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PHYLUM PORIFERA: LE SPUGNE
Tranne un centinaio di specie di acqua dolce, le spugne sono organismi che vivono nel mare a tutte le profondità.
Nelle acque dolci le spugne non sono voluminose e hanno l'aspetto di mucillagini grigie, che rivestono gli oggetti sommersi; per questo di solito sfuggono all'osservazione. Anche nel mare molte spugne rivestono oggetti rigidi, arrotondandone la forma, ma sono spesso colorate in rosso, verde, giallo o blu, per pigmenti propri o per la presenza di batteri simbionti colorati. Le spugne più voluminose non sono sempre ammassi informi, bensì presentano spesso forme proprie a calice, a coppa, a cono.
Le spugne non sono facilmente idenficabili come animali, infatti non hanno né capo né arti. Il corpo di una spugna è crivellato da piccoli canali intercomunicanti aperti verso l’esterno mediante pori che hanno dato il nome al phylum.
Alcune spugne hanno simmetria radiale, ma la maggior parte è asimmetrica.
Nei poriferi non ci sono tessuti (nel senso che questo termine ha negli animali) e tra le loro cellule i rapporti sono piuttosto liberi, sebbene ovviamente coordinati per il comune interesse. Se, infatti, si passa una spugna attraverso un setaccio, disgregandola, le sue cellule separate si riaggregano, ricostituendo, in capo a qualche settimana, una spugna funzionante.
La spugna tipica possiede quattro tipi fondamentali di cellule specializzate organizzate in due strati che non sono però considerati veri e propri tessuti poiché sono costituiti da vari tipi cellulari.
Lo strato esterno, chiamato epidermide, è costituito da cellule piatte ed è attraversato da cellule cilindriche a manicotto, chiamate porociti o porocanali, che permettono all’acqua di entrare nella cavità centrale dell’organismo. Quest’ultima comunica con l’esterno attraverso un ampio poro, detto osculo, delimitato da cellule flagellate.
Questa strategia spiega l'architettura e le dimensioni delle spugne. In quelle più piccole, che sono forse le più antiche, c'è una certa regolarità di costruzione; la forma è un tubo perforato, chiuso alla base, che poggia sul fondo, e aperto in alto, da dove viene espulsa l'acqua aspirata dai pori laterali. Nelle spugne di grandi dimensioni, oltre i 2 metri di diametro, la costruzione è molto irregolare e in pratica consiste in un ammasso di cellette aspiranti-filtranti, collegate da un reticolato di canali.
Subito sotto l’epidermide si trova un materiale gelatinoso chiamato mesenchima che contiene che contiene delle strutture dette spicole. Esse hanno due funzioni: offrono sostegno alle cellule conferendo alle spugne le loro forme particolari e contribuiscono a proteggerle dai predatori.
La cavità interna della spugna è tappezzata da cellule, molte delle quali flagellate, dette coanociti. I flagelli dei coanociti, vibrando, creano delle correnti d’acqua dai pori verso l’apertura principale e catturano particelle come alghe e detriti organici. L’acqua apporta anche ossigeno e allontana le sostanze di rifiuto.
Un quarto tipo di cellule trovato nelle spugne ha un aspetto ameboide; sono gli amebociti, che si spostano attraverso il mesenchima per mezzo di pseudopodi. Fra le loro funzioni c’è il trasporto di particelle alimentari dai coanociti alle cellule epidermiche e ai porociti e la costruzione di spicole.
La riproduzione delle spugne presenta varie modalità; come dimostra l'esperimento del setaccio.
Le spugne non rivelano esigenze di correlazione molto stretta tra parti diverse del loro corpo; alcune si riproducono semplicemente frammentandosi; i frammenti poi, allontanati dalle correnti, si fissano e rigenerano nuove spugne. Le parti di una spugna staccatesi da un organismo vengono sostituite per rigenerazione.
