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Picasso
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Considerato come il pittore più celebre del XX secolo. Egli non smise mai, fino all'ultimo attimo della sua vita, di produrre un'arte sconcertante e sovrabbondante, né di alimentare controversie e discussioni, come nessun altro artista aveva fatto fino ad allora. Era ritenuto da molti l'incarnazione stessa dello spirito del male teso a distruggere la tradizione artistica, ma già a partire dagli ultimi quindici o vent'anni della sua vita, per le nuove generazioni, egli non faceva più parte dell'avanguardia. Il mito della costante originalità e vigoria della sua arte, ampiamente sostenuto dalla stampa internazionale e dai suoi numerosi ammiratori, non poteva più nascondere il reale e sensibile inaridimento della sua vena creativa, soprattutto in ambito pittorico. In effetti, in confronto ai profondi sconvolgimenti che le sue opere avevano provocato nel campo dell'arte nella prima metà del Novecento, la sua più recente produzione appariva normale, se non addirittura conservatrice. Tuttavia, ciò non diminuisce la straordinaria importanza dell'artista negli anni 1907-14 e 1926-34, né il suo contributo decisivo allo sviluppo del cubismo e in seguito del surrealismo. Nella seconda metà del secolo, Picasso aveva solamente cessato di essere un artista rivoluzionario per divenire un simbolo remoto, senza più legami reali con le problematiche dell'arte. |
Fonte: http://www.scicom.altervista.org/storia%20sociale%20arte/GRANDI%20MAESTRI%20ARTE%20(appunti%20Stefania).doc
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Autore del testo: Tribenet
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Picasso (Pablo Ruiz Blasco y Picasso, detto Pablo), pittore spagnolo (Málaga 1881 - Mougins, Francia, 1973). Figlio di María Picasso López e di José Ruiz Blasco, professore di disegno alla Scuola d'arti e mestieri di Málaga, fu allievo del padre, dal 1895, alla Scuola di belle arti a Barcellona. Frequentò il cabaret “El Quatre Gats”, dove conobbe Nonell Monturiol, Casas, attraverso i quali venne a conoscenza del postimpressionismo francese nell'interpretazione dei peintres de la vie moderne, che caricavano l'indagine sociale di una accentuazione espressionistica (Toulouse-Lautrec, ma soprattutto Forain, Steinlen). Tale influsso è evidente, dopo le primissime prove accademiche di gusto realistico, nelle opere dipinte a Parigi, Madrid, Barcellona nel 1900-1901 (Donna in blu, Madrid, Museo d'arte moderna; Vecchia, Filadelfia, Museum of Art; La nana, Barcellona, Museo Picasso), improntate a un violento cromatismo e a una tecnica parzialmente divisionista. Tornato nel 1901 a Parigi, dove conobbe Max Jacob, dopo essere stato attratto dal simbolismo (Funerali di Casagemas, Museo d'arte moderna della città di Parigi), iniziò quello che fu chiamato il “periodo blu”, dipingendo prevalentemente esseri miserabili, immersi in un'atmosfera di desolazione e sintetizzati da un linearismo alla Gauguin, mentre la struttura plastico-cromatica rivela una prima attenta meditazione dell'opera di Cézanne (Donna con lo scialletto blu, Collezione privata, 1902), ma anche richiami alla grande tradizione spagnola, dal Greco a Velázquez (Celestina, Collezione privata, 1903). Stabilitosi definitivamente a Parigi nel 1904, nel Bateau-Lavoir, conobbe Apollinaire e si unì a Fernande Olivier. Iniziò qui il “periodo rosa ”, con scene di saltimbanchi (Famiglia d'acrobati, 1905, Göteborg, Konstmuseum), in cui una forte accentuazione simbolica viene tradotta in termini o arcaizzanti o classicistici (Donna col ventaglio, 1905, New York, Collezione Whitney; Due fratelli, 1906, Basilea, Museo di belle arti). Conobbe allora Matisse; dopo le prime esperienze come scultore, risalenti al 1901, creò il bronzo del Buffone (1905, Museo d'arte moderna della città di Parigi), collegandosi direttamente a Daumier e Degas. Fondamentale fu il ritorno in Spagna, a Gósol, nell'estate del 1906: colpito dalle deformazioni espressive dell'arte romanica e gotica catalana (di cui è evidente il ricordo nel Nudo su fondo rosso [Parigi, Museo dell'Orangerie] e nel famoso ritratto di Gertrude Stein [New York, Metropolitan Museum of Art]), fu tratto, forse su indicazione di Matisse, a meditare sulla sintesi espressiva, per rottura e incastro di piani, propria della scultura africana; e, dopo una lunga serie di prove, di rielaborazioni, di studi parziali, giunse alla creazione delle Demoiselles d'Avignon (dal nome del quartiere delle prostitute di Barcellona; 1906-1907, New York, Museum of Modern Art), opera fondamentale nella storia del cubismo, che unisce soluzioni