Appunti la gestione del rischio in sanità l' FMEA

Appunti la gestione del rischio in sanità l' FMEA

 

 

 

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Appunti la gestione del rischio in sanità l' FMEA

RISK MANAGEMENT
(La gestione del rischio in sanità)

          Il metodo FMEA è un metodo proattivo, effettua l’analisi dei modi e degli effetti dei guasti. E’ un metodo che nasce in ambito bellico. Il concetto è che ci si deve render conto del problema prima che si verifichi. Il Rischio zero non è però ottenibile, qualsiasi servizio svolto comporta un minimo rischio.
Il rischio presente, inoltre, è che si utilizzi lo strumento FMEA ma che non venga governato. Sia la FMEA sia il Root Cause Analyses nascono in ambito ingegneristico.
Lo strumento FMEA propone una matrice di correlazione  tra gli elementi di un processo ed i possibili rischi, è uno strumento soggettivo.

Definizione della gestione del rischio (risk management):
insieme delle attività cliniche ed amministrative intraprese per identificare, valutare e ridurre il rischio di danno ai pazienti, agli operatori, ai familiari, ai fornitori ed il rischio di perdita dell’organizzazione stessa dell’azienda.
Quando metto in atto un processo di RM, mi devo preoccupare anche dell’attività amministrativa per evitare che, io clinico perda del tempo sul piano burocratico. La gestione del RM integra questi due elementi.
Consideriamo ora:
danno agli operatorià in tutte le aziende gli operatori sono tutelati dalla 626;
danno ai familiariàproblema del consenso informato, in questo ambito si annidano possibili rischi importanti;
danno ai fornitorià es.  se sono presenti problemi in farmacia.

Ogni volta che ho un danno sul paziente, ho un danno sull’organizzazione.
Quando si opera è indispensabile pensare sempre alle relazioni  tra risorse umane e azienda, alle possibili condizioni di rischio.

Definizione dell’AIRMIC (associazione compagnie di assicurazione):
uno strumento a disposizione del management, dei vertici e dei coordinatori,  per perseguire gli obiettivi dell’azienda, cioè per creare valore, attraverso un processo di identificazione, valutazione e controllo di tutti i rischi.
Rischio puro:
insieme delle possibili minacce che possono determinare un impatto aziendale negativo in seguito a danneggiamento di beni o persone.

Sostanzialmente il RM viene definito un metodo volto al management per la gestione dei processi, tale metodo è diviso in tre fasi:

  1. identificazione
  2. valutazione
  3. controllo di tutti i rischi

il rischio è la possibilità che si verifichi un evento P, è una condizione di possibilità che possa verificarsi un danno, valuta  l’effetto del danno cioè la gravità G , l’impatto che ne consegue.
Per valutare la gravità del rischio uso dunque 2 indici: P (possibile minaccia)
G (impatto negativo)

Da questa definizione dobbiamo escludere il rischio assoluto (es. paziente con patologia ignota).
La gestione del RM deve rivolgersi al vertice, il vertice deve essere coinvolto. L’obiettivo aziendale è il contenimento dei costi ed il fronteggiare l’evoluzione del mercato in termini assicurativi; questi due fattori hanno aumentato la necessità di prestare maggior attenzione al rischio.
Il mercato assicurativo vede;

  • un trend crescente di richieste di risarcimento  
  • un aumento delle somme riconosciute a titolo di risarcimento, determinato dalla presenza di bravi avvocati e di ASL inadeguate ad affrontare tali problematiche.
  • un ampliamento del novero dei soggetti considerati danneggiati dovuto al fatto che alcune organizzazioni non hanno incluso determinate tipologie di rischio, quindi devono risarcire tutti i danni.

N.B. Non sempre chi paga, paga perché ha sbagliato, ci sono interessi economici particolari.
Dobbiamo inoltre fare attenzione ai media che comunicano in modo distorto attività corrette svolte dall’azienda (ad es. proprio l’attività relativa al RM).

Reazioni sul mercato:
l’aumento dei premi è correlato alla formula assicurativa in particolare per i claims made, cioè le segnalazioni rispetto alle prestazioni. Non è però detto che, quanto segnalato corrisponda a verità, si invitano pertanto le strutture sanitarie a dare potere all’ufficio di controllo sinistri che successivamente si metteranno in contatto con le assicurazioni.
Vi è un progressivo abbandono del settore sanitario per carenza di contratti e per riduzione della concorrenza.
Chi è rimasto nel settore sanitario si trova in situazione piuttosto difficile, perché, in pratica, c’è un broker e un’unica assicurazione, per cui è meglio abbattere il rischio.
Altra reazione è la variazione delle formule assicurative: loss occurence e claims made.
Esempi: le formule assicurative variano se le aziende sono soggette a controlli quali ISO 14.000 rischio di impatto ambientale (le aziende che hanno tale controllo hanno la possibilità di avere formule assicurative adeguate);
controllo INAIL, le aziende che passano tale controllo hanno un abbattimento dei costi assicurativi del 10%, cioè “io assicuratore ti vengo incontro se tu mi dimostri chi ti controlla”.

Quando si verifica un sinistro, non limitiamoci a concentrare l’attenzione sul risarcimento del danno, perché domani può nuovamente ripresentarsi, dobbiamo imparare a trarre “beneficio” da un danno (cioè cosa posso fare per contenerlo).
Va abbandonata l’idea
Evento à colpevole  ma  Evento à far tesoro dell’errore

Importante è gestire anche il rischio del rapporto con il fornitore, il che è correlato al problema delle norme relative alla gara d’appalto, cioè è necessario gestire i propri fornitori già preventivando il possibile rischio, cioè introducendo clausole a difesa dell’ospedale.
Introduzione di alcuni concetti indispensabili per il lavoro RM:
audit: riflessioni sul perché è accaduto, cosa è successo , cosa si è presentato
incident report (anonimi): segnalazioni di incidenti avvenuti che non hanno auto conseguenze
near miss (anonimi): segnalazioni di incidenti che potrebbero accadere, stava per succedere
L’incident ed il near miss sono una grossa base di informazioni, chi ne è responsabile deve elaborarli e successivamente eliminarli/bruciarli, le persone che hanno fatto le segnalazioni non debbono essere rintracciabili (in alcuni paesi si utilizzano già e sono preziosissimi, es. in Australia vi è un centro unico di elaborazione, vengono raccolti ed elaborati anche in GB e Danimarca).

