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I MACCHIAIOLI
Il movimento dei Macchiaioli nasce di fatto nel 1856,a Firenze, affermando che la forma non esiste, ma è creata dalla luce, come macchie di colore distinte o sovrapposte ad altre macchie di colore, perché la luce, colpendo gli oggetti, viene rinviata al nostro occhio come colore.
Da sempre la saletta del Caffè Michelangiolo di Firenze, era affollata di giovani artisti della vicina Accademia, che si scambiavano le proprie idee, spesso al di fuori di ogni regola scolastica ed accademica.
Il termine macchiaioli venne usato per la prima volta sulla Gazzetta del Popolo nel 1862.
I giovani pittori macchiaioli, provenienti dalle esperienze della guerra che gli italiani avevano combattuto per l'Unità d'Italia, avvertivano, impellente, la necessità di confrontare il loro lavoro artistico con i cambiamenti artistici in ambito europeo, soprattutto con quanto stavano facendo i pittori in Francia.
Uno degli artisti più significativi del movimento “I Macchiaioli” è Giovanni Fattori
Giovanni Fattori nasce a Livorno il 6 settembre 1825.
Dopo aver studiato con G. Baldini a Livorno, nel 1846 si trasferisce a Firenze.
A Firenze, nel 1847, Giovanni Fattori diventa allievo di Giuseppe Bezzuoli (autore di grandi quadri storico-romantici).
Il 1848 vede Giovanni Fattori coinvolto nei moti risorgimentali, con il compito, modesto ma pericoloso, di fattorino del Partito d'Azione, ossia di distributore di fogli "incendiari".
L'anno seguente assiste all'assedio di Livorno che lascerà in lui un'impressione indelebile.
Le battaglie risorgimentali, che saranno tante volte oggetto delle sue pitture, sono per lui la strada per raggiungere non solo l'unità d'Italia, ma soprattutto un mondo sociale nuovo, libero, onesto e giusto.
All'inizio del 1852 inizia a frequentare il Caffè Michelangelo sito in via Larga, dove si ritrovano gli artisti che intorno al 1855, costituiscono il gruppo dei Macchiaioli.
IL DIVISIONISMO
Movimento pittorico Italiano
Il Divisionismo è un movimento pittorico italiano sviluppatosi a cavallo tra l'Ottocento e il Novecento. Il Divisionismo nasce essenzialmente dall'Impressionismo e ne sviluppa ulteriormente la ricerca sulla scomposizione dei colori e della luce. La sua tecnica innovativa, prende spunto dalle teorie ottiche di Chevreul, e nasce dall'esigenza di rappresentare il vero attraverso gli effetti della luce del sole. I pittori che aderiscono al Divisionismo accostano pertanto i colori puri e li applicano sulla tela a piccoli tratti o a puntini (puntinismo), lasciando che sia l'occhio dello spettatore a ricomporli. Diffusosi in più parti d'Italia ma con principale centro artistico a Milano, nacque ufficialmente nel 1891, quando le prime opere divisioniste vennero esposte all'esposizione Triennale di Brera. Pur essendo in sintonia con il puntinismo, a differenza dell'esperienza francese che era particolarmente attenta agli aspetti scientifici della tecnica, il divisionismo ne mise in evidenza soprattutto il carattere artistico e simbolico. Era però la natura il soggetto che guidava i divisionisti. Dopo varie esperienze anche Giovanni Segantini arriva al Divisionismo raffigurando nelle proprie opere un'atmosfera colma di luce e una natura incontaminata. Dopo aver affrontato in diversi modi il tema della luce, anche Giuseppe Pellizza da Volpedo cerca di rappresentare le loro reali tematiche sociali con una fitta rete di pennellate eseguite a tratti e minuscole linee che è propria del Divisionismo.
