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Il Romanticismo
Il Romanticismo è un movimento artistico dai contorni meno definiti rispetto al Neoclassicismo. Benché si sia affermato in Europa dopo che il Neoclassicismo ha esaurito la sua vitalità, ossia intorno al 1830, in realtà era nato molto prima. Le prime tematiche, che lo preannunciavano, sorsero già verso la metà del XVIII secolo. Esse tuttavia rimasero in incubazione durante tutto lo sviluppo del Neoclassicismo per riapparire e consolidarsi solo nei primi decenni dell’'800. Il Romanticismo ha poi cominciato ad affievolirsi verso la metà del XIX secolo, anche se alcune sue suggestioni e propaggini giungono fino alla fine del secolo.
Il Romanticismo è un movimento che si definisce bene proprio confrontandolo con il Neoclassicismo. Mentre il Neoclassicismo dà importanza alla razionalità umana, il Romanticismo rivaluta la sfera del sentimento, della passione ed anche della irrazionalità. Il Neoclassicismo è profondamente laico e persino ateo; per contro il Romanticismo è un movimento di grandi suggestioni religiose. Il Neoclassicismo aveva preso come riferimento la storia classica; il Romanticismo invece guarda alla storia del Medioevo, rivalutando questo periodo che fino ad allora era stato considerato buio e barbarico. Infine, mentre il Neoclassicismo impostava la pratica artistica sulle regole e sul metodo, il Romanticismo rivalutava l’ispirazione e il genio individuale.
È da considerare inoltre che, mentre il Neoclassicismo è uno stile internazionale e in ciò rifiuta le espressioni locali considerandole folkloristiche ossia di livello inferiore, il Romanticismo si presenta con caratteristiche differenziate da nazione a nazione. Così di fatto il Romanticismo inglese risulta differente da quello francese, italiano o tedesco, e così via.
Il Romanticismo in realtà, a differenza del Neoclassicismo, non è uno stile, in quanto non si fonda su dei princìpi formali definiti. Esso può essere invece considerato una poetica, in quanto, più che alla omogeneità stilistica tende alla omogeneità dei contenuti, che sono sintetizzabili in quattro grandi categorie:
La categoria estetica del Neoclassicismo è stata sempre e solo una: il bello. Il bello è qualcosa che deve ispirare sensazioni estetiche piacevoli, gradevoli, e per far ciò deve nascere dalla perfezione delle forme, da armonia, regolarità, equilibrio, eccetera. Già dalle sue prime formulazioni teoriche presso gli antichi greci il bello conserva al fondo una regolarità geometrica che è il frutto della capacità umana di immaginare e realizzare forme perfette. Pertanto nella concezione propriamente neoclassica il bello è la qualità specifica dell’operare umano. La natura non produce il bello ma produce immagini che possono ispirare due sentimenti fondamentali: il pittoresco o il sublime.
Il sublime conosce la sua prima definizione teorica nel 1756 grazie a E. Burke con un saggio dal titolo Ricerca filosofica sulla origine delle idee del sublime e del bello. Burke considera il bello e il sublime opposti tra loro. Il sublime non nasce dal piacere della misura e della forma bella né dalla contemplazione disinteressata dell’oggetto, ma ha la sua radice nei sentimenti di paura e di orrore suscitati dall’infinito, dalla dismisura, da «tutto ciò che è terribile o riguarda cose terribili» (per esempio il vuoto, l’oscurità, la solitudine, il silenzio: riprendendo questi esempi Kant dirà: «sono sublimi le alte querce e belle le aiuole; la notte è sublime, il giorno è bello»).
Immanuel Kant approfondisce il significato del sublime. Il sublime non deriva, come il bello, dal libero gioco tra sensibilità e intelletto, ma dal conflitto tra sensibilità e ragione. Si ha pertanto quel sentimento misto di sgomento e di piacere che è determinato sia dall’assolutamente grande e incommensurabile (la serie infinita dei numeri o l’illimitatezza del tempo e dello spazio: sublime matematico), sia dallo spettacolo dei grandi sconvolgimenti e fenomeni naturali, che suscitano nell’uomo il senso della sua fragilità e finitezza (sublime dinamico).