Piramide: 

incidente (accident): ogni evento che implica un danno grave per un sistema definito e che compromette l’out-put presente e futuro del sistema;

evento avverso
(incident): ogni accadimento che causa danno o ne ha la potenzialità (provocato dalla gestione clinica piuttosto che dalla patologia del paziente; può avvenire su familiare, operatore e fornitore).
quasi evento (near miss): ) ogni accadimento che avrebbe potuto, ma non ha, per fortuna o abilità di gestione, originato un danno; non si pensa solo al paziente ma a tutte le componenti che possono subire un danno.

Il RM crea valore:
un’organizzazione crea valore attraverso la realizzazione di processi suddivisi in attività primarie e di supporto

Le attività primarie si vanno ad articolare nell’ambito della Prevenzione, attività prioritaria come  il Follow Up.
Attività infrastrutturali sono di supporto alle primarie, se non presenti, le attività primarie non possono essere svolte. L’approvvigionamento è prioritario, è fortemente correlato alle attività primarie.

Cosa significa creare valore?
Es. attività quotidiana come la somministrazione di un farmaco:
posso togliere o portare valore durante la somministrazione di un farmaco
Quantità: il farmaco ha un costo. La ricaduta è su qualità e costo.
Qualità: modalità di somministrazione (Q offerta, Q attesa, Q percepita). L’offerta avviene all’80% in base a raccomandazioni di legge (linee guida, protocolli, criteri), al 20% in base a prescrizioni interne. Si valuta la capacità relazionale non prestazionale.
Il servizio percepito è anche relativo ai rapporti con i colleghi (es. servizio farmacia).
Tempo: i tempi di somministrazione, i tempi di esecuzione delle attività di cui il processo è composto. Utile per evitare l’aumento dei costi per eccesso dei tempi e il sovraccarico di lavoro. Attenzione ai tempi morti, le risorse umane vanno pagate per svolgere le attività.

Più si presta attenzione alla componente attesa, più vedo la componente percepita. Spesso il cliente percepisce bassa qualità perché viene percepita diversamente da ciò che viene offerto e da ciò che è atteso.
Se riesco ad avere un’analisi di questo tipo (Q,Q,T) su più processi, cioè se sto attento a tutti questi aspetti in ogni processo, creo valore.
Il mio valore aggiunto sul paziente ricade immediatamente su tutti i cittadini.

I processi di supporto spesso sono le cause dell’evento rischio, es. manutenzione ordinaria e straordinaria: più controllo l’ordinario, meno devo svolgere controllo straordinario quindi ho meno costi e riduco il rischio.
Per applicare la FMEA dobbiamo avere in mente esempi di processi, il processo del RM è un processo attraverso il quale gli istituti (enti, aziende,…) si occupano dei rischi associati alle attività svolte, con l’obiettivo di ottenere dei benefici riguardanti le singole attività e/o l’insieme delle stesse.
Processo gestionale del RM:

  • definizione degli obiettivi e relativa pianificazione delle attività
  • dati gli obiettivi, si procede con la valutazione attuale del RM, foto generale e analitica del rischio
  • prima di prendere decisioni è necessario dare ritorno a tutti gli operatori, altrimenti non conoscono e perciò non capiscono perché sono state prese certe decisioni à attività di reporting:

              reporting del rischio

  • decisioni prese
  • reporting delle attività svolte
  • reporting del rischio residuo
  • monitoraggio: mi devo chiedere: ” sono vicino all’obiettivo o ancora distante?”, è l’attività necessaria per verificare che ciò che ho fatto è funzionale.

Perché questo procedimento sia valido, devo prevedere il monitoraggio fase per fase, ponendomi domande specifiche su come procede nel tempo, effettuando verifiche programmate. Nei processi di grossa portata devo prevedere due verifiche all’anno.
Nella fase finale di monitoraggio, se evidenzio inadeguatezze, determino la modificazione delle fase del processo e di tutte le attività di  supporto.
A livello direzionale la struttura che si occupa di RM deve essere a contatto con gli operatori e deve coordinare eventuali tavoli di lavoro. Anche per la gestione del rischio ci deve essere un processo. Gestire il rischio significa non solo condividerlo a livello aziendale, ma anche regionale.

Come macro-obiettivo l’organizzazione che decide di lavorare sul RM deve chiedersi: fino a che punto voglio ridurre i rischi?
E’ già positivo se dalla foto fatta dell’organizzazione si applica la FMEA e si individua un processo a rischio. E però indispensabile che venga fatta formazione e che, annualmente, venga rivalutato l’obiettivo che deve essere facilmente trasponibile all’attività pratica;  il miglioramento deve essere continuo.

La gestione del processo rischi comporta:

  • identificazione
  • descrizione
  • stima
  • integrazione

Tecniche di identificazione:
i dati relativi agli incident report e agli accident sono già registrati quindi identificabili, i dati relativi ai near miss invece non emergono, se emergessero potrei attrezzarmi affinché non si verifichino.
Se devo identificare i profili di rischio, più do peso ai dati e più capisco da dove partire per ridurre il rischio.
Quali fonti mi possono dare informazioni?

