Appunti idrologia

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Appunti idrologia

Cenni storici, presenza in natura, principali caratteristiche fisiche e chimiche dell’acqua.

Fino al 1780 l’acqua era considerata un elemento chimico; in quell’anno Cavendish osservò che era il prodotto della combustione dell’idrogeno e Watt ne intuì la composizione che, solo Lavoisier, nel 1783, definì qualitativamente e quantitativamente. Sono del 1805 gli studi di Gay-Lussac e Humboldt che precisarono i rapporti in volume secondo i quali l’acqua si forma da idrogeno e ossigeno. È del 1895 la determinazione di Morley del peso molecolare (H=2, O=15,88) che si avvicinò molto a quello reale di 18,016.
L’acqua si trova in gran quantità in natura: allo stato solido nei ghiacciai ed ai poli, allo stato liquido in mare, laghi, fiumi, ecc., allo stato di vapore nell’aria; è inoltre un costituente essenziale d’animali, vegetali e d’alcuni minerali. Mediamente il 77% degli esseri viventi è costituito d’acqua; minerali, come ad esempio l’argilla, ne possono contenere fino al 15%.
L’acqua in natura non è mai pura, contenendo disciolte notevoli sostanze chimiche; si trovano anche, in piccole quantità, isotopi dell’idrogeno e dell’ossigeno che, combinati, formano molecole d’acqua leggermente diverse: la più comune di queste è l’ossido di deuterio o acqua pesante, densità 1,1079 a 11,6° C, punto di fusione 3, 802° C, punto d’ebollizione 101,42 ° C; è inoltre molto più vischiosa dell’acqua ordinaria e la solubilità dei sali in essa diminuisce del 10%; a concentrazione, nei tessuti, maggiore del 10%, risulta dannosa per animali e vegetali, poiché rallenta i processi ossidativi, ma sotto tale percentuale si comporta come l’acqua comune.
Nell’aria sono poi presenti tracce d’acqua ossigenata o perossido d’idrogeno, che si ritrovano nelle acque meteoriche.
Proprietà fisiche dell’acqua: liquido limpido, incolore, insipido, a reazione neutra. Fonde a 0° C alla pressione di 1 atmosfera. Il massimo della densità lo raggiunge a circa 4° C. Il calore latente di fusione (quantità di calore necessaria per portare 1 g d’acqua da 14,5 a 15,15° C) è pari a 97 calorie. La temperatura critica è di 360° C. La pressione critica di 195 atmosfere. È cattiva conduttrice di calore ed elettricità, ma possiede una costante dielettrica elevata. È un ottimo solvente.
Proprietà chimiche dell’acqua: si combina con gli ossidi liberando le rispettive basi e con le anidridi liberando gli acidi. Inoltre si combina con molti sali anidri per dare sali idrati. Può produrre il fenomeno dell’idrolisi.
Struttura dell’acqua e del ghiaccio: l’acqua è il principale ossido presente in natura.
La molecola non è lineare (H-O-H), ma gli atomi formano un angolo di 104,5° che, superando quello di 90° spettante ai legami covalenti, ne fa una struttura polare: il legame O-H è ionico per il 40%, vale a dire che l’atomo d’idrogeno porta una carica positiva media assai notevole e quindi tende ad allontanarsi dalla posizione che assumerebbe in assenza di carica. Schematicamente si può immaginare che l’elettrone dell’idrogeno s’avvicini all’atomo d’ossigeno, elettronegativo e che, in tali condizioni l’idrogeno si riduca ad ione H+; ne consegue che la molecola dell’acqua si comporta come un dipolo, quindi un altro atomo carico negativamente si potrebbe avvicinare talmente alla carica positiva dell’idrogeno per formare un legame di una certa stabilità; va notato però che tale legame diviene impossibile, a causa della repulsione esercitata, dalle parti esterne degli altri due atomi. La conseguenza finale è che si formano legami idrogenionici che uniscono fra loro più molecole d’acqua, realizzando polimeri. La dimostrazione si può avere analizzando i valori della viscosità e dell’alta costante dielettrica.
Prima degli studi di Fowler e Bernal, si riteneva che l’acqua fosse un aggregato disordinato di molecole e di polimeri d’acqua. Le esperienze di questi due scienziati sulla diffrazione dei raggi X mostrarono, però, curve di diffrazione completamente diverse da quelle che si sarebbero ottenute se l’acqua avesse avuto una struttura disordinata, come ad esempio quella del mercurio.
La struttura di polimero è meglio evidenziabile se si esamina il ghiaccio, dove le molecole sono coordinate fra loro in modo tetraedrico: ciascun atomo d’ossigeno è circondato da altri quattro atomi d’ossigeno, alla distanza di 2,76 ångstrom, con distanza fra ossigeno ed idrogeno di circa 1 ångstrom; ogni atomo d’ossigeno è poi circondato da quattro atomi d’idrogeno, ed i ‘canali’ che si vengono a formare fra gli atomi d’ossigeno adiacenti sono esattamente esagonali. Complessivamente una struttura cristallina bene organizzata. 
Fowler e Bernal dimostrarono poi che, aumentando la temperatura, i legami idrogeno del ghiaccio si rompono ed alcuni interspazi si riducono, provocando un aumento della densità: la densità del ghiaccio che a 0° C è di 0,917, si porta fino ad 1, a 3,98° C; la spiegazione possibile è che il fenomeno si verifichi per la presenza nell’acqua di complessi con legami identici a quelli del quarzo, vale a dire più compatti di quelli del ghiaccio. Aumentando ancora la temperatura, la densità diminuisce fino a 0,95 a 100° C, in quanto, rompendosi ulteriormente i legami idrogeno, aumenta la distanza fra le molecole. Infatti, le curve di diffrazione ai raggi X mostrano, a bassa temperatura, un assestamento molecolare tetraedrico, a temperatura intermedia un modello di coordinazione di tipo quarzoso, e, alle temperature più alte la configurazione di un liquido ideale, vale a dire completamente disordinato.
Solubilità nell’acqua: l’acqua è un ottimo solvente, anche se non si può considerare universale, poiché molte sostanze sono insolubili in essa. Sono molteplici i fattori che influenzano la solubilità, come la natura e la concentrazione del soluto, la temperatura, la pressione. Nel caso dell’acqua, per i legami molecolari visti prima, occorre una notevole quantità d’energia per allontanare tra loro le molecole d’acqua e far posto a quelle del soluto: è il caso della benzina, dell’ossigeno, dell’uretano, ecc.; al contrario, altri soluti come ammoniaca, alcool etilico, ecc. sono solubilissimi in acqua. Nell’acqua si sciolgono poi bene le sostanze che in soluzione si presentano allo stato ionico, poiché l’energia d’idratazione (necessaria per l’attrazione fra ioni e molecole polari dell’acqua) è sufficiente a rompere la struttura dell’acqua. Perché una sostanza si sciolga è necessario che venga vinta l’energia reticolare, cioè l’attrazione di ioni di carica opposta del solido, che in genere è maggiore negli ioni a maggior carica. Così, ad esempio, mentre il cloruro di sodio è molto solubile in acqua, il solfato di bario o il fosfato d’alluminio sono praticamente insolubili; d’altra parte però il cloruro di bario (+ + – –) e d’alluminio (+ + + – – –) sono assai solubili.
Un altro fattore che può influenzare la solubilità è la dimensione molecolare della sostanza da scogliere: così il solfuro di bario è maggiormente solubile del solfato.
Tutti questi esempi ci mostrano, in conclusione, come sia impossibile prevedere la solubilità in acqua di una sostanza, basandosi su una teoria attendibile.
Idrati: in natura si trovano molti minerali che contengono molecole d’acqua, con la funzione di rendere stabile la struttura cristallina.
Se a questi minerali s’elimina, per riscaldamento, l’acqua d’idratazione, s’ ottiene materia anidra, con una variazione della struttura cristallina; fanno eccezione le zeoliti, minerali argillosi, e le proteine, che riesposte all’acqua la riassorbono e si reidratano.
Anche acidi e basi possono esistere, allo stato solido, come idrati: è il caso ad esempio dell’idrato di bario che contiene otto molecole di cristallizzazione o dell’acido ossalico, che ne contiene due.

 

Suddivisione delle acque naturali.

Le acque in natura si possono suddividere in acque meteoriche e telluriche.
Le prime provengono dalla condensazione del vapore acqueo dell’atmosfera. In teoria più pure delle altre, contengono, in ogni caso, disciolti, gas atmosferici e, ahinoi, le impurità che l’uomo produce, come gas tossici e particelle solide che sono disperse nell’aria.
Le acque telluriche, secondo la loro origine, si dividono in acque vadose, quando la loro provenienza è relazionata ai fenomeni atmosferici, ed acque iuvenili, quando sono d’origine magmatica.

Acque vadose.
Quando le acque piovane giungono al suolo, possono evaporare, restare in superficie in corsi d’acqua, laghi, mare, o penetrare nel sottosuolo. Queste ultime raggiungono, ad un certo punto uno strato roccioso impermeabile e formano le falde; poi, in corrispondenza di fratture della roccia, possono scendere ulteriormente fino a trovare altri strati impermeabili. Tali acque, protette dall’inquinamento delle varie stratificazioni rocciose, sono dette acque profonde: nella loro discesa avviene un arricchimento salino ed una diminuzione della carica microbica instauratasi al contatto col terreno. L’acqua tenderebbe a scendere ancora, ma, per il progressivo aumento di temperatura all’interno della crosta terrestre (il gradiente geotermico è di 0,03° C/m), ad un certo punto, risale e va ad alimentare le sorgenti, da cui fuoriesce per infiltrazione.

Acque iuvenili.
Sono le acque che si formano direttamente dalla condensazione di magmi profondi.
Il magma è una miscela pastosa di vari ossidi (silicio, ferro, alluminio, calcio, magnesio, potassio, sodio, ecc.) assieme ad altri componenti che, per l’elevata tensione di vapore, diventano volatili (cloro, fluoro, solfo, acqua, ecc.). I magmi primari, più o meno differenziati, possono assimilare rocce con cui vengono a contatto, dando luogo a magmi detti sintetici, di composizione più varia. In seguito alla fusione di rocce preesistenti, durante un’orogenesi, si possono formare magmi secondari; questi si possono poi mescolare ai magmi primari producendo magmi detti ibridi.
Le fasi di solidificazione del magma sono quattro: 1. Fase ortomagmatica. Il magma raggiunge una zona dove, per la minor temperatura, può cominciare a solidificare. Si separano allo stato solido i componenti meno volatili ed il magma si presenta più fluido che in origine, nonostante l’abbassamento della temperatura.  2. Fase pegmatica. La solidificazione prosegue, ma dando luogo a cristalli più grossi e definiti. 3. Fase pneumoautolitica. I pochi composti rimasti allo stato pastoso, esplicano un’azione diretta circolando attraverso le masse solide già formate. Ultima a condensare è l’acqua, che, per la forte pressione, si mantiene allo stato liquido anche a temperature maggiori di quella d’ebollizione, esercitando un gran potere solvente. 4. Fase idrotermale. L’acqua, ormai giunta quasi in superficie, deposita alcuni minerali in filoni e fuoriesce con una costanza di portata, a prescindere dalle variazioni stagionali.

 

Cenno ai minerali della crosta terrestre.

Un approccio completo ai numerosi minerali presenti sulla crosta terrestre consentirebbe una comprensione maggiore delle caratteristiche saline delle acque minerali, ma accenneremo qui soltanto ai più importanti minerali che ne influenzano la composizione.
La pirite è un bisolfuro ferroso. È diffusa in filoni e come parte di rocce eruttive e metamorfiche. Cristallizza nel sistema monometrico, ha splendore metallico e colore giallo-ottone. Percossa col martello sviluppa anidride solforosa, trasformandosi in solfuro ferroso. Con acqua ed anidride carbonica si trasforma in limonite (sesquiossido idrato di ferro), mettendo in libertà acido solfidrico e solfo.
La calcite è carbonato di calcio. È presente nei calcari delle rocce sedimentarie e nei marmi metamorfici. Cristallizza nel sistema romboedrico; è, fondamentalmente, bianca, ma può assumere una colorazione accidentale, bruna per il contatto con bitumi, gialla o rossastra se mescolata ad ossido di ferro. Con acido cloridrico libera anidride carbonica, trasformandosi in bicarbonato (travertini, alabastri). Lo stesso avviene per il contatto con acque piovane ricche d’anidride: è il fenomeno carsico.
La dolomite è un carbonato doppio di calcio e magnesio. Simile alla calcite, dà effervescenza con gli acidi.
Il quarzo è un ossido di silicio. Origina per la lenta separazione, a temperatura elevata, da soluzioni acquose diluite. Fa parte di rocce eruttive, sedimentarie metamorfiche (gneiss). Cristallizza nel sistema romboedrico, è principalmente incolore e trasparente, anche se si trovano varietà colorate come il rosa o il citrino. È fragile ma molto duro e resistente agli agenti atmosferici.
I feldspati sono silicati d’alluminio, potassio, sodio, calcio. Costituenti essenziali di rocce eruttive e metamorfiche, sono facilmente alterabili per fenomeni idrotermali e si trasformano in caolino ed argilla.
Le miche sono allumo-silicati di un metallo alcalino, di magnesio, ferro ed alluminio. Si trovano nelle rocce eruttive acide (graniti, porfidi), nelle sedimentarie (arenarie) e metamorfiche (gneiss, micascisti).
Le rocce, in base alla loro genesi, si dividono in tre grandi categorie: eruttive o massicce, sedimentarie, metamorfiche.
Le prime ebbero origine dalla consolidazione di magmi di profondità moderata, avvenuta in cavità sotterranee (rocce intrusive), o in superficie (effusive). La conseguenza è una diversa struttura che, per le prime, è granitoide, cioè ad elementi più o meno grossi, visibili ad occhio nudo e pressoché delle stesse dimensioni, a causa del lento raffreddamento.
Mentre nelle lave la struttura è microcristallina, ad elementi piccolissimi, discernibili solo al microscopio, o porfirica, cioè con cristalli grossi immersi in massa microcristallina: in tal caso gli elementi grossi, originatisi in profondità, furono trasportati in superficie mescolati alla lava. In genere le rocce eruttive si trovano in ammassi irregolari od in filoni.
Le rocce sedimentarie sono invece dovute ad azioni esterne di demolizione o smantellamento, soprattutto per opera d’agenti atmosferici, di rocce preesistenti di vario tipo che si sono depositate. Caratteristica tipica è la stratificazione, con spessori variabili, da valori minimi (es. i calcari fogliettati), a vari metri (es. le dolomie). Contengono molto spesso fossili d’animali e vegetali, che costituiscono un mezzo essenziale per determinarne l’età per via paleontologica.
Le rocce metamorfiche provengono invece da modificazioni di rocce sedimentarie od eruttive, talmente radicali che, a volte, non è possibile stabilire da quale categoria derivino. Alcune sono fogliettate, a causa d’elevate pressioni meccaniche (scisti).

Permeabilità delle rocce.
Occorre distinguere una permeabilità intrinseca, riguardante la massa delle rocce che sono prive d’accidentalità, ma presentano una struttura discontinua; ed una estrinseca, conseguente alle azioni fisico-meccaniche o chimiche che si sono manifestate sulle rocce stesse durante la loro storia geologica. Queste ultime hanno spesso modificato profondamente le proprietà originarie degli strati o degli ammassi, anche dal punto di vista del loro comportamento idrico. Nel primo caso, se trascuriamo l’ininfluente porosità delle rocce che in litologia sono dette compatte, in quanto i pori sono in esse talmente microscopici che l’adesione dell’acqua alle pareti prevale sulla capacità dell’acqua di attraversarli, si può affermare che la categoria delle rocce variamente permeabili è rappresentata da ghiaie, sabbie, pozzolane(1), tufi calcarei ed alcuni tipi di tufi vulcanici, travertini spugnosi o forati. Per i materiali sciolti, il grado di permeabilità dipende dalla loro granulometria. In genere gli stati ghiaiosi sono quelli che possono offrire elevate portate idriche, e la ricerca dell’acqua in essi ha elevate possibilità di successo. Al contrario, nelle sabbie fini, come quelle plioceniche frequenti nell’Appennino, la portata è modesta, a causa delle esigue dimensioni degli spazi liberi, nei quali l’acqua incontra elevate resistenze al moto. Le pozzolane possono paragonarsi, riguardo alla loro permeabilità, a sabbie di media grossezza: in esse, infatti, la percentuale dei vuoti è maggiore, ma la superficie dei granelli è rugosa e l’acqua incontra resistenza.
La sinclasi, frattura di raffreddamento rapido, presente nelle rocce laviche, sebbene non si possa considerare una proprietà strutturale della materia, è in stretta relazione con la loro giacitura e non si può quindi ritenere un’accidentalità. È proprio grazie alle sinclasi che rocce laviche di gran compattezza, come ad esempio i basalti, assumono caratteri di permeabilità spesso elevata, per cui, in determinate condizioni ambientali, è possibile ottenere da esse copiosi approvvigionamenti d’acqua.
Le rocce eruttive possono essere affette anche da diaclasi, fratture senza spostamento dei due fronti.
Cause accidentali molto importanti, capaci di modificare notevolmente le caratteristiche di permeabilità delle rocce, sono le azioni orogenetiche, i processi che portarono alla formazione dei monti, di cui si considerano gli effetti meccanici, indipendenti cioè dalle manifestazioni di metamorfismo, che possono avere le caratteristiche fisico-chimiche delle rocce originarie pressoché immutate; e le faglie (fig. 1), grosse fratture, variamente inclinate, interessanti, a volte, intere vaste regioni o terreni a volte diversi, non di rado accompagnate da grandi spostamenti verticali; le labbra delle faglie possono mostrarsi anche notevolmente allontanate e, in tal caso, lo spazio si trova riempito di materiale detritico vario, comunemente permeabile, o da filoni metalliferi o da roccia eruttiva.

In ogni caso le faglie costituiscono un’efficace via di penetrazione delle acque esterne e possono creare nuove comunicazioni di stati permeabili, sia con l’esterno, sia fra loro.
La permeabilità accidentale delle rocce è notevolmente influenzata dalla disposizione delle relative fratture. In particolare sarà massima allorché queste sono verticali, poiché aumenta la velocità di circolazione dell’acqua; inoltre dalla regolarità, dall’ampiezza, dalla corrispondenza o dalla facile comunicazione di una discontinuità coll’altra, dalla presenza di materiali impermeabili in esse. Se il riempimento naturale della diaclasi è di natura argillosa, la permeabilità può diminuire assai.
Tra le azioni chimiche esercitate sulle rocce è importante, per gli effetti idrogeologici, quella conseguente alla dissoluzione dei minerali calcarei e gessosi, dovuta all’anidride carbonica di cui sono molto ricche le acque piovane (circa 37 volte rispetto al contenuto dell’aria).
Altro fattore che incide sulla dissoluzione è la temperatura elevata delle acque.
In genere l’azione solvente erosiva delle acque meteoriche sui calcari, o meglio la corrosione visto che si tratta di un processo chimico, parte da punti particolari come le fratture afferenti la massa, che vengono amplificate in maniera irregolare, in conseguenza della massa rocciosa eterogenea, o dell’andamento accidentale delle soluzioni di continuità. Si può così capire la genesi delle caverne sotterranee, degli inghiottitoi(2), delle fosse geosinclinali(3), delle solcature superficiali; mentre la formazione delle doline(4) richiede anche il cedimento del tetto di caverne preesistenti.

 

Circolazione delle acque nel sottosuolo.

Parte dell’acqua piovana penetra nel sottosuolo in misura variabile da terreno a terreno, che può essere più o meno permeabile o inclinato. La rimanente scorre superficialmente e tende ad evaporare. Le acque entrate nel sottosuolo, attraverso i meati della massa rocciosa o per cause accidentali, si spingono, nel caso più comune, fino ad incontrare uno strato impermeabile per svariati motivi; grande importanza rivestono gli strati argillosi, decisamente impermeabili, per le ragioni già viste.
A contatto con questi strati si formano falde o nappe acquifere sotterranee. La velocità delle acque varia dall’ordine di millimetri/die, come nel caso di sabbie finissime, fino a chilometri/die, come nelle circolazioni carsiche; influenzano, ovviamente, la velocità, l’inclinazione degli strati, la possibilità di smaltimento all’esterno, ecc.
Nel caso d’alternanza multipla di strati permeabili ed impermeabili, si hanno diverse falde acquifere, allorché l’acqua penetra in quelli permeabili intermedi, attraverso le loro testate: se la falda è originata da una percolazione diretta è detta freatica, mentre le altre si dicono profonde; queste ultime, se comprese tra due strati impermeabili, sono dette sotto carico o artesiane (fig. 2).

Il carico idraulico è talvolta sufficiente alla fuoriuscita a giorno, attraverso pozzi o sondaggi, e ciò avviene, quando la quota dell’affioramento idrovoro è sensibilmente superiore a quella d’erogazione; altrimenti l’acqua, pur montando nella canna del pozzo, si arresterà ad un livello intermedio, perché la quota d’affioramento è inferiore a quella di sbocco, quindi necessiterà ricorrere al pompaggio per effettuare l’estrazione.
I pozzi si distinguono in superficiali o profondi, secondo la natura della falda.
Il livello delle acque freatiche poco profonde, di pianura, può variare, oltre che per l’andamento stagionale, anche per l’estrazione che se ne fa dai pozzi, e per le piene dei fiumi, che ostacolano il libero deflusso delle acque circolanti.
Lo studio del percorso delle acque sotterranee si esegue con metodi diversi: coloranti, colture batteriche, sostanze in sospensione, materiale radioattivo. Può servire, fra l’altro, alla determinazione delle zone di protezione delle sorgenti, allo scopo di evitarne l’inquinamento accidentale, per opera dell’uomo o degli animali.

Le sorgenti
Si chiamano sorgenti le emissioni d’acqua dal suolo, aventi un certo carattere continuativo (perenni) o periodico (intermittenti). Riguardo all’importanza ed al tipo dei bacini sotterranei alimentatori, e in rapporto alle caratteristiche geologiche (struttura, tettonica, permeabilità) delle rocce e dei rispettivi bacini, esse possono riferirsi ad uno dei seguenti gruppi principali:
a) sorgenti d’emergenza o di fondo valle: si hanno al contatto di terreni impermeabili di fondo valle, ai quali sovrastano materiali permeabili in cui le acque possono penetrare e circolare fino ad emergere in corrispondenza dei punti più bassi (fig. 3).

b) sorgenti di versamento in valle sinclinale (o di deflusso, o di strato): si manifestano in valli dove gli strati rocciosi hanno pendenza verso l’interno di esse, ed affiorano nei punti di contatto tra le rocce permeabili con le rocce impermeabili sottostanti (fig. 4).

c) sorgenti di versamento in valle isoclinale: fuoriescono dal lato più alto della valle, sempre al contatto fra strati impermeabili e permeabili, quando gli strati hanno disposizione isoclinale, cioè aventi pendenza nello stesso verso, su ambo i fianchi della valle (fig. 5).

Gli strati permeabili possono essere anche sormontati da altri impermeabili, nel qual caso la penetrazione e l’affioramento delle acque avviene solo attraverso le testate (fig. 6).

d) sorgenti di sinclinale ascendente: si hanno, quando lo sbocco è a quota inferiore rispetto agli affioramenti, attraverso i quali le acque esterne penetrano nello strato permeabile, che ha una disposizione a conca. L’acqua esce dalla sorgente, per effetto di una pressione più o meno notevole.
e) sorgenti sinclinali di trabocco o di sfioramento: se superiormente allo strato permeabile (fig. 5), i terreni sono anch’essi permeabili, sia della stessa natura, sia eterogenei.
f) altri casi di sorgenti di sfioramento si possono avere per cause naturali di sbarramento, o accidentalmente per l’incontro con faglie o per altri ostacoli. Un esempio è rappresentato dalla fig. 7, in cui l’acqua d’infiltrazione nello strato permeabile può fuoriuscire solo in S, alla soglia di sbarramento, costituito dallo strato impermeabile I1. Analogamente, si possono avere strati impermeabili disposti a mantello, addossati a mezza costa, o solo verso il fondo valle, ad un gruppo montuoso permeabile ed idrovoro, al cui contatto, nelle zone più basse, si formano le sorgenti.

g) sorgenti diaclasiche: sono caratteristiche di massicci calcarei o dolomitici; anche per questo tipo di sorgenti non è indispensabile un sottofondo impermeabile di natura diversa, potendo funzionare, da arresto alla circolazione, strati più compatti della stessa roccia.
La circolazione in tali calcari, affetti da fratture ad andamento eterogeneo, è talvolta resa più complessa dall’azione dell’acqua, che nella massa ha scavato condotti e caverne intercomunicanti, a percorso accidentato.
Spesso le acque sorgive sboccano da caverne che si aprono all’esterno, con sezione resa più ampia dalle azioni chimiche e meccaniche dell’acqua fuoriuscente e dalle materie solide che questa può tenere in sospensione. La velocità che assume l’acqua all’interno di questi massicci calcarei può essere particolarmente elevata e raggiungere una portata d’alcuni metri cubi il secondo.
h) sorgenti intermittenti si dicono quelle che, con una relativa indipendenza dal regime delle precipitazioni atmosferiche, ripetono aritmicamente la loro emissione periodica, intercalata da intervalli di secchezza. Per spiegare il meccanismo si è ricorso all’ipotesi dell’esistenza di serbatoi sotterranei e canali di comunicazione con l’esterno, capaci d’imitare il meccanismo dei sifoni idraulici (fig. 8).

 

i) talvolta l’emissione delle sorgenti avviene lungo le sponde o dal fondo di un lago o del mare (sorgenti subacquee), o dagli alvei dei fiumi (sorgenti subalvee).

Tutte le sorgenti, di qualsiasi tipo, dovute ad un unico fenomeno tettonico, si classificano sotto la denominazione di ‘sistema di sorgenti’; in particolare, quando i vari punti di scaturigine sono allineati lungo l’affioramento di un piano di faglia, si ha la cosiddetta ‘linea di sorgenti’.

 

Idrologia delle acque minerali e termo-minerali.

Dallo studio di numerose sorgenti minerali si può dedurre che le relative acque provengono, in massima parte, da quelle d’ordinaria circolazione interna, alimentate dalle penetrazioni superficiali. Poiché queste ultime sono in grado di raggiungere profondità che possono arrivare anche a 12 Km, pur mantenendosi allo stato liquido, si comprende come, per effetto del percorso più o meno lungo, della temperatura e della pressione, esse possono arricchirsi di minerali ed acquisire, talvolta, caratteri d’acque termali.
Oltre queste acque termali di normale circolazione, è certa anche l’esistenza di altre, aventi origine più profonda, riferibile alla formazione delle rocce magmatiche ed ai fenomeni vulcanici.
Circa l’origine del calore posseduto da alcune acque termali, sono state fatte varie ipotesi: 1. Più l’acqua proviene da strati profondi, maggiore è il gradiente geotermico e quindi la temperatura che essa può acquisire. 2. La temperatura dell’acqua può essere influenzata da processi chimici termogenici. 3. L’attrito, che l’acqua incontra al contatto con le rocce, può aumentarne la temperatura. Contro i processi chimici generatori di calore, parlano a sufficienza le considerazioni quantitative, del tutto sfavorevoli. Quanto all’attrito, l’aumento di temperatura che può provocare è circoscritto entro limiti molto stretti.
La causa è, senza dubbio, il calore interno della massa terrestre che si trasmette alle acque che sgorgano dalle sorgenti termo-minerali: infatti, in base al gradiente geotermico, che in Europa è, come si è visto, di 0,03° C/m, a 3000 metri di profondità si raggiunge una temperatura di 100° C. Occorre, d’altra parte, tener presente che, nel suo percorso ascensionale per giungere alla luce, l’acqua viene a contatto con strati i quali hanno, salvo che per le zone vulcaniche, temperature sempre più basse, mano a mano che ci si avvicina alla superficie della terra. Quindi l’acqua termale tende a raffreddarsi variamente, in relazione alla portata, alla dimensione dei condotti naturali d’afflusso, alla lunghezza del percorso, alla conducibilità termica delle rocce, ecc.
Emerge quindi la difficoltà di spiegare l’alta termalità d’alcune sorgenti, qualora non si ricorra ad una 4a ipotesi, d’apporti supplementari di calore, da parte di vapori iuvenili provenienti da maggiori profondità, e pertanto in condizioni termiche più favorevoli per un efficace contributo di calore, atto a compensare gran parte delle perdite che le acque stesse subiscono.

Le sostanze minerali e i gas disciolti nelle acque.
Non esistono, in natura, praticamente, acque chimicamente pure, ma ognuna contiene in soluzione quantità variabili di sostanze inorganiche, e talvolta organiche, solide o gassose.
Quando il contenuto di costituenti inorganici sorpassa un determinato valore, in rapporto alla potabilità, oppure se sono presenti sostanze chimiche accidentali, l’acqua deve considerarsi minerale. Il grado di mineralizzazione non è, però, in funzione del numero delle sostanze disciolte, che può essere grande anche per acque dolci, bensì in relazione alla loro percentuale in peso(5).
La circolazione sotterranea delle acque minerali e termo-minerali può essere complessa, giungendo talvolta alla miscelazione, prima della scaturigine, con acque relativamente superficiali o addirittura freatiche: in genere è necessario che il contatto fra acque e rocce lisciviate sia abbastanza intimo e prolungato, affinché le prime possano appropriarsi dei sali minerali contenuti nelle seconde.
Per alcune sorgenti, aventi, in tutto o in parte, una mineralizzazione non consona con quelle dei terreni attraversati, si ammette un’alimentazione indipendente, almeno parziale, per opera d’acque o vapori iuvenili.
Le combinazioni chimiche che si possono incontrare nelle acque minerali, ed in parte anche in quelle ordinarie, sono rappresentate da sostanze solide disciolte come cloruri, bromuri, ioduri, fluoruri, solfuri, solfati, carbonati, di sodio, potassio, litio, calcio, magnesio, bario, stronzio, ferro, manganese; composti arsenicali, acido borico, silice, acido cloridrico. O da composti ed elementi gassosi come l’anidride carbonica, l’acido solfidrico, l’azoto, l’elio ed altri gas nobili, idrocarburi, sostanze radioattive.
Alcuni composti del cloro derivano certamente dalla circolazione in rocce sedimentarie che contengono salgemma e tutti gli altri minerali che accompagnano i suoi giacimenti (selvite, carnalite, ecc.). I cloruri alcalini, d’ammonio e l’acido cloridrico libero, essendo caratteristici delle manifestazioni vulcaniche, si trovano facilmente nelle sorgenti di regioni costituite da terreni d’origine vulcanica.
Il bromo ha la stessa origine del cloro. Lo stesso vale anche per il sodio, che però può essere anche d’origine magmatica; e per il potassio che può derivare anche da alterazioni di rocce feldspatiche del Permiano. Il litio può avere origine, oltre che da trasformazioni subite dai silicati che lo contennero, anche da acque iuvenili.
Lo iodio è presente nelle acque che vengono da depositi geologici formati in ambienti lagunari con sviluppo d’alghe, con la conseguente trasformazione sapropelica in idrocarburi(6).
Il fluoro è sempre d’origine magmatica.
Quanto ai solfati, la loro presenza nell’acqua è da riferirsi soprattutto all’enorme diffusione del gesso nei depositi sedimentari d’alcune ere geologiche (specialmente il Miocene). Talora nelle stesse formazioni si trovano anche dolomiti, contenenti magnesio combinato; ciò spiega perché, a volte, acque solfate sono ricche di magnesio. Un’altra origine dell’acido solforico si può far risalire al bisolfuro ferroso, assai comune nelle sedimentazioni, sotto forma di cristalli di pirite o aggregati di marcasite: questi, in presenza d’acqua ed ossigeno in eccesso, possono generare solfato di ferro ed acido solforico, capace d’aumentare enormemente il potere solvente dell’acqua circolante e contribuire ad accrescerne la mineralizzazione.
I solfuri alcalini derivano in gran parte dal gesso, che viene ridotto da acidi organici. L’acido solfidrico è invece d’origine vulcanica, ma può provenire, a volte, da un processo di riduzione dei solfati ad opera d’acidi organici, o da ossidazione delle piriti.
Gruppi di sostanze assai comuni ed abbondanti nelle acque minerali sono quelli dei carbonati alcalini ed alcalino-terrosi, assieme al carbonato di ferro. Il più diffuso è il carbonato di calcio. La loro solubilizzazione nell’acqua è dovuta alla presenza dell’anidride carbonica che li trasforma in bicarbonati.
L’acido carbonico contenuto nelle acque sorgive può essere d’origine vulcanica, atmosferica, oppure può derivare da rocce calcaree presenti in profondità: sotto l’azione d’emanazioni magmatiche, si formano silicati dalla silice libera, con sviluppo d’anidride carbonica, quando sono raggiunti gli stati più superficiali.
L’arsenico esiste, in genere, combinato con metalli (solfoarseniuro di ferro, di cobalto, ecc.), in giacimenti in filoni, ma anche nelle rocce eruttive e metamorfiche.
Il manganese si trova, molto frequentemente, in granuli di limonite, nei depositi sedimentari.
Il ferro in rocce eruttive e metamorfiche, sotto forma di silicati, nelle sedimentarie come pirite, e nelle argillose e calcaree (limonite). La solubilizzazione finale avviene per trasformazione in carbonato e solfato.
L’acido borico, d’origine magmatica, è collegato alla presenza di gesso.
L’acido silicico si forma per riduzione d’alcuni silicati, a contatto con acque alcaline, che lo rendono solubile; il raffreddamento determina poi i depositi di silice.
L’eventuale presenza di metalli pesanti, va riferita all’età geologica dei terreni in cui si trovano le sorgenti.
L’azoto proviene da infiltrazioni dell’aria.
L’elio è d’origine magmatica.
Gli idrocarburi sono d’origine magmatica o provengono da bitumi. Il metano deriva anche dai fenomeni di torbificazione e carbonizzazione di vegetali, visti prima.
Emanazioni radioattive possono avere origine dalla disintegrazione dei rispettivi elementi, che sono poi captate dalle acque.

 

Analisi delle acque minerali.

Prelievo del campione.
Il prelevamento dei campioni richiede sempre particolari attenzioni, tanto per le prove alla fonte, quanto per quelle di laboratorio. I criteri da seguire variano secondo le condizioni in cui avviene la scaturigine dell’acqua. Se l’acqua esce da una fessura della roccia o si raccoglie in un fosso, o in un bacino, va raccolta direttamente, con la precauzione, nel caso di fossi o bacini, d’avvicinarsi il più possibile al foro d’uscita.
Si può impiegare un’asta, cui si lega la bottiglia di raccolta, chiusa con un tappo smerigliato, collegato con una cordicella, della quale si tiene in mano l’altro capo. Si fa scendere la bottiglia fino al punto desiderato, quindi si toglie il tappo con uno strappo della cordicella, e si attende che la bottiglia sia completamente riempita d’acqua, cosa che si può facilmente riconoscere quando non si sviluppano più bolle d’aria al di sopra della bottiglia immersa. Si soleva allora la bottiglia, chiudendola contemporaneamente con il tappo.
Va rilevato che la bottiglia di raccolta deve essere prima lavata con una soluzione di soda, quindi con acido cloridrico, ed infine, tre volte, con acqua distillata, con alcol ed etere. Si termina la pulizia seccando in stufa.
Se l’acqua scaturisce da tubi metallici o rubinetti, o con l’aiuto di pompe, occorre far scorrere l’acqua per almeno 10’, prima del prelievo.

Caratteri organolettici.
Torbidità - Può essere temporanea, per particelle che sedimentano spontaneamente, o permanente, per particelle che restano in sospensione; infine, falsa se dovuta alla pressione.
La torbidità dell’acqua può essere dovuta all’anidride carbonica, alla silice, al solfo, all’argilla, a colloidi, ecc.
Si esamina l’acqua introdotta in una colonna, ben tersa, di vetro incolore e trasparente, contro uno sfondo nero. Si determina poi il grado nefelometrico, cioè si misura il rapporto fra l’intensità della luce incidente e di quella diffusa, usando tabelle standard di confronto della torbidità.
Colore - Si osserva con uno spettrofotometro di Pulfrich. In genere, per le acque saline, si può avere un assorbimento verso le frequenze maggiori dello spettro visibile. Empiricamente, si può osservare dall’alto l’acqua, contenuta in un cilindro di vetro, ben illuminato e posto su un foglio di carta bianca.
Odore - La prova dell’odore di un’acqua minerale s’esegue riempiendo per metà un recipiente di vetro, chiudendolo ed agitandolo energicamente, in modo che l’acqua si mescoli bene coll’aria rimasta nel recipiente, e fiutando immediatamente dopo l’apertura.
Generalmente, le acque minerali sono inodori, fatta eccezione per le sulfuree; talvolta si può riscontrare odore d’acido solfidrico in acque non sulfuree contaminate dalla putrefazione di sostanze organiche presenti. Inoltre, nelle acque solfate, le tracce di sostanze organiche possono provocare la trasformazione dei solfati in solfuri, per azione dell’anidride carbonica. Anche gli idrocarburi d’origine endogena possono essere cause d’odore cattivo, specialmente se l’acqua viene riscaldata.
Sapore - Si distingue in amaro, salino, acido, salmastro. Può variare rispetto a quello iniziale, se si lascia riposare l’acqua, forse per l’evaporazione dell’anidride carbonica, che lo aveva mascherato. Anche se si beve un’acqua contenente anidride carbonica, si ha un mascheramento del sapore per l’azione pungente del gas sulla mucosa della bocca.

Il D.L. 2 febbraio 2001 n. 31 e il D.M. 29 dicembre 2003, in attuazione delle direttive CE, non prevedono per torbidità, colore, odore, sapore, parametri standard o massimi, ma soltanto che l’acqua destinata all’uso umano sia accettabile al consumatore e non presenti variazioni anomale.