Il pittoresco è una categoria estetica che trova la sua prima formulazione solo alla fine del '700 grazie ad U. Price, che nel 1792 scrisse Un saggio sul pittoresco, paragonato al sublime e al bello. Tuttavia la sua prima comparsa nel panorama artistico è rintracciabile già agli inizi del '700, soprattutto nella pittura inglese e poi nel Rococò francese. Il pittoresco rifiuta la precisione delle geometrie regolari per ritrovare la sensazione gradevole nella irregolarità e nel disordine spontaneo della natura.
Il pittoresco è la categoria estetica dei paesaggi. Tutta la pittura romantica di paesaggio conserva questa caratteristica. Essa nel corso del '700 ispirò anche il giardinaggio, facendo nascere il cosiddetto giardino all’inglese. L’arte del giardinaggio nel corso del Rinascimento e del Barocco aveva prodotto il Giardino all’italiana, ossia una composizione di elementi vegetali (alberi, siepi, aiuole) e artificiali (vialetti, scalinate, panchine, padiglioni, gazebi) ordinati secondo figure geometriche e regolari. Il Giardino all’inglese rifiuta la regolarità geometrica e dispone ogni cosa in un’apparente casualità. Divengono elementi caratteristici di questo tipo di giardino i vialetti tortuosi, i dislivelli, le pendenze, la disposizione irregolare degli arbusti. Un altro elemento caratteristico del Giardino all’inglese è la falsa rovina.
Il sentimento della rovina è tipico della poetica romantica. Le rovine ispirano la sensazione del disfacimento delle cose prodotte dall’uomo, dando allo spettatore la commozione del tempo che passa. Le testimonianze delle civiltà passate, pur se vengono aggredite dalla corrosione del tempo, rimangono comunque presenti in questi segni del passato. E la rovina per lo spirito romantico è più emozionante e piacevole di un edificio o di un manufatto intero. Ovviamente nell’arte del giardinaggio, pur in mancanza di rovine autentiche, ci si accontentava di false rovine. Ossia di copie di edifici o statue del passato riprodotte allo stato cadente.
Uno dei tratti più caratteristici del Romanticismo è la rivalutazione del lato passionale e istintivo dell’uomo. Questa tendenza porta a ricercare le atmosfere buie e tenebrose, il mistero, le sensazioni forti, l’orrido e il pauroso. L’artista romantico ha un animo ipersensibile, sempre pronto a continui turbamenti. L’artista non si sente più un borghese ma inizia a comportarsi in modo anticonvenzionale. In alcuni casi diventa decisamente asociale e amorale. È disperato e maledetto, alimenta il proprio genio di trasgressioni ed eccessi.
L’artista romantico è un personaggio fondamentalmente pessimista. Vive il proprio malessere psicologico con grande drammaticità. E il risultato di questo atteggiamento è un arte che non di rado ricerca l’orrore, come alcuni quadri di Gericault che raffigurano teste di decapitati o le visioni allucinate di Goya come Saturno che divora i figli.
Dopo un secolo, il '700, che era stato fortemente laico ed anticlericale, l’arte romantica riscoprì anche la sfera religiosa; il fenomeno era iniziato già nel 1802 con la pubblicazione da parte di Chateaubriand de Il genio del Cristianesimo. Negli stessi anni iniziava, soprattutto grazie a von Schlegel e Schelling in Germania, una concezione mistica e idealistica dell’arte, intesa come dono divino. L’arte deve scoprire l’anima delle cose, rivelando concetti quali il sentimento, il religioso, l’interiore. Il primo pittore a seguire queste indicazioni fu il tedesco C. D. Friedrich.
Questo interesse per la dimensione della interiorità e della spiritualità umana portò il Romanticismo a preferire linguaggi artisti non figurativi, come la musica e la letteratura e la poesia. Queste infatti sono le arti che più di altre incarnano lo spirito del Romanticismo.