  1. Fonti o flussi di informazione già esistenti, anche se concepiti con altre finalità come ad es. SDO-schede dimissioni ospedaliere, schede cadute accidentali, flussi informativi delle attività domiciliari-cartelle domiciliari, ufficio URP, ufficio sinistri e patrimoni per comprendere i risarcimenti, risultati delle verifiche ispettive interne, registro infortuni, elenco attivo delle non conformità. Proprio perché utili ad altri fini, la loro precisione e accuratezza è inferiore a quanto necessario; pertanto sono stati delineati sistemi di indicatori volti a migliorarne le capacità conoscitive.
  2. Fonti e flussi di informazioni che vengono attivati ad hoc da realizzare estemporaneamente o in via routinaria, quali  la FMEA (Failure Mode and Effect Analysis) e l’incident reporting. Quest’ ultimo stimola le risorse ad effettuare segnalazioni. I near miss (stavo per…, non viene effettuato…,), non solo permettono di andare a verificare i quasi eventi,  ma permettono di vedere ciò che potrebbe accadere (rientro così nel flusso FMEA).

Il problema della FMEA sono la soggettività ed i costi. Se ottengo buoni risultati però, ho effettuato  un vero investimento perché successivamente i risultati mi daranno del valore aggiunto.
Comunque prima di definire nuove raccolte dati per la gestione del rischio è sempre determinante usare ciò che già si possiede.

Per capire il grado di rischio è utile utilizzare uno schema che preveda in ordinata: le fonti finalizzate e non, in ascissa: il tempoà fonti estemporanee o di routine. Le fonti meno problematiche saranno in alto a dx, cioè fonti finalizzate e di routine, quelle più problematiche es. i reclami, in basso a sinistra.

Sarebbe corretto partire dal processo più a rischio correlato con le informazioni relative alle fonti. Es. le situazioni che mettono ansia dovrebbero essere quelle su cui interveniamo prima e dovrebbero essere quelle indicate dai near miss, quindi fonti non finalizzate ed estemporanee. E’ la fonte informativa che riduce la soggettività, rivalutare i dati esistenti richiede molto tempo e si può essere accusati dall’organizzazione di “perder tempo”. Solo la FMEA mi dà ciò che potenzialmente potrebbe accadere, quindi io dovrei partire con la FMEA proprio su ciò che valuto possa accadere alla luce dei dati e sugli accadimenti relativi ai processi correlati.

Avere la carta di identità di tutti i rischi è follia pura, utopia
Foglio FMEA “carta di identità” dei processi individuati. Il foglio FMEA prevede tanti fogli elettronici quanti sono i processi che voglio analizzare. Non esiste da nessuna parte una “legge” che definisca come la FMEA debba essere utilizzata, le aziende che desiderano accreditarsi alla Join Commission debbono attenersi allo schema da loro proposto che è quello su cui lavoriamo.
Bisogna utilizzare un foglio per ogni processo su cui si indicherà inizio e fine,
all’ interno di ogni processo verrà effettuata una suddivisione in fasi, in ogni fase si andrà ad individuare una serie di attività (può accadere che, nella pratica, si faccia il percorso al contrario).
Per ogni attività valuto le componenti umane e i materiali che possono influenzare negativamente il processo analizzato.
Possiamo riscrivere l’attività più volte, perché l’evento indesiderato può manifestarsi per parecchie cause.
In seguito si deve valutare l’effetto dell’evento: es. se manca o non funziona il computer l’effetto può variare, inoltre lo si deve misurare.
Misure previste: si mette in evidenza cosa è stato messo in atto per contenere l’effetto indesiderato.
Come mi posso rendere conto di ciò che sta per accadere  o che è accaduto? Come lo rilevo?

R (indice di priorità di rischio), non è possibile confrontare rischi diversi, si deve usare un indice di priorità di rischio riferita a singoli eventi. Il valore di rischio avrà significato solo per quel processo.
L’indice di priorità di rischio, non è l’indice di gravità del rischio.

R = P x G x R

P à probabilità : concentrato sull’evento indesiderato, quante volte penso si possa
verificare

G à Gravità : (IdG-indice di gravità) in concreto sull’effetto dell’evento

R à Rilevabilità : in concreto sulle misure previste già attivate

Note relative alla compilazione del foglio FMEA:
Sul foglio, quando vado ad individuare il n° relativo delle Probabilità dovrò concentrarmi sulla colonna dell’evento, non dell’effetto.
La Rilevabilità è relativa alla colonna delle misure previste, verifico quanto gli effetti non ricadano sul paziente.
Utilizzare questo foglio permette di rispondere all’esigenza della descrizione e della raccolta dati.

Punteggi:
per P e G da 1 a 10, se punteggi bassi, alta gravità

E’ necessario attribuire valori in modo proporzionale ad altri eventi. Per abbattere la    soggettività FMEA attribuire 9 o 10, di fronte ad una condizione di evento sentinella (altrimenti non li analizzeremmo mai perchè non accaduti), se non in tale condizione, attribuire da 1 a 8.
Per quanto riguarda la rilevabilità più un evento sarà rilevabile, più avrà punteggio basso 1 - 2; meno un evento sarà rilevabile, più avrà punteggio alto 7  - 8.
Se c’è un’azione di misura prevista, si riduce il rischio, quindi è la rilevabilità che mi dice quanto “grosso” è il rischio. La rilevabilità è infatti legata alla consapevolezza che si ha del rischio.

 

Per definire le probabilità e le conseguenze del rischio vi sono

  • tecniche quantitative (distribuzione di probabilità, medie,…) ma ve ne sono poche per cui si procede ancora basandosi sulla percezione del rischio e
  • tecniche qualitative (Probabilità x Impatto = Indice di Rischio)

     Non ci sono tante stime statistiche per cui P, G e R si valutano con stime
percettive.
Se P e I sono molto rilevanti, il rischio avverrà quasi certamente e l’impatto sarà catastrofico.

Probabilità                                         
_______________________   Gravità

Rilevabilità

Curva di Isorischio à un evento fortemente probabile ha una scarsa gravità, un evento poco probabile ha un’alta gravità (es. terremoti)
Se si decide di effettuare azioni di protezione, scendo a gravità inferiori. Se agisco sulla prevenzione, agisco sulla probabilità, se faccio formazione agisco su entrambe le variabili.