Una forma di riproduzione asessuata è la gemmazione, nel corso della quale dal corpo dell’adulto si formano piccoli gruppi di cellule che, staccandosi, danno origine ad un nuovo organismo. Le gemme possono rimanere attaccate alla spugna di origine, allargandola in varie direzioni, o possono staccarsi ed essere trascinate a fissarsi altrove, generando nuove spugne.
Un tipo particolare di riproduzione asessuata analoga alla gemmazione si verifica in molte spugne d’acqua dolce. Nel tardo autunno questi organismi producono delle gemmule, cioè delle passerelle di amebociti circondati da una parete resistente e in grado di non congelare d’inverno. In primavera la parete si dissolve e gli amebociti si differenziano in una nuova spugna.
La maggior parte delle spugne è ermafrodita, cioè produce sia uova che spermi. Essi non posseggono veri e propri organi riproduttori, ma le cellule germinali sono prodotte o da amebociti o da coanociti che vanno incontro a meiosi.
La riproduzione che però favorisce la maggiore diffusione delle spugne avviene con la produzione di due tipi di gameti — macrogamete e microgamete — che, nelle varie specie, avviene in individui diversi o nello stesso individuo. Nel primo caso diremo che la specie è diòica, dal greco di-oikos, cioè con due individui distinti che vivono insieme, uno dei quali produce il macrogamete e l'altro il microgamete; nel secondo caso la specie è detta monòica, ossia con un solo individuo, che produce entrambi i gameti. In generale i microgameti sono espulsi insieme con l'acqua filtrata; essi verranno poi eventualmente aspirati da altre spugne e finiranno sui colletti dei coanociti; da qui li raccoglieranno le cellule ameboidi, per portarli ai macrogameti. Gli zigoti che si formano in seguito alla singamia si riproducono formando una piccola sfera di cellule ciliate, che si libera dal corpo della spugna e può muoversi e migrare, prima di fissarsi e di dare origine a un nuovo esemplare, diffondendo così la specie nell'ambiente.
Le circa 5000 specie di spugne sono raggruppate in tre classi principali a seconda della loro struttura scheletrica, che può essere ricca di carbonato di calcio (Calcispongiae), oppure contenere spicole silicee (Hyalospongiae), o presentare, oltre alle spicole silicee, una sostanza proteica chiamata spongina (Demospongiae). Gli scheletri proteici di quest'ultimo gruppo, puliti ed asciugati, sono le “spugne naturali” che si trovano in commercio.
PHYLUM CNIDARIA: POLIPI E MEDUSE
Il phylum Cnidaria (polipi, meduse, anemoni di mare, coralli, gorgonie, madrepore) è costituito da animali gelatinosi, nei quali la forma adulta ha generalmente simmetria radiale. In questo tipo di simmetria le parti del corpo sono disposte intorno a un asse centrale, come i raggi intorno al mozzo di una ruota.
Gli cnidari, o celenterati, sono quasi tutti animali marini.
Le loro cellule, a differenza di quelle delle spugne, sono organizzate in tessuti distinti e le loro attività sono coordinate da un sistema nervoso. La struttura base del corpo è semplice: l'animale è essenzialmente un contenitore cavo che può essere o a forma di vaso (il polipo) o a forma di campana (la medusa). Il polipo è generalmente sessile e la medusa mobile. Entrambi sono costituiti da due strati di tessuto: epidermide e gastroderma. Fra i due strati è presente una sostanza gelatinosa, la mesoglea (“gelatina intermedia”), costituita da una so-stanza simile al collagene. Nella forma a polipo, la mesoglea è talvolta molto sottile o assente, nella medusa, rappresenta invece la parte prevalente dell'organismo. I due tessuti degli cnidari derivano da due tessuti embrionali, l'ectoderma e l'endoderma (dal greco ektós, “esterno”, ed éndon, “interno”). Poiché hanno due strati di tessuti embrionali, gli cnidari sono detti diblastici.