Caratteri fisici.
Temperatura - La determinazione si compie all’atto del prelievo, nel punto di scaturigine. Quando si vuole misurare la temperatura dell’acqua di cisterne o pozzi, occorre fare varie misurazioni, in punti diversi della massa, compreso quello di scaturigine, se questo si trova sotto la superficie dell’acqua.
La misura s’esegue immergendo un termometro di massima o di minima, calibrato al decimo di grado, nel punto in cui l’acqua scaturisce, prendendo ogni precauzione affinché il termometro rimanga isolato. Pettenkofer consiglia un termometro a pozzetto, vale a dire circondato da un recipiente aperto verso l’alto: quando il dispositivo s’immerge nell’acqua, il recipiente si riempie e la temperatura, entro certi limiti, non è più alterata da influenze esterne. Per eseguire la lettura, immerso il dispositivo nell’acqua fino alla profondità desiderata, si scuote, affinché l’acqua entrata nel recipiente immediatamente sotto la superficie sia sostituita dall’acqua del punto di cui si vuole misurare la temperatura, e si lascia a riposo per qualche minuto; dopo di che, s’estrae rapidamente e si legge.
Il dispositivo di Pettenkofer si può considerare sufficiente, quando il tempo necessario per portare il termometro nel punto desiderato non superi il minuto; in caso di profondità maggiori, può essere utile un termometro con il bulbo circondato da uno strato di cera, dallo spessore di 1 cm.
Nella determinazione della temperatura occorre tener presente, e prenderne nota, della data e dell’ora della misurazione, annotando anche la temperatura esterna.
L’attuale legislazione non prevede parametri per la temperatura d’acqua destinata al consumo umano, mentre i parametri indicati per le acque minerali non vanno considerati come limite massimo.
Densità - Il peso specifico (rapporto massa/volume) di un’acqua è notevolmente influenzato dalla quantità di sali e, soprattutto, di gas disciolti in essa.
I procedimenti di determinazione variano per acque povere o ricche di gas. Nel primo caso si misura con un picnometro, che si pesa prima vuoto, poi riempito d’acqua distillata, ed infine con l’acqua in esame: le pesate vanno eseguite ad una temperatura di 15° C, facendo poi riferimento alla densità dell’acqua distillata a 4° C, che è 1. Per le acque ricche di gas si utilizza una bottiglia dalla capacità di 200-300 cc, sul cui collo è incisa una scala millimetrata. Per il riempimento s’immerge la bottiglia sotto la superficie dell’acqua, introducendovi un sottile tubicino di vetro, con l’estremità superiore che esce dall’acqua, onde agevolare la fuoriuscita dell’aria; quando l’acqua raggiunge la metà del collo, si tappa, sotto l’acqua, con un dito, quindi, estratta la bottiglia, si chiude a tenuta; si lascia a riposo per 24 ore, si legge la graduazione corrispondente al livello dell’acqua e si pesa la bottiglia; dopo si riempie la stessa con acqua distillata, fino alla graduazione sovrastante, e si lascia a riposo, accanto ad una bottiglia identica che contiene solo acqua distillata; si legge poi la temperatura, si tappa e si pesa; quindi si vuota e si pesa la bottiglia, con il tappo. Dai tre valori si calcola il peso specifico dell’acqua in esame, poiché la densità è data dal rapporto massa dell’acqua in esame/massa di un ugual volume d’acqua distillata.
La legislazione attuale non fa riferimento alla densità delle acque.
Abbassamento del punto di congelamento - L’abbassamento crioscopico di 1 l. di un liquido, provocato da una grammomolecola di una sostanza qualsiasi disciolta, è una costante (K = 0,00185), caratteristica per ogni solvente ed indipendente dalla natura del soluto.
L’abbassamento del punto di gelo di un’acqua è in funzione con la sua salinità e pressione osmotica(7).
La determinazione s’ esegue con il termometro di Beckmann, consistente in una provetta, introdotta in un tubo di dimensioni maggiori, dotata di un termometro differenziale che permette una lettura al centesimo di grado, e di un agitatore di vetro o platino: l’intercapedine serve per rendere graduale l’abbassamento della temperatura. Il dispositivo è immerso in una miscela refrigerante, tenuta in movimento con un agitatore, della quale si può determinare la temperatura con un comune termometro.
La misurazione sull’acqua in esame si raffronta con quella eseguita su un campione d’acqua distillata. La differenza fra i due risultati ci dà il valore dell’abbassamento crioscopico dell’acqua in esame.
In acque minerali molto ricche d’anidride carbonica, la progressiva perdita di gas porta ad una variazione del valore dell’abbassamento crioscopico: un valore costante (punto crioscopico stazionario) si ottiene quando l’anidride carbonica raggiunge nell’acqua le 1,3 millemoli/l. Poiché è difficoltoso determinare il punto di congelamento iniziale, dove l’acqua contiene tutta l’anidride carbonica scaturita con l’acqua, esiste una formula standard di correzione:

∆ti = ∆ts + 0,00185 d (C – C1)

dove:
∆ti = punto di congelamento iniziale,
∆ts = punto di congelamento stazionario,
d = densità dell’acqua,
C = contenuto totale d’anidride carbonica dell’acqua, espresso in millemoli/l,
C1 = contenuto totale in anidride carbonica dell’acqua al momento della determinazione, del punto di congelamento stazionario.

Pressione osmotica - Conoscendo l’abbassamento del punto di gelo di un’acqua poco mineralizzata, si può risalire alla pressione osmotica applicando la formula:

P = 1000 d Q ∆T/ 24,19 T0

Dove:
P = pressione osmotica,
d = densità,
Q = calore di fusione del ghiaccio,
T0 = temperatura assoluta di congelamento dell’acqua distillata.

Se l’acqua è particolarmente dolce e povera di minerali, è sufficiente moltiplicare l’abbassamento crioscopico per 12,05.

L’attuale legislazione non prevede per le acque le determinazioni del punto di gelo e della pressione osmotica.
Conducibilità elettrica - L’acqua chimicamente pura non conduce la corrente elettrica, mentre le soluzioni ioniche hanno una conducibilità variabile.
La determinazione va fatta alla sorgente, per ottenere il valore corrispondente allo stato naturale dell’acqua, gas disciolti compresi.
L’intensità della corrente è, secondo la legge di Ohm, inversamente proporzionale alla resistenza, quindi:

I = E/R

dove:
I = intensità,
E = campo elettrico,
R = resistenza.

La misura della conducibilità si esegue col ponte di Kollaush (fig. 9), un ponte di Weathston funzionante a corrente alternata ed avente, al posto di una resistenza, una cella elettrolitica: va impiegata la corrente alternata, poiché se agli elettrodi applichiamo una differenza di potenziale continua, s’instaura il processo elettrolitico, che provoca la polarizzazione degli elettrodi e la generazione di una differenza di potenziale opposta; con la corrente alternata, l’elettrolisi non può avvenire, essendo gli ioni sollecitati a migrare in direzioni che continuamente s’invertono.

Dove X è la cella elettrolitica, E, un amplificatore, G, il generatore di corrente, R, R1 e R2, resistenze variabili.
fig. 9

Per la misurazione si regolano le resistenze, finché nel punto E non si avverte più il passaggio di corrente: ciò significa che i punti B e D sono allo stesso potenziale, e ciò si verifica quando X/R = R1/R2.  
Si ricava così la resistenza incontrata dalla corrente nel passare nella cella elettrolitica. Nota questa, si calcola il suo inverso (1/R), che corrisponde alla conducibilità.
Durante la misurazione va mantenuta costante la temperatura della cellula elettrolitica: si usa, per questo un termostato, in cui s’immerge la cella riempita dell’acqua in esame. La temperatura convenzionale usata è di 20° C.
Il D.L. n 31/2001 prevede una conducibilità massima, per le acque destinate al consumo umano di 2500 µS/cc, mentre nessun limite massimo è previsto per le acque minerali.
Dalla misura della conducibilità elettrica specifica (o conduttività) si può risalire anche al residuo fisso (a 180° C), la quantità complessiva di sostanze disciolte nell’acqua, considerando che il residuo fisso è dato dal valore della conduttività moltiplicato per un coefficiente variabile secondo la natura e la concentrazione dei minerali disciolti.
La legislazione vigente prevede, per le acque destinate al consumo umano, un residuo fisso a 180° C, massimo (valore consigliato), di 1500 mg/l, mentre non pone limiti per le acque minerali.

Caratteri chimici.
Determinazione del pH - Il pH, che per definizione è il logaritmo negativo, in base 10, della concentrazione idrogenionica, può essere determinato con metodo colorimetrico o poteziometrico.
Il metodo colorimtrico è basato sull’impiego d’indicatori: questi sono acidi o basi deboli, la cui molecola non dissociata ha una colorazione diversa da quella dissociata. Il rapporto fra molecole dissociate e no, e quindi la colorazione, dipendono dalla concentrazione di ioni idrogeno della soluzione, vale a dire dal pH.
Dei vari indicatori disponibili, ognuno può essere usato solo in un determinato intervallo di pH, quello che va dall’inizio della dissociazione fino alla dissociazione completa: esso è detto intervallo di viraggio ed è compreso, per la maggior parte degli indicatori, fra 1,5 e 2 unità di pH.
La fenolftaleina, per esempio, è incolore fino a pH = 8,2; da questo valore, fino a quello di 10, aumenta la colorazione da un rosa appena percettibile ad un viola carico. Il metilarancio ha invece un intervallo di viraggio compreso fra 3,1 e 4,4.
In commercio si trovano anche indicatori universali, i quali assumono colori diversi entro un ampio intervallo di pH: sono formati, in genere, da una miscela d’indicatori ordinari.
Quando si tratta di determinare il pH di una soluzione, se ne cerca, per saggi, il valore approssimativo; una volta trovato l’indicatore più opportuno, si pone in provetta una certa quantità del liquido in esame, assieme ad una quantità d’indicatore, che deve essere pari a 0,1-0,2 p. per 10 p. del liquido da saggiare. In 4-5 provette si pongono soluzioni tampone, la cui concentrazione in ioni idrogeno sia prossima a quella della soluzione da analizzare, e si trattano con la stessa quantità d’indicatore. Il colore della soluzione in esame si confronta con quello delle soluzioni tampone e si stabilisce così il valore del pH. L’intensità di colorazione si valuta osservandola attraverso tutta la lunghezza della provetta, contro uno sfondo bianco. È necessario usare un numero sufficiente di soluzioni tampone, in modo che il colore di quella in esame sia compreso fra due tamponi che non differenziano per più di 0,2 unità di pH.
Per confrontare i colori si può ricorrere anche ad un colorimetro.
La determinazione colorimetrica del pH con l’uso di soluzioni tampone presenta due limiti fondamentali: 1. il tempo necessario per la loro preparazione; 2. la loro breve conservabilità. Per questi motivi, esistono tabelle che riproducono le colorazioni che si ottengono, per ogni indicatore, ai vari valori di pH.
Il metodo potenziometrico è preferito per l’esattezza, anche quando si devono analizzare soluzioni torbide, colorate o gelatinose. L’impiego del potenziometro è basato sulla misura della differenza di potenziale elettrico, fra due elettrodi idonei. Di solito si usano un elettrodo al calomelano ed uno di vetro: il primo è quello di riferimento, in quanto ha un potenziale costante, il secondo assume un potenziale diverso, secondo il pH della soluzione in cui è immerso. L’elettrodo di vetro può essere sostituito da un elettrodo ad idrogeno, più esatto, ma non adatto per soluzioni come quelle che contengono ossidanti. Il potenziometro deve essere standardizzato con una soluzione tampone nota, e regolato in base alla temperatura.
La legge 31/2001 prevede che il pH di un’acqua destinata al consumo umano sia compreso fra 6,5 e 9,5, ma senza che l’acqua divenga aggressiva. Per le acque frizzanti, addizionate d’anidride carbonica, il pH può scendere fino a 4,5. Per le acque minerali naturali, il DM 29 dicembre 2003 prevede il parametro di pH, ma non fissa un limite.
Determinazione dell’alcalinità - Per alcalinità di un’acqua s’intende l’acido carbonico combinato sotto forma di carbonati e bicarbonati. Viene espressa in cc di HCl N/10 necessari per neutralizzare 1 l d’acqua, usando come indicatore il metilarancio, che non è sensibile all’anidride carbonica libera.
La reazione alcalina delle acqua minerali nei riguardi del metilarancio costituisce l’espressione dell’equilibrio degli ioni idrogeno dell’acido carbonico con l’ossidrilione OH– in assenza d’anidride carbonica libera: senza anidride carbonica libera, compariranno nell’acqua tutte le specie di ioni, ma, in sua presenza, la quantità d’ossidrilioni e di ioni carbonici è trascurabile, perciò l’alcalinità dell’acqua è dovuta esclusivamente agli ioni idrocarbonici presenti.
A 100 ml dell’acqua in esame s’aggiungono 2 gocce di metilarancio: il liquido si colora di giallo; si titola con l’acido cloridrico, fino a viraggio a rosso scuro.
Un’acqua avente un’elevata alcalinità per bicarbonati di calcio e magnesio, non va considerata alcalina: infatti, si definiscono acque alcaline, in senso proprio, le acque nelle quali la concentrazione degli ioni carbonici e idrocarbonici supera quella degli ioni alcalino-terrosi.
Reazioni delle acque minerali al metilarancio ed alla fenolftaleina - La fenolftaleina è sensibile anche a piccole dosi d’idrogenioni, ma non alle basi deboli, mentre il metilarancio vira dal giallo al rosso solo quando la soluzione è già acida, e vira dal rosso al giallo in presenza di basi deboli.
Conoscere il comportamento dell’acqua con tali indicatori è importante per stabilire con approssimazione la composizione dell’acqua minerale:
a. Se l’acqua è acida con fenolftaleina e basica al metilarancio, saranno presenti acidi deboli (carbonico, borico, solfidrico), in eccesso rispetto alle basi deboli.
b. Se l’acqua è alcalina con entrambi gli indicatori, vi sono due possibilità: un’equivalenza fra acidi deboli e basi forti, oppure un eccesso di basi forti.
c. Se l’acqua è acida con entrambi gli indicatori, vi è un’equivalenza fra acidi forti e basi deboli, o un eccesso d’acidi forti.
In base a queste diverse reazioni, fu stilata una classificazione delle acque minerali in tre tipi:
1. Acque acidule (pH > 3,1): i costituenti principali sono calcio, magnesio, sodio, ferro, manganese, cloruri, solfati, carbonati e bicarbonati. Il ferro ed il manganese sono contenuti come bicarbonati; di conseguenza, anche per effetto dell’acido carbonico libero, queste acque si modificano a contatto con l’aria e sono precipitati gli idrati di ferro e manganese.
2. Acque alcaline (pH > 8,2): si può avere un’equivalenza stechiometrica fra acidi e basi, quindi la reazione alcalina proviene dall’idrolisi causata dalla presenza d’acidi deboli e basi forti, oppure si ha un’eccedenza di basi rispetto agli acidi, se gli acidi deboli che si sviluppano sono insolubili o volatili (ma si tratto di un caso assai raro).
3. Acque acide (pH < 3,1): sono acide per l’acido solforico e ciò rende possibile la presenza in esse di metalli del gruppo del ferro (cobalto, nichel, manganese), o dello stesso ferro come solfato e bisolfato. Contengono, spesso arsenico. L’acidità può derivare dal fatto che le basi deboli formatesi per idrolisi (idrato ferrico e solfato basico di ferro) sono poco solubili e si separano dalla soluzione, che conterrà, quindi, una concentrazione in eccesso d’acidi.
Opacità e colloidi delle acque minerali - Se il diametro delle particelle riscontrabili in un acqua naturale è inferiore a 1 millimicron, si può parlare di soluzioni; se è compreso fra 1 millimicron e 1 micron, siamo alla presenza di colloidi; se superiore, si parla di sospensioni.
L’effetto Tindall è il comportamento di un liquido rispetto ad un fascio luminoso che l’attraversa: è dovuto alla diffusione della luce, per effetto delle minuscole particelle della fase dispersa.
Può essere utile per stabilire se l’acqua è opalescente od otticamente vuota. Il fenomeno non è però sufficiente per determinare la presenza di colloidi nell’acqua minerale: a volte, si sono ritenute colloidali acque che contenevano, ad esempio, sospensioni d’ossido di ferro; si deve ricorrere a successive prove come la dialisi, la cataforesi, la flocculazione e l’ultramicroscopio.
Dialisi: le particelle colloidali si distinguono dai cristalloidi, in quanto sono capaci di diffondere attraverso i pori d’idonee membrane; con tale procedimento si può ottenere anche l’eliminazione dei colloidi, filtrando l’acqua attraverso setti porosi; per facilitare la filtrazione si può riscaldare la soluzione o sottoporla a corrente elettrica (elettrodialisi).
Cataforesi: la maggior parte delle soluzioni colloidali conduce la corrente elettrica, con conseguente migrazione delle particelle cariche verso un elettrodo. Queste particelle però, a differenza degli elettroliti, non possiedono cariche opposte e, quindi, migrano in una sola direzione; giungendo a contatto con l’elettrodo di carica opposta, le particelle colloidali perdono la loro carica e precipitano. Le cariche delle particelle colloidali sono dovute all’assorbimento preferenziale di una determinata specie di ioni sulla loro superficie, ioni che derivano, in genere, dalla dissociazione dell’acqua.
Flocculazione: è la proprietà dei colloidi di precipitare, se nella soluzione si aggiungono elettroliti, che neutralizzano la loro carica, con conseguente precipitazione. In natura questo fenomeno si presenta, quando l’acqua dei fiumi arriva al mare, ricco d’elettroliti.
Ultramicroscopio: è un comune microscopio, con una forte illuminazione laterale. Esaminando un’acqua con tale apparecchio, se si osservano un gran numero di sorgenti luminose, animate da un movimento rapido e disordinato (movimento Browniano), siamo alla presenza di un’acqua ricca di colloidi; i movimenti sono dovuti agli urti delle molecole del mezzo disperdente contro le particelle colloidali.
In genere, i colloidi presenti nelle acque sono di natura argillosa o silicea e provengono dai terreni attraversati: sono rappresentati, principalmente, da idrossidi di ferro ed alluminio, che si formano per idrolisi d’acque solfato-ferriche o ricche d’alluminio; e da acido silicico che si forma, sempre per idrolisi, dai silicati; infine da solfo, che si libera, dopo la scaturigine, per ossidazione, da parte dell’ossigeno atmosferico, dall’acido solfidrico presente in un’acqua sulfureo-carbonica.
Radioattività - Il processo chimico della radioattività parte dall’atomo di un metallo ad elevato peso atomico del gruppo dell’uranio, dell’attinio o del torio. Quest’atomo si disintegra, per la sua instabilità, dando origine a nuovi atomi più leggeri, che, a loro volta, si disintegrano, trasformandosi in altri, fino a giungere ad un elemento stabile, il piombo. La trasformazione comporta l’emissione di particelle α, β, γ e raggi X. Le particelle α sono atomi d’elio recanti due cariche positive, non hanno potere penetrante, ionizzano per urto le particelle dell’aria, prima elettricamente neutre, e sono ponderabili; Le β, elettroni emessi dagli atomi che si disintegrano, in pratica imponderabili; le γ sono radiazioni elettromagnetiche di lunghezza d’onda piccolissima, hanno un forte potere penetrante, si sviluppano dal riassorbimento dei nuclei, che prima emisero particelle α e β, e sono imponderabili.
L’unità di misura che s’utilizza per quantificare la radioattività è il curie, corrispondente alla quantità di radon, che subisce, per sec., lo stesso numero di disintegrazione di 1 g di radio. Ma, poiché il curie è una grandezza troppo grande, si preferiscono i sottomultipli: millicurie, microcurie, millimicrocurie e picocurie.
La misura s’esegue con il fontetoscopio (fig. 10); quest’apparecchio consiste in una camera di ionizzazione (bottiglia di Mariotte), in cui pesca il dispersore di un elettroscopio, che mette in evidenza il tipo d’elettricità di un corpo.
Occorre prima eseguire una prova in bianco, mettendo, nella camera un’acqua radioattiva; dopo di che, tolta quest’acqua attraverso il rubinetto inferiore, s’introduce, per sifonamento dal rubinetto superiore, 1 l dell’acqua in esame; per agitazione, si mettono in libertà i gas contenenti le emanazioni radioattive, che ionizzano l’aria circostante; questa va a scaricare il dispersore, con conseguente avvicinamento delle foglioline d’oro dell’elettroscopio. Se dopo agitazione s’osserva una pressione gassosa eccessiva, occorre far uscire tanta acqua, quanto è necessaria per annullare tale pressione, altrimenti si avrebbe perdita di gas, nel momento che si sostituisce il tappo di gomma della bottiglia con l’elettroscopio. Dalla velocità con cui l’elettroscopio scarica, si risale al valore di radioattività presente.
La misura della radioattività si può eseguire anche con il contatore Geiger (fig. 11): l’apparecchio è formato da un tubo metallico, di forma cilindrica, che funge da catodo, lungo l’asse del quale è teso un filo metallico, l’anodo. Tra i due elettrodi è stabilita una differenza di potenziale dell’ordine di 1000 volt, ed il contatore è riempito di un gas, sotto pressione d’alcuni mm di mercurio.


Se una particella ionizzata attraversa il volume utile del contatore e forma coppie di ioni, questi sono accelerati dal campo elettrico: la valanga ionica (detta di Towsend) che ne consegue, determina un abbassamento costante del potenziale del filo, per effetto di una resistenza R, che ne interrompe la scarica. La variazione di potenziale del filo, opportunamente amplificata, può essere utilizzata per azionare un numeratore meccanico. In pratica il dispositivo conta, una per una, tutte le particelle ionizzate che attraversano il suo volume.
Le emanazioni radioattive si possono misurare anche con l’unità Mache, pari alla quantità d’emanazioni contenute in 1 l, e che, privata dei prodotti di disintegrazione, determina una corrente di ionizzazione di 0,001 unità elettrostatiche.
Una volta stabilita la presenza d’elementi radioattivi in un’acqua minerale, occorre accertarsi se vi sono sali di radio: a questo scopo, si fa bollire l’acqua in esame e, dopo raffreddamento, si misura la radioattività nel fontetoscopio. Per sapere poi a quali dei tre gruppi prima menzionati appartengono le radiazioni evidenziate, si può ricorrere al periodo di dimezzamento(8), diverso per i vari gruppi.
Determinazione dei gas disciolti - Nelle acque minerali si possono trovare disciolti tutti i gas che queste incontrano nel loro percorso, ma, in pratica, sono rilevanti l’anidride carbonica, l’ossigeno, l’azoto, l’acido fosfidrico e i gas rari.
Questi gas si possono determinare quantitativamente col metodo dell’ebollizione: si mette 1 l d’acqua in un pallone collegato ad un azotometro, contenente una soluzione satura di cloruro di sodio, quindi si provoca un’ebollizione prolungata e si fa raffreddare; i gas disciolti si liberano, poiché la loro solubilità diminuisce coll’aumentare della temperatura, e si raccolgono nella parte superiore del pallone. Si legge, a questo punto, il volume complessivo di gas. Aggiungendo poi idrato di potassio, in soluzione concentrata, si ha una diminuzione del volume iniziale, provocata dall’assorbimento dell’anidride carbonica, che precipita sotto forma di carbonato acido di potassio; la differenza di volume ci dà la quantità d’anidride carbonica contenuta nell’acqua. Aggiungendo quindi pirogallato di potassio, si ha un’ulteriore contrazione, dovuta alla combinazione dell’ossigeno. L’ossigeno si può determinare anche trattando l’acqua con un sale manganoso: questo, in presenza d’alcali, si trasforma in ossido manganico; aggiungendo poi acido cloridrico alla soluzione, si ha produzione di cloro, che si dosa per via iodometrica (titolazione con ioduro di potassio).
I gas inerti si possono misurare raccogliendoli, sempre per ebollizione, in un altro azotometro, contenente una soluzione concentrata d’idrato di potassio.
Determinazione del residuo fisso - Si è già visto come si possa risalire al residuo fisso totale dal valore di conduttività dell’acqua. Per dosare i vari componenti, si procede come di seguito.
Si fa evaporare 1 l d’acqua, contenuto in un pallone, a poco a poco, in capsula di platino. Quando il pallone è vuoto, si lava con acqua distillata che si fa, anch’essa, evaporare. Quindi si secca il tutto a 110° C, fino a peso costante, poi a 180° C, fino a peso costante, quindi al colore rosso in muffola, fino a peso costante: se in quest’ultima operazione il residuo si colora di bruno, ciò è indice della presenza di sostanze organiche che si sono carbonizzate; anche l’imbrunimento dovuto ad ossidi metallici persiste dopo la calcinazione.
La determinazione del residuo fisso mediante calcinazione, non dà mai un valore preciso delle singole sostanze disciolte nell’acqua, poiché nel processo intervengono sempre volatilizzazioni e decomposizioni.
Il principio di tale metodo è di operare a temperature alle quali le reazioni che avvengono a temperature inferiori siano già completate, e quelle che avvengono a temperature maggiori non siano ancora iniziate. In prossimità dei 100° C, numerosi sali, ma non tutti, perdono l’acqua di cristallizzazione. Sopra tale temperatura il bicarbonato di magnesio e di calcio perdono l’anidride carbonica, ed il bicarbonato di sodio è parzialmente dissociato (la dissociazione si completa a 125° C). Il carbonato di magnesio si decompone verso i 300° C, quello di calcio, fra i 650 ed i 700° C. Il carbonato di sodio, sotto i 700° C, quello di potassio a 790° C. Il solfato di calcio a 110° C si trasforma in emi-idrato, solo a 170° C, diventa anidro e si dissocia a 950° C. Il solfato di magnesio dà il di-idrato a 100° C, il monoidrato a 130-140° C, diventa anidro sopra i 200° C e si dissocia a 320° C. Il solfato di sodio si disidrata facilmente e poi rimane stabile, fino ad alte temperature. Il cloruro di calcio si disidrata a 260° C, formando ossicloruri e acido cloridrico; il cloruro di magnesio a 170° C e quello di sodio e di potassio a 100° C, ma fondono solo a 750° C. Il nitrato di magnesio, sopra i 110° C, libera acqua ed acido nitrico; quelli di calcio e di mercurio fondono al di sopra del rosso, dando luogo agli ossidi corrispondenti.
L’eliminazione totale dell’acqua è difficile se nell’acqua minerale sono presenti silice e silicati, che la legano in modo complesso: può avvenire solo al di sotto dei 1000° C.
Residuo solfatato: s’aggiunge acido solforico, si fa evaporare e si calcina a peso costante. Si ottengono, in tal maniera, i solfati dei vari cationi presenti nell’acqua.

     Determinazione dei cloruri:
1. Metodo gravimetrico: l’acqua si tratta con nitrato d’argento in acido nitrico; precipita il cloruro d’argento. Il precipitato si lava, si secca in stufa e, raffreddato, si pesa. Dalla quantità d’argento cloruro si risale a quella del cloro.
2. Metodo di Mohr: s’aggiungono all’acqua alcune gocce di bicromato di potassio e si titola con una soluzione nota d’argento nitrato. Quando tutto il cloro si è trasformato in cloruro d’argento, la goccia seguente provoca un viraggio al rosso, dovuto alla formazione di bicromato d’argento.
Questo metodo si può utilizzare solo se l’acqua è neutra: in ambiente acido, infatti, il bicromato d’argento è solubile, e, in alcali si trasforma in idrato d’argento.
3. Si titola con nitrato di mercurio, indicatore il difenilcarbazone che, per eccesso di nitrato di mercurio, dà una colorazione violetta.
Determinazione dei fluoruri:
Si titola con nitrato di torio, indicatore il solfato d’alizarina che, in soluzione alcalina, vira dal rosso (soluzione alcalina concentrata) al violetto (soluzione alcalina debole).
Determinazione dello iodio e del bromo:
Si concentra l’acqua in esame fino a ¼, alcalinizzandola con carbonato di sodio. Precipitano così alcuni carbonati, l’idrato di ferro ed i metalli pesanti, liberando gli ioni bromo e iodio. Si titola allora il bromo, in soluzione, con acqua di cloro a titolo noto; il liquido colorato di giallo, si decolora per riscaldamento. Si ripete l’operazione finché il liquido non si decolora per ulteriore aggiunta d’acqua di cloro.
Il precipitato si scioglie invece con acqua, acidificando con acido nitroso in acido solforico, in modo che lo iodio si libera. Si agita poi con cloroformio, si separa dall’acqua e si titola lo iodio con acido solforoso, indicatore la salda d’amido (colorazione violetta).
Determinazione dell’acido solfidrico:
S’esegue prima un’analisi qualitativa. 1. Con acetato di piombo la soluzione si colora in nero, per la formazione di PbS. 2. Con nitroprussiato di sodio, in ambiente alcalino, si ha una colorazione rossa. 3. Con solfato di dimetil-parafenilendiammina in soluzione molto acida (1/10 di HCl concentrato), aggiungendo 2 gocce di una soluzione diluita di cloruro ferrico, si ha colorazione azzurra, per formazione di blu di metilene.
Accertata la presenza nell’acqua in esame dell’acido solfidrico si può procedere alla determinazione quantitativa: ad 1 l d’acqua da esaminare si aggiunge una quantità nota di soluzione di iodio N/100 e g 2 di ioduro di potassio; si agita, si lascia a riposo e si titola lo iodio che non ha reagito ossidando l’acido solfidrico libero e combinato, con una soluzione N/100 d’iposolfito di sodio. La differenza fra i cc usati di iodio ed iposolfito di sodio rappresenta la quantità di iodio che ha reagito. Allora, si moltiplica il numero di cc di iodio impiegato per 0,00017043 (il peso equivalente dell’acido solfidrico è 17,043) e si ha il contenuto d’acido solfidrico totale espresso in mg/l (A). Per conoscere la quantità d’acido solfidrico libero presente nell’acqua, si compie una seconda determinazione iodometrica, dopo averlo allontanato per ebollizione. In tal modo si conosce la quantità di solfiti presenti (B). Sottraendo B ad A, si ottiene la quantità d’acido solfidrico gassoso presente nell’acqua minerale(9).
Determinazione dell’ammoniaca:
1. Metodo con il reattivo di Nessler: all’acqua in esame, posta in un cilindro, s’aggiunge un poco di sale di Seignette(10), per impedire l’intorbidamento, dovuto alla precipitazione d’idrossidi alcalino-terrosi, a causa dell’alcalinità del reattivo. Quindi, si aggiunge 1 cc di iodomercurato di potassio in alcali.
Se è presente ammoniaca, si ottiene una colorazione che varia dal giallo debole al rosso-bruno, entro 15’. Un colore giallo chiaro indica la presenza di tracce minime; giallo-paglierino, tracce evidenti; arancio debole, tracce notevoli (1:100.000.000); arancio, piccola quantità; rosso, media quantità; rosso-bruno, forte quantità.
2. Metodo per distillazione - Si raccoglie l’ammoniaca, liberata per distillazione in ambiente di solfato sodico N/10, indicatore il rosso di metile, che vira dal rosso al giallo pallido.
La titolazione si può fare anche per via iodometrica.
Accertamento della presenza dell’acido nitroso:
Si verifica con il reattivo di Griess, una soluzione alcalina d’acido solfanilico ed α-naftilamina: l’acido nitroso forma un colorante azoico rosso.
Accertamento della presenza d’acido nitrico:
Prima di procedere alla ricerca qualitativa, occorre eliminare i nitrati, trattando l’acqua con acido acetico e facendolo poi evaporare. Quindi, in una provetta, si pone acido solforico, vi si scioglie un po’ di dimetossi-stricnina(11) e si stratifica sopra un poco dell’acqua in esame: se nell’acqua vi è acido nitrico, si forma un anello rosso.
Lo stesso procedimento si può seguire con difenil-ammina: in tal caso l’eventuale anello sarà azzurro.
Oppure, in un palloncino, collegato ad un refrigerante, s’alcalinizza l’acqua in esame e si aggiungono un paio di grammi di lega di Devarda(12) e si fa bollire per 30’: se è presente acido nitrico si sviluppa ammoniaca.
Determinazione dell’anidride carbonica totale:
Tutta l’anidride carbonica si trasforma in carbonato di calco, per aggiunta d’ammoniaca e cloruro di calcio all’acqua. I bicarbonati di calcio e di magnesio sono trasformati nei rispettivi carbonati dall’ammoniaca; il carbonato di calcio precipita, mentre quello di magnesio, che rimarrebbe in soluzione si trasforma in carbonato di calcio per reazione con il cloruro di calcio; analogamente si comportano gli altri bicarbonati.
Il precipitato ottenuto si tratta con una quantità nota, in eccesso, di HCl N/1, quindi si titola l’eccesso con NaOH N/1, indicatore la fenolftaleina
Determinazione dell’anidride carbonica libera e semicombinata:
Il disaggio si può eseguire precipitandole come carbonato, con un eccesso d’idrato di bario N/10, in presenza di cloruro di bario. Si titola l’eccesso d’idrato di bario.
Il cloruro di bario serve per impedire che l’idrato di bario reagisca con i carbonati alcalini o con altri sali, i cui acidi formano con il bario composti insolubili. L’idrato di bario reagisce però anche con i sali di magnesio, precipitandoli come idrato, quindi occorre tener conto, nella determinazione, della barite consumata dal magnesio.
In un pallone si pongono 200 cc d’acqua distillata, 25 cc di barite e 2 cc di cloruro di bario, e si titola con HCl N/10, indicatore la fenolftaleina, fino a scomparsa del colore rosso: si ottengono, così, i cc d’acido cloridrico necessari per saturare 25 cc di barite (A). Poi, dal recipiente si prelevano 100 cc di liquido e si mettono in un altro pallone, con fenolftaleina, titolando ancora fino ad ottenere la scomparsa del colore rosso. Il numero di cc di HCl consumati si moltiplicano per 2,27, onde riportare il valore alla totalità della soluzione, che era di 227 cc (B). Sottraendo B da A, si hanno i cc di HCl necessari per saturare l’idrato di bario, consumato per precipitare l’anidride carbonica libera e semicombinata, ed i sali di magnesio. Questo valore, moltiplicato per 1,1(13), dà la quantità d’anidride carbonica e di ione bicarbonico contenuta in 1 l dell’acqua minerale. Da questo valore va, però, sottratta la parte corrispondente al magnesio presente, che si può conoscere sapendo che ad 1 p. d’anidride carbonica corrisponde 1 p. di magnesio.
Il valore della CO2 combinata, a questo punto, sarà dato dalla differenza fra la totale e la somma della libera + semicombinata (quest’ultima è uguale alla combinata, poiché nei carbonati alcalino-terrosi vi sono 2 moli d’anidride carbonica).
La CO2 liberà sarà data, invece, dall’equazione:
libera = (libera + semicombinata) – combinata, 
in quanto, come s’è visto prima, ad una quantità d’anidride carbonica combinata corrisponde sempre un’eguale quantità di semicombinata.
Determinazione della silice:
1 l d’acqua minerale si porta a secco ed il residuo, ripreso con acqua distillata, s’acidifica con HCl, riportando di nuovo a secco. Si riprende ancora con acqua distillata e si filtra. Il precipitato si porta a peso costante, in crogiolo di platino, quindi s’aggiungono acido fluoridrico e solforico. Si forma H2SiF6. A questo punto si pesa: la differenza fra le due pesate dà il valore della silice presente nell’acqua.
Determinazione dei metalli alcalini:
Nelle acque a debole mineralizzazione si opera su 2 litri di campione. Si fa evaporare in presenza di HCl, per eliminare la silice, ed il residuo si riprende con HCl conc.; si filtra, si tratta con ammoniaca per eliminare alluminio, ferro e magnesio, si filtra di nuovo e si fa evaporare. Il residuo si riprende con idrato di calcio e si precipita con carbonato d’ammonio. Il filtrato si fa, poi, evaporare, in capsula, si umetta con HCl e si calcina fino a peso costante. A questo punto, s’aggiunge uranilacetato di magnesio provocando un precipitato, che si scioglie con acido. Si dosa quindi la quantità d’uranio combinata con il sodio, dopo averlo trasformato in ferrocianuro d’uranile, mediante uno spettrofotometro ad arco o a fiamma, facendo riferimento a tabelle di confronto standard.
Determinazione del calcio:
1. Si tratta l’acqua con ossalato d’ammonio e si porta d ebollizione; si filtra il residuo, si calcina e si pesa come ossido di calcio. In alternativa, si può sciogliere l’ossalato di calcio che si forma nella prima fase e si titola con permanganato di potassio.
2. Ad un campione dell’acqua s’aggiungono alcune gocce di una soluzione satura di muresside(14), si porta a pH = 10 con una soluzione tampone, aggiungendo EDTA(15), fino al viraggio dal colore rosso all’azzurro.
Determinazione del magnesio:
La ricerca qualitativa s’esegue così: l’acqua viene fatta evaporare e si calcina, per eliminare i sali ammoniacali; il residuo si acidifica con HCl e s’aggiunge infine p.-nitrobenzen-azo-resorcina(16); s’alcalinizza poi con NaOH N/5: una colorazione od un precipitato, azzurri, svelano la presenza di magnesio. Se il magnesio è presente, si esegue la ricerca quantitativa: si acidifica l’acqua con HCl e s’aggiungono cloruro d’ammonio e fosfato acido di sodio in eccesso. Dopo aver portato all’ebollizione, si aggiunge ammoniaca al 10% e si lascia raffreddare. Si filtra, si lava il precipitato con ammoniaca al 2-3% e si mette in stufa, a calcinare fino a peso costante (pirofosfato di Mg).
Determinazione della durezza:
Per durezza s’intende quella proprietà di un’acqua minerale conferita dalla presenza di sali di calcio e di magnesio. Si chiamano dunque acque dure quelle molto ricche dei sali alcalino-terrosi, dolci o molli quelle che ne contengono in piccola quantità.
La durezza totale è quella corrispondente alla totalità dei sali di calcio e magnesio (bicarbonati, solfati, cloruri, ecc.); la permanente è quella che resta dopo l’ebollizione dell’acqua ed è dovuta solo ai sali di calcio e magnesio che non si decompongono al calore, essenzialmente i solfati e i cloruri. Mentre la prima si determina direttamente sull’acqua, quest’ultima si dosa sull’acqua bollita per ½ ora, dopo averla riportata al volume primitivo con acqua distillata, previo raffreddamento; la durezza temporanea, infine, è quella dovuta ai sali di Ca e Mg che si decompongono all’ebollizione, vale a dire i bicarbonati: si calcola per differenza fra la durezza totale e quella permanente.
Per esprimere la durezza di un’acqua esistono tre unità di misura: il grado tedesco, che corrisponde ad 1 p. d’ossido di calcio su 100.000 p. d’acqua; il grado francese, pari ad 1 p. di carbonato di calcio/100.000 p. d’acqua; il grado inglese (poco impiegato) corrispondente ad 1 p. di carbonato di calcio su 70.000 p. d’acqua (1 grado francese = 0,56 gradi tedeschi, 1 grado tedesco = 1,79 gradi francesi).
La durezza si può misurare con due metodi, idrotimetrico e complessometrico. Il primo si basa sul fatto che dibattendo un’acqua minerale con una soluzione alcolica di sapone, si ha formazione di schiuma, solo quando sono precipitati, sotto forma di sali insolubili, tutti i sali di calcio e di magnesio presenti. L’apparecchio di misura è composto di una bottiglia a tappo smerigliato, graduata in decine, e di una buretta idrotimetrica, dove il volume di 2,4 cc è diviso in 23 parti uguali, a partire da un tratto superiore allo 0 (lo 0 è al secondo trattino, perché la quantità di sapone fra lo 0 e lo spazio superiore si ritiene necessaria, comunque, per la formazione della schiuma). La determinazione si esegue aggiungendo a 40 cc dell’acqua in esame la soluzione saponosa, a piccole dosi, agitando energicamente, fino a quando non si forma una schiuma alta un dito e persistente per 5’: leggendo sulla buretta il numero corrispondente al livello cui è giunta la schiuma, si ha, direttamente, il grado di durezza francese dell’acqua.
Se l’acqua è molto dura (durezza superiore a 30 gradi francesi), il saggio s’esegue su una quantità miniore d’acqua, portando poi al volume di 40 cc con acqua distillata e tenendo conto, nella lettura finale, della diluizione effettuata.
Il metodo complessometrico si esegue aggiungendo a 100 ml d’acqua in esame 1 ml di soluzione tampone a pH 10, addizionata di nero eriocromo T(17) e EDTA, titolando poi fino a viraggio del colore da rosa a blu. In tale titolazione è essenziale la presenza di magnesio: infatti, il complesso del nero eriocromo T con il calcio è talmente debole che il viraggio avviene prima che tutto il calcio sia legato con l’EDTA.
Determinazione dell’alluminio:
Dopo aver eliminato dall’acqua minerale l’eventuale ferro, si fa evaporare fino a 5 cc, si neutralizza e si aggiungono 5 cc di HCl, 5 cc d’acetato d’ammonio e 5cc di sale ammonico dell’acido aurin-tricarbonico(18). Si lascia a riposo e, in presenza d’alluminio, si ottengono una colorazione, o un precipitato, rossi. Per controprova si aggiungono 10 cc di carbonato d’ammonio: la colorazione deve restare inalterata.
Determinazione del ferro:
Per il ferro bivalente, si pone, in un piattino di porcellana, una soluzione di α-dipiridile in alcool e acido cloridrico. Si fa essiccare e s’aggiunge l’acqua in esame. Se è presente il ferro bivalente, si formano un anello, o una macchia rossa, confrontabili con una soluzione nota.
Per determinare, invece, il ferro trivalente si ricorre al sale ammonico della fenil-nitroso-idrossilamina(19). All’acqua, acidificata con HCl, s’aggiunge, a freddo e lentamente, lungo le pareti della provetta, il reattivo, che, con il ferro, dà un precipitato rosso- bruno. Porre attenzione, poiché, a caldo, il reattivo si decompone.
Oppure, l’acqua acidificata si tratta, dopo neutralizzazione con ammoniaca, con β-nitroso-α-naftolo, a caldo, facendo bollire per alcuni minuti: con il ferro si forma un precipitato che può essere dosato per via gravimetrica.
Ancora si può procedere con un terzo metodo: 10 cc dell’acqua si mescolano con solfocianato d’ammonio e acqua ossigenata al 3%, che serve per ossidare i sali ferrosi in ferrici. Si ottiene una colorazione rosso-bruna, la cui intensità è proporzionale alla concentrazione di sali di ferro, che potranno essere dosati, per mezzo di uno spettrofotometro.
Determinazione del manganese:
In una piccola capsula di vetro si versano una goccia dell’acqua in esame, una goccia di soluzione acetica di periodato di potassio e 2 gocce di una soluzione cloroformica di tetrametil-diamino-difenil-metano. Se nell’acqua c’è manganese, che è stato tutto trasformato dallo iodato in tetravalente, si ottiene una colorazione azzurra, confrontabile per via fotochimica con soluzioni note di permanganato di potassio.
Oppure, alcuni cc dell’acqua in esame si trattano con alcune gocce di NaOH ed alcuni cc di soluzione di para-para-diamino-difenile(20). Il precipitato di magnesio, formatosi per aggiunta dell’alcale, è sostituito da un precipitato (od un intenso colore) azzurro.

