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E’ la prima parte del canale alimentare cui si accede attraverso la rima buccale. Contiene numerosi organi che hanno la funzione di assumere ed elaborare il cibo . La bocca è divisibile in due parti in successione:
E’ una cavità a forma di ferro di cavallo, con la convessità rivolta in avanti, che comunica anteriormente con l’esterno tramite la rima buccale e posteriormente con la cavità buccale.
È delimitato enternamente da labbra e guance (parete esterna) e internamente dalle due arcate gengivodentali (parete interna).
Le due pareti continuano l’una nell’altra in corrispondenza delle due fornici o solchi vestibolari (inferiore e superiore) che presentano, sulla linea mediana, due pieghe mucose dette frenuli (superiore, più sviluppato, ed inferiore) che limitano i movimenti labiali.
In occlusione gengivodentale vestibolo e cavità buccale comunicano tramite:
Annessa al vestibolo è la ghiandola parotide, situata sotto l’orecchio, il cui dotto escretore (di Stenone) fuoriesce a livello del secondo molare superiore.
Anteriormente la parete esterna del vestibolo è formata dalle labbra, due pieghe cutanee (superiore ed inferiore) che presentano una faccia interna, mucosa, e una faccia esterna cutanea oltre a due margini, uno aderente e uno libero in cui si continuano le due facce.
La faccia cutanea del labbro superiore presenta, nel mezzo, il solco labiale o filtro che, partendo dal setto nasale, termina con una protuberanza del labbro superiore, il tubercolo labiale, cui corrisponde una depressione su quello inferiore. Esternamente sono presenti, una per lato, altre due depressioni, i solchi labiogenieni, che dai lati della base nasale si portano alle commessure labiali separando il labbro dalle guance.
La faccia cutanea del labbro inferiore presenta invece, medialmente, il solco mentolabiale.
I due margini liberi delle labbra delimitano la rima buccale, sono più larchi medialmente mentre si assottigliano lateralmentesi dove continuano l’uno con l’altro a livello delle commessure labiali.
La superficie mucosa delle labbra, di colore bionco-roseo, appare irregolare a causa delle ghiandole labiali (tubuloacinose a secrezione mista) accolte in uno strato connettivale sotto la tonaca propria; il loro secreto è riversato nel vestibolo per lubrificarlo.
delle labbra.
Vascolarizzazione:
Labbro inferiore: drena ai linfonodi sottomandibolari e sottomentali.
Innervazione:
Struttura: sono rivestite esternamente da cute ed internamente da mucosa, il passaggio tra un’area e l’altra avviene a livello della parte rosea delle labbra. La cute esterna è formata da epitelio stratificato e corneificato ricco di ghiandole sebacee,
sudoripare e bulbi piliferi; il derma sottostante aderisce fortemente ad un ricco strato muscolare striato formato dai muscoli pellicciai. La parte rosea invece mantiene una corneificazione irregolare, le ghiandole sebacee sono più rare mentre sono assenti i bulbi piliferi e le ghiandole sudoripare, le papille dermiche sono più lunghe e fanno trasparire i capillari che danno l’aspetto roseo alla zona. Nel passare alla tonaca mucosa l’epitelio si fa più alto e scompare il rivestimento corneo, profondamente la lamina propria si alza in numerose papille, che si addentrano nella mucosa, e tra essa e il sottostante piano muscolare si trova un’area di connettivo lasso in cui sono accolte le ghiandole labiali tubuloacinose a secrezione mista i cui condotti si aprono nel vestibolo della bocca.
Lateralmente, invece, il vestibolo è delimitato dalle guance che sono strutture cutanee comprese tra il solco labiogenieno anteriormente, il muscolo massetere posteriormente, lo zigomo in alto e il corpo mandibolare in basso. Presentano una faccia esterna di forma variabile e una interna, mucosa, adesa alle arcate gengivodentali.
Nello spessore della parete posteriore, tra il muscolo massetere e il buccinatorio è presente un corpo adiposo rivestito da una capsula fibrosa (bolla di Bichat) con funzione di riempimento.
Vascolarizzazione:
Innervazione: come nelle labbra.
Struttura: sono anch’esse formate da una lamina muscolare striata rivestita esternamente da cute ed internamente da mucosa. La lamina propria della mucosa contiene numerose ghiandole malari simili a quelle labiali ed è molto aderente alla tonaca muscolare formata dal muscolo buccinatorio. Per il resto ha caratteristiche uguali alle labbra.
E’ situata tra il vestibolo e l’istmo delle fauci, ha forma ovoidale con asse maggiore anteroposteriore ed è occupata quasi interamente dalla lingua. La parete anterolaterale è data dalle arcate gengivodentali; quella superiore dal palato (duro e parte del molle ), quella inferiore dalla lingua e in avanti dal solco sottolinguale.
Costituisce il limite superiore della cavità buccale e la separa dalla cavità nasale e dalla rinofaringe, risulta concavo inferiormente e si divide in palato duro e palato molle.
Lo scheletro osseo del palato duro è costituito dai processi palatini dell’osso mascellare e dalla lamina orizzontale dell’osso palatino lateralmente, a livello del 2° e 3° molare ci sono fori palatini che danno passaggio a vasi e nervi. La mucosa aderisce molto strettamente al periostio della volta ossea.
La superficie palatina mostra nel mezzo un rilievo, detto rafe, che delimita la linea di fusione delle due lamine ossee palatine, e che termina in avanti con un piccolo rilievo, la papilla incisiva, posta dietro i due incisivi mediali superiori. Nel terzo anteriore del palato duro, a lato del rafe, si sviluppano delle creste, le pieghe palatine trasverse, arcuate con concavità posteriore dietro le quali si osservano i rilievi prodotti dalle ghiandole palatine (tubuloacinose ramificate a secrezione mucosa).
Vascolarizzazione:
Innervazione:
Struttura: è formato da una superficie mucosa fortemente aderente al periostio sottostante. La tonaca mucosa è costituita da un epitelio pavimentoso stratificato non corneificato con rare gemme gustative che aderisce ad una lamina propria connettivale densa che si solleva in numerose papille. La tonaca mucosa, nella parte anteriore del palato duro, si connette al periostio mediante tralci fibrosi, che si estendono tra le due formazioni, che delimitano compartimenti riempiti da connettivo adiposo; nella parte posteriore del palato invece, questi spazi, sono occupati dalle ghiandole palatine, tubuloacinose ramificate a secrezione mista. Si possono così distinguere una regione anteriore del palato, con una sottomucosa fibroadiposa, ed una posteriore ghiandolare.
Il palato molle fa seguito al palato duro ed ha la funzione di isolare il rinofaringe rispetto alla cavità orale durante la deglutizione. Si presenta come uno strato muscolare rivestito su entrambi i lati da mucosa.
Nel complesso risulta orizzontale nella parte anteriore per poi rendersi obliquo verso il basso e presenta:
Ai lati dell’ugola il margine libero si sdoppia formando gli archi palatini (glossopalatino e faringopalatino) che delimitano in avanti e in dietro le pareti laterali dell’istmo delle fauci.
Vascolarizzazione:
Innervazione
Struttura: il palato molle è formato da due strati di tonaca mucosa, che lo avvolgono sulle due facce continuandosi a livello del margine libero, al di soto dei queli si trovano due lamine elastiche, superiore ed inferiore dette anche aponeurosi palatine, tra cui, mediante l’interposizione di connettivo lasso, si dispongono i muscoli.
La tonaca mucosa inferiore risulta formata da un epitelio pavimentoso stratificato non corneificato, in cui sono presenti rare gemme gustative, e da una lamina propria molto densa che si mette in rapporto con la lamina elastica inferiore. Tra questa e lo strato muscolare se ne interpone uno connettivale adiposo in cui si trovano ghiandole palatine tubuloacinose a secrezione mucosa. La tonaca mucosa della faccia superiore è invece costituita da epitelio pavimentoso stratificato con isole di epitelio respiratorio cilindrico pluriseriato vibratile; la lamina propria contiene ghiandole tubuloacinose a secrezione mista ed aderisce, con l’interposizione di un sottilissimo strato sottomucoso connettivale, alla lamina muscolare.
Questa è formata da cinque muscoli:
palatino con una formazione fibrosa detta aponeurosi palatina. Contraendosi tende il palato molle e dilata la tuba uditiva.
E’ una parte ristretta del pavimento della cavità buccale in rapporto con la faccia inferiore della lingua, delimitato in avanti e sui lati dalle arcate gengivodentali mantre posteriormente dagli archi glossopalatini. Nel mezzo del solco si trova il frenulo della lingua ai lati del quale vi è un rilievo, la caruncola sottolinguale, sul cui apice sboccano il dotto sottomandibolare e sottolinguale maggiore. Questa eminenza continua verso i lati con la piega sottolinguale su cui si trovano gli sbocchi dei dotti escretori delle ghaindole sottolinguali minori. La mucosa risulta qui sottile e poco aderente e lascia intravedere le numerose vene contenute nel connettivo lasso.
E’ un organo molto mobile in quanto formato da una consistente massa muscolare rivestita da tonaca mucosa e forma, insieme al solco sottolinguale, il pavimento della cavità buccale.
Ha numerose funzioni:
Si distinguono nella lingua una parte buccale (corpo o parte libera), che si assottiglia dal dietro all’avanti, e una parte faringea (base) che profondamente prosegue nella radice che la ancora a mandibola, osso ioide e processi stiloioidei. Il limite tra corpo e base è rappresentato sulla faccia superiore dal solco terminale, a forma di V aperta in avanti all’apice del quale si trova il foro cieco, lateralmente il solco raggiunge invece gli archi palatoglossi. Nel corpo di distinguono un apice, una faccia superiore, uno inferiore e due margini laterali. L’apice della lingua, sottile e arrotondato entra in rapporto con le facce linguali degli incisivi. Il dorso, convesso nell’insieme, appare solcato nel mezzo, dall’apice del solco terminale alla punta, dal solco mediano. La faccia inferiore risulta anch’essa depressa nel mezzo da un solco che arriva sino al frenulo, lateralmente al quale traspaiono vasi venosi e si trovano le pieghe sottolinguali specie nel bambino. I margini laterali sono arrotondati e si assottigliano dal dietro all’avanti.