La loro organizzazione presenta due forme alternate di generazione, la cosiddetta metagènesi: a medusa e a polipo. In alcuni cnidari si passa dall'una all'altra forma, in un ciclo continuo di riproduzione, nelle quali la forma a polipo produce gemme, che si sviluppano in meduse; le meduse, poi, producono gameti e dagli zigoti si sviluppa la forma a polipo. In altri esemplari, dai gameti delle meduse hanno origine zigoti che si sviluppano direttamente in meduse: manca quindi la forma a polipo. Vi sono infine cnidari con la sola forma a polipo, che produce gameti dai cui zigoti ha origine di nuovo un polipo: manca, perciò, la forma a medusa.
Le circa 9.000 specie di cnidari sono raggruppati in tre classi principali: Hydrozoa, Scyphozoa ed Anthozoa.
L’Hydra (polipo): classe
Le idre sono polipi cilindrici che oscillano in lunghezza tra pochi millimetri a un centimetro circa. L’estremità inferiore forma un disco basale, per mezzo del quale l’animale si fissa al substrato; l’estremità orale contiene un rilevamento a cono, detto ipostoma, con la bocca al culmine. Attorno alla base del cono vi sono 6 tentacoli.
Il foglietto esterno, o epiderma, è costituito da varie cellule, tra cui prevalgono quelle di rivestimento, che hanno la base contrattile rivolta nel senso della lunghezza del polipo; il foglietto interno, o gastroderma, è invece costituito prevalentemente da cellule con flagelli, che hanno la base contrattile orientata nel senso della circonferenza del polipo; sotto entrambi i foglietti si trova una sottile rete di neuroni, le cellule che trasmettono gli impulsi nervosi.
La classe degli idrozoi, a cui appartiene il genere Hydra, presenta una rete nervosa contraddistinta da speciali cellule recettrici sensoriali. Queste cellule sensoriali sono più sensibili delle cellule mioepiteliali, ossia delle principali cellule che costituiscono l'epidermide, nel rispondere agli stimoli chimici e meccanici e, se stimolate, trasmettono i loro impulsi a una o più cellule adiacenti, che a loro volta rispondono; questo sistema è dunque un gradino più complesso di quello della singola cellula mioepiteliale o dello cnidocita, che agiscono sia come recettori sia come effettori.
Il corpo ed i tentacoli dell’Hydra possono estendersi, contrarsi o piegarsi verso un lato o l’altro. Le fibre contrattili, che sono longitudinali, agiscono antagonisticamente alle fibre circolari. Benché le idre siano essenzialmente animali sessili, hanno la possibilità di cambiare posto: i tentacoli e l’estremità orale possono piegarsi e toccare il substrato, mentre il disco basale simultaneamente si stacca, determinando uno spostamento a capriole.
Il polipo può così accorciarsi e allargarsi, se contrae l'epiderma, allungarsi e assottigliarsi, se contrae il gastroderma; lo stesso accade con i tentacoli.
Il punto di forza, però, è costituito da batterie di cellule, distribuite tra l'epiderma, dette cnidociti o cnidoblasti.
Sono cellule tipiche degli cnidari (dalle quali, appunto, prendono il nome) e non si trovano in nessun altro animale: contengono una grossa vescicola piena di veleno: la nematocisti, dotata di una specie di ago da siringa estraibile — detto filamento — e di un ciglio sensore, che fa scattare il congegno: il cnidocilio. Queste cellule sono distribuite soprattutto sui tentacoli; quando vengono sfiorate da una possibile preda, scaricano le vescicole e la preda resta trafitta e avvelenata dai filamenti. Le nematocisti sono usate per la difesa, per la cattura e per l’ancoraggio.
Il veleno degli cnidobasti blocca il controllo nervoso della preda, che resta immobile, e viene poi lentamente avviata alla bocca e fatta scivolare entro la cavità gastrovascolare del cilindro, detta celènteron o ènteron. Nel foglietto di cellule dell'enteron, oltre alle grosse cellule flagellate, ve ne sono altre che producono enzimi digerenti.
