Rocca” dall’accusa di pubblicità occulta per le sigarette MS, riconoscendo che il pacchetto di sigarette mostrato era funzionale al racconto: è una sentenza esplosiva, che lascia libero campo alla pubblicità occulta.
Grazie all’opera di “Striscia la notizia” e di qualche associazione di consumatori la pubblicità occulta sta tuttavia vivendo un periodo difficile.
C’è però un paradosso (affermazione o avvenimento illogico, sorprendente): ogni volta che viene denunciato un caso di pubblicità occulta, viene fatta [non volendo] pubblicità proprio a quel prodotto.

Le difficoltà della cultura in TV.

Per la creatività dell’autore, dell’inventore anche di un pupazzo, sono essenziali un ambiente sereno e la conoscenza di [autori] classici e contemporanei.
Il fatto che nel 1996 la RAI abbia programmato al mattino uno speciale sul poeta Giuseppe Bertolucci che abbia fatto zero d’ascolto, meno della messa in onda del monoscopio, che sempre qualche fan lo ha, è dovuto, secondo Ricci, al pubblico non preparato a sentire per un’ora delle poesie in tv.
Come chi, non conoscendo il gusto del tartufo, lo assaggia e, pensando di aver mangiato una patata marcia, sta male, così chi sente una poesia o un brano di musica classica in tv, immediatamente ha una crisi di rigetto.
Ciò perché non si possono imporre con un gesto fascista due ore di sinfonie tutte le sere quando non ci sono le strutture mentali e l’educazione musicale per apprezzarle.

La scuola.

Dovrebbe essere la scuola a metterti dentro il gusto per la musica e la letteratura.
A scuola, al bambino viene insegnato il linguaggio scritto: così impara che i giornali possono scrivere il falso, perché lui stesso è in grado di scrivere una menzogna.
Tranne in alcuni casi di maestri volontari – da libro “Cuore” -, in nessuna scuola dell’obbligo viene insegnato il linguaggio televisivo, tanto che nel ragazzino scatta il meccanismo: “E’ vero, l’ho visto con i miei occhi in tv”.
Non sa che con un primo piano televisivo si possono tagliar fuori immagini non desiderate, che una telecamera dal basso ha un certo significato, che una inquadratura dall’alto ne ha un altro, che dire: “Dash lava più bianco del bianco” o “Un milione di posti di lavoro “ fa parte della normale retorica enfatica [gonfia] e iperbolica [esagerata] per farsi notare in tv.
La tv è ovunque, è lo strumento di comunicazione principale, e la scuola non può ignorarla.
Non conoscendo le istruzioni per l’uso, specialmente bambini e ragazzi rischiano di credere alla tv, che diventa l’unico strumento per rapportarsi alla realtà.
Bisogna togliere autorevolezza alla tv, smontando la sua retorica assertiva [linguaggio, discorso affermativo di verità], creando dubbi, rivelando trucchi, forzando “l’anello che non tiene” (Montale).
Ricci lo fa con ‘Striscia la notizia’, ma sempre nell’ambito dell’intrattenimento e della provocazione, con modi e tempi omeopatici [usando lo stesso veleno].
Poco, rispetto a quello che potrebbe fare la scuola, ma è evidentemente una scelta politica trasversale (che attraversa più settori, più tempi, ecc.) il non voler dotare gli alunni di strumenti critici.
Una tv che conservi intatto il suo potere di creare consenso (conformismo, adesione non ragionata) fa comodo a tutti.
Non è la tv che crea i deficienti di oggi, è la scuola che alleva quelli di domani.

 

Presenti alla creazione (di una nuova comunicazione).

(prefazione di Furio COLOMBO a “Persuasori e persuasi” [negli USA] di P. GLISENTI e R. PESENTI).

 

La notizia diventa più grande e il giornalista più piccolo.
Nessun Paese al mondo ha posto tanta fede nell’informazione quanto gli Stati Uniti.
L’aumento impetuoso della quantità di informazioni ha cominciato a verificarsi alla fine degli anni ’70.
La cosa strana è che, ora che c’è una certa libertà nei Paesi orientali, Mosca e Leningrado vedono e sanno tutto di Chicago e Los Angeles, ma Chicago e Los Angeles continuano a sapere di Mosca e Leningrado tanto quanto sapevano prima della caduta del muro di Berlino (1989). Infatti l’Europa guarda in ogni istante e in ogni dettaglio agli USA, mentre gli USA, pur avendone tutta la strumentazione, guardano poco all’Europa.
E tuttavia, la grande maggioranza di tutto ciò che sappiamo, nel mondo e del mondo, si forma negli USA, dato che la notizia statunitense domina incontrastata.
Siccome il centro del mondo, dominato dall’immagine, è dentro la sequenza visiva, la tendenza è quella di collocare il punto di forza, che genera l’evento, là dove l’evento si vede o si ha l’impressione di vederlo, tanto che molta gente finisce per rivolgersi alla televisione, anziché al governo, per fare proposte o addirittura per avere soluzioni.

Il telespettatore e la comunicazione televisiva.

