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La struttura microscopica del tubo digerente, si può schematizzare così: a partire dal lume dell'organo, una sezione trasversa evidenzia la tonaca mucosa che è costituita da un epitelio specia- lizzato di varia forma e spessore e da uno strato connettivale sottostante, la tonaca propria; al di sotto della tonaca propria, si trova la muscularis mucosae; al di sotto si trova la tonaca sottomu- cosa, di struttura connettivale più o meno lassa, con vasi, nervi e linfatici; esternamente a questa c'è la tonaca muscolare, in genere costituita da strati (uno interno circolare e uno esterno longitudinale
La lingua è costituita da uno scheletro fibroso e da muscoli striati intrinseci ed estrinseci che si incrociano ad angolo retto. Delle parti libere, l'inferiore è liscia, mentre la superiore presenta anteriormente delle papille e posteriormente dei rilievi maggiori. Il confine tra il corpo e la radice della lingua è dato dalla V linguale, che rappresenta il limite tra corpo e radice della lingua. La mucosa è formata da epitelio pavimentoso stratificato non cheratinizzato che aderisce tenacemente alla sottostante massa muscolare, specie in corrispondenza della superficie dorsale del corpo, dove la sottomucosa è praticamente assente. La sottomucosa è presente solo sulla superficie inferiore. Sulla faccia superiore del corpo della lingua si distinguono le papille linguali, che sono di 4 tipi:
composte, funzione di lavaggio). Sulla superficie apicale l'epitelio è liscio e lateralmente sono presenti molti calici gustativi (fino a 250 ca.).
I calici gustativi hanno forma ovalare, colore chiaro, situati nello spessore dell'epitelio sulla del quale superficie si aprono con il poro gustativo. Costituiti da 3 tipi principali di cellule (di sostegno, neuroepiteliali e basali) che protrudono nel poro gustativo con grossi microvilli. Non esistono diffe- renze morfologiche tra i calici benché esista una diversità funzionale fra le papille in cui si trovano. Esistono 4 sensazioni gustative: dolce, amaro, acido, salato.
La faccia dorsale della radice è diversa rispetto a quella del corpo ed ha un aspetto irregolare per la presenza di sporgenze di follicoli linfoidi ricoperti di epitelio pavimentoso stratificato (nella tonaca propria) che formano la tonsilla linguale. Sulla faccia inferiore del corpo, la tonaca mucosa è liscia e sottile e permette il rapido assorbimento dei farmaci.
La lingua presenta anche ghiandole tubulo-acinose composte, a secrezione sierosa, mucosa o mista.
Innervazione della lingua:
sensibilità generale della radice: nervo glossofaringeo
sensibilità generale del corpo: nervo linguale (ramo della branca mandibolare del nervo trigemino)
sensibilità gustativa dei calici gustativi delle papille circumvallate e foliate: nervo glossofaringeo
sensibilità gustativa dei calici gustativi delle papille fungiformi: corda del timpano, ramo del nervo faciale
muscolare: nervo ipoglosso
Vascolarizzazione: arteria linguale
Tonaca avventizia: connettivo lasso che collega la superficie esterna dell'esofago con gli organi vicini.
Tonaca sierosa: solo nel tratto addominale.
Ghiandole esofagee (sottomucose) propriamente dette sono tubuloacinose ramificate a se- crezione mucosa, situate nella sottomucosa; l'epitelio dei dotti escretori piccoli è cilindrico semplice e dei grandi è pavimentoso pluristratificato. Possono dare cisti della mucosa.
Ghiandole esofagee cardiache sono simili alle cardiache dello stomaco; variabili e a volte assenti; solo nella t. propria della mucosa; sono semplici ramificate formate da cellule cilindriche. A volte presenti isole di mucosa gastrica.
Anatomia microscopica - Nel vivente la mucosa gastrica appare grigio-rosea, tranne che nel cardias dove è più pallida. La superficie interna presenta pieghe che, come per l'esofago, sono dovute all'azione della muscularis mucosae ed anche al sollevamento della sottomucosa. La parete è formata da una tonaca mucosa, una tonaca sottomucosa e una tonaca muscolare, cui segue la sierosa.
La tonaca mucosa è formata da minuti rilievi del diametro di circa 2-6 mm, detti aree gastriche. Ciascuna area presenta aperture di piccole cavità dette fossette gastriche, sul fondo delle quali si trovano le ghiandole gastriche. La tonaca mucosa è formata da epitelio di rivestimento, dalla tonaca propria e dalla muscularis mucosae.
L'epitelio di rivestimento si estende fino al fondo delle fossette ed è formato da cellule cilindriche alte, con rari microvilli ed è lo stesso in tutto l'organo. Nel citoplasma sono presenti numerosi granuli di muco, che viene liberato nel lume dell'organo per proteggere la superficie della mucosa dello stomaco dall'azione degli enzimi proteolitici.
La tonaca propria è formata da connettivo lasso, da linfociti, eosinofili, plasmacellule. Numerosi sono i capillari sanguigni.
Le ghiandole gastriche variano in morfologia a seconda della regione dello stomaco. Nella zona del cardias si trovano le ghiandole cardiache; nel fondo e nei 2/3 prossimali del corpo sono presenti le
ghiandole gastriche propriamente dette; infine nella regione pilorica si trovano le ghiandole piloriche.
La muscularis mucosae è formata da fibrocellule muscolari lisce che salgono tra le ghiandole verso la superficie e la loro contrazione favorisce la fuoriuscita del secreto dai tubuli e dalle fossette.
La tonaca sottomucosa aderisce intimamente alla mucosa e meno alla muscolare; è formata da connettivo elastico, con molti linfociti e vasi sanguigni; è presente espande il plesso nervoso sottomucoso (di Meissner).
La tonaca muscolare è molto spessa in tutta la parete e presenta, oltre allo strato longitudinale e quello circolare, anche uno strato obliquo, il più interno dei tre. Lo strato circolare costituisce nella regione pilorica, lo sfintere pilorico.
