Arte il Futurismo

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Arte il Futurismo

Il Futurismo
Il Futurismo è un’Avanguardia storica di matrice totalmente italiana. Nato nel 1909 grazie al poeta e scrittore Filippo Tommaso Marinetti, il Futurismo divenne in breve tempo il movimento artistico di maggior novità nel panorama culturale italiano. Si rivolgeva a tutte le arti, coinvolgendo poeti, pittori, scultori, musicisti e così via, proponendo in sostanza un nuovo atteggiamento nei confronti dell'arte. Ciò che il Futurismo rifiutava era il concetto di un’arte élitaria e decadente, confinata nei musei e negli spazi della cultura aulica. Proponeva invece un balzo in avanti per esplorare il mondo del futuro, fatto di parametri quali la modernità contro l’antico, la velocità contro la stasi, la violenza contro la quiete e così via. In sostanza il Futurismo si connotò già al suo nascere come un movimento con due caratteri fondamentali:

  1. l’esaltazione della modernità;
  2. l’impeto irruento del fare artistico.

Il Futurismo ha una data di nascita precisa: il 20 febbraio 1909. In quel giorno infatti Marinetti pubblicò sul giornale parigino Le Figaro il Manifesto del Futurismo. In questo scritto sono già contenuti tutti i caratteri del nuovo movimento, sintetizzati in undici punti.
«1. Noi vogliamo cantar l’amor del pericolo, l’abitudine all’energia e alla temerità.
2. Il coraggio, l’audacia, la ribellione, saranno elementi essenziali della nostra poesia.
3. La letteratura esaltò fino ad oggi l’immobilità pensosa, l’estasi e il sonno. Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l’insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo e il pugno.
4. Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova: la bellezza della velocità. Un automobile da corsa col suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall’alito esplosivo… un automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bello della Vittoria di Samotracia.
5. Noi vogliamo inneggiare all’uomo che tiene il volante, la cui asta ideale attraversa la Terra, lanciata a corsa, essa pure, sul circuito della sua orbita.
6. Bisogna che il poeta si prodighi, con ardore, sfarzo e mugnificenza, per aumentare l’entusiastico fervore degli elementi primordiali.
7. Non v’è più bellezza, se non nella lotta. Nessuna opera che non abbia un carattere aggressivo può essere un capolavoro. La poesia deve essere concepita come un violento assalto contro le forze ignote, per ridurle a prostrarsi davanti all’uomo.
8. Noi siamo sul promontorio estremo dei secoli!… Perché dovremmo guardarci alle spalle, se vogliamo sfondare le misteriose porte dell’Impossibile? Il Tempo e lo Spazio morirono ieri. Noi viviamo già nell’assoluto, poiché abbiamo già creata l’eterna velocità onnipresente.
9. Noi vogliamo glorificare la guerra – sola igiene del mondo – il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertarî, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna.
10. Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d’ogni specie, e combattere contro il moralismo, il femminismo e contro ogni viltà opportunistica.
11. Noi canteremo le grandi folle agitate dal lavoro, dal piacere o dalla sommossa: canteremo le maree multicolori e polifoniche delle rivoluzioni nelle capitali moderne; canteremo il vibrante fervore notturno degli arsenali e dei cantieri incendiati da violente lune elettriche; le stazioni ingorde, divoratrici di serpi che fumano; le officine appese alle nuvole pei contorti fili dei loro fumi; i ponti simili a ginnasti giganti che scavalcano i fiumi, balenanti al sole con un luccichio di coltelli; i piroscafi avventurosi che fiutano l’orizzonte, le locomotive dall’ampio petto, che scalpitano sulle rotaie, come enormi cavalli d’acciaio imbrigliati di tubi, e il volo scivolante degli aeroplani, la cui elica garrisce al vento come una bandiera e sembra applaudire come una folla entusiasta».
In un altro suo scritto Marinetti dichiarò come doveva essere l’artista futurista.