Il telespettatore abita in una ‘casbah’ (quartiere arabo intricato e malfamato), costruita intorno alla rocca televisiva, che domina la sua vita, attratto da alcune personalità-guida (lo star-system), e facilitato nel suo avvicinamento alla rocca (centro televisivo) da intermediari abili e smaliziati (varie fortunatissime pubblicazioni tipo ‘TVGuide’) e servito lungo i percorsi da distributori di notizie brevi, uguali, anonime, i giornalisti.
Ma tutto ciò non ha molto a che fare con la realtà, benché fra le celebrità compaiano anche, ad esempio, i volti di veri politici, e circoli anche molto materiale che viene dalla strada e dalla vita.
Il fatto è che sono state travolte le frontiere fra informazione e intrattenimento, e dunque anche fra informazione, come spazio doveroso di contatto con la realtà, e tempo libero, come intervallo del dopo fatica, spazio di riposo e distrazione. Il muro è stato abbattuto, dapprima nel sistema di comunicazione statunitense, dall’irrompere e dal moltiplicarsi della pubblicità, che circola indifferentemente dentro tutti i programmi e che tende ad imprimere a tutti (dal divertimento più leggero al programma giornalistico più impegnato) la stessa qualità elegante e leggera, la stessa persuasività (capacità di persuadere, concincere) veloce e ammiccante degli spot.
Il fenomeno, grandioso e impetuoso, ha dato luogo ad un vero e proprio mutamento genetico del comunicare televisivo. Lo spot, infatti, reca in sé una dose forte e programmata di irrealtà (raccomanda un tipo di vita, non la descrive, non la approfondisce), che sfida con forza sia il programma di divertimento, con il quale compete in qualità di divertimento, sia quello giornalistico, al quale dà lezioni di intensità e di sorpresa. Ma soprattutto altera il ritmo comunicativo (montaggio, pause, scansioni, velocità, rapporto fra parole e immagini) di entrambi (del programma di divertimento e del programma giornalistico) e, rendendoli simili, fa in modo che il risultato appaia come un unico nastro comunicativo.
La prova, per gli USA, è stata la durissima protesta del pubblico adirato contro la sostituzione delle puntate giornaliere delle ‘soap operas’ con trasmissioni in diretta dalla piazza Tien An Men di Pechino durante la rivolta degli studenti cinesi del 1989.
Tale protesta è stata generalmente giudicata come l'espressione di un atteggiamento superficiale.

Cittadino o spettatore?

In realtà, chi ha formulato quel giudizio di condanna ha involontariamente equivocato fra la virtù del cittadino e l’interesse dello spettatore.
Un buon cittadino ha certo il dovere di seguire prima gli eventi della Cina e poi la puntata della 'soap opera', ma un buono spettatore, che conosce bene i suoi programmi, sa che una caratteristica della 'soap opera' (romanzo sentimentale suddiviso in brevi, infinite puntate) è che una puntata non viene ripetuta, al punto che molti quotidiani ne pubblicano il riassunto, mentre la notizia della Cina sarà sicuramente ripetuta e commentata.
Un buon cittadino ha la coscienza dell’unicità dell’evento vero, umano, storico, a differenza del buono spettatore, per il quale il valore di quell’evento è invece irrilevante.
Infatti, l’immagine del giovane cinese inerme, con i jeans e la camicia bianca, che tenta di fermare il carro armato, ha una sua qualità di emozione unica e irripetibile, se vista ‘in diretta’, soltanto per chi ha conservato un senso molto forte e vivo del tempo reale rispetto al flusso indistinto del tempo televisivo.
Ora, la differenza tra il buon cittadino e il buono spettatore tende a farsi labile (trascurabile) in proporzione all’espandersi del territorio televisivo: solo ciò che è dentro il tempo televisivo ha un certo valore, graduato dalle varie trasmissioni e, ancora di più, dall’organizzazione della giornata televisiva secondo il palinsesto (il programma) prestabilito [cioè il tempo televisivo tende sempre più a prevalere su quello reale e, di conseguenza, il buono spettatore tende a sostituire il buon cittadino].
Abitando in una città si acquista, con il passare del tempo, una percezione degli spazi, dei quartieri, delle zone, dei territori, dei valori che i non abitanti non hanno. Lo stesso avviene abitando una programmazione televisiva, acquisendo riferimenti fisici, visivi, mentali, nonché valori., familiarizzando con un territorio completamente autonomo. Una volta diventati abitanti di un territorio immaginario, i cittadini si trasformano in spettatori, e non è ragionevole chiedere a degli spettatori di attenersi a regole diverse da quelle dello spettacolo, ritornando al rispetto delle regole del cittadino, ormai messo da parte come il cappotto nella stagione estiva.
Non tenendo presente questa novità, gli specialisti dell’informazione continuano a rivolgersi direttamente ai cittadini, quando invece hanno a che fare con degli spettatori, illudendosi di continuare ad operare nel tempo della realtà del cittadino, e precisamente nel tempo del dovere-lavoro (dunque nel tempo ‘serio’, con la tradizionale divisione tra dovere e piacere, e la priorità del primo, il dovere-lavoro, sul secondo, il piacere-divertimento), mentre ormai gli spettatori (ex cittadini) vivono nel tempo del dopo-lavoro, anzi nel tempo 'libero' [dal lavoro o dal pensare? Vedi Sartori], senza distinzione [tra tempo di lavoro e tempo di non lavoro], della televisione, dove la scala dei valori è quella del divertimento.

La comunicazione e la capacità critica.

Di fronte al torrente delle informazioni e al crescente dominio degli spot la soluzione non sembra possa essere quella di ‘pulire l’etere’, riducendo le une (le informazioni) e, magari, abolendo gli altri (gli spot), ma probabilmente quella di rendersi conto che quei messaggi contano di più o di meno non per quello che trasmettono (per i loro contenuti) o per il numero degli spettatori che raggiungono, ma in dipendenza della forza o della debolezza dei destinatari, cioè in rapporto alla loro capacità di lettura e di analisi, in relazione insomma alla loro capacità critica.

L’ignoranza avanza (P. GLISENTI – R. PESENTI).

L’incantesimo si spezza.