La tonaca sierosa è data da uno strato sottile di connettivo lasso ed è rivestita in superficie da mesotelio ed è in continuità con la sierosa del piccolo e del grande omento.
Anatomia microscopica - L'intestino tenue è costituito da tre segmenti (duodeno, digiuno e ileo) e
ha l'organizzazione generale della parete dell'esofago e dello stomaco. L’intestino tenue presenta una grande superficie epiteliale, data da pieghe, villi e microvilli.
Le pieghe sono le valvole conniventi (o di Kerckring), formate dalla sottomucosa che solleva in rilievi semilunari la mucosa intestinale. I villi sono rilievi di circa 0,5 mm della mucosa, ricoprono l'intera superficie della mucosa e sono più numerosi nel duodeno e nel digiuno. La motilità dei villi è assicurata dalla muscularis che invia nel loro contesto esili fascetti muscolari. I microvilli si trovano sulla superficie libera della maggior parte delle cellule dell'epitelio di rivestimento (al microscopio ottico. vengono detti orletto striato).
La tonaca mucosa comprende un epitelio di rivestimento, una tonaca propria e una muscularis mucosae.
L'epitelio di rivestimento è cilindrico semplice e risulta costituito da tre tipi di cellule:
La tonaca propria è costituita da connettivo lasso che costituisce l’asse del villo intestinale, nel quale sono presenti le ramificazioni più sottili dei vasi mesenterici superiori . Nei villi che hanno forma conica si trova in genere un vaso linfatico centrale, vaso chilifero, che inizia a fondo cieco in corrispondenza dell'apice dei villi stessi. Questo vaso si porta in profondità, confluendo in una rete di collettori linfatici. I vasi linfatici rappresentano la via preferenziale dell'assorbimento lipidico, mentre le sostanza idrosolubili seguono la via ematica. Le ghiandole intestinali (o cripte di Lieberkühn), che sono presenti nella tonaca propria di tutto l'intestino e sono ghiandole tubulari semplici. Nella loro metà superiore sono rivestite da epitelio cilindrico basso costituito da enterociti e da cellule caliciformi, mentre nella metà inferiore presentano cellule meno differenziate, fondamentali per la rigenerazione dell'epitelio intestinale (il turnover fisiologico del villo intestinale si completa nel giro di circa 3 giorni). Nel fondo delle ghiandole intestinali del digiuno e dell'ileo sono presenti le cellule di Paneth. Queste cellule possiedono grossi granuli di secrezione costituiti da lisozima, un enzima ad azione antibatterica con funzione regolativa della flora batterica intestinale. Nella tonaca propria del tenue sono presenti numerosi noduli linfatici. Nel duodeno e nel digiuno, sono isolati, di piccole dimensioni ed occupano solo la tonaca propria; nell'ileo, invece,
sono di dimensioni maggiori e formano dei noduli, estendendosi fino alla sottomucosa. Formazioni di tessuto linfoide sono visibili ad occhio nudo come rilievi bassi e più o meno circolari e sono detti placche di Peyer, presenti soprattutto nell'ileo. La muscularis mucosae è costituita da una strato circolare interno e da uno strato longitudinale esterno.
La tonaca sottomucosa è simile a quella dello stomaco. Nel duodeno presenta le ghiandole duodenali (o sottomucose di Brunner), tubulari composte e di struttura simile a quella delle ghiandole piloriche, i cui dotti attraversano la muscularis mucosae per aprirsi nei fondi delle ghiandole intestinali. Queste ghiandole producono muco alcalino, il cui ruolo funzionale è contrastare l’acidità del chimo proveniente dallo stomaco.
La tonaca muscolare è formata da uno strato interno circolare e da uno esterno longitudinale e fra essi è localizzato il plesso nervoso mienterico (di Auerbach).
La tonaca sierosa è data dal foglietto viscerale del peritoneo e costituisce il mesentere.
Anatomia microscopica - Gli strati, procedendo dall'interno all'esterno, sono sempre gli stessi. La tonaca mucosa, non presentando né pieghe né villi, appare liscia ed è rivestita da un epitelio cilindrico semplice provvisto di microvilli.
Nella tonaca propria sono presenti le ghiandole intestinali tubulari rettilinee, costituite soprattutto da cellule caliciformi e argentaffini. Sono presenti anche noduli linfatici solitari. La muscularis mucosae è ben sviluppata.
La tonaca sottomucosa è analoga a quella del tenue e contiene il plesso nervoso sottomucoso (di Meissner).
La tonaca muscolare differisce da quella del tenue per la disposizione dello strato esterno che si raccoglie in tre spesse bande longitudinali, dette tenie coliche.
La sierosa nella porzione libera dell'organo presenta le appendici epiploiche, protuberanze di grasso e nelle parete intestinale priva di peritoneo è sostituita dall'avventizia.
Anatomia microscopica - L'ampolla rettale ha struttura analoga a quella del colon, mentre diversità si riscontrano a livello del canale anale. A circa 2 cm dall'apertura anale, l'epitelio da cilindrico semplice diventa infatti pavimentoso pluristratificato: questa è la zona di transizione tra la mucosa e la cute.
Al di sotto del rivestimento peritoneale, il fegato è rivestito da una capsula fibrosa che, a livello dell’ilo epatico, penetra nell'organo accompagnando vasi, condotti biliari e nervi destinato all’organo e viene quindi detta capsula fibrosa perivascolare di Glisson (o glissoniana).
Organizzazione microscopica - In sezione il fegato presenta molte aree di forma grossolanamente poligonale (lobuli epatici) delimitate da un sottile strato connettivale che deriva dalla capsula di Glisson. Ogni lobulo è formato da numerose lamine cellulari formate da epatociti. Queste lamine si anastomizzano tra di loro e si presentano molto perforate, tanto da delimitare una sorta di labirinto di spazi irregolari. In questi spazi così delimitati è accolta una fitta rete di vasi (sinusoidi, vedi sotto) sanguigni a decorso tortuoso.
