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INTRODUZIONE
L'arte oceanica, soprattutto in Nuova Guinea, è una tra le più ricche e variate delle arti tribali: ne sono presenti quasi tutti i principali generi artistici, anche se la scultura a tutto tondo non raggiunge mai i livelli di quella africana.
Gli elementi in comune da una parte all'altra del continente non sono poche, anche se l'arte è molto varia.
In assenza di materie prime, l'ingegnosità degli strumenti tecnici è spettacolare, questa potenza espressiva si otteneva senza:
Per la produzione di terrecotte
- SELCE Per produrre armi, spesso di conchiglia
della tridacna, resa tagliente con l'usura
Nonostante l'isolamento dell'Oceania dal resto del mondo, alcune opere fanno pensare a contatti con altre civiltà, molto più lontane, come ad esempio le statue dell'Isola di Pasqua, simili ad altre sculture nelle Ande centrali, e sempre in quest'isola, tavolette dipinte ricordano motivi melanesiani, ma anche le scritture primitive della valle dell'Indo.
Nei primi due secoli di contatti con l'occidente, le popolazioni dell'Oceania continuarono a mantenere le proprie tradizioni artistiche,
risalenti ancora a periodi preistorici, anche se purtroppo i reperti sono pochi, a causa dei materiali utilizzati, cioè legno, conchiglie, piume e creta, che non resistevano al clima tropicale.
Quando gli europei arrivarono, l' evoluzione dell'arte era ancora allo stato Neolitico, l'uso e la lavorazione dei metalli erano ancora sconosciuti.
L'Oceania è comunque ricca di sculture, dipinti e architetture, e vi fiorirono anche arti minori come la lavorazione della ceramica, la fabbricazione di stuoie e soprattutto la decorazione del corpo.
All'interno della lingua Maori non esistono parole che indichino dei prodotti destinati alla gratificazione estetica ed intellettuale, infatti, la maggior parte degli oggetti a cui vene attribuito un valore artistico, per loro assumeva solamente un aspetto pratico, e sono considerati preziosi solo perché tramandati di padre in figlio.
I "Taonga" sono considerati oggetti sacri, a cui viene attribuita un'identità ed una spiritualità; ciascuno essi possiede tre elementi:
-il MAURI (forza vitale)
-il MANA (prestigio)
-il KORERO(valore storico e mitologico)
Erano fattori che spesso prevalevano sull'abilità dell'autore nella valutazione dell'oggetto.
Nella cultura maori non esisteva la separazione tra la sfera materiale e quella spirituale, come invece accadeva per gli occidentali, e così anche la distinzione tra le arti pure e quelle applicate per le arti figurative da altre espressioni del talento creativo come le danze mimiche, i canti, le poesie e gli incantesimi rituali.
Esiste però una parola specifica per distinguere le arti figurative da altre forme artistiche: toi whakairo. Toi infatti è un antico vocabolo che si riferisce all'arte e alla cultura, alle origini mentre whakairo indica la decorazione (intaglio, tessitura, pittura, tatuaggio).
La storia del toi whakairo può dividersi ancora in due periodi:
-MONDO ANTICO
-NUOVO MONDO
La società e la cultura indigena subirono l'influenza della cultura europea
Si ritiene che i maori siano stati il popolo polinesiano più bellicoso, e che cinque secoli fa le tribù si fossero specializzate nell'arte della guerra. In battaglia usavano una clava patta detta patu, che maneggiavano con molta abilità. Intere comunità, clan non molto numerosi, vivevano in insediamenti collinari fortificati da fossati e palizzate, producendo armi per il combattimento corpo a corpo: clave, lance, tutte contraddistinte
per le eleganti lavorazioni in pietra, osso e in legno.
Alcuni di questi oggetti erano decorati con figure di guerrieri ostili e dai
volti segnati dai tipici tatuaggi.
I Maori erano soprattutto pescatori, e usavano adornare le proprie imbarcazioni da guerra con trofei e segni distintivi, conoscevano la tessitura della canapa della lana, e gli unici che sapessero lavorare i metalli.
Sono da ricordare le preziose scatole in giada, dove si ripropongono gli ornamenti in piume, asce da parata e i famosi pendenti chiamati hei tiki.
Il primo contatto tra Maori ed europei di cui si abbia notizia fu uno scontro avvenuto tra i guerrieri della regione Tai Tapu (Golden Bay) e i marinai di una nave della Compagnia olandese delle Indie occidentali, una spedizione guidate da Abel Tasman. In questa ed in altre spedizioni i pittori presenti a bordo dipinsero spesso delle waka taua, cioè un'imbarcazione dotata di scafi gemelli e di vele triangolari in tessuto, spesso dall' aspetto minaccioso e abbelliti da intagli e abbondanti motivi ornamentali sullo scafo e sull'attrezzatura.
L'analitizzazione e la raccolta della cultura maori e la ricerca dei taonga successive .
Le narrazioni orali, ricche e fantasiose, assieme agli scritti europei, consentono di costruire la iniziarono già durante la prima spedizione del capitano Cook, e vennero poi proseguite anche nelle esplorazioni storia del toi whakario prima della colonizzazione europea, illustrando un uomo guerriero ed una donna tessitrice.