Ricerca delle sostanze organiche:
Si determina l’ossidità, vale a dire la quantità d’ossigeno che reagisce con tali sostanze, con il metodo di Kubler. 100 cc d’acqua da analizzare si fanno bollire con 5 cc d’acido solforico e 10 cc di permanganato di potassio, aggiungendo, alla fine, 10 cc d’acido ossalico N/100; quindi si titola l’eccesso d’acido ossalico con KMnO4 N/100, fino a colorazione rossa persistente. Il permanganato usato per la titolazione è quello che ha reagito con le sostanze organiche. Per ottenere il dato finale si tiene conto che 1 cc di permanganato di potassio N/100 corrisponde a 0,00008 g d’ossigeno ed a 0,001582 g di materiale organico.
Se l’acqua in esame contiene molto cloruro sodico, occorre far precedere l’ebollizione dell’acqua in ambiente alcalino ed acidificare poi con acido solforico, prima di procedere come sopra.
Ricerca dei fosfati:
Si attua aggiungendo all’acqua molibdato d’ammonio in soluzione solforica, e cloruro di stagno o di calcio. In presenza di fosfati si ottiene una colorazione azzurra che si può valutare con uno spettrofotometro.
Ricerca dell’arsenico:
L’arsenico si può trovare nelle acque minerali sia come anione, sia come catione, trivalente o pentavalente. Si determina riducendolo con zinco ed acido solforico: l’idrogeno arsenicale che si forma è convogliato in una provetta chiusa, contenente due cartine, una impregnata d’acetato di piombo (che trattiene H2S), l’altra di una soluzione di cloruro mercurico: la reazione porta ad un precipitato giallo (mono-cloro-mercurarsina), che si valuta quantitativamente per via colorimetrica.
Ricerca dei tensioattivi. 
I detersivi si possono suddividere in tre categorie: detersivi anionici, cationici e non ionici.
Nella prima categoria vanno compresi i saponi ordinari, il laurilsolfato di sodio, i solfosuccinati, gli alchilsolfonati e gli alchil-aril-solfonati(21). I gruppi idrofili di questi sono: –COO-, –OSO3-, –SO3-.
I tensioattivi cationici sono sali d’ammonio quaternario, il cui gruppo idrofilo è N----.
I detersivi non ionici sono eteri di polimeri dell’ossido d’etilene o di prodotti di condensazione di tali polimeri con alcoli diversi; oppure alchilfenoli o alchilnaftoli esterificati anche da acidi della serie grassa. I gruppi attivi sono funzioni alcoliche od eteree, polari ma ionizzate.
I tensioattivi si determinano trattando l’acqua con blu di metilene: il complesso formatosi, si scioglie in cloroformio e si legge l’intensità della colorazione allo spettrofotometro. Le materie organiche, eventualmente presenti, interferiscono sul risultato.
Se la quantità di detersivi è superiore ad 1mg/l, si concentra l’acqua e i tensioattivi si fissano in una colonna di carbone. Questi sono poi staccati con una miscela di metanolo e benzene; si tratta quindi con metil-eptil-ammina, si estrae con cloroformio e solfuro di calcio e si valuta la quantità di detersivi allo spettrofotometro, con tabelle standard di confronto.
I tensioattivi non devono comparire, secondo la legislazione attuale, nelle acque minerali, anche se è fissato un limite massimo di 50 μg/l, espressi in laurilsolfato sodico, evidenziabile, però, soltanto con le più moderne tecniche di laboratorio.

Limiti massimi consentiti per le sostanze contenute nelle acque minerali.
 
Nitrati                                                     45 mg/l (10 mg/l per le acque destinate all’infanzia)
Nitriti                                           0,02 mg/l
Boro                                             5 mg/l
Fluoruri                                        5mg/l (> 1,5 mg/l vanno segnalati in etichetta se                                                                
l’acqua è destinata all’infanzia)
Cianuri                                         10 μg/l
Bromati                                        3 μg/l (per l’acqua arricchita d’ozono)
Ozono disciolto                             50 μg/l (per l’acqua arricchita d’ozono)
Rame, bario                                  1 mg/l
Manganese                                   500 μg/l
Arsenico (totale)                           10 μg/l
Cromo                                           50 μg/l
Nichel                                           20 μg/l
Piombo, selenio                            10 μg/l
Antimonio                                   5 μg/l
Cadmio                                        3 μg/l
Mercurio                                       1 μg/l
Oli minerali, idrocarburi,
disciolti o emulsionabili                non ammessi
Tensioattivi                                  non ammessi
Poli-cloro-difenili                          non ammessi
Antiparassitari e prodotti
assimilabili                                   non ammessi
Idrocarburi policiclici aromatici     non ammessi
Benzene                                       non ammesso
Bromoformio                                non ammesso (consentito 1 μg/l in caso d’acque arricchite con
ozono)
Composti organo-alogenati            non ammessi
Tetra-cloro-etilene, tri-cloro-etilene,
1,2-dicloroetano                            0,1 μg/l

 

Acque destinate al consumo umano.

Per essere giudicata potabile, cioè igienicamente accettabile e buona, un’acqua deve presentare due requisiti: essere batteriologicamente pura ed avere una composizione chimica tale da essere ben tollerata dall’organismo ed adatta agli usi domestici.
Prima di dare un giudizio su queste caratteristiche, occorre fare uno studio della località e del terreno da cui l’acqua si preleva, dei caratteri organolettici, della composizione chimica e del contenuto di microbi o parassiti.

Caratteri organolettici.
Torbidità: un’acqua potabile deve essere limpida. Quando l’acqua di sorgente diventa torbida dopo la caduta della pioggia, si deve concludere che essa è sospetta.
Causa di torbidità può essere la presenza di sali ferrosi che, a contatto con l’aria, si ossidano a ferrici. Anche la presenza di colloidi può rendere torbida l’acqua. Spesso acque ricche di bicarbonati calcici possono intorbidarsi, all’uscita dal rubinetto, in seguito a liberazione d’anidride carbonica. Talvolta, l’intorbidamento può derivare da una lunga canalizzazione dell’acqua ed ad un consumo insufficiente, quindi ad un aumento della pressione delle tubature. Tale torbidità è solo temporanea e non pregiudica la potabilità dell’acqua.
Colore: per essere considerata potabile, un’acqua non deve presentare colore, se esaminata dopo 20’ dal prelievo, in piccolo spessore (grandi spessori la fanno apparire verde-blu per i riflessi della luce solare).
Quando l’acqua contiene materiale organico, può assumere un colore giallastro o rossastro. Tale fenomeno si può riscontrare nei laghi che contengono alghe. In periodi piovosi, l’acqua può assumere una leggera tinta marrone, per tracce d’argilla colloidale o di ferro, in sospensione. Il colore, di solito non incidente sulla bontà dell’acqua, si può eliminare con la flocculazione, la clorazione o l’ozonizzazione.
Odore: per essere potabile, l’acqua deve essere totalmente inodore. In alcune regioni, l’acqua può assumere un odore, legato al contatto sotterraneo con depositi di torba: ciò non costituisce un pericolo, ma il gusto è sgradevole. Più grave l’odore d’acque di cisterna, indice di cattiva tenuta. L’odore dovuto a sviluppo d’alghe si verifica nelle acque dei canali.
Nel corso dei trattamenti di purificazione l’acqua può assumere odore di cloro.
Sapore: l’acqua non deve presentare sapore, ma nemmeno essere insipida.
Una certa mineralizzazione è sufficiente a conferire all’acqua un gusto diverso, a causa, per esempio del magnesio o del ferro, che danno un sapore metallico ed astringente. In regioni aride, l’acqua può avere sapore salato. Le acque fortemente calcaree, ricche d’anidride carbonica, hanno un sapore grato. Lo stesso può dirsi per quelle in cui sono presenti nitrati (purché non provenienti da inquinamento organico!) e per le acque molto ossigenate.
Temperatura: deve mantenersi costante in tutte le stagioni, poiché tale costanza è indice di provenienza da falde profonde, quindi più difficilmente inquinate. La temperatura può variare da 5° a 15° C, ma quella ottimale, per il gusto è di 12-13.
Contenuto chimico: l’acqua potabile non deve contenere nitriti, sostanze organiche, entro un certo limite, acido solfidrico; tutti indici di contaminazione da parte d’animali. Inoltre non deve contenere sostanze collagene ed umiche, ammoniaca, metalli pesanti, salvo tracce di ferro, e, naturalmente, spore, batteri, ecc.

Analisi sommaria dell’acqua potabile.
Cloruri: principali anioni delle acque minerali salse, possono raggiungere, per le acque potabili, un massimo di 250 mg/l, anche se il contenuto medio e di 10-20 mg/l. La presenza dello ione cloruro non è sempre d’origine minerale spontanea, ma può essere indice di contaminazione con urine; in tal caso è accompagnata da un forte tenore di nitrati.
Ioduri: non è previsto un parametro massimo di riferimento, anche se il contenuto di essi nell’acqua non supera mai qualche milligrammo per litro. Il contenuto aumenta con l’allontanamento dell’acqua dalla sorgente e raggiunge il picco massimo nelle acque salmastre, vicine al mare.
Poiché lo iodio è un costituente essenziale dell’organismo umano, indispensabile per il funzionamento della tiroide, la sua assenza nell’acqua potabile, può determinare il gozzo endemico(22).     
Fluoruri: non devono superare 1,5 mg/l.
L’assenza e l’eccesso provocano alterazioni dei denti e delle ossa. Il tenore di fluoro in eccesso è aggravato da una presenza importante di sodio rispetto al calcio.
La presenza di tracce di fluoruri nelle acque potabili è dovuta all’abbondanza del fluoro fra i componenti della crosta terrestre (fluoruro di calcio, criolite). Un contenuto più elevato è in relazione alla provenienza profonda dell’acqua, in vicinanza di rocce eruttive o di depositi fossili animali. L’alto tenore in fluoruri non è invece in diretta relazione con la natura dei terreni attraversati: se, ad esempio, un’acqua attraversa un terreno calcareo e s’arricchisce in calcio, il fluoruro di calcio che si forma è poco solubile e, quindi, il tenore in fluoro diminuisce.
Azoto ammoniacale: è indice di contaminazione recente da sostanze organiche in decomposizione. La legge consente un contenuto massimo di 0,5 mg/l d’ammonio.
Poiché lo ione ammonio è sempre presente, in tracce, anche in acque profonde e batteriologicamente pure, per stabilire con certezza se ci ritrova di fronte ad inquinamento d’origine animale recente e vicino, occorre accertare la presenza d’azoto albuminoide, nitroso, assieme a fosfati e cloruri: questa ricerca dà la certezza, unita all’esame batteriologico positivo, di tale tipo d’inquinamento.
Acido nitroso: può provenire dall’ossidazione dell’ammoniaca che, in tal caso, non è più presente. È indice di una fase transitoria di contaminazione.
La presenza di NO2 deve far ritenere un acqua sospetta, anche se si può trovare in acque completamente prive di germi dannosi, ma proviene, in tal caso, dalla riduzione batterica, da parte dei saprofiti del suolo o per altre cause, di nitrati.
In ogni caso, i nitriti sono tossici, poiché provocano emoglobinuria e ipotensione, per cui n’è consentita la presenza massima di 0,1-0,5 mg/l, tenendo però conto anche della quantità di nitrati presenti nell’acqua.
Nitrati: Un certo contenuto dona, all’acqua, un sapore gradito e fresco.
Non devono, comunque, superare i 50 mg/l e, se l’acqua è destinata all’alimentazione dell’infanzia, i 10 mg/l. Infatti, i nitrati, non tossici di per sé, lo possono diventare in seguito a riduzione a nitriti da parte dei batteri del tubo digerente, particolarmente numerosi nei bambini piccoli.
Materie organiche: possono essere contenute in tracce e sono costituite, essenzialmente, da residui della vita animale e vegetale. La potabilità, in relazione alle sostanze organiche presenti, si valuta misurando l’ossigeno necessario per ossidarle, che non deve superare i 5 mg/l. Altra peculiarità richiesta è che il carbonio organico totale presente non subisca variazioni anomale.
Durante la determinazione del residuo fisso, a circa 100° C, le sostanze organiche si decompongono, emanando odore di carta bruciata, se d’origine vegetale, o di corna bruciate, se d’origine animale. La differenza di peso fra il residuo fisso a 180° ed il residuo a tale temperatura, ci dà, approssimativamente, la quantità di sostanze organiche presenti nell’acqua.
Durezza totale: per le acque dolci è consigliata una durezza minima totale di 15 gradi francesi; per le acque dure, una durezza massima di 50 gradi francesi.
Residuo fisso: a 180° C: il valore massimo consigliato è di 1500 mg/l. Il rapporto fra calcio e magnesio dovrebbe essere di 3:1, quello fra ossigeno ed anidride carbonica di 1:3.
Determinazione ponderale dei principali costituenti del residuo calcinato.
Il residuo si tratta con HCl diluito, si porta a secco, su bagno maria, si riprende con HCl conc. e si riporta a secco, per rendere insolubile la silice; quindi si riprende con acqua bollente e si filtra la silice, che si lava con altra acqua bollente, si calcina e si pesa come ossido di silicio.
Il filtrato e le acque di lavaggio si concentrano; poi, si precipitano con cloruro ammonico ed ammoniaca in eccesso (all’ebollizione): si depositano gli idrati d’alluminio e ferro che, raccolti, si lavano con acqua bollente e si pesano, dopo calcinazione alla soffieria. Si ha così la somma degli ossidi di ferro ed alluminio: il ferro si può dosare per via colorimetrica, dopo averlo separato, fondendo con solfato di potassio; per differenza si dosa l’alluminio.
Il filtrato degli idrossidi di ferro ed alluminio si concentra e si precipita, all’ebollizione, con ossalato d’ammonio. Si filtra l’ossalato di calcio ottenuto, che viene poi sciolto e nuovamente precipitato, per eliminare tracce di magnesio; per calcinazione, si trasforma poi in ossido di calcio, e si pesa.
Dal filtrato e dalle acque di lavaggio, concentrati, si precipita il magnesio con fosfato d’ammonio: il fosfato ammonico-magnesiaco, dopo raccolta e lavaggio con ammoniaca molto diluita, si secca; per mezzo di una calcinazione spinta si trasforma in pirofosfato di magnesio e, come tale si pesa.
Dal filtrato, acidificato con HCl, si possono precipitare i solfati, mediante una soluzione di cloruro di bario (all’ebollizione).
I metalli alcalino-terrosi si possono poi isolare con acetato di magnesio ed uranile.
Collageni: specialmente nei grandi centri industriali le acque possono essere inquinate con sostanze provenienti dalle acque di rifiuto delle fabbriche di colla, gelatina, amido, fecola, glucosio, ecc.
Il reattivo impiegato per mettere in evidenza queste sostanze è una soluzione di tannino in 3 p. d’acqua ed 1 p. d’alcol. A 100 cc d’acqua in esame si aggiungono 5 cc di tale soluzione: non si deve avere flocculazione nello spazio di 5-6 ore.
Metalli pesanti: si ricercano concentrando ½ l d’acqua fino a 50 cc. Si acidifica poi con HCl dil. e si satura con acido solfidrico: non si deve avere imbrunimento. Aggiungendo ammoniaca, fino a saturazione, si deve osservare solo una debolissima colorazione verde, dovuta al solfuro di ferro colloidale.
Nitrati: la determinazione si può compiere mediante un metodo colorimetrico. Occorrono una soluzione di carminio d’indaco(23), diluita al punto che uno stato di 15 mm risulti trasparente, ed una soluzione acquosa standard di nitrato di potassio che contenga 1,872 g di nitrato per litro. Si trattano 49 cc d’acqua distillata con 1 cc della soluzione standard e si aggiungono, subito, 100 cc d’acido solforico concentrato. A questa soluzione, molto calda, s’aggiunge l’indaco e, con parecchie prove, si stabilisce il numero di cc d’indaco che sono decolorati da 1 cc della soluzione di nitrato potassico. Si fa quindi un confronto con l’acqua in esame.
Altro metodo quello di Schulz e Tiemann, basato sulla riduzione dei nitrati con cloruro ferroso, in soluzione cloridrica. Il gas che si svolge in seguito alla reazione, si raccoglie in un azotometro: considerando che 1 cc di NO, a 0° C e 760 mm di pressione, pesa 0,0013402 g, si può risalire facilmente alla quantità di nitrati presenti nell’acqua.
Una terza determinazione è utilizzabile solo in presenza di una quantità notevole di nitrati (>0,1 g espressi in acido nitrico). Si trattano, in provetta, 5 cc d’acqua, con una goccia d’acido solforico e 6-8 gocce di soluzione di Nitron(24). Se si forma, subito o poco dopo, un precipitato cristallino, si potrà eseguire l’analisi quantitativa su di esso.
La determinazione dell’acido nitrico, in presenza d’acido nitroso, si esegue dosando prima l’acido nitroso con i metodi indicati. Poi, in un altro campione si ossida l’acido nitroso a nitrico, si dosa tutto l’acido nitrico e, per differenza fra le due ricerche, si ottiene la quantità reale d’acido nitrico dell’acqua in esame.
Solfati: per dosarli quantitativamente, oltre che sul residuo fisso, si agisce così. Si precipitano, a caldo, nell’acqua, concentrata ed acidificata con HCl, con cloruro di bario, sotto forma di solfato di bario; dal peso del solfato di bario si risale al gruppo –SO4.
I solfati in un acqua potabile, non devono superare i 250 mg/l.
Fosfati: le acque sotterranee possono contenere piccole quantità di fosfati d’origine minerale (fino a 1 mg/l); in genere, però, la presenza è dovuta ad inquinamento da parte di fosse di raccolta di rifiuti o di concimi, oppure da detergenti alcalini a base di fosfato sodico. L’elevato tenore di fosfati è indice d’inquinamento, anche quando non è accompagnato da contaminazione batterica.
Tensioattivi: s’introducono nelle acque a seguito di contaminazioni industriali. Il meccanismo d’azione dipende dall’orientamento della loro interfase, così che i gruppi idrofili del carbonio, del solfo e dell’azoto affondano nell’acqua, mentre il gruppo liofilo, la catena carbonica, è respinto verso l’esterno della superficie dell’acqua stessa. Alcuni possono avere attività bagnante, schiumeggiante ed emulsionante: è sufficiente qualche milionesimo di parte di detersivo, per avere una schiuma voluminosa, poiché le pellicole che separano le bolle sono molto elastiche; tale schiuma, trasportata dal vento, può essere utile per trasportare lontano germi patogeni.
Gli alchilsolfonati inibiscono l’ossidazione delle sostanze organiche ed impediscono l’azione dei batteri, durante l’autoepurazione, sia per azione meccanica (poiché si ha un rallentamento della diffusione dell’ossigeno attraverso la superficie dell’acqua), sia chimica (perché rallentano il processo ossidativo di riduttori come il solfato ferroso e diminuiscono la solubilità dell’ossigeno nell’acqua). Sono molto stabili nel tempo: la durata è favorita dal fatto che i loro sali calcici, sono più solubili di quelli dei saponi classici, e resistono agli attacchi batterici di degradazione, soprattutto se le catene di carbonio sono ramificate.
Gli alchilsolfati, al contrario, sono regolarmente degradati per ossidazione biologica.
In presenza di detersivi, i trattamenti di flocculazione e di sedimentazione diventano più difficoltosi, quando il tenore di tensioattivo è dell’ordine di p. 4:1000.
I detersivi hanno, sull’organismo umano, potere emolitico, azione ipotensiva, depressiva sul cuore, ed aggressiva sulla pelle. La tossicità è più debole per quelli non ionici.
La quantità limite nelle acque di fiume non dovrebbe superare lo 0,03%, anche se la legislazione attuale non prevede un parametro massimo; in ogni caso i tensioattivi non devono essere presenti nell’acqua destinata al consumo umano.

Parametri consentiti per le caratteristiche e la composizione chimica delle acque destinate al consumo umano (DL 31 del 2 febbraio 2001).
Nel riassumere le caratteristiche chimico-fisiche delle acque potabili, ricordiamo che la direttiva CE, prevede, per i caratteri organolettici, che l’acqua sia accettabile per il consumatore, e non subiscano, in essa, variazioni anomale. Il pH può essere compreso fra 6,5 e 9,5; il limite minimo può scendere a 4,5 per le acque frizzanti confezionate. La conducibilità, a 20° C, non deve superare il valore di 2500 μS/cm. La durezza totale può andare da 15 gradi francesi, per le acque dolci, fino a 50 gradi francesi, per le acque dure. Si consiglia che il residuo fisso a 180° C non superi i 1500mg/l. L’ossidabilità deve essere < 5 g/l d’ossigeno.
Per ciò che riguarda gli ioni componenti i vari minerali disciolti, i limiti massimi sono:

Cloruri                                                    250 mg/l (ma l’acqua non deve risultare aggressiva)
Solfati                                          250 mg/l
Nitrati                                            50 mg/l
Nitriti                                           0,1-0,5 mg/l
Ammonio                                     0,5 mg/l
Cianuri                                           50 μg/l
Fluoruri                                        1,50 mg/l
Sodio                                            200 mg/l
Alluminio                                     200 μg/l
Boro                                                 1 mg/l (soggetto a variazioni sentito il parere della          
commissione CE, previa consultazione delle
autorità sanitarie)
Ferro                                            200 μg/l
Manganese                                     50 μg/l
Rame                                              1 mg/l
Arsenico                                         10 μg/l
Cadmio                                            5 μg/l
Cromo                                                       50 μg/l
Mercurio                                          1 μg/l
Piombo                                           10 μg/l
Bromati                                          10 μg/l (con deroga sino al 31.12.2013 di 25 μg/l)
Antimonio                                        5 μg/l
Selenio                                           10 μg/l
Vanadio                                          50 μg/l
Acrilamide, epicloridina, sono tollerati fino ad un massimo di 0,1 μg/l; 1,2 dicloroetano fino a 3 μg/l; clorito fino a 200 μg/l, tricloroetilene e tetracloroetilene totali fino a 10 μg/l.
Il carbonio totale non deve subire variazioni anomale.
Oli minerali, idrocarburi disciolti o emulsionabili, tensioattivi, antiparassitari e prodotti assimilabili, idrocarburi policiclici aromatici, benzene, composti organo-alogenati, policlorodifenili, non sono ammessi.

Correzione e depurazione dell’acqua.
Con il termine correzione s’intendono i trattamenti aventi scopo di migliorare i caratteri organolettici, fisici e le proprietà chimiche dell’acqua. Con depurazione si designano le operazioni atte a purificare l’acqua dal punto di vista batteriologico.
Correzione dei caratteri organolettici: si possono correggere l’odore ed il sapore sgradevole che le acque possono assumere, per lo sviluppo di vegetazione, con l’aerazione, per mezzo della nebulizzazione, o per caduta a pioggia e con l’aggiunta, nei bacini di sbarramento, di solfato di rame in proporzione variabile da p. 1/3.000.000 fino a p. 1/1.000.000.
Il colore e la torbidità, con l’aggiunta di solfato d’alluminio: questo s’idrolizza in acido solforico che, a sua volta, si combina con le basi presenti nell’acqua, precipitando idrato d’alluminio, gelatinoso e fioccoso, che ingloba le materie sospese ed i coloranti. È sufficiente poi decantare e filtrare.
Addolcimento delle acque: A volte è utile sostituire gli ioni alcalino-terrosi con sodio. Con l’uso contemporaneo di calce e soda si riduce la durezza temporanea, dovuta ai bicarbonati di calcio e magnesio; e la durezza permanente, dovuta ai rispettivi solfati ed al cloruro di calcio: il precipitato dei carbonati di calcio e magnesio s’elimina per decantazione o filtrazione.
Si può agire anche con idrato di magnesio o con sostanze scambiatrici di ioni. Queste ultime si dividono in permutiti, resine sintetiche e polifosfati. Le permutiti sono silico-alluminati simili alle zeoliti naturali: hanno la proprietà di scambiare rapidamente la propria base alcalina con i metalli alcalino-terrosi ed il magnesio; in genere si tratta solo una parte dell’acqua, per evitare di ottenere un’acqua insipida.
Le resine scambiatrici sono polimeri sintetici solidi, pressoché insolubili in acqua e nei solventi organici, che possiedono una gran superficie esterna ed interna, le quali, per la presenza di gruppi ionizzanti, sono cariche elettricamente e legano ioni di carica opposta. Secondo il carattere chimico dei gruppi ionizzanti, le resine scambiatrici possono essere considerate come acidi, basi o anfoliti, ad alto peso molecolare. Quelle a carattere acido scambiano i cationi e, pertanto, sono dette cationiche; quelle a carattere anfotero contengono sia gruppi acidi sia alcalini; infine quelle che scambiano anioni sono chiamate anioniche. Importante per una resina è la capacità di scambio, che ci dà la misura del numero totale dei gruppi che prendono parte allo scambio stesso: essa viene espressa in millequivalenti di catione o anione scambiabili, per ogni grammo di resina. Impiegando una resina cationica si provoca l’addolcimento dell’acqua, mentre usando una resina anfotera, o una cationica + una anionica, si può giungere alla demineralizzazione completa.
I polifosfati sono polimeri lineari dalla formula rappresentata nella sottostante fig. 12. Possono inibire lo sviluppo di germi cristallini a piccole concentrazioni.

Ricordiamo, infine che piccole quantità d’acqua si possono addolcire con l’ebollizione.
Eliminazione del ferro e del manganese: si porta l’acqua a contatto con l’aria, per nebulizzazione o caduta a pioggia. In tal modo l’acqua s’arricchisce d’ossigeno, che ossida i sali ferrosi e manganosi a ferrici e manganici; questi, idrolizzandosi, si decompongono in idrossidi insolubili che s’eliminano per filtrazione. Si toglie, così, all’acqua il sapore metallico dato dal ferro e dal manganese.
Arricchimento: è utile per aumentare i sali alcalino-terrosi, carenti nelle acque dolci, ed eliminare l’eccesso d’anidride carbonica. Entrambi questi fattori sono dannosi, perché tali acque corrodono le tubazioni di piombo: questo passa in soluzione e rende le acque aggressive e, col tempo, per la tossicità, nocive.
Si sospendono nei serbatoi centrali sacchi metallici contenenti marmo, calce o magnesite, triturati, che ripristinano un opportuno grado di durezza nell’acqua e ne neutralizzano l’acidità eccessiva.
Depurazione batteriologica: ha lo scopo d’allontanare i macro e micro parassiti, che possono essere contenuti in un’acqua, con particolare riguardo ai patogeni. Si ottiene per filtrazione, con mezzi fisici e con mezzi chimici.
La filtrazione consiste nel far circolare l’acqua attraverso materiale di conveniente finezza, in modo d’avere un arresto, meccanico di tutte le particelle sospese con dimensioni maggiori dei pori, ed uno, per adesione ed adsorbimento anche delle particelle più fini. La purezza delle acque telluriche profonde è dovuta, in parte, ad un processo di filtrazione naturale simile.
La filtrazione si esegue con filtri inglesi o lenti, filtri rapidi o americani e con candele filtranti.
Nei filtri lenti si fa passare l’acqua attraverso strati di ciottoli, ghiaia e sabbia. Dopo 1-2 giorni di funzionamento, si ha la formazione di una membrana biologica, dovuta alla deposizione di particelle organiche sospese nell’acqua, ed allo sviluppo di microflora; questa, ostruendo, in parte, i pori dello strato sabbioso, arresta batteri, spore, funghi, meglio di una sabbia finissima.
Si dice che il filtro è maturato, quando la carica dei microrganismi trattenuta è del 99,5%. Dopo un certo periodo di funzionamento, il filtro diminuisce il rendimento, perché la membrana biologica è cresciuta troppo in spessore e compattezza. Si esegue allora la pulitura del filtro, facendo scorrere acqua in senso inverso. A questo scopo, negli impianti di filtrazione a più filtri, si tiene sempre un filtro a riposo per la manutenzione.
I filtri rapidi si basano sul principio che, trattando l’acqua da depurare con solfato d’alluminio, questo s’idrolizza e precipita come idrato d’alluminio, gelatinoso, che ingloba i corpuscoli e microbi sospesi. Dopo breve sedimentazione è sufficiente una filtrazione più semplice, per avere i medesimi risultati dei filtri lenti. Anche i filtri rapidi funzionano bene dopo maturazione (che è assai rapida) e la membrana superficiale non è biologica, ma d’idrossido d’alluminio. Hanno l’inconveniente che l’intasamento è molto rapido e vanno puliti ogni giorno.
Le candele Chamberland sono costituite da un tubo di porcellana, posta all’interno di un tubo metallico, disposto in modo che l’acqua, arrivando nel tubo metallico, attraversi la parete porosa, dall’esterno verso l’interno. Le particelle sono trattenute per un processo meccanico e per adsorbimento. Le candele possono essere disposte in batterie, a diversa porosità.
Si puliscono con una spazzola sulla parete esterna, facendo passare, contemporaneamente, una soluzione antisettica. Gli inconvenienti sono rappresentati dall’alto costo e dalla facilità di rompersi o fessurarsi, per la fragilità della porcellana.
Fra i mezzi fisici utilizzati per disinfettare l’acqua, il calore presenta l’inconveniente che, con l’ebollizione, si ha perdita di gas e di parte dei sali alcalino-terrosi, con conseguente intorbidamento dell’acqua.
I raggi ultravioletti sono prodotti da lampade di quarzo a vapori di mercurio. L’acqua lambisce la lampada, in strato sottile, poiché i raggi ultravioletti sono poco penetranti. Inoltre l’acqua deve essere limpida, perché i microrganismi, che si trovano nel cono d’ombra delle particelle sospese, possono sfuggire all’azione dei raggi.
Un metodo chimico-fisico (Katadin) sfrutta il principio che i metalli pesanti hanno potere battericida: in genere si usano sali d’argento, finemente suddivisi.
Le sostanze chimiche più impiegate per la depurazione dell’acqua sono l’ozono ed il cloro.
Si ottiene la disinfezione con ozono, sottomettendo ad un flusso elettrico una corrente d’aria filtrata, seccata e fredda. L’aria è poi messa a contatto con l’acqua ed un dispositivo assicura un intimo miscuglio, poiché la solubilità dell’ozono è debole e avviene in tempi lunghi. Il gusto e l’odore dell’ozono spariscono rapidamente, non rimane alcun residuo, l’acqua perde eventuali colorazioni, sono distrutte le materie organiche presenti ed i sali di ferro e di manganese precipitano. L’ozono esercita nell’acqua un’azione battericida sia sui patogeni, sia sui saprofiti. Il costo dell’ozono è più elevato di quello del cloro, ma è in ogni caso accessibile.
Mettendo in contatto l’acqua sia col cloro gassoso (clorazione), sia con i suoi derivati, del tipo degli ipocloriti e dei perossidi (clorurazione): si forma acido ipocloroso, o per idrolisi del cloro molecolare, o per acidificazione degli ipocloriti.
L’azione disinfettante del cloro è in rapporto con numerosi fattori esterni:
a. Il pH dell’acqua: più il pH è prossimo a 1, più la disinfezione è energica.
b. Temperatura: l’effetto battericida aumenta con l’elevarsi della temperatura dell’acqua. In pratica questo sistema è inapplicabile, sia perché le acque non possono essere portate ad alte temperature, sia perché una temperatura alta aumenta lo sviluppo batterico.
c. Tenore in materie organiche. Se è alto, diminuisce il potere battericida, poiché è inibita la formazione d’acido ipocloroso e si formano, invece, composti del cloro a basso potere battericida. Il cloro, poi, con certe sostanze organiche, può generare cattivi sapori.
d. Durata del contatto. È un fattore essenziale per l’efficacia della disinfezione, poiché l’azione del cloro non è istantanea. Quando le acque soggiornano in bacini, bastano dosi minori di cloro rispetto al caso d’acqua di fonte.
e. Indice di cloro. È il tasso di cloro usato e corrisponde alla quantità che l’acqua è capace d’assorbire. Si preferisce sempre mettere cloro in eccesso, neutralizzandolo poi con Na2S2O4, o facendo passare l’acqua attraverso carbone.

Giudizio di potabilità dell’acqua.
Spetta ai laboratori pubblici deputati.
Importanti sono, l’esame della località e lo studio della natura geologica del terreno di scaturigine. Ai dati forniti da tali indagini, s’aggiungono quelli dei saggi organolettici, che indicano se l’acqua è gradevole o disgustosa, e dei caratteri fisici; in particolare le rilevazioni della temperatura, eseguite per lungo tempo, depongono, con la loro costanza o meno, per una maggiore o minore protezione dell’acqua.
La presenza d’idrogeno solforato, ammoniaca, nitriti, fosfati, alte percentuali di cloruri, nitrati, sostanze organiche, indicano un inquinamento.
Molta importanza hanno, poi, i dati dell’analisi batteriologica e, tra questi, in modo particolare, quello concernente il Bacterium coli o ad altri fecaloidi, che ci indicano quale sia il potere filtrante e depurante del suolo: importante, per questo, ma anche per i prelievi di campioni destinati all’analisi chimica, la massima precisione nel prelevamento, facendo precedere tutte le precauzioni, atte ad evitare eventuali inquinamenti occasionali. Bisogna poi curare di non prelevare l’acqua da tubature o pozzi, senza far scorrere prima l’acqua od azionare la pompa per un certo tempo, onde favorire l’eliminazione dell’acqua stagnante.
L’acqua piovana o di neve sono le più pure che si trovano in natura, poiché hanno un residuo fisso bassissimo. Possono contenere, oltre ai gas dell’aria disciolti, piccole quantità di carbonati, nitrito e nitrato d’ammonio e tracce di sostanze inorganiche ed organiche che si trovano nell’aria, o allo stato gassoso, o sotto forma di pulviscolo finissimo. Un costituente costante è il perossido d’idrogeno in tracce.
L’acqua di fiume dipende, per composizione, dall’alveo dello stesso, e dal fatto d’avere vicino abitazioni.
Si riporta la suddivisione del residuo solido medio dell’acqua dell’oceano Atlantico, per mostrare la distribuzione tipo delle sostanze saline:
NaCl 2,75%, NaBr 0,082%, K2SO4 0,181%, CaSO4 0,156%, MgSO4 0,0584%, MgCl2 0,333%, per un totale di residuo solido del 3,4866%.
Autoepurazione delle acque: le differenti fasi del ciclo dell’acqua costituiscono uno straordinario sistema di purificazione naturale. Oltre alla distillazione, meccanismo fondamentale all’origine della piovosità, vi sono altri meccanismi spontanei che permettono d’avere acque pure, nonostante i continui inquinamenti dovuti alla vita umana, animale e vegetale. Il primo è la filtrazione delle acque che provengono dal suolo: le materie solide, anche molto fini, sono trattenute ed i composti nocivi adsorbiti sulla superficie delle particelle filtranti. Nei fiumi la depurazione avviene:
1. Per diluizione.
2. Per sedimentazione delle particelle solide con conseguente eliminazione dei germi fissati sulle stesse.
3. Per ossigenazione, dovuta allo scorrimento, con conseguente distruzione dei batteri anaerobici, per ossidazione.
4. Per ossidazione delle materie organiche da parte dei batteri aerobici, con trasformazione in anidride carbonica, nitrati, solfati ed acqua, sia da parte di quelli anaerobici, a spese dei nitrati e dei solfati.
5. Per effetto delle radiazioni ultraviolette della luce solare, battericide e che aumentano anche le reazioni chimiche; inoltre la luce solare permette la fotosintesi delle piante acquatiche, liberando, di giorno, il doppio d’ossigeno, rispetto a quello che si può evidenziare di notte.
6. Per lo sviluppo d’alghe, che però possono produrre cattivi odori e sapori ed anche sostanze tossiche.
7. Per distruzione spontanea di molti microrganismi che non trovano un mezzo adatto di prolificazione, né dal punto di vista fisico (es. la temperatura), né chimico.

Ogni Comune deve essere fornito d’acqua potabile di buona qualità ed esente da batteri patogeni. Se l’acqua manca, è insufficiente o insalubre, il Comune può essere obbligato a provvedere, qualora il Prefetto lo decreti.
A garanzia della buona conservazione dell’acqua l’articolo 249 del T.U. della legge sanitaria prevede pesanti pene per chiunque contamini l’acqua delle fonti, dei pozzi, delle cisterne, dei canali, degli acquedotti e dei serbatoi d’acqua potabile; sono puniti l’intorbidamento e l’immissione di sostanze estranee. La corruzione, l’adulterazione e l’avvelenamento costituiscono fatti delittuosi previsti e punibili dagli articoli 400 e 439 del Codice Penale.

Il ghiaccio.
Anche il ghiaccio è impiegato nell’alimentazione, quindi deve essere sottoposo ad analisi, per vedere se corrisponde alle condizioni igieniche richieste, in pratica di non provenire da acque impure od esposte ad inquinamento.
Nel ghiaccio si distinguono due strati, uno esterno, cristallino, limpido e completamente trasparente, l’altro interno, amorfo, torbido ed opaco. Questi due strati hanno composizione diversa, poiché, mentre il ghiaccio trasparente si è solidificato lentamente ed è costituito da acqua pressoché pura, lo strato opaco, funzionando da acqua madre, contiene i sali ed i germi che erano presenti nell’acqua d’origine; infatti, è stato osservato che da 1 l d’acqua potabile contenente 71 germi per cc, si ottengono, per raffreddamento, circa 820 g di ghiaccio cristallino, che contiene 8-15 germi per cc e 170 g di ghiaccio torbido, con 450 germi per cc.
Le analisi chimiche e batteriologice sul ghiaccio si eseguono dopo averlo fatto fondere, alla più bassa temperatura e nel più breve tempo possibili, applicando i metodi esposti per le acque potabili.

Comportamento dell’acqua negli alimenti. Tecniche di conservazione.
Abbiamo visto come l’acqua sia un ottimo terreno di cultura per batteri, lieviti, muffe; per questo, nell’utilizzarla nella preparazione di cibi conservati, che, d’altra parte ne contengono grandi quantità di per sé, occorre modificarne la composizione chimico-fisica, o toglierla, in modo da inibire la produzione di patogeni o di eliminarli del tutto.
La salamoia, s’ottiene aggiungendo almeno il 10% di NaCl all’acqua. Si usa soprattutto per semilavorati, che saranno poi conservati con i metodi seguenti.
Il pH dell’acqua è importante per la conservazione dei cibi: sotto il valore di 4,5, ad esempio, le spore del C. botulinum non germinano. Di qui l’uso di conservare alcuni alimenti sotto aceto (almeno il 2%).
L’aggiunta di conservanti come lo 0,1% di nitrato di sodio o di disinfettanti come la CO2, e in particolari casi la SO2, può essere utile.
La refrigerazione consiste nel conservare l’alimento a temperatura fra 0 e 7° C, per alcuni giorni.
Se si vuole conservare un cibo per un periodo superiore, occorre ricorrere al congelamento che, però, a volte, come nel caso dei funghi, può variare la struttura intima del cibo e modificarne i caratteri organolettici.
Il surgelamento è un trattamento a basse temperature (prima –30, poi –18° C) mediante un apparecchio detto abbattitore. Il repentino abbassamento della temperatura non altera la struttura del cibo.
Per tutte le tecniche di raffreddamento occorre ricordare che la catena del freddo non deve subire interruzioni, e lo scongelamento avvenire sempre in frigorifero, per evitare che, mentre la parte interna dell’alimento è ancora ghiacciata, la parte esterna scongelatasi prima, sia invasa da microrganismi.
Con le tecniche del calore si può ottenere ugualmente un buon risultato.
La pastorizzazione richiede un riscaldamento dell’alimento a temperature comprese fra 63 e 85° C, per tempi variabili da pochi secondi fino a 30 minuti. Si ottiene la distruzione totale dei microrganismi patogeni non sporigeni e fino al 99% di quelli non patogeni, ma non d’eventuali spore.
La sterilizzazione a 120° C per 20’ porta invece alla distruzione totale dei germi termofili e delle loro spore.
Per terminare ricordiamo l’essiccazione e la liofilizzazione, tecniche che consistono nel sottrarre dai cibi l’acqua.
L’essiccazione si esegue in stufa o forni essiccatori, in corrente d’aria calda a 45-50° C.
La liofilizzazione è un processo di disidratazione condotto a bassa temperatura e sotto vuoto. Prima il cibo viene fatto congelare in autoclave, quindi, sotto vuoto spinto, è sottoposto a sublimazione: s’innalza, dunque, la temperatura ad un grado tale da eliminare tutta l’acqua. La conservazione dell’alimento, così trattato, che per essere consumato deve essere reidratato, avviene in corrente d’azoto o sotto vuoto, per impedire che assorba l’umidità dell’aria.