Il parenchima epatico, secondo la descrizione del lobulo classico, presenta dei lobuli di forma prismatica (pentagonale o esagonale), con le lamine cellulari e i sinusoidi disposti radialmente, cioè che convergono dalla periferia del lobulo verso il centro del lobulo stesso. Al centro del lobulo epatico è presente la vena centrolobulare (ramo terminale della vena epatica), nella quale sboccano tutti i sinusoidi contenuti nel lobulo epatico. La parete della vena centrolobulare appare cribrosa (cioè provvista di numerosi piccoli fori). Nello spazio interlobulare in corrispondenza degli angoli dei vari lobuli viene detto “spazio portale” e vi sono presenti un ramo dell'arteria epatica (arteria interlobulare), uno della vena porta (vena interlobulare) e da un condottino bilifero, avvolti da una guaina connettivale comune. L’insieme di queste tre strutture costituisce la triade portale. Dalla periferia di ogni lobulo epatico, il sangue proveniente dall’arteria interlobulare e dalla vena interlobulare passa nei sinusoidi epatici. Quindi il sangue che circola nei sinusoidi epatici è artero- venoso e scorre in direzione centripeta, cioè dalla periferia del lobulo verso la vena centrolobulare. Dalla vena centrolobulare poi il sangue confluisce nelle vene sottolobulari, e successivamente nelle vene epatiche che convogliano il sangue, a loro volta, nella vena cava inferiore.
Gli epatociti rappresentano la principale cellule del fegato non soltanto dal punto di vista quantitativo (circa il 75% del parenchima epatico), ma anche da quello funzionale. Essi infatti hanno un ruolo determinante nel metabolismo dei lipidi, delle proteine, dei carboidrati, nei processi di detossificazione di tossine e nella produzione della bile. Hanno una vita media di circa 150 giorni. Gli epatociti hanno forma poliedrica con sei o più facce con le quali o delimitano lo spazio di Disse (vedi sotto), o entrano in contatto con gli epatociti adiacenti delimitando i canalicoli biliari. Gli epatociti riversano la bile prodotta in spazi intercellulari (capillari, o canalicoli biliari) delimitati dalla giustapposizione di docce contigue scavate membrana plasmatica degli stessi epatociti. Dai capillari biliari, la bile poi confluisce in una serie di condottini intralobulari dotati di parete propria (colangioli) prevalentemente concentrati in prossimità degli spazi portobiliari. I
colangioli hanno un lume così stretto che è spesso difficile differenziarlo da quello delimitato dagli epatociti che con le loro docce formano i capillari biliari. Dai colangioli la bile fluisce nei dotti bi- liari interlobulari, che a loro volta confluiscono nei condotti (intra)epatici destro e sinistro.
Sinusoidi epatici - Sono capillari di ampio lume e decorso tortuoso che si presentano molto anastomizzati tra loro. In essi sono presenti cellule endoteliali, cellule di Kupffer e lipociti.
Le cellule endoteliali (che rappresentano circa il 25% del parenchima epatico) costituiscono la parete dei sinusoidi ed possiedono una certa attività di fagocitosi. La parete dei sinusoidi è discontinua per la presenza nell'endotelio di molti pori e fenestrature di dimensioni variabili. Queste aperture permettono al plasma, ma non agli elementi figurati del sangue, di raggiungere la membrana plasmatica degli epatociti.
Le cellule di Kupffer sono elementi di forma stellata, con spiccata attività fagocitaria.
I lipociti (o cellule di Ito) sono localizzati nello spazio perisinusoidale presente tra i sinusoidi e gli epatociti. Accumulano vitamina A ed hanno un ruolo nella presentazione dell’antigene e nei meccanismi di rigenerazione (fibrosi) a seguito di danno epatico.
Spazio perisinusoidale (di Disse) – È lo spazio extracellulare compreso tra la parete del sinusoide e parte della membrana plasmatica degli epatociti. In esso non è presente liquido interstiziale ma circola liberamente il plasma. Il plasma infatti, attraverso le fenestrature dell'endotelio dei sinusoidi, penetra nello spazio di Disse e giunge in contatto diretto con la superficie dell’epatocita.
Le superfici degli epatociti che delimitano lo spazio di Disse (poli vascolari) presentano numerosi microvilli che sporgono nello spazio stesso. Le superfici degli epatoci che delimitano i capillari di secrezione biliari (poli biliari) sono pianeggianti e strettamente ravvicinate, ad eccezione delle parti in cui sono presenti delle piccole depressioni a forma di doccia. Queste, accostate a formazioni analoghe degli epatociti adiacenti delimitano la parete del capillare biliare. Le superfici che delimitano il capillare biliare presentano molti microvilli e sono separate dagli spazi intercellulari adiacenti da complessi di giunzione. In condizioni normali non deve esistere comunicazione tra il polo biliare e quello vascolare.
La parete della colecisti (o cistifellea) è costituita da una tonaca mucosa, di una tonaca muscolare e di una sierosa incompleta. La tonaca mucosa appare sollevata in numerosissime pieghe. L'epitelio di rivestimento è formato da un monostrato di cellule cilindriche provviste di microvilli, simili per struttura e funzione agli enterociti. La cistifellea infatti non soltanto accoglie la bile prodotta dal fegato, ma soprattutto provvede alla sua concentrazione tramite l’assorbimento di parte dell'acqua in essa contenuta. La tonaca muscolare è direttamente in rapporto con la tonaca mucosa, senza interposizione di sottomucosa. Le fibrocellule muscolari lisce, alternate a fibre elastiche, non sono
molto abbondanti ma assumono un decorso prevalentemente longitudinale negli strati più interni e obliquo in quelli più esterni dove, al di sotto della sierosa, contribuiscono a formare un intreccio ad andamento spirale.