Nel 1904 un trattato riconobbe ai maori lo stato di sudditi britannici, e da allora l'arte locale rifletté l'esperienza culturale della convivenza tra inglesi e maori: i waka taua, i simboli più prestigiosi dell'identità tribale, e le armi, gli utensili furono dimenticati; molta scuole d'intaglio scomparvero, e i maori cominciarono ad adattarsi allo stile di vita europeo, ad adottare vestiti e ornamenti occidentali.
Il principale elemento sopravissuto dalla nascita dei primi insediamenti umani ad oggi è il whare (casa), edificio di valore simbolico, dalle funzioni religiose e sociali, oltre che abitativo, costruito con cura e decorato da preziosi intagli.
Il whare, che si affaccia sul marae, cioè lo spazio aperto riservato al rito), è la quintessenza dell'identità tribale maori e non ha rivali nel suo ruolo di maggiore affermazione artistica e culturale in Nuova Zelanda. Le sue origini sono così antiche che i maori lo considerano nato nel mondo degli dei, per quanto gli studiosi siano riusciti a ricostruirne l'evoluzione, dalle prime manifestazioni polinesiane fino allo sviluppo di una variante locale originale e innovativa. La datazione al carbonio dei resti più antichi rinvenuti finora indica che la pianta rettangolare caratteristica del whare e il tetto a capanna che si allunga sulla parte anteriore fino a formare un portico erano elementi già diffusi attorno al 1180 d.C.
Con il passare del tempo, le proporzioni e la relazione tra le parti divennero fisse, mentre la struttura subì ulteriori modifiche .
L'arte dell' intaglio ricevette un nuovo impulso dall'introduzione degli arnesi in metallo nel periodo più recente dell'occupazione europea.
Stuoie intessute e pannelli a graticcio ornati da disegni decorativi, spesso opera di abili artigiani donne, contribuirono ad arricchire gli interni.
L'intaglio e la costruzione erano però compito di intagliatori esperti e di maggior prestigio, sotto la cui direzione furono fondate scuole tribali divisi da una forte rivalità. Ogni fase di lavoro era legata al rispetto dei tapu , cioè restrizioni, e per la sicurezza di tutte le persone coinvolte venivano compiuti rituali ben precisi, che comprendevano i sacrifici umani e le sepolture sul posto. Anche dopo aver portato a termine le cerimonie necessarie ,il whare veniva considerato per tutta la sua durata, 40-50 anni, vale a dire la durata di una generazione umana, come un'entità vivente e misteriosa, poiché oramai l'essenza della vita umana era trapassata nell'edificio stesso.
Oggi, gli intagliatori e i costruttori di whare accettano le novità dei materiali e del gusto delle nuove generazioni, purché queste non violino le regole della tradizione e dell'etichetta ;il New Zealand Maori Arts and Crafts Institute di Rotorua rappresenta dali1963 la maggiore istituzione per l'insegnamento delle arti arcaiche.
Verso la fine degli anni quaranta l'arte maori fu introdotta come materia d'insegnamento nelle scuole neozelandesi e giovani artisti indigeni furono avviati alla professione di insegnanti specializzati nelle arti e nei mestieri, incoraggiandoli ad acquisire competenza in tutte le forme artistiche classiche, senza però tralasciare lo studio e la sperimentazione di alcune delle più moderne tendenze europee.
L'architettura, secondo i canoni occidentali, è un disciplina che per ora solo pochi maori hanno sentito come vocazione. Jhon Scott, il primo dei maori formatosi in questo senso, ha ideato un progetto che,per la sua combinazione di valori maori e occidentali, viene considerato il punto di partenza per una cultura neozelandese originale.
Rewi Thompson si distingue per la creatività e l'audacia nei suoi progetti, tra le personalità più giovani.
A partire dal 1990 è emersa un'arte maori contemporanea. In alcuni film o i dipinti, il tema principale è il razzismo, altri, invece, rielaborano l'arte popolare maori nel tardo ottocento per ricavarne immagini poetiche e nostalgiche, ed altri ancora hanno scelto come tema gli anniversari dell'America e della Nuova Zelanda, entrambi celebrati nel 1992.
L'Isola di Pasqua ha un'importanza archeologica molto notevole, soprattutto per i singolari monumenti megalitici, ma anche per aver provato l'esistenza di un'antica forma di scrittura in Polinesia.
Si sa poco su questi popoli che scolpirono i megaliti e incisero tavolette lignee : alcuni studiosi ritengono che gli insediamenti risalgano a diciotto secoli fa. Dai ritrovamenti archeologici si deduce che le popolazioni sono di origine sudamericana, precisamente dalle isole Marchesi, e vi giunsero attraversando l'oceano in canoa , e, una volta arrivati, sterminarono gli abitanti.
I monumenti più grandi sono le piattaforme sepolcrali, chiamate ahu, usate per sostenere enormi statue megalitiche.
vista sul mare.Ogni ahu era costituita da blocchi in pietra, non cementati ma saldamente accostati, e sosteneva da quattro a sei statue, solitam-
ente. Un ahu, in particolare, chiamato Tongariki, ne sosteneva quindici.