R=  P x G               Se si considera la 3^ variabile R (rilevabilità), agisco in modo
tridimensionale
P = R/G               

Sul foglio, a parità di situazione do lo stesso punteggio, utile utilizzare i filtri excell per confrontare i valori raggiunti. Utile applicare la teoria di Pareto secondo cui è utile prendere in considerazione dal 20% in su. Sarebbe corretto poter affermare che la scelta del processo è stata fatta sulla base di dati che ci hanno permesso di individuare il più rischioso, ma la rilevabilità, anche se non emerge, la devo considerare.

Come procedere
Rischio incrementale: E’ necessario aggregare tutti i rischi individuati e stimati e valutare l’impatto di ciascuno sulla rischiosità complessiva. Integro dunque, non guardo un rischio alla volta, ho l’insieme dei rischi messi assieme e mi permetto di scegliere su quale rischio mi devo concentrare.
Devo giudicare sulla necessità di intervenire su un determinato rischio con misure di trattamento e analisi delle diverse alternative di trattamento dei rischi. Si ribadisce che devo perciò giudicare la necessità di intervenire.
Devo evidenziare i risultati dell’analisi e permettere di assumere le adeguate decisioni, cioè devo diffondere il dato (reporting) per avere maggior consenso e quindi coinvolgere meglio il personale.
Devo capire come e dove posso agire:
agisco sulla probabilità à prevenzione,
limito i danni à protezione (con la protezione evito l’effetto, non l’evento)
le procedure, se messe in atto, agiscono su entrambi gli ambiti così come la formazione.
Dunque il controllo del rischio avviene attraverso misure preventive: quando riducono la probabilità dell’evento dannoso, e di protezione: quando limitano i danni causati dagli eventi dannosi, mediante strumenti di

  • controllo fisico che utilizzano impianti e congegni fisici,
  • procedurali atti a definire regole,
  • psicologici volti a sensibilizzare l’intera struttura sull’attenzione al rischio.

Le misure preventive e di protezione avvengono attraverso differenti Modalità di Finanziamento:

    • Tecniche di trasferimento delle conseguenze a soggetti terzi

(sulla base di accordi contrattuali, polizze assicurative), è un 
atteggiamento passivo, accetto il fatto di poter vivere una condizione di
rischio perché comunque interverrà l’assicurazione
(meccanismo perverso)

    • tecniche di ritenzione attraverso una preventiva pianificazione finanziaria (accantonamenti,…), in parte interviene l’assicurazione, in parte contribuisco personalmente, è un atteggiamento  attivo rispetto al precedente.

Processo di Risk management     

Il Risk management è  uno strumento a disposizione del management per perseguire gli obiettivi dell’azienda attraverso un processo di identificazione, valutazione e controllo di tutti i rischi.
La peculiarità di una struttura sanitaria è la presenza contemporanea del rischio sia clinico, sia aziendale, cioè con effetti economici, finanziari e patrimoniali. E’ necessario trovare un equilibrio tra i due aspetti, la gestione del rischio avviene preoccupandosi della variabile economica del rischio stesso.

  • Rischio clinico: effetti negativi o inattesi sullo stato di salute del paziente, dei dipendenti e degli ospiti
  • Rischio aziendale: effetti economici, finanziari e patrimoniali sull’azienda come conseguenza di tutti i rischi che possono accadere.

Il RM è uno strumento dato all’azienda che ha come obiettivo il creare valore.
E’ uno strumento per manager che deve partire dall’alto ma deve toccare l’unità complessiva dell’organizzazione. La strada privilegiata è partire dalla direzione la quale definisce le politiche e gli obiettivi generali in merito all’assunzione del rischio e valuta l’efficacia del processo di RM con un periodico confronto con i responsabili dei centri.
L’ipotesi corretta è appunto che la direzione generale definisca politiche e obiettivi generali, poi preveda le modalità di monitoraggio della gestione del rischio stesso. Viene predefinito un criterio a cascata di responsabilità à  tutti i responsabili dei centri di costo, a più livelli,  debbono:

  • fissare gli obiettivi del rischio del centro
  • realizzare il processo di RM con riferimento ai rischi
  • essere responsabili della diffusione della cultura del rischio
  • operare momenti periodici di confronto con. Direzione Generale e la funzione RM

rispetto al punto 3 la diffusione della cultura del rischio comporta anche il vedere l’errore come un’opportunità per migliorare.
I vari livelli, sotto la direzione, debbono operare con continui confronti top-down e bottom-up, quindi in pratica è necessario effettuare controlli annuali ma con confronti periodici in itinere.
La Funzione RM dovrebbe essere dedicata unicamente alla Gestione del Rischio e dovrebbe supportare tutti i vari centri responsabili della gestione del RM
La Funzione RM deve:

  • Definire e revisionare il processo di RM
  • Coordinare l’attività di gestione del rischio dei diversi centri
  • Fornire un supporto tecnico a tutti i centri per l’implementazione del processo RM; la funzione dovrebbe essere la struttura di riferimento e di consulenza di tutti i centri che vogliono partire
  • Controllare lo scostamento dell’ esposizione al rischio rispetto agli obiettivi di ciascun centro; la direzione parte con l’idea di lavorare su processi emersi dalla fonte dei dati, si sceglie un processo trasversale e si effettua un controllo sul reale avvio del processo di RM da parte di tutti i centri. Si valuta l’entità del rischio ed i punti critici. Si controlla poi come di anno in anno le singole unità riescono a raggiungere il controllo del rischio.
  • Predisporre un sistema di reporting necessario ai vari organi per svolgere il proprio ruolo nel processo di RM – confronti periodici con i Responsabili di centro; questa funzione dovrebbe essere l’accentratrice e l’elaboratrice dei vari dati, colei che li diffonde e li utilizza.