L’unità funzionale del rene è il nefrone, costituito da un corpuscolo renale di Malpighi (formato dalla capsula glomerulare e da un gomitolo vascolare detto glomerulo renale) e da un tubulo renale. I corpuscoli renali si trovano nella corticale (i raggi midollari e colonne renali) e sono assenti nella cortex corticis e nella midollare. Si distinguono nefroni corticali (85%), con un corpuscolo più piccolo posto nella parte periferica della corticale e con un tubulo più breve, e nefroni iuxta- midollari, con un corpuscolo più voluminoso localizzato vicino alla midollare e con un tubulo molto lungo. L'estremità prossimale dei tubuli è dilatata e invaginata a formare una sorta di calice a doppia parete intorno al glomerulo e viene detta capsula glomerulare (o di Bowman). Questa è quindi costituita un foglietto esterno (parietale) e un foglietto interno (viscerale) che delimitano uno spazio capsulare (o spazio di Bowman). Nei corpuscoli si distinguono un polo vascolare e un polo urinario. Attraverso il polo vascolare, un'arteriola afferente penetra nel corpuscolo renale. L’arteriola afferente, prima di entrare nel corpuscolo renale, presenta le cellule iuxtaglomerulari, le quali rappresentano una differenziazione della tonaca media che entra nella costituzione dell'apparato iuxtaglomerulare (vedi sotto). Nell’ambito del corpuscolo renale l’arteriola afferente si divide formando una rete mirabile arteriosa data da numerosi capillari (glomerulo), che vanno poi riunendosi a formare l'arteriola efferente, la quale esce dal corpuscolo sempre attraverso il polo vascolare. Ancora a livello del polo vascolare, il foglietto parietale si riflette in quello viscerale che va prendere rapporto con i capillari del glomerulo. All'estremità opposta di quello vascolare si trova il polo urinario, da dove il foglietto parietale si continua con il tubulo renale. Mentre il foglietto parietale della capsula di Bowman è dato da epitelio pavimentoso semplice (epitelio capsulare), il foglietto viscerale (o glomerulare) è formato da un monostrato di cellule epiteliali dette podociti, che da un lato delimita lo spazio di Bowman e dall'altro è in rapporto con i capillari glomerulari. I podociti hanno forma stellata e possiedono numerosi e lunghi prolungamenti, chiamati pedicelli, con i quali avvolgono i capillari glomerulari. I pedicelli si interdigitano tra loro così da formare spazi intercellulari definiti fessure di filtrazione. L'endotelio dei capillari è costituito da un unico strato di cellule pavimentose provviste di fenestrature di maggiori dimensioni rispetto a quelle dell'endotelio di altre regioni del corpo. Riassumendo, l’insieme dato (1) dall'endotelio fenestrato,
(2) dalla lamina basale (è lo strato più spesso e privo di discontinuità) e (3) dalle fessure di filtrazione costituisce la cosiddetta barriera di ultrafiltrazione. Nel glomerulo renale sono presenti anche le cellule del mesangio, che sono in contatto tramite la lamina basale sia con l'endotelio che con i pedicelli. Le cellule mesangiali sono capaci, contraendosi e rilasciandosi, di regolare il calibro dei capillari e sono dotate di attività fagocitaria utile a liberare la membrana basale dalle grandi proteine depositate durante il processo di filtrazione.
Nel tubulo renale si distinguono tre porzioni: il tubulo prossimale, l’ansa di Henle e il tubulo distale.
Il tubulo prossimale origina dal polo urinario, e assume un andamento tortuoso (segmento contorto o convoluto) nella parte convoluta della corticale; nella sua parte terminale diventa rettilineo (segmento rettilineo), penetra nel raggio midollare e prosegue nell'ansa di Henle. La parete del tubulo prossimale è data da un epitelio cubico o cilindrico semplice provvisto di lunghi microvilli.
L'ansa di Henle (o del nefrone) è rivestita da epitelio pavimentoso semplice, privo di orletto a spazzola; sono presenti solo brevi e rari microvilli. In essa si riconosce un braccio discendente e rettilineo, un'ansa vera e propria e un braccio ascendente, parallelo al discendente e che prosegue nel segmento rettilineo del tubulo distale. Il passaggio tra segmento rettilineo del tubulo prossimale e braccio discendente dell'ansa di Henle si distingue bene per l’improvvisa riduzione del calibro tubulare e da modificazioni della struttura dell'epitelio. Anche il passaggio fra ansa e segmento retti- lineo del tubulo distale avviene altrettanto in maniera improvvisa ed è caratterizzato dall'aumento del calibro tubulare in conseguenza del brusco aumento di altezza dell'epitelio. Le anse di Henle del nefrone corticale sono brevi e sono accolte quasi del tutto nei raggi midollari, mentre quelle dei nefroni iuxtamidollari risultano più lunghe e discendono profondamente nelle piramidi renali raggiungendo la porzione più interna della midollare.
Il tubulo distale presenta dapprima con decorso rettilineo (segmento rettilineo) e risale da un raggio midollare verso la parte convoluta della corticale. Ciascun tubulo raggiunge il polo vascolare del proprio corpuscolo renale di origine, con il quale contrae intimo rapporto. A tale livello si va ad interporre tra le arteriole afferente e efferente del corpuscolo, dove presenta la macula densa, ovvero una modificazione particolare delle cellule epiteliali che fa parte dell'apparato iuxtaglomerulare (vedi sotto). Il tubulo distale assume poi un decorso tortuoso (segmento contorto o convoluto) e termina con un tratto reuniente in un vicino dotto collettore. Il tubulo distale è formato da un epitelio cubico semplice con solo brevi e rari microvilli.