La base della lingua risulta invece obliqua indietro ed in basso e volge verso la faringe e l’epiglottide alla quale è unita da due pieghe glosso epiglottiche laterali, semplici pieghe mucose, e una piega mediana data invece dal legamento glossoepiglottico rivestito da mucosa; tra le pieghe sono presenti due fossette, le vallecole glossoepiglottiche. Lateralmente invece il dorso prosegue con le facce mediali degli archi palatini costituendo il pavimento dell’istmo delle fauci.
Inferiormente la base prosegue nella radice, non visibile, costituita da connettivo, vasi e muscoli che si estende dalla mandibola all’osso iode, queste due ossa rappresentano i maggiori mezzi di fissità della madibola.
Vascolarizzazione:
Innervazione:
Struttura: la lingua si costituisce internamente di uno scheletro fibroso in cui si inseriscono i muscoli intrinseci ed estrinseci. Questo complesso fibromuscolare è poi completamente rivestito da una tonaca mucosa che contiene i calici gustativi e nella cui sottomucosa sono accolte numerose ghiandole linguali.
Lo scheletro della lingua è formato da due membrane fibrose:
Il corredo muscolare è invece formato da muscoli estrinseci, che originano fuori dalla lingua ed in essa si inseriscono, ed intrinseci che originano e si inseriscono all’interno della lingua stessa.
Muscoli estrinseci:
Muscoli intrinseci:
La mucosa è invece costituita da un epitelio pavimentoso stratificato non corneificato e da una lamina propria connetivale densa che però possono presentare caratteristiche differenti a seconda della sede. Nella faccia superiore della lingua la mucosa ha aspetto vellutato per la presenza di diversi tipi di papille derivate da rilievi della lamina propria sui quali si dispone l’epitelio di rivestimento:
Sulla faccia inferiore del corpo la tonaca mucosa continua con quella che riveste il solco sottolinguale ed appare molto sottile tanto da consentire l’assorbimento di farmaci. Attraverso essa traspaiono i vasi della sottomucosa.
La faccia dorsale della base ha invece una mucosa irregolare per la presenza di sporgenza mammellonate di grosse dimensioni dovute all’accumulo di follicoli linfoidi nella lamina propria che nell’insieme formano la tonsilla linguale, si differenzia dalla tonsilla palatina per le minori dimensioni e per l’assenza di una capsula fibrosa che la delimiti dal contesto fibromuscolare della radice linguale.
La tonaca sottomucosa è virtualmente assente sulla faccia superiore del corpo della lingua dove la mucosa è fortemente aderente ai piani profonti, sulla faccia dorsale della base invece questa si inspessisce contenendo al suo interno numerose ghiandole. Passando sui margini laterali l’aderenza della mucosa si fa minore e la sottomucosa diventa lassa rappresentanto un piano di mobilità rispetto agli strati profondi.
Il corredo ghiandolare della lingua, costituito esclusivamente da ghiandole tubuloacinose ramificate, non è distribuito uniforme ma si concentra in alcune zone:
I calici o bottoni gustativi sono gli organuli del gusto e si trovano soprattutto nella lingua, in corrispondenza delle papille vallate in misura maggiore ma anche nelle fungiformi e nelle foliate; oltre che, in misura minore, nel palato, nell’epiglottide e nella parete posteriore della faringe. Sono numerose nel neonato e diminuiscono notevolmente con l’età. Si presentano come corpuscoli epiteliali con un polo profondo a contatto con la membrana basale ed uno superficiale, ristretto (canale gustativo), che affiora dalla mucosa aprendosi in superficie con il poro gustativo esterno mentre un poro gustativo interno mette in rapporto il canale gustativo con gli elementi epiteliali del calice che si distinguono dalle circostanti cellule della mucosa perchè più chiari e disposti con maggior asse perpendicolare a quello delle cellule pavimentose. In ciascun calice si distinguono:
La parotide, la sottomandibolare, la sottolinguale sono tre ghiandole extramurali che nel corso dello sviluppo si accrescono portandosi al di fuori del canale alimentare. Sono per questo dette ghiandole salivari maggiori ed a loro è dovuta per la massima parte la produzione della saliva. Il corredo ghiandolare della bocca si completa con le ghiandole salivari minori labiali, malari (guance), palatine e linguali che sono invece intramurali e il cui secreto agisce solo nelle vicinanze delle ghiandole.
La funzione della saliva, un misto di secrezioni mucose e sierose, è quella di lubrificare le pareti della bocca, dare consistenza al bolo alimentare (parte mucosa), effettuare una prima digestione dei polisaccaridi e opera un’importante azione antibatterica (parte sierosa).
Struttura: il siero, cioè un secreto fluido e ricco di acqua che viene in parte riassorbita a livello del sistema dei dotti escretori, è prodotto da unità secernenti, a forma di acini o semilune, in grado di svolgere un’attiva sintesi e secrezione proteica e, pertanto, con un reticolo endoplasmatico rugoso molto sviluppato, grosso complesso di Golgi, alta attività di esocitosi ed uno sviluppato quadro di chiusura tra le cellule che impedisce che il secreto refluisca negli spazi intercellulari. Le cellule secernenti hanno forma di piramide tronca con la base poggiante su una membrana basale e l’apice orientato ferso il lume dell’acino che si forma per l’aggregazione, con questa struttura, di numerosi elementi secernenti. La fuoriuscita del secreto dal lume è favorita dalla presenza di cellule mioepiteliali contrattili, poco evidenti nella parotide, tra la superficie basale dell’elemento ghiandolare e la membrana basale.
La secrezione mucosa avviene invece a livello di strutture tubulari che presentano anch’esse RER molto sviluppato, nucleo allungato e schiacciato lungo la parete basale della cellula e voluminoso apparato del Golgi da cui originano grosse vescicole piene di muco che occupano gran parte della zona apicale del citoplasma da cui viene espulso mediante esocitosi. Tra le cellule si trovano quadri di chiusura e desmosomi che impediscono il reflusso del secreto. Le cellule secernenti delimitano un lume ampio per far defluire più facilmente il secreto denso e viscoso.
Nelle ghiandole a secrezione mista invece i tubuli mucosi sono chiusi alle estremità da semilune sierose il cui secreto favorisce il deflusso del muco. Ciascun acino sieroso e ciascun tubulo mucoso prosegue in un dotto che si unisce a quelli vicini aumentando di calibro fino a formare un dotto principale che si apre nella bocca, si avranno così dotti itralobulari e interlobulari a seconda che decorrano all’interno dei lobuli ghiandolari o nello stroma interlobulare.
Le ghiandole parotidi, pari e simmetriche, sono le più voluminose (25-30 g) e sono situate nella regione laterale del collo sotto il padiglione auricolare e il meato acustico interno, posteriormente al ramo mandibolare e al muscolo massetere e anteriormente al muscolo sternocleidomastoideo. Da ciascun lato è accolta nella loggia parotidea, estesa dal piano cutaneo fin quasi alla faringe, e qui è avvolta dalla fascia parotidea distinguibile in una parte superficiale, che riveste la cute e la superficie dell’organo, e una parte profonda che riveste invece le pareti della loggia distanziandosi dall’organo, lo spazio che si crea è riempito da connettivo adiposo.
La ghiandola, per la descrizione, può essere divisa in due parti: una superficiale e una profonda.
La parte superficiale consiste nella faccia esterna, ha forma triangolare con base superiore e apice inferiore, è leggermente convessa e ricoperta dalla fascia parotidea superficiale. La base corrisponde al meato acustico esterno e all’arcata zigomatica, il margine anteriore al muscolo massetere, quello posteriore allo sternocleidomastoideo mentre l’apice arriva sino quasi alla ghiandola sottomandibolare da cui è diviso da un setto fibroso interghiandolare, determinato dalla fusione dei due foglietti parotidei.
La parte profonda invece continua con quella superficiale rimanendo meno aderente alle pareti della loggia. Ha forma prismatica triangolare e presenta pertanto una faccia anteriore, concava in rapporto dall’esterno con il massetere, il margine posteriore del ramo mandibolare e col muscolo pterigoideo interno; una faccia posteriore che invece contrae rapporto con il processo mastoideo, lo sternocleidomastoideo e col ventre posteriore del digastrico ed una faccia superiore che corrisponde all’articolazione temporomandibolare e al meato acustico esterno. Profondamente la parotide termina appuntita con il processo faringeo che abbandona la loggia parotidea portandosi subito a lato della faringe.
Importanti sono anche i rapporti che la parotide contrae con vasi e nervi. L’arteria carotide esterna si mette prima in rapporto con la faccia posteriore e poi penetra nella ghiandola attraversandola e fornendo i rami parotidei ed auricolare posteriore. La vena giugulare esterna attraversa anch’essa la parotide esternamente e anteriormente rispetto alla carotide per poi abbandonare la ghiandola e la sua loggia all’altezza dell’angolo della mandibola. Nella fascia parotidea si trovano anche numerosi linfonodi raggruppati in un plesso superficiale, sulla faccia esterna della ghiandola, e profondo a ridosso della giugulare e della carotide esterne. La parotide è anche attraversata da due nervi, il faciale, al davanti e lateralmente rispetto a giugulare e carotide, che qui si divide nei suoi rami terminali cervicofaciale e temporofaciale, e il nervo mandibolare (ramo del trigemino) che penetra invece all’altezza del collo del condilo mandibolare ed esce in alto e lateralmente a livello dell’arcata zigomatica.
Il condotto escretore parotideo, di Stenone, origina tra il terzo superiore e quello medio del margine anteriore, e decorrendo sulla faccia esterna del massetere si incurva a verso l’interno a livello del corpo adiposo della guancia e penetra il muscolo buccinatore e la mucosa della guancia aprendosi all’altezza del secondo molare superiore. In questo dotto si aprono anche alcuni lobuli delle ghiandole molari, a livello del corpo adiposo della guancia, e la ghiandola parotide accessoria, satellite della parotide, situata sulla faccia esterna del massetere.