Se non è presente una struttura specifica, ben definita ed identificata (quale la funzione ), dopo qualche anno la gestione del RM crolla. Se non c’è tale struttura (la Funzione RM) si perde un riferimento costante all’interno dell’organizzazione indispensabile per facilitare l’attività relativa al RM.

E’ rischiosa la sola presenza della Struttura Complessa Qualità senza un supporto specifico.
E’ necessario prevedere un referente RM in ogni Centro di Responsabilità.
In Valle d’Aosta c’è un ufficio qualità nello staff dirigenziale che si occupa di Qualità e RM, è previsto un Dipartimento Qualità a cui dovrebbero affluire i vari Centri di responsabilità. Questo ufficio è composto da 11 elementi, 1 referente ed 1 componente dedicato (Vuillermin). Gli altri elementi hanno altri incarichi in ambito territoriale o ospedaliero. C’è un collegamento con l’ufficio in quanto ogni SC ha un referente come rappresentante sia per la dirigenza, sia per il comparto (in realtà il comparto ne ha uno solo ma c’è). Il monitoraggio per ora è legato alla formazione ed agli obiettivi di budget, sarà necessario prevederne il controllo per il futuro.

Il metodo

“qualunque prestazione sanitaria ha in sé un rischio di errore” questa definizione porta in sé una connotazione negativa che purtroppo è ancora la più diffusa. N.B. nessuna gestione porta al rischio (zero) 0, per avere un rischio 0 debbo non fare. L’errore non è inevitabile ma il rischio di sbagliare può e deve essere ridotto al minimo.

La gestione del rischio clinico è un processo sistematico di identificazione, valutazione e trattamento dei rischi attuali e potenziali. Ha l’obiettivo di aumentare la sicurezza dei pazienti, migliorare i risultati ed indirettamente abbattere i costi, riducendo gli eventi avversi prevenibili. Ha quindi a che fare con la legalità e l’accettabilità tecnica dei trattamenti sanitari. Per questo scopo, le organizzazione sanitarie debbono analizzare gli eventi avversi utilizzando tecniche di indagine rigorose, per giungere a rimuovere gli errori di sistema che sono alla base di tali eventi.
La Funzione di gestione del rischio fornisce all’organizzazione le informazioni necessarie ad “imparare dagli errori” per gestire correttamente il rischio.

Essendo pochi gli anni di esperienza della gestione del rischio in sanità è importante, affinché il sistema di gestione sia efficace:

  • Cambiare la concezione dell’errore che va visto come un’opportunità per migliorare non come un fallimento individuale
  • Utilizzare strumenti idonei per la rilevazione, l’analisi, il trattamento ed il monitoraggio dei rischi
  • Trovare soluzioni significative sul piano organizzativo da parte della Funzione RM e della gestione direzionale

La gestione del RM significa dunque congiungere i tre elementi:

    • Sicurezza delle cure (paziente)
    • Tranquillità di azione del personale sanitario (operatore – legge 626)
    • Opportunità di risparmio (azienda – l’impatto economico è, ad oggi, ancora poco considerato)

L’estensione della sicurezza va dalle persone agli ambienti:
sicurezza del paziente
sicurezza dell’operatore (servizio di protezione e prevenzione)
sicurezza delle apparecchiature
sicurezza delle strutture

Il valore aggiunto, con la gestione del RM, ricade non solo su operatore e paziente ma anche su tutta la comunità (abbattimento tasse)

L’approccio sistemico all’errore

“gli errori sono conseguenze dell’agire organizzato e non causa del fallimento del sistema”
La maggior parte delle cause di un incidente sono dovute all’uomo, ma solo una piccolissima parte di esse è rappresentata da un vero e proprio errore umano. Nella maggior parte dei casi si tratta di problemi di manutenzione o di decisioni manageriali errate, o di sistemi di comunicazione inefficaci,…
Gli incidenti sono il frutto di una concatenazione di errori ed eventi e l’operatore responsabile dell’errore altro non è che l’ultimo casuale anello di questa catena.
E’ pertanto necessario capire perché il soggetto si è trovato in quella situazione attraverso la Root Cause Management.

TIPOLOGIE di COMPORTAMENTO:
E’ necessario prestare attenzione alle tipologie di comportamento in quanto possono originare diverse tipologie di errore:

  • comportamento di tipo automatico
  • comportamento di tipo regolato
  • comportamento generato da situazione sconosciuta, azione da definire (la situazione sconosciuta comporta meno errori in quanto subentra il cognitivo, ci si concentra di più per cui è meno rischiosa, si sbaglia meno)

Per valutare il rischio dobbiamo sempre tenere a mente le due componenti: frequenza e impatto

TIPOLOGIA di ERRORE:

  • regola non applicata à errore umano attivo (è più grave ma non per questo più rischioso, dobbiamo considerare la probabilità)
  • regola non ricordata à errore umano attivo
  • regola errata o non esistente à errore non umano latente
  • near miss event à quasi errore, al momento non errore, ma la probabilità che si trasformi in errore è molto alta, quindi non è da sottovalutare.

Errori attivi: sono più facilmente individuabili in quanto scatenanti l’incidente. Si collocano a livello di persone e quindi permettono l’identificazione di una responsabilità.
Non ha senso pensare che la punizione del responsabile eviti il ripetersi dell’errore, se le condizioni organizzative permangono invariate, gli individui, a distanza di tempo, ripeterebbero lo stesso tipo di errore

Errori latenti: detti patogeni per analogia, infatti rimangono latenti all’ interno dell’organismo ma, in concomitanza con altri fattori, o, in situazioni facilitanti,  possono dar origine ad eventi patologici (avversi).
In tutte le organizzazioni sono presenti elementi potenzialmente dannosi; più sono numerosi, più è probabile che si verifichi una combinazione scatenante.
Ambiti:

  • Tecnologico: errore di progettazione, manutenzione, addestramento all’uso, prima agisco in questo ambito, più riduco l’errore.
  • Gestionale: errore dell’operatore ma dovuto a condizioni avverse es. sovraccarico di lavoro, mancata motivazione, poca chiarezza negli obiettivi; tutto ciò è causa di eventi indesiderati.