L'apparato iuxtaglomerulare è formato dalla macula densa del tubulo distale, dal mesangio extraglomerulare, e dalle cellule iuxtaglomerulari dell'arteriola afferente. La macula densa è rappresentata da cellule del tratto di parete del tubulo distale in diretto rapporto con il polo vascolare del corpuscolo renale di origine, più precisamente con quella porzione dell'arteriola afferente dove sono situate le cellule iuxtaglomerulari. Dal punto di vista morfologico la macula densa rappresenta il punto di passaggio fra il segmento rettilineo e quello convoluto del tubulo distale. Dal punto di vista funzionale è un chemocettore in grado di rilevare la concentrazione di NaCl nel liquido tubulare e di trasmettere, per via umorale e con un meccanismo di controllo a feedback, lo stimolo alle cellule iuxtaglomerulari. Il mesangio extraglomerulare è rappresentato da
un gruppetto di cellule situate nello spazio compreso tra le due arteriole, afferente ed efferente, in diretto rapporto con le cellule iuxtaglomerulari e con la macula densa. Sono in continuità con le cellule del mesangio intraglomerulare e si ritiene che possano agire come elementi mediatori tra la macula densa e le cellule iuxtaglomerulari. Le cellule iuxtaglomerulari sono una o più file di cellule muscolari lisce con citoplasma ricco di mitocondri e vescicole contenenti renina, situate nella parete dell'arteriola afferente, prima che questa penetri nel corpuscolo. Le cellule iuxtaglomerulari rilasciano la renina, un enzima del sistema renina-angiotensina-aldosterone che rappresenta un importante meccanismo ormonale capace di regolare la pressione sanguigna, il volume plasmatico circolante (volemia) ed il tono della muscolatura arteriosa. La renina rilasciata converte l’angiotensinongeno in circolo in angiotensina I, la quale viene trasformata a livello polmonare in angiotensina II. Quest’ultima è capace di favorire: (1) il rilascio di ADH da parte della neuroipofisi;
(2) il rilascio di aldosterone da parte della corticale del surrene; (3) l’incremento della pressione arteriosa tramite la vasocostrizione arteriolare; (4) il riassorbimento del Na+ e di acqua da parte del tubulo renale; (5) l’incremento dell’ortosimpatica.
Struttura dei dotti escretori - I dotti collettori ricevono, dopo un breve tratto reuniente, lo sbocco dei nefroni e decorrono rettilinei nei raggi midollari raggiungendo le piramidi midollari e confluiscono a formare i dotti papillari. Hanno un epitelio cubico semplice che diventa cilindrico nei dotti papillari.
L'ipofisi è una ghiandola endocrina localizzata alla base dell’encefalo, col quale è connessa tramite il peduncolo ipofisario. E' accolta nella sella turcica dell'osso sfenoide, al di sotto del diaframma della sella della dura madre. L'ipofisi è costituita da due lobi diversi per origine embriologica e struttura: il lobo posteriore (di origine nervosa, o neuroipofisi) ed il lobo anteriore (di origine ghiandolare o adenoipofisi). La neuroipofisi è di derivazione nervosa in quanto origina come estroflessione verso il basso del pavimento del diencefalo. La neuroipofisi è costituita dal processo infundibolare, o neuroipofisi in senso stretto, dal peduncolo infundibolare e dall'eminenza mediana, prolungamento imbutiforme del tuber cinereum. L'adenoipofisi invece è di natura ghiandolare in quanto deriva da un diverticolo (tasca del Rathke) della volta della faringe primitiva. L'adenoipofisi circonda anteriormente ed ai lati la neuroipofisi e non è connessa al sistema nervoso centrale. Si divide in pars distalis, pars tuberalis e pars intermedia. Il peduncolo ipofisario rappresenta la porzione soprasellare della ghiandola ed è costituito dall'eminenza mediana, dal peduncolo infundibolare e dalla pars tuberalis.
Adenoipofisi - La pars distalis dell'adenoipofisi è formata da cellule endocrine che producono diversi ormoni. Le cellule somatotrope producono l'ormone somatotropo (GH). Tale ormone controlla l'accrescimento corporeo agendo a livello delle cartilagini di coniugazione delle ossa lunghe. Le cellule prolattiniche producono l'ormone essenziale per l'allattamento, la prolattina (PRL). Le cellule tireotrope producono l'ormone tireotropo (TRH), che stimola la produzione ormonale della tiroide. Le cellule gonadotrope producono gli ormoni follicolo-stimolante (FSH) e luteinizzante (LH), detti anche gonadotropine ipofisarie, i quali agiscono sia sulle gonadi maschili che su quelle femminili. Altre cellule producono l’ormone adrenocorticotropo (ACTH), che controlla il trofismo e l'attività ormonale della corteccia surrenale. La pars tuberalis e la pars intermedia dell'adenoipofisi l'ormone MSH, o melanocita-stimolante, che controlla la produzione di melanina da parte dei melanociti. L'attività endocrina dell'adenoipofisi è controllata dall’ipotalamo tramite dei veri e propri ormoni detti fattori di rilascio ("releasing factors") o fattori inibitori del rilascio ("release-inhibiting factors"). Questi fattori vengono sintetizzati per ciascun ormone adenoipofisario da particolari nuclei ipotalamici e sono trasportati per via asso-plasmatica fino all'eminenza mediana, dove vengono infine rilasciati nel letto capillare infundibolare. I capillari infundibolari derivano da arterie ipofisarie (ramificazioni dell'arteria carotide interna) e confluiscono in vene che, a loro volta, si capillarizzano nuovamente a livello dell'adenoipofisi. Si viene così a formare un vero e proprio sistema portale, cioè una rete vascolare caratterizzata due capillarizzazioni poste in serie tra loro, che nel caso dell’ipofisi viene detto sistema portale
ipotalamo-ipofisario. Tramite tale sistema portale l’ipotalamo, con i suoi fattori di regolazione, può controllare la secrezione ormonale dell'adenoipofisi. Peraltro, l'ipotalamo è in grado di rilevare i livelli ematici degli ormoni prodotti non soltanto dall’adenoipofisi (controllo a feed-back breve), ma anche di quelli secreti dalle ghiandole endocrine bersaglio dell'adenoipofisi stessa (controllo a feed- back lungo).