«Chi pensa e si esprime con originalità, forza, vivacità, entusiasmo, chiarezza, semplicità, agilità e sintesi. Chi odia i ruderi, i musei, i cimiteri, le biblioteche, il culturismo, il professoralismo, l’Accademismo, l’imitazione del passato, il purismo, le lungaggini e le meticolosità. Chi vuole svecchiare, rinvigorire e rallegrare l’arte italiana, liberandola dalle imitazioni del passato, dal tradizionalismo e dall’Accademismo e incoraggiando tutte le creazioni audaci dei giovani».
Il fenomeno del Futurismo ha quindi una spiegazione genetica molto chiara. La cultura dell’'800 era stata troppo condizionata dai modelli storici. Il passato, specie in Italia, era divenuto un vincolo dal quale sembrava impossibile affrancarsi. Oltre a ciò la tarda cultura ottocentesca si era anche caratterizzata per il Decadentismo, che proponeva un’arte fatta di estasi pensose quale fuga dalla realtà nel mondo dei sogni. Contro tutto ciò insorse il Futurismo, cercando un’arte che esprimesse vitalità e ottimismo per costruire un mondo nuovo basato su una nuova estetica.
L’adesione al Futurismo coinvolse molte delle giovani leve fra gli artisti, tra cui numerosi pittori che nel giro di pochi anni crearono uno stile futurista ben chiaro e preciso. Tra di loro il maggior esponente fu Umberto Boccioni, al quale si affiancarono Giacomo Balla, Gino Severini, Luigi Russolo e Carlo Carrà.
Il movimento ebbe due fasi, separate dalla Prima guerra mondiale, il cui scoppio disperse molti degli artisti protagonisti della prima fase del Futurismo. Boccioni morì nel 1916 in guerra. Carrà, dopo aver incontrato De Chirico, si rivolse alla pittura metafisica e come lui fecero altri giovani pittori, come Mario Sironi e Giorgio Morandi, i cui esordi erano stati tra i  Futuristi.
Nel Dopoguerra il carattere di forza virile di questo movimento finì per farlo integrare nell’ideologia del fascismo, esaurendo così la sua spinta rinnovatrice per essere assorbito paradossalmente negli schemi di una cultura ufficiale e reazionaria. Questa sua adesione al fascismo ne ha molto limitato la considerazione critica da parte della cultura italiana successiva, che ha visto questo movimento come qualcosa di folkloristico e provinciale. La sua rivalutazione sta avvenendo solo da pochi anni e dopo che soprattutto la storiografia inglese ha riscoperto questo fenomeno artistico. Il Futurismo tuttavia, nonostante il suo limite di essere un movimento solo italiano e non internazionale, ha esercitato una influenza notevole nel dibattito artistico di quegli anni, contribuendo in maniera determinante alla nascita delle Avanguardie russe, come il Cubofuturismo, il Suprematismo e il Costruttivismo.
Uno dei tratti più tipici del Futurismo è proprio la grande produzione di manifesti. Attraverso questi scritti gli artisti dichiaravano i propri obiettivi e gli strumenti per ottenerli. Essi risultano quindi molto importanti per la comprensione del Futurismo. Da essi è possibile non solo valutare le intenzioni degli artisti, ma anche in che misura le intenzioni si sono attuate nella loro produzione reale.
Il primo Manifesto sulla Pittura Futurista risale al 1910. A firmarlo furono Boccioni, Carrà, Russolo, Severini e Balla. In esso non si va molto oltre le semplici enunciazioni di principi, che ricalcano gli obiettivi fondamentali del movimento. Si ribadisce il rifiuto del passato, dell’Accademismo, delle convenzioni e delle imitazioni.
Molto più interessante è il secondo manifesto, che gli stessi artisti redassero l’anno successivo, datato 11 febbraio 1911. In La pittura futurista. Manifesto tecnico si legge:
«Il gesto, per noi, non sarà più un momento fermato del dinamismo universale: sarà, decisamente, la sensazione dinamica eternata come tale.
Tutto si muove, tutto corre, tutto volge rapido. Una figura non è mai stabile davanti a noi, ma appare e scompare incessantemente. Per la persistenza delle immagini nella retina, le cose in movimento si moltiplicano, si deformano, susseguendosi, come vibrazioni, nello spazio che percorrono. Così un cavallo da corsa non ha quattro gambe: ne ha venti, e i loro movimenti sono triangolari».
In questo passo si coglie già uno dei fondamenti della pittura futurista: l’intenzione di rappresentare non degli oggetti statici ma in continuo movimento. E soprattutto cercando di rappresentarli, dando l’idea del loro dinamismo. La sensazione dinamica doveva ricercarsi moltiplicando le immagini, scomponendole e ricomponendole secondo le direzioni del loro movimento.