I fattori suddetti creano ambienti di lavoro che facilitano gli errori e le violazioni.
L’attenzione agli errori latenti è proattivo, infatti l’eliminazione di quanti più errori latenti possibile, riduce la probabilità che si verifichi un incidente. Le forme di prevenzione agiscono sugli errori latenti.
Chi vuole partire con un lavoro specifico sul RM, deve prendere in esame gli 8 principi base definiti dall’ ISO 9000

  1. Organizzazione orientata al cliente: Cliente= organizzazione o persona che riceve un prodotto, può essere interno o esterno all’organizzazione, committente o beneficiario. Fornitore= organizzazione o persona che fornisce un prodotto o un servizio.

Quando lavoriamo per processi dobbiamo considerare che per fornitore/cliente non si intende solo operatore/paziente ma anche al nostro interno es. operatore/farmacia, fornitore/farmacia. Questo è importante in quanto ci permette di capire che ogni processo è legato ad un altro, noi cambiamo il ruolo. Se capiamo che il nostro ruolo è parte della formazione dei processi, controlleremo le nostre probabilità di rischio e contribuiremo davvero a ridurre il rischio. La nostra attività ha infinite posizioni nella catena delle diverse attività. Se non lo comprendiamo, svolgeremo un’attività fine a se stessa. Le organizzazioni dipendono dai loro clienti che non sono solo i pazienti ma anche il personale, i visitatori, i diversi ambienti,…, perciò dovremmo capire le loro esigenze presenti e future, rispettare i requisiti del cliente e mirare a superare le aspettative del cliente.
Fasi del 1° principio:

    • Individuare i clienti
    • Identificare le necessità del cliente e le sue attese
    • Estendere le necessità del cliente a tutta l’organizzazione e motivare il personale nel perseguire le necessità individuate
    • Studiare le metodologie più adatte per i processi
    • Misurare la soddisfazione del cliente e attivare le azioni necessarie per migliorare
  1. Leadership : i responsabili di area e di funzione debbono definire unità di intenti e di indirizzi all’ interno dell’organizzazione e creare un ambiente interno in cui il personale sia pienamente coinvolto a perseguire gli obiettivi definiti. Pertanto i responsabili devono creare le condizioni migliori affinché  il personale possa conoscere gli obiettivi e possa  raggiungerli.
  2. Coinvolgimento del personale: l’unità di intenti la si ottiene con il coinvolgimento del personale appunto, se non lo coinvolgo correttamente, non otterrò il controllo del rischio. Il coinvolgimento avviene attraverso:
  • La motivazione
  • La formazione
  • L’informazione dei risultati raggiunti, in particolare di quelli positivi.

 

4.  Approccio basato sui processi: un risultato si ottiene con maggior facilità quando
le relative risorse e attività sono gestite come un processo.
    È necessario individuare tutti gli elementi di un processo:

  • Elementi in ingresso
  • Elementi in uscita
  • Fattori che influenzano il risultato
  • Qual è la sequenza logica delle attività
  • Cosa deve essere misurato e come per tenere il processo sotto controllo

Schema processo:

input                                              output
---------                                   -------------

Gli elementi suddetti ci permettono di capire se abbiamo aggiunto valore:

                Q                       Q offerta
Q attesa
Q percepita

Costo                    Tempo        la componente Tempo è correlata al costo

  Gli input di un processo possono essere a loro volta gli input di altri processi. Inoltre
in un processo mettiamo in atto dei processi di supporto. Ciò che è necessario fare
prima di procedere con la definizione del RM per un determinato processo, è
valutare se le nostre attività calzano con gli elementi. Nel lavoro per   
processi, ancora,  è importante valutare l’ordine delle attività.

5. Visione sistemica della gestione aziendale: identificare, capire e gestire un sistema
di processi interconnessi per perseguire determinati obiettivi, contribuisce
all’efficacia e all’efficienza dell’organizzazione.
È importante prima sapere cosa fare e solo successivamente decidere come fare.
   Questo principio è ancora di difficile applicazione, comprendere le correlazioni
condizionerà la competitività delle organizzazioni. Infatti se non mi rendo conto
delle correlazioni non controllo e non gestisco il rischio.
6. Miglioramento continuo: il miglioramento continuo deve essere un obiettivo
permanente delle organizzazioni. Se il miglioramento non è continuo,
il sistema degenererà verso la staticità e la burocrazia.
7. Decisioni basate su elementi attendibili e concreti: approccio basato su dati di
fatto. L’azienda deve comunicare attraverso dati e informazioni attendibili che
costituiscono l’elemento essenziale per l’attività di miglioramento, se sono ben
utilizzati ed  interpretati valorizzano l’esperienza e l’intuizione.
8. Rapporto di reciproca utilità con i fornitori: nessuna organizzazione può vivere in
modo autonomo sul mercato. Tutte le organizzazioni sono interfacciate tra di loro,
non è possibile che un’azienda sia competitiva senza che lo sia la sua base di
fornitura. Sono necessari rapporti forti ed adeguati nei confronti dei fornitori,
solo in questo modo iniziamo a ridurre dalla base gli eventi indesiderati
potenzialmente presenti al loro interno.

GESTIONE OPERATIVA: in sintesi, un risultato desiderato si ottiene con maggiore efficienza quando le relative attività e risorse sono gestite come un processo       (ISO 9000).
PROCESSO: una serie di risorse e di attività correlate tra loro che interagendo trasformano elementi in entrata in elementi in uscita, aggiungendo valore.