Neuroipofisi - La neuroipofisi è formata da fibre nervose mieliniche e da pituiciti. Le fibre nervose sono gli assoni di neuroni dei nuclei sovraottico e paraventricolare dell'ipotalamo. Queste fibre nervose formano il fascio ipotalamo-ipofisario e terminano nell'infundibolo, in rapporto con il plesso capillare presente a questo livello. I nuclei sovraottico e paraventricolare producono due ormoni: l'ossitocina e la vasopressina (o adiuretina). L'azione principale dell'ossitocina è la stimolazione della muscolatura liscia dell'utero, particolarmente nel travaglio e nel parto; è anche coinvolta nella capacità di empatia e di comprensione dello stato d'animo altrui e nel bonding (cioè il processo di formazione del legame tra i genitori e il loro bambino). La principale azione della vasopressina è quella di favorire il riassorbimento di acqua a livello dei tubuli renali, in corrispondenza del tubulo contorto distale e del tubulo collettore; la vasopressina è in grado di provocare vasocostrizione e aumento dei valori della pressione arteriosa.
L'ossitocina e la vasopressina vengono trasportati fino alla neuroipofisi per via assoplasmatica legati a proteine "carriers" chiamate neurofisine. La neuroipofisi rappresenta la sede di accumulo e di liberazione in circolo degli ormoni stessi e non la sede della loro produzione. I pituiciti sono cellule tipiche della neuroipofisi che non hanno funzione secretoria, ma vengono considerati elementi gliali.
La tiroide presenta un parenchima nel quale, ad opera di sepimenti connettivali che derivano da una capsula fibrosa propria che riveste la tiroide stessa, si possono distinguere aree dette lobuli. Per la presenza nel parenchima di numerose formazioni vescicolari dette follicoli, la tiroide viene definita come esempio di ghiandola endocrina follicolare. I follicoli, che possono avere una forma sferica o ovoidale, sono costituiti da una parete, data da un singolo strato di cellule follicolari dette tireociti, e da una cavità da essa delimitata. La cavità follicolare presenta al suo interno la colloide, la cui componente principale è la tireoglobulina, una glicoproteina prodotta dai tireociti che rappresenta la forma di accumulo degli ormoni tiroidei. In base alle loro dimensioni, da 50 fino a 500 micron, si possono distinguere microfollicoli e macrofollicoli. I microfollicoli hanno una parete formata da un epitelio cubico e contengono quantità variabili di colloide. Si tratta di follicoli iperfunzionanti, cioè di follicoli nei quali i tireociti sono impegnati a riversare in circolo gli ormoni tiroidei. L’attività della tiroide è finemente regolata da meccanismi a feedback che consentono di mantenere un equilibrio tra la produzione e l’utilizzo degli ormoni tiroidei. L’asse principale che controlla la funzione della tiroide è l’asse ipotalamo-ipofisario. L’ipotalamo, sotto l’influenza di stimoli nervosi, rilascia fattori che prendono il nome di fattori di rilascio delle tropine ipofisarie, in questo caso il TRH (ormone tireotropo). Il TRH va ad agire sull’ipofisi inducendo il rilascio di TSH (ormone tireostimolante). Il TSH a sua volta agisce sulla tiroide inducendo la sintesi degli ormoni tiroidei T3 (triiodotironina) e T4 (tiroxina o tetraiodotironina). In caso di necessità da parte dell'organismo, i tireociti riassorbono parte della colloide, ovvero di tireoglobulina iodata, attraverso un meccanismo di micropinocitosi e tramite una successiva proteolisi della tireoglobulina, rilasciano nel torrente sanguigno il T3 e il T4, cioè gli ormoni tiroidei nella loro forma attiva. I macrofollicoli hanno invece una parete costituita da un epitelio molto appiattito e sono dei follicoli ipofunzionanti, nei quali cioè la colloide viene accumulata. Tra queste due forme estreme di follicoli esistono tuttavia tutta una serie di tipi intermedi di follicoli nei quali dimensioni, caratteri dell'epitelio e della colloide variano.
Un altro tipo di cellule endocrine presenti nella tiroide è rappresentato dalle cellule parafollicolari, così dette per la particolare posizione che occupano nell’ambito del parenchima tiroideo. Esse infatti si trovano tra i tireociti, nel contesto della parete del follicolo, ma non entrano mai in contatto con la colloide. Queste cellule sono dette anche cellule C poiché producono calcitonina, ormone con funzione ipocalcemizzante capace di inibire la liberazione di calcio da parte del tessuto osseo e che ha quindi un'azione antagonista a quella del paratormone, ormone prodotto dalle ghiandole paratiroidi.
Il parenchima paratiroideo è formato da cordoni cellulari in cui si distinguono due tipi di elementi: le cellule principali e le cellule ossifile.
Le cellule principali sono più numerose, piccole, rotondeggianti, con un citoplasma che può avere un aspetto chiaro, pallido o scuro, a seconda del loro stato funzionale. Infatti, una cellula in secrezione attiva avrà un ricco apparato del Golgi, numerose vescicole e piccoli granuli che rendono il citoplasma più scuro, rispetto ad una cellula inattiva che avrà, oltre a dimensioni maggiori, un citoplasma chiaro. Le cellule principali secernono paratormone, un ormone ipercalcemizzante con funzioni antagoniste rispetto alla calcitonina secreta dalle cellule parafollicolari della tiroide (vedi sopra). Anche le cellule principali delle paratiroidi vengono comprese nel sistema APUD.
Le cellule ossifile compaiono intorno ai 5-6 anni e aumentano alla pubertà. Si raggruppano in ammassi circoscritti e vengono considerate uno stadio funzionale delle cellule principali; si distinguono forme tipiche, forme di transizione e forme in degenerazione.