L’ascolto televisivo negli USA ha raggiunto nel 1989 le sette ore al giorno, mentre gli studenti del primo anno di università sono risultati al dodicesimo posto (su quindici Stati del mondo) in un esame di geometria e al penultimo in un esame di algebra.
Saul Bellow, il maggiore romanziere statunitense contemporaneo, parla di “analfabetismo culturale diffuso…che nasce dalla dominante preoccupazione per il business, la tecnologia, il potere, il denaro piuttosto che per la vita interiore”.
Ha detto lo scrittore Arthur Miller, presentando “Timebends”, la sua ultima autobiografia: “Mentre negli anni Sessanta c’era posto per le passioni del cuore nella vita intellettuale statunitense, oggi sembrano dominare solo le emozioni degli occhi...oggi ci si divide tra chi fa e chi guarda, non sembra esserci più posto per chi" pensa.
Infine Allan Bloom, nel suo grande saggio “The Closing of the American Mind” (La chiusura della mente negli USA) parla dell’affermarsi nella società statunitense di una generazione “senza letture e narcotizzata dalla musica rock”.
L’intero quadro Usa dei valori individuali e collettivi, infatti, esce scardinato dal cruciale passaggio dalla recessione e dal malessere del dopo Vietnam e del dopo Watergate (il Presidente Nixon viene accusato nel 1974 di spionaggio ai danni del Partito Democratico) degli anni ’70 alla prosperità del boom economico e dell’era informatica degli anni ’80.
Due, in particolare, i fattori di cambiamento: la dissoluzione della struttura familiare come nucleo dell’affettività e anche della socialità, e l’impetuoso ingresso delle donne nel mercato del lavoro.
Uno degli esempi più significativi del cambiamento generale di clima è stato forse l’emergere e l’affermarsi negli anni ’80 di un nuovo giornalismo, secco, freddo, cinico, un giornalismo che voleva solo i fatti delle piccole realtà individuali, senza cercare interpretazioni, decontestualizzando le vicende dalla storia e dalla vita della collettività, un giornalismo senza ideali e senza ambizioni, in sintonia con l’attesa di un pubblico ormai lontano dalle proposte del giornalismo del periodo d’oro degli anni ’60 e ’70, le cui grandi firme avevano raccontato l’esplosione di forti passioni nazionali, suscitate dal movimento per i diritti civili, dalle marce antisegregazioniste [contro la separazione razziale e razzista], dalle rivolte studentesche del '68 e dalle nuove ondate del movimento femminista.

Giornalismo e cultura.

E’ da notare che l’informazione e la comunicazione di due decenni (’60 e ’70) avevano stabilito un rapporto molto forte tra giornalisti e intellettuali (uomini di cultura: l’economista Galbraith, la scrittrice Sontag, il sociologo Mumford, il musicista Bernstein, il poeta Ginsberg, lo scrittore Mailer), che già dominavano sia il mondo universitario che il mondo dell’industria culturale, finché, in concomitanza con le crisi degli anni ’70 (Vietnam, Watergate), la loro posizione cominciò ad apparire ingombrante e ci fu il rigetto da parte del pubblico.
Secondo Giovanni Sartori “La vecchia storia della competitività nel giornalismo americano nasconde una realtà ben diversa. Nessuno vuole sbagliare e il modo per evitare di fare errori è quello di scrivere tutti le stesse cose nello stesso modo” (conformismo).
Ma anche la cultura sembra ripiegata su se stessa: “Qualche volta”, dice sempre Sartori, “ mi diverto a chiedere ai miei colleghi d’università la lista delle letture consigliate agli studenti dei corsi di dottorato. ..in genere si preferisce il libro appena uscito, anche se largamente inferiore ai suoi predecessori…Credo che nella cultura americana si sia fermato il processo di fertilizzazione e che si vada avanti per contagio di mode effimere (transitorie). Il risultato è un livellamento in discesa”.
Di pari passo con la decadenza del giornalismo investigativo (delle grandi inchieste) e del giornalismo d’opinione (che pensa e interpreta), alla fine degli anni ’70 cominciò a entrare in crisi anche il giornalismo letterario.
Tom Wolfe nel 1989 ha detto che la crisi del giornalismo letterario è stata influenzata da quella della cultura letteraria del grande realismo (S. Lewis, Nobel nel 1930; Hemingway, Steinbeck, Buck, Faulkner), abbandonato agli inizi degli anni ’60 di fronte alla vita statunitense caotica, frammentaria, casuale, assurda, che ha generato una nuova scuola letteraria esaltante immaginazione e finzione, chiamando le storie narrate ‘fiction’, tornando anche alla riscoperta di favole, leggende, mitologie, e così dando voce alla letteratura dell’assurdo, al romanzo magico e persino alla corrente del ‘minimalismo’ (racconto delle cose minime della vita), anche se negli anni ’80 sembra ci sia stato un ritorno, sotto altre forme, al realismo (Bellow, Stone, Updike, Craver, Mason, DeLillo, Tyler).
Nella graduatoria della saggistica bisogna scendere al nono posto per trovare un saggio di spessore come “Dal big bang ai buchi neri” del fisico inglese Stephen Hawking, mentre gli indici di preferenza del pubblico statunitense sono ormai largamente determinati dall’ossessione per la salute e la bellezza, dall’idolatria per le celebrità (del mondo cinematografico e televisivo come di quello degli affari e della politica, ma anche del giornalismo), dalla rincorsa al successo e alla ricchezza.

Spettacolo e cultura.