Acque industriali.

Le industrie hanno esigenze diverse nei confronti dell’acqua che adoprano in gran quantità: a quelle di fermentazione ed alle concerie occorrono, d esempio, acque prive di sostanze organiche in decomposizione; l’acqua delle lavanderie deve essere dolce, per evitare uno spreco di sapone ed ottenere una buona detersione e l’imbiancamento dei tessuti; l’acqua delle industrie alimentari deve essere sempre una buona acqua potabile. È importante, infine, la natura dell’acqua destinata a caldaie a vapore, che non deve intaccare chimicamente i metalli e deve produrre la minor quantità possibile d’incrostazioni, provocate, in massima parte dalle sostanze in sospensione, dai bicarbonati di calcio e magnesio, dal solfato di calcio e dai silicati. Le incrostazioni o i depositi rendono il metallo delle caldaie cattivo conduttore di calore e, quindi occorrono una maggior quantità di combustibile ed una più elevata temperatura per farle funzionare in modo ottimale. Le incrostazioni si formano per cristallizzazione, mentre i depositi pulverulenti per precipitazione.
Se l’acidità è insufficiente, i depositi calcarei si formano più facilmente; se è eccessiva i fenomeni di corrosione aumentano. La correzione dell’acidità si attua con acido solforico e, se sono presenti troppi solfati, con acido cloridrico o fosfato monosodico. Per correggere l’alcalinità s’impiega ammoniaca, o idrazina o soda, anche se quest’ultima presenta l’inconveniente di liberare, a caldo, in presenza di ferro, idrogeno; ammoniaca e idrazina intaccano invece il rame. Tali correzioni si possono compiere anche con resine scambiatrici.
Durezza e forte mineralizzazione dell’acqua sono responsabili dei depositi d’incrostazioni e di tartrati nei circuiti di refrigerazione e nelle caldaie.
I tartrati sono causati dalla presenza di sali a debole solubilità o sali dissociabili che danno luogo a derivati insolubili. Il meccanismo d’entartrage si può così riassumere: il solfato di calcio si trasforma in emi-idrato sotto ai 110° C ed a 170° C diventa anidro e assai insolubile.
Nelle caldaie si ha la formazione di un tartrato molto duro, che ha la tendenza, al raffreddamento, a reidratarsi, rigonfiando e diventando ancor più aderente. Mezzi di lotta contro l’entartrage sono sia l’addizione di un tartarifugo, sia il trattamento preliminare dell’acqua. Il detartrage delle caldaie si può fare con fosfato sodico, alla dose di 1 kg per ogni m3 d’acqua; l’impiego di tale metodo non è vantaggioso per le caldaie a bassa pressione e per acque con durezza permanente poco elevata: in tali casi sono più adatti i polifosfati.
Nei condensatori, dove la temperatura è molto elevata si formano incrostazioni di nitrati o di carbonato di calcio.
L’addolcimento delle acque, prima dell’impiego, costituisce una soluzione razionale con il procedimento calcio-sodico e con scambiatori cationici, preceduti da neutralizzazione dell’acqua e seguiti da un trattamento con polifosfati. Furono preconizzate anche le aggiunte d’arginati, lignina o glucosio.
La difficoltà maggiore è rappresentata dall’eliminazione della silice, assai dannosa per caldaie ad evaporazione elevata: occorre mantenere un’alcalinità sufficiente con deboli quantità di fosfato trisodico, che trasforma la silice in silicato di sodio. Talvolta, si può ricorrere a purificazione elettrolitica o a resine anioniche scambiatrici d’acidi deboli.

Trattamento delle acque residue.
Le acque residue sono quelle prodotte dall’industria o derivate dalle fogne urbane.
Si tende, attualmente, a recuperare le acque residue, prodotte in enorme quantità, dato lo sviluppo della nostra civiltà. Le acque residue delle industrie alimentari, richiedono soprattutto una depurazione biologica, mentre maggiori problemi si presentano per le acque d’industrie chimiche o metallurgiche.
Per le acque residue urbane si utilizzano fosse settiche dove l’acqua è fatta fermentare in condizioni anaerobiche. Le fosse settiche sono poco utili se nell’acqua sono presenti detergenti o disinfettanti.

 

Acqua demineralizzata e distillata.

Differiscono dall’acqua naturale, poiché sono chimicamente pure, non contenendo sali minerali e sostanze organiche.
Per ottenere una buon’acqua demineralizzata o distillata, occorre prima eliminare dall’acqua naturale le tracce di sostanze organiche, ossidandola con permanganato di potassio.
Se è presente ammoniaca occorre trattare l’acqua con allume potassico che la trasforma in solfato d’ammonio, mettendo in libertà solfato di potassio ed idrato d’alluminio.
Quando l’acqua contiene cloruro di magnesio, questo si decompone, con l’ebollizione, in idrato d’alluminio ed acido cloridrico, che passerebbe nel distillato; allora s’aggiunge preventivamente fosfato bisodico, che trasforma il cloruro di magnesio in NaCl e MgHPO4.
A questo punto si procede alla demineralizzazione con resine scambiatrici e/o alla distillazione.

 

Acqua ossigenata.

Nell’industria l’acqua ossigenata, H2O2, si prepara per via elettrolitica da acido persolforico o persolfati, o per azione dell’acido solforico sul perossido di sodio, raffreddando fortemente.
Nel 1901 Manchot ed Herzog scoprirono che l’idrazobenzene subisce un’autossidazione, con formazione di perossido d’idrogeno. Questa reazione fu applicata, felicemente, all’industria, nel 1932 da Walton e Filson.

 

Acque minerali artificiali.

Con questo nome si designano non solo le acque ottenute artificialmente, con composizione simile a quella delle naturali, ma anche altre soluzioni, preparate da sostanze minerali sciolte in acqua, che ricordano, con il loro aspetto esteriore, le acque minerali, senza che la loro composizione corrisponda ad un acqua minerale naturale.
Ricordiamo fra le principali, l’acqua purgativa di Janos artificiale, l’acqua salina purgativa di Sedlitz artificiale ed i relativi sali, per preparare l’acqua estemporaneamente, l’acqua artificiale di Karlsbad, sempre purgativa, l’acqua di mare artificiale per bagni, il bagno salso-bromo-iodico ed infine l’acqua gassosa semplice (o acqua di Seltz artificiale), o le consimili polveri gasogene per preparare acque gassate estemporanee ( ad esempio l’Idrolitina)(25).
Salvo le ultime citate, l’uso d’acque minerali artificiali si è dimostrato irrazionale, ed il loro impiego è andato scemando col tempo. In ogni caso riportiamo alcuni tipi d’analisi, cui le acque minerali artificiali devono essere sottoposte.
Le acque minerali artificiali devono essere completamente chiare, incolore e limpide. Il residuo a 180° deve corrispondere qualitativamente e quantitativamente a quello dell’acqua minerale imitata. Si eseguono su di esse le analisi chimiche e fisiche, per riconoscerne la bontà e valutare l’assenza di sostanze proibite, limitate o l’indice d’inquinamento organico (ammoniaca, nitrati, nitriti, arsenico, metalli pesanti, ecc.).
Nelle acque gassose artificiali va ricercata l’aria miscelata ai gas che si svolgono, mediante un’azotometro riempito di NaOH, che assorbe l’anidride carbonica.
Fra le bevande rinfrescanti ricordiamo le limonate gassose, miscugli d’acque carboniche naturali, od artificiali, con sciroppi di frutta, acidi come l’ascorbico o il citrico, essenze naturali. L’analisi riguarda la qualità dell’acqua impiegata per prepararle, ed ancora l’aria presente nei gas che la saturano. Si fanno poi ricerche sui caratteri organolettici, su gli acidi minerali presenti, le sostanze edulcoranti, le essenze, i conservanti, i coloranti ed infine sulle saponine che possono essere impiegate per comunicare alle bevande gassate una schiuma forte e persistente.

 

Classificazione, rappresentazione dei risultati analitici ed utilizzo terapeutico delle acque minerali e dei peloidi.

Si definiscono minerali le acque naturali con proprietà chimiche e fisiche che le differenziano dalle acque destinate al consumo umano.
La classificazione più scientifica che ci consente di meglio capire le differenze sostanziali fra i vari tipi, è quella di Marotta-Sica, che fu fatta in base al residuo fisso a 180° C.
L’attuale legislazione, però, non prevede più le oligominerali, e mediominerali, ma divide le acque naturali in acque destinate al consumo umano ed acque minerali.
Acque oligominerali erano, un tempo, dette quelle con un residuo fisso < 0,2 g/l, e mediominerali quelle con residuo fisso compreso fra 0,2 e 1 g/l. Le acque minerali, con residuo fisso > di 1 g/l, si dividono poi in salse sulfuree, bicarbonate, solfate ed arsenicali.
Le acque salse possono essere anche solfato-alcaline, solfato-alcalino-terrose, bromo-iodiche, iodiche, solfato-iodico-alcaline, iodico-alcalino-terrose.
Le sulfuree si dividono in bicarbonate, salse, salso-bromo-iodiche, salso-solfate, alcaline e solfato-alcaline.
Le bicarbonate si classificano come alcaline, alcalino-terrose, alcalino-bromo-iodiche, solfato-alcaline e solfato-alcalino-terrose.
Le solfate possono essere, anche, alcaline ed alcalino-terrose. Le arsenicali, pure ferruginose.
Agli effetti dell’impiego le acque minerali sono dette da bibita, da bagno, da inalazione, da irrigazione… A loro volta le acque da bagno (ma anche quelle per inalazione, i fanghi, ecc.) possono essere fredde, quando la temperatura è < 20° C, ipotermali con T compresa fra 20 e 30° C, termali se la temperatura va da 30 a 40° C, e ipertermali, quando questa supera i 40° C.

Rappresentazione dei risultati analitici.
Poiché, com’è noto, l’analisi chimica c’indica quali sostanze elementari si trovano in soluzione nell’acqua, ma non può, in genere, dirci sotto quale stato si trovano, i risultati del dosaggio dei sali vengono, più razionalmente espressi in ioni, pur senza, con ciò, voler presumerne la dissociazione completa. Di ciascuno ione si calcolano poi le millemoli e le millivalenze, quindi si evidenziano le sostanze che si presumono non ionizzate. La tabella ionica si compone di 5 colonne: la prima riporta il nome dello ione, la seconda il simbolo o la formula, la terza, i g/l, la quarta le millemoli/l, la quinta le millivalenze/l, divisa in anioni e cationi.
L’espressione in millivalenze permette di eseguire un persuasivo controllo finale sui risultati analitici, in quanto la somma dei valori dei cationi deve risultare uguale alla somma del valore ottenuto per gli anioni. L’espressione delle concentrazioni in millemoli permette d’assegnare un’acqua minerale ad uno o ad un altro sottogruppo della classificazione Marotta-Sica.
L’espressione della composizione di un acqua minerale non è impeccabile dal punto di vista analitico, ma ha il difetto di non corrispondere, nella maggior parte dei casi, allo stato reale dei sali dell’acqua, e ha poi l’altro inconveniente di non far risultare, subito, quali sono i più importanti principi mineralizzanti, cosa che riveste molta importanza dal punto di vista farmacologico.
I tedeschi Hintr e Grimhut realizzarono una mappa in cui cationi ed anioni, espressi in millequivalenti, sono riportati, in determinata successione, su due strisce parallele di carta millimetrata, in scala, una sotto l’altra e contraddistinte da diversi colori. Le due strisce sono d’uguale lunghezza, sopravanzando solo il settore concernente gli acidi ed i gas liberi, poiché su una sono riportati graficamente i valori degli anioni e sull’altra quelli dei cationi.
La concentrazione dei componenti è così definita dalla lunghezza della striscia, costruita in modo che 1 mm di lunghezza corrisponde a 1 microequivalente/l dello ione, e dalla larghezza della stessa, che rappresenta, se maggiore, acque ad alto contenuto salino (fig. 13).

Utilizzo terapeutico delle acque minerali
Abbiamo già visto che le acque minerali sono utilizzate, per uso terapeutico, come bibita, bagno o doccia, irrigazioni, iniezioni, inalazioni, aerosol…
La seguente classificazione, lungi dal comprendere tutte le operazioni idroterapiche, oltre la bibita, che si possono compiere, dà un’idea delle innumerevoli applicazioni di un’acqua minerale.

Immersioni – Generali: bagno freddo, caldo, misto, raffreddato, alternato; piscina ad acqua ferma o corrente, calda o fredda. Locali: mezzobagno, maniluvio, pediluvio, semicupio.

Applicazioni semplici – Generali: frizione con lenzuolo, impacco umido, fango. Locali: fomenti ed aerosol, fascia di Nettuno, tubi di Winternitz e Gaertner, mezzo impacco, fango.

Applicazioni a getto – Generali: annacquamenti, abluzioni, spugnature. Locali: annacquamenti e spugnature parziali, irrigazioni.

Applicazioni a pressione – Generali: doccia a getto pieno e rotto, a soffione, a pioggia, a cerchio, a colonna, a collo di cigno. Locali: doccia localizzata frontale, spinale, epatica, addominale, dorsale; semicupio a getto, spinale, ascendente, circolare.

I bagni possono essere stimolanti, sedativi, risolventi, ricostituenti. Le acque stimolanti provengono da sorgenti sulfureo-sodiche ipomineralizzate; le sedative da sorgenti oligo- o mediominerali radioattive, solforoso-calciche, sulfureo-alcalino-terrose, bicarbonate, ricche, oltre che d’anidride carbonica, di cloruro sodico e di bromo; le risolventi, da sorgenti ipotermali, clorurate e ricche d’acido solfidrico; le ricostituenti, infine, da acque mediominerali contenenti arsenico e ferro.
Le acque da bibita si distinguono in:
a- diuretiche. Sono oligominerali, alcaline, salso-alcalino-terrose. L’azione diuretica si ottiene, con le acque oligominerali, in dose massiccia, assunta il mattino, stando sdraiati; con le alcaline, con una dose massima iniziale e dosi minori durante la giornata.
b- antiflogistiche o risolventi. Sono acque salso-iodiche o sulfureo-alcaline.
c- ricostituenti. Arsenicali e arsenicali ferruginose.
d- purgative. Le acque bicarbonato-calcio-magnesiache, le solfato-alcalino-sodiche e le solfato-calcio-magnesiache, hanno una forte azione purgativa. Altre acque possono avere un’azione blanda o indiretta (bicarbonato-solfato-alcaline). Le acque purgative si somministrano il mattino e non vanno ripetute spesso. Quelle blande, sempre il mattino in dosi maggiori. Nel considerare l’effetto lassativo dell’acqua, va tenuto conto dell’azione locale sul tubo digerente e di quella sistemica. Determinano queste caratteristiche la temperatura, la pressione osmotica, la composizione chimica e la radioattività. La temperatura dell’acqua può influire sull’apparato digerente: tiepida irrita meno lo stomaco e diminuisce la peristalsi, mentre fredda la rinforza.
Acque minerali ipotoniche (dette oligi), che hanno una pressione osmotica inferiore a quella del siero umano, sono maggiormente assorbite a digiuno; acque ipertoniche richiamano liquidi nell’intestino, vengono assorbite solo se diluite con acqua potabile, e vanno assimilate ai purganti salini.
L’anidride carbonica aumenta la secrezione gastrica, eccitando le pareti dello stomaco e la peristalsi intestinale.
L’acido solfidrico ha azione purgativa ed antifermentativa.
La radioattività esalta i meccanismi biologici, rafforzando le proprietà terapeutiche dell’acqua, accrescendone quelle digestive, mediante attivazione degli enzimi gastrici e pancreatici.

Acque salse.
Hanno azioni biologiche generali, incidono sul metabolismo, curano lo stomaco, il fegato, la pressione arteriosa alta e sono utili per le vie respiratorie. Contenendo molto cloruro sodico, sono simili al siero fisiologico ed aumentano l’acidità gastrica e la peristalsi.
Le salso-iodiche, contenendo apprezzabili quantità di iodio, sono antiflogistiche, localmente, in particolare sulle mucose, la cute, il sistema circolatorio, e, per via sistemica, funzionando come l’ormone tiroideo ed influenzando il metabolismo e lo sviluppo corporeo. Agiscono sull’obesità.

Acque sulfuree.
Se contengono solfo bivalente, sono più attive, poiché lo ione S-- entra nella composizione degli aminoacidi. Il solfo si può introdurre per via cutanea (bagni), per via respiratoria (inalazioni), attraverso il tubo digerente (bibita) o le mucose genito-urinarie (irrigazioni). Le azioni sistemiche, oltre che generali ed aspecifiche, si manifestano con un’accelerazione del respiro, la dissoluzione del catarro bronchiale, l’aumento della peristalsi; sono, poi, antisettiche, ricostituenti e, sulla pelle, cheratolitiche: riguardano anche il ricambio, il sistema neurovegetativo, le articolazioni.

Acque arsenicali ferruginose.
L’arsenico può essere contenuto nelle acque, sotto forma d’arsenito od arseniato. È in genere accompagnato da ferro e, a volte, da zinco. Le acque arsenicali-ferruginose si dividono in due categorie, a seconda che il pH sia < 3 o compreso fra 6 e 7. Le prime contengono il ferro sotto forma di solfato ferroso o ferrico, le seconde sotto forma di bicarbonato.
Sono essenzialmente ricostituenti.

Acque bicarbonate.
Agiscono sullo stomaco, dilatandone le pareti e diminuendo, in una prima fase, la secrezione gastrica(26); e sull’intestino, poiché attivano il potere digestivo degli enzimi pancreatici.

Acque sulfuree bicarbonato-calciche.
Agiscono sulle malattie dello stomaco e dell’intestino, e sono utili per il fegato e le vie biliari.

Acque radioattive.
Sono considerate radioattive le acque che contengono almeno 3,5 U. M., ma le acque radioattive da bagno devono contenere almeno 80 unità e quelle da bibita 800. 
Si suddividono in micro-radioattive (0,1-1 μC), radioattive deboli (1,1-10 μC), radioattive medie ( 11-100 μC), radioattive forti (101-1000 μC), radioattive superforti (> 1000 μC).
Nella captazione e nel trasporto di queste acque si ha una notevole perdita di radioattività. La radio-emanazione è poco solubile in acqua e dipende dalla sua temperatura, mentre è inversamente proporzionale alla mineralizzazione dell’acqua stessa; varia poi in funzione della stagione e del tempo di dimezzamento degli elementi contenuti.
Le acque radioattive servono per la cura delle malattie del S.N.C., della gotta, dei reumatismi, del sistema circolatorio affetto da arteriosclerosi, dei reni, degli apparati respiratorio e digerente.

Peloidi.
Sono mezzi terapeutici termali o termalizzati, formati da una componente solida ed una liquida. Sono, in genere, materiali incoerenti di formazione antica, recente od in atto, che vengono impiegati per impacchi.
La componente solida è formata da materiali organici ed inorganici, minerali d’origine geologica o fitologica derivati da detriti di palude o d’origine eolica; si costituì in tempi geologici passati, o si forma ai nostri giorni, a profondità variabili. La parte organica può derivare da trasformazione anaerobica o aerobica. La trasformazione aerobica è detta umificazione, avviene in presenza d’ossigeno ed in ambiente acido. La trasformazione anaerobica è detta saproficazione, avviene in ambiente alcalino, in assenza d’ossigeno ed è, di fatto, una putrefazione. I microrganismi giocano un ruolo importante in queste trasformazioni, tanto che sono distinti in biolitici od organici e abiolitici o inorganici.
La componente liquida è costituita da un’acqua minerale, o di mare aperto, e di saline.
La classificazione dei peloidi si basa sull’origine delle componenti solida e liquida. In rapporto alla parte solida si distinguono in inorganici, organici e misti; per la parte liquida, in solforosi, per solfo d’emanazione o di degenerazione, in clorurati, ipertonici o ipotonici, in salsoiodici, alcalini, carbonici.
I peloidi inorganici si dividono, a loro volta in fanghi, vulcanici, morenici, eolici, paleolacustri, paleomarini, di sorgente, e di salse; e in limi, di lago, di laguna o di fiume.
I peloidi organici, in torbe e muffe.
Quelli misti sono detti sapropeli.
Tutti i tipi di peloidi hanno caratteristiche chimico-fisiche diverse, gli uni dagli altri, ma anche proprietà comuni, alle quali è legata l’attività terapeutica:
1. Sono un’intima miscela di solidi e liquidi.
2. Sono formati da dispersioni ultramicroniche (0,01-0,09 μ), microniche (0,1-0,9 μ), e soluzioni amicroniche (> 1 μ).
3. Possiedono un complesso colloidale idrofilo.
4. Contengono solfo, ferro, litio, sodio, alluminio, calcio, cloro, ormoni, radiazioni, gas, fermenti ed altri microrganismi.
5 Hanno capacità termica (1° C/g), inferiore a quella dell’acqua e, tanto più alta questa diventa, quanto più bassa è la percentuale di sostanze organiche contenute.
6. Conducono il calore.
7. Hanno la capacità di trattenere l’acqua senza sgocciolare, tanto più alta, quanto è maggiore la percentuale di sostanze organiche.
8. Sono ipertermali o devono essere scaldati a 42-48° C per impacchi, e a 38-42° per bagni. I peloidi ipertermali sono detti vergini, quelli ipertermalizzati, maturati.
L’azione terapeutica dei peloidi è legata all’umidità, al calore, alla plasticità e, in alcuni casi, alla microflora, costituita da muffe, ed alla componente ormonale steroidea (torbe). Essi possono servire per malattie primarie come quelle delle ossa e delle articolazioni (artrite traumatica, fratture, gotta), per le nevralgie, soprattutto dei nervi periferici, per le affezioni dell’apparato cardiovascolare e muscolare; o malattie secondarie come pseudo-reumatismi ed alterazione del microcircolo; infine per malattie accessorie come l’appendicite, la glicosuria e l’infiammazione prostatica.

Fanghi: sono peloidi inorganici con componente solida di natura argillosa: si tratta, infatti, di melme ipertermali derivanti dalla combustione dell’argilla. Secondo la parte liquida si dividono in sulfurei, clorurati, ferro-arsenicali, bicarbonati.
Il fango usato per cura non è quello vergine, ma questo deve essere sottoposto ad un processo di maturazione, impastato e lavorato per aumentarne la consistenza: a questo punto si ha il fango preparato o medicinale. Una volta utilizzato, il fango viene recuperato ed è detto rigenerato.
Il fango si estrae dal giacimento, si pone in depositi, in cui si fa avvenire la maturazione per un periodo di 3-6 mesi, con due metodi: il primo consiste nel porlo nel cratere della sorgente minerale, dove avvengono le variazioni chimiche, fisiche e biologiche; il secondo metodo richiede l’uso di grandi vasche, dove il fango è sistemato in strato non molto spesso, e vi si fa circolare l’acqua minerale.
Dopo la maturazione, il fango si conserva in depositi di magazzinaggio, sempre coperto d’acqua minerale, e tenuto ad una temperatura di 46° C.

Caratteristiche chimico-fisiche dei fanghi:
aspetto: melma traslucida;
colore: grigio scuro (dovuto a FeS);
odore: d’uova marce (H2S);
pH: alcalino;
consistenza: simile a quello di una pasta cosmetica;
densità: compresa fra 1,45 e 1,75 (varia secondo il rapporto fra parte solida e liquida);
capacità termica: compresa fra 1 (quella dell’acqua) e 0,2 (quella della fase solida).

I fanghi si sottopongono a varie analisi chimiche e fisiche: ricerca dei colloidi e della radioattività, misura della capacità termica, degli indici di riscaldamento e raffreddamento, determinazione del potere assorbente, astringente, battericida, della plasticità e delle dimensioni delle particelle solide.

I fanghi di sorgente sono miscugli di materiale organico ed inorganico trasportato dall’acqua di scaturigine. La parte inorganica è costituita da detriti di rocce eruttive e metamorfiche. La parte organica, scarsissima, è formata da microflora e microfauna che si sviluppano, spontaneamente nell’acqua sorgiva.
Fanghi di salse: le salse sono eruzioni pseudovulcaniche di cui è ricco l’Appennino Tosco- Emiliano. Costituiscono la componente solida di questi peloidi, che contengono spesso materiale bituminoso e sono impregnati d’acqua salso-iodica; sono poveri di colloidi.
Fanghi vulcanici: possono subire la maturazione negli stessi crateri; contengono sali inorganici, alghe e microrganismi e sono ricchi di colloidi.
Fanghi paleomarini: contengono molto materiale argilloso ed un’elevata quantità di cloruri, solfati, fosfati e carbonati, oltre a numerosi fossili marini e colloidi sia organici, sia inorganici. Il contenuto organico è simile a quello dei fanghi vulcanici.
Fanghi paleolacustri: contengono meno ioni solfato e cloruro, rispetto ai paleomarini, e materiale argilloso con fossili lacustri.
Fanghi morenici: la componente solida è materiale argilloso trasportato dai ghiacciai, molto untuoso al tatto, e ricco di sabbia; contengono molti colloidi, specialmente organici.

I fanghi sono indicati, particolarmente, nelle malattie osteo-articolari.

Melme, limi: sono peloidi inorganici ipertermalizzati. Vengono usati per impacchi e bagni. La componente solida è, principalmente, minerale e si può essere formata o per sostanze che, col tempo, si sono andate a depositare sul fondo di lagune e laghi salmastri, che poi sono evaporati, provocando la precipitazione dei sali (depositi per evaporazione); o da giacimenti minerali dilavati dai terreni circostanti per azione della pioggia (d. di dilavamento); o da terreni distaccatisi dalle rive dei laghi o delle lagune (d. di distaccamento). La fase liquida è spesso acqua di mare, ma anche un’acqua minerale.
I limi hanno una quantità di sostanze organiche maggiore rispetto ai fanghi, sono ricche di colloidi ed alto è il tenore d’acido solfidrico. La parte solida assomiglia a quella dei fanghi paleomarini. Si trovano, quasi esclusivamente nelle repubbliche ex sovietiche, specie nel Mar Nero, dove sono molto impiegati. La preparazione consiste semplicemente nell’impastarli con l’acqua e riscaldarli: il riscaldamento avviene all’aperto, per mezzo del sole, o artificialmente.

Torbe: sono fanghiglie ipertermalizzate la cui componente solida, essenzialmente organica, si presenta opaca(27). In rapporto alla componente solida si dividono in palustri o di laguna, di brughiera o prateria e marine; secondo quella liquida in ferruginose, sulfuree, saline, carboniche. Il tenore organico della parte solida può raggiungere il 99%. In pratica si tratta di carboni fossili giovani, quindi meno ricchi di carbonio rispetto ad altri carboni, ma molto più ricchi rispetto agli altri peloidi. Derivano da decomposizione (putrefazione) deidrogenante e deossidante di piante d’origine lacustre. Nelle torbe, infatti, sono presenti, inalterate, anche sostanze proprie dei vegetali, come la cellulosa, la lignina, la chitina ed alcuni zuccheri. I minerali variano secondo la torbiera: si possono avere torbe argillose, d’origine eolica o endogena.
Le torbe si distinguono poi in alte, derivanti dalla fermentazione d’eriche, ed in basse se le piante fermentate erano felci e rovi.
La maturazione, necessaria, può portare anche a torbe ferruginose, se, durante il procedimento, la torba viene a contatto con sali di ferro.
Analisi delle torbe: l’estrazione si fa con un solvente organico che asporta cere, grassi e solfo. Il residuo si tratta poi con alcool assoluto che separa i coloranti, le pectine ed i monosaccaridi.
Quindi, a parte del residuo s’aggiunge acido solforico dil. che scioglie le proteine idrolizzabili e le emicellulose; ad un'altra parte, con acido solforico concentrato, s’estraggono le proteine poco idrolizzabili e la cellulosa. Nel residuo finale restano chitina, lignina ed acidi umici.

Muffe: sono peloidi organici costituiti dal sottofondo vegetale delle sorgenti sulfuree. Si presentano come poltiglie ipotermali, la cui parte solida è formata essenzialmente da alghe ed amebe. La parte minerale contiene composti silicei e sali provenienti dall’acqua minerale o da rocce e terreni attraversati. Si formano direttamente nel cratere della sorgente sulfurea e sulle rocce bagnate dall’acqua, in piccoli o grossi strati. Possono essere di colore diverso, secondo le alghe che contengono.
Per uso terapeutico, sono impiegate come i fanghi.

Caratteristiche delle muffe:
aspetto: filamentoso;
colore: verde, bruno, rossastro;
odore: d’uova marce;
consistenza: gelatinosa.

Sapropeli: sono i peloidi misti od inerti. Si presentano come una fanghiglia ipertermalizzata, dove è avvenuto, in passato il processo di saproficazione. Impastati con l’acqua termale, s’impiegano per impacchi. Si dividono in sapropeli propriamente detti, sapropeliti, saprocoli e ghittie.
Nei sapropeli propriamente detti prevale la parte organica animale; sono ricchi di colloidi e l’aspetto è pastoso.

La pastosità dei sapropeliti è dovuta all’argilla, che li rende anche untuosi al tatto.

Le ghittie non sono veri e propri sapropeli, in quanto solo la parte finale della trasformazione, che è parziale, avviene anaerobicamente; di conseguenza è scarso l’acido solfidrico.

I saprocoli hanno una composizione compresa fra quella delle torbe e quella delle ghittie, e contengono anche sostanze umiche.

 

Le terme.
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La cultura termale fa parte del nostro millenario patrimonio: chi non ha visitato le terme romane di Pompei, o moderni stabilimenti che portano ancora le vestigia d’antichi luoghi di cura con le acque minerali; si trovano notizie di terme nei testi di storia e di letteratura.  L’acqua è, da sempre considerata un simbolo universale di purificazione e rinascita, sia nella simbologia religiosa (battesimo, abluzioni indù nel fiume Gange), sia nella rappresentazione artistica. Famosi personaggi del passato fecero la storia e la cultura del nostro Paese, incontrandosi nelle più prestigiose stazioni termali.
Oggi lo stabilimento termale è, prima di tutto, luogo di cura, di tutela della salute e di recupero dello stato di benessere psicofisico.
L’acqua minerale è un vero e proprio farmaco e la scelta di una bibita, di un bagno, di un’inalazione, ecc. è subordinata al giudizio clinico del medico, basato su rigorose ricerche scientifiche che si sono succedute negli anni passati, e che, tuttora proseguono con nuove scoperte ed accezioni.
Le stesse apparecchiature di preparazione e d’erogazione dell’acqua sono affidate a tecnologie assai avanzate.
L’incremento dell’età media nei paesi, come il nostro, ad alto livello socio-economico, ha portato ad un aumento esponenziale delle malattie senili croniche, degenerative e dismetaboliche, unite ad una maggior incidenza d’esiti traumatici e accompagnate, spesso, da stati di stress, dovuti all’incalzare della vita moderna. Non è poi esente da patologie croniche la popolazione giovanile, maggiormente soggetta a malattie respiratorie e ad allergie.
La terapia termale, detta crenoterapia, si serve di un utilizzo differenziato delle acque minerali, per mezzo di una terapia idropinica (bibita) mirata all’apparato gastroenterico, renale, ecc., inalatoria, per le vie aeree superiori ed inferiori, irrigatoria per le mucose nasali o vaginali, oltre che dell’uso di bagni, docce, esposizione in grotta, volti a curare, soprattutto, l’apparato osteo-articolare.
In questa maniera le terme rispondono esattamente al concetto di salute espressa, anni fa, dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, secondo la quale “la salute non è assenza di malattie, ma uno stato completo di benessere”. Gli stessi interventi di medicina estetica rispondono all’esigenza fondamentale di porsi in relazione con i nostri consimili ( da G. Nappi, Direttore della Scuola di Specializzazione in Idrologia Medica dell’Università degli Studi di Milano).

Patologie che traggono beneficio dall’uso d’acque minerali e termo-minerali.
Secondo il D.M. 15 dicembre 2004, le malattie che possono trovare reale beneficio dai trattamenti delle terme, sono le seguenti.
Patologie reumatiche: osteartrosi ed alte forme degenerative, reumatismi extra articolari.
Patologie delle vie respiratorie: rinosinusiti croniche, bronchiti croniche semplici o accompagnate da componente ostruttiva, con esclusione dell’asma e dell’enfisema avanzato complicato da insufficienza respiratoria grave e da cuore polmonare.
Patologie otorinolaringoiatriche: rinopatia vasomotoria, faringolaringite cronica, sinusite cronica, stenosi tubarica, otite catarrale cronica e/o purulenta, non colesteatomatosa.
Patologie dermatologiche: psoriasi non pustolosa, eczema e dermatite atopica, escluse le forme vescicolari ed essudative, dermatite seborroica ricorrente.
Patologie ginecologiche: sclerosi del connettivo pelvico, sia cicatriziale sia involutiva, leucorrea persistente da vaginiti croniche aspecifiche o distrofiche.
Patologie dell’apparato urinario: calcolosi, anche recidivanti.
Patologie vascolari: postumi di flebopatie croniche.
Patologie dell’apparato gastroenterico: dispepsia anche biliare, sindrome del colon irritabile con stipsi.

 

Glossario

Aerosol termale: terapia inalatoria con acqua minerale suddivisa in microparticelle.
Antroterapia: trattamento che prevede la permanenza del paziente in grotta, un ambiente naturale caldo-umido (fino al 98% d’umidità relativa) con bassa velocità di correnti d’aria, connesso a sorgente idrotermale; o in stufa, dove l’ambiento è secco.
Balneoterapia: immersione a scopo terapeutico del paziente in acqua termale, in vasca singola o piscina. Può essere marina, se s’impiega acqua di mare a 37-38° C.
Bendaggio termale: si esegue con fasce imbevute d’acque termali e/o estratti vegetali.
Bibita: assunzione, per via orale, di un’acqua minerale. La terapia è detta idropinica.
Crenoterapia: sinonimo di terapia termale.
Doccia: metodica che utilizza acqua minerale, con variazioni sulla temperatura, sulla pressione od altre caratteristiche chimico-fisiche dell’acqua. Può essere calda, fredda, totale o locale. La doccia riflessogena, a getti orientabili è tonificante. La doccia filiforme prevede getti d’acqua perpendicolari alla cute, del diametro di ½ mm.
Fango: melma ipertermale impiegata come impacco. L’applicazione può essere più o meno estesa, richiede tecniche particolari ed è seguita da bagno e da massaggi.
Humage: tecnica d’impiego dei gas che si sviluppano dalle acque minerali, o che ne vengono estratti con particolari accorgimenti.
Idrochinesiterapia: terapia che utilizza il movimento in acqua come mezzo terapeutico. La sua esecuzione in acqua minerale potenzia gli effetti curativi.
Idromassaggio: metodica massoterapica, che utilizza la pressione esercitata da getti d’acqua, in immersione.
Inalazione a getto di vapore: terapia respiratoria a base di vapori d’acqua termale.
Insufflazione endotimpanica: terapia delle otiti croniche e della sordità rinogena, che consiste nell’immissione di gas sulfureo a pressione, mediante cateterismo della tuba d’Eustacchio e della cassa timpanica.
Irrigazione: tecnica che permette di far giungere acqua o gas termali, a diverse temperature e pressioni, a diretto contatto con le mucose, vaginale, nasale, faringea, orale, intestinale.
Manovra di Politzer: tecnica che prevede deglutizioni a narici chiuse, con aumento della pressione dell’aria nella regione rino-faringea. Utilizza acqua sulfurea. Ha le stesse caratteristiche dell’insufflazione endotimpanica e si sostituisce a questa se essa risulta difficoltosa, dolorosa o, comunque, mal tollerata.
Massaggi: insieme di manipolazioni sistematiche e scientifiche del corpo con lo scopo di migliorare la circolazione sanguigna ed influenzare il sistema nervo-muscolare (terapia Knapp).
Il massaggio è detto connettivale, quando interessa le connessioni fra la cute e gli organi da trattare; estetico se ha una funzione drenante e riattivante della circolazione, con lo scopo di ridurre la cellulite; fisioterapico quando interessa il recupero della muscolatura e delle articolazioni (idrofisioterapico se si esegue sotto il livello dell’acqua); rassodante quando mira a tonificare i tessuti, per ripristinarne l’elasticità naturale; riattivante se tende a ristabilire una corretta circolazione sanguigna (si attua dopo l’applicazione di fanghi). Si parla poi di drenaggio linfatico, quando, con manovre manuali o strumentali, si favorisce il deflusso venoso e linfatico degli arti.
Nebulizzazione: terapia respiratoria totale, mediante sistemazione in ambiente saturo di vapore termale.
Peeling: pulizia e preparazione della pelle per i successivi trattamenti estetici.
Psammoterapia: o sabbiatura: utilizza il calore secco ottenuto dalla sabbia marina riscaldata.
Stufa: grotta termale secca e con temperatura elevata.
Riabilitazione termale: insieme di tecniche e metodiche di uno stabilimento termale, atte a ripristinare una funzione perduta.
Talassoterapia: sfrutta l’azione combinata di fattori climatici marini con l’utilizzo d’acqua di mare, sabbia, ecc.
Trattamenti estetici: a- per i capillari; una mineralizzazione con prodotti termali per ripristinare la normale colorazione della pelle; b- decongestionanti, se s’impiegano acque antiflogistiche unite ad estratti vegetali, per riequilibrare l’elasticità e il colorito della pelle del viso; c- detossinanti, ad azione disintossicante e decongestionante, a mezzo anche d’oli vegetali, per il cuoio capelluto o altri tessuti; d- rassodanti quando utilizzano prodotti termali per recuperare l’elasticità dei tessuti.
Ventilazione polmonare: cura specialistica praticata nella riabilitazione respiratoria. Si associa a cure inalatorie e utilizza tecniche a pressione.

Le principali acque minerali italiane, ed alcuni centri di benessere.

Abano Terme (Padova): terme già note agli antichi (aponos in greco = senza dolore), ricordate da Plinio, Marziale, Claudiano, e studiate, fin dal 1300, dall’Università di Padova che, nel 1996, ha istituito un Osservatorio Termale Permanente; sono utilizzate sia le acque provenienti da varie sorgenti o da pozzi, che raggiungono gli 87° C, sia il fango ricavato da antichi crateri vulcanici. Poiché nelle vasche di maturazione del fango si sviluppa un’abbondante vegetazione, il fango d’Abano è considerato vegeto-minerale. La sorgente principale è quella di Montirone; le acque sono salso-bromo-iodiche, ipertermali, radioattive (2,28 mμC), con residuo fisso 5 g/l. L’acqua della fonte S. Daniele è fredda e sulfurea.

Acireale (Catania): due le sorgenti, S. Venera e Pozzillo. La prima dà un’acqua sulfureo-salso-bromo-iodica, ipotermale, con residuo fisso 5,367 g/l. L’acqua Pozzillo è una bicarbonato-bromica e non contiene iodio.

Acqua Acetosa S. Paolo (Roma): fredda, solfato-bicarbonato-alcalino-terrosa, con residuo fisso 2,44 g/l, leggermente radioattiva.

Acqua Appia (loc. Ciampino, Roma): fredda, mediominerale, bicarbonato-alcalino-terrosa, con residuo fisso 0,838 g/l. Si usa come acqua da tavola; ha azione antiurica.

Acqua di Nepi (Viterbo): fredda, mediominerale, alcalino-bicarbonata, con residuo fisso 0,532 g/l.

Acqua Egeria (loc. Acqua Santa, Roma): fredda, mediominerale, alcalino-bicarbonata, con residuo fisso 0,742 g/l.