La corticale è formata da cordoni cellulari disposti a configurare tre zone distinte che, dalla capsula verso la midollare, sono: la zona glomerulare, la zona fascicolata e la zona reticolare.
La zona glomerulare (15% dello spessore della corticale) ha cordoni cellulari di cellule cilindriche avvolti su se stessi e che formano gomitoli separati da capillari. Questa zona secerne ormoni mineralcorticoidi (aldosterone e desossicorticosterone), che sono ormoni steroidi che agiscono sul ricambio idrosalino favorendo il riassorbimento degli ioni Na+ e inibendo quello degli ioni K+ a livello della parte convoluta distale dei tubuli renali. La produzione glomerulare di aldosterone è sotto il controllo del sistema renina-angiotensina, anche se l'ACTH svolge una azione trofica.
La zona fascicolata (75% dello spessore della corticale) è formata da cellule voluminose e poliedriche disposte in cordoni che decorrono parallelamente tra loro e perpendicolarmente alla superficie, circondati da capillari anch'essi a decorso rettilineo. Le cellule della fascicolata producono ormoni glucocorticoidi. Nell’uomo il più importante glucocorticoide è il cortisolo. Questi ormoni agiscono sul mantenimento di livelli di glicemia adeguati alle necessità fisiologiche, tramite l’attivazione della neoglucogenesi (neosintesi endogena di glucosio a partire da precursori non carboidratici, es. proteine) epatica. Gli ormoni glucocorticoidi hanno inoltre funzione antiflogistica, antiallergica, linfocitolitica (soprattutto verso i linfociti T). La fascicolata è molto sensibile all'ACTH e si inserisce nel sistema a feed-back con l'ipofisi e l'ipotalamo.
La zona reticolare (10% dello spessore della corticale) è posta al limite con la midollare ed è formata da cordoni cellulari anastomizzati a rete. Le cellule hanno forma poliedrica e sono relativamente piccole. La zona reticolare è deputata alla sintesi degli ormoni androgeni. La reticolare è molto sensibile all'ACTH e si inserisce nel sistema a feed-back con l'ipofisi e l'ipotalamo.
La midollare del surrene si trova nella profondità della ghiandola surrenalica, totalmente circondata dalla corticale, ed è costituita da cordoni cellulari tra i quali si estende una ricca rete di sinusoidi. Le cellule della midollare sono più voluminose di quelle corticali, presentano granuli di catecolamine nel citoplasma e vengono dette cromaffini per la caratteristica reazione cromaffine (o feocroma), cioè la capacità di colorarsi in bruno in presenza di sali di cromo che il citoplasma stesso presenta. Sulla base di alcune caratteristiche istochimiche e ultrastrutturali dei granuli si identificano due tipi di cellule midollari: cellule produttrici di noradrenalina (o norepinefrina) e cellule produttrici di adrenalina (o epinefrina).
Cellule produttrici di noradrenalina; in queste cellule i granuli presentano reazione positiva allo iodato di potassio, sono cioè capaci di ridurre gli iodati formando un precipitato bruno; sono
inoltre autofluorescenti. La noradrenalina rappresenta circa il 20% delle catecolamine prodotte dalla midollare del surrene.
Cellule produttrici di adrenalina; in queste cellule i granuli, meno numerosi e più piccoli di quelli delle cellule producenti noradrenalina, non presentano la reazione allo iodato di potassio, né sono autofluorescenti. L’adrenalina rappresenta circa l’80% delle catecolamine prodotte dalla midollare del surrene.
La midollare del surrene riceve input dal sistema nervoso ortosimpatico tramite assoni pregangliari di neuroni situati nel tratto toracico della sostanza grigia del midollo spinale. La midollare del surrene viene quindi considerata come un ganglio, peraltro modificato, del sistema nervoso ortosimpatico. Infatti, a differenza degli altri gangli ortosimpatici, le cellule della midollare riversano direttamente il secreto nel torrente sanguigno, essendo prive di dendriti e di assone.
La trachea e i due bronchi primari hanno la stessa struttura; il loro scheletro è formato in avanti e sui lati da 16-20 cartilagini ialine che hanno forma di C aperta dorsalmente, dove la parete è quindi membranosa. Le cartilagini tracheali sono contenute in una tonaca fibrosa che posteriormente, dove l'anello cartilagineo è incompleto, presenta una componente muscolare (muscolo tracheale). Le cartilagini sono separate da lamine fibro-elastiche, dette legamenti anulari. La parete della trachea presenta, dall’interno verso l’esterno, una tonaca mucosa, una tonaca sottomucosa e una tonaca fibrosa.
Trachea - La tonaca mucosa è costituita da epitelio di rivestimento e da una tonaca propria. L'epitelio di rivestimento è cilindrico pseudostratificato ciliato (le cilia vibratili creano un movi- mento che genera una corrente di muco diretta verso l'esterno). Tra le cellule ciliate sono presenti cellule mucipare caliciformi (presenti maggiormente nella trachea), cellule argentaffini (simili a tutti gli altri elementi del sistema APUD), cellule con orletto a spazzola (cioè dotate di microvilli e che potrebbero essere chemocettori) ed infine cellule basali. La lamina propria è formata da con- nettivo elastico, specie nella parte membranosa; presenta i condotti escretori delle ghiandole tracheali (vedi tonaca sottomucosa) e noduli linfatici.
La tonaca sottomucosa presenta le ghiandole tracheali, elementi tubulo-acinosi composti a secrezione sierosa, mucosa e mista. Nella parte membranosa sono presenti fascetti muscolari lisci a decorso trasversale (muscolo tracheale) che si inseriscono sulla faccia interna degli anelli tracheali o sui legamenti anulari interposti fra le cartilagini; dietro questi fascetti ne sono presenti altri, a de- corso longitudinale, che vanno dalla trachea all'esofago (muscolo tracheoesofageo).