Sull'isola vi sono seicento moai,grandi figure in pietra senza gambe, raffigurano enormi teste con orecchie e nasi allungati, con mani dalle dita sottili congiunte in basso. Probabilmente eranodi significato religioso, forse funerario. Il materiale per la costruzione delle statue proveniva dal vulcano Rano Tongaricki, attorno al quale cratere venivano spesso posizionati i moai, e recentemente due scienziati hanno scoperto una statua enorme, lunga 21m e purtroppo rimasta incompiuta.
Molte di queste statue collocate sulle piattaforme sepolcrali portavano corone cilindriche bordate di tufo rosso. Si ritiene anche che molti moai siano stati distrutti dagli stessi polinesiani durante violente lotte interne.
Sono state portate alla luce alcune grotte, contenenti resti di tavolette incise e numerose piccole sculture in legno. Le tavolette erano coperte da figure stilizzate e incise finemente, che probabilmente rappresentano una forma primordiale di scrittura ideografica.
La Nuova Guinea è un terzo delle terre emerse dell'Oceania, ed ha la popolazione più numerosa.
Si può fare una distinzione tra i molti stili artistici:
- quelli sviluppati nelle "terre alte" (le montagne al centro dell'isola)
- quelli delle pianure e delle coste
Gli abitanti della catena centrale praticano la decorazione del corpo, forse la più colorata del mondo, e gli esecutori di tatuaggi erano considerati come intagliatori d'oggetti.
Il tatuaggio era indice di prestigio e di alta condizione sociale, ripeteva motivi tradizionali.
In Polinesia era un segno di distinzione per le persone importanti.
La decorazione totale veniva effettuata solo nei luoghi dove il clima permetteva alle persone di esibirsi nude. La decorazione corporea veniva poi arricchita da copricapi o acconciature in piume, pitturando il viso e con ornamenti di corteccia dipinta.
Nell'Irian Jaya settentrionale e alla baia Geelviink, le prue delle canoe e i vari oggetti di uso abituale vengono decorati a rilievo , oppure con motivi a spirale traforati, gli stessi che vengono applicati sui korwar, ciè piccole figure in legno, alle quali vengono attribuiti poteri sopran- naturali .
A est della baia Geevliink vi sono sculture dall'aspetto umano , di grande semplicità, spesso inserite come decorazioni archi- tettoniche in costruzioni molto grandi.
Sulla costa meridionale della Nuova Guinea alcuni pescatori intagliano prue di canoe e pinnacoli a traforo, e la scultura a tutto tondo è più grande del vero. Per altre tribù, invece, la scultura consiste in intagli, spesso anche applicati a ricchi costumi che simboleggiano gli spiriti creatori, venivano utilizzati durante le processioni.
Nel golfo di Papuanesia, poco più ad est della Nuova Guinea, sono molto diffuse sempre le maschere, e l'intaglio.
Qui le maschere sono in vimini intrecciato, con il naso a becco tipico di questo continente,
altre sono di corteccia, su base di bambù, e altre ancora vengono realizzate con gusci di tartaruga. Anche le sculture in legno qui sono numerose, e così anche i loro stili. Anche la zona più centrale della Nuova Guinea è molto ricca ditradizioni artistiche. Vengono prodotte maschere in corteccia,le cui dimensioni possono raggiungere i sei metri d'altezza, e pitture su tapa. Poi, ogni oggetto di uso quotidiano o rituale, è intagliato o dipinto, e in genere si ispirano a figure umane o animali.
In Nuova Guinea l'architettura è di grandi dimensioni, per esempio le abitazioni sono spesso ricoperte di pitture vivaci su corteccia, il più delle volte sui frontoni.
Ovunque, non essendo ancora stato inventato il telaio, e non essendoci materiali simili al tessuto o alla carta e alla cartapesta, si ottenevano delle specie di papiri con lo spessore di una felpa, trattando foglie di palma e fibre vegetali , battendo o pressando la corteccia o il libro di alcuni alberi. Venivano utilizzati anche per vestiti, pannelli ornamentali, insegne, stendardi e a volte maschere, decorate con figurazioni espressive, a volte mostruose, usando bruni , rossi e bianco, i colori più comuni, stesi per netti contrasti, e soprattutto in questi posti si distinguono per l'accostamento di spirali e la composizione di figure di animali, uccelli, pesci e piante.
Erano delle maschere, statue ed altri oggetti raffiguranti antenati, per cerimonie dallo stesso nome, ed erano conservate nelle case degli spiriti, costruite in materiali vegetali e vivacemente decorate. Erano tipiche delle culture polinesiane, melanesiane, ma soprattutto papua.
Con piccole conchiglie, piume, scaglie di madreperla, si riuscì a realizzare, oltre che oggetti decorativi, anche volti, spesso raffiguranti divinità.
In Polinesia, Australia e in gran parte della Melanesia, sono rimaste sconosciute, a parte che nelle isole Mortolock. Queste maschere raggiungono una sorprendente varietà di forme, materiali e metodi di decorazione in Melanesia e in particolare in Nuova Guinea e nell' arcipelago di Bismark.