Trasversalità dei processi
Per operare adeguatamente debbo considerare tutto il percorso delle varie attività che toccano in modo trasversale più funzioni; debbo vedere il percorso continuativo e tutte le altre strutture che vengono toccate dai processi, altrimenti nel passaggio da una funzione all’altra perdo dei pezzi e non governo. Deve pertanto esserci un responsabile di tutti questi processi ed infatti dall’ISO 94 alla 2000 la richiesta è di lavorare per processi trasversali alla produzione. Ad es. per il processo di approvvigionamento dovrò collocarmi su tutte le attività e considerare le funzioni coinvolte. Capire come seguire tutte le sequenze  del processo quali sono i responsabili di ogni attività, ci aiuta a gestire il rischio di quel processo.

 

STRUMENTI PER L’ IDENTIFICAZIONE E L’ANALISI DEI PROCESSI

  1. Check-list:

elenchi dettagliati che classificano i processi tipici delle aziende operanti nello stesso settore e confronto dei processi indicati nella lista con le attività effettivamente svolte nella propria organizzazione.
Questo approccio è semplice, non sempre preciso, adatto solo in contesti standard.

Processi primari: lista prestazioni (di ricovero,di pronto soccorso, ambulatoriale)
relative attività critiche (sala operatoria, sala parto)

Processi di supporto sanitari: (medicina di laboratorio, diagnostica per immagini, produzione e somministrazione di emocomponenti, gestione delle apparecchiature biomediche, gestione dei farmaci, gestione della protezione da ambienti fisici,
Prevenzione e Follow-up).

Per migliorare la qualità debbo monitorare la soddisfazione del paziente,  migliorare i processi sanitari,  progettare  un nuovo servizio sanitario.

Processi di supporto manageriali (Pianificazione strategica, Budgeting, Comunicazione: assolutamente da non sottovalutare perché molto spesso i problemi originano da mancati sistemi di diffusione, di comunicazione, Formazione, Gestione delle risorse umane, Gestione degli acquisti).

Rappresentare i processi in modo grafico consente di

  • Raffigurare globalmente l’organizzazione, il processo o l’attività
  • Identificare le relazioni tra le attività e porle in sequenza
  • Definire la gestione e i controlli specifici

Il diagramma di flusso è uno strumento dei sistemi di gestione, consente di definire chiaramente dov’è l’inizio del mio processo prima di applicare la FMEA o prima di identificare una procedura. E’ necessario descrivere la procedura ma è indispensabile sintetizzarla con un diagramma di flusso.

 

 

FMEA
Failure Mode and Effect Analisys

La tecnica della FMEA è stata sviluppata negli USA (military procedure – 1949)
Metodo che permette di identificare in modo proattivo tutte le condizioni di rischio che si potrebbero verificare sia su elementi fisici, sia sulle persone.
Da una 50ina di anni usato anche in ambito produttivo, in ultimo nei Servizi Sanitari.
E’ una tecnica dell’ingegneria utilizzata per definire, identificare ed eliminare le “failure”, cioè i problemi e gli errori prima che sia troppo tardi e quindi troppo costoso in ogni senso. N:B: Nonostante la FMEA il rischio 0 non esiste, per avere rischio 0 non bisogna agire.
Attraverso la tecnica FMEA si valuteranno le cause, gli impatti e le probabilità rispetto a quanto potrebbe non funzionare, tutto ciò lo si pensa e analizza prima di attivare un processo, dunque è una tecnica di analisi preventiva.
Vi sono numerose variazioni/definizioni di FMEA:
FMECA à C = critically, cioè l’analisi delle situazioni più critiche
FMEA di progettoà tutto ciò che potrebbe non funzionare nella realizzazione di un
prodotto
FMEA di prodottoà quali elementi si potrebbero rompere in termini sia di probabilità,
sia di gravità
FMEA di componenteà realizzo che l’elemento più critico è una parte specifica del
Prodotto
FMEA di processoà questa ci coinvolge maggiormente in sanità in quanto è relativa
all’esecuzione di una attività
FMEA di macchinarioà quali caratteristiche possono essere a rischio di guasto

HFMEAà  in sanità  H = Health

Più comprendiamo la tipologia di errore, più riusciamo a lavorare ad ampio spettro:
guasto: es. ad un’apparecchiatura
errore: es. non mettere in atto una procedura
malfunzionamento
infezione: può essere un evento indesiderato o effetto o causa  di evento indesiderato
ritardo
non conformità
complicanza
danno
cedimento
infortunio
inquinamento
……

Prodotto = Servizio
Parlare di prodotto equivale a parlare di servizio, quindi la FMEA la posso applicare ad un prodotto o ad un servizio quale:
prestazione
azione
trasporto
attività
movimentazione
somministrazione

Cliente
la figura del cliente va vista con ampio respiro e nella condizione di Cliente/Fornitore altamente interscambiabile:
paziente
allievo
collega
committente
fornitore
territorio
utente
società
destinatario

per mettere correttamente in atto la FMEA è necessario effettuare l’ analisi funzionale (correlazione) e l’analisi delle Failures (rischio)

Analisi funzionale à matrice di correlazione tra attività appartenenti ad un processo ed i singoli elementi che possono originare un rischio. È necessario fare costantemente questa correlazione andando ad individuare tutti gli aspetti indesiderati.
Es. Forno da cucinaà correlare le
Funzioni (cottura, contenitiva,ventilazione,autopulente,…) con le Componenti/Strumenti (resistenza, ventola, timer, grill, …),
successivamente prendere in esame funzione per funzione e vedere tutti gli elementi utili a quella funzione evidenziando il possibile guasto, l’evento indesiderato e vederne i possibili effetti
es. funzione cottura à componente resistenza à  evento indesiderato rottura, riduzione dell’efficacia,…
N.B. Se non metto in evidenza l’effetto non posso lavorare sul concetto di gravità e probabilità

 

Analisi delle Failuresà matrice di rischio.
La causa si inserisce e si valuta successivamente, rispetto ad ogni causa si possono avere effetti diversi in base a ciò che si verifica ed in merito all’effetto avrò gravità diverse:

funzione/componente/guasto/causa/effetto/ g / p / r / IPR = g x p x r (indice di priorità di rischio - livello critico)