Acqua Mariana (Roma): fredda, mediominerale, con residuo fisso 0,59 g/l, e radioattività di 7,14 U.M.

Acqua Panna (loc. Monte Gazzaro, Firenze): fredda, oligominerale, leggermente alcalina, con residuo fisso 0,1233 g/l. Può essere usata nell’alimentazione dei lattanti.

Acqua Sacra (loc. Monte Sacro, Roma): fredda, solfato-bicarbonato-alcalino-terrosa, con residuo fisso 1,642 g/l.

Acqua Santa (Palermo): fredda, cloruro-sodica, con residuo fisso 21,7 g/l. È usata per bagni.

Acquasanta Terme (Valle del Tronto, Ascoli Piceno): terme esaltate da Plinio e Tito Livio. Acqua termale (T 36° C), salso-solforosa, con residuo secco 2,612 g/l. La polla principale sgorga in una grotta, satura di vapori, ricchi d’acido solfidrico, che raggiunge una temperatura ambiente di 35° C; per ciò è usata per terapie diaforetiche. I fanghi, argillosi, si depositano lungo il percorso dell’acqua.

Acquasparta (Terni): due le sorgenti, Amerino e Furapane. Acque fredde mediominerali, bicarbonato-alcalino-terrose, con residuo fisso, rispettivamente di 0,419 e 0,3478 g/l, usate per bibita. La prima è indicata nei dolori osteo-articolari, nella calcolosi renale e nell’uricemia; la seconda, nelle affezioni epato-biliari e come acqua digestiva e da tavola.

Acque Albule (Tivoli, Roma): le terme furono volute da Augusto e costruite da Vispanio Agrippa. Le acque sono ipotermali, sulfureo-carboniche, con residuo secco 2,604 g/l. A contatto con l’aria precipita una parte del solfo, conferendo la caratteristica opalescenza.

Aqui Terme (Alessandria): detta Aquae Statielae, dal nome dei Liguri Stazielli. Distrutta dalle calate dei barbari, fu ricostruita, verso il 1480, e le terme potenziate da Carlo Alberto. Numerose le sorgenti, sulfureo-salso-bromo-iodiche, con termalità compresa fra 55° (Antiche Terme, nell’alta valle Bormida), e 75° C (sorgente Bollente, in città). Nell’oltre Bormida sgorga anche una sorgente fredda, salina, con residuo fisso 12,7 g/l, usata come bibita purgativa.

Agliano Terme (Asti): due le sorgenti, la Fons Salutis, fredda, salso-solfato-magnesiaca, con residuo fisso 11,43 g/l, e la S. Rocco, fredda, sulfureo-salso-solfato-bicarbonato-alcalina, con residuo fisso 9,06 g/l.

Agnano Terme (Napoli): sono più di 75 le sorgenti, alcune ipertermali (anche > 90° C), alcune ipotermali, altre fredde. Le principali sono la sorgente Zampillo d’Italia, ipertermale (T 70,5° C), bicarbonato-alcalino-bromo-iodica, con residuo fisso 10, 834 g/l; la De Pisis, ipertermale (T 72,5 C), salso-bromo-iodica, con residuo fisso 7,542 g/l; la Marte, ipertermale (T 27,5 C), alcalino-bicarbonato-bromo-iodica, con residuo fisso 1,904 g/l; l’Apollo, ipotermale (T 20° C), bicarbonato-alcalina, con residuo fisso 1,94 g/l, usata per bibita. I fanghi sono ricavati da giacimenti d’argille, attraversati dalle acque ipertermali. Rinomate anche le Stufe di S. Germano e di S. Pancrazio, a calore secco, dove si fanno terapie diaforetiche, alimentate da emanazioni gassose del sottosuolo, i soffioni, peculiarità geologica dei Campi Flegrei. Ed una grotta ricca d’acido carbonico, dove si trattano le flebopatie ed i disturbi locomotori degli arti inferiori; sembra che questa grotta sia efficace, anche, nel trattamento dell’ipertensione.

Alì Terme (Messina): Allo stabilimento Granata Cassibile fanno capo 4 sorgenti ipotermali, sulfureo-salso-bromo-iodiche, con residuo fisso intorno ai 37 g/l; ed una ipertermale (T 46° C), salso-bromo-iodica, usata per bagni e fanghi. Allo stabilimento Marino Giuseppe, una sorgente fredda solfato-salso-alcalina, con residuo 4,5 g/l; ed una con temperatura di 39° C, sulfureo-salso-bromo-iodica, con residuo fisso 37,39 g/l.

Alta Val Nervia Terme (Pigna, Imperia): acqua solforoso-calcio-magnesiaca, con tracce di iodio e arsenico.

Alzate Brianza (Como): A villa Odescalchi, già dimora d’Innocenzo XI, è ospitato un centro benessere. Nelle vicinanze, ad Albavilla, la grotta naturale più lunga d’Europa, d’importanza anche storica, perché fu usata come rifugio dalla popolazione, durante la calata dei Lanzichenecchi.

Angolo Terme (Breno, Brescia): l’acqua della fonte di S. Silvestro è fredda, ipotonica, solfato-bicarbonato-alcalino-terrosa, con residuo fisso 1,335 g/l. Si usa, per bibita.

Anguillara Sabaria (Roma): dalla fonte Acqua Claudia, sgorga un’acqua fredda, mediominerale, con residuo fisso 0,922 g/l, usata nelle dispepsie gastriche e come acqua da tavola.

Antrodoco Terme (Rieti): le sorgenti Molino e Bagni forniscono acque fredde, sulfureo-ferruginose con residuo secco 2,002 g/l.

Arco (Trento): cittadina situata nei pressi del lago di Garda, vera nicchia ecologica, a soli 5 Km da Dro, dove si può ammirare un enorme ammasso di macigni, che fanno da riva al fiume Sarca, circondati da un paesaggio morenico rilevante. Ospita un importante centro di medicina estetico-chirurgica.

Arezzo: la Fonte Montione dà un’acqua fredda, bicarbonato-alcalino-terrosa con residuo fisso 3,42 g/l.

Arquà Petrarca (Padova): sorgenti termali solforose.

Arta (Udine): terme antichissima la cui acqua, che sgorga dalla Fonte Pudia, era detta Acqua Giulia. L’acqua è fredda, sulfureo-solfato-calcio-magnesiaca, leggermente radioattiva, con residuo fisso 2,3 g/l.

Asciano (Siena): la sorgente di Montalceto dà un’acqua termale (T 32° C), bicarbonato-alcalino-terrosa, con residuo fisso 2,5 g/l.

Aspio Terme (Camerino, Ancona): acqua fredda, salso-bromo-iodica fornita da sei diverse sorgenti, la più importante delle quali è la Forte, con residuo fisso molto alto (anche 18 g/l).

Assisi (Perugia): l’acqua di Santo Raggio è fredda, mediominerale, lievemente radioattiva (1,75 U.M.), con residuo fisso 0,48 g/l. È usata come bevanda.

Bagni al Chiatamone (Napoli): dalle due sorgenti, situate nel rione S. Lucia, sgorgano acque fredde, bicarbonato-alcalino-ferruginose. L’Acqua da Bagno (residuo fisso 23 g/l) è usata anche per irrigazioni; l’acqua Ferrata (residuo fisso 1,98 g/l) per bibita.

Bagni del Cantuccio (Campo Tures, Bolzano): acqua fredda, oligominerale, con residuo fisso 0,092 g/l.

Bagni del Doccio (Murlo, Siena): acque sulfuree, ipertermali (T 48° C), ricche d’acido carbonico, con residuo fisso 2,3 g/l.

Bagni del Màsino (Sondrio): acqua termale (38° C), mediominerale, solfato-alcalina, ricca di silicio.

Bagni di Antermoia (S. Martino in Badia, Bolzano): acqua fredda, solfato-alcalina, con residuo fisso 1,92 g/l.

Bagni minerali di Antonimina (Reggio Calabria): le acque, note fin dall’antichità e dette Sante, sono classificate ipertermali, solfato-alcalino-salso-iodiche.

Bagni di Bacedasco (Castello Arquato, Piacenza): acqua fredda, solforosa, con presenza di bromo iodio e ferro.

Bagni di Bormio (Sondrio): nella grotta di S. Martino dei Bagni Vecchi, d’epoca romana, alimentata da diverse sorgenti del monte Reit, d’acqua solfato-bicarbonato-calcio-magnesiaca, a temperatura di 38-41° C, si eseguono terapie diaforetiche. Le altre cure si compiono nei Bagni Nuovi, in Paese. Le sorgenti sono chiamate S. Martino, Arciduchessa, Zampillo dei Bambini, Cassiodora, S. Carlo, Pliniana, Nibelunghi, Ostrogoti, Bormiese. Hanno radioattività varabile da 2,06 mμC a 71,16 mμC.

Bagni di Braies Vecchia (Bolzano): acqua fredda, mediominerale, con residuo fisso 0,903 g/l.

Bagni di Caldana (Campiglia Marittima, Livorno): acqua ipertermale (T 42° C), solfato-alcalino-terrosa, con residuo fisso 2,34 g/l.

Bagni di Casciana (Pisa): la sorgente scaturisce in paese, con una portata di oltre 5.000 m3/die. L’acqua, detta Mathelda, è termale (T 36° C), solfato-calcico-carbonica, con residuo 2,9 g/l (bagni in corrente e irrigazione); a 2 Km, la Fonte S. Leopoldo, fredda, bicarbonato-alcalina con residuo fisso 5,63 g/l (bibita). Lo stabilimento, oltre al centro benessere, offre due piscine con cascate, colli di cigno, geyser, lettini ad aria, ecc.

Bagni di Corte in Rio Pusteria (Bolzano): acqua fredda, oligominerale, radioattiva (2,7 mμC), con residuo secco 0,196 g/l.

Bagni di Cortina (S. Vigilio di Marebbe, Bolzano): acqua fredda, mediominerale (residuo fisso 0,743 g/l), radioattiva (6,2 U.M.), usata per bagni.

Bagni di Ilistra (Chienes, Bolzano): acqua fredda, oligominerale (residuo fisso 0,16 g/l).

Bagni di Lucca: stazione termale con numerosi stabilimenti alimentati da varie sorgenti d’acqua calda, radioattiva, cloruro-sodico-solfato-bicarbonato-calcica.
Bagni Caldi: con grotte sudatorie a temperatura variabile da 38 a 50° C.
Bagni Doccione: vapore a T 54° C; l’acqua ha residuo fisso 3,099 g/l e radioattività 1,7 U. M.
Bagni Bernabò: T 40° C, residuo fisso 2,71 g/l, radioattività 1,91 U.M.
Fonte S. Giovanni: T 38° C, residuo fisso 1,704 g/l, radioattività 7,7 U.M.
Bagni Villa: T 39° C, residuo fisso 2,594 g/l, radioattività 2,1 U.M.
Altre sorgenti sono alle Docce Basse e alle Terme Bastiani - La Cava, dove le acque sono però solfato-bicarbonato-calciche.

Bagni di Lusnizza (Valborghetto Valbruna, Udine): Fonte Oman Teresa e Fonte Kovatsch Tommaso; acqua fredda, sulfurea, con residuo fisso 1,87 g/l.

Bagni di Mezzo (S. Pancrazio, Bolzano): acqua fredda, mediominerale, arseno-ferruginosa, con residuo fisso 0,86 g/l e radioattività 3 mμC.

Bagni di Pedraces (Badia, Bolzano): acqua fredda, oligominerale, solforosa con residuo fisso di soli 0,21 g/l.

Bagni di Pervalle (Valdaora, Bolzano): due sorgenti fredde, una sulfurea, con residuo fisso 2,417 g/l, usata, prevalentemente, per bagni; ed una con tracce di ferro, somministrata per bibita.

Bagni di Petriolo (Monticiano, Siena): Acqua solforosa, ipertermale (T 46° C), con residuo fisso 2,60 g/l.

Bagni di Rabbi (Trento): Antica Fonte, d’acqua fredda, mediominerale, bicarbonato-ferruginosa, con residuo fisso 1,7 g/l e radioattività 2 mμC; ricchissima d’anidride carbonica.

Bagni di Razzes (Castelrotto, Bolzano): Due sorgenti fredde, una mediominerale, ferruginosa, con residuo fisso 0,62 g/l e radioattività 1,6 U. M.; la seconda, oligominerale, solforosa, con residuo fisso 0,272 g/l e radioattività 0,5 U.M.

Bagni di S. Candido (Bolzano): numerose le sorgenti d’acqua fredda, una sulfurea, con residuo fisso 2,101 g/l e radioattività 2,7 U. M.; una solfato-ferrosa, con residuo fisso 1,982 g/l e radioattività 2,5 U. M.; una magnesiaca, con residuo fisso 1,513 g/l e radioattività 1,5 U. M.

Bagni di S. Maurizio (Villandro, Bolzano): acqua mediominerale, fredda, sulfurea, con residuo fisso 0,313 g/l e radioattività 3 U. M.

Bagni S. Filippo (Castiglione d’Orcia, Siena): la notorietà delle acque risale a S. Filippo Benizzi (XIII sec.) che, si dice, operasse numerose guarigioni utilizzando le acque termali.
L’acqua è ipertermale (52° C), sulfureo-solfato-bicarbonato-alcalino-terrosa, con residuo fisso 4,09 g/l.

Bagni di S. Teodoro (Avellino): acqua mediominerale, sulfureo-alcalino-carbonica.

Bagni di Scaleres (Varna, Bolzano): due sorgenti fredde oligominerali (residuo fisso 0,035 g/l), una ferruginosa, l’altra sulfurea.

Bagni di Serga (Sarentina, Bolzano): acqua fredda, oligominerale, con residuo fisso 0,0616 g/l.

Bagni di Stigliano (Canale Monterano, Roma): già noti agli Etruschi. Il nome Aquae Stygianae, dalla tradizione popolare, poiché simili a quelle paludose dello Stige, il fiume degli Inferi. Due le sorgenti, Fangaia e Grotta. Acqua ipertermale (circa 60°), solfo-iodica; i fanghi, estratti da giacimenti con alta percentuale di silice ed argilla, sono fatti maturare in tale acqua.

Bagni di Tivoli: vedi Acque Albule.

Bagni di Vinadio (Cuneo): acque mediominerali, sulfuree, provenienti da otto diverse sorgenti.

Bagni di Viterbo: Terme dei Papi e Terme Salus, alimentate da numerose sorgenti, le principali delle quali sono, Bagno del Papa, Bacucco-Bagnaccio, Massi di S. Sisto e Bulicame (T 58° C). Le acque sono ipertermali, per lo più sulfureo-solfato-bicarbonato-alcalino-terrose. Importanti la grotta sudatoria, la cui umidità è creata, da una cascata naturale d’acqua minerale; ed i fanghi, ricavati dal laghetto Bagnaccio, un cratere vulcanico sul fondo del quale sgorgano numerose sorgenti d’acqua termale, che mineralizza le argille presenti.

Bagni Egardo (Parcines, Bolzano): acqua fredda, mediominerale, bicarbonato-alcalino-terrosa, con tracce d’acido solfidrico, residuo fisso 0,23 g/l, radioattività 12 mμC.

Bagni Froi (Chiusa d’Isarco, Bolzano): tre le sorgenti, fredde, mediominerali, radioattive. Ferruginosa, con residuo fisso 0,295 g/l e radioattività 8,96 U. M.; Radioattiva, con residuo fisso 0,282 g/l e radioattività 43,6 U. M.; Solforosa, con residuo fisso 0,248 g/l e radioattività 3,9 U. M.

Bagni Tre Chiese (Barbiano, Bolzano): due sorgenti fredde, dette Acqua da Bagno, e Acqua dell’Eremita, oligominerali, radioattive, con residuo fisso 0,06 e 0,167 g/l, radioattività 1,2 mμC e 5,5 U. M.

Bagni Verdines (Scena, Bolzano): acqua fredda oligominerale, feruginosa, con residuo fisso 0,118 g/l ed un tenore di CO2 di 2,92 ml/l.

Bagno di Romagna (Forlì): la Fonte S. Agnese sgorga, in numerose polle da un cratere. L’acqua è ipertermale (T 45° C), mediominerale (residuo fisso 0,892 g/l), sulfureo-bicarbonato-alcalina. I fanghi si preparano facendo macerare argilla nell’acqua. Esistono, nelle terme, due stufe con vapori a 40-42° C.

Bagno Vignoni (S. Quirico d’Orcia, Siena): sorgente ipertermale (T 52° C), d’acqua solfato-bicarbonato-alcalino-terrosa, con residuo fisso 4,1 g/l.

Bagnoli di Napoli: stazione termale le cui acque provengono dal bacino idrico dei Campi Flegrei. Le temperature variano da 42 a 54° C. Le acque sono, principalmente, di natura cloruro-sodica e alcalina (fonti Cotroneo, Tricarcio ed ex Manganella).

Barano d’Ischia (Napoli): quattro stabilimenti (Giardini Olimpus, Parco Smeraldo, S. Giorgio e St. Raphael). Le acque sono ipertermali (fino a 74° C), minerali, salso-solfato-alcaline.

Battaglia Terme (Padova): numerose sorgenti ipertermali (70° C), salso-bromo-iodiche, radioattive (0,8 mμC). I fanghi, ricavati da laghetti naturali dove sgorga l’acqua minerale, sono di natura vegeto-minerale. Varie grotte sudatorie, la più importante delle quali è la S. Elena.

Baveno (Novara): Fonte Ebea e Fonte Borromea. Acqua fredda, oligominerale, con residuo fisso 0,093 g/l.

Belpasso (Catania): Sorgente Acquarossa, fredda, bicarbonato-alcalino-terosa, con residuo fisso 1,433 g/l, usata come acqua da tavola.

Bibbona (Livorno): Fonte Acquasaligna, fredda, sulfureo-salso-bromo-iodica, con residuo fisso 16,47 g/l.

Bibione (S. Michele al Tagliamento, Venezia): acqua ipertermale (52° C), alcalino-bicarbonato-sodico-fluorurata.

Boario (Darfo, Brescia): tre sorgenti fredde, solfato-bicarbonato-calciche, l’Antica Fonte (residuo fisso 2,487 g/l), la Fonte Igea (residuo fisso 2,23 g/l) e la fonte Fausta (residuo fisso 2,53 g/l); ed una fredda, solfato-alcalina, detta Fonte Silia, con residuo fisso 0,638 g/l.

Bobbio Terme (Piacenza): Fonte Pineta, con acqua fredda, solforoso-cloruro-sodica, usata come bevanda; Fonte S. Martino, sulfurea; Fonte Canneto, ferruginosa; Fonte S. Ambrogio, salso-iodico-feruginosa.

Bognanco (Novara): Fonte S. Lorenzo con acqua fredda, solfato-bicarbonato-alcalino-terrosa, molto ricca d’acido carbonico, con residuo fisso 3,646 g/l e radioattività 6,95 mμC; Fonte Ausonia, con acqua fredda, bicarbonato-alcalina, (residuo fisso 0,597 g/l e radioattività 6,95 mμC), usata come acqua da tavola, digestiva.

Bologna: Acqua Corticella e Fonte Ravone-Casaglia. La prima, fredda, con residuo fisso 0,626 g/l, è usata come bevanda; la seconda, fredda, salso-bromo-iodica, ha un residuo fisso 10,582 g/l.

Bonorva (Sassari): Acqua S. Lucia, fredda, bicarbonato-alcalina, con residuo fisso 1,327 g/l.

Bordighera (Imperia): Centro benessere, specializzato in talassoterapia.

Borgofranco d’Ivrea (Torino): sorgenti fredde, mediominerali, arsenicali e radioattive; Alma (residuo fisso 0,252 g/l, radioattività 7,1 mμC), Romana (residuo fisso 0,213 g/l, radioattività 6,7 mμC), Laura (residuo fisso 0,271 g/l, radioattività 6,7 mμC).

Brennero Terme (Bolzano): due sorgenti, una ipotermale (T 22° C), con residuo fisso 0,42 g/l; ed una fredda, con residuo fisso 0,23 g/l.

Bressanone (Bolzano): Casa di cura Guggemberg, con idroterapia dell’osteopatia e dell’osteoporosi, idroterapia del colon, trattamenti dietetici ed alimentari specifici per varie patologie.

Brisighella (Ravenna): cinque sorgenti, Colombarino, Zano, Marziale del Rio, Palazzo, Nuova Marziale di Colombarino. La principale è la Colombarino, d’acqua fredda, sulfurea, con residuo fisso 1,82 g/l. La fonte Zeno è salso-bromo-iodica.

Bultei (Sassari): acqua ipertermale (T 43° C), mediominerale, salso-sulfurea con residuo fisso 0,506 g/l, usata per bagni, fanghi ed inalazioni.

Calalzo di Cadore (Belluno): acque solfato-calcico-magnesiache, utili nel trattamento dell’apparato digerente. L’acqua minerale di Lagole è impiegata per inalazioni. Nel nuovo stabilimento di Croda Bianca si eseguono bagni di fieno ed il bagno di Cleopatra, con oli essenziali.

Calatafimi (Trapani): alle Terme di Cutino, sgorga un’acqua ipertermale (T 49°), sulfurea, con residuo fisso 2,18 g/l.

Calci (Pisa): Fonte Bagnetto d’Agnano, ipotermale (24° C), bicarbonato-alcalino-terrosa, con tracce di bromo e iodio, e residuo fisso 2,895 g/l, usata per bagni; Acqua Vicascio, ipotermale (T 24° C), bicarbonato-alcalino-terrosa, con residuo fisso 2,779 g/l, usata come bibita ed acqua da tavola.

Calvagese della Riviera (Brescia): a Palazzo Arzaga, il Centro Benessere Saturnia, che sfrutta, nei trattamenti, la bioglea, un plancton termale. Possiede una piscina, arricchita con sali minerali, in particolare iodio, magnesio e potassio.

Canistro (Pescara): acqua oligominerale, usata da tavola e per piccoli problemi dell’apparato gastro-enterico.

Capri (Napoli): nella Beauty Farm dell’Hotel Palace, oltre ai normali trattamenti estetici e per il benessere, si eseguono talassoterapia, idromassaggi, saune, fanghi, aerosol, inalazioni, ecc.

Caramanico (Pescara): la Fonte La Salute, fredda, sulfureo-salso-bromo-iodica, con residuo fisso 2,319 g/l, ed un altissimo tenore d’acido solfidrico, è impiegata per terapie esterne; la Sorgente del Pisciarello, oligominerale, è impiegata per bibita.

Carignano (Fano, Pesaro): sorgenti fredde, di cui due salso-bromo-iodiche (Bevana, con residuo fisso 56,92 g/l; Angiolella, con residuo fisso 20,2 g/l), usate per bagni; una mediominerale (Orianna) con residuo secco 0,37 g/l, impiegata per bibita; attualmente s’impiega l’acqua della sorgente Beatrice, che contiene anche acido solfidrico.

Casamicciola Terme (Ischia, Napoli): terme antichissime, furono utilizzate da Garibaldi, per curarsi dalle ferite subite in Aspromonte. Sorgente Gurgitello, ipertermale (T 68° C e residuo fisso 3,019 g/l); Sorgente Rita, ipertermale (T 72° C e residuo fisso 3, 466 g/l): ambedue sono cloruro-sodiche. I fanghi s’estraggono dalle fangaie da dove sgorgano le acque minerali.
Si trovano poi la Sorgente Cotto, la Cava di Sinigaglia e la Sorgente Dell’Occhio, con termalità di 30-35° C, impiegate come preparatorie alle acque ed alle stufe calde.

Cassano allo Jonio (Cosenza): la Fonte dei Sibariti fornisce un’acqua ipotermale (T 26° C), mediominerale, sulfurea, con residuo fisso 0,76 g/l. Le sorgenti principali sono quelle dell’Appicello, delle Caldaie, della Stufa, del Ciocco e del Trabucco.

Cassano Spinola (Alessandria): Fonte Sardigliana, d’acqua fredda, sulfurea, con residuo fisso 3,46 g/l.

Castagneto Po (Torino): Fonte di S Genesio, d’acqua fredda, sulfureo-salso-bromo-iodica, con residuo fisso 3,64 g/l.

Castellamare del Golfo (Trapani). Le Terme Segestane sfruttano un’acqua ipertermale (T 45° C), salso-sulfurea. L’antroterapia si svolge in grotte a temperatura di 38°.

Castellamare di Stabia (Napoli): il bacino idrominerale è formato da una trentina di sorgenti fredde, di varia composizione (cloruro-sodiche iso-, ipo- ed ipertoniche, sulfuree, ferruginose, carboniche e bicarbonato-calciche). Si riportano le principali.
Media I (residuo fisso 3,40 g/l), Media II, Fides, Sulfurea (residuo fisso 10,613 g/l), Stabia.
A poca distanza un altro gruppo d’acque ipotoniche salse le Vanacore (Andula, con residuo fisso 3,312 g/l, Ferrata, con residuo 5,087 g/l, Magnesiaca, con residuo fisso 4,398 g/l, S. Vincenzo, con residuo fisso 3,38 g/l). Un terzo gruppo d’acque salso-sulfuree ipertoniche, ricche d’acido carbonico, con tracce di bromo e ferro, comprende Minaglione (residuo fisso 11,06 g/l), Sulfurea Ferrata Vanacore (residuo fisso 9,658 g/l), Sulfurea Vanacore (residuo fisso 10,829 g/l). L’acqua Acetosella (residuo fisso 1,68 g/l) è usata per bevanda.  

Castelletto d’Orba (Alessandria): le principali sorgenti sono la Fonte Feia (fredda, residuo fisso 20 g/l), la Fonte Molino Alberto (fredda, residuo fisso 11,7 g/l), entrambe sulfureo-solfato-alcaline, la Fonte Lavagello (fredda, residuo fisso 4,14 g/l), salso-solfato-alcalino-terrosa.

Castelnuovo Calcea (Asti): Fonte Argentina, d’acqua fredda, solfato-alcalino-terrosa, con residuo fisso 1,09 g/l, usata per bagni.

Castelnuovo Don Bosco (Asti): Acqua fredda, sulfureo-alcalina, con residuo fisso 5,23 g/l, usata per bibita.

Castel S. Pietro Terme (Bologna): la leggenda narra che alcuni bovini, durante un’epidemia, nel 1337, s’abbeverarono alla fonte Fegatella e guarirono dal contagio.
Le sorgenti sono sulfureo-salso-bromo-iodiche (residuo fisso 21,48 g/l), usate in terapie esterne, e solforoso-ferruginoso (residuo fisso 0,544 g/l).

Castel S. Angelo (Terme Cotiglia) (Rieti): delle Aquae Cutiliae parlarono Seneca, Tito Livio e Plinio e si sa che Vespasiano le utilizzava. Fonte S. Vittorino, fredda, bicarbonato-calcico-ferruginosa; sorgenti Bonafaccia e Ceciri, acque fredde, solforoso-bicarbonato-calciche.

Castiglioncello (Rosignano Marittimo, Livorno): villa Godilonda è un centro benessere dove si offrono, fra l’altro, ginnastica in acqua, bio-sauna, idrosystem, impacchi d’alghe, idromassaggio, talassoterapia.

Castrocaro Terme (Forlì): detta dai Romani Salsubium. Numerose le sorgenti fredde, salso-bromo-iodiche, sulfuree, ferruginose, cloruro-sodico-magnesiache, in parte demaniali, in parte in concessione. Di grand’efficacia la fango-balneo-terapia salso-iodica, eseguita con fanghi a maturazione naturale, prodotti con argilla vergine delle cave della Bolga. Abbinato un centro d’estetica termale, “Magiche acque”.
Fonte A. Conti: residuo fisso 41,742 g/l.
Ascensione: residuo fisso 21,1 g/l.
Littoria: residuo fisso 6,564 g/l.
Ferruginosa, d’acqua salsa, con residuo fisso 2,52 g/l.
Gigliola e Salutare: acque salso-bromo-iodiche, con residuo fisso 13,57 g/l.

Celentino Fonte (Pejo, Trento): la composizione delle acque è simile a quella delle acque di Pejo.

Cepina (Valdisotto, Sondrio): vi sgorga l’acqua Levissima, fredda, oligominerale, con residuo fisso 0,074 g/l, usata come acqua da tavola.

Ceresole Reale (Torino): Acqua fredda, ferruginoso-arsenicale, con residuo fisso 2,40 g/l.

Cerreto di Spoleto (Perugia): Terme Triponzo, con acqua ipotermale (T 30° C), sulfurea.

Cervarezza (Reggio Emilia) acqua, mediominerale, sulfureo-bicarbonato-alcalina.

Cervia (Ravenna): acqua salso-bromo-iodica; il fango è uno dei rari esempi di fanghi marini italiani; è considerato un limen o fango di laguna, prodotto dalla lenta sedimentazione di minerali e sostanze organiche dell’acqua di mare, nel fondo del bacino di raccolta delle saline; le acque madri, che hanno ‘filiato’ il sale, hanno un residuo salino di 80 g/l e sono utilizzate per balneoterapia. La piscina è alla temperatura naturale di 34°.

Chianciano Terme (Siena): le fonti più rinomate sono, Acqua Santa, Acqua di Sillene o di S. Agnese, Acqua S. Elena ed Acqua Fucoli. Di minore importanza l’Acqua Macerina e la Fonte Strada.
L’Acqua Santa è termale (32° C), solfato-bicarbonato-alcalino-terrosa, con residuo fisso 3,37 g/l., ricca di H2CO3: si somministra, come bibita, nelle malattie delle vie biliari, e del fegato. Concentrandola si ottiene l’acqua Attiva.
L’acqua di Sillene sgorga a 38,4° C, in abbondanza, da un cratere; è classificata solfato-bicarbonato-calcica, con residuo fisso 3,12 g/l, ad alto contenuto d’acido carbonico. S’impiega in bagni carbo-gassosi, inalazioni, e per preparare fanghi.
L’acqua S. Elena è fredda, mediominerale (residuo fisso 0,382 g/l); la Macerina, fredda bicarbonato-alcalino-terrosa (residuo fisso 2,70 g/l). Si usano entrambe come coadiuvanti ed acque da tavola.
L’acqua della Fonte Strada è ipotermale (T 23° C), solfato-bicarbonato-alcalino-arsenicale, con residuo fisso 3,12 g/l.

Chitignano Terme (Arezzo): Sorgente del Rio e Sorgente Rondinelle o S. Andrea, fredde, bicarbonato-ferruginose.

Cinciano (Poggibonsi, Siena): acqua fredda, bicarbonato-magnesiaca, radioattiva (0,034 U. M.), usata come acqua da tavola.

Città di Castello (Perugia): Dalle sorgenti di Tifenum Tiberinum, sgorgano acque fredde, mediominerali, bicarbonato-calciche e sulfuree. A 3 km, alle terme di Fontecchio (vedi), un importante centro medico e di benessere.

Civitavecchia (Roma): sorgente Traiana o Ficoncella, d’acqua ipertermale (T 56° C), solfato-alcalino-terrosa, con residuo fisso 2,53 g/l.

Civitella del Tronto (Teramo): Acqua S. Reparata, fredda, mediominerale, con residuo fisso 0,63 g/l.

Codrongianos (Sassari): due sorgenti, Acqua di S. Martino e Acqua Montes, bicarbonato-sodico-alcaline, con residuo fisso di circa 3 g/l e temperatura intorno ai 20° C.

Colle Solvetti (Livorno): Acqua Piersanti, fredda, alcalino-bicarbonato-terrosa, con residuo fisso 2,70 g/l.

Colli del Tronto (Ascoli Piceno): Centro benessere e d’estetica, con cure termali, ginnastica in acqua, idromassaggi, fanghi.

Collio Terme (Brescia): due sorgenti fredde, Fonte Buana, oligominerale, radioattiva; Fonte S. Colombano, ferruginosa.

Comano (Lomaso, Trento): le terme sono sulle due rive del Sarca, e sono unite da un ponte. Le sorgenti sono d’acqua ipotermale (T 27° C), oligominerale (residuo fisso 0,187 g/l), leggermente radioattiva (0,509 mμC).

Contursi (Salerno): Numerose sorgenti a composizione variabile, salso-bromo-iodiche, sulfuree, bicarbonato-alcaline. Sorgente S. Antonio (T 38,8° C, residuo fisso 4,068 g/l), Uliveto (T 33,7, residuo fisso 3,90 g/l), Grieco (T 34° C, residuo fisso 3,33 g/l), tutte sulfuree; Le sorgenti Cantani e Prodigiosa danno acque per bevanda.

Costigliole d’Asti: Sorgente Le Fortunate, fredda, sulfureo-salso-solfato-alcalina, con residuo fisso 14,436 g/l; acqua Margherita, fredda, salso-solfato-alcalino-terrosa, con residuo fisso 13,03 g/l.

Courmayeur (Aosta): 5 sorgenti fredde, di cui Jean Battiste, Regina (residuo fisso 2,61 g/l), Margherita e Vittoria (residuo fisso 2,65 g/l) sono solfato-calcico-ferruginose; la Saxe è sulfurea.

Cretone (Palombara Sabina, Roma): acque sulfuree ipotermali (T 24° C), disponibili in piscine diversificate.

Crodo (Novara): due sorgenti fredde, mediominerali, solfato-bicarbonato-calciche, con tracce di ferro, dette Fonte Costella (residuo fisso 2,149 g/l), e Valle d’Oro, (residuo fisso 2,15 g/l), leggermente radioattiva.

Cuasso al Lago (Cuasso al Monte, Varese): il centro benessere, d’Alain Mességué, è specializzato in mani- e pediluvi, cataplasmi, aerosol, balneoterapia, docce filiformi, abbinati a diete personalizzate.

Equi Terme (Casola in Lunigiana, Massa-Carrara): acqua ipotermale (T 26° C), sulfureo-cloruro-sodica, radioattiva, con residuo fisso 4,8 g/l.

Faenza (Ravenna): Acqua S. Cristoforo, fredda, salso-bromo-iodica, con residuo fisso 12,35 g/l.

Farfa (Fara Sabina, Rieti): acqua fredda, cloruro-sodica, con residuo fisso 2,1 g/l.

Ferentino (Frosinone): Sorgente Pompeo, d’acqua fredda, sulfureo-solfato-alcalina, con residuo fisso 2,4 g/l.

Firenze: l’Acqua Cassia sgorga da due sorgenti fredde, sulfureo-salso-alcaline, dette Fonte Antica e Fonte Celeste.

Firenzuola (Firenze): Acqua Impera, fredda, bicarbonato-alcalina, con residuo fisso 1,189 g/l.

Fiè allo Scìliar (Bolzano): i bagni di fieno (fitotermoterapia) sono una forma antichissima di cura contro le osteo-artriti e patologie simili. L’effetto terapeutico del fieno caldo e leggermente pressato, deriva dal processo di fermentazione che favorisce la traspirazione ed il ricambio. L’erba essiccata, umidificata e mantenuta in apposite vasche, viene portata alla temperatura di 40°.

Fiuggi (Frosinone): due sorgenti fredde, oligominerali, a scarso residuo fisso, l’acqua di S. Bonifacio (Fonte Fiuggi), radioattiva (7,2 mμC), e la Fonte Anticolana.

Foiano della Chiana (Arezzo): Acqua della Selva, fredda, solfato-alcalino-terrosa, con residuo fisso 4,67 g/l.

Foligno (Perugia): Acqua Sassovivo, fredda, oligominerale (residuo fisso 0,147 g/l). È usata come acqua da tavola.

Fonte Bracca (Bergamo): acqua fredda, mediominerale, con residuo fisso 0,72 g/l, radioattiva (6 mμC).

Fontecchio Terme (Città di Castello, Perugia): Sorgente Fontecchio, fredda, mediominerale, solforosa, con residuo fisso 0,768 g/l; Sorgente del Cappo, debolmente bicarbonata; Sorgente Buon Riposo, bicarbonato-ferruginosa.

Fonte di Lucullo (Latina): due sorgenti fredde, oligominerali, una litio-magnesiaca (residuo fisso 0,177 g/l) ed una ferro-magnesiaca (residuo fisso 0,191 g/l).

Fonte Fratta (Bertinoro, Forlì): le fonti romane della Fratta sono numerose.
Fonte Passione, Perseveranza, Costanza, Sorgente Sulfurea Bianca, Sulfurea Rinfrescativa, Salsobromoiodica, tutte solfato-salso-bromo-iodiche; Rio Salso, salso-iodico-arsenicale; Acqua Ferruginosa, salso-iodico-alcalino-ferruginosa.

Fonte Meo (Garignano, Roma): acqua fredda, mediominerale (residuo fisso 0,204 g/l), radioattiva (3,29 U. M.).

 

Forio d’Ischia (Napoli): terme d’origine preromana, posta sulla baia di Citara e nei meravigliosi giardini Poseidon. Il principale stabilimento è il Castaldi, con acqua ipertermale (T 47° C), radioattiva (17,4 mμC).

Galatro (Reggio Calabria): Terme S. Elia, con acqua calda (T 33,5° C), sulfureo-salso-iodica, (residuo fisso 1,4 g/l).

Gallaneto (Campomorone, Genova): acqua fredda, sulfurea, con residuo fisso 1,728 g/l.

Galleraie Bagni (Radicondoli, Siena): cinque sorgenti a varia termalità (T 25-51° C), solfato- bicarbonato-calciche, due con tracce d’acido solfidrico, una ferruginosa, una arsenicale ed una ricca d’acido carbonico. Il residuo fisso è, mediamente, 2,5 g/l. Il cratere di un soffione boracifero fornisce i fanghi.

Galzignano Terme (Padova): acque ipertermali (T 70-75° C), salso-bromo-iodiche.

Gambassi (Firenze): Acqua Lucano, fredda, solfato-bicarbonato-alcalina, con residuo fisso 11,81 g/l; Acqua di Pillo, solfato-cloruro-sodico-bicarbonato-magnesiaca, particolarmente indicate nelle patologie dell’apparato digerente.

Garessio (Cuneo): Acqua S. Bernardo, fredda, oligominerale (residuo fisso 0,051 g/l), usata come acqua da tavola.

Gaverina (Bergamo): 5 sorgenti fredde, mediominerali, bicarbonato-alcaline, con residuo fisso 0,83 g/l.

Gavorrano (Grosseto): Terme di Nerone, con acqua termale (T 35° C), solfato-alcalino-terrosa, con residuo fisso 1,46 g/l.

Genga (Bagni S. Vittore) (Ancona): acqua fredda, sulfurea, con residuo fisso 1,2 g/l.

Giunone Terme (Caldiero, Verona): acqua ipotermale (T 27° C), cloruro-sodico-calcica.

Grado (Gorizia): Stabilimento talassoterapico, con piscina d’acqua di mare, situata nel Parco Termale Acquatico. La sabbia è particolarmente ricca di sostanze terapeutiche.

Gromo (Bergamo): Fonti del Vetriolo, oligominerali (residuo fisso 0,15 g/l), con piccole quantità di ferro ed arsenico.

Grosseto (Bagni di Roselle): acqua termale con T 38,4° C e residuo fisso 2,728 g/l.

Guarcino (Frosinone): Acqua Filette, fredda, oligominerale, con residuo fisso 0,175 g/l, da tavola.

Isolato (Sondrio): acque termali ricche di ferro e magnesio.

Ischia Porto (Napoli): Fontana e Fornello, acque termali (T 60-65° C), salso-bromo-iodiche, leggermente radioattive.

Lacco Ameno (Ischia, Napoli): le acque, ricche di solfo, calcio, magnesio e sodio, erano utilizzate, già nell’antichità, per i disturbi dell’apparato genitale femminile. Tutte fortemente radioattive, hanno una termalità compresa fra 44 a 70° C; si possono distinguere due gruppi d’acqua, riferibili ai gruppi Regina Isabella e S. Restituta.
La S. Restituta comprende due fonti cloruro-sodiche con residuo fisso 20 g/l ca.
La Regina Isabella è formata da tre sorgenti cloruro-sodico-solfato-alcaline, con residuo fisso da 10 a 19 g/l.

Laigueglia (Savona): Acqua Fonte Faro, fredda, mediominerale (residuo fisso 0,649 g/l), usata come bevanda.

Lamezia Terme (Catanzaro): le Aquae Angae, o di Caronte, già famose dal tempo dei Normanni, furono apprezzate da Roberto il Guiscardo (XI sec.). Sono termali (T 39° C), sulfureo-solfato-alcalino-terrose e si mineralizzano nel loro percorso sotterraneo attraverso terreni calcarei e cristallini.