Vascolarizzazione:
Innervazione:
Struttura: hanno secrezione sierosa pura e quindi formate solo da adenomeri acinosi. Il secreto, o saliva primaria, passa prima in un sottile canale, condotto preterminale, a lume ristretto e rivestito da una singola fila di cellule appiattite. Più condotti preterminali si uniscono a formare dei condotti intralobulari a calibro maggiore detti condotti salivari o striati per l’aspetto delle cellule prismatiche che lo rivestono. Esse infatti presentano il nucleo nella parte apicale della cellula e, inferiormente ad esso, delle striature date da numerose invaginazioni del plasmalemma basale, che costituiscono il labirinto basale, tra le quali sono disposti i mitocondri. Si pensa che questo segmento del sistema dei dotti escretori sia deputato al riassorbimento di acqua dalla saliva primaria ed allo scambio di elettroliti tra questa e il sangue dei capillari periduttali. I condotti striati confluiscono poi in canali di calibro sempre maggiore di tipo interlobulare che prendono il nome di condotti escretori principali che si gettano infine nel dotto parotideo di Stenone rivestito da un’epitelio alto e pluristratificato con la presenza di alcune cellule caliciformi mucipare e di uno strato fibroelastico che segue la membrana basale. Nelle vicinanze dell’apertura buccale del dotto parotideo si trova un cordone epiteliale solido che prende il nome di ghiandola parotide primitiva.
Del peso di 7-8 g sono accolte nelle logge sottomandibolari, delimitate dai due ventri del muscolo digastrico e il pterigoideo interno, nelle regioni sopraioidee. Ha la forma di prisma triangolare e trae rapporti lateralmente con la fossa sottomandibolare anteriormente e il muscolo pteriogoideo esterno posteriormente mentre tra la ghiandola e la mandibola si trovano anche la vena e l’arteria sottomentale e i linfonodi sottomandibolari. Medialmente invece ha rapporti con i muscoli miloioideo, ioglosso e stiloioideo, il tendine del digastrico e il nervo ipoglosso (sul ioglosso); inferiormente ha contatto col platisma ed è incrociata dalla vena faciale anteriore mentre medialmente la ghiandola ha un prolungamento anteriore che si porta quasi sin alla ghiandola sottolinguale.
Il dotto escretore sottomandibolare, lungo 4-5 cm, inizia sulla faccia mediale della ghiandola e da qui si porta in alto, in avanti e medialmente sboccando sull’apice della caruncola sottolinguale.
Vascolarizzazione:
Innervazione:
Struttura: hanno secrezione mista anche se quella sierosa è prevalente e pertanto molti territori della ghiandola sono esclusivamente composti da acini con un sistema di condotti analogo a quello parotideo. Si trovano però anche alcune zone a secrezione mista mentre non si reperiscono lobuli a secrezione puramente mucosa. Nelle zone a secrezione mista le semilune sierose continuano in tubuli mucosi che costituiscono i tubuli preterminali seguiti anche in questo caso dai condotti striati. Anche il condotto principale della ghiandola sottomandibolare ha struttura simile a quello parotideo.
Posta nella loggia sottolinguale, profondamente rispetto al solco sottolinguale, è formata da un agglomerato di piccoli lobuli uno dei quali presenta dimensioni maggiori ed ha il dotto escretore di maggior calibro e prende il nome di ghiandola sottolinguale maggiore.
Nel complesso di forma ovoidale, del peso di 2-3 g, si distinguono una faccia mediale, in rapporto con i muscoli genioglosso e longitudinale inferiore della lingua, il nervo linguale, l’arteria sottolinguale e il dotto sottomandibolare; una faccia laterale, in rapporto con la fossetta sottolinguale mandibolare, un margine superiore che segna la piega sottolinguale, un margine inferiore in rapporto con il muscolo miloioideo, un’estremità anteriore, talvolta in rapporto con la sottolinguale controlaterale e una posteriore in contatto con la ghiandola sottomandibolare.
I numerosi dotti escretori sboccano lungo la piega sottolinguale mentre quello principale sulla caruncola, subito a lato dell’orifizio sottomandibolare.
Vascolarizzazione:
Innervazione: come le sottomandibolari.
Struttura: hanno secrezione mista ma con prevalenza mucosa, la sua struttura sarà pertanto caratterizzata dalla prevalenza di tubuli mucosi chiusi alle estremità da semilune sierose, vengono quasi del tutto a mancare i condotti preterminali che si trovano solo a seguito di rari acini sierosi e i condotti striati sono meno numerosi che nelle altre due ghiandole.
E’ un breve tratto del canale alimentare che pone in comunicazione la bocca con la faringe. Vi si distinguono un
pavimento dato dalla lingua, una volta formata dal palato molle e dall’ugola e due pareti laterali costituite dai due archipalatini che dal margine libero del palato molle si portano in basso divergendo in avanti e indietro delimitando così una depressione centrale, la fossa tonsillare, che accoglie la tonsilla palatina.
Gli archi palatini sono due per lato e si distinguono in:
Tra i due archi palatini lateralmente e la base della lingua inferiormente si viene così a delimitare una fossa di forma triangolare che contiene, da ciascun lato, la tonsilla palatina che non riempie completamente la fessura ma lascia uno spazio superiore, tra l’apice della fossa e il polo superiore della tonsilla, che prende il nome di fossetta sovratonsillare.
La tonsilla palatina, o amigdala, forma assieme alla tonsilla faringea, linguale e laringea l’anello linfatico di Waldeyer che svolge funzioni difensive nel primo tratto del vie aeree e digestive.
Ha una forma di mandorla con l’asse maggiore, lungo 2-2,5 cm, orientato leggermente in obliquo dall’avanti all’indietro, riusulta sviluppatissima in età infantile e si atrofizza con l’età.
Si distinguono alla descrizione:
Vascolarizzazione:
Innervazione:
Struttura: la faccia mediale della tonsilla è ricoperta da una mucosa che continua nei margini con quella che riveste l’istmo delle fauci. Questa è formata da un epitelio pavimentoso stratificano, moderatamente cheratinizzato su tutta la faccia mediale della tonsilla tranne che nelle cripte dove lo strato corneo non è presente; sotto l’epitelio di rivestimento è presente una lamina propria. Epitelio e lamina propria penetrano più volte nella sottomucosa dando origine a 10-20 profonde cripte ramificate. All’interno dell’epitelio sono presenti linfociti in numero tanto grande da scompaginare le cellule epiteliali che assumono forma allungata o stellata rimanendo unite solo mediante sottili propaggini; oltre a questi sono presenti anche macrofagi e granulociti. La lamina propria della mucosa si alza in papille tranne che nelle cripte che da pieghe sono però delimitate, queste portano sul loro asse una dipendenza della tonaca sottomucosa contenente vasi e nervi. La lamina propria
è inoltre ricca di ammassi linfoidi e centri germinativi che gli conferiscono una grande capacità di trattenere gli antigeni e di rispondere ad essi mediante proliferazione di linfociti B. Verso la superficie laterale della tonsilla il connettivo della sottomucosa si addensa a formare la capsula tonsillare.
Nella tonaca propria e nella sottomucosa sono presenti diversi lobuli ghiandolari a secrezione mucosa pura, ghiandole tonsillari, che si aprono soprattutto lungo i margini della tonsilla e sul fondo delle cripte che si possono riempire di residui che possono occludere la cripta calcificandosi.
É un organo cavo, impari e mediano itercalato nel decorso delle vie aerifere e digerenti nel collo e nella testa. È un canale muscolo membranoso lungo 12-14 cm che si estende dalla ANT: è completa solo in prossimità della faccia posteriore della laringe; presenta una concavità volta anteriormente si estende dalla base cranica fino a C-6 (margine inferiore cartilagine cricoide) dove continua nell’esofago. È situato davanti alla colonna vertebrale, dietro le fosse nasali, la cavità orale e la laringe, sotto la porzione basilare dell’occipitale e tra le due regioni carotidee.
Ha una forma piriforme, slargata in alto e ristretta in basso, e leggermente appiattita in senso anteroposteriore. A seconda dei territori attraversati si può dividere in tre parti:
La superficie interna della faringe, in corrispondenza della parete anteriore, si presenta irregolarmente pieghettata. Lateralmente ai rilievi prodotti dalle cartilagini aritenoidi e cricoide si trovano infatti due docce,larghe e profonde nella parte alta e strette verso il basso, dette recessi piriformi, su fondo delle quali si trova un rilievo mucoso, la piega del nervo faringeo, dato dal rapporto con questo nervo.
La parete posteriore della faringe presenta invece alcuni rilievi dovuti alla presenza delle ghiandole mentre su quelle laterali fanno sporgenza, in alto, gli orifizi faringei delle tube uditive delimitati da due labbri di cui quello posteriore è più sporgente e prende il nome di torus tubarius. Il torus tubarius continua in basso nella piega salpingo-faringea che continua in basso lungo la parete laterale, mentre quello anteriore continua inferiormente con la piega salpingo-palatina che raggiunge la faccia posteriore del palato molle. Profondamente, nel contorno dell’orifizio tubarico, si trovano accumuli di tessuto linfoide che formano la tonsilla tubarica. Essa occupa gran parte della concavità della volta laringea ed è formata da pieghe e solchi che si spianano con l’età.
Vascolarizzazione:
Innervazione:
Struttura: è costituita esternamente da una tonaca avventizia connettivale lassa che avvolge la tonaca muscolare e, dove essa manca, aderisce direttamente alla fascia faringea. La fascia muscolare è formata da una serie di muscoli striati che formano un manicotto quasi continuo intorno al condotto:
La fascia faringea, fibroelastica, si trova internamente alla tonaca muscolare in cui invia dei sepimenti, il repporto è per questo molto stretto ma si fa meno intimo nella parte inferiore dove si viene a costituire uno strato sottomucoso contenente le ghiandole faringee tubuloacinose a secrezione mista.
La tonaca mucosa nella rinofaringe si presenta come mucosa respiratoria con un epitelio alto, prismatico, pluriseriato, con la parte apicale dotata di ciglia vibratili e con intercalate cellule caliciformi mucipare; questo rivestimento è completo nel giovane mentre con l’età si trovano isole di epitelio pavimentoso stratificato non corneificato. Nella lamina propria sono inoltre presenti ghiandole tubuloacinose ramificate a secrezione mista. La parte buccale e laringea della faringe sono invece rivestite da epitelio pavimentoso stratificato non corneificato con rari calici gustativi, la lamina propria è densa.