La tonaca fibrosa, formata da connettivo denso ricco di fibre elastiche, circonda le cartilagini tracheali e, nell'intervallo tra questi, costituisce i legamenti anulari.
Bronchi - Prima che penetri nel polmone, ciascun bronco presenta la stessa struttura della trachea. Appena il bronco si approfonda nel polmone, gli anelli cartilaginei vengono sostituiti da placche cartilaginee, di forma irregolare, che lo circondano completamente. La cartilagine è di tipo ialino nelle placche più grandi e di tipo elastico nelle placche minori. La cartilagine scompare dalla parete del bronchiolo quando il diametro è di circa 1 mm. Quindi, a partire dai bronchi polmonari, si assiste alla progressiva diminuzione della componente cartilaginea e al contemporaneo aumento delle componenti elastica e muscolare; peraltro, i bronchi intrapolmonari sono cilindrici e non appiattiti dorsalmente come la trachea e i bronchi extrapolmonari. I bronchi sono rivestiti da una tonaca mucosa continua con quella della trachea; nei rami terminali un epitelio cubico semplice
privo di ciglia sostituisce l'epitelio cilindrico pseudostratificato ciliato dei rami maggiori; inoltre le cellule caliciformi divengono sempre più rare. Nei bronchioli lobulari sono presenti nell'epitelio le cellule bronchiolari (o di Clara): sono elementi cilindrici o cubici, privi di ciglia, che producono un secreto sieroso di natura tensioattiva che serve a mantenere fluido il muco prodotto dalle cellule mucipare e riversato nel lume dei bronchioli. Sotto la mucosa si trova uno strato di fibrocellule muscolari lisce che circondano il bronco, ma mai completamente come invece avviene nei vasi sanguigni e nell'intestino. In sezione, la mucosa del bronco appare sollevata in pieghe longitudinali proprio in conseguenza della contrazione di queste fibre. La tonaca sottomucosa rimane spessa dove sono presenti gli acini delle ghiandole bronchiali, simili a quelle della trachea e che si estendono per tutto il tratto dell'albero bronchiale in cui sono presenti le placche cartilaginee, scomparendo quindi nelle ramificazioni minori. Queste ghiandole sono del tutto simili a quelle descritte nella trachea. La tonaca fibrosa è formata da connettivo denso con fibre elastiche.
I bronchioli respiratori hanno un diametro di 0,5 mm e sono rivestiti all'inizio da epitelio privo di cellule caliciformi e costituito da cellule cilindriche ciliate che, a breve distanza dall'inizio del bron- chiolo, divengono cubiche basse. La parete è priva di cartilagine e contiene fibrocellule muscolari ed elastiche in fasci intrecciati. Il bronchiolo viene detto respiratorio perché presenta, lungo il suo decorso, di qualche alveolo. I bronchioli respiratori si ramificano subito, dando origine a 2-11 condotti alveolari.
I condotti alveolari sono difficile da evidenziare, hanno parete sottile e discontinua e sono circondati da evaginazioni a parete sottile, i sacchi e gli alveoli polmonari. Questi hanno forma po- liedrica e sono aperti solo in corrispondenza della parte della loro superficie rivolta verso il condotto alveolare.
Gli alveoli sono una sorta di sacchetti con una parete sottilissima. Una caratteristica importante delle pareti alveolari è la presenza di una fitta rete di capillari, così anastomizzata da formare maglie di diametro più piccolo del diametro dei vasi stessi. I setti che separano alveoli adiacenti sono detti setti interalveolari e presentano piccole aperture, dette pori alveolari (o di Kohn). L'epitelio alveolare è separato dall'endotelio capillare da una lamina basale continua ed è composto da due tipi di cellule: pneumociti di I tipo e di II tipo. I pneumociti di I tipo (o cellule epiteliali polmonari) sono cellule estremamente piatte e sottili e costituiscono un rivestimento quasi continuo della superficie interna dell'alveolo; sono le cellule responsabili degli scambi gassosi tra l’aria presente negli alveoli e il sangue dei capillari alveolari. I pneumociti di II tipo (o cellule settali o alveolari) hanno forma cubica rotondeggiante e sporgono nel lume dell'alveolo; sono disposte singolarmente o in piccoli gruppi di due o tre elementi. Nel citoplasma si ritrovano i corpi multilamellari, che sono strutture appaiono provviste di una membrana che circonda una serie di lamelle parallele o con-
centriche. I corpi multilamellari sono ricchi di fosfolipidi ad azione surfactante (o tensioattiva, che ha cioè la proprietà di abbassare la tensione superficiale di un liquido) che vengono riversati tramite un meccanismo di esocitosi nel lume dell’alveolo polmonare. Il surfactante prodotto dai pneumociti di II tipo è indispensabile per impedire il collabimento della parete alveolare durante la fase di espirazione. Oltre alle cellule epiteliali si possono trovare, nella parete dell'alveolo o nella cavità, macrofagi alveolari, elementi cellulari migranti provenienti dai setti interalveolari.
Al di sotto dell'epitelio alveolare si trova una lamina basale che, in più punti, si mette in contatto o si fonde con la lamina basale dei capillari alveolari.
I capillari alveolari fanno seguito ad arteriole precapillari che derivano da rami dell'arteria polmonare; dai capillari si formano venule postcapillari, che danno origine a venule polmonari. Il diametro dei capillari è tale (5-6 µm) che i globuli rossi passano uno per volta. La parete dei capillari è formata da endotelio continuo, privo di pori. La barriera aria-sangue risulta formata dall'epitelio alveolare, la lamina basale dell'epitelio, dalla lamina basale dell'endotelio e l'endotelio del capillare sanguigno. In alcuni punti le due lamine basali sono fuse e lo spessore della barriera varia da 0.2 a 0.7 µm.
Fonte: http://web.med.unipi.it/ruffoli/wp-content/uploads/sites/8/2014/03/ANAMICRO.pdf
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