Vi sono vari tipi di maschere, per esempio quelle facciali sul fiume Sepik in Nuova Guinea, o quelle in stile Melannggann, spesso abbellite con pitture policrome, o le maschere di tartaruga delle isole dello stretto di Torres, fino alle gigantesche maschere hareiga, create in Nuova Guinea, non indossate in viso ma sostenute da molti portatori durante le cerimonie, tutti nascosti dietro il gigante.
I materiali più frequentemente usati per queste creazioni sono:
LEGNO
INTRECCIO
CORTECCIA
OSSA UMANE Modellati con argilla o sostanze resinose, abbelliti con dipinti
GUSCIO DI TARTARUGA
In questi arcipelaghi la scultura raramente è a sé, molto più spesso viene utilizzata per decorare case, canoe, armi e attrezzi. La scultura ha molti stili qui, e i più diffusi sono gli intagli ornamentali, applicati ad oggetti d'uso quotidiano
Tra i vari stili si distinguono i kapkap, ciè dischi di pietra, spesso tridacna, su cui poi viene applicato un ornamento a traforo ricavato dal guscio della tartaruga; erano usati soprattutto nelle isole Salomone, e sono di grande pregio.
Veniva utilizzato anche il gesso, per raffigurare probabilmente antenati, un culto molto diffuso in tutta l'Oceania.
La madreperla veniva finemente intarsiata, e nelle isole Trabriand rappresentavano figure antropomorfe. Anche il bambù veniva utilizzato per la decorazione pittografica.
La Melanesia è una delle tre grandi divisioni geografiche dell'Oceania, ed è abitata da gente molto diverse sotto il profilo razziale, ma con molti tratti in comune, come i capelli crespi, il tono scuro della pelle, e la forma allungata del cranio. L'attività più diffusa è l'agricoltura, vengono coltivate patate dolci e cereali, ma è praticata con mezzi primitivi, incendiando le terre boschive da coltivare e in modo estensivo.
I villaggi erano costituiti da capanne in legno, spesso su delle palafitte, e tra le quali si distinguevano grandi abitazioni, appartenenti ai capi tribù.
Sono presenti molti rituali, come ad esempio il rito d'iniziazione, sego del passaggio dalla gioventù all'età adulta, oppure le feste per la fine dei raccolti.
Tra le manifestazioni artistiche più importanti della Melanesia, sicuramente c'è la scultura in legno, caratterizzata da un rigoroso senso della decorazione: pali scolpiti a bassorilievo, oggetti incisi e dipinti con vivace policromia, maschere in corteccia lavorata o in gusciodi tartaruga. Ci fu anche uno sviluppo nella produzione di ceramiche , di maschere di fibra o piume o di scul-ture in felce arborea.
L'arte delle isole dell'Ammiraglio esiste grazie agli abili artigiani del popolo Manus, ed è quasi interamente dedicata ad oggetti d'uso pratico, spesso destinati ad essere barattati con altre popolazioni, ad esempio letti, gong, scodelle, armi e piccole scale, che presentano spesso una decorazione a figura umana o a forma di coccodrillo, e venivano prevalentemente dipinti di colore rosso, con piccoli motivi geometrici in bianco e nero.
Anche nella Nuova Irlanda predomina lo stile Melannggan, che è tra gli esempi più belli dell'arte oceanica, ricche di rappresentazioni antropomorfe e zoomorfe. Nell'altopiano centrale si incontrano anche gli uli, cioè delle figure ermafroditi con significato commemorativo. Qui e nella Nuova Britannia settentrionale si realizzano anche statue in pietra, grandi sculture in legno a traforo, bastoni per la danza e maschere coniche dai tratti somatici stilizzati, dipinte poi in bianco e nero.
Nelle isole Salomone settentrionali si creavano intagli rappresentanti figure umane stilizzate a bassorilievo, mentre, spingendosi verso l'interno, l'arte è più particolare per la predominanza della colorazione nera e l'utilizzo ancora più frequente delle conchiglie. Qui le sculture più diffuse sono figurette di spiriti protettori, originariamente applicate alle prue torreggianti delle canoe da guerra. Più a sud uccelli e pesci sono un motivo tipico, e spesso compaiono su scodelle cerimoniali per i riti di comunione con gli dei. Le costruzioni in cui si ripongono le canoe hanno pannelli intagliati con le figure delle divinità.
Sempre qui, durante i riti vanuatu, si utilizzavano maschere e figure commemorative, generalmente in legno, oppure in materiali reperibili, come il midollo delle felci.
Le sculture delle isole Banks sono caratterizzate da una serie di raffigurazioni molto drammatiche, oltre che da uno strano approccio con la natura, e con le proporzioni corporee, con teste esagerate, nasi enormi ed occhi a disco.
In Nuova Caledonia le arti visive si limitano a un numero ristretto di sculture, spesso impressionanti, con parrucche di capelli e costumi. La scultura serve come decorazione architettonica nelle case cerimoniali coniche, con grandi travi e stipiti incisi a motivi antropomorfi o geometrici.