A livello dell’ostio faringeo delle tube uditive e in una parte della parete posteriore si trovano infine le tonsille tubariche e la tonsilla faringea con caratteristiche strutturali uguali a quella palatina.
L’esofago è un tratto del canale alimentare che decorre rettilineo dall’alto verso il basso, dalla 6° vertebra cervicale fino alla 10° toracica, per una lunghezza complessiva di circa 25 cm, facendo seguito alla faringe e andando a terminare nello stomaco. Viste le regioni attraversate si può dividere in un tratto cervicale (lungo 4-5 cm), uno toracico (16 cm), uno diaframmatico (1-2 cm) e uno addominale (3 cm).
L’esofago presenta, lungo il suo decorso, tre curvature di cui una sul piano sagittale e due su quello frontale. Fino alla 4° vertebra toracica l’esofago segue la convessità anteriore del rachide discendendo addossato a quest’ultimo; a questo punto si distacca dalla colonna descrivendo una curvatura a convessità posteriore, a questo punto, incrociando l’arco aortico, viene deviato descrivendo prima una curva a concavità destra e, immediatamente al di sotto di esso, una seconda curvatura a concavità sinistra.
Si considerano inoltre quattro restringimenti del diametro esfageo: uno a livello della cartilagine cricoide (cricoideo), uno a livello dell’arco aortico (aortico), uno a livello del bronco sinistro (bronchiale) e uno a livello dell’orifizio esofageo del diaframma (diaframmatico); tra questi sono presenti dei segmenti dilatati che prendono il nome di fuso cricoaortico, fuso broncodiaframmatico e imbuto precardiale.
Parte Cervicale: compresa tra il corpo della 6° cervicale e il margine superiore della 2° toracica, la faccia anteriore dell’esofago è qui in rapporto con la parete membranosa della trachea, questo legame è mantenuto molto stretto da fasci connettivali e da fasci del muscolo tracheoesofageo, solo una parte della faccia anteriore dell’esofago è libera e contrae rapporti con il lobo sinistro della tiroide, il muscolo sternoioideo, lo sternotiroideo e il nervo ricorrente sinistro. Posteriormente è in rapporto con la colonna vertebrale e lateralemente con le arterie carotidi comuni destra e sinistra e, solo a destra, con il nervo ricorrente destro.
Parte Toracica: decorre nel mediastino posteriore dalla 2° toracica fino al diaframma. È diviso in due tratti dall’incrocio con il bronco sinistro:
Parte Diaframmatica: corrisponde al breve tratto che si impegna nell’orifizio esofageo del diaframma, è a
contatto su tutti i lati con il muscolo stesso, tal volta da quest’ultimo si può distaccare un fascetto muscolare che si porta alla parete esofagea e prende il nome di muscolo frenoesofageo.
Parte Addominale: si mette in rapporto anteriormente con la faccia posteriore del lobo sinistro del fegato, posteriormente con l’aorta addominale e i pilastri mediali daframmatici, a destra con il lobo caudato del fegato e a sinistra con il fondo dello stomaco. Anche in questro tratto i rami del vago continuano a formare i due tronchi.
Vascolarizzazione:
Innervazione:
Struttura: presenta un’organizzazione in tonache, tipica del canale intestinale, che dall’interno all’esterno sono:
stratificato non corneificato, da una lamina propria connettivale densa e da una muscolaris mucosae, consistente soprattutto nella parte inferiore del condotto, formata da fascetti da fascetti muscolari longitudinali. Nella mucosa sono presenti i dotti escretori di alcune ghiandole esofagee, site nella sottomucosa, attorno ai quali si possono concentrare linfociti. Nella lamina propria invece, nella zona di transizione con lo stomaco, si trovano le ghiandole cardiali esofagee, di struttura uguale a quelle della parte cardiale dello stomaco, e isole di mucosa gastrica.
È un tratto dilatato del canale alimentare situato nella cavità addominale, subito al di sotto del diaframma, dove occupa l’ipocondrio sinistro e parte dell’epigastrio. Ha la funzione di accumulare temporaneamente il cibo e di sottoporlo all’azione digestiva dei succhi gastrici.
Lo stomaco ha capacità media di 1200 ml e dimensioni, medie, di 29-30 cm di lunghezza e 10-5 cm di diametro che risulta più ampio nelle porzioni prossimali mentre decresce in quelle distali. Ha forma di sacca allunguata con l’estremità prossimale, espansa a cupola, in alto e a sinistra e quella distale, irregolarmente conica, in basso e a destra. L’asse principale è orientato prima quasi verticalmente poi si fa orizzontale per infine risalire obliquamente dal basso verso l’alto, da sinistra a destra e dal davanti all’indietro. Complessivamente lo stomaco descrive una curva con concavità rivolta indietro, in alto e verso destra.
Proiettato in superficie il cardia si trova sulla linea marginosternale di sinistra, all’altezza del processo xifoideo; il fondo ha la sua massima altezza a livello della 6° costa circa 2 cm a destra della linea emiclaveare; lateralmente lo stomaco si spinge fino alla emiclaveare stessa che raggiunge a livello della 7° costa; la parte pilorica (la più bassa) si spinge circa fino alla sinistra delle L3-L4, per poi risalire fino alla destra delle L1-L2 dove si trova lo sfintere pilorico; la piccola curvatura costeggia invece le vertebre T12, L1, L2 e poi risale fino alla metà della L1 per lo sfintere pilorico.
La parete toracica viene detta spazio semilunare di Traube, a forma di semiluna con convessità rivolta in alto e a sinistra, di importanza per l’ascultazione in quanto è una regione dello stomaco normalmente occupata da gas. La porzione inferiore della parete anteriore, che comprende il terzo inferiore del corpo e la regione pilorica, è accessibile alla palpazione e tocca direttamente la parete dell’addome, descrivendo un’area triangolare detta triangolo di Labbè.
Presenta alla descrizione:
Lo stomaco si può inoltre dividere in tre parit:
Rapporti:
La superficie interna dello stomaco, nel soggetto sano, vivente e allo stato di riposo funzionale, colorito grigio roseo, che diventa rosso e tumido con l’attività digestiva per il maggiore afflusso di sangue.
Sulla superficie interna si evidenziano delle creste ad asse prevalentemente longitudinale, le pieghe gastriche, che si anastomizzano fra loro formando un reticolo a maglie allungate; queste pieghe possono essere considerate come una continuazione di quelle presenti nell’esofago; solo a livello della piccola curvatura esse non sono anastomizzate, e formano la cosiddetta via gastrica breve.
Quando lo stomaco è disteso, le pieghe gastriche scompaiono, e risultano invece evidenti dei solchi fra loro anastomizzati, i solchi permanenti, che delimitano una serie di piccoli rilievi, le areole gastriche: la superficie delle areole presenta minuti infossamenti, le fossette gastriche, sul cui fondo si aprono le ghiandole gastriche, e che sono separate da una sottili sporgenze mucose dette creste gastriche, presenti soprattutto nella regione pilorica.
A livello del cardia si osserva una anello dentellato, che separa la mucosa esofagea da quella gastrica.
A livello del piloro, poi, si trova una piega circolare che restringe il lume dello stomaco, la valvola pilorica, che circoscrive l’orifizio pilorico; a questo livello assume oltre, alle tonache mucosa e sottomucosa, estrema importanza quella muscolare, che costituisce il muscolo sfintere pilorico.
Il peritoneo avvolge lo stomaco con due lamine che lungo i margini non aderiscono intimamente in modo da consentire l’espansione dell’organo:
Si vengono così a costituire una serie di legamenti che fissano lo stomaco alle pareti addominali e agli altri organi:
Vascolarizzazione:
Innervazione:
Struttura: la superficie interna dello stomaco presenta delle pieghe che si possono considerare come diretta continuazione di quelle esofagee e come in questo sono determinate dal sollevamento di mucosa e sottomucosa. A stomaco disteso si rilevano dei minuti rilievi poligonali ravvicinati detti areole gastriche sull’apice delle quali si aprono delle fossette, fossette gastriche, he si approfondano nella mucosa e sul fondo delle quali si aprono le ghiandole tubulari della mucosa o ghiandole gastriche. Da un punto di vista più microscopico la parete dello stomaco si può dividere in:
secrezione contenenti proteoglicani acidi che spingono il nucleo nel terzo basale. Queste vescicole sono rilasciate per esocitosi nel lume del tubulo.
Per quanto riguarda la muscolaris mucosae della tonaca mucosa, essa è particolarmente sviluppata e presenta due strati di cui uno circolare, interno, e uno longitudinale, esterno; da essa esili fascetti di fibrocellule lisce risalgono nel tessuto connettivo tra i tubuli e le fossette favorendo, con la loro contrazione, la fuoriuscita del secreto.
Nella lamina propria si notano inoltre, soprattutto nella regione pilorica, ammassi linfocitari e germinativi che si possono estendere anche alla sottomucosa.
L’intestino tenue è quella parte del canale alimentare che va dallo stomaco all’intestino retto e ha le funzioni di digestione e assorbimento. Occupa gran parte della cavità addominale, dall’epigastrio fino alla fossa iliaca destra, ha una lunghezza di circa 7 metri, anche se molto variabile, e un diametro che passa dai 5 cm nella parte iniziale ai 2,5-3 cm nella parte terminale, e una capacità che si aggira sui 6 litri.
Vi si distinguono, in base al comportamento del peritoneo, due parti: il duodeno, o parte fissa, e l’intestino tenue mesenteriale, o parte mobile, che a sua volta si divide in digiuno e ileo.