La necessità commerciale della visibilità si accompagna all’abitudine di eleggere gli scrittori a personaggi mondani e “in”, perché scrivere non è più sufficiente e il pubblico è ormai incapace di sfogliare le pagine di un libro se non è di successo.
Così, la reinterpretazione in termini più moderni e flessibili dei canoni (regole e valori) tradizionali ha rafforzato negli anni ’80 il legame tra editoria e mondo dello spettacolo, stabilendo una nuova alleanza tra la cultura della parola e quella del messaggio visivo, tra la letteratura e il giornalismo, da una parte, e il cinema e la televisione, dall’altra. Molti libri sono stati commissionati e scritti per poter essere portati sul piccolo o sul grande schermo, e altri hanno seguito il percorso inverso, arrivando nelle librerie dopo la consacrazione visiva.
Non a caso molti talenti letterari dell’ultima generazione vivono oggi a Los Angeles, sotto l’ombra protettrice delle ‘majors’ (case cinematografiche).
D’altra parte, se l’osmosi (lo scambio) tra narrativa, cinematografia e televisione ha indotto gli scrittori ad accorciare i racconti e i giornalisti a seguire negli articoli ritmi più serrati, è anche vero che il cinema ha avuto un’indubbia crescita culturale attingendo alla letteratura di migliore qualità.

Persuasori e persuasi. La musica televisiva.

La nascita, il 1° agosto 1981, della Music Television (Mtv), cioè della prima stazione di sola musica senza interruzione, muta per sempre il volto della comunicazione, segnando il declino, nella cultura statunitense, dell’elemento linguistico a favore di quello visivo.
Con la televisione musicale è nata una società formata da ‘masse oculari’ plasmate dai sogni, dalle emozioni, dai desideri, la cui agenda (la cui scansione, la cui programmazione degli eventi della vita) si è andata riempiendo dei simboli e delle suggestioni promozionali della pubblicità, perché la tradizionale separazione tra informazione e pubblicità si è via via dissolta, lasciando il campo ad un messaggio ibrido di enorme forza persuasiva.
Forza sociale di questa trasformazione sono stati milioni di statunitensi tra i 12 e i 35 anni della generazione del ‘baby boom’ (dell’esplosione demografica del secondo dopoguerra a partire dal 1945), dagli ultimi arrivati a quelli che avevano dato voce alla protesta studentesca degli anni ’60, che si erano costruiti una coscienza politica nelle marce antimilitariste contro la guerra in Vietnam e che, nell’estate del 1969, erano sembrati dirsi addio a Woodstock (cittadina dello Stato di New York, dove, in occasione del primo grande festival di musica pop e rock, quattrocentomila giovani avevano espresso anche la loro contestazione politica attraverso la musica; tra i successivi raduni si ricorda quello dell’isola di Wright in Inghilterra) tra inebrianti canzoni e fiumi di marijuana.
Il rock ha rappresentato, a partire dagli anni ’50, il fenomeno musicale di maggior successo in tutto il mondo. Le sue radici affondano probabilmente nella musica nera e nel ‘gospel’ statunitense. Sin dalle sue origini il rock si è posto in netta contrapposizione con il sentimentalismo della musica leggera e con il tradizionalismo della musica popolare, sostenendo valori antagonisti (opposti) rispetto a quelli delle classi medie o borghesi, grazie a cantautori come Bob Dylan, che negli anni ’60 espresse con la musica rock le istanze (richieste, desideri e ideali) della rivolta studentesca, sostenendo l’antimilitarismo, i diritti civili delle minoranze di colore e la libertà sessuale.
La Mtv è riuscita a trasformare la stessa musica, che un tempo era risuonata contro l’autorità costituita, in un suadente (allettante, suggestivo) strumento di seduzione (attrazione affascinante) consumistica, realizzando una sottile e sofisticata (abilmente costruita) sintesi tra gli spartiti del rock e il potere pubblicitario pervasivo (penetrante ed espansivo) della televisione.
La tecnica di corrispondenza tra musica e immagini era stata inaugurata da Walt Disney in un celebre lungometraggio animato, “Fantasia”. La commistione (mescolanza) di suono e balletto faceva ormai parte del repertorio cinematografico statunitense da almeno un quarto di secolo. Persino la visualizzazione del rock aveva avuto gloriosi precursori in Elvis Presley e nei Beatles.
Il rock televisivo è stato il risultato di un convulso miscuglio tematico tra il ‘rhythm and blues’, che nell’immediato dopoguerra esprimeva i lamenti dell’individuo riemergente dai bassifondi della società, il jazz ribelle e liberatorio degli anni ’50, il ‘soul’ della società utopica e romantica degli anni ’60, le ballate di James Brown degli anni ’70.
La Mtv, all’inizio degli anni ’80, è riuscita a trovare la risposta possibile alla riduzione dei consumi culturali e alla frantumazione del messaggio informativo, ponendosi come elemento di sutura (collegamento, sintesi), apparentemente neutro, tra i molti fattori di differenziazione sociale.

La decontestualizzazione: una vita immaginaria.