Nelle isole Caroline, che costituiscono il settore occidentale, le grandi case degli uomini sono decorate con frontoni dipinti e con figure femminili. Le rare opere micronesiane a intaglio sono piccoli amuleti ornamentali da applicare alle prue, oltre che a contenitori intarsiati diconchiglia. La ceramica e la tessitura erano poco sviluppate, ma le testimonianze non sono da poco.
Sono inoltre da ricordare le statuet-te Nukuoro, con raffinati intrecci, oltre che alle maschere per la danza.
Questa statua in legno, realizzata intorno al 1779, rappresenta il dio della guerra hawaiano Kukailimoku, ed è decorata con piumecolorate,inserti di madreperla e denti di cane, è alta 103,5 cm è conservata al British Museum diLondra.
La Polinesia comprende le isole e gli arcipelaghi dell'Oceania situati ad oriente della Micronesia e della Melanesia.
Sono centinaia di isole disseminate nell'oceano Pacifico, tutte con u clima tropicale, mitigato dall'oceano e da una vegetazione lussureggiante. Tra le più note vi sono le Hawaii, le Samoa, le Tonga e le isole delle Società.
L'abitazione tipica dei Polinesiani è costituita da una grande capanna in legno, in genere di forma rettangolare con il tetto a due spioventi fatto di rami molto flessibili, su cui vengono poi fissate foglie di canna da zucchero. L'arredamento è ridotto al minimo indispensabile: stuoie tessute con foglie di cocco, gusci di noci di cocco come bicchieri e piatti, un pentolone di ghisa e gli attrezzi per la pesca. Attualmente, però, molti polinesiani vivono in edifici moderni, che hanno imparato a costruire dagli europei.
Fin da epoche remotissime i polinesiani hanno avuto una grande passione per la danza; ancora oggi essi, in particolari occasioni, manifestano la loro gioia ballando e cantando. Queste danze si svolgono sempre all'aperto, al suono di musiche melodiose, e i loro movimenti sono molto aggraziati; purtroppo non erano danze accompagnate da maschere, perché non erano molto diffuse sull'isola.
L'arte polinesiana viene considerata la più omogenea dell'Oceania, le figure antropomorfe sono semplificate, con ornamenti a motivi geometrici di piccole dimensioni.
Negli arcipelaghi occidentali delle Samoa, delle Figi e delle Tonga, le sculture sono rare, con l'eccezione di quest'ultimo arcipelago, dove sono presenti figurine in avorio dall'aspetto compatto e massiccio .Le armi e i poggiatesta sono estremamente eleganti e intarsiati i avorio.
Nelle cerimonie rituali dei Figi venivano utilizzate coppe dalla forma umana o animale, nelle isole Tonga l'intreccio di vimini è molto raffinata, come la lavorazione di stuoie nelle Samoa. Per usi rituali anche qui si producono grandi quantità di tapa, che venivano dipinti o stampati con vari motivi.
La Polinesia centrale comprende le isole Cook, Australi, Della Società (Tahiti) e Gambier, ed è molto ricca di statue , raffiguranti soprattutto gli dei, le più naturalistiche sono quelle provenienti da Mangereva, nelle Gambier, mentre tendono alla stilizzazione ad Aitutak e a Raratonga , nelle isole Cook, in quella della Società e nelle Australi.
Le divinità di Raratonga sono "dei-bastone" , culminanti in grandi teste stilizzate e con una serie di figure quasi astratte lungo il corpo, che termina con un fallo; in altre isole si trovano simulacri appuntiti a forma di clava con decorazioni verticali , formate da innumerevoli decorazioni astratte.
Le testimonianze più sorprendenti delle isole Australi sono dei tamburi decorati da più registri di immagini stilizzate.
Nelle isole Marchesi le sculture sono ricoperte da disegni geometrici: questa abitudine deriva dal costume locale di tatuare interamente il corpo. Le figure sono simili a quelle della Polinesia centrale e si ritrovano anche sugli ornamenti per orecchie in avorio e in tartaruga.
Le sculture in legno più numerose e meglio conservate dell'Oceania sono le grandi statue provenienti dai templi delle isole Hawaii, caratterizzate da una particolare aggressività dinamica, ottenuta distorcendo i tratti somatici. La ricchezza dell'arte locale sta anche nell'uso di abbondante di piume multicolori, applicate a disegni vivaci alla base in rete dei mantelli a mezzaluna o alle cappe dei nobili, oltre che agli elmi in vimini ed alle statue degli dei.
L'arte aborigena ha una storia lunga 50 000 anni, come dimostrano i più antichi dipinti su corteccia rinvenuti nelle regioni più remote dell'entroterra australiano, eseguiti molto prima che venissero alla luce le celebri incisioni rupestri di Lascaux e Altamira.
Sebbene l'arte aborigena abbia perduto il carattere sacro marcato delle prime pitture rupestri e sia stata adottata alle esigenze di tutti, anche la produzione aborigena contemporanea si basa sulla percezione mistica del mondo.