La preda è praticamente disciolta dagli enzimi, mentre le cellule flagellate rimescolano la poltiglia che si va formando. Le particelle alimentari vengono poi assorbite dalle cellule che rivestono la cavità; queste cellule completano il processo digestivo e forniscono i prodotti alle altre cellule dell'animale. L'enteron non è quindi un intestino, ma una cavità che accoglie la preda, per una predigestione e la successiva fagocitosi.
L'acqua che circola nella cavità gastrovascolare fornisce ossigeno disciolto alle cellule di rivestimento e porta via, attraverso l'unica apertura, anidride carbonica, altri prodotti di rifiuto e ciò che rimane di non commestibile delle particelle alimentari.
L’Aurelia (medusa)
La strategia delle meduse è analoga a quella dei polipi. La differenza consiste nel fatto che le meduse possono spostarsi, un po' per moto proprio e soprattutto perché trascinate dalle onde e dalle correnti marine.
Alla possibilità di muoversi corrisponde un'architettura un po' diversa: la parte che nel polipo costituisce la base, nelle meduse è rivolta di solito in alto ed è molto espansa a forma di ombrello; il tronco, detto manubrio, è rivolto in basso e termina con la bocca, fornita di tentacoli più o meno lunghi e numerosi.
La cavità gastrovascolare è notevolmente più complessa del semplice sacco tubo dei polipi. La cavità consiste in una seria di canali disposti a raggiera. La bocca immette in uno stomaco centrale, dal quale si estendono 4 canali radiali, questi si congiungono con un canale circolare che scorre attorno al margine dell’ombrella.
Il movimento delle meduse è molto interessante e costituisce una delle prime applicazioni del sistema contrattile formato da fibrille proteiche (miofibrille) di actina e miosina. Le miofibrille sono particolarmente dense nelle cellule che si trovano presso l'orlo dell'ombrello, dove costituiscono una specie di anello muscolare. La mesoglea ha una struttura molecolare che ricorda quella della gomma: può, cioè, piegarsi sotto tensione, quando l'orlo dell'ombrello si restringe, ma si raddrizza subito appena cessa la contrazione. La mesoglea è perciò l'antagonista dell'anello di miofibrille.
Al moto di traslazione è sempre associata una serie di sensori, che permettono di percepire almeno alcune delle caratteristiche più importanti dell'ambiente esterno. Nelle meduse troviamo vari gruppi di sensori, disposti a intervalli regolari lungo il margine dell'ombrello: i sensori statici o statocisti, cellule che avvertono la medusa sulla sua posizione (dritta, inclinata o rovesciata) rispetto alla verticale; i sensori chimici, gruppi di cellule con una sensibilità simile ai nostri sensi di gusto e di olfatto; i fotoricettori, che percepiscono l'intensità della luce.
Classe Anthozoa
Gli antozoi (o “animali a fiore”), a cui appartengono gli anemoni di mare e i coralli, sono cnidari che, come l'idra, non hanno lo stadio di medusa. In gran parte dei coralli, che sono colonie di antozoi, le cellule epidermiche secernono delle pareti esterne protettive, in genere fatte di carbonato di calcio (calcare), in cui ciascun polipo può rifugiarsi. I polipi che producono calcare sono, dal punto di vista ecologico, i più importanti tra gli cnidari. Una barriera corallina è essenzialmente formata dall'accumulo degli scheletri calcarei dei coralli, ricoperti da una sottile crosta di animali vivi coloniali. La barriera è la base strutturale e alimentare delle complesse comunità di animali che vivono in questo habitat.
I polipi che formano colonie, come i coralli e le madrepore, sono molto piccoli. Essi sono collegati l'uno all'altro in quanto l'enteron di ciascuno comunica con un canale che lo collega a quello di tutti gli altri; in questo modo il cibo catturato da alcuni viene distribuito a tutti.
Fonte: http://leonardo2m.altervista.org/schede/PORIFERI-CNIDARI.doc
Sito web da visitare: http://leonardo2m.altervista.org/
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