Lo schermo è diventato così un universo irreale di luce artificiale colorata con sfondi naturali plastificati a supporto sia delle trasmissioni musicali che di quelle pubblicitarie spesso inscindibili.
Introdotta dalla Mtv, questa decontestualizzazione del messaggio dagli elementi dello spazio e del tempo si è allargata, investendo gli altri settori della comunicazione e della promozione commerciale, finendo per intaccare il tessuto culturale della nazione con il passo secco e ritmato dei ‘video-clips’ musicali.
Con la Mtv si è celebrata la nascita di una cultura, o, piuttosto, di una subcultura, demagogica (falsamente democratica) e populista (paternalisticamente popolare, cioè che guarda benevolmente il popolo, ma dall'alto di una posizione privilegiata), dove la comunicazione è un bene comune, modellato da luoghi comuni e, perciò, accessibile a tutti.
Si tratta di una sottocultura rassicurante nella sua straordinaria capacità di ricondurre a un mondo fiabesco i drammi e le tragedie della società industriale moderna.
Gli statunitensi hanno così imparato a vivere in un’epoca nella quale l’immaginario si è fatto più forte del reale.
Tutto ciò ha avuto buon gioco su una generazione confusa e instabile, desiderosa di trovare un ancoraggio nel possesso e nel consumo materiale, per poter dare fisicità (concretezza) e sostanza (consistenza, forza) all’universo friabile, mutevole e infido che la circondava.
La promessa di portare questa generazione fuori dalla storia – potete guardare Mtv sempre – è stata realizzata creando un contesto fatto solo di emozioni e desideri, cancellando pensiero e realtà.
Sognare, invece di vivere, si è rivelato per milioni di giovani e meno giovani uno scambio attraente, talvolta irresistibile, sulla base di almeno cinque caratteristiche: 1) accesso illimitato; 2) cambio repentino e inaspettato delle scene (discontinuità strutturale) secondo le tecniche e i tempi dei video-clip musicali; 3) tema centrale canoro e decentramento scoordinato dell'azione; 4) richiamo della memoria destoricizzata; 5) onnipresenza dello spettatore all’interno del quadro d’azione.
Euforia (entusiasmo) e narcisismo (eccesso nell’amore di sé) hanno accompagnato la completa identificazione dello spettatore con l’attore protagonista, nel fascino della fusione di anonimità personale e celebrità. televisiva.
La mutevolezza di ogni elemento compositivo delle trasmissioni musicali televisive dimostra che tutto si può usare e gettare, perché precario, salvo l’anima dei desideri e delle aspirazioni, che è immutabile.
Ingredienti sono diventati idolatrie, fantasmi e fanatismi, quali la violenza, le urla, il sadismo sessuale, le droghe pesanti, il gangsterismo, da una parte, e, dall’altra, una generica (poco impegnata e, quindi, poco politica) rivolta contro le gerarchie, rappresentate da genitori, presidi di scuola, insegnanti, poliziotti, giudici.
Mentre lo spettro dello scontro nucleare sembra meno impellente (meno pressante, meno vicino), resta un malessere esistenziale non risolto.
La ricerca delle rassicurazioni e delle consolazioni affonda nella musica commerciale televisiva, nonostante qualche tentativo di presa di coscienza della realtà effettiva nella musica di protesta.
“Credo che la gioventù statunitense viva ormai in un’incontenibile condizione di agonia”, dice C. Lasch, giornalista del “New York Times" (27.12.’89).
Dice Ian Mitroff, docente di Business Policy alla University of Southern California: “Noi statunitensi non desideriamo più confrontarci con questa realtà, perché da tempo abbiamo capito che essa non è gestibile e governabile in termini pratici; e così ci siamo dedicati a una produzione senza fine di irrealtà per rimarginare le nostre ferite identità culturali”.

La radio e la tv.

“Io faccio parte”, dice Robert Pittman, uno degli ideatori di Mtv, “della prima ondata dei ‘figli della tv’ e ricordo bene come la mia percezione degli avvenimenti, per esempio della guerra del Vietnam, fosse straordinariamente diversa da quella dei miei genitori, nonostante sia io che loro ricevessimo le stesse informazioni dalla stessa fonte, la televisione. Il fatto è che io ero allora concentrato sulle immagini del teleschermo, mentre loro, cresciuti nell’era della radio, prestavano attenzione al commento degli inviati. Il messaggio visivo si contrapponeva a quello narrativo. Quando si trattò di esprimere un’opinione sulla guerra vietnamita, la mia era in conflitto con la loro”.

Miopia culturale USA.

“Giornalisti e intellettuali degli USA”, dice Henry Kissinger, ex segretario di Stato, “non fanno più il loro mestiere, che è quello di capire, di pensare a lungo termine”, di collegare osservazione dei fatti e contesto culturale, politico e storico.
“Quando eravamo giovani…molti di noi si riunivano, due o tre ore alla settimana, il sabato, per studiare i problemi legati al disarmo, un’attività allora puramente intellettuale e certamente non retribuita…Se non si recupera questa abitudine a pensare in grande, in termini di tendenze piuttosto che di singoli episodi, la capacità di noi statunitensi di comprendere gli avvenimenti nazionali e internazionali si inaridirà”.
Velocità e affari stanno travolgendo anche l’editoria più seria, come dice Giovanni Sartori: “Mi spaventa un’industria editoriale trattata da persone che vendono libri come se vendessero uova. I grandi editori di oggi devono produrre duemila libri in un anno e li devono vendere tutti in un numero di copie sufficienti. Così il problema diventa quello di accelerare i tempi in libreria, togliendo il libro vecchio di qualche settimana dagli scaffali per mettercene uno nuovo. Per pochi mostri di successo, quanti autori bravi finiscono così per essere ingiustamente uccisi?”

A tu per tu, ma via TV!