Il concetto di "età del sogno" è presente in tutta la cultura aborigena e non si riferisce solo ai miti della creazione e ai racconti fantastici che spiegano come i progenitori e gli eroi divini abbiano dato alla Terra l'attuale fisionomia, ma anche al paesaggio e allo stretto legame tra di esso e gli aborigeni.
Inoltre secondo credenze totemiche, gli spiriti degli antenati continuano a vivere negli individui di oggi, chiamandole identità sociali e responsabilità spirituali, influenzando così l'intelletto.
Sebbene si costruissero sin dall'antichità abitazioni e ripari con corteccia d'albero, talvolta decorate con simboli e motivi, la consuetudine di realizzare pittura su corteccia di modeste dimensioni , non si diffuse che verso la fine del XIX secolo, in risposta alle richieste dei colonizzatori europei che desideravano possedere esemplari di artigianato locale.
Oggi la pittura su corteccia trova espressione nel nord tropicale, ma l'importanza e lo stile dei disegni variano dalle diverse zone del territorio. In alcune regioni i dipinti presentano una tendenza più figurativa, mentre altri rivelano una predilezione per i motivi geometrici o si distinguono per lo sfondo nero su cui si stagliano le immagini.
Negli anni Settanta si affermò come primo centro di produzione dell'arte aborigena l'insegnamento di Papunya, fondato verso la fine degli anni Trenta per offrire accoglienza agli aborigeni del deserto, e che fin dall'inizio aveva prodotto oggetti intagliati e dipinti.
Nel 1971 arrivò un nuovo insegnante in una scuola che teneva lezioni d'arte ai bambini, conobbe due aborigeni adulti ai quali insegnò a usare i colori acrilici, e con i quali iniziò a decorare le pareti esterne della scuola con un grande murale, che conservava stile e iconografia delle pitture rupestri tradizionali.
Incoraggiati dal risultato, gli indigeni presero a dipingere su tavole, linoleum e altri tipi di superfici piatte. Dopo un anno l'attività aveva generato una serie di opere interessanti che raffiguravano l'età del sogno e riproducevano i disegni cerimoniali nel singolare stile "a punti e cerchi".
La produzione artistica di questa comunità ottenne in breve tempo importanti riconoscimenti. Poiché i dipinti acquisirono un valore crescente, venne fondata una cooperativa che si fece carico della commercializzazione delle opere e che oggi, oltre a possedere una galleria ad Alice Spring, tratta con organizzazioni di livello internazionale.
Città come Londra, Parigi, Francoforte e Los Angeles hanno ospitato mostre di rilievo organizzate da pittori di Papunya.
Il successo di questa località fornì un modello per altri insediamenti aborigeni del deserto occidentale e di altre regioni ma, mentre alcune comunità assorbirono subito gli insediamenti di Papunya, altre furono più restie a commercializzare e a svelare i disegni sacri a un pubblico che non
avesse superato l'iniziazione.
La maggior parte del lavoro veniva svolta dalle donne che eseguivano dipinti su tele di piccole dimensioni, opere che destarono l'interesse di antropologi, linguisti, e insegnanti europei.
Anche gli uomini si avvicinarono ben presto alla pittura, decorando dapprima le pareti e passando poi a dipingere su tele e tavole.
Nel 1985 anche gli artisti di Yuendumi fondarono una società per la vendita delle opere.
Verso l'inizio degli anni Ottanta, in una zona ancora più remota, lungo il margine del deserto occidentale, le comunità aborigene diedero il via ad un altro movimento pittorico che fonde i temi cristiani con la tradizione aborigena e la rappresentazione delle antiche età del sogno.
L'arte è caratterizzata dall'uso di minuscoli punti ed al ricorso a tinte come la porpora, rosa fluorescente, arancione e blu. Le superfici trasmettono così una sensazione di vivacità che rammenta il paesaggio aspro e impervio del deserto.
La comunità di Lajamanu, all'altra estremità del deserto occidentale, è uno degli insediamenti più isolati dell'Australia.
Il principale ostacolo allo sviluppo dell'arte locale non fu tuttavia la posizione geografica sfavorevole, bensì l'opposizione degli anziani. Quando questa venne meno, Lajamanu si trasformò in un importante centro artistico da cui provennero opere di notevole interesse, I dipinti migliori che riproducono elaborati arabeschi, furono eseguiti utilizzando una gamma cromatica limitata al bianco, al nero e al verde bottiglia.
I dipinti color ocra delle comunità Warmun di Turkey Creek, nel Kimberley orientale sono diventati celebri dopo la partecipazione alla Biennale di Venezia, all'interno del padiglione australiano di artisti come Quennie, McKenzie, Freddie Timms e Rover Thomas.
NgKurr è una piccola comunità aborigena sul confine settentrionale della Terra di Arnhem, che si distingue dagli altri centri artistici della regione perché non segue la tradizione della pittura su corteccia , ma preferisce usare i colori acrilici e la tela. Willie Gidjipi, che fa parte di questa comunità, si concentra sulla rappresentazione delle cerimonie di iniziazione e dei riti funebri. Le immagini mostrano armi, utensili, antenati dalle sembianze umane e animali e vari tipi di flora.