Considerazioni riassuntive:
la FMEA è una tecnica di analisi preventiva perciò è un’analisi revisionale altamente soggettiva. La soggettiva è un elemento molto negativo in un’analisi ed in una valutazione che dovrebbero basarsi su dati di fatto. Esistono varie modalità operative per ridurre la componente soggettiva:

  • lavorare in team
  • valutare tutte le componenti
  • basare i giudizi su scale oggettive e preventivamente condivise
  • darsi un criterio iniziale per il livello critico IPR
  • confrontare i dati oggettivi con dati precedenti
  • definire le azioni con obiettivi, tempi e responsabilità
  • effettuare rivalutazioni a fronte di azioni
  • rivalutare periodicamente la FMEA in relazione all’evoluzione dei contesti

la FMEA va applicata con l’ausilio di un team interfunzionale che coinvolga tutti i punti di vista degli ambiti interessati dall’oggetto dell’analisi.
Secondo lo standard JCHAO l’analisi FMEA deve:

  • identificare le relative priorità ai processi ad alto rischio
  • selezionare annualmente almeno un processo ad alto rischio
  • identificare i possibili “eventi indesiderati”
  • condurre una Root Cause Analysis per gli effetti più critici
  • riprogettare il processo per ridurre i possibili rischi o per prevenire gli effetti
  • implementare il processo ridisegnato
  • implementare sistemi di misura dell’efficacia
  • implementare una strategia per mantenere nel tempo i risultati ottenuti

Per ogni evento indesiderato è possibile stimare:

  • l’effetto che l’evento indesiderato ha sul sistema
  • la probabilità che l’evento indesiderato si presenti
  • quali sono i mezzi a disposizione per accorgerci che c’è stato un evento indesiderato

 

Una buona FMEA

  • identifica gli eventi indesiderati potenziali e noti
  • ne identifica le cause e gli effetti
  • riesce a dare una scala di rischio ai diversi tipi di eventi indesiderati
  • fornisce gli strumenti correttivi per le azioni correttive/preventive e di follow-up dei potenziali eventi indesiderati

L’output più importante di una FMEA è l’indice
IPR ( Indice di Priorità di Rischio ):
IPR = g x p x r
g = gravità (impatto - danno dell’effetto dell’evento indesiderato)
p = probabilità (possibilità, frequenza teorica o misurata dell’evento indesiderato)
r = rilevabilità (la possibilità che abbiamo di accorgerci quando un evento
     indesiderato si produce – prima che provochi il danno)

E’ necessario definire una scala, chiara e condivisa, per i valori di g,p e r, in modo da rendere meno soggettivo il giudizio

ANALISI  FOGLIO  FMEA
Appunti da leggere osservando il foglio protocollo FMEA

Devo definire le singole fasi di ogni attività
Per ogni attività devo andare a vedere tutte le componenti che correlate con i soggetti potranno dare origine ad eventi indesiderati
Devo distinguere bene l’effetto dall’evento indesiderato altrimenti do punteggi sbagliati
La rilevabilità è afferente alla colonna “misure previste”: più alta è la possibilità di rilevare l’evento indesiderato, più il rischio è ridotto
La scala valori va da 1 a 10 per g,p e r.
La rilevabilità mi permette di distinguere la gravità perché è più facile abbattere il rischio se me ne rendo conto subito.
La gravità dipende da dove io sono ubicata nel processo.
Eventi e effetti vanno assolutamente separati.
Non si deve procedere per riga orizzontale ma in verticale nell’analisi degli eventi e degli effetti.
Mai lavorare da soli, i costi sono alti ma 3 o 4 persone devono essere presenti, devono essere rappresentati tutti i profili professionali appartenenti a quel processo nel lavoro di scomposizione iniziale di eventi e effetti. Successivamente nel gruppo allargato si condivide quanto fatto e si attribuiscono i punteggi: l’attribuzione va fatta in senso verticale, per uguale evento indesiderato, dare uguale punteggio di gravità ma se le componenti sono diverse devo confrontarli e decidere il punteggio.
Fatti questi passaggi, devo soffermarmi sugli IPR più elevati (è indispensabile lavorare con excell). Non posso affrontare tutto, quindi studio le cause solo degli IPR più rilevanti e farò una Root Cause Analysis quando avrò un punteggio alto. Tale analisi va alla radice delle cause e fa emergere solo errori rilevanti e significativi.
Lavorando in ambito sanitario la gravità andrà sempre considerata e misurata 9/10 in un processo vicino al paziente, 7/8 se in un processo distante dal paziente.
Una volta fatto il lavoro di analisi delle cause, si procede con l’individuazione dei provvedimenti raccomandati.
Infine sarà necessario condividere o con la Funzione di coordinamento o con la Direzione i risultati della FMEA e quali azione andiamo a mettere in atto; è inoltre utile prevedere gli eventuali costi ed informarne la funzione o la dirigenza.
La direzione dovrà confrontare il costo per affrontare l’evento, con il costo che conseguirà se l’evento si verificherà, valutare e fare delle scelte.
Per dire che l’attività FMEA è conclusa, bisogna andare a verificare se dopo un certo periodo di tempo la situazione si è modificata. E’ quindi indispensabile mettere in atto indicatori ogni volta che prevedo di mettere in atto azioni di contenimento.
Successivamente rivaluto il tutto e vedo se l’ IPR è abbattuto o no.
La Joint Commission suggerisce di non limitarsi a verificare  per un solo anno ma di proseguire nelle verifiche annualmente, con continuità. Tra gli obiettivi della Direzione ci sarà quello di “aumentare” ogni anno il numero dei processi sotto controllo.
Ricordare sempre l’importanza di tutte le fonti informative, prestare attenzione ai componenti, garantire la multi-professionalità degli operatori coinvolti nel processo.

 

Fonte: http://www.studiovgf.com/word/appunti%20Balestra.doc

Sito web da visitare: http://www.studiovgf.com/

Autore del testo: Mastrocola), Balestra Rapellino

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