“2 dicembre 1989. Per qualche ora restiamo ‘accecati’. La potente macchina dell’informazione mondiale si ferma. Mentre seguiamo le prime battute del ‘vertice’ di Malta tra il Presidente statunitense George Bush (senior, padre dell’attuale) e il Presidente sovietico Mikhail Gorbaciov, un’improvvisa tempesta sul Mediterraneo fa saltare i ripetitori del Cable News Network (Cnn), la rete televisiva statunitense che, con le telecamere puntate sul transatlantico “Maxim Gorky’, trasmette notiziari ventiquattr’ore su ventiquattro. Interrotto il collegamento, i tremila giornalisti convenuti da tutto il mondo per lo storico evento e da ore incollati ai televisori della sala-stampa nel vecchio palazzo della Valletta [Malta], restano senza notizie”. Quando la mareggiata si placa, la bianca sagoma della “Gorky” torna sul video e il lavoro può riprendere.
Senza il ‘miracolo’ tecnologico del CNN la politica internazionale sarebbe oggi probabilmente molto diversa. Per anni, dal 1984 in poi, abbiamo seguito Ronald Reagan e George Bush senior in viaggio, ma a tu per tu con loro siamo sempre arrivati soltanto attraverso la TV: primi piani a colori annunciati dalla sigla della rete televisiva creata da Ted Turner, anche quando i due Presidenti si trovavano nella stessa città, magari nella stanza accanto, a pochi passi dal nostro centro-stampa.
Ci siamo così abituasti tutti, e non solo noi giornalisti, a chiedere alle immagini proiettate sul piccolo schermo la conferma, addirittura l’unica possibile, dello svolgersi della storia.
Margaret Thatcher, George Bush, Mikhail Gorbaciov, Fidel Castro, Francois Mitterrand, Francesco Cossiga e re Fahd dell’Arabia Saudita si sono fatti installare in ufficio un televisore in grado di ricevere le trasmissioni dell'emittente di Atlanta, ammettendo così di considerarla un’importante fonte di informazione in tempo reale.
Per televisione Ferdinando Marcos promise (1986) le prime libere elezioni nelle Filippine, inutile e disperato tentativo per restare al potere, cosa che finì per scatenare la piazza di Manila.
Per televisione gli studenti cinesi videro Gorbaciov in visita a Pechino (1989) e raccolsero idealmente la bandiera della ‘glasnost’ (trasparenza) come vessillo della loro rivolta.
Per televisione Bush padre seguì le alterne vicende del colpo di Stato anti-Noriega a Panama, nell’ottobre 1989, e, affidandosi a quelle immagini, stabilì i successivi piani di azione. D’altro canto, anche a Mosca, una volta appresa la notizia, il Ministero degli Esteri, invece di rendere note le reazioni del Cremlino all’invasione panamense (statunitense del Panama) attraverso i normali canali diplomatici, fece leggere da un funzionario la nota di protesta sovietica davanti alle telecamere del CNN.
Per televisione si compirono gli ultimi atti della rivoluzione in Romania, dove la rivolta popolare che, nel dicembre 1989, portò al rovesciamento del regime comunista di Nicolae Ceausescu, fu guidata ‘in diretta televisiva’ dagli insorti negli studi della TV di Stato, ribattezzata ‘Teleromania Libera’.
La fine della divisione politica dell’Europa tra Stati orientali comunisti e Stati occidentali capitalisti era avvenuta prima sul video che nelle stanze della politica.
Dopo l'esperienza del periodo della presidenza Reagan (1981-1988), segnato indiscutibilmente dal ruolo centrale dell’informazione e della propaganda politica televisiva, Bush padre ha potuto battere Mike Dukakis nel 1988 facendo uso a piene mani della televisione in un campagna elettorale caratterizzata da violenti attacchi diretti all’avversario democratico . E per televisione, infine, Bush padre ha costruito la propria immagine di leader forte e deciso in alcuni memorabili scontri in diretta con la stampa politica.
Riguardo al grado di dominio ormai raggiunto dalla televisione sulla politica, il giornalista statunitense Bill Moyers (che ha lasciato la rete privata Cbs dopo vent’anni, in polemica con l’orientamento troppo commerciale dei programmi, dedicandosi alla realizzazione di inchieste a sfondo politico-sociale per la Pbs, la rete pubblica statunitense) ha affermato che “Siamo arrivati ad una situazione pericolosa…Per milioni e milioni di statunitensi la democrazia rappresentativa non è oggi niente più che la rappresentazione televisiva della democrazia. La politica (la democrazia) finisce quando l’immagine si spegne”.

La politica delle video-illusioni.

La data di nascita della ‘video-politica’ statunitense va fatta risalire al 1963, quando il Presidente John Fitzgerald Kennedy inaugurò i primi telegiornali della sera con un’intervista concessa alle reti private della Cbs e della Nbc.
La crescita del potere dell’immagine televisiva negli anni ’70 e ’80 è risultata strettamente legata alla riduzione del potere della parola della stampa scritta.
Uniche strutture capaci di dare forma alla vita pubblica, i partiti sempre più deboli hanno lasciato uno spazio sempre crescente alla televisione e al televisore, che lo ha riempito portando in primo piano, sul piccolo schermo, i volti dei candidati alle cariche pubbliche senza dare a queste immagini il necessario spessore di idee e ideali.
Sette statunitensi su dieci, secondo la stima della Roper Organization, attingono oggi dal video gli elementi con i quali formare il proprio giudizio sui candidati politici, mentre soltanto due su dieci dichiarano di ricorrere ai giornali.

L'astensionismo degli eroi del bene.

Anche se non esistono prove certe dell’influenza della televisione sull’elettorato, resta il fatto che, mentre si allargava progressivamente il ruolo della TV nella politica, la percentuale dei votanti in USA è calata da poco più del 63%, nelle elezioni presidenziali del 1960, al 53% nel 1981 e al 51% nel 1984, scendendo nelle penultime elezioni (2000) addirittura al di sotto del 40%, con la conseguenza che l’attuale Presidente degli USA, George Bush junior, che ha diviso con il concorrente democratico Al Gore il consenso degli elettori in misura pressoché paritaria, ha rappresentato soltanto il 20% del popolo statunitense, anche se nelle ultime elezioni del 2004 c’è stata una ripresa della partecipazione elettorale.
Nel caso dei prigionieri statunitensi a Teheran tra il ’79 e l’81 la tecnica televisiva ridusse il conto alla rovescia per la liberazione degli ostaggi a un grande problema umano - volti, nomi e storie personali in primo piano – senza agganci al contesto storico-politico della rivoluzione fondamentalista islamica di Komejni in Iran, esaltando patriottismo e nazionalismo statunitensi in una realtà popolata di ‘eroi del bene’ (statunitensi) e nemici satanici (musulmani).
Tra l'altro, l’esame dei problemi da parte di politici e giornalisti è spesso sostituito, nelle trasmissioni televisive, da urla e insulti.