Struttura: nell’intestino tenue continua e si completa la digestione degli alimenti, grazie all’opera dei secreti duodenali, di quelli pancreatici e della bile; ed ha luogo l’assorbimento dei prodotti della digestione grazie alla grande superficie epiteliale fornita dall’organo. La già grossa superficie fornita dalla lunghezza dell’intestino viene amplificata di tre volte grazie alla presenza, soprattutto nella parte prossimale, delle valvole conniventi, delle pieghe della sottomucosa che si solleva nel lume
spingendovi anche la mucosa. Quest’ultima si dispone inoltre a formare delle digitazioni, i villi, alte 0,5 mm che sono formate dal sollevamento di epitelio di rivestimento e lamina propria con esili fascetti di muscolaris mucosae che ne assicurano la motilità, la superficie assorbente aumenta così di altre 10 volte. A queste si aggiungono delle piccole digitazioni del plasmalemma apicale delle cellule dell’epitelio dei villi (enterociti) che prendono il nome di microvilli ed aumentano di altre 20 volte la superficie di assorbimento. Ogni microvillo, lungo circa 1 μm, è avvolto dal plasmalemma e contiene sostanza fondamentale e microfilamenti di actina e miosina che si continuano poi con quelli della trama terminale. Al microscopio ottico i microvilli formano, sulla superficie apicale degli enterociti, una banda continua, interrotta solo a livello delle cellule caliciformi mucipare, che prende il nome di orletto striato.
Tra i villi si aprono nel lume le ghiandole o cripte intestinali, tubulari semplici, che si spingono fino alla lamina propria della mucosa. Strutturalmente, l’intestino, mantiene un’organizzazione simile a quella di esofago e stomaco:
La lamina propria della mucosa è invece costituita da connettivo lasso ed è distinta in una parte superficiale, che si alza a formare l’asse dei villi, ed una profonda che si dispone tra i tubuli ghiandolari; risulta inoltre ricca di elementi cellulari come granulociti acidofili, plasmacellule, fibrociti e macrofagi. Nella parte superficiale è presente una fitta rete di capillari, che si dipartono dalla base delle cellule dell’epitelio di rivestimento per poi gettarsi in una vena dell’asse del villo, il cui endotelio presenta una gran quantità di pori che consentono l’assorbimento. Oltre ai vasi vi è anche una fitta rete linfatica che è più evidente in fase di assorbimento; nei villi di forma conica di ha un linfatico centrale, vaso chilifero, che inizia a fondo cieco all’apice del villo e drena ad una rette posta nella lamina propria e nella sottomucosa, nei villi laminari invece i linfatici si dispongono a formare una rete.
Le vie linfatiche sono preferenziali per l’assorbimento dei trigliceridi, le vie ematiche per quello delle sostanze idrosolubili come acidi grassi, monosaccaridi e aminoacidi.
Nella lamina propria di tutto l’intestino sono inoltre presenti le ghiandole intestinali o cripte in cui, agli enterociti e alle ghiandole caliciformi mucipare, si aggiungono cellule enterocromaffini, nel duodeno alcune cellule G secernenti gastrina (come quelle piloriche) e cellule epiteliali in mitosi che risalgono poi lungo il villo sostituendo gli elementi dell’epitelio intestinale che si rinnova ogni 3 giorni (50 g di cellule al giorno).
Solo nel digiuno e nell’ileo si notano, sul fondo delle cripte, si trovano le cellule di Paneth, degli elementi ghiandolari facilmente riconoscibili per la grande presenza citosolica di granuli di secrezione, che secernono glicoproteine neutre e lisozima che ha azione antibatterica, digerendo alcune componenti della parete batterica, e di regolazione della flora intestinale. In tutta la lamina propria si trovano inoltre accumuli di tessuto linfoide che nel duodeno e nel digiuno sono isolati (noduli linfatici solitari) e limitati alla lamina propria mentre nell’ileo formano grossi ammassi che si estendono sino alla sottomucosa (noduli linfatici aggregati) rilevando la mucosa intestinale in rilievi circolari e privi di villi che prendono il nome di placce di Peyer. Il tessuto linfoide della parete intestinale contiene linfociti T e B, macrofagi, ampi centri germinativi e plasmacellule secernenti IgA, degli anticorpi con la proprietà di poter attraversare gli epiteli, attraversando il citoplasma delle cellule, ed essere secrete nel lume.
Rappresenta la prima parte dell’intestino tenue, è lungo circa 30 cm, fa seguito al piloro a destra della 1° vertebra lombare e termina all’altezza della 2° proseguendo con l’intestino tenue mesenteriale a livello della flessura duodenodigiunale.
Risulta applicato alla parete addominale dal peritoneo e per questo, oltre che per il calibro maggiore, si differenzia dall’intestino tenue mesenteriale; riceve inoltre lo sbocco dei dotti escretori di fegato e pancreas.
Ha la forma di un anello incompleto con la concavità, rivolta verso l’alto, che abbraccia la testa del pancreas. Si possono distinguere nel suo decorso 4 porzioni:
La flessura duodeno digiunale è applicata alla parete addominale posteriore dal periotoneo parietale ed è fissata al diaframma dal muscolo sospensore del duodeno. Nel rivestire la flessura, il peritoneo, forma un certo numero di pieghe denominate fossette duodenali dovute al passaggio da un dispositivo di tipo fisso a uno di tipo mobile. Il peritoneo viscerale riveste infatti incompletamente il duodeno, che risulta per la massima parte applicata alla parete addominale dal peritoneo parietale. Solo la parte superiore ha un rivestimento viscerale completo fornitole dal prolungamento delle due lamine gastriche. Si formano così due legamenti che continuano quelli gastrici:
Per via di questo rivestimento peritoneale la parte superiore del duodeno risulta piuttosto mobile (l’unica rivestita almeno in parte da peritoneo viscerale sulla faccia anteriore, la parte orizzontale invece, essendo applicata alla parete dal peritoneo parietale, risulta immobile così come la flessura duodenodigiunale.
La superficie interna del duodeno si presenta liscia solo nella prima porzione, già a partire da quella discendente sono presenti numerose pieghe circolari o valvole conniventi, presenti anche nell’intestino tenue mesenteriale, che distano fra loro circa 6-8 mm e non compiono quasi mai tutta la circonferenza del lume. Proprie del duodeno, e più precisamente della parte discendente, sono:
Vascolarizzazione:
Innervazione:
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L’intestino tenue mesenteriale è la parte più lunga dell’intestino tenue, circa 7 metri con un diametro iniziale di 47 mm che diminuisce fino a circa 27 mm, fa seguito al duodeno, in corrispondenza della flessura duodenodigiunale, e termina nella fossa iliaca destra, in corrispondenza dell’articolazione sacroiliaca, con la valvola ileocecale, attraverso la quale continua nell’intestino crasso.
Esso viene solitamente distinto in due porzioni:
non esiste un confine netto fra le due zone anche se nel digiuno il lume è più ampio, le ghiandole sono più frequenti e la parete è più spessa e maggiormente ricca di villi. Anche qui. Come nel duodeno si attuano le funzioni di digestione ed assorbimento.
Il nome di mesenteriale è dato dal fatto che questa parte del tenue è compresa nello spessore del margine libero di un’ampia plica del peritoneo, il mesentere, che si stacca dalla parete addominale posteriore a livello della 2° vertebra lombare e discende obliquamente verso il basso ed a destra, con andamento ad S, fino alla fossa iliaca destra incrociando nel suo cammino, lungo 15-17 cm, la quarta e le terza porzione del duodeno, l’aorta, la vena cava, l’arteria iliaca comune di destra, il grande psoas, l’uretere destro, l’arteria iliaca esterna destra ed i vasi genitali. La differenza tra la lunghezza della radice e quella del margine libero danno al mesentere un aspetto di ventaglio e fa sì che le anse dell’intestino, avvolte fra di loro a formare la matassa intestinale, siano molto mobili. Le anse del tenue, benché fra loro ammassate, si dispongono regolarmente in gruppi, seguendo la direzione della radice del mesentere:
In ogni ansa si descrivono un margine libero, o convesso rivolto verso la parete anterolaterale dell’addome, e uno convavo o mesenteriale che continua con il mesentere e a cui approdano i vasi ed i nervi che raggiungono l’intestino passando tra i due foglietti mesenteriali.
Anteriormente le anse sono coperte, per estensione variabile, dal grande omento attraverso il quele hanno rapporto con la parete anterolaterale dell’addome. Posteriormente invece, sempre attraverso il peritoneo, hanno rapporto con la porzione inferiore del duodeno, i muscoli psoas e quadrato dei lombi, gli ureteri, il processo uncinato del pancreas, i reni, le ultime vertebre lombari, l’aorta e la vena cava inferiore. Superiormente contrae rapporti con il colon ed il mesocolon trasversi mentre lateralmente a destra con cieco e colon ascendente ed a sinistra con colon discendente e colon iliaco. Inferiormente infine le anse si spingono nella piccola pelvi rapportandosi con gli organi qui contenuti e, talvolta, occupanto il cavo rettovescicale (maschio) e rettouterino (femmina).
La parete interna dell’intestino tenue mesenteriale presenta delle pieghe circolari o valvole conniventi, disposte a 7 mm l’una dall’altra, che sono più marcate nel terzo prossimale del digiuno mentre vanno scomparendo verso la fine del ileo. Tutta la superficie interna si presenta inoltre di aspetto vellutato per la presenza di una quantità notevole di rilievi della mucosa, i villi intestinali, disposti sia sulle pareti che sulla superficie libera delle pieghe circolari, a conformazione di lamina rilevata nel digiuno e conoide nell’ileo, sono alti in media 0.5 mm ed hanno una densità di circa 1000 per cm2; essi sono addetti all’assorbimento delle sostanze nutritizie che arrivano all’intestino con la digestione e con la loro conformazione aumentano notevolmente la superficie assorbente.
Sulla superficie della mucosa intestinale si possono poi individuare delle sporgenze di colore biancastro delle dimensioni di una punta di spillo, su cui non si individuano microvilli, che sono identificati come noduli linfatici solitari, disseminati per tutto l’intestino tenue, seppur in maniera più consistente nel digiuno.
Nel tratto più distale del digiuno, ma in particolar modo nell’ileo, si notano poi delle aggregazioni di noduli linfatici, chiamate placche di Peyer, in genere in numero di 30-50, che appaiono come formazioni circolari o ellittiche leggermente infossate sulla parete interna del margine libero.
Vascolarizzazione:
Innervazione: come duodeno.
L’intestino crasso segue al tenue a livello della fossa iliaca destra e si porta fino al termine del canale alimentare, sboccando all’esterno del corpo con l’orifizio anale; ha una lunghezza di circa 1,8 metri ed è diviso in tre porzioni: il cieco, il colon e l’intestino retto.