Laterina (Arezzo): Sorgente Paradiso, d’acqua fredda, mediominerale, bicarbonato-alcalina, con residuo fisso 0,7 g/l; Sorgente La Lodola, fredda, bicarbonato-alcalino-terrosa (residuo fisso 2,067 g/l), usate entrambe per bevanda.

Latronico (Potenza): Le terme, con le grotte della località La Calda, erano note fin da epoca preromanica. Sorgente Matturi, ipotermale (T 22° C), con residuo fisso 0,42 g/l, e Sorgente Nubile (T 23° C e residuo fisso 0,51 g/l), entrambe mediominerali, solfato-bicarbonato-alcalino-terrose, lievemente solfidriche.

Lavarone(Trento): il centro benessere Theatrum Sanitatis, sfrutta le acque del laghetto che si trova al fondo di una dolina carsica.

Lavina Bianca (Tires, Bolzano): acqua fredda a scarsa mineralità e radioattiva (2,1 mμC).

Lazize (Verona): acque termali (T 37° C) di composizione variabile. La possibilità di avere un’acqua, con temperatura uguale a quella corporea, permette di evitare il riscaldamento od il raffreddamento artificiale, mantenendo inalterate le proprietà organolettiche e minerali.

Levico-Vetriolo (Trento): due acque principali, la Forte (residuo fisso 6,9 g/l), che scaturisce dalla grotta di Vetriolo, e la Debole (residuo fisso 1,3 g/l), che sgorga dalla grotta dell’Ocra, entrambe fredde, arsenico-ferruginose, con tracce di manganese, rame, cobalto, nichel ed acido solforico libero. L’acqua Forte è impiegata in bagni, diluita fino a 5 volte, a temperatura di 36-40° C.

Lido di Jesolo (Venezia): stazione termale che sfrutta le proprietà dell’acqua di mare e della sabbia. La crenoterapia è effettuata con l’Acqua di Tabiano (vedi).

Lignano Sabbiadoro (Udine): stabilimento talassoterapico, con annesso centro benessere, in cui si utilizzano anche le alghe marine.

Limone sul Garda (Brescia): Centro Tao, estetico e di benessere.

Livorno: Acqua della Salute, proveniente da diverse sorgenti, dette Corallo I (fredda, mediominerale, con residuo fisso 0,806 g/l); Corallo II, Sovrana, Preziosa, Vittoria, fredde, salso-bromo-iodiche, con residuo fisso compreso fra 4,17 e 12,97 g/l.

Lobbi (Alessandria): Fonte Garavelli, fredda, salso-bromo-iodica, con residuo fisso 4,37 g/l.

Longiano (Forlì): Acqua Cesarea, fredda, cloruro-sodica, con residuo fisso 3,3 g/l.

Lurisia (Roccaforte di Mondovì, Cuneo): le acque sgorgano in una galleria scavata nella roccia, da otto sorgenti, fredde, oligominerali, fortemente radioattive. Sono raggruppate in: Fonte Garbarino (residuo fisso 0,12 g/l, radioattività 1,146 μC); Fonte Barbara (residuo fisso 0,039 g/l, radioattività 40 mμC).

Macerata Feltria (Pesaro e Urbino): Sorgenti Camilla ed Elsa, con acque sulfuree.

Manziana (Roma): Fonte Flavia, fredda, oligominerale (residuo fisso 0,168 g/l, radioattività 16,22 U. M.); Fonte Precilia (residuo fisso 0,22 g/l).

Margherita di Savoia (Foggia): Anticamente, e fino ai primi del ’900, i bagni erano fatti, direttamente, nei canali di scolo delle saline; ora, le acque madri sono impiegate, opportunamente diluite. Si tratta, naturalmente, d’acqua salsa, ricca di iodio.

Massa Martana (Udine): Terme di S. Faustino, con acque bicarbonato-calciche, acidule per acido carbonico libero.

Melèzzole (Montecchio, Terni): Nella Torre Errighi, antico castello del paese, è ospitato l’Health Center Marco Mességué, terapeutico, estetico e di benessere.

Merano (Bolzano): bacino idrominerale con numerose acque fredde, radioattive, provenienti dalla località S. Martino e dal monte S. Vigilio. Il primo gruppo è costituito da acque mediominerali, con residuo secco intorno ai 0,25 g/l e radioattività da 35 a 125 mμC; il secondo da acque oligominerali (residuo secco da 0,02 a 0,06 g/l e radioattività da 18 a 124 mμC).

Miradolo Terme (Pavia): tre sorgenti fredde, salso-bromo-iodiche, dette Fonte Vecchia (residuo fisso 5,84 g/l), Nuova Fonte (residuo fisso 4,63 g/l), e Cà di Rhò (residuo fisso 5,84 g/l). Queste ultime provengono da pozzi.

Mondragone (Caserta): Terme Le Vignole, con due acque termali (T 36 e 38° C), una sulfurea, (residuo fisso 3,03 g/l), ed una ferruginoso-alcalina, (residuo fisso 3,175 g/l).

Monfalcone (Gorizia): Terme Romane, d’acqua termale (T 39° C), sulfurea, con residuo fisso 13 g/l.

Monsummano Terme (Pistoia): due grotte, Giusti e Parlanti. Nella prima, proprietà dei successori del famoso poeta, che s’addentra in un monte per circa 300 m, in una zona detta Inferno, sgorga un’acqua termale (T 37° C), solfato-bicarbonato-alcalino-terrosa; il vestibolo ha, invece una T di 27° C. Simile la grotta Parlanti.

Montalcino (Siena): Acqua Coralli, fredda, salso-solfato-alcalina, con residuo secco 5,124 g/l.

Montecarlo (Lucca): Acqua Verruca, fredda, mediominerale, con residuo fisso 0,607 g/l.

Montecatini Terme (Pistoia): acque fredde, ipotermali e termali, cloruro sodiche, solfato-alcaline e salso-bromo-iodiche, leggermente sulfuree.
Acqua Forte: Tamerici (residuo fisso 17,1 g/l), ad azione purgativa.
Acqua Media: La Torretta, ipotermale, con residuo fisso 12,3 g/l, ad azione lassativa.
Acque Deboli: Tettuccio, ipotermale, con residuo fisso 6,2 g/l, e radioattività 26,5 mμ C; Rinfresco, ipotermale, con residuo fisso 3,4 g/l e radioattività 2,7 mμC, a debole azione lassativa, più indicate per ipercloridrie, dispepsie, disturbi epatici.
La Fonte Leopoldina (residuo fisso 23,14 g/l) e la fonte Giulia, sono acque termali, solfato-cloruro-sodiche con tracce di iodio.
I fanghi si ricavano dal fondo di un cratere vulcanico, chiamato Grocco, dove sgorgano numerose polle d’acqua oligominerale, termale, sulfurea, ipertonica.

Montefortino (Ascoli Piceno): acqua fredda, mediominerale, bicarbonato-calcica, con residuo fisso 0,394 g/l, usata per bevanda.

Montegioco (Alessandria): Fonte Rio Zolfo, d’acqua fredda, sulfureo-salso-iodica, con residuo fisso 1,15 g/l.

Montegrimano (Pesaro e Urbino): le sorgenti del ‘Mons Germanus’, diuretiche, lassative e depurative, sono impiegate nel Centro Salute Erba Vita.

Montegrotto Terme (Padova): acque provenienti dalle Dolomiti, dove penetrarono nel sottosuolo per 3 km nel bacino e che, dopo un percorso di 100 km, sgorgano, ad una temperatura di 85° C, dal Mons Aegrotorum, il monte dei malati, noto ai Romani, che vi costruirono le prime terme. Si trovano acque ipertermali (T 47-67° C), salso-bromo-iodiche, radioattive, impiegate per bagni; fanghi vegeto-minerali e stufe a 50-65° C; ed una sorgente salso-sulfurea fredda usata per bevanda.

Montepulciano (Siena): acque sulfureo-bicarbonato-salso-bromo-iodiche, particolarmente ricche d’acido carbonico.

Monte Rosa Terme (Vanzone-S. Carlo, Novara). Le sorgenti sgorgano in una galleria delle antiche miniere romane degli Ittomuli. Acqua fredda, arseno-mangano-ferruginosa ma ricca anche d’alluminio, calcio, nichel, rame, zinco, cobalto, sodio, potassio e ione solforico. (residuo fisso 5,3 g/l).

Montesano sulla Marcellana (Salerno): acqua oligominerale fredda, usata, soprattutto, per la tavola.

Montevago (Agrigento): acque ipertermali, solfato-calciche, le quali sgorgano, in una piccola valle, in numerose cascatelle, ad una temperatura di 40° C, che vanno ad alimentare le piscine termali del Centro Terme Acqua Pia.

Monte Valenza (Valenza, Alessandria): acqua fredda, sulfurea, con residuo fisso 5,02 g/l.

Montevarchi (Arezzo): Acqua Fonte Romana – Valle Inferno (residuo fisso 2,55 g/l), e acqua Leona (residuo fisso 1,684 g/l), impiegate per bevanda.

Monticelli Terme (Montechiarugolo, Parma): scoperte per caso, durante l’escavazione di un pozzo, nel 1924, le acque sono due, una fredda, salso-bromo-iodica, con residuo fisso di ben 139 g/l; ed una fredda, mediominerale (Fonte Colomba), con residuo fisso 0,39 g/l, usata, per lo più, a tavola.

Montignoso (Massa-Carrara): Fonte Undulina, con acqua salso-bromo-iodica, che sgorga 90 m sotto lo stabilimento termale di Cinquale. I fanghi provengono dalle torbe del lago di Massaciuccoli, già residenza di Giacomo Puccini.

Mosciano S. Angelo (Teramo). Il Centro benessere Fattoria Cerreto è specializzato in bagni di fieno mille erbe, proveniente dalle pendici del Gran Sasso.

Narni (Terni): Acqua Lecinetto, fredda, solfato-bicarbonato-alcalino-terrosa, con residuo fisso 2,727 g/l, usata per bevanda.

Nocera Umbra (Perugia): Sorgente Angelica, fredda, mediominerale (residuo fisso 0,25 g/l); Sorgente del Cacciatore, fredda, oligominerale (residuo fisso 0,19 g/l), impiegate come bevande.

Norcia (Perugia): Acqua fredda, mediominerale (residuo fisso 0,739 g/l), usata per bevanda.

Olmitello (Ischia, Napoli): antichissima terme con acqua radioattiva, solfato-sodico-alcalina, dalla quale si ricavano, per concentrazione, i sali.

Ome (Brescia): acque bicarbonato-calcico-ferruginose.

Ortisei (Bolzano): Centro Benessere Dolasilla. Vi si propone, fra le altre cose una grotta artificiale, con laghetto alpino, dove si praticano saune, bagni di vapore e idromassaggio. Associato, il Centro Adler Vital Training.

Paratico Brescia): Centro Benessere Franciacorta, con saune, bagni turchi, massaggi, in vasca e fanghi termali.

Pejo (Trento): Antica Fonte, con acqua fredda, mediominerale, alcalino-ferruginosa, molto ricca d’acido carbonico, impiegata anche come acqua da tavola. Sorgenti minori: il Fontanino di Pejo, il Fontanino di Celentino (vedi), l’Acqua S. Camillo e la fonte Alpina, che forniscono ottime acque da tavola.

Penna S. Giovanni (Macerata): Fonti Villa Salina, fredde, salso-sulfuree, con residuo fisso compreso fra 8,43 e 10,20 g/l.

Pieve di Fosciana (Lucca): Bagni Pràdilana, d’acqua termale (T 37° C), solfato-alcalino-terrosa, con residuo fisso 5,455 g/l, impiegata per bagni.

Pigna (Imperia): acqua ipotermale (T 28° C), sulfureo-clorurata.

Poggibonsi (Siena): Acqua Cinciano, fredda, bicarbonato-alcalino-terrosa, con residuo fisso, 1,74 g/l e Acqua Coniano, bicarbonato-alcalina, con residuo fisso 3,048 g/l; usate entrambe come bevanda.

Poggio a Marciana (Isola d’Elba, Livorno): la Fonte Napoleone dà un acqua fredda, oligominerale, con residuo fisso 0,006 g/l, radioattiva (10,28 U. M.), usata per bevanda.

Pomarance (Pisa): Sorgente la Perla (T 43,8° C, residuo fisso 1,28 g/l), impiegata anche per bibita, Sorgente S. Giuseppe (T 43,6° C, residuo fisso 0,693 g/l), Sorgente S. Luigi (T 41° C, residuo fisso 1,88 g/l).

Pompei (Napoli): Fonte della Salute, con acqua fredda, bicarbonato-alcalino-terrosa (residuo fisso 3,9 g/l).

Popoli (Pescara): recenti terme d’acqua sulfurea.

Porretta Terme (Bologna): Fonti Alte e Fonti Basse. Fra le prime, la Sorgente Marte (T 38,7° C, residuo fisso 6,55 g/l), la Sorgente Bovi (T 36,8° C, residuo fisso 6,55 g/l), la Sorgente Leone (T 36° C, residuo fisso 7 g/l), e la Sorgente Donzelle (T 33° C, residuo fisso 6,33 g/l), tutte sulfureo-salso-bromo-iodiche. Alle seconde appartengono le Fonti Vecchia e Nuova (T 35° C, residuo fisso 3 g/l), l’acqua Puzzola (T 27° C, residuo fisso 3,43 g/l), la Galleria della Madonna (T 15° C, residuo fisso 1,2 g/l). Le acque Bovi, Marte, e Fonte Vecchia, non vanno usate per bibita.

Portoferraio (Isola d’Elba, Livorno): le Terme di San Giovanni sfruttano, oltre che alghe ed acqua marina, il limo marino, ricco di ferro, solfo e iodio organico, molto simile, per composizione al ‘liman’ del Mar Nero. I fanghi avevano, un tempo, un particolare utilizzo nella cura degli arti dei cavalli da corsa.

Portovenere (La Spezia): particolarmente importante la talassoterapia, con l’impiego d’alghe e fanghi.

Pozzuoli (Napoli): città al centro dei Campi Flegrei, caratterizzata dalle sue solfatare, ha numerose acque ipertermali (T 40-60° C), con residuo fisso da 4,23 a 12g/l.
Le principali fanno capo alle Terme La Salute e sono: Gerolimini, Pepere alla Pietra, Cantarello, Terracciano, tutte solfato-alcaline.  Esistono poi altre sorgenti fra cui ricordiamo: Fonti Alicandro Michele, Puteolano o Fratelli d’Alicandro, Subveni Homini, Di Leo, tutte con termalità e residuo fisso maggiori.
I fanghi derivano da un cratere che emette anche getti di vapore acqueo e acido carbonico (pozzolana).

Pracchia (Pistoia): un tempo sede di un fiorente stabilimento termale, ora chiuso. L’Acqua Orticaria, oligominerale, con residuo fisso 0,089 g/l, è imbottigliata come acqua da tavola.

Pratella (loc. Lauro, Caserta): Fonte Lete, con acqua fredda, bicarbonato-alcalino-terrosa (residuo fisso 2,012 g/l), è imbottigliata, soprattutto, come acqua da tavola.

Prestine Terme (Brescia): la Fonte Salice è cloruro-sodico-alcalina, con proprietà simili a quelle dell’acqua di Boario.

Punta Marina (Ravenna): l’acqua, salso-bromo-iodico-magnesiaca è stata scoperta solo nel 1991, in una falda a 42 km di profondità, quando esisteva, già da un trentennio, uno stabilimento esclusivamente talassoterapico.

Rabbi (Trento): acqua fredda, minerale, (residuo fisso 1,69 g/l), ferruginosa e radioattiva (2 mμC).

Radda in Chianti (Siena): Acqua Melaccio, fredda, mediominerale (residuo fisso 0,368 g/l).

Raiano (L’Aquila): Terme d’Ovidio, con acqua proveniente dalla Sorgente La Solfa, oligominerale, sulfureo-solfato-bicarbonato-calcica.

Rapolano Terme (Siena): numerose sorgenti con termalità compresa fra 28 e 40° C e residuo fisso fra 3,09 e 4,95 g/l, sulfuree ma anche bicarbonato-calciche. Sono L’Antica Querciolaia, S. Giacomo a Pelacane, S. Giovanni, Bagni Armaiolo.

Rapolla (Potenza): acque salso-bicarbonato-calciche.

Recoaro di Broni (Canneto Pavese, Pavia): sorgente antichissima che va sotto il nome di Fonte Salus, con acqua fredda, solfo-magnesiaca, ricca d’idrogeno solforato (residuo fisso 1,67 g/l).

Recoaro Terme (Vicenza): numerose sorgenti fredde. Cinque sono mediominerali, bicarbonato-alcalino-ferruginose. Sono chiamate Aureliana, Capitello, Franco, Giuliana e Pizzarda e il loro residuo fisso va da 0,38 a 0,97 g/l; cinque sono invece solfato-bicarbonato-alcalino-terrose e debolmente ferruginose, più o meno ricche d’acido carbonico e con residuo fisso fra 2,18 e 3,04 g/l: Amara, Lornia, Nuova, Lelia e Lora. A Recoaro si applica la fangatura parziale d’ocra, per le discinesie delle vie biliari.

Retorbido (Pavia): 4 acque fredde, ferruginosa, solfo-magnesiaca, solforosa forte, lievemente mineralizzata. Da un pozzo, profondo 100 m, s’estrae un’acqua salso-bromo-iodica.

Riardo (Caserta): Sorgente Ferrarelle, Eletta, Plinia, Gloriosa e Maxima, tutte fredde, bicarbonato-alcalino-terrose, con residuo fisso variabile da 1,193 e 1,68 g/l.

Riccione (Rimini): acque di provenienza profonda, sulfureo-salso-bromo-iodiche, che sgorgano in vicinanza del mare. Le fonti Claudia ed Isabella sono particolarmente ricche di solfo, bromo e iodio; la fonte Celestina, di cloruro sodico; la fonte Adriana, di magnesio.

Rieti: L’antichissima fonte Cattarella dà un’acqua fredda, mediominerale, con residuo fisso 0,267 g/l.

Rimini: Stabilimenti Idroterapici Municipali, specializzati in talassoterapia, psammoterapia, elioterapia. L’acqua Galvanina è fredda, mediominerale (residuo fisso 0,493 g/l), usata per bibita ed acqua da tavola.

Riolo Terme (Ravenna): Fonte Breta, fredda, sulfurea, con residuo fisso 0,937 g/l.
Fonte Angela, fredda, sulfureo-salso-bromo-iodica, con residuo fisso 0,59 g/l.
Fonte Sovrana, fredda, sulfureo-salso-bromo-iodica, con residuo fisso 3,776 g/l.
Fonte Margherita, fredda, residuo fisso 16,45 g/l, e Vittoria, residuo fisso 30,85 g/l, entrambe sulfureo-salso-bromo-iodiche.
Fonte Salsoiodica, fredda, sulfureo-salso-bromo-iodica, con residuo fisso 18,45 g/l.
Fonte Pura o Pax, fredda, solfato-bicarbonato-alcalino-terrosa, con residuo fisso 1,19 g/l.

Rionero in Vulture (Potenza): Fonte Insuperabile e Fonte Trafficanti, bicarbonato-alcaline (residuo fisso 1,40 g/l); Fonte Guadagnello di Montecchi (residuo fisso 0,9 g/l); tutte fredde.

Rivanazzano (loc.S. Francesco delle Saline, Pavia): acqua fredda, salso-bromo-iodica, con residuo fisso 20,45 g/l, ricavata da pozzi artesiani a 90 m di profondità.

Rocca S. Casciano (Forlì): Fonte Pozzolo, d’acqua fredda, salso-bromo-iodica, con residuo fisso 5,73 g/l.

Roncegno (Trento): acqua fredda, ferruginoso-arsenicale, con residuo fisso 5,99 g/l.

Saint Vincent (Aosta): Fons Salutis, acqua fredda, bicarbonato-alcalino-terrosa (residuo fisso 8,5 g/l, ricca d’acido carbonico, usata per bevanda.

Saldino Terme (Casalgrande, Reggio Emilia): acqua solforosa.

Salerno: Stabilimento Caruso. La principale acqua è fredda, sulfurea, con residuo secco 1 g/l.

Salice Terme (Godiasco, Pavia): vicine a quelle di Ravanizzano, le Terme di Salice utilizzano tre sorgenti con acque minerali, fredde, due salso-bromo-iodiche ed una sulfureo-salso-iodica, radioattiva. Le prime comprendono l’acqua Dellachà, estratta da un pozzo profondo 330 m, con residuo fisso 93,40 g/l, radioattività 0,0382 mμ C, e l’acqua Sales, superficiale (18 m) con residuo fisso 60,99 g/l e radioattività 0,0109 mμC. La terza acqua, Monte Alfeo, profonda 10 m, ha residuo fisso 3,237 g/l e radioattività 0,091 mμC.

Salsomaggiore Terme (Parma): l’acqua si ricava da numerosi pozzi artificiali, di profondità di anche 1 km, da cui fuoriesce mista a metano e petrolio. È un’acqua forte, fredda, salso-bromo-iodica, ricca di cloruro sodico, con densità 16° Beaumé, residuo fisso 178,8 g/l, di cui 155 g sono dovuti al cloruro sodico, 6 cg allo iodio e 24 cg al bromo. Estraendo, per concentrazione il cloruro sodico, si ottiene l’acqua madre con un contenuto di iodio di 1,13 g/l e di bromo di 4,37 g/l, e densità 28° Beaumé. L’argilla che fuoriesce con il pompaggio, si utilizza per preparare i fanghi, dopo averla depurata dal metano e dal petrolio, facendola maturare, nell’acqua minerale, per parecchi mesi.
I bagni si fanno a temperatura di 35-38° C, con densità crescente (da 3 a 12° Beaumé).
Le terme principali sono: Berzieri-Zoia, Balstrocchi, Tommasini.

Salvarola Terme (Sassuolo, Modena): due sorgenti, una salso-bromo-iodica ed una sulfureo-bicarbonata. In località Niviano, da crateri naturali, s’estrae un fango salso-bromo-iodico.

Sambiase (Catanzaro): Sorgente Caronte, d’acqua termale (T 39,6° C), sulfurea, con residuo fisso 2,4 g/l.

S. Calogero Terme (Isola di Lipari): acqua ipertermale (T 62° C), solfato-cloruro-sodica, con residuo fisso 2,05 g/l. La stufa sudatoria è alimentata dai gas che si sprigionano dalla sorgente.

S. Carlo Terme (Massa Carrara): acqua fredda, oligominerale, con residuo fisso 0,004 g/l, leggermente radioattiva (1,2 mμC), usata per bevanda.

S. Casciano dei Bagni (Siena): Principale fonte è la Ficonella, acqua termale (T 39° C) solfato-alcalino-terrosa (residuo fisso 2,143 g/l), con radioattività 0, 903 mμC. Altre sorgenti sono l’Acqua Docciaccia, la Bagni del Portico, la Doccia della Testa, e l’Acqua della Piscina, tutte simili alla Ficoncella. Dal cratere dell’Acqua della Piscina s’estraggono fanghi vegeto-minerali.

S. Casciano Val di Pesa (Firenze): Acqua Canciulle, fredda, mediominerale, con residuo fisso 0,402 g/l.

S. Colombano al Lambro (Milano): le Fonti Gerette, fredde, comprendono l’Acqua Ariete, salso-sulfurea, con residuo fisso 6,95 g/l; l’Acqua Leone, salso-bromo-iodica, con residuo fisso 14,42 g/l; e l’acqua Vergine, salso-iodico-alcalino-terrosa, con residuo fisso 27,41 g/l.

San Felice Circeo (Latina): Centro estetico in cui si attua la talassoterapia.

San Gemini (Terni): acqua minerale, fredda, bicarbonato-alcalino-terrosa, con residuo fisso 1,03 g/l, impiegata come acqua da tavola, anche nell’alimentazione del neonato.

San Giuliano Terme (Pisa): acque solfato-alcalino-terrose, usate anche in maschere di bellezza.

S. Miniato (Pisa): Acqua Generosa, fredda, mediominerale, con residuo fisso 0,8 g /l, impiegata come acqua da tavola.

S. Pellegrino Terme (Bergamo): le numerose sorgenti sono termali (T 26° C), con residuo fisso intorno ad 1 g/l. Le principali sono la Fonte Palazzolo e la Fonte Salarolo, solfato-alcalino-terrose, impiegate anche come acqua da tavola.

S. Salvatore (Alessandria): Fonte Salcido, acqua fredda, sulfureo-salso-solfato-alcalina, con residuo fisso 8,82 g/l.

S. Saturnino (Benetutti, Sassari): Fonte Su Angia Ulannu, acqua ipertermale (T 43,3° C), mediominerale, cloruro-sodica, con residuo fisso 0,506 g/l.

S. Vittore delle Chiuse (Genga, Ancona): in prossimità delle grotte di Frasassi sgorgano acque minerali, sulfureo-cloruro-sodiche.

Santa Caterina in Valfurva (Sondrio): acqua fredda, mediominerale, ferruginosa, con residuo fisso 0,64 g/l.

Santa Cesarea Terme (Lecce): quattro sorgenti termali che sgorgano in grotte vicine al mare. Sono Fetida, Sulfurea, Grotta Grondi, Gatulla. Quest’ultima, sulfureo-salso-bromo-iodica, ha una T di 27° C ed un residuo fisso 34, 89 g/l. Dalle grotte s’estrae il fango.

Sant’Andrea Bagni (Medesano, Parma): diverse sorgenti fredde.
Tre mediominerali: Acqua Alcalina di S. Andrea (residuo fisso 0,76 g/l); Fonte ferruginosa (residuo fisso 0,75 g/l); Acqua La Ducale (residuo secco 0,634 g/l), da tavola.
Una salso-iodico-alcalino-terrosa (residuo fisso 22,51 g/l).
Una salso-bromo-iodica (residuo fisso 15,9 g/l), purgativa.
Una sulfureo-iodica (residuo fisso 18,20 g/l).
Una sulfureo-magnesiaca (residuo fisso 18,20 g/l).

Sant’Angelo (loc. Serrara Fontana – Ischia, Napoli): Due parchi termali; i Giardini Aphrodite-Apollon sfruttano la presenza, in alta percentuale, di Radon, che ha un alto potere ionizzante e quindi attiva i sali presenti nell’organismo; l’effetto fisiologico è la stimolazione di cortisone, con conseguente cambiamento del ciclo psico-vegetativo. Nel Parco Termale Tropical, le piscine con acqua salso-solfato-alcalino-terrosa di temperatura 26-40° C. Alla Sorgente della Cava delle Petrelle sgorga un’acqua ipertermale, salso-bromo-iodica.

Santa Margherita (Pula, Cagliari): Centro Benessere Thermae del Parco, con piscine termali, a diversa temperatura e composizione salina, e grotte marine artificiali.

Sant’Omobono Imagna (Bergamo): Acqua fredda, mediominerale, sulfurea, con residuo fisso 0,43 g/l.

Santuario di Vicoforte (Cuneo): La principale sorgente è la Fonte di Nostra Signora, fredda, mediominerale, sulfurea, con residuo fisso 3,19 g/l. Altre due sorgenti minori: una alcalina ed una ferruginosa.

Sardara Terme (Cagliari): acqua ipertermale (T 50° C), bicarbonato-alcalina, con residuo fisso 2,5 g/l.

Sarnano (Macerata): sorgente S. Giacomo, fredda, mediominerale, bicarbonato-calcica, radioattiva (21 mμC), con residuo fisso 0,39 g/l; Acqua Terro, oligominerale, bicarbonato-calcico-magnesiaca; Acqua Tre Santi, bicarbonato-calcica.

Sarno (Salerno): Bagni alla Villa, d’acqua fredda, salso-bromo-iodica, con residuo fisso 1,23 g/l.

Sasso Marconi (Bologna): Fonte Marcella, acqua fredda, mediominerale, con residuo fisso 0,066 g/l, usata da tavola.

Saturnia Terme (Manciano, Grosseto): acqua termale (T 37,4° C), sulfurea, con residuo secco 2,824 g/l. Dall’acqua sorgiva si estrae la bioglea, impiegata anche per la preparazione di prodotti cosmetici.

Scandicci (Firenze): Acqua Roveta, fredda, mediominerale, bicarbonato-alcalino-terrosa, con residuo fisso 0,56 g/l.

Sciacca (Agrigento): terme conosciute fin dagli antichi Greci.
Acqua delle Terme Saturnine, ipertermale (T 56° C), salso-solfato-alcalina (residuo fisso 23,9 g/l).
Acqua Santa, termale (T 30° C), bicarbonato-alcalina (residuo fisso 5,8 g/l).
Sorgente Molinelli, ipertermale (32° C), cloruro-sodico-calcica (residuo fisso 14,22 g/l).
Acqua Ferrata, ferruginosa.
Verso la vetta del monte S. Calogero, una serie di grotte, costruite, secondo la leggenda, da Dedalo, che sprigionano vapori a temperatura 39-41° C, impiegati per la diaforesi.

Sclafani (Palermo): acqua termale (T 33° C), sulfureo-cloruro-sodica con residuo fisso 11,49 g/l.

Scraio (Vico Equense, Napoli): acqua fredda, sulfureo-salso-bromo-iodica (residuo fisso 13,48 g/l, che scaturisce da una scogliera sovrastante il mare; nella spiaggia sottostante una piscina ricavata dalla roccia, dove l’acqua minerale si mescola con quella marina, usata per bagni minero-marini.

Sesto (Bolzano): acque ipotermali, solfato-bicarbonato-calciche. La sorgente principale si trova ai piedi della Croda Rossa. La composizione è dovuta a rocce composte di calcari di Bellerophon, ricchi di gesso.

Sirmione (Brescia): dal fondo del lago, a 300 m dalla costa e 18 m di profondità, sgorga la sorgente Boiola, ipertermale (T 69° C), sulfureo-salso-bromo-iodica, con residuo fisso 23,55 g/l, e radioattività 4 U. M.; la poltiglia argillosa ricavata dal cratere, serve per preparare i fanghi.

Solzago (Tavernerio, Como): Acqua Plinia del Tisone, fredda, oligominerale (residuo fisso 0,108 g/l), usata per bevanda.

Spezzano Albanese Terme (Cosenza): si utilizzano diverse acque salso-bromo-iodiche.
Acqua delle Grazie (T 22° C, residuo fisso 7,27 g/l);
Acqua del Principe, fredda, con residuo fisso 1,45 g/l.
Acqua Mensa, fredda, con residuo fisso 1,285 g/l.
Acqua S. Adriano, fredda, con residuo fisso 3,243 g/l.
Acqua Turro, ipotermale, con residuo fisso 7,29 g/l.

Spinone dei Castelli (Bergamo): Fonte S. Carlo Spinone, d’acqua minerale, fredda, sulfurea, con residuo fisso 1,49 g/l.

Stabio Terme: Al confine con il Canton Ticino, un centro termale dove sgorgano le sorgenti S. Pancrazio, Nuovi Bagni, Grottino.

Staro (Valle del Pasubio, Vicenza): Fonte Regina, fredda, arsenicale (residuo fisso 1,348 g/l); Fonte Iolanda, fredda, mediominerale (residuo fisso 0,415 g/l), arseno-ferruginosa.

Stigliano (Canale Monterano, Roma): acque a termalità varia (T 36-56° C) e residuo fisso di circa 3 g/l. Le principali sono Bagnarello, Bagno Grande, e Bagni Stigliano. Esiste anche una grotta, con T intorno ai 40°.

Stradella (Pavia): acqua fredda, sulfurea, con residuo fisso 1,278 g/l.

Suio Terme (Castelforte, Latina): Fonte Acqua da Bagni, con residuo fisso 1,974 g/l.

Tabiano (Salsomaggiore, Parma): sorgenti fredde, sulfuree, con residuo fisso 2,9 g/l, molto ricche d’idrogeno solforato. L’acqua è anche imbottigliata per aerosol domiciliari.

Tartavalle Terme (Taceno, Como): due sorgenti fredde, una solfato-alcalino-arsenicale (residuo fisso 2,3 g/l), una sulfureo-alcalina.

Teano (Caserta): Fonte Cardarelle, d’acqua fredda, oligominerale, con residuo fisso 0,134 g/l.

Telese Bagni (Benevento): sorgenti ipotermali, sulfureo-alcaline, ricche d’acido carbonico; la principale è la Fonte Buvette (residuo fisso 1,896 g/l).

Tempio Pausania (Sassari): acqua oligominerale fredda, impiegata anche come acqua da tavola.

Terme di Valdieri (Cuneo): sorgenti ipertermali, sulfuree, a pH alcalino; grotte naturali sulfuree con muffe che nascono là dove le acque scaturiscono.

Terme Luigiane (Guardia Piemontese, Cosenza): numerose sorgenti, alcune ipertermali (T 46° C), sulfureo-salso-bromo-iodiche (residuo fisso 5 g/l circa); altre, fredde, ferruginose. I fanghi sono vegeto-minerali.

Termine Imerese (Palermo): stazione termale celebrata da Pindaro (Thermae Himerienses), con due sorgenti ipertermali (T 43° C), salso-bromo-iodiche, (residuo fisso 14,63 g/l).

Tolentino (Macerata): Sorgente S. Lucia, acqua fredda, mediominerale, bicarbonato-calcica, radioattiva (2,8 mμC), con residuo fisso 0,51 g/l; Acqua Rofanello, sulfurea; ed un’acqua salso-bromo-iodica.

Torre Annunziata (Napoli): Terme Nunzianti, d’acqua ipotermale (T 26° C), salso-solfato-sodica, con residuo fisso 4,096 g/l.

Torre Belvicino (Vicenza): Fonte Margherita, fredda, bicarbonato-alcalino-terrosa, lievemente ferruginosa (residuo fisso 2,879 g/l), usata per bevanda.

Torre Canne (Fasano, Brindisi): Sorgente Torricelli, fredda, minerale, (residuo fisso 7,81 g/l); Sorgente Antesana, fredda, minerale, con residuo fisso 9,42 g/l.

Torre di Palme (Fermo, Ascoli Piceno): Fonte Acqua Palmense del Piceno, nota anche agli antichi Romani; l’acqua è fredda, mediominerale, bicarbonato-calcica.

Trescore Balneario e Zandobbio (Bergamo): Fonte S. Pancrazio, fredda, sulfureo-salso-iodica, con residuo fisso 2,42 g/l; Acqua Beroa, fredda, sulfurea, con residuo fisso 1,493 g/l.

Uscio (Genova): sede della Colonia della Salute Arnaldi, specializzata in fitoterapia.

Vallio Terme (Brescia): acqua oligominerale, bicarbonato-alcalina, diuretica ed antispastica, impiegata anche come acqua da tavola.

Venturina (Campiglia Marittima, Livorno): Nello stabilimento termale Valle del Sole, costruito sulle vestigia delle antiche terme romane, si utilizza un’acqua ipertermale (T 46° C).

Vico Equense (Napoli): le Terme di Crajo, sfruttano acque fredde, sulfureo-salse.

Vieste (Foggia): Centro di medicina estetica Pizzomunno Palace.

Vigliatore Terme (Messina): da un terreno d’arenarie gialle e sabbie sgorgano acque termali (T 34° C), sulfureo-bicarbonate. Con le arenarie e le sabbie si preparano i fanghi termali.

Zolfo Bagni (Bolzano): nei pressi di Gries sgorga un’acqua fredda, mediominerale (residuo fisso 0,315 g/l), lievemente solforosa.

 

Alcune acque minerali estere

Aachen (Aquisgrana) (Germania): 18 sorgenti a temperatura variabile fra 37 e 73° C, salso-sulfuree.

Addis Abeba (Etiopia): acque ipertermali (T 72° C), bicarbonato-alcalino-terrose.

Aedipos (Isola Eubea, Grecia): Thermae Sylla, che sfruttano l’acqua di sorgenti radioattive (58 U. M.), cloruro-sodiche.

Agua Azul (Puebla, Messico): ipotermale, solfato-bicarbonato-alcalino-terrosa.

Aix en Provence (Francia): Aquae Callidae, risalenti all’anno 123 a. C., termali (T 34° C), oligominerali, bicarbonate, radioattive.

Aix les Bains (Savoia, Francia): 2 sorgenti termali (T 46° C), sulfuree, Alun e Soufre; e 2 bicarbonato-calciche, fredde, St. Simon e Deux Reines.

Alceda y Ontaneta (Spagna): acque sulfureo-cloruro-sodiche (NaCl 2,76 g/l).

Alival North (Sud Africa): acque termali (T 36,9° C), cloruro sodiche, leggermente sulfuree.

Amaro (Cuba): 5 acque oligominerali, salse.

Antisirabe (Madagascar): acqua solfato-bicarbonata.

Araxa (Brasile): acque sulfureo-bicarbonato-alcaline e bicarbonato-calcico-magnesiache, radioattive; fanghi naturali radioattivi (13,72-111,5 U. M.).

Arcman (Turkmenia): acque ipotermali (T 28° C), solfato-cloruro-sodiche, in un clima desertico.

Arrowhead Hot Springs (California, Stati Uniti): una ventina di sorgenti; le principali sono ipertermali (T 94° C), solfato-bicarbonato-calciche.

Atami (Giappone): numerose acque, alcune ipertermali (T 44-87° C), mediominerali; altre cloruro-sodiche, salso-solfate, salso-bromo-iodiche, solfate, solfato-bicarbonate, tutte ipertermali.

Baden (Argovia, Svizzera): 17 sorgenti ipertermali (T 47° C), sulfureo-salse.

Baden-Baden (Germania): acque cloruro-sodico-arsenicali. I Bagni Romani attuano terapie con la stessa metodica e le attrezzature simili a quelle delle antiche terme romane.

Bad Gastein (Austria): sorgenti ipertermali (T 47° C), radioattive (fino a 390 U. M.), mediominerali, solfato-sodiche.

Bad Nauheim (Hessen, Germania): acque termali (T 30-34° C), cloruro-sodico-ferruginose, fortemente carboniche.

Bagneres de Bigorre (Francia): negli Alti Pirenei, acque termali ed ipertermali (T 35-51° C), solfato-calciche, ferruginose fredde, solfato-sodiche fredde.

Bagneres de Luchon (Alta Garonna, Francia): 80 sorgenti con temperature comprese fra 22 e 66° C, sulfuree, di cui alcune radioattive. Lo stabilimento Les Thermes offre, fra l’altro, un radiovaporarium naturale fra le rocce dove sgorga una sorgente, sulfurea e radioattiva, con temperatura crescente da 37 a 48° C.

Baile Herculane (Romania): acque ipertermali (T 55° C), cloruro-sodiche, anche sulfuree.

Bains les Bains (Vosgi, Francia): sorgenti oligominerali, radioattive (66 U. M.).

Balatonfured (Ungheria): acque bicarbonato-calciche, con fanghi naturali.

Balcova Kaplicasi (Turchia): acqua ipertermale (T 58° C), solfato-cloruro-sodica.

Baldone (Lettonia): acqua sulfureo-solfato-calcica; fanghi naturali.

Ban Blang Dok (Tailandia): acqua ipertermale (T 96° C), mediominerale, sulfurea.

Bankis (Bulgaria): acque mediominerali per bagni.

Bath (Sommerset, Gran Bretagna): stazione termale romana (Acquae Salis), che si serve d’acqua ipertermale (T 48° C), radioattiva (91 U. M.), con fanghi naturali.

Bedford Springs (Pennsylvania, Stati Uniti): 4 sorgenti, una solfato-bicarbonata, una mediominerale bicarbonata, una oligominerale bicarbonata, una solfato-bicarbonato-alcalina.

Beppu (Giappone): acque mediominerali, cloruro-sodiche e ferruginose. Vi si trova un gran cratere di fango naturale.

Bex le Bains ( Vaud, Svizzera): acque sulfuree, cloruro-sodiche e salso-bromo-iodiche.

Biskra (Algeria): sorgenti sulfureo-cloruro-sodiche.

Borgiomi (Georgia): acqua bicarbonato-sodica; fanghi naturali.

Bourbon-Lancy (Seine et Loire, Francia): 5 sorgenti ipertermali (T 48-68° C), cloruro-sodico-bicarbonate, radioattive, ricche d’elio.

Bourbon l’Archambault (Allier, Francia): acque ipertermali (T 66° C); cloruro-sodiche (NaCl 5,20 g/l), radioattive (54 U. M.); ed una fredda, solfato-calcica. Vi si trova un emanatorio naturale.