Più oltre segue un passo che ci fornisce un altro dei parametri fondamentali della pittura futurista.
«Lo spazio non esiste più; una strada bagnata dalla pioggia e illuminata da globi elettrici s’inabissa fino al centro della terra. Il Sole dista da noi migliaia di chilometri; ma la casa che ci sta davanti non ci appare forse incastronata nel disco solare? […] Le sedici persone che avete intorno a voi in un tram che corre sono una, dieci, quattro tre: stanno ferme e si muovo; vanno e vengono, rimbalzano sulla strada, divorate da una zona di sole, indi tornano a sedersi, simboli persistenti della vibrazione universale. E, talvolta, sulla guancia della persona con cui parliamo nella via noi vediamo il cavallo che passa oltre. I nostri corpi entrano nei divani su cui ci sediamo, e i divani entrano in noi, così che il tram che passa entra nelle case, le quali alla loro volta si scaraventano sul tram e con esso si amalgamano».
«I nostri corpi entrano nei divani, e i divani entrano in noi»: la frase esprime con estrema chiarezza uno dei tratti più tipici del Futurismo: la scelta di intersercare le immagini, arrivando ad una rappresentazione di sintesi dove tutte le cose si compenetrano tra loro, creando un nuovo tipo di spazialità.
Parte del manifesto è ovviamente dedicata allo stile, affermando che la nuova pittura deve basarsi sulla scomposizione del colore già attuata dai Divisionisti. Ma il Divisionismo deve essere solo uno strumento, non un fine della rappresentazione. La scomposizione dei colori (che viene definita complementarismo congenito) non solo deve esaltare la sensazione di dinamicità, ma contribuire a quella nuova spazialità dove è proprio la luce, insieme al moto, a far compenetrare gli oggetti tra loro.
Il manifesto si conclude con una sintesi finale espressa in quattro punti:
«NOI PROCLAMIAMO:
1. Che il complementarismo congenito è una necessità assoluta nella pittura, come il verso libero nella poesia e come la polifonia nella musica;
2. Che il dinamismo universale deve essere reso come sensazione dinamica;
3. Che nell’interpretazione della Natura occorre sincerità e verginità;
4. Che il moto e la luce distruggono la materialità dei corpi».
La pittura futurista ha molte analogie e qualche notevole differenza con il Cubismo. Il Cubismo scomponeva l’oggetto in varie immagini e poi le ricomponeva in una nuova rappresentazione. Il Futurismo non intersecava diverse immagini della stessa cosa ma direttamente diverse cose tra loro. Il risultato stilistico a cui si giungeva era però molto simile ed affine. Del resto non bisogna dimenticare che gli artisti futuristi erano ben a conoscenza di ciò che il Cubismo faceva in Francia. Non solo perché il Futurismo nacque, di fatto, a Parigi con Marinetti, ma anche perché uno di loro, Gino Severini, viveva ed operava nella capitale francese.
Ciò che invece distinse i due movimenti fu soprattutto il diverso valore dato al tempo. La dimensione temporale era già stata introdotta nella pittura dal Cubismo. Ma si trattava di un tempo lento, fatto di osservazione, riflessione e meditazione. Il Futurismo ha invece il culto del tempo veloce. Del dinamismo che agita tutto e deforma l’immagine delle cose.
È proprio la velocità il parametro estetico della modernità. Del resto il mito della velocità per il Futurismo ha degli impeti quasi religiosi. Disse Marinetti in un suo scritto: «Se pregare vuol dire comunicare con la divinità, correre a grande velocità è una preghiera».
Nei quadri futuristi la velocità si traduceva in linee di forza rette: davano l’idea della scia che lasciava un oggetto che correva a grande velocità. Mentre in altri quadri, soprattutto di Balla, la sensazione dinamica era ricercata come moltiplicazione di immagini messe in sequenza tra loro. Così che le innumerevoli gambe che compaiono su un suo quadro non appartengono a più persone, ma sempre alla stessa bambina, vista nell’atto di correre (Bambina che corre sul balcone).

 

Fonte: https://www.lsgalilei.org/attachments/article/176/I.%20Storia%20dell'Arte.doc

Sito web da visitare: https://www.lsgalilei.org/ e www.francescomorante.it

Autore del testo: F.Morante

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