Il crasso ha una circonferenza di circa 28 cm all’inizio, che poi si riduce a circa 15 cm a livello del colon discendente per poi riaumentare a 18 cm a livello dell’ampolla rettale.
Alla superficie esterna del crasso si notano molte gibbosità separate da solchi, che all’interno corrispondono a depressioni denominate tasche ed ai rilievi delle pieghe semilunari; e tre lamine nastriformi longitudinali costituite da tessuto muscolare
liscio, dette tenie, presenti in numero di tre che si riducono a due a livello delle parti terminali del crasso. A queste sono attaccate numerose frange peritoneali piene di materiale adiposo che prendono il nome di appendici epiploiche.
Vascolarizzazione:
Innervazione:
Struttura: presenta organizzazione simile in tutte le sue parti eccezzion fatta per l’appendice vermiforme, la valvola ileocecale e l’intestino retto:
Per quanto riguarda le eccezioni invece:
La tonaca sottomucosa è molto lassa ed occupata, a livello emorroidario, dall’omonimo plesso.
La tonaca muscolare risulta invece alquanto complessa; a livello dei seni rettali lo strato circolare si inspessisce, attraversato da fascetti obliqui provenienti dallo strato longitudinale che si portano al centro, nello sfintere liscio dell’ano. A livello dell’anello emmorroidale quindi si vengono a trovare praticamente tre strati muscolari lisci: due, uno esterno ed uno interno, longitudinali e uno medio circolare; in questa stessa zona arrivano allo strato più esterno fasci striati del muscolo elevatore dell’ano.
Presenta un’altezza di circa 6 cm e un diametro di 5 cm; ha forma emisferica con il fondo volto in basso, e si trova nella fossa iliaca di destra (anche se la sua posizione può variare a causa di difetti di migrazione del cieco, normali nello sviluppo, che si trova inizialmente nella fossa iliaca di sinistra, poi sale nell’ipocondrio sinistro, poi si sposta in quella destro e infine scende nella fossa iliaca destra).
Il cieco è individuabile dal colon ascendente mediante due solchi: uno anteriore, a concavità inferiore, che va dalla parte anteriore dell’estremità dell’ileo alla tenia anteriore, ed uno posteriore, obliquo dall’alto al basso che va dal limite posteriore dell’ileo alla tenia posteriore. Internamente il cieco si presenta gibboso a parte nel fondo in cui è liscio, il limite col colon è dato da un piano passante per i frenuli della valvola ileocecale inferiormente e posteriormente alla quale si trova l’orifizio dell’appendice vermiforme.
Dall’intestino cieco iniziano le tenie che prendono attacco intorno all’appendice vermiforme per poi decorrere sulla faccia anteriore, mediale e posteriore.
Il periotoneo viscerale riveste completamente il cieco che non presenta nessuna connessione col foglietto parietale, solo al limite tra cieco e colon il peritoneo abbandona la faccia intestinale posteriore per portarsi alla parete addominale posteriore. Il cieco contrae rapporti anteriormente con la parete anteriore dell’addome con, talvolta l’interposizione di anse intestinali, posteriormente e lateralmente è invece in contatto con il peritoneo che tappezza la fossa iliaca mentre medialmente corrisponde al muscolo psoas, ai vasi iliaci ed alle anse dell’intestino tenue mesenteriale.
Proiettato in superficie si trova nella fossa iliaca, cioè all’altezza della L5 meno di 1cm a destra della emiclaveare.
La valvola ileocecale, o ileocecolica, è formata da due labbri, superiore ed inferiore, che sporgono nel cieco e si uniscono ai lati formando le commessure della valvola, che proseguono in due lamine orizzontali, i frenuli; le labbra delimitano una fessura orizzontale, l’orifizio ileocecale. La valvola permette il libero afflusso del contenuto dell’ileo nel cieco e impedisce il reflusso, anche se la tenuta non è perfetta, soprattutto nel bambino.
L’appendice vermiforme è invece un condotto cilindrico allungato, molto sottile, che si immette nel cieco a livello dell’orifizio dell’appendice vermiforme, 2-3 cm al di sotto di quello ileocecale, e si estende con direzione variabile per di circa 8 cm, con un calibro di circa 5 mm, terminando generalmente con orientamento inferiore.
Nonostante dimensioni e decorso offrano grande variabilità, il punto in cui l’appendice si inserisce nel cieco è lo stessao e viene chiamato punto di McBurney (metà della linea che unisce la spina iliaca anteriore con l’ombelico) o punto di Lanz (terzo laterale destro della linea che unisce le due spine iliache superiori).
I rapporti dell’appendice dipendono dalla direzione che essa prende a partire dalla sua origine:
Cieco e appendice sono completamente rivestiti da peritoneo, che può formare, per difetti di ripiegatura, delle fossette al di dietro del cieco, le fosse retrocecali (raramente causa di ernie retrocecali), quando la sierosa abbandona il cieco per continuare nel peritoneo parietale che tappezza la fossa iliaca; oppure delle fossette ileocecali (causa di ernie, in quanto le anse del tenue tendono a infilarsi nei recessi offertigli), che si formano nella zona di passaggio del peritoneo da ileo a cieco e colon ascendente.
L’appendice vermiforme è completamente avvolta da peritoneo che l’abbandona lungo il margine superomediale con una lamina a due foglietti, il mesenteriolo o mesoappendice, che si impianta sulla faccia mediale del cieco, e contiene l’arteria appendicolare.
Il colon ascendente decorre quasi verticalmente, 1 cm a destra dell’emiclaveare, dal basso verso l’alto e dall’avanti all’indietro, dal cieco alla flessure destra del colon (10° costa).
Ha una lunghezza di circa 15 cm ed è coperto da peritoneo nella parte anteriore, mediale e laterale, da dove si riflette nel peritoneo parietale lasciando la parete posteriore a diretto contatto con quella addominale. Le tenie si trovano anteriormente, posteromedialmente e posterolateralmente.
Presenta rapporto anteriormente con la parete addominale e con le anse del tenue mesenteriale, posteriormente
con i muscoli iliaco, quadrato dei lombi, trasverso dell’addome e con parte della faccia anteriore del rene destro, lateralmente corrisponde invece alla parete la terale dell’addome, fornendo la parete mediale dello spazio parietocolico destro, e con la faccia inferiore del lobo destro del fegato; medialmente infine è in rapporto col muscolo psoas, le anse intestinali, l’uretere destro e i vasi genitali fornendo inoltre la parete laterale dello spazio mesenteriocolico destro.
È il tratto di passaggio in cui il colon ascendente compie un angolo, retto o acuto, aperto in avanti, in basso e medialmente per continuare con il colon trasverso. Detta anche flessura sottoepatica si trova nell’ipocondrio destro all’altezza della 9°- 10° costa ed 1 cm a destra dell’emiclaveare. Ha rapporto anteriormente con il lobo destro del fegato, su cui lascia l’impronta colica, e con la cistifellea mentre posteriormente corrisponde alla faccia anteriore del rene destro e la parte discendente del duodeno.
Il periotoneo riveste completamente la flessura e i due foglietti si riflettono posteriormente nel periotoneo parietale posteriore, nonostante questo risulta piuttosto fissa grazie alla presenza di tre legamenti:
È compreso tra le due flessure, ha una lunghezza di circa 20-25 cm e ha concavità superiore; ha inizio nell’ipocondrio di destra, scende nella regione mesogastrica per poi risalire nell’ipocondrio sinistro.
È completamente avvolto dal peritoneo e fissato alla porzione posteriore del diaframma da una ripiegatura della sierosa, il mesocolon trasverso, che si porta dalla faccia posteriore del colon trasverso si inserisce alla parete posteriore dell’addome seguendo una linea obliqua da sinistra a destra e dall’alto in basso dividendo la cavità peritoneale in un piano sovramesocolico e uno sottomesocolico. La linea di inserzione del mesocolon trasverso viene quindi ad incrociare, da sinistra verso destra la faccia anteriore del rene sinistro, il margine inferiore della coda del pancreas, la flessura duodenodigiunale, la faccia anteriore della testa del pancreas e la porzione discendente del duodeno. Le tenie si distinguono inferiore, posterosuperiore e posteroinferiore.
Il colon trasverso ha rapporto anteriormente con il grande omento, che prende origine sulla linea mediana della faccia anteriore, e con la parete addominale anteriore; posteriormente con la faccia anteriore del rene destro, la porzione discendente del duodeno, la testa del pancreas e il rene sinistro; in alto con il lobo destro del fegato, la cistifellea, il corpo e la grande curvatura dello stomaco a cui è connesso dal legamento gastrocolico contenente nel suo spessore i vasi gastroepiploici; inferiormente ha invece rapporti con le anse dell’intestino tenue.
È il tratto di passaggio in cui il colon compie una angolo acuto aperto in basso, in avanti e medialmente segnando il passaggio tra colon trasverso e colon discendente. Detta anche flessura lienale, si trova nell’ipocondrio sinistro in posizione generalmente superiore rispetto alla flessura destra. È in rapporto anteriormente con il corpo dello stomaco, posteriormente con la faccia anteriore del rene e del surrene sinistro e lateralmente col polo inferiore della milza. È mantenuta in posizione dal legamento frenocolico sinistro che, distaccandosi dall’apice dell’angolo, si porta al diaframma fornendo anche un piano di sostegno per la milza.
Fa seguito alla flessura sinistra del colon e discende, simmetrico al colon ascendente e con leggera concavità mediale, fino alla fossa iliaca di sinistra dove continua nel colon ileopelvico. Il peritoneo lo avvolge in maniera simile alla porzione ascendente rivestendo solo le facce anteriore, laterale e mediale.
Contrae rapporto anteriormente con le anse intestinali, posteriormente con il diaframma ed i muscoli quadrato dei lombi e trasverso dell’addome, lateralmente con la parete addominale laterale, con cui forma lo spazio parietocolico di sinistra, e medialmente rene sinistro e le anse del tenue delimitando lo spazio mesenteriocolico sinistro.