Le forme sinuose dei serpenti e l'uso di puntini per tratteggiare i contorni sono caratteristiche comuni anche alla produzione di comunità che vivono nelle regioni più meridionali.
La fioritura dell'arte locale degli ultimi venticinque anni non è avvenuta solo grazie agli aborigeni che appartenevano a comunità isolate ma anche per merito di quelli che, vivendo nei centri urbani, hanno voluto riscoprire la propria identità attraverso l'arte, e imponendosi in un contesto sociale e culturale che da troppo tempo emargina gli aborigeni.
Sono molte le fonti da cui traggono ispirazione: le opere infatti riprendono elementi dallo stile europeo mescolandoli a quelli indigeni, creando un linguaggio attento ai problemi sociali a politici, e interessante sotto stile figurativo.
Brenda Croft e Michael Riley, due fotografi, attirarono l'attenzione del pubblico internazionale ritraendo gli aborigeni, mettendo in luce la bellezza e la dignità delle persone , in polemica con le immagini dal sapore etnografico ancora in circolazione.
La produzione artistica aborigena, che suscita oggi nel mondo occidentale un interesse crescente, ha favorito la rinascita della cultura locale e ha spinto la comunità internazionale a interessarsi degli aborigeni e delle loro tradizioni.
Le arti figurative e l'architettura di derivazione europea prodotte nel continente dalla fine del Settecento ai giorni nostri, sono considerate un fenomeno distinto rispetto all'arte aborigena.
L'arrivo degli europei, dal 1788, quando il Nuovo Galles del Sud divenne una colonia penale britannica, segnò la nascita dell'arte e dell'architettura australiana. Verso la fine dell'800 la società australiana era già ad un alto grado di urbanizzazione, anche a causa dei bassi costi dei terreni. La distanza dall'Inghilterra fu per un lungo periodo considerata solamente geografica, e non culturale, ma tuttavia alcune correnti importate dall'Europa svilupparono identità regionali indipendenti. Fino alla metà dell'800 il predominio della cultura britannica
Era evidente, per esempio gli stili architettonici come il revival gotico e il neoclassico. Anche il contributo di immigrati di altre nazionalità fu utile per la diffusione di nuove correnti.
Nel XIX secolo si ebbero suggestioni tedesche nel campo dell'architettura, dell'urbanistica e della progettazione di giardini.
La seconda guerra mondiale favorì l'arrivo di molti europei, sottolineando il carattere cosmopolita della società australiana.
Verso la fine del XX sec. Nacquero nuove soluzioni, soprattutto architettoniche, grazie alla rivalutazione della tradizione indigena.
La prima fase di colonizzazione
I primi artisti che arrivarono in Australia in questo periodo di loro spontanea volontà erano per lo più tipografi, o illustratori specializzati in soggetti di storie naturale, e spesso facevano parte di missioni esplorative che avevano il compito di raccogliere informazioni sul territorio, sulla flora, la fauna e il clima. Si creò un legame tra arte e scienza che rappresenta anche ora un tratto importante della cultura coloniale.
La produzione artistica della prima fase di colonizzazione è costituito da libri illustrati e da stampe con temi di storia naturale, diretti al mercato britannico, mentre le testimonianze della colonizzazione si deve ai galeotti.
Nella colonia penale australiana l'architettura era antiquata rispetto allo stile regency in Gran Bretagna, ma l'architettura gregoriana voleva trasmettere al deportati valori di ordine, disciplina e armonia, attraverso la simmetria e la semplicità
Dopo il 1821, ai coloni furono concessi vari appezzamenti di terra. Le aree tenute a pascolo al di fuori degli insediamenti urbani diede il via ad una nuova colonizzazione. Al fine di incoraggiare l'emigrazione verso l'Australia, si fecero molti album illustrati, ritraendo ville cittadine e residenze di campagna, che testimoniano l'esistenza di un élite coloniale.
I due principali paesisti furono Martens e John Glover. Il primo fu anche compagno di viaggio di Charles Darwin, e questo spiega l'attenta osservazione della natura, nascosta a volte dietro le convenzioni di pittura a paesaggio. Vi furono architetti in stile regency, stile classico in Tasmania e anche stile gregoriano.
Alla scoperta di giacimenti auriferi nella colonia di Victoria vi furono profondi cambiamenti nella società coloniale. Così Melbourne si sostituì a Sydney come centro di produzione nell'arte coloniale.
William Wardell fu l'architetto di maggior talento della città di Sydney, dove fu esiliato.
A partire dagli anni '60 del XIX sec. I sobborghi di Melbourne e Sydney si riempirono di case a schiera con tipiche decorazioni a traforo in ghisa.
La crescita della società coloniale nell'ultima fase del suo sviluppo fu immortalata dalla fotografia, praticata da pochi professionisti.
I territori selvaggi e incontaminati attirarono l'attenzione di numerosi artisti coloniali sin dall'inizio della colonizzazione, ma solo negli anni '50 e '60 del XIX sec. Eugéne von Guérard si avventurò nelle regioni più remote dell'Australia orientale per dipingere grandi paesagi nella tradizione artistica tedesca.