I telegiornali vanno a Hollywood.

La frontiera tra informazione e intrattenimento, come abbiamo visto, viene abitualmente superata, anche adottando il nuovo genere giornalistico nel quale filmati storici e testimonianze autentiche si accompagnano a veri e propri falsi.
Un clamoroso episodio di questo nuovo modo di fare giornalismo è lo speciale televisivo che, nell’ottobre 1989, ricostruisce l’odissea degli statunitensi tenuti prigionieri dagli estremisti musulmani a Beirut in Libano. Sono vere, nello speciale televisivo, le immagini di Beirut devastata dalla guerra civile, le interviste ai parenti disperati, le dichiarazioni di solidarietà dei diplomatici statunitensi. Ma volti e voci degli ostaggi appartengono ad attori, che recitano testi costruiti da abili sceneggiatori.
La grande maggioranza del pubblico non è in grado di separare e distinguere il contenuto informativo da quello di evasione.

“Il pianeta delle scimmie”:
la guerra non è un serial. (M. VAZQUEZ MONTALBAN).

Nelle vicende della [seconda] Guerra del Golfo [Persico, 1991] il quotidiano intervento della televisione, per la sua stessa natura (regole tecniche di tempi e montaggio delle immagini), ma anche per deliberate (prefissate) scelte politiche, comunicava agli spettatori informazioni deformate, manipolate, falsificate.
Questo dato di fatto si è rivelato particolarmente duro per noi europei, abituati a credere che il nostro fosse uno dei mercati informativi più liberi.
In teoria la guerra del Golfo veniva trasmessa in diretta, ma noi non abbiamo visto che una serie di trattini elettronici diretti su obiettivi disumanizzati, tanto che ancor oggi non sappiamo il numero dei morti.
Il tutto per riaffermare il principio del dominio occidentale in una zona vitale, perché il capitalismo potesse continuare ad essere quello che già era: un disordine, che rafforza la capacità di accumulazione (arricchimento) del Nord in contrapposizione alla dipendenza e al depauperamento (impoverimento) generalizzato del Sud del mondo.
La non verità ha diretto questa messinscena, scatenandosi con particolare accanimento contro coloro che parteggiavano per la pace, presentati come difensori antiamericani [antistatunitensi] del dittatore Saddam Hussein, quando le poche notizie sulla barbarie delle ‘bombe intelligenti’ cominciavano a scuotere la coscienza anche delle persone più favorevoli all’intervento.

Il primo linguaggio.

E’ da tener ben presente che la consapevolezza (la presa di coscienza, la capacità di comprendere, di capire) della stragrande maggioranza degli esseri umani, finita la scuola dell’obbligo, dipende dal confronto-scontro tra realtà e mezzi di informazione.
Il che spiega quanto sia importante che a scuola si insegni a ‘leggere' (capire, interpretare) i mezzi di comunicazione, vale a dire a ‘decodificarli’ (comprenderli, anche per smascherarne le falsità).
Il filosofo spagnolo J. Ortega y Gasset sosteneva che imparare a leggere e scrivere è fondamentale e difficile, soprattutto se si impara ‘veramente’ a leggere e a scrivere: non basta conoscere l’alfabeto e saperne decodificare (individuare e spiegare) le combinazioni (delle parole secondo le regole della lingua in generale), bisogna capire quel che si legge e quel che si scrive (quel linguaggio specifico, che è il primo linguaggio, per la cui comprensione completa è necessario però conoscere il secondo linguaggio).

Il secondo linguaggio (o metalinguaggio).

Infatti, se imparare a leggere e a scrivere implica la conoscenza delle lettere dell’alfabeto e delle loro combinazioni (regole generali della lingua), imparare a leggere i mezzi di comunicazione implica la conoscenza dei codici (insieme di regole) linguistici particolari di tali mezzi, che hanno, come ogni ‘media’, un loro linguaggio specifico (o primo linguaggio) ed un loro metalinguaggio (o secondo linguaggio: ‘meta’, in greco, vuol dire aldilà), che integra il primo linguaggio e serve anche per analizzarne e chiarirne l’uso corretto o distorto.

Del giornale.

Nella pagina, ad esempio, di un giornale le parole riprodotte (il primo linguaggio) non sono ‘tutto il linguaggio’, in quanto anche l’ampiezza dello spazio utilizzato…il titolo, la collocazione laterale o centrale della notizia, la reiterazione (o ripetizione) o l’omissione (cancellazione) della medesima, la gerarchia delle varie informazioni (cioè, in complesso, la strutturazione del giornale, che è il secondo linguaggio o metalinguaggio) costituiscono un altrettanto, se non più importante, linguaggio (appunto, il metalinguaggio).
L'importanza del 'secondo linguaggio o metalinguaggio' è ben messa in evidenza dal detto 'leggere tra le righe'.

Della radio.

In un programma radiofonico costituiscono la comunicazione/espressione complessiva non soltanto le parole, ricavate dalla lingua italiana (primo linguaggio), ma anche l’euforia (l’entusiasmo) del presentatore, il suo timbro di voce, la sintonia (la chiarezza e il volume della voce della stazione trasmittente), l'uso di parole straniere, i commenti musicali, i silenzi, ecc. (secondo linguaggio o metalinguaggio).

Della televisione.