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Il colon ileopelvico consta, in base al suo decorso, di due parti:
Ha un decorso di circa 15 cm, che parte dal colon pelvico e termina con l’orifizio anale; la prima parte, che si trova nella pelvi, è larga, e prende anche il nome di ampolla rettale; la seconda parte, che si trova nel perineo, è più ristretta, ed è detta canale anale; il limite fra le due parti è dato dall’inserzione sulla parete rettale del muscolo elevatore dell’ano.
L’inizio del retto si trova a livello della 3° vertebra sacrale, da qui discende con una curvatura sagittale con la concavità rivolta in aventi (curva sacrale) fino alla prostata (maschio) o alla parte media della vagina (femmina) dove cambia direzione effettuando una curva a convessità anteriore (curva perineale) riportandosi indietro. Quando è vuoto il retto presenta anche due curve sul piano frontale, di cui la prima a convessità destra e la seconda a convessità sinistra. Sulla superficie esterna, per lo più liscia, si distinguno alcuni solchi trasversali che corrispondono internamente alle pieghe semilunari del colon.
Nel retto disteso si hanno quattro pareti, mentre se vuoto le pareti anteriore e posteriore si avvicinano e quelle laterali si fanno margini. Il peritoneo riveste solo parte dell’intestino retto, sulla faccia anteriore si porta abbastanza in basso per poi passare in avanti sull’utero (femmina) o sulla vescica (maschio) delimitando il fondo dei cavi rettouterino (di douglas) e rettovescicale. Sulle face laterali invece segue una line di riflessione verso l’alto e lateralmente per poi continuare sul peritoneo parietale della pelvi; restano così privi del rivestimento periotoneale la faccia posteriore, parte delle laterali e l’anteriore sotto il cavo rettouterino o rettovescicale. Vista la disposizione del peritoneo si possono considerare nel retto:
I mezzi di fissità sono dati dal muscolo elevatore dell’ano, dal peritoneo e da agglomerati fibrosi che si costituiscono intorno ai vasi del retto.
La superficie interna del retto presenta delle pieghe longitudinali, che scompaiono con la distensione dell’organo, e delle pieghe trasversali, corrispondenti ai solchi esterni nel numero di una a destra e due a sinistra, che si trovano a distanza di circa 6 cm dall’orifizio anale.
Circa 2 cm al di sopra dell’orifizio anale si trovano le colonne rettali, dei sollevamenti della mucosa a base slargata, che hanno lunghezza di circa 1 cm verso l’alto; tra le basi delle colonne rettali si trovano delle pieghe trasversali denominate valvole semilunari; ciascuna valvola descrive una tasca che prende il nome di seno rettale. Al di sotto di queste strutture si trova una zona increspata da pieghe radiali che prende il nome di anello emorroidale.
L’orifizio anale, o ano, si trova nel perineo posteriore e presenta due labbri, uno destro e uno sinistro, che si uniscono nelle commessure e che delimitano un foro assai ristretto, che, dilatato, assume contorno circolare; vi si trovano peli nel maschio, e presenta un ricco corredo di ghiandole sudoripare, dette ghiandole circumanali.
Il fegato è il più voluminoso dei visceri; esso ha principalmente due funzioni, una di tipo esocrino, in quanto produce un secreto, la bile, che viene immessa nel duodeno attraverso le vie biliari e che ha principalmente una funzione lipolitica, e una di tipo regolativo per l’omeostasi ematica, in quanto riceve il sangue refluo dalla milza e dall’intestino, tenue e crasso, e funziona come un deposito dei metaboliti mantenendo l’omeostasi ematica.
Il fegato si trova nello spazio sovramesocolico della cavità addominale, a contatto con il diaframma superiormente, che lo separa dal cuore e dai polmoni, lo stomaco e il colon trasverso inferiormente, e le ultime vertebre toraciche, alle quali si appoggia, posteriormente.
Il suo diametro trasverso è di 26-28 cm, quello anteroposteriore è di 16 cm, l’altezza di circa 8 cm nella parte del lobo destro. Ha forma di un ovoide a cui è stata asportata una parte con un taglio che va dall’alto verso il basso e dal dietro all’avanti e da sinistra verso destra; ha consistenza piuttosto dura, anche se si lascia facilmente deprimere dagli organi con cui è a contatto, e colorito rosso bruno ed ha un peso medio di 1400-1500 gr, a cui va aggiunto quello del sangue che vi circola, di circa 400-800 gr.
Il fegato presenta alla descrizione:
raggiunge il margine anteroinferiore a livello dell’incisura cistica e sulla faccia posteriore forma la fossa cistica che accoglie la cistifellea. Il tratto posteriore prende invece il nome di fossa della vena cava e accoglie la vena omonima. Le due fosse sono separate dal tubercolo caudato, prolungamento del lobo caudato edl fegato.
Questi solchi individuano nella faccia posteriore del fegato alcune aree:
I mezzi di fissità del fegato sono dati dalla vena cava inferiore che si fissa superiormente al suo orifizio diaframmatico ed inferiormente, a livello del tratto posteriore del solco sagittale destro, al parenchima dell’organo attraverso le vene epatiche che sboccano nella vena cava stessa in questa posizione. Un’altro importante mezzo di fissità è il peritoneo che crea la loggia epatica e che da qui si diparte fissando l’organo alle altre formazioni tramite numerosi legamenti:
Vascolarizzazione
Il sangue raggiunge il fegato attraverso due correnti di afflusso e lo abbandona attraverso un’unica corrente di efflusso. Le due vie di entrata sono rappresentate dalla vena porta e dall’arteria epatica mentre quelle di deflusso dalle vene epatiche.
La via di deflusso dal fegato è invece rappresentata dalle vene epatiche che si costuiscono per la confluenza delle vene centrolobulari in vene sottolobulari e via via in tronchi sempre più grossi fino alle vene epatiche stesse. Le principali sono le vene epatiche destra, sinistra e mediana che si gettano nella vena cava inferiore a livello della fossa omonima.
La distribuzione di vene epatiche e vena porta all’interno del parenchima epatico consentono di individuare delle zone o segmenti relativamente indipendenti gli uni dagli altri. Questo risulta molto importante in campo chirurgico in caso di epatectomie parziali.
Innervazione:
Struttura: il fegato esternamente, sotto il rivestimento peritoneale formato da mesotelio e da uno strato sottomesoteliale fortemente aderente alla superficie epatica, è ricoperto da un denso strato di connettivo collagene con rare fibre elastiche. Questo strato costituisce la capsula fibrosa del fegato al quale risulta fortemente adesa grazie a corti tralci connettivali che invia nel suo parenchima. A livello dell’ilo, la capsula, si spinge all’interno del fegato seguendo le ramificazioni dei vasi e dei condottini biliari (capsula perivascolare di Glisson) e delimitando così aree più piccole che prendono il nome di lobuli epatici. Il parenchima avrà così un’architettura labirintica, una complessità che rispecchia quella delle sue funzioni di ghiandola sia esocrina (bile), sia endocrina (glucoso, proteine e lipoproteine secrete nel sangue). I lobuli appaiono come strutture a forma prismaticopoligonale delimitati da un sottile strato di connettivo derivante dalla capsula fibrosa, hanno diametro di circa 1 mm e altezza di 1,5-2 mm. Ogni lobulo è formato da numerose lamine cellulari tra loro anastomizzate e perforate per lasciare spazio a capillari sanguiniferi, detti sinusoidi, a decorso tortuoso e radiale dalla periferia verso il centro. L’asse del lobulo è invece occupata da un vaso venoso, vena centrolobulare, a parete sottile, rigida e cribrata dallo sbocco dei sinusoidi. Gli spazi connettivali in cui due o più lobuli vengono a contatto prendono il nome di spazi portali o portobiliari, in essi il connettivo perilobulare si addensa intorno alle ramificazioni della vena porta, dell’arteria epatica, del condotto biliare, dei nervi e dei linfatici. Da qui il sangue contenuto nelle ramificazioni di questi due vasi viene convogliato, attraverso dei piccoli cuscinetti muscolari sfinterici che ne regolano il flusso, nei sinusoidi e da questi alla vena centrolobulare tributaria delle vene epatiche e quindi della vena cava inferiore, il sangue contenuto nei sinuosidi sarà pertanto arterovenoso.
La bile elaborata dagli epatociti invece viene riversata negli spazi intercellulari scavati tra epatociti condinui (capillare biliare) da qui viene convogliata alla periferia del lobulo fino ai canalicoli biliari situati negli spazi portali. I linfatici sono assenti all’interno del lobulo mentre si trovano negli spazi portali dove drenano i fluidi interstiziali lobulari.
I sinusoidi hanno lume ampio e la parete costituita da sottili cellule endoteliali che in esso sporgono solo con la parte contenente il nucleo. La parete di queste cellule presenta inoltre piccoli pori e, nella faccia rivolta verso il lume, vescicole di pinocitosi e corti microvilli; i pori, grazie anche ad una quasi inesistente membrana basale che continua con il connettivo degli spazi portali, consentono un ricco scambio di metaboliti con gli epatociti attraverso uno spazio tra la superficie degli epatociti ed i sinusoidi che prende il nome di spazio di Disse in cui l’epatocita stesso riversa i suoi prodotti ed in cui si trovano cellule capaci di legare sostanze liposolubili (lipociti). L’epitelio può risultare interrotto per la presenza di elementi ameboidi sporgenti nel lume è che prendono il nome di cellule stellate di Kupffer, con spiccata attività fagocitaria di materiali corpuscolati; hanno struttura simile ai lipociti da cui si differenziano per la sede che è interna al sinuoside e non esterna e non presentano attività fagocitaria.