Sono diversi i motivi che portarono la cultura romantica a rivalutare il Medioevo. I principali sono tre:
Nel Medioevo la religione aveva svolto un ruolo fondamentale per la società del tempo. Forniva le coordinate non solo morali, ma anche esistenziali. Allo spirito della religione era improntata tutta l’esistenza umana. Questo aspetto fa sì che nel Romanticismo si guardi al Medioevo come ad un’epoca positiva, perché pervasa da un forte misticismo e spiritualità.
Inoltre la rivalutazione del Medioevo nasceva da un atteggiamento polemico sul piano politico. È da ricordare infatti che il Neoclassicismo nella sua ultima fase era divenuto lo stile di Napoleone e del suo impero. Di una entità politica cioè che aveva cercato di eliminare le varie nazioni europee per fonderle in un unico stato. Per le coscienze europee il crollo dell’Impero Napoleonico aveva significato soprattutto la rivalutazione delle diverse nazionalità che nel nostro continente si erano formate proprio nel Medioevo con il crollo di un altro impero sovranazionale: quello romano.
Il Neoclassicismo, nella sua perfezione senza tempo, aveva cercato di sovrapporsi alle diversità locali. Il Romanticismo invece vuole rivalutare la diversità dei vari popoli e delle varie nazioni, quindi guarda positivamente all’epoca in cui in Europa si era formata la diversità culturale: il Medioevo.
Il terzo motivo di rivalutazione del Medioevo nasce da un atteggiamento polemico nei confronti della Rivoluzione Industriale. Alla metà del '700 le nuove conquiste scientifiche e tecnologiche avevano permesso di modificare sostanzialmente i mezzi della produzione, passando da una fase in cui i manufatti erano prodotti artigianalmente a una in cui venivano prodotti meccanicamente con un ciclo industriale. La nascita delle industrie rivoluzionò molti aspetti della vita sociale ed economica. Permise di produrre una quantità di oggetti notevolmente superiore ad un costo notevolmente inferiore. Tuttavia, soprattutto nella sua prima fase, la produzione industriale portò a un peggioramento della qualità estetica degli oggetti prodotti.
Questa conseguenza fu avvertita soprattutto dagli intellettuali inglesi, che verso la metà dell’'800 proposero il rifiuto delle industrie per un ritorno all’artigianato. Il lavoro artigianale secondo questi intellettuali consentiva la produzione di oggetti qualitativamente migliori e inoltre arricchiva il lavoratore del piacere del lavoro, che nelle industrie non era possibile. Le industrie con il loro ciclo ripetitivo della catena di montaggio non creavano la possibilità per un lavoratore di amare il proprio lavoro, con la conseguenza della sua alienazione e dell’impoverimento interiore.
Sorsero così in Inghilterra delle scuole di arte applicata e di mestieri dette Arts and Crafts. In queste scuole venivano prodotti manufatti in modo rigorosamente artigianale, ma per questa loro caratteristica finivano per costare notevolmente in più rispetto alle analoghe merci prodotte dalle industrie. Tendenzialmente erano quindi destinate ad un pubblico ricco e di élite. E quindi non più alla portata proprio della classe operaia, che dalla Rivoluzione Industriale aveva tratto il beneficio di poter acquistare un maggior numero di oggetti perché più economici.
La risposta ai mali della Rivoluzione Industriale data dai movimenti di Arts and Crafts era anacronistica. E l’illusione di poter sostituire le industrie con l’artigianato si rivelò fallimentare. La giusta soluzione alla qualità della produzione industriale fu data solo alla fine del secolo dalla cultura che si sviluppò nell’ambito del Liberty. La soluzione fu la definizione di una nuova specificità estetica, l’industrial design, che avrebbe portato ad una nuova figura professionale: il designer.
Parallelamente ai gruppi di Arts and Crafts sorse in Inghilterra un movimento pittorico, che diede una ultima interpretazione del Romanticismo nella seconda metà dell’'800: i Preraffaelliti. Animato da Dante Gabriel Rossetti, si ripropose anche nel nome di far rivivere la pittura medievale, sviluppatasi appunto prima di Raffaello.
Fonte: https://www.lsgalilei.org/attachments/article/176/I.%20Storia%20dell'Arte.doc
Sito web da visitare: https://www.lsgalilei.org/ e www.francescomorante.it
Autore del testo: F.Morante
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