Nei due decenni successivi nacquero diverse istituzioni artistiche nel Victoria e nel Galles del sud, e successivamente negli stati meno popolati.
Parallelamente si affermò una nuova borghesia urbana, che divenne la principale promotrice diarti attorno al 1880 .
La crescita economica degli anni '80 attirò in Australia molti artisti, e molti di essi contribuirono all'evoluzione di una variante locale dell'impressionismo, maturata all'interno della scuola di Heidelberg, che prese il nome da uno dei sobborghi di periferia di Melbourne dove gli artisti amavano dipingere "en plein air".
Nello stesso periodo si affermò uno stile pittorico e architettonico tipicamente australiano, che in seguito prese il nome di Federation Style.
Dopo la nascita della federazione nel 1913. Furono disegnati edifici molto originali in cui erano combinate figure geometriche con le strutture organiche, ma questa arte non si diffuse che dopo la seconda guerra mondiale.
Una conseguenza della guerra fu la commissione di edifici e sculture commemorative, eseguite da grandi artisti. Emil Soderston, ispirato all'art décò, fu tra i primi esempi di architettura moderna del sub-continente.
Il cambiamento più radicale e duraturo portato dal conflitto fu tuttavia u isolamento culturale volontario, in reazione al pesante tributo pagato dall'Australia al suo ingresso nella politica internazionale.
La tradizione pittorica paesistica continuò, poiché lo stesso paesaggio assunse un il simbolo di valori come libertà e democrazia per cui gli australiani avevano combattuto.
A Sydney negli anni Venti il modernismo faticò a imporsi sulle tendenze conservatrici, ma alcune donne seppero legarlo al nuovo stile di vita e alle innovazioni che interessarono la moda, la grafica e la decorazione d'interni. Le prime avanguardie si imposero negli anni '30 e '40 ed espressero una critica aperta alla ristrettezza di vedute della società australiana.
Malgrado il carattere cosmopolita della società australiana del dopoguerra, il paesaggio locale continuò a dominare nelle opere di artisti e architetti. Negli anni '40 e '50 molti pittori illustrarono l'aspro entroterra del paese, diedero un nuovo impulso alla paesaggistica ravvivandola mediante alcune caratteristiche formali dell'astrattismo internazionale.
Negli anni '60 , con la scuola di Sydney, alcuni architetti idearono progetti tesi a sfruttare l'effetto creato da tegole, mattoni vetrificati e legni naturali, instaurando un rapporto tra le costruzioni e l'ambiente circostante.
Verso la fine degli anni '70 l'influsso post-modernista sull'architettura acquisì sempre maggiore importanza, e la figura più illustre dell'architettura australiana è Glem Murcutt, la cui arte mostra un legame con il ragionalismo della scuola di Sydney. Le sue costruzioni prendono ispirazione dal patrimonio locale e si caratterizzano per la prevalenza di materiali naturali e per un rapporto organico tra l'edificio e il paesaggio.
Gli artisti si concentrano sulla ricerca dell'identità nazionale e sulla propria marginalità rispetto alla cultura e alla società occidentale grazie alle teorie del post-modernismo e post-colonialismo
Già negli anni '70, la differenza degli interessi artistici e degli stili portò a un movimento legato all'arte aborigena dell'Australia centrale e occidentale.
In tempi recenti sono nate avanguardie, più consapevoli, socialmente e politicamente: le loro opere si basano su concetti molto solidi.
Non si è nemmeno spento l'interesse per l'arte aborigena contemporanea.
Negli ultimi anni gli artisti più giovani si interessano all'arte asiatica che si affaccia sul pacifico.
Paul Gauguin visse l'infanzia in Perù, per poi andare in Francia, vivendo agiamente grazie ai vari mestieri che praticò, soprattutto quello trovato nella finanza. Nel 1883 decise di abbandonare il lavoro come agente di cambio per dedicarsi completamente alla pittura, anche a costo di abbandonare moglie e cinque figli.
Tempo prima fece amicizia con Pissarro, che gli diede l'occasione di entrare nel gruppo dell'impressionismo.
In seguito, Gauguin elaborò uno stile più personale, creando nuove forme, dando nuovi colori e nuovi significati alla realtà. S'ispira all'arte primitiva, in cui cerca la semplicità della cultura arcaica, dove si mescolano religione e superstizione, che si esprime con opere d'arte scarne, essenziali e quasi astratte, che probabilmente hanno significati nascosti, invece di imitare la realtà come nell'arte rinascimentale. Girò la Francia, Tahiti in Polinesia e le isole Marchesi, dove Gauguin ritrae la purezza incontaminata con occhio critico europeo.
I suoi quadri si caratterizzano per il rifiuto della prospettiva , per i colori evidenti e piatti e per i contorni scuri ce staccano la figura dal resto del quadro, accentuando la potenza espressiva come nella cultura polinesiana.
Nel1891, pieno di debiti e povero, salpò per i mari del sud e rimase ai tropici per il resto della sua vita.
Gauguin fu un precursore del fauvismo.
Fonte: http://ipertestiscuola.altervista.org/letteratura/temi/arteoceania.zip
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