Il modello di lobulo delimitato da una trama periferica di connettivo ed al centro la vena centrolobulare prende il nome di lobulo classico, a questo si affiancano anche altri due tipi di modello di organizzazione del parenchima:
Gli epatociti hanno forma poliedrica e sono disposti a formare lamine unicellulari tra loro anastomizzate e circondate dai sinusoidi; le facce che sono rivolte verso questi ultimi prendono il nome di poli vascolari, quelle a contatto con altre cellule circostanti sono invece dette poli biliari in quanto delimitano i capillari biliari. I poli vascolari presentano piccole vescicole di pinocitosi e corti microvilli che sporgono nello spazio di Disse. Si realizza così un labirintico sistema di spazi intercellulari in cui circola liberamente un prodotto filtrato del sangue e delle attività metabolitiche epatiche che, scorrendo verso la periferia del lobulo, si versa in uno spazio delle aree portobiliari delimitato da fibre collagene, detto spazio di Mall. Questi fluidi interstiziali contribuiscono quindi alla formazione della linfa e sono drenati dai vasi linfatici delle zone portali. I poli biliari risultano invece pianeggianti tranne per una depressione centrale coperta di microvilli che, fronteggiandone una uguale sulla superficie dell’epatocita opposto, delimita un capillare biliare; il resto delle due superfici presenta stretti quadri di chiusura che impediscono il reflusso della bile negli spazi di Disse. Le superfici vascolari, a funzione sia secretiva che di assorbimento, risultano sempre più ampie di quelle biliari che hanno invece solo funzione secretiva. Al loro interno gli epatociti presentano numerosi lisosomi e sviluppato complesso del Golgi lacalizzati ai poli biliari dove sono coinvolti nei processi secretivi; il reticolo endoplasmatico, nelle sue due forme, è molto sviluppato e fondamentale nella produzione di enzimi per i processi di glicogeno lisi, sintesi del colesterolo e degradazione di farmaci liposolubili. I mitocondri sono numerosi e con lunghe creste, il nucleo voluminoso contiene uno o più grossi nucleoli ed ha scarsissima attività mitotica, sono inoltre presenti nel citoplasma elementi legati al metabolismo cellulare come inclusi di natura lipidica o pigmenti biliari.
Tutti gli epatociti di un lobulo sono in grado di svolgere le attività caratteristiche dell’organo anche se si è scoperto che le cellule più periferiche hanno attività maggiore di quelle intermedie e di quelle più interne che hanno scarsa attività; questo perchè quelle periferiche sono più avvantaggiate nel ricevere sangue arterioso ricco di metaboliti ed ossigeno.
La bile viene secreta dagli epatociti e riversata nei capillari biliari che, a livello del lobulo epatico, formano una rete labirintica tridimensionale; la bile attraversa la rete canalicolare e si riversa, alla periferia del lobulo, in sottilissimi condottini, i colangioli, i quali continuano con i canalicoli biliari interlobulari; la bile confluisce in canali di diametro sempre maggiore, fino a riversarsi nei due grossi condotti intraepatici destro e sinistro che possono presentare, nella loro parete, ghiandole mucose tubulari o alveolari semplici.
Sono rappresentate dal dotto epatico destro e sinistro, ciascuno risultato dalla fusione di due o tre canali biliari intraepatici, che confluiscono in corrispondenza dell’ilo epatico per dare origine al dotto epatico comune, di circa 2-3 cm di lunghezza e 5 mm di calibro, nel quale va a confluire il dotto cistico proveniente dalla cistifellea; dalla loro unione ha origine il dotto
coledoco, lungo 7 cm e di 5 mm di diametro, che attraversando il legamento epatoduodenale si porta dietro la testa del pancreas per poi sbucare nella porzione discendente del duodeno a livello della papilla maggiore. Per i tratti che percorre, il coledoco, può essere diviso in diverse parti:
Vascolarizzazione:
Innervazione:
Struttura: i dotti epatici hanno una parete costituita da una tonaca mucosa, spesso invaginata in piccole fossette, presenta un’epitelio cilindrico semplice ricco di microvilli e con intercalate ghiandole mucose che talvolta possono portarsi anche nella compagine della lamina propria assumendo struttura tubuloacinosa semplice o ramificata (ghiandole biliari). La mucosa è circondata da una tonaca fibromuscolare liscia con abbondanti fibre elastiche.
Il dotto coledoco ha struttura simile ai dotti epatici con la presenza di numerose invaginazioni della mucosa rivestite da epitelio cilindrico semplice con microvilli. Le ghiandole si fanno più grosse e si spingono fino alla tonaca fibromuscolare la cui componente liscia si fa prevalente su quella elastica con fibre disposte longitudinalmente che si fanno più consistenti in vicinanza dello sbocco duodenale.
La cistifellea o colecisti è un serbatoio piriforme annesso alle vie biliari che si trova ad occupare la fossa cistica nella parte inferiore del fegato, in essa la bile si riduce di volume per il riassorbimento attivo di ioni ed acqua. Ha una lunghezza di circa 8 cm, una larghezza di circa 3 cm ed è in grado di contenere 80 ml di bile.
Vi si distinguono un fondo, che deborda dal margine anteriore del fegato ed è rivestito di peritoneo, un corpo, adagiato nella fossa cistica a cui aderisce tramite connettivo e vasi che si portano da esso al fegato (gruppo cistico di vene accessorie) e un collo, a profilo si S italica, che termina nel dotto cistico. Internamente, inferiormente all’imbocco del dotto cistico, è presente una piccola tasca a fondo cieco che prende il nome di infundibulo.
Il dotto cistico ha una lunghezza molto variabile, in genere di 4 cm, e si estende dal collo della cistifellea fino all’incontro con il dotto epatico comune compreso nel legamento epatoduodenale. La mucosa ha la caratteristica di essere sollevata in una piega spiraliforme, denominata valvola spirale.
Vascolarizzazione:
Innervazione:
Struttura: la cistifellea risulta costituita di tre tonache:
Il dotto cistico ha struttura simile a quella delle altre parti delle vie biliari, formato cioè da una tonaca mucosa e una fibromuscolare che si solleva, assieme alla mucosa, a delimitare la valvola spirale. Sono presenti nella lamina propria della mucosa delle ghiandole biliari.
La bile è un liquido secreto dagli epatociti che si riversa nei capillari biliari e da qui raggiunge il duodeno. Essa viene modificata durante il suo tragitto e all’interno della cistifellea per fenomeni di secrezione e di assorbimento.
Essa ha due funzioni: a livello intestinale, facilita la digestione dei lipidi, mantiene il trofismo della mucosa e contribuisce alla funzione difensiva grazie al suo contenuto di IgA; a livello sistemico, la bile contribuisce all’eliminazione dei cataboliti endogeni e d esogeni (come farmaci) ed è fondamentale per il metabolismo del colesterolo.
Il pancreas è una voluminosa ghiandola costituita da una parte esocrina fondamentale per la digestione e la neutralizzazione del pH del chimo uscito dallo stomaco, che riversa il suo prodotto nel duodeno tramite il condotto pancreatico principale e quello accessorio, ed una endocrina (isolotti pancreatici o di Langerhans).
Misura circa 17-20 cm di lunghezza, 4-5 di altezza, 2-3 di spessore e pesa circa 70-80 grammi; di colore grigio-roseo ha consistenza molle e friabile.
È situato in posizione retroperitoneale al limite tra lo spazio sovramesocolico e sottomesocolico. L’asse maggiore è orientato leggermente in obliquo verso l’alto e verso sinistra davanti alle prime due vertebre lombari che causano un leggero incurvamento a convessità anteriore dell’organo.
Si possono distinguere nel pancras:
incrocia nel suo decorso i corpi delle prime due vertebre lombari. La faccia anteriore, convessa, corrisponde allo stomaco, quella posteriore, concava, si adatta alla colonna vertebrale stabilendo rapporti con aorta, vena cava, arteria mesenteriale superiore, mesenterica inferiore, la vena renale sinistra, il surrene sinistro ed il polo superiore del rene sinistro; qui si trovano anche una serie di linfonodi retropancreatici. Sul margine superiore sono presenti due profonde incisure in cui decorrono arteria e vena lienale, mentre il margine inferiore è coperto dalla radice del mesocolon trasverso.
I mezzi di fissità del pancreas sono rappresentati dal duodeno che ne accoglie la testa, dal peritoneo parietale posteriore e dal legamento pancreatico lienale.
Il prodotto esocrino del pancreas si versa nella seconda porzione del duodeno (a livello delle papille duodenali maggiore e minore) attraverso due dotti escretori:
Vascolarizzazione:
Innervazione:
Struttura: la parte esocrina del pancreas, deputata alla produzione del succo pancreatico, è composta da unità secernenti sierose con struttura acinosa ramificata. Il parenchima risulta strutturato in lobuli delimitati da lamine connettivali derivanti dalla capsula esterna dell’organo e che portano nel loro spessore anche vasi, nervi e condotti escretori. Ogni acino è formato da una fila di cellule alte e piramidali poggianti su una lamina basale di fibre collagene su cui poggiano anche cellule di forma stellata e natura contrattile (cellule a canestro) simili a quelle parotidee. Le cellule acinose contengono al loro interno un nucleo sferico con apparato del Golgi apicale e un ricco RER formato da cisterne parallele nella porzione basale atto alla produzione di un secreto di natura proteica poi concentrato nelle cisterne del Golgi in un materiale denso e granulare lo zimogeno che viene poi esocitato nel lume dell’acino. Quest’ultimo può essere occupato da cellule non secernenti detto cellule centroacinose che si pensa abbiano la funzione di sostituire gli elementi ghiandolari quando non più in grado di svolgere la propria funzione. I granuli di zimogeno contengono enzimi inattivati capaci di digerire lipidi, zuccheri, proteine e acidi nucleici e che vengono attivati quando raggiungono il duodeno.
La secrezione del pancreas avviene di continuo a livello modesto ma è resa notevolmente attiva da stimoli ormonali, forniti dalla secretina e dalla pancreozimina secrete dal duodeno e che poi raggiungono il pancreas per via ematica, e da stimoli nervosi parasimpatici portati dal vago. Dal lume degli acini, delimitato ulteriormente dalle cellule centroacinose in un condottino intraacinoso, il prodotto pancreatico passa in un contotto intercalare o preterminale, differente da quelli parotidei per l’assenza delle striature e dell’attività di riassorbimento, ad epitelio più alto che confluiscono nei condottini intralobulari che a loro volta confluiscono nel condotto pancreatico principale ed in quello accessorio. La parete di questi ultimi è
costituita da uno strato di cellule epiteliali cilindriche poggianti su una membrana basale, e da una tonaca fibromuscolare con intercalate piccole ghiandole mucose.
Fonte: http://hostweb3.ammin.uniss.it/documenti/Riassunti_Di_Anatomia.pdf
Sito web da visitare: http://hostweb3.ammin.uniss.it/
Autore del testo: L.Varia
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