Bridhkal Well (Benares, India): acque ipotermali (T 35° C), salso-bicarbonato-alcaline.

Budapest (Ungheria): 80 sorgenti quasi tutte bicarbonato-calciche e radioattive; alcune carboniche, altre sulfuree.

Buffalo Lithia Springs (Virginia, Stati Uniti): numerose sorgenti mediominerali, solfato-bicarbonato-calcico-carboniche; mediominerali, bicarbonato-ferruginose; ed una oligominerale, bicarbonata.

Bursa (Turchia): Due gruppi di sorgenti, bicarbonato-calciche, termali ed ipertermali (T 37-45° C), sulfuree, con grotte sudatorie e fanghi naturali.

Busko Zdroj (Polonia): 13 sorgenti sulfureo-salso-bromo-iodico-carboniche.

Carisbad Spring (Ontario, Canada): varie sorgenti minerali fredde, bicarbonato-sodiche, cloruro-sodico-carboniche, salso-sulfuree, salso-bromo-iodiche.

Cauterets (Alti Pirenei, Francia): acque sulfuree. Si fanno, particolarmente, polverizzazioni, e insufflazioni tubo-timpaniche.

Caxambu (Brasile): acque mediominerali, bicarbonato-alcalino-terrose, ad alto tenore d’acido carbonico, radioattive (fino a 43 U. M.); ed acqua del tipo della precedente ma ferruginosa e non radioattiva.

Chatel-Guyon (Puy de Dôme, Francia): 30 sorgenti carbonico-bicarbonato-calciche e clorurate, con termalità variabile fra 24 e 38° C.

Cheltenham (Gran Bretagna): 2 sorgenti solfato-cloruro-alcalino-terrose; e 2 solfato-cloruro-sodiche.

Coachi (Columbia): acque termali sulfuree.

Dax (Landes, Francia): sorgenti solfato-calcico-magnesiache, ipertermali (T 54-64° C); e cloruro sodiche (292 g/l).

Dgialabad (Kirghisia): acque bicarbonato-sodiche a T compresa fra 35 e 41° C, con fanghi torbosi.

Durkheim (Baviera, Germania): sorgenti cloruro-sodiche, ricche d’acido carbonico, alcune con elevato contenuto d’arsenico e iodio.

Elbasan (Albania): acque sulfuree.

El Hamme (Siria): presso il lago di Tiberiade, sorgenti mediominerali, sulfureo-salse.

Ems (Rheinland Pfalz, Germania): acque alcalino-carboniche e clorurate, termali (T 35-40° C). Nelle terme un istituto di ricerche cliniche specialistiche.

Estoril (Portogallo): acque radioattive (41 U. M.), cloruro-solfato-sodiche.

Evian (Alta Savoia, Francia): sorgenti mediominerali, bicarbonato-calciche.

Frantiskovy-Lazne (Franzensbad) (Cecoslovacchia): acque salso-solfato-sodico-ferruginose (sorgenti Glauber) ed una carbonica. Nelle terme s’eseguono anche bagni radioattivi.

Fuentes Termales Guarimen (Venezuela): acque sulfureo-bicarbonato-alcalino-terrose.

Govora (Romania): sorgenti sulfureo-salso-bromo-iodiche, con fanghi iodati. Un’acqua mediominerale, sulfurea, si somministra come bibita.

Gran Canaria (Spagna): varie sorgenti ipertermali, cloruro-sodico-bicarbonate, altre bicarbonato-sodiche, anche sulfuree.

Hammam Ali e Hammam el Sukhnah (Yemen): acque sulfuree termali.

Haarlem (Olanda): acque bicarbonato-ferruginose.

Harrogate (Yorkshire, Gran Bretagna): acque sulfuree, bicarbonato-sulfuree, salse, ferruginose, e magnesiache.

Helouan (Egitto): acque cloruro-sodiche, anche sulfuree.

Hepburn Spa (Australia): acque radioattive, bicarbonato-alcalino-terrose.

Hodgia Obi Garm (Tagikistan): sorgenti ipertermali (T 65-75° C), mediominerali, bicarbonato-sodiche, lievemente radioattive (3-15 U. M.).

Hokuto (Formosa): acque radioattive, ipertermali (59-100° C), bicarbonato-alcalino-terrose.

Karlovy-Vary (Karlsbad) (Cecoslovacchia): acque ipertermali (51-72° C), radioattive, solfato-cloruro-bicarbonato-sodiche, con fanghi naturali torbosi.

Korbous (Tunisia): 11 sorgenti ipertermali (T 49-60° C), cloruro-sodico-solfato-calciche, radioattive.

Ikaria (Grecia): acque termali radioattive (da 8 a 406 U. M.), cloruro-sodiche.

Jachymoy (Joachimstal) (Cecoslovacchia): sorgenti radioattive (450-600 U. M.).

La Bourboule (Puy de Dôme, Francia): acque radioattive (60 U. M.), cloruro-sodiche e arsenicali.  Esiste un ospedale pediatrico per la cura dell’asma infantile.

La Malou (Herault, Francia): sorgenti a varia termalità (T 14-52° C) e radioattività, con residuo fisso da 0,7 a 3 g/l.

Lanjaron (Spagna): 8 sorgenti cloruro-bicarbonato-alcaline, cloruro-bicarbonato-calciche; mediominerali, bicarbonato-calciche e bicarbonato-sodico-carboniche.

Las Trincheras (Venezuela): acque sulfureo-salse, ricche di fluoro.

Lisdoonvarna Spa (Irlanda): acque sulfuree, bicarbonate e ferruginose.

Mangopir (Pakistan): acque ipertermali (T 50° C), sulfuree.

Marianske Lazne (Marienbad) (Cecoslovacchia): acque solfato-cloruro-bicarbonato-sodico-carboniche, con fanghi naturali torbosi.

Monorf Etat (Lussemburgo): sorgenti cloruro-solfato-calciche.

Moulay Jacoub (Marocco): acque ipertermali (T 40-44° C), sulfuree.

Mont Dore (Puy de Dôme, Francia): sorgenti a varia termalità (T 38-47° C), carbonico-bicarbonato-arsenico-ferruginose. Un gran laboratorio di ricerche ideologiche.

Moree (Australia): acque bicarbonato-sodiche.

Nueva Gerona (Isla de Pinos, Cuba): acque bicarbonate.

Oberschlema (Sassonia, Germania): sono sorgenti fra le più radioattive del mondo; la Hindenburgquelle raggiunge i 4910 mμC.

Ostenda (Belgio): acque cloruro-sodiche e fanghi torbosi d’origine marina.

Panivaida (Cile): acqua solfato-cloruro-sodiche (T 33° C).

Plombières (Vosgi, Francia): acque oligominerali a varia termalità (T 13-74° C).

Polanica (Bad Altheide) (Polonia): acque bicarbonato-alcalino-terrose, ad alto contenuto d’acido carbonico; e bicarbonato-alcalino-ferruginose, con fanghi ferruginosi.

Porta Gargarese (Libia): acque sulfureo-salse.

Prado de Montevideo (Uruguay): acqua fredda, bicarbonato-alcalina.

Puente del Inca (Argentina): la più alta stazione climatica delle Ande, con acque solfato-cloruro-sodiche, carboniche e bicarbonato-solfato-alcaline.

Pyatigorsk (Russia): acque ipertermali (T 47° C), radioattive (56-100 U. M.), sulfureo-carboniche, ferruginose, e cloruro-sodico-bicarbonate.

Radium (Portogallo): 3 sorgenti oligominerali radioattive (105 U. M.).

Ragaz-Pfafers (St. Gall, Svizzera): acque mediominerali, bicarbonate, con alto contenuto d’acido carbonico libero.

Ramlosa Halsobrunn (Svezia): acqua bicarbonato-sodica.

Ramsar (Iran): acque sulfuree di Ramsar e bicarbonate di Sadat Maheleh.

Rotorua (Nuova Zelanda): numerose sorgenti; le principali sono sulfuree e ipertermali (T 90-93).

Royat (Puy de Dôme, Francia): sorgenti cloruro-sodico-bicarbonate, ricche d’acido carbonico, alcune delle quali radioattive.

Saint Moritz les Bains (Grigioni, Svizzera): acque fredde, carbonico-ferruginose.

San Juan de Los Moros (Venezuela): sorgente sulfurea, radioattiva, con fanghi naturali sulfurei e ferruginosi.

Shinsen (Seul, Corea): acqua ipertermale, (T 50-58°), bicarbonata.

Sidi Messeri (Libia): Acqua ipertermale (T 42° C), sulfureo-salso-solfata.

Sikonda (Ungheria): acqua solfato-bicarbonato-alcalino-ferruginosa.

Silkeborg Bad (Danimarca): acque bicarbonate, ferruginose e sulfuree.

Sovata (Romania): laghi d’acque termali, salse, con limi ferruginosi. Inoltre sorgenti cloruro-sodico-ferruginose e bicarbonato-clorurate.

Spa (Belgio): sorgenti carbonico-ferruginose; fanghi naturali, maturati in acque carboniche.

S. Vicente (Portogallo): sorgenti mediominerali, sulfureo-bicarbonato-sodiche, con fanghi naturali.

Tang Kang Tju (Cina): acque sulfuree, radioattive, con fanghi ipertermali.

Taras-Schuls-Volpera (Engladina, Svizzera): una stazione termale che comprende 3 località, con acque salso-bicarbonato-alcaline e bicarbonato-ferruginose. Si fanno bagni carbonici.

Techir-Ghiol (Romania): laguna con acque cloruro-sodiche ad alta mineralizzazione ed abbondante flora superficiale; limi ricchi di cloruro sodico.

Tiberias (Israele): 70 sorgenti ipertermali (T 60° C), radioattive (17 U. M.), essenzialmente salse.

Uanzahgie (Etiopia): acqua ipertermale (T 48° C), cloruro-sodica.

Usolie (Siberia): acque cloruro-sodiche, ipertoniche.

Vichy (Allier, Francia): sorgenti bicarbonato-sodiche.

West Baden (Indiana, Stati Uniti): grande stazione termale con sorgenti cloruro-sodiche, bicarbonato-alcaline, solfato-alcalino-ferruginose.

White Sulphur Springs (West Virginia, Stati Uniti): 4 sorgenti, due sulfureo-solforate, una oligominerale sulfureo-alcalina, ed una bicarbonato-alcalina.

Wiesbaden (Hessen, Germania): una trentina di sorgenti cloruro-sodiche, con fanghi naturali.

Woodhall Spa (Gran Bretagna): acque salso-bromo-iodiche, con fanghi naturali.

Vrnjacka Banja (Serbia): acque termali, bicarbonato-alcaline, ricche d’acido carbonico.

Yura (Perù): acque sulfureo-bicarbonato-alcaline, bicarbonato-ferruginose, solfato-bicarbonato-alcalino-ferruginose.

Zwartops (Sud Africa): acque mediominerali, cloruro-sodiche e sulfureo-ferruginose.

 

La legislazione sull’acqua.

 

Già l’ordinamento dell’amministrazione e dell’assistenza sanitaria del Regno (G. U. 24 dicembre 1888, capo III, art. 88 e seguenti), colse la necessità di regolamentare la tutela e l’utilizzo delle acque naturali, ma la cultura delle acque, nel nostro paese, trova origine con la legge 497 del 16 luglio 1916, la quale costituisce il primo atto legislativo che pone le regole per la produzione delle acque minerali in Italia. In seguito il R.D. 1924 del 28 settembre 1919, in parte tuttora valido, “Regolamento per l’esecuzione… della legge… 16 luglio 1916… concernente disposizioni sulle acque minerali e gli stabilimenti termali, idroterapici e di cure fisiche e affini”, disegna la prima struttura normativa che ha costituito la base di successivi interventi legislativi.
Il R.D. n. 1265, del 27 luglio 1934, “Testo unico delle Leggi Sanitarie”, aprì la strada ad una legislazione moderna sulle acque destinate al consumo umano.
La Circolare del Ministero della Sanità n. 33, 27 aprile 1977 e il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, 8 febbraio 1985 posero le basi per una normativa organica sulle acque destinate al consumo umano, che arrivò ad una piena realizzazione con il D.P.R. 236 del 24 maggio 1988.
Con la direttiva n. 80/777 CE del 15 luglio 1980 e con successive direttive europee o decreti integrativi, recepiti con il D.L. 105 del 25 gennaio 1992, si arriva allo stato attuale, caratterizzato oltre che da una legislazione nazionale in armonia con gli altri Stati europei, da un quadro normativo che può essere ritenuto soddisfacente por un governo nazionale, su tale materia.
Per la prima volta, infatti, sono stabiliti, a livello europeo, i parametri riguardanti le sostanze indesiderabili, le prestazioni analitiche dei metodi da utilizzare, alcune disposizioni riguardanti l’etichettatura, nonché le condizioni d’utilizzazione dell’aria arricchita d’ozono, talvolta impiegata per i trattamenti di separazione degli elementi instabili quali ferro, manganese, solfo ed arsenico.
Una carenza può essere individuata nel non aver considerato la presenza nelle acque minerali di varie sostanze organiche legate all’attività umana, mancanza che è stata ovviata dai nostri legislatori con il D.M. 29 dicembre 2003.
Le acque destinate al consumo umano, già acque potabili, e quelle minerali naturali, sono divise in due uniche tipologie, che presentano differenze dovute agli impieghi (per bere, per l’igiene personale, per il lavaggio e la cottura dei cibi), alle tipologie di distribuzione (in bottiglia le acque minerali naturali, prevalentemente in condotta le acque potabili, anche se, con l’entrata in vigore del D.L. 31, del 2 febbraio 2001, queste acque possono essere distribuite in bottiglia) ma, soprattutto, a differenti origini e trattamenti. Le acque potabili subiscono vari trattamenti secondo la loro provenienza, mentre le acque minerali presentano, all’origine, particolari caratteristiche igieniche assicurate dalla provenienza e dalla protezione delle sorgenti.
Un concetto innovativo introdotto è la responsabilità dell’ente distributore.
Gli installatori d’impianti di distribuzione d’acqua potabile e i successivi fornitori, sono tenuti ad intervenire, con l’ausilio d’apparecchiature o sostanze chimiche idonee, sulla qualità dell’acqua di rete, assicurandone le caratteristiche di potabilità fino al rubinetto, o semplicemente per migliorarne la gradevolezza, utilizzando, ad esempio, filtri in grado di rimuovere il gusto di cloro.
Interventi a livello domestico possono essere interessanti, ma devono essere condotti con tecnologie avanzate: il rischio d’indurre peggioramenti, come l’addolcimento, l’alterazione di parametri microbiologici, ecc., non è da trascurare (D. Ministero della Sanità 443 del 21 dicembre 1990; Regolamento recante disposizioni tecniche concernenti apparecchiature per il trattamento domestico d’acque potabili, G.U. 24 del 29 gennaio 1991).
Con il D.L. 339 del 4 agosto 1999 sono disciplinate le caratteristiche necessarie per individuare una buon’acqua sorgiva (non strettamente minerale):
1- Deve essere rigorosamente d’origine sotterranea; può provenire da emergenza naturale o da pozzo; composizione chimica e temperatura non devono subire variazioni significative nel tempo.
2- Non è sottoposta a disinfezione. I trattamenti consentiti sono gli stessi permessi per le acque minerali (rimozione dell’arsenico, dei composti instabili di ferro, manganese e solfo; è consentita l’eliminazione dell’anidride carbonica e la sua successiva introduzione.
3- Non può essere trasportata (se non fino allo stabilimento) e, quindi deve essere confezionata all’origine.
4- Parametri organolettici di composizione e di contaminanti devono rientrare in quanto disposto dal D.L. 542/1992 e, successivamente, dal D.L. 31/2001.
5- Non si possono attribuire a tale tipo d’acqua proprietà favorevoli alla salute.
6- Sull’etichetta dei contenitori non è obbligatoria l’indicazione della composizione chimica, e, per ciò che riguarda la capacità dei recipienti, non vi è limite, contrariamente a ciò che è previsto per le acque minerali (2 l).
Con D.L. n. 31 del 2 febbraio 2001, che segue, il quale ebbe reale attuazione dal 25 dicembre 2003, si hanno sostanziali modifiche ed innovazioni, sui parametri qualitativi e quantitativi.
Si può notare la scomparsa dei valori guida, ritenuti oggi privi di fondamento scientifico e, per alcuni aspetti fuorvianti; e sono state apportate sostanziali modifiche all’elenco dei parametri chimici. Alcuni elementi, ritenuti di scarso interesse sanitario, sono stati eliminati, mentre altri nuovi sono stati introdotti. Specifici valori limite sono fissati per il clorito (sottoprodotto derivante dalla disinfezione con biossido di cloro), il vanadio, l’acrilammide, il benzene ed il benzopirene, il bromato (residuo dell’ozonizzazione dell’acqua contenente bromuri), il dicloroetano, l’epicloridrina, il tetracloroetilene e il tricloroetilene, il cloruro di vinile ed i triclorometani (provenienti dalla disinfezione con ipoclorito di sodio). Valori di parametro più restrittivi sono stati fissati per elementi come l’arsenico, il piombo, il nichel, l’antimonio, gli idrocarburi policiclici aromatici; mentre sono stati eliminati dalla lista dei parametri elementi come il magnesio, l’azoto Kjeldahl, le sostanze estraibili con cloroformio, gli idrocarburi disciolti o emulsionabili, i fenoli, i tensioattivi, lo zinco, il fosforo e l’argento.
Il legislatore ha poi previsto deroghe ai valori di parametro d’alcuni elementi tossici, in considerazione dello stato delle reti distributive e della tecnologia analitica, come il clorito (d’altra parte non previsto dalla direttiva CE), o come il piombo, tollerato, fino al 2013, ad una concentrazione di 25 μg/l, anziché 10 μg/l.
Con i D.M. 11 settembre e 29 dicembre 2003 si recepisce la direttiva CE a riguardo dell’etichettatura, dei criteri di valutazione sulle caratteristiche delle acque minerali naturali, e delle condizioni d’utilizzo dei trattamenti sulle acque minerali naturali e su quelle di sorgente. Si determinano così i parametri caratterizzanti, quelli indesiderabili d’origine naturale che non devono derivare da una contaminazione della fonte, e quelli d’origine antropica, la cui assenza costituisce una garanzia di qualità. Si fissano poi la possibilità di revisione da parte del Ministero della Sanità, prescrizioni di carattere tecnico e amministrativo per i produttori, i tempi d’attuazione per alcuni parametri, le caratteristiche dei metodi analitici. Infine si determinano le sostanze non ammesse, i relativi limiti minimi richiesti ai metodi analitici ed i limiti massimi per i composti residui di trattamento nel caso in cui venga utilizzato l’ozono.

Il paragrafo che segue può chiarire il senso delle scelte operate dal legislatore europeo e da quello italiano.
Torbidità, odore, colore e sapore rivestono una notevole importanza per rilevare alterazioni dovute alla complessità dei sistemi di potabilizzazione e distribuzione delle acque potabili.
La temperatura alla sorgente è un indicatore importante per le acque minerali ed è correlato a contesti idrogeologici, mentre ha poca rilevanza per le acque di condotta.
Ugualmente l’anidride carbonica, e il pH, peculiarità di certe acque minerali, hanno poco rilievo per le acque potabili, se non per problemi di corrosione delle condutture.
Il residuo fisso è giustamente consigliato entro i 1500 mg/l per le acque destinate al consumo umano.
Parametri come silice, litio, bromuri, ioduri, stronzio, non hanno significato nelle acque potabili, sia per la bassa concentrazione, sia per la mancanza d’effetti tossici.
Lo ione ammonio, i nitriti e i nitrati, se associati ad un esito sfavorevole delle analisi microbiologiche, possono essere indice di un inquinamento organico, e non bisogna poi sottovalutare gli effetti farmacologici di tali sostanze, o la sgradevolezza che può essere conferita all’acqua (ione ammonio).
Acque addolcite possono risultare aggressive, mentre acque dure creano problemi a tubature, caldaie, impianti refrigeranti, ecc. Per questo sono consigliati valori di durezza compresi fra 15 e 50° Francesi.
Il valore del cadmio è più restrittivo per le acque minerali, mentre non è previsto un limite per il bario nelle acque potabili (1mg/l per le minerali); il vanadio deve essere contenuto entro i 50 μg/l per le acque potabili.
Antimonio, arsenico, cromo, rame, piombo, mercurio, nichel, selenio, tutti tossici, sono valutati pressoché allo stesso modo, sia per le acque potabili, sia per quelle minerali.
Diversa la valutazione sul boro, per il quale sono previste valutazioni successive, e per il fluoro che, se in eccesso deve essere segnalato in etichetta, per evitare che sia assunto in dosi massicce dai lattanti e dai bambini in tenera età.
Una differenza evidente, fra le acque potabili e quelle minerali, si può notare per il manganese: si presume che il limite di 50 μg/l, non sia legato a problemi di tossicità (che si verifica solo a dose elevate), ma a problemi di rete, poiché, precipitando come biossido nelle tubature, renderebbe l’acqua di sapore metallico. Lo stesso vale per il ferro.
Per quanto riguarda i cianuri va evidenziato che la normativa nazionale fissa un valore limite più basso di quello suggerito dalla direttiva CE.
Un particolare riguardo è stato portato alle sostanze contaminanti, l’assenza delle quali è una garanzia di qualità per le acque minerali, e indice di un efficace e preciso trattamento d’estrazione o di disinfezione.

 

 

D.L. n. 31, del 2 febbraio 2001. Attuazione della direttiva CE 98/83, relativa alla qualità delle acque destinate al consumo umano (e successive modifiche).

Art. 1 – Finalità. Il presente decreto disciplina la qualità delle acque destinate al consumo umano, al fine di proteggere la salute umana dagli effetti negativi derivanti dalla contaminazione delle acque, garantendone la salubrità e la pulizia.

Art. 2 – Definizioni. Al fine del presente decreto, s’intende per:

a) ‹‹acque destinate al consumo umano››:
1) le acque trattate o non trattate, destinate ad uso potabile, per la preparazione di cibi e bevande, o per altri usi domestici, siano esse fornite tramite una rete di distribuzione, mediante cisterne, in bottiglie o contenitori;
2) le acque utilizzate in un’impresa alimentare per la fabbricazione, il trattamento, la conservazione o l’immissione sul mercato di prodotti o di sostanze destinate al consumo umano, escluse quelle, individuate ai sensi dell’articolo 11, comma 1, lettera e, la cui qualità non può avere conseguenze sulla salubrità del prodotto alimentare finale;

b) ‹‹impianto di distribuzione domestico››: le condutture, i raccordi, le apparecchiature, installati tra i rubinetti normalmente utilizzati per l’erogazione dell’acqua destinata al consumo umano e la distribuzione esterna…

Art. 3 – Esenzioni. La presente normativa non si applica: a. alle acque minerali naturali e medicinali riconosciute; b. alle acque destinate esclusivamente a quegli usi per i quali la qualità delle stesse non ha ripercussioni, dirette od indirette, sulla salute dei consumatori interessati, individuate con decreto del Ministero della sanità, di concerto con i Ministri dell’industria, del commercio e dell’artigianato, dell’ambiente, dei lavori pubblici e delle politiche agricole e forestali.

Art. 4 – Obblighi generali.
1. Le acque destinate al consumo umano devono essere salubri e pulite.
2. Al fine di cui al comma 1, le acque destinate al consumo umano: a) non devono contenere microrganismi e parassiti, né altre sostanze, in quantità o concentrazioni tali da rappresentare un potenziale pericolo per la salute umana; b) fatto salvo quanto previsto dagli articoli 13 e 16, devono soddisfare i requisiti minimi di cui alle parti A e B dell’allegato I; c) devono essere conformi a quanto previsto nei provvedimenti adottati ai sensi dell’art. 14, comma 1;
3. L’applicazione delle disposizioni del presente decreto non può avere l’effetto di consentire un deterioramento del livello esistente della qualità delle acque destinate al consumo umano tale da avere ripercussione sulla tutela della salute umana, né l’aumento dell’inquinamento delle acque destinate alla produzione d’acqua potabile.

Art. 5 – Punti di rispetto della conformità.
1. I valori di parametro fissati nell’allegato I devono essere rispettati nei seguenti punti: a) per le acque fornite attraverso una rete di distribuzione, nel punto di consegna ovvero, ove sconsigliabile per difficoltà tecniche o pericolo d’inquinamento del campione, in un punto prossimo della rete di distribuzione, rappresentativo e nel punto in cui queste fuoriescono dai rubinetti utilizzati per il consumo umano; b) per le acque fornite da una cisterna, nel punto in cui fuoriescono dalla cisterna; c) per le acque confezionate in bottiglia o contenitori… nel punto in cui sono imbottigliate o introdotte nei contenitori e nelle confezioni in fase di commercializzazione o comunque di messa a disposizione per il consumo; d) per le acque utilizzate nelle imprese alimentari, nel punto in cui sono utilizzate…
2. … Per gli edifici e le strutture in cui l’acqua è fornita al pubblico, il titolare ed il responsabile della gestione… devono assicurare che i valori di parametro fissati nell’allegato I, rispettati nel punto di consegna, siano mantenuti nel punto in cui l’acqua fuoriesce dal rubinetto.
3. … L’azienda sanitaria locale dispone che il gestore adotti misure appropriate per eliminare il rischio che le acque non rispettino i valori di parametro dopo la fornitura. L’autorità sanitaria competente ed il gestore, ciascuno per quanto di competenza, provvedono affinché i consumatori siano debitamente informati e consigliati sugli eventuali provvedimenti e sui comportamenti da adottare.

Art. 6 – Controlli.
1. I controlli interni ed esterni di cui agli articoli 7 e 8 intesi a garantire che le acque destinate al consumo umano soddisfino, nei punti indicati nell’art. 5, comma 1, i requisiti del presente decreto, devono essere effettuati: a) ai punti di prelievo delle acque superficiali e sotterranee da destinare al consumo umano; b) agli impianti d’adduzione, d’accumulo e di potabilizzazione; c) alle reti di distribuzione; d) agli impianti di confezionamento d’acqua in bottiglia o in contenitori; e) sulle acque confezionate; f) sulle acque utilizzate nelle imprese alimentari; g) sulle acque fornite mediante cisterna, fissa e mobile.
2. Per le acque destinate al consumo umano fornite mediante cisterna, i controlli di cui al comma 1 devono essere estesi anche all’idoneità del mezzo di trasporto.
3. Nei casi in cui la disinfezione rientra nel processo di preparazione o di distribuzione delle acque destinate al consumo umano, i controlli di cui al comma 1 verificano l’efficacia della disinfezione e accertano che la contaminazione da presenza di sottoprodotti di disinfezione sia mantenuta al livello più basso possibile, senza compromettere la disinfezione stessa.

5. I laboratori d’analisi di cui agli art. 7 e 8 devono seguire procedure di controllo analitico della qualità sottoposte periodicamente al controllo del Ministero della Sanità, in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità.
5 bis. Il giudizio d’idoneità dell’acqua destinata al consumo umano spetta all’azienda U.S.L. territorialmente competente.

Art. 7 – Controlli interni.
1. Sono controlli interni i controlli che il gestore è tenuto ad effettuare per la verifica della qualità dell’acqua destinata al consumo umano.
2. I punti di prelievo e la frequenza dei controlli interni possono essere concordati con l’azienda U.S.L.
3. Per l’effettuazione dei controlli, il gestore s’avvale di laboratori d’analisi interni, ovvero stipula apposita convenzione con altri gestori di servizi idrici.
4. I risultati dei controlli devono essere conservati per un periodo di almeno cinque anni…
5. I controlli di cui al presente articolo non possono essere effettuati dai laboratori d’analisi di cui all’art. 8, comma 7.

Art. 8 – Controlli esterni.
1. I controlli esterni sono quelli svolti dall’azienda U.S.L. territorialmente competente, per verificare che le acque destinate al consumo umano soddisfino i requisiti del presente decreto, sulla base di programmi, elaborati secondo i criteri generali dettati dalle Regioni in ordine all’ispezione degli impianti, alla fissazione dei punti di prelievo dei campioni da analizzare, anche con riferimento agli impianti di distribuzione domestici, e alle frequenze dei campionamenti, intesi a garantire la significativa rappresentatività della qualità delle acque distribuite durante l’anno, nel rispetto di quanto stabilito dall’allegato II.
2. Per quanto concerne i controlli di cui all’art. 6, comma 1, lettera a, l’azienda U.S.L. tiene conto dei risultati di rilevamento dello stato di qualità dei corpi idrici di cui all’art. 43 del D.L. 152, del 11 maggio 1999, e successive modificazioni, e, in particolare per le acque superficiali destinate alla produzione d’acqua potabile, dei risultati della classificazione e del monitoraggio effettuati secondo le modalità previste nell’allegato 2, sezione A, del citato decreto …
3. L’azienda U.S.L. assicura una ricerca supplementare, caso per caso, delle sostanze dei microrganismi per i quali non sono stati fissati valori di parametro a norma dell’allegato I, qualora vi sia motivo di sospettare la presenza in quantità o concentrazioni tali da rappresentare un potenziale pericolo per la salute umana. La ricerca dei parametri supplementari è effettuata con metodiche predisposte dall’Istituto Superiore di Sanità.
4. Ove gli impianti d’acquedotto ricadano nell’area di competenza territoriale di più aziende U.S.L., la Regione può individuare l’azienda alla quale attribuire la competenza in materia di controlli.
5. Per gli acquedotti interregionali, l’organo sanitario di controllo è individuato d’intesa fra le Regioni interessate.
6. L’azienda U.S.L. comunica i punti di prelievo fissati per il controllo, le frequenze dei campionamenti e gli eventuali aggiornamenti alla competente Regione o Provincia Autonoma ed al Ministero della Sanità…
7. Per le attività di laboratorio, le aziende U.S.L. si avvalgono delle agenzie regionali per la protezione dell’ambiente…

Art. 9 – Assicurazione di qualità del trattamento, delle attrezzature e dei materiali.
1. Nessuna sostanza o materiale utilizzati per i nuovi impianti o per l’adeguamento di quelli esistenti, per la preparazione o la distribuzione delle acque destinate al consumo umano, o impurezze associate a tali sostanze o materiali, devono essere presenti in acque destinate al consumo umano in concentrazioni superiori a quelle consentite per il fine per cui sono impiegati e non debbono ridurre, direttamente o indirettamente, la tutela della salute umana prevista dal presente decreto.
2. Con decreto del Ministero della Sanità… sono adottate le prescrizioni tecniche necessarie ai fini dell’osservanza di quanto disposto dal comma 1 <vedi D. M n. 174, del 6 aprile 2004>.

Art. 10 – Provvedimenti e limitazioni d’uso.
1. Fatto salvo quanto disposto dagli articoli 13, 14 e 16, nel caso n cui le acque destinate al consumo umano non corrispondano ai valori di parametro fissati a norma dell’allegato I, l’azienda U.S.L. interessata, comunica al gestore l’avvenuto superamento e, effettuate le valutazioni del caso, propone al Sindaco l’adozione degli eventuali provvedimenti cautelativi a tutela della salute pubblica, tenuto conto dell’entità del superamento del valore di parametro pertinente e dei potenziali rischi per la salute umana, nonché dei rischi che potrebbero derivare da un’interruzione dell’approvvigionamento o da una limitazione d’uso delle acque erogate.
2. Il gestore, sentite l’Azienda U.S.L. e l’Autorità d’ambito, individuate tempestivamente le cause della non conformità, attua i correttivi gestionali di competenza necessari all’immediato ripristino della qualità delle acque erogate.
3. La procedura di cui al comma precedente deve essere posta in atto anche in presenza di sostanze o agenti biologici in quantità tali che possono determinare un rischio per la salute umana.
4. Il Sindaco, l’azienda U.S.L., l’Autorità d’ambito ed il gestore informano i consumatori in ordine ai provvedimenti adottati, ciascuno per quanto di propria competenza.

Art. 11 – Competenze statali.
1. È di competenza statale la determinazione di principi fondamentali concernenti:
a) le modifiche degli allegati I, II, III, in relazione all’evoluzione delle conoscenze tecnico-scientifiche o in esecuzione di disposizioni adottate in materia in sede comunitaria.
b) la fissazione dei valori per parametri aggiuntivi non riportati nell’allegato I, qualora ciò sia necessario per tutelare la salute umana in una parte od in tutto il territorio nazionale; i valori fissati devono, al minimo, soddisfare i requisiti di cui all’art. 4, comma 2, lettera a;
c) l’adozione di metodi analitici diversi da quelli indicati nell’allegato III, punto 1, previa verifica da parte dell’Istituto Superiore di Sanità, che i risultati ottenuti siano affidabili almeno quanto quelli ottenuti con i metodi specificati; di tale riconoscimento deve esserne data completa informazione alla Commissione Europea.
d) l’adozione, previa predisposizione da parte dell’Istituto Superiore di Sanità, dei metodi analitici di riferimento da utilizzare per i parametri elencati nell’allegato III, punto 2, nel rispetto dei requisiti di cui allo stesso allegato.
e) l’individuazione d’acque utilizzate in imprese alimentari la cui qualità non può avere conseguenze sulla salubrità del prodotto alimentare finale;
f) l’adozione di norme tecniche per la potabilizzazione e la disinfezione delle acque;
g) l’adozione di norme tecniche per l’installazione degli impianti d’acquedotto, nonché per lo scavo, la perforazione, la trivellazione, la manutenzione, la chiusura e la riapertura dei pozzi;
h) l’adozione di prescrizioni tecniche concernenti il settore delle acque destinate al consumo umano, confezionate in bottiglie o in contenitori, nonché per il confezionamento d’acque per equipaggiamenti d’emergenza.
i) l’adozione di prescrizioni tecniche concernenti il trasporto d’acqua destinata al consumo umano.
….

Art. 12 – Competenze delle Regioni o Province Autonome.
Alle Regioni e alle Province Autonome compete quanto segue:
a) previsione di misure atte a rendere possibile un approvvigionamento idrico d’emergenza per fornire acqua potabile rispondente ai requisiti previsti dall’allegato I, per la quantità ed il periodo minimi necessari a far fronte a contingenti esigenze locali;
b) esercizio dei poteri sostitutivi in casi d’inerzia delle autorità locali competenti nell’adozione dei provvedimenti necessari alla tutela della salute umana nel settore dell’approvvigionamento idrico-potabile;
c) concessione delle deroghe ai valori di parametro fissati all’allegato I, parte B o fissati ai sensi dell’articolo 11, comma 1, lettera b e dagli adempimenti di cui all’articolo 13;
d) adempimenti relativi all’inosservanza dei valori di parametro o delle specifiche contenute nell’allegato I, parte C, di cui all’art. 14;
e) adempimenti relativi ai casi eccezionali per i quali è necessaria particolare richiesta di proroga di cui all’art. 16;
f) adozione di piani d’intervento per il miglioramento della qualità delle acque destinate al consumo umano;
g) definizione delle competenze delle aziende U.S.L.

Art. 13 – Deroghe.
1. La Regione o Provincia Autonoma può stabilire deroghe ai valori di parametro fissati nell’allegato I, parte B, o fissati ai sensi dell’art. 11, comma 1, lettera b, entro i valori massimi ammissibili stabiliti dal Ministero della Sanità… purché nessuna deroga presenti potenziale pericolo per la salute umana e sempre che l’approvvigionamento d’acque destinate al consumo umano, conformi al parametro, non possa essere assicurato con altro mezzo congruo.
2. Il valore massimo ammissibile di cui al comma 1 è fissato su motivata richiesta della Regione o Provincia Autonoma, corredata dalle seguenti informazioni:
a) motivi di richiesta della deroga, con indicazione della causa del degrado della risorsa idrica;
b) i parametri interessati, i risultati dei controlli effettuati negli ultimi tre anni, il valore massimo ammissibile proposto e la durata necessaria di deroga;
c) l’area geografica, la quantità d’acqua fornita ogni giorno, la popolazione interessata e gli eventuali effetti sulle industrie alimentari interessate;
d) un opportuno programma di controllo che preveda, se necessario, una maggiore frequenza dei controlli rispetto a quelli minimi previsti;
e) il piano relativo alla necessaria azione correttiva, compreso un calendario dei lavori, una stima dei costi, la relativa copertura finanziaria e le disposizioni per il riesame;
3. Le deroghe devono avere la durata più breve possibile, comunque non superiore ad un periodo di tre anni.

<Seguono le disposizioni per una proroga della deroga è ciò che deve essere evidenziato nei provvedimenti di deroga.>

14. Il presente articolo non si applica alle acque fornite mediante cisterna ed a quelle confezionate in bottiglie o contenitori, rese disponibili per il consumo umano.

Art. 14 – Conformità ai parametri indicatori.
1. In caso di non conformità ai valori di parametro o alle specifiche di cui alla parte C dell’allegato I, l’Autorità d’ambito, sentito il parere dell’azienda U.S.L. in merito al possibile rischio per la salute umana derivante dalla non conformità ai valori di parametro o alle specifiche predette, mette in atto i necessari adempimenti di competenza e dispone che vengano presi provvedimenti intesi a ripristinare la qualità delle acque ove ciò sia necessario per tutelare la salute umana.
2. 3. 4. … <Comunicazione annuale da parte delle Regioni o delle Province Autonome al Ministero della Sanità e dell’Ambiente delle informazioni relative ai casi di non conformità riscontrati.>

Art. 15 e 16 – <Termine per la messa in conformità. Casi eccezionali.>

Art. 17 – < Relazione triennale del Ministero della Sanità.>

Art. 18 – <Competenze delle Regioni a statuto speciale e delle province Autonome.>

Art. 19 – <Sanzioni.>

Art. 20 – <Norme transitorie e finali.>
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Allegato I - Parametri.

 

Parte A- Parametri microbiologici.

Parametro                                     valore di parametro (numero/100 ml)

Escherichia coli                            0
Enterococchi                                0

Per le acque messe in vendita in bottiglia o contenitori sono applicabili i seguenti valori:
Escherichia coli                            0/250 ml
Enterococchi                                0/250 ml
Pseudomonas aeruginosa               0/250 ml
Conteggio delle colonie a 22° C     100/ml
Conteggio delle colonie a 37° C     20/ml 

 

Parte B - Parametri chimici.

Parametro                                    valore di parametro

Acrilammide                                 0,10 μg/l <nota 1>
Antimonio                                    5,0 μg/l
Arsenico                                       10 μg/l
Benzene                                       1,0 μg/l
Benzo/a)pirene                              0,010 μg/l
Boro                                             1,0 mg/l
Bromato                                       10 μg/l <nota 2>
Cadmio                                        5,0 μg/l
Cromo                                          50 μg/l
Rame                                           1,0 mg/l <nota 3>
Cianuro                                        50 μg/l
1,2 dicloroetano                            3,0 μg/l
Epicloridrina                                0,10 μg/l <nota 1>
Fluoruro                                       1,50 mg/l
Piombo                                         10 μg/l <note 3 e 4>
Mercurio                                      1,0 μg/l
Nichel                                          20 μg/l <nota 3>
Nitrato (come NO3)                       50 mg/l <nota 5>
Nitrito (come NO2)                       0,50 mg/l <nota 5>
Antiparassitari                                         0,10 μg/l <note 6 e 7>
Antiparassitari totali                     0,50 μg/l <note 6 e 8>
Idrocarburi policiclici                   
aromatici totali                             0,10 μg/l <nota 9>
Selenio                                         10 μg/l
Tetracloroetilene e
tricloroetilene (totali)                             10 μg/l
Trialometani (totali)                      30 μg/l
Cloruro di vinile                           0,5 μg/l <nota 1>
Clorito                                                    700 μg/l <nota 11>
Vanadio                                        50 μg/l.

Indipendentemente dalla sensibilità del metodo analitico utilizzato, il risultato deve essere espresso indicando lo stesso numero di decimali riportato in tabella per il valore di parametro.