* Michele Eugene Chevreul (1786-1889) fu, fra gli scienziati che si occuparono del colore, probabilmente quello che influenzò maggiormente la storia dell'arte. Le sue leggi sull'influenza reciproca dei colori e il suo sistema di classificazione dei colori, furono studiate e applicate da molti pittori. Chevreul studiando le combinazioni di colori si accorse che certe tonalità di rosso, se venivano accostate al verde risultavano vivaci, mentre se accostate al giallo tendevano ad essere più spente. Chevreul si rese conto, insomma, che due colori accostati tra di loro tendevano a tingersi l'un l'altro del corrispettivo colore complementare. Vide che il giallo tendeva a colorare di un blu violaceo i colori vicini: il rosso di un verde tendente all'azzurro, il blu di un giallo aranciato. Dall'osservazione e dallo studio di questi fenomeni Chevreul formulò la famosa legge dei contrasti simultanei che dice: "Due colori adiacenti, vengono percepiti dall'occhio in modo diverso da come sono realmente”.
PELLIZZA DA VOLPEDO
Il Quarto Stato fu dipinto da Pellizza tra il 1898 e il 1901 e venne acquistato per pubblica sottoscrizione dal Comune di Milano nel 1920; da allora fa parte delle Civiche Raccolte d'Arte (oggi Galleria d'Arte Moderna presso palazzo Belgiojoso Bonaparte in via Palestro). Pellizza decise il titolo con cui il quadro è universalmente noto poco prima di inviarlo alla Prima Quadriennale di Torino del 1902 Il soggetto è ispirato a uno sciopero di lavoratori, un tema che aveva interessato i pittori del realismo europeo alla fine dell'Ottocento , presenta una schiera di braccianti che avanza frontalmente, guidata in primo piano da tre persone in grandezza naturale: un uomo al centro affiancato, in posizione leggermente arretrata, da un secondo lavoratore più anziano e da una donna con un bimbo in braccio. La scena si svolge su una piazza illuminata dal sole chiusa sul fondo da folte macchie di vegetazione, che schermano anche le architetture esistenti, e da una porzione di cielo bluastro con striature rossastre
L'organizzazione dei personaggi fu lungamente studiata da Pellizza attraverso disegni preparatori a carboncino e gesso di grande suggestione compositiva e chiaroscurale: disegni singoli per i tre protagonisti, a gruppi per i personaggi in secondo piano, e di dettaglio per teste o mani delle ultime figure sul fondo.
Come i tre personaggi principali non si collocano su un'unica linea ma hanno un'impostazione leggermente a cuneo, così anche i personaggi in secondo piano sono solo apparentemente disposti a schiera, perché in realtà, come è ben evidenziato anche dalle loro ombre, si distribuiscono secondo una linea ondulata ribadita da un analogo comporsi del movimento delle mani nonché dal ritmo e dalla direzione delle loro teste. Questa soluzione contribuisce a evitare che il tutto appaia statico e greve, e a suggerire invece un movimento ritmico e continuo, che ben rappresenta ed evidenzia l'idea dell'avanzata
e di simbolizzare tutto il cammino che la classe lavoratrice aveva fatto e si preparava a compiere, un cammino di affrancamento dall'abbrutimento della fatica verso una più umana consapevolezza del proprio valore e della propria forza, un percorso frutto di azione ma anche di pensiero.
Un simile elogio della contemporaneità non poteva essere realizzato se non con una tecnica capace di essere assolutamente moderna, e cioè scientificamente controllata nei passaggi costruttivi della figura ma anche nello studio degli accordi e dei contrasti delle luci
Proprio queste caratteristiche di serena oggettività, ma anche di forza e di sicura determinazione hanno contribuito a definire il valore simbolico dell'opera adottata come manifesto dai lavoratori e dalle loro associazioni fin dall'inizio della sua storia espositiva, all'origine di una lunga serie di usi e di riprese soprattutto nella seconda metà del Novecento.a partire dalle basi offerte dalla fisica e dalla chimica ottocentesche
Fonte: http://s28b2eb6616dd1bf8.jimcontent.com/download/version/1320264143/module/5216656559/name/APPUNTI%20%20%20MACCHIAIOLI.docx
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