Le immagini televisive (primo codice o linguaggio) non sono neutrali, perché la luce è la loro materia linguistica fondamentale, e ciò che si vuole presentare in negativo è illuminato in modo da raggiungere un effetto negativo, a cui si possono aggiungere le altre tecniche di montaggio: anche questo è linguaggio o codice (secondo o metalinguaggio), che abbisogna di un decodificatore, cioè di un interprete.

Per cui nella scuola dovrebbe essere obbligatorio l’insegnamento della decodificazione mediatica (dell’interpretazione dei linguaggi della comunicazione e dell’informazione, cioè dei mass-media soprattutto visivi).


Il 'secolo breve'.

Uno storico dell'età contemporanea, Eric J.Hobsbawm, ha descritto il '900 come un 'secolo breve', che inizia con la prima guerra mondiale e si conclude con il crollo del muro di Berlino nel 1989.
Il '900 è stato anche il 'secolo breve' della comunicazione di massa, nel quale il broadcasting (trasmissione generalista) della radio e poi della televisione ha fornito in ogni Stato, in forma pressoché gratuita, i programmi di educazione/istruzione, informazione, intrattenimento., uguali per tutti, messi in onda da emittenti centralizzate, che, almeno in Europa, sono state a lungo monopolio dello Stato.
La diffusione di programmi uguali per tutti assomigliava molto alla produzione in serie di automobili o frigoriferi, o al lavoro nella catena di montaggio degli operai e o al lavoro massificato degli impiegati che svolgono sempre le stesse mansioni.
Fa pensare anche alle folle dei comizi e dei cortei del periodo della grande partecipazione politica, e all'istituzione e alla diffusione, nell'Europa occidentale, dello Stato sociale (welfare state), tanto che la stessa triade di Reith (educare/informare/intrattenere) appare come la prosecuzione dello Stato sociale nel campo della cultura.
Negli anni '80 la forza propulsiva del broadcasting, come abbiamo visto, si è esaurita di fronte alla crescente multimedialità (videoregistrazione, pay tv, pay per view, tv on demand, ecc) ed ai nuovi mezzi di trasmissione (digitale, satellite, cavo, ecc.), che hanno creato le condizioni per il narrowcasting (trasmissione ristretta, tematica, mirata), cioè per la televisione rivolta ad un pubblico specifico.

Dopo l'11 settembre 2001.

L'11 settembre 2001, con il dirottamento di aerei di linea su luoghi simbolo del potere degli Stati Uniti, come le Torri gemelle a Manhattan e il Pentagono a Washington, fra le tante conseguenze nefaste ha quasi spento la speranza che la fine della guerra fredda (1989, caduta del muro di Berlino) portasse ad uno sviluppo pacifico di relazioni e contatti tra persone, comunità e Stati di tutto il mondo, ad un'era dell'accesso di cui la connessione e la rete Internet rappresentassero il simbolo più efficace.
Il terrorismo islamico, sostenitore, nella sua lotta contro il dominio economico, politico e culturale delle potenze occidentali, di una visione pessimistica dello sviluppo delle tecnologie e delle pratiche della comunicazione, le ha però utilizzate per i propri fini.
I due aerei hanno colpito le due Torri gemelle ad un intervallo di 18 minuti, ritenuto sufficiente dai terroristi per far arrivare le telecamere davanti al World Trade Center, per cui l'attacco agli USA, seguito in diretta sui teleschermi di tutto il mondo, è così divenuto il più visto evento mediatico degli ultimi anni.
Ed è la televisione ancora al centro della comunicazione globale quando il 7 ottobre del 2001, il giorno dell'attacco statunitense all'Afghanistan, la Cnn, interrompendo le sue trasmissioni per mostrare un video di Osama Bin Laden (capo del gruppo terroristico di al-Qaeda), diffuso da Al-Jazeera, fa materializzare il nemico sugli stessi schermi televisivi su cui due ore prima era apparso Bush.
Gli stessi video che mostrano l'uccisione degli ostaggi non sono prove per dimostrare la presenza dei prigionieri catturati, come le fotografie di Aldo Moro diffuse dalle Brigate Rosse, ma consapevoli strategie per diffondere il proprio messaggio.
E il video dell'attacco ai militari italiani di Nassirya (2004) viene diffuso anche per confutare la versione delle autorità italiane.

 

LA TELEVISIONE

Fonti:
- S. Treré – G. Gallegati, “Itinerari nella comunicazione di massa”, FI, Bulgarini, 1981;
- Carlo Maria Martini, “Il lembo del mantello”, MI, Centro Ambrosiano, 1991;
- M. Vazquez Montalban “Il pianeta delle scimmie”, MI, Feltrinelli, 1995;
- Karl R. Popper – John Condry, “Cattiva maestra televisione”, MI, CDE (Donzelli), 1996;
- A. Oliverio Ferraris, Tv per un figlio, in “L’ha detto la tv! E allora?”, TO, Gruppo Abele,
1996;
- Giovanni Sartori, “Homo videns”, Roma-BA, Laterza, 2000 (1997);
- Antonio Ricci, “Striscia la tivu”, TO, Einaudi, 1998
- P. Glisenti – R. Pesenti, “Persuasori e persuasi”, Roma-BA, Laterza, 2000.
- Enrico Menduni La televisione, BO, il Mulino, 2004.

(rielaborato nel 2005)
(a cura di Giorgio Rinaldi)

Fonte: http://www.giorgiorinaldi.eu/SOLEDAD/Lingua,%20linguaggi%20e%20letteratura%20italiana%20p.%207/EDUCAZIONE%20AL%20LINGUAGGIO%20DELLA%20TELEVISIONE%20bis.doc

Sito web da visitare: http://www.giorgiorinaldi.eu

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