Nota 1: il valore di parametro si riferisce alla concentrazione monometrica residua nell’acqua, calcolata secondo le specifiche di rilascio massimo del polimero corrispondente, a contatto con l’acqua.
Nota 2: ove possibile ci si deve adoperare per applicare valori inferiori senza compromettere la disinfezione. Per le acque di cui all’art. 5, comma 1, lettere a, b, d, il valore deve essere soddisfatto al più tardi entro il 25 dicembre 2008. Il valore di parametro per il bromato, nel periodo compreso fra il 25 dicembre 2003 ed il 25 dicembre 2008 è pari a 25 μg/l.
Nota 3: il valore si riferisce ad un campione d’acqua destinata al consumo umano ottenuto dal rubinetto tramite un metodo di campionamento adeguato e prelevato in modo da essere rappresentativo del valore medio dell’acqua ingerita settimanalmente dai consumatori. Le procedure di prelievo dei campioni e di controllo vanno applicate, se del caso, secondo metodi standardizzati da stabilire ai sensi dell’articolo 11, comma 1, lettera b…
Nota 4: per le acque di cui all’art. 5, comma 1, lettere a, b, d, questo valore deve essere soddisfatto al più tardi entro il 25 dicembre 2013. Il valore di parametro del piombo nel periodo compreso tra il 25 dicembre 2003 ed il 25 dicembre 2013 è pari a 25 μg/l…
Nota 5: deve essere soddisfatta la condizione: <[nitrato/50]+ [nitrato/0,5(0,1)]> ≤ 1, ove le parentesi quadre esprimono la concentrazione in mg/l per il nitrato (NO3) e per il nitrito (NO2); e che il valore di 0,10 mg/l per i nitriti sia rispettato nelle acque provenienti da impianti di trattamento.
Nota 6: insetticidi organici, erbicidi organici, fungicidi organici, nematocidi organici, acaricidi organici, alghicidi organici, rodenticidi organici, sostanze antimuffa organiche, prodotti connessi, compresi i regolatori della crescita e i pertinenti metaboliti, prodotti di degradazione e di reazione…
Nota 7: il valore di parametro si riferisce ad ogni singolo antiparassitario. Nel caso di aldrina, dieldrina, eptacloro ed eptacloro-epossido, il valore parametrico è pari a 0,030 μg/l.
Nota 8: “Antiparassitari totali” indica la somma dei singoli antiparassitari rilevati e quantificati nella procedura di controllo.
Nota 9: Benzo(b)fluorantene, benzo(k)fluorantene, benzo(ghi)peridene, indeno(1,2,3-cd)pirene.
Nota 10: cloroformio, bromoformio, dibromoclorometano, bromodiclorometano. I responsabili della disinfezione devono adoperarsi affinché il valore parametrico sia il più basso possibile senza compromettere la disinfezione stessa.
Nota 11: Per le acque di cui all’art. 5, comma 1, lettere a, b, d, questo valore deve essere soddisfatto al più tardi entro il 25 dicembre 2006…

 

Parte C – Parametri indicatori.

Parametro                                               valore di parametro

Alluminio                                               200 μg/l
Antimonio                                              0,50 mg/l
Cloruro                                                   250 mg/l <nota 1>
Clostridium perfrigens, spore comprese    0 (in 100 ml) <nota 2>
Colore                                                     accettabile per i consumatori e senza                            variazioni anomale
Conduttività                                           2500 μScm-1 a 20° C <nota 1>
Concentrazione ioni idrogeno                  ≥ 6,5 e ≤ 9,5 U. pH <note 1 e 3>
Ferro                                                                 200 μg/l
Manganese                                                        50 μg/l
Odore                                                                accettabile per i consumatori e senza 
variazioni anomale
Ossidabilità                                                       5,0 mg/l O2 <nota 4>
Solfato                                                              250 mg/l <nota 1>
Sodio                                                                200 mg/l
Sapore                                                    accettabile per i consumatori e senza
variazioni anomale
Conteggio delle colonie a 22° C               senza variazioni anomale
Batteri coliformi a 37° C                          0 (in 100 ml) <nota 5>
Carbonio organico totale                          senza variazioni anomale <nota 6>
Torbidità                                                 accettabile per i consumatori e senza
variazioni anomale <nota 7>
Durezza                                                  15-50° Francesi <*>
Residuo secco a 180°                               1500 mg/l <*>
Disinfettante residuo                               0,2 mg/l <*>
Radioattività (trizio)                                100 Becquerel/l <nota 8 e 10>
Radioattività: dose totale indicativa          0,10 mSv/anno <nota 9 e 10>                                      
Nota 1: l’acqua non deve essere aggressiva.
Nota 2:  tale  parametro  non  deve  essere  misurato  a  meno  che  le  acque   provengano,  o siano
influenzate, da acque superficiali…
Nota 3:  per  le  acque  non  frizzanti,  confezionate  in  bottiglie o contenitori il valore minimo può
essere  ridotto a 4,5 U. pH. Per le acque  confezionate in bottiglia o contenitori, naturalmente ricche  
d’anidride carbonica o arricchite artificialmente, il valore minimo può essere inferiore.
Nota 4: se si analizza il carbonio organico totale, non è necessario misurare questo valore.
Nota 5: per le acque confezionate in bottiglie o contenitori, l’unità di misura è n./250 ml.
Nota 6: non  è  necessario  misurare  questo parametro per approvvigionamenti d’acqua inferiori a
10.000 m3 il giorno.
Nota 7: in caso di  trattamento delle acque superficiali si applica il valore di parametro ≤ 1,0 NTU
(unità nefelometriche di torbidità) nelle acque provenienti da impianti di trattamento.
Nota 8: frequenza di controlli, vedi allegato II.
Nota 9: ad eccezione del trizio, potassio-40, radon e prodotti di decadimento del radon.
Per la frequenza e i metodi di controllo, ecc., vedi allegato II.
Nota 10: la  Regione  (o  Provincia Autonoma) può  far  effettuare  controlli  sull’acqua   potabile,
relativamente  al trizio  e alla radioattività, al fine di stabilire la dose totale indicativa, quando  sia
stato accertato, sulla base di altri controlli, che i livelli di trizio e  della  dose  indicativa  calcolata sono ben al di sotto del valore di parametro…
*: valori consigliati. Per la durezza, il limite inferiore vale per le acque sottoposte a trattamento di
addolcimento o di dissalazione.

Indipendentemente dalla sensibilità del metodo analitico utilizzato, il risultato deve essere espresso indicando lo stesso numero di decimali riportato in tabella per il valore di parametro.

Avvertenza: fermo restando quanto disposto dall’art. 8, comma 3, a giudizio dell’autorità sanitaria competente potrà essere effettuata la ricerca concernente i seguenti parametri accessori, con i rispettivi volumi di riferimento.

Funghi                                                                                   100 ml
Pseudomonas aeruginosa, Stafilococchi patogeni                     250 ml
Alghe, Nematodi a vita libera, Enterobatteri patogeni              1 l
Batteriofagi anti-E. Coli, Enterovirus, Protozoi                        100 l.

… Devono comunque essere costantemente assenti nelle acque destinate al consumo umano gli Enterovirus, i Batteriofagi anti-E. Coli, gli Enterobatteri e gli Stafilococchi patogeni.

 

Allegato II. Controllo.

Tabella A: parametri da analizzare.

1. Controllo di routine.

Vanno sottoposti a controllo di routine almeno i seguenti parametri: alluminio (nota 1), ammonio, colore, conduttività, Clostridium perfrigens, spore comprese (nota 2), Escherichia coli, concentrazione ioni idrogeno, ferro (nota 1), nitriti (nota 3), odore, Pseudomonas aeruginosa (nota 4), sapore, conteggio delle colonie a 22° e 37° C (nota 4), batteri coliformi a 37° C, torbidità, disinfettante residuo, se impiegato.

Nota 1: necessario solo se usato come flocculante o presente, in concentrazione significativa, nelle acque utilizzate (*).
Nota 2: necessario solo se le acque provengono, o sono influenzate, da acque superficiali (*).
Nota 3: necessario solo se si utilizza cloramina nel processo di disinfezione (*).
Nota 4: necessario solo per le acque vendute in bottiglie o contenitori.
(*): in tutti gli altri casi, i parametri sono contenuti nell’elenco relativo al controllo di verifica.

2. Controllo di verifica


Tabella B1 – Frequenza minima di campionamento e analisi per le acque destinate al consumo umano fornite da una rete di distribuzione, da cisterne, o utilizzate nelle imprese alimentari.

Volume d’acqua distribuito o prodotto ogni                    Controllo di Routine    Controllo di verifica
giorno in una zona di approvvigionamento,
in m3.                                                                                                n. campioni annui.      n. di campioni annui.
<note 1, 2>                                                        <note 3,4,5>              <note 3,5>  
------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

≤ 100                                                                - <nota 6>                - <nota 6>
------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
> 100 e ≤ 1000                                                   4                             1
------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
> 1000 e ≤ 10000                                               4 + 3 ogni 1000        1 + 1 ogni 3300 m3/die
m3/die del volume    del volume totale e
e frazione di 1000.    frazione di 3300.
-----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
> 10000 ≤ 100000                                              idem                        3 + 1 ogni 10000 m3/die
del volume totale e
frazione di 10000.
-----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
> 100000                                                           idem                        10 + 1 ogni 25000 m3/die
del volume totale e                                                                                                           frazione di 25000.
----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

Nota 1: la zona di approvvigionamento è quella geograficamente definita all’interno della quale le acque destinate al consumo umano provengono da una o varie fonti e la loro qualità può essere considerata essenzialmente uniforme.
Nota 2: i volumi calcolati rappresentano una media annua. Per determinare la frequenza minima in una zona di approvvigionamento, invece che sul volume d’acqua, si può fare riferimento alla popolazione servita, calcolando un consumo di 200 l pro capite il giorno.
Nota 3: nel caso di approvvigionamento intermittente di breve durata, la frequenza del controllo delle acque distribuite con cisterna deve essere stabilita dall’azienda U.S.L.
Nota 4: per i differenti parametri di cui all’allegato I, l’U.S.L. può ridurre il numero dei campioni indicati in tabella se i valori dei risultati dei campioni prelevati in un periodo di almeno due anni consecutivi sono costanti e significativamente migliori dei limiti previsti dall’allegato I; e se non esiste alcun fattore capace di diminuire la capacità dell’acqua.
La frequenza minima non deve essere inferiore al 50% del numero di campioni indicato nella tabella, salvo il caso specifico di cui alla nota 6.
Nota 5: nella misura possibile, il numero di campioni deve essere equamente distribuito in termini di tempo e luogo.
Nota 6: la frequenza deve essere stabilita dall’azienda U.S.L.

Tabella B2 – Frequenza minima di campionamento e analisi per le acque confezionate in bottiglie o contenitori e messe a disposizione per il consumo umano.

Volume d’acqua prodotto ogni       Controllo di routine - n.      Controllo di verifica - n. di
giorno(*) messo in vendita in                    di campioni per anno.                    campioni per anno.
bottiglie o contenitori( in m3).

≤ 10                                             1                                        1
------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
> 10 e ≤ 60                                   12                                      1
------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
> 60                                             1 ogni 5 m3 del volume       1 ogni 100 m3 del volume totale e
totale e frazione di 5.                    frazione di 100.       

(*) I volumi calcolati rappresentano una media annua.

 

Allegato III. Specifiche per l’analisi dei parametri.

1. Parametri per i quali sono specificati metodi d’analisi.
I seguenti metodi d’analisi relativi ai parametri biologici sono forniti per riferimento, ogni qual volta è disponibile un metodo CEN/ISO, o per orientamento, in attesa dell’eventuale futura adozione, conformemente alla procedura di cui all’art. 12 della Direttiva 98/83/CE, d’ulteriori definizioni internazionali CEN/ISO dei metodi per tali parametri.

Batteri coliformi ed E. Coli: ISO 9308-1.
Enterococchi: ISO 7899-2.
Pseudomonas aeruginosa: prEN ISO 12780.
Enumerazione dei microrganismi coltivabili – conteggio delle colonie a 22° C – conteggio delle colonie a 37° C: prEN ISO 6222.
Conteggio delle colonie gialle opache che diventano rose o rosse dopo un’esposizione di 20-30 secondi a vapori d’idrossido d’ammonio.
Clostridium perfrigens, spore comprese: filtrazione su membrana seguita da incubazione della membrana su agar m-CP (nota 1) a 44 +/– 1° C per 21 +/– 3 ore, in condizioni anaerobiche.

Nota 1. Il terreno di coltura è così composto.
Terreno di base: triptosio g 30, estratto di lievito g 20, saccarosio g 5, cloridrato di L-cisteina g 1, solfato di magnesio eptaidrato cg 1, bromocresolo porpora mg 40, agar g 15, acqua l 1.
Dissolvere gli ingredienti ed adeguare il pH a 7,6. Sterilizzare in autoclave a 121° C per 15’. Lasciare raffreddare ed aggiungere: D-cicloserina mg 400, β-solfato di polimixina mg 25, β.D-glucoside d’indossile (dissolto in 8 ml d’acqua sterile) mg 60, soluzione di fosfato di fenolftaleina allo 0,5%, filtrata e sterilizzata, ml 20, soluzione di FeCl3 6 H2O al 4,5%, filtrata e sterilizzata, ml 2.

2. Parametri per i quali vengono specificate le caratteristiche di prestazione.
Per i parametri indicati di seguito, per caratteristiche di prestazioni specificate s’intende che il metodo d’analisi utilizzato deve essere in grado, al minimo, di misurare concentrazioni uguali al valore di parametro con un’esattezza (nota 1), una precisione (nota 2) ed un limite di rivelabilità (nota 3) specificati…

Parametri                Esattezza %   Precisione %  Limite di rivelabilità %       Nota

Acrilammide            –                   –                     –                                      *
Alluminio                10                 10                 10
Ammonio                10                 10                 10
Antimonio               25                 25                 25
Arsenico                  10                 10                 10
Benzo(a)pirene         25                 25                 25
Benzene                  25                 25                 25
Boro                        10                 10                 10
Bromato                  25                 25                 25
Cadmio                    10                 10                 10
Cloruro                    10                 10                 10
Cromo                     10                 10                 10
Conduttività            10                 10                 10
Rame                       10                 10                 10
Cianuro                   10                 10                 10                                      4
Epicloridrina            –                   –                   –                                        *
Fluoruro                  10                 10                 10
Ferro                       10                 10                 10
Piombo                    10                 10                 10
Manganese              10                 10                 10
Mercurio                  20                 10                 20
Nichel                                10                 10                 10
Nitrati                     10                 10                 10
Nitriti                      10                 10                 10
Ossidabilità              25                 25                 10                                      5
Antiparassitari                    25                 25                 25                                      6
Idrocarburi    
policiclici aromatici  25                 25                 25                                      7
Selenio                    10                 10                 10
Sodio                       10                 10                 10
Solfato                               10                 10                 10
Tetracloroetilene e
tricloroetilene                     25                 25                 10                                      8
Trialometani totali   25                 25                 10                                      7
Cloruro di vinile       –                   –                   –                                        *
Per la concentrazione di ioni idrogeno, le caratteristiche di prestazione specificate richiedono che il metodo d’analisi impiegato deve consentire di misurare concentrazioni pari al valore di parametro con un’accuratezza ed una precisione di 0,2 U. pH.

*: controllare secondo le specifiche del prodotto.
Nota 1: l’esattezza è la differenza fra il valore medio di un gran numero di misurazioni ripetute ed il valore vero; la sua misura è generalmente indicata come errore sistematico.
Nota 2: la precisione misura la dispersione dei risultati intorno alla media; essa è generalmente espressa come la deviazione standard all’interno di un gruppo omogeneo di campioni e dipende solo da errori casuali.
Nota 3: il limite di rivelabilità è pari a 3 volte la deviazione standard relativa all’interno di un lotto di un campione naturale contenente una bassa concentrazione di parametro; oppure è pari a 5 volte la deviazione standard relativa all’interno di un lotto in bianco.
Nota 4: il metodo deve determinare il tenore complessivo di cianuro in tutte le sue forme (cianuro totale).
Nota 5: l’ossidazione deve essere effettuata per 10’, ad una T di 100° C, in ambiente acido, con l’uso di permanganato.
Nota 6: le caratteristiche di prestazione si applicano alle singole sostanze specificate al 25% del valore parametrico che figura nell’allegato I.
Nota 7: le caratteristiche di prestazione si applicano alle singole sostanze specificate al 50% del valore parametrico che figura nell’allegato I.

 

 

Dir. 16 maggio 2003 n. 2003/40/CE. G.U. U. E. 22 maggio 2003, n. L 126.
Direttiva della Commissione Europea che determina l’elenco, i limiti di concentrazione e le indicazioni d’etichettatura per i componenti delle acque minerali naturali, nonché le condizioni d’utilizzazione dell’aria arricchita d’ozono per il trattamento delle acque minerali naturali e delle acque sorgive.

… La Commissione della Comunità Europea… vista la direttiva 80/777/CEE… sull’utilizzazione e la commercializzazione delle acque minerali naturali, modificata da ultimo dalla direttiva 96/70/CE…considerando quanto segue:
1) Alcuni componenti possono essere presenti allo stato naturale in talune acque minerali naturali per la loro origine idrogeologica e presentare un rischio per la salute pubblica a partire da una certa concentrazione. Sembra quindi necessario stabilire limiti di concentrazione per tali componenti nelle acque minerali naturali.
2) La direttiva 80/777CEE prevede… la possibilità di adottare limiti di concentrazione armonizzati per i componenti delle acque minerali naturali, previa consultazione del Comitato Scientifico dell’Alimentazione Umana, nonché indicazioni d’etichettatura per indicare eventualmente la presenza d’alcuni componenti a concentrazioni elevate.
3) Il Comitato Scientifico dell’Alimentazione Umana ha emesso un parere sull’arsenico, il bario, il fluoro ed il manganese <parere del 13 dicembre 1996> ed ha validato, per altri componenti delle acque minerali naturali, i limiti raccomandati dall’OMS per l’acqua potabile.
4) La norma del Codex “acque minerali naturali” modificata <CODEX STAN 108-1981, revisionata nel gennaio1997, e nel corso della 7a sessione del CCNMW (ottobre 2000)>, stabilisce, ai fini sanitari, un elenco di componenti e di limiti massimi per essi. È stata adottata sulla base dei dati scientifici internazionali più recenti e garantisce una protezione sufficiente della salute pubblica.
5) È generalmente ammesso che l’apporto alimentare di fluoro a base dosi può avere un’azione benefica sulla dentizione. Al contrario, un apporto globale di fluoro troppo elevato può provocare effetti nefasti sulla salute pubblica. È opportuno dunque prevedere un limite massimo armonizzato per il fluoro nelle acque minerali naturali che consenta una protezione sufficiente della popolazione.
6) L’OMS ha raccomandato un valore guida per il fluoro, nell’acqua potabile, ed il Comitato Scientifico dell’Alimentazione Umana lo ha validato per le acque minerali naturali. Al fine di proteggere i lattanti ed i bambini in tenera età, che costituiscono la popolazione più sensibile rispetto al rischio di fluorosi, è opportuno inoltre prevedere un’indicazione d’etichettatura per le acque il cui tenore di fluoro è superiore a questo valore guida, che sia facilmente visibile per il consumatore.
7) Il Comitato Scientifico per l’Alimentazione Umana ha indicato un valore guida per il boro nelle acque minerali naturali, sulla base delle raccomandazioni dell’OMS <OMS 1996: “Orientamenti sulla qualità dell’acqua potabile”, II ed., vol. 2>. Da allora, tuttavia, l’OMS ed altre organizzazioni scientifiche riconosciute a livello internazionale hanno proceduto a nuove valutazioni dell’effetto del boro sulla salute pubblica ed hanno raccomandato valori superiori di parametro. È, pertanto, opportuno consultare l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare in merito al boro contenuto nelle acque minerali naturali, per tener conto delle nuove valutazioni scientifiche disponibili, e non prevedere, in questa fase, un limite massimo per il boro.
8) Il Comitato Scientifico per l’Alimentazione Umana ha inoltre indicato il livello accettabile per il bario, il manganese e l’arsenico nelle acque minerali naturali. Per gli altri componenti, la norma modificata del Codex prevede limiti massimi che garantiscano una protezione sufficiente della salute pubblica. Tuttavia, il limite per i nitriti sembra troppo basso alla luce dei dati disponibili e dovrebbe essere allineato su quello previsto per l’acqua potabile <Direttiva 98/83/CE del Consiglio>.
9) Il limite massimo previsto dalla norma del Codex per i nitrati consente di garantire una protezione sufficiente della salute pubblica e deve servire da riferimento per gli scambi comunitari ed internazionali d’acque minerali naturali. Tuttavia, nel quadro della procedura di riconoscimento ufficiale delle fonti d’acqua minerali… le autorità competenti degli Stati membri devono potersi riferire, per le acque minerali naturali raccolte sul loro territorio, ad un valore guida più basso per i nitrati.
10) Le acque minerali naturali i cui tenori d’alcuni componenti superano i limiti massimi… devono essere oggetto di trattamenti di separazione di queste sostanze per tutelare la salute pubblica.
Al fine di consentire agli operatori… di conformarsi alle nuove norme, è opportuno prevedere termini sufficienti prima dell’entrata in vigore dei limiti massimi di concentrazione per questi componenti, in particolare per il fluoro, e il nichel, per i quali nessun trattamento di separazione è stato ancora oggetto di valutazione e d’autorizzazione a livello comunitario.
11) Ai fini dei controlli ufficiali di questi componenti, è necessario prevedere un margine di fluttuazione dei risultati analitici intorno ai limiti massimi di concentrazione, corrispondente alle incertezze di misurazione.
12) La direttiva 80/777/CEE modificata, prevede… la possibilità di separare il ferro, il manganese, il solfo e l’arsenico di alcune acque minerali naturali, mediante un trattamento all’aria arricchita d’ozono…
13) Il Comitato Scientifico per l’Alimentazione Umana ha espresso un parere < Parere del Comitato Scientifico per l’Alimentazione Umana del 7 giugno 1966, sull’utilizzazione dell’ozono per la separazione d’elementi instabili quali il ferro, il manganese e l’arsenico delle acque minerali naturali> sulle condizioni d’utilizzazione di questo trattamento… Sembra opportuno definire unicamente obblighi di risultato, al fine di tenere conto dell’evoluzione delle tecniche di trattamento con aria arricchita d’ozono e della variabilità delle caratteristiche del trattamento, secondo la composizione fisico-chimica dell’acqua da trattare.
14) Inoltre, il trattamento con aria arricchita d’ozono non deve modificare… i componenti caratteristici, ai sensi dell’art. 7, par. 2, lettera a, della direttiva 80/777/CEE, né generare la formazione di residui di trattamento che possono avere un effetto nefasto sulla salute pubblica.
15) In applicazione dell’art. 7, par. 2, lettera c, della direttiva sopra citata, l’etichettatura delle acque minerali trattate con aria arricchita d’ozono deve comprendere un’indicazione d’etichettatura che informi sufficientemente i consumatori sul trattamento realizzato.
16) In ossequio alle disposizioni dell’art. 9, paragrafo 4 bis, quarto trattino, della direttiva 80/777/CEE, le disposizioni relative ai trattamenti di cui all’art. 4, e, in particolare, il trattamento con aria arricchita d’ozono, sono applicabili alle acque sorgive.
17) Le misure previste dalla presente direttiva sono conformi al parere del Comitato Permanente della Catena Alimentare e della Salute Animale,

ha adottato la presente direttiva:

Art. 1 – La presente direttiva stabilisce l’elenco dei componenti delle acque minerali naturali che possono presentare un rischio per la salute pubblica, i limiti relativi ai tenori ammissibili per questi componenti, i termini d’applicazione per tali limiti e le indicazioni d’etichettatura per alcuni componenti. Questi devono essere naturalmente presenti nell’acqua e non devono derivare da eventuale contaminazione della fonte.
La presente direttiva definisce inoltre le condizioni d’utilizzazione dell’aria arricchita d’ozono per la separazione dei composti del ferro, del manganese, dello zolfo e dell’arsenico delle acque minerali naturali e delle acque sorgive, e l’indicazione dell’etichettatura che devono possedere le acque oggetto di questo trattamento.

Art. 2.
1. …Le acque minerali naturali devono, al momento del confezionamento, essere conformi ai limiti di concentrazione massimi previsti all’allegato I, per i componenti che compaiono nell’allegato.
2. Nei casi dei fluoruri e del nichel, il termine è fissato al 1 gennaio 2008.
3. In deroga al par. 1, e nel quadro della procedura di riconoscimento ufficiale per le acque minerali naturali raccolte sul loro territorio, le autorità competenti degli Stati membri possono riferirsi ad un valore guida più basso per i nitrati ed i nitriti, purché lo stesso valore guida sia applicato a tutte le domande ad essi presentate.

Art. 3 – Ai fini dei controlli ufficiali, gli Stati membri rispettano le specifiche che figurano nell’allegato II, per l’analisi dei componenti elencati nell’allegato I.

Art 4.
1. Le acque minerali naturali la cui concentrazione di fluoro è superiore a 1,5 mg/l devono comportare la seguente indicazione d’etichettatura: “Contiene più di 1,5 mg/l di fluoro; non è opportuno il consumo regolare da parte dei lattanti e dei bambini d’età inferiore a 7 anni”.
2. L’indicazione d’etichettatura prevista al par. 1 del presente articolo deve figurare in prossimità immediata della denominazione di vendita, in carattere nettamente visibili.
3. Le acque minerali naturali che, in applicazione del par. 1 del presente articolo, sono oggetto di un’indicazione d’etichettatura, devono comportare l’indicazione del tenore reale di fluoro a livello della composizione fisico-chimica di componenti caratteristici, prevista dall’art. 7, par. 2, lettera a, della direttiva 80/777/CEE.

Art. 5.
1. Fatte salve le disposizioni dell’art. 4, par. 1, lettera b, della direttiva 80/777/CEE, l’avvio del trattamento delle acque minerali naturali con aria arricchita d’ozono deve essere oggetto di una notifica preventiva alle autorità competenti, le quali garantiscono che: a) il ricorso a tale trattamento è giustificato dalla composizione dell’acqua in composti del ferro, del manganese, del solfo e dell’arsenico; b) l’operatore adotta tutte le misure necessarie per garantire l’efficacia e l’innocuità del trattamento e per consentire il suo controllo da parte delle autorità competenti.
2. Il trattamento delle acque minerali naturali con aria arricchita d’ozono deve soddisfare all’insieme delle seguenti condizioni: a) la composizione fisico-chimica delle acque minerali naturali in componenti caratteristiche non è modificata dal trattamento; b) l’acqua minerale naturale, prima del trattamento, rispetta i criteri microbiologici definiti all’art. 5, par. 1, 2, della direttiva 80/777CEE; c). Il trattamento non provoca la formazione di residui ad una concentrazione superiore ai limiti massimi stabiliti all’allegato III o di residui che possono presentare un rischio per la salute pubblica.

Art. 6 – In applicazione dell’art. 7, par. 2 lettera c, della direttiva 80/777/CEE, l’etichettatura delle acque minerali naturali che sono oggetto di un trattamento con aria arricchita d’ozono, deve comprendere, in prossimità dell’indicazione della composizione analitica dei componenti caratteristici, l’indicazione “acqua sottoposta ad una tecnica d’ossidazione autorizzata all’aria arricchita d’ozono”.

Art. 7 – Fatte salve le disposizioni dell’art. 9, par. 4 ter, della direttiva 80/777/CEE, le disposizioni degli articoli 5 e 6 della presente direttiva sono applicabili alle acque sorgive.

Allegato I. Componenti naturalmente presenti nelle acque minerali naturali e limiti massimi il cui superamento può presentare un rischio per la sanità pubblica.

Componenti                                                      Limiti massimi (mg/l)

Antimonio                                                        0,0050
Arsenico totale                                                  0,010
Bario                                                                 1,0
Boro                                                                  da fissarsi entro 1.1.2006
Cadmio                                                             0,003
Cromo                                                               0,050
Rame                                                                1,0
Cianuro                                                             0,070
Fluoruri                                                             5,0
Piombo                                                             0,010
Manganese                                                        0,50
Mercurio                                                           0,0010
Nichel                                                               0,020
Nitrati                                                               50
Nitriti                                                                0,1
Selenio                                                              0,010

 

Allegato II. Caratteristiche di prestazione per l’analisi dei componenti elencati nell’allegato I.

Componenti             esattezza %              precisione %            limite di rilevamento %

Antimonio               25                            25                            25
Arsenico                  10                            10                            10
Bario                       25                            25                            25
Boro                        confronta l’allegato I
Cadmio                    10                            10                            10
Cromo                     10                            10                            10
Rame                       10                            10                            10
Cianuro totale                    10                            10                            10
Fluoruri                   10                            10                            10
Piombo                    10                            10                            10
Manganese              10                            10                            10
Mercurio                  20                            10                            20
Nichel                     10                            10                            10
Nitrati                     10                            10                            10
Nitriti                      10                            10                            10
Selenio                    10                            10                            10

I metodi d’analisi, che servono a misurare le concentrazioni dei componenti elencati nell’allegato I, devono poter misurare, come minimo, concentrazioni uguali al valore parametrico, con un’esattezza, una precisione ed un limite di rilevazione <specificati in tabella>. Qualunque sia la sensibilità del metodo d’analisi impiegato, il risultato è espresso utilizzando lo stesso numero di decimali utilizzato per il limite massimo previsto all’allegato I.
< Per le definizioni (qui riportate) di esattezza, precisione e limite di rilevamento vedi l’allegato III del D.L. 31, del 2 febbraio 2001.>

 

Allegato III. Limiti massimi per i residui di trattamento delle acque minerali naturali e delle acque sorgive con aria arricchita d’ozono.

Residui di trattamento                             Limiti massimi (μg/l)

Ozono disciolto                                       50
Bromati                                                  3
Bromoformio                                          1

Il rispetto dei limiti massimi è controllato dalle autorità competenti degli Stati a livello dell’imbottigliamento o d’altro confezionamento destinati al consumatore finale.

 

 

D.M. 29 dicembre 2003. G.U. n. 302 del 31 dicembre 2003. Attuazione della direttiva 2003/40/CE della Commissione, nella parte relativa ai criteri di valutazione delle caratteristiche delle acque minerali naturali di cui al D.M. 542 del 12 novembre 1992, e successive modificazioni, nonché alle condizioni d’utilizzazione dei trattamenti delle acque minerali naturali e delle acque di sorgente.

 

Il Ministro della Salute

Visto il decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 105, e successive modificazioni, e, in particolare, il comma 4 dell’art. 2, ai sensi del quale il Ministro della Salute provvede all’aggiornamento delle prescrizioni tecniche emanate, al fine di adeguare le prescrizioni suddette al progresso tecnico, alle nuove acquisizioni scientifiche ed alle direttive della Comunità Europea in materia; visto il D.M. 12 novembre 1992, n. 542, recante i criteri di valutazione delle caratteristiche delle acque minerali naturali; visto il D.M. 31 maggio 2001, recante modificazioni al D.M. 12 novembre 1992, n. 542; visto il D.L. 4 agosto 1999, n. 339, ed in particolare il comma 2 dell’art. 5, ai sensi del quale il Ministro della Salute provvede a stabilire ed aggiornare le condizioni d’utilizzazione dei trattamenti delle acque di sorgente; vista la direttiva 2003/40/CE del 16 maggio 2003 della Commissione della Comunità Europea, che determina l’elenco, i limiti di concentrazione e le indicazioni d’etichettatura per i parametri delle acque minerali naturali, nonché le condizioni d’utilizzazione dell’aria arricchita d’ozono per il trattamento delle acque minerali naturali e delle acque di sorgente; considerato che la direttiva 2003/40/CE del 16 maggio 2003 della Commissione della Comunità Europea precisa, tra l’altro, che ai fini di controlli ufficiali, è necessario prevedere un margine di fluttuazione dei risultati analitici, intorno ai limiti massimi ammissibili di concentrazione, corrispondente alle incertezze di misurazione, ed, altresì, che, in merito alle condizioni d’utilizzazione dei trattamenti con aria arricchita d’ozono, appare opportuno definire unicamente obblighi di risultato, al fine di tenere conto dell’evoluzione delle tecniche e della variabilità delle caratteristiche del trattamento, secondo la composizione fisico-chimica dell’acqua da trattare; ravvisata la necessità di adeguare le prescrizioni relative ai parametri delle acque minerali naturali contenute del D.M. 12 novembre 1992, n. 542, così come modificato dal D.M. 31 maggio 2001, al progresso tecnico ed alle nuove acquisizioni scientifiche; ravvisata la necessità di stabilire le condizioni di utilizzazione dei trattamenti delle acque di sorgente; sentito il parere del Consiglio Superiore di Sanità, espresso in data 16 dicembre 2003;

decreta:

Art. 1 …<Sostituisce l’art. 5 del D.M. 12 novembre 1992, n. 542.>

Art. 2 …< Il presente articolo, corretto con Comunicato 23 gennaio 2004, sostituisce l’art. 6 del D.M. 12 novembre 1992, n 542.>

Art. 3 …1. < Aggiunge l’art. 6-bis al D.M. 12 novembre 1992, n. 542.>. 2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche alle acque di sorgente.>

Art. 4 … <Aggiunge gli art. 17 e 18 al D.M. 12 novembre 1992, n. 542.>

Allegati … <Il testo degli allegati, corretto con comunicato 23 gennaio 2004, è riportato in allegato al D.M. 12 novembre 1992, n. 542, ai sensi di quanto disposto dai commi 1,2,3 dell’art. 6 e dal comma 4 dell’art. 6-bis dello stesso decreto.>

 

 

Vedere anche, a proposito delle deroghe concesse:

D.M. 27 ottobre 1997, G.U. n. 266 del 14 novembre 1997.
D.M. 29 dicembre 1997, G.U. n. 3 del 5 gennaio 1998, modificato dal
D.M. 4 settembre 1998, G.U. n. 215 del 15 settembre 1998, e dal
D.M. 22 aprile 1999, G.U. n. 113 del 17 maggio 1999.
D.M. 15 luglio 1998, G.U. n. 175 del 29 luglio 1998.
D.M. 14 aprile 2000, G.U. n. 110 del 13 maggio 2000.
D.M. 26 luglio 2000, G.U. n. 186 del 10 agosto 2000.
D.M. 27 luglio 2001, G.U. n. 220 del 21 settembre 2001.
D.M. 24 settembre 2001, G.U. n. 231 del 4 ottobre 2001.
D.M. 20 settembre 2002, G.U. n. 237, 238, 239 e 240 del 9-10-11-12 ottobre 2002.
D.M. 24 marzo 2003, G.U. n. 82 del 8 aprile 2003.
D.M. 23 dicembre 2003, G.U. n. 302 del 31 dicembre 2003.
D.M. 13 agosto 2004, G.U. 204 del 31 agosto 2004.
D.M. 13 settembre 2004, G.U. n. 222 del 21 settembre 2004.
D.M. 22 dicembre 2004, G.U. n. 15 del 20 gennaio 2005.
D.M. 14 settembre 2005, G.U. n. 221 del 22 settembre 2005.
D.M. 28 ottobre 2005, G.U. n 262 del 10 novembre 2005.
D.M. 13 gennaio 2006, G.U. n. 19 e 20 del 24-25 gennaio 2006.
D.M. 21 marzo 2006, G.U. 150 del 30 giugno 2006 e n. 152 del 3 luglio 2006.
D.M. 30 giugno 2006, G.U. n. 230 del 3 ottobre 2006.
D.M. 29 settembre 2006, G.U. n. 297 del 22 dicembre 2006.
D.M. 11 dicembre 2006, G.U. 297 del 22 dicembre 2006.
D.M. 30 dicembre 2006, G.U. n. 56 del 8 marzo 2007 e n. 80 del 5 aprile 2007.
D.M. maggio 2007, G.U. n. 131 del 8 giugno 2007.
D.M. 3 luglio 2007, G.U. 169 del 23 luglio 2007.

 

NOTE

1. Rocce d’origine vulcanica, poco coerenti, di colore rosso-bruno, costituite di lapilli e ceneri cementatisi per effetto degli agenti atmosferici. Il nome dalla città di Pozzuoli.
2. Aperture naturali, spesso molto profonde, che si dipartono dal fondo delle foibe o delle doline.
3. Profonde depressioni riempite di sedimenti.
4. Depressioni a forma di cono. Possono essere aperte sul fondo (foibe) o chiuse (d. lacustri).
5. A seguito delle nuove normative, tale definizione si può considerare superata; v. in proposito il capitolo concernente la legislazione sull’acqua.
6. Sapropelite è la melma che si forma nelle paludi in cui abbondano batteri e protozoi (detti sapropeliti), nelle quali si depositarono resti organici, a prevalenza vegetali: s’instaura un processo di carbonizzazione, in assenza d’ossigeno, che porta alla formazione di carboni fossili ricchi di gas. Se prevalgono i resti organici animali, soprattutto acquatici, si formano invece le rocce madri petrolifere.
7. L’osmosi è la diffusione di due liquidi miscibili, attraverso un setto poroso. Nel caso che nella soluzione avvenga una dissociazione elettrolitica del soluto, sia l’abbassamento crioscopico, sia la pressione osmotica, risulteranno maggiori, in quanto entrambi dipendono dalla concentrazione degli ioni presenti.
8. È il numero d’anni in cui l’elemento radioattivo si riduce, per effetto della disintegrazione, alla metà.
9. È definito grado solfidrimetrico il numero di mg d’acido solfidrico per litro d’acqua minerale.
10. Tartrato doppio di potassio e sodio.
11. Più nota col nome di brucina.
12. Composta di zinco, alluminio e rame.
13. Fattore di conversione per trasformare i cc di HCl N/10 in grammi.
14. Sale ammonico dell’acido purpurico. È uno dei più antichi coloranti artificiali. In acqua è rosso porpora, in alcali azzurro.
15. Sale bisodico dell’acido etilendiaminotetracetico.
16. Sostanza più nota con il nome di magnesone.
17. Colorante azoico derivato dall’acido solforico che contiene nella molecola anche un gruppo α-naftolico ed uno β-naftolico.
18. Noto comunemente col nome di Aluminion.
19. O Cupferson.
20. La benzidina.
21. Sono derivati solforici di composti benzenici o del petrolio.
22. Le nostre autorità sanitarie, istituirono, alcuni decenni fa, la commercializzazione di sale iodato, per ovviare a tale inconveniente, che si può verificare in alcune regioni, la cui acqua potabile è povera di iodio.
23. Acido indigotinsolfonico.
24. Reattivo costituito da una soluzione al 10% di 1,4 difenil-3,5 endanilo-1,2,4 triazolina (base di Busch), in acido acetico al 5%.
25.
Acqua di Janos artificiale: solfato di magnesio g 48/solfato di sodio g 50/cloruro di sodio g 2/acqua g 900.
Acqua di Sedlitz effervescente, artificiale: solfato di magnesio g 30/bicarbonato di sodio, acido tartarico cristallino ana g 4/acqua q.b. a g 650. L’acido tartarico deve essere aggiunto per ultimo, tappando, subito dopo, la bottiglia.
Polveri lassative artificiali di Sedlitz: A- solfato di magnesio g 15/acido tartarico g 2; B- bicarbonato di sodio g 3.
Acqua di Karlsbad artificiale: solfato di sodio cristallino g 10/carbonato di sodio g 6/cloruro di sodio g 4/solfato di potassio g 0,75/ acqua q.b. a g 1000. Si possono aggiungere 3 vol. d’anidride carbonica, per renderla effervescente.
Sale di Karlsbad artificiale: solfato di sodio anidro g 22/solfato di potassio g 1/cloruro di sodio g 9/bicarbonato di sodio g 18. Grammi 6 di questa miscela, ogni litro d’acqua.
Acqua di mare artificiale per bagni: cloruro sodico g 400/solfato di magnesio cristallino g 1000/cloruro di calcio cristallino g 100/solfato di potassio g 25/acqua litri 300-400.
Bagno salso-bromo-iodico: cloruro di sodio g 500/solfato di magnesio g 100/solfato di sodio g 50/bromuro e ioduro di potassio ana g 2/acqua l 100.
L’acqua di Seltz è una soluzione satura d’acido carbonico in acqua, sotto pressione di 6-7 atmosfere.
Le polveri gasogene sono essenzialmente formate da due fasi: A- bicarbonato di sodio g 2; B- acido tartarico g 1,5-2.
26. Nella seconda fase si ha il cosiddetto effetto rebound, con aumento della produzione di HCl. Attenzione, quindi, agli antiacidi che contengono bicarbonati!
27. Indicativa la definizione del Bacchelli: “...terra fracida… dei canneti e delle barene”.

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

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Fonte: http://www.ugobecciani.it/libri/appunti-idrologia.doc

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