cromatiche e formali di tipo arcaizzante dell'estremo “periodo rosa” alla definitiva rottura della rappresentazione tradizionale dello spazio tridimensionale, che non era stata incrinata nemmeno dalla violenza cromatica dei fauves. Dal 1907 (anno in cui conobbe Braque e Kahnweiler) al 1909 Picasso, partendo dalla lezione di Cézanne, svolse il suo lavoro di ristrutturazione e spiegamento bidimensionale delle superfici plastiche fondamentali in nudi maschili e femminili, nature morte, paesaggi (culminanti nel 1909 con quelli di Horta de Ebro), e attrasse nella propria orbita, oltre a Braque, anche Dufy e Derain. La seconda fase cubista, iniziata fra la primavera e l'autunno 1909 e destinata a protrarsi, in stretto sodalizio con Braque, fino al 1914, fu preannunciata dall'accentuata scomposizione dei piani e dall'incupirsi del colore (Donna con ventaglio, Mosca, Museo Puškin; Ritratto di Fernande, Düsseldorf, Museo; Donna in verde, Eindhoven, Museo) ed esplose nell'inverno-primavera 1909-1910 con la grande serie dei ritratti di Vollard (Mosca, Museo Puškin), Uhde(Londra, Collezione Penrose), Kahnweiler (Chicago, Art Institute) e dei Nudi seduti (Parigi, Collezione Salles; Londra, Tate Gallery). La frantumazione prismatica, quasi a minuti cristalli verdastri-grigi-bruni, dell'immagine plastica (polemicamente applicata alla tradizione del ritratto storicamente identificabile) giunge quasi all'astrazione, portando alle conseguenze estreme il rifiuto della convenzione di “natura”. Il discorso artistico di Picasso proseguì, in comune con Braque e dal 1911 con Gris, con la lunga serie di nature morte di oggetti d'uso (con trasparente riferimento a un “superamento di Cézanne”) e di figure con strumenti musicali. L'immissione nel contesto di lettere tipografiche e l'impiego di tecniche nuove (sabbiature) prepararono l'assunzione, dal 1912, del papier collé come obiettivazione materica delle sovrapposizioni ritmiche di piani-colore e, parallelamente, come ulteriore proposizione polemica contro il concetto tradizionale della tecnica pittorica. Picasso sottolineò questo secondo aspetto nella scultura, con le composizioni polimateriche (legno, tela, cartone) di “nature morte” e strumenti musicali, che preludono alle sperimentazioni dadaiste. L'assoluta libertà raggiunta nei confronti della “materia” nel senso più ampio (stimoli visivi e mentali, strutturazione formale, materiali d'impiego) e forse qualche interscambio con Matisse e Severini lo portarono dal 1913 (Donna in camicia in poltrona, Firenze, Collezione Pudelko) a una rinnovata ricchezza decorativa di piani cromatici. Biograficamente ciò corrispose alla nuova, felice stagione mediterranea (Céret, Avignone, Vaucluse) vissuta con la nuova compagna Marcelle Humbert (Eva). La morte di quest'ultima, nel 1916, gettò Picasso in una profonda crisi. L'anno dopo compì un viaggio a Roma, Napoli, Pompei con Cocteau, Diaghilev e Stravinskij per l'allestimento scenografico del balletto Parade di Satie (cui seguirono negli anni successivi altri allestimenti per i Balletti russi). In seguito conobbe e sposò Olga Khoklova, da cui nel 1921 ebbe il figlio Paulo. Fu una parentesi “reazionaria”: la ripresa di forme del “periodo rosa” (Arlecchino, 1917, Barcellona, Museo Picasso) preannunciò la fase del “ritorno all'ordine” neoclassico, in cui però la pesante espansione delle forme plastiche (Tre donne alla fontana, 1921, New York, Museum of Modern Art) e il dinamismo delle membra (Due donne in corsa sulla spiaggia, 1922, Collezione privata) conservano una carica di espressività polemica di cui sono assolutamente prive le innumeri imitazioni. D'altronde il gusto del “gioco” (che sempre più appare come la sostanziale alternativa dell'impegno tragico, “spagnolo”, del pittore) è chiaramente dimostrato dai paralleli stupendi ritorni, sia pure con una vaga patina spaziale-naturalistica, agli incastri cromatici dell'ultima fase cubista, 1913-1916, culminanti nei Tre musicisti (1921, Filadelfia, Museo d'arte) e nelle Nature morte con strumenti, posteriori al 1921. ln questo periodo Picasso visse d'estate sulla Costa Azzurra, soprattutto a Juan-les- Pins; conobbe e aiutò Miró. La Danse del 1925 (Londra, Tate Gallery) segnò l'abbandono di ogni illusione classicistica, il ritorno a una violenta deformazione espressiva, del tutto libera però dallo strutturalismo programmatico del cubismo “storico”. Formalmente, divenne sempre più complesso e ricco il rapporto fra piani spaziali e grafia continua in superficie. I sempre più frequenti contatti con il gruppo surrealista parigino si tradussero, dal 1928 in poi (“periodo di Dinard”), nella violenta sublimazione erotica delle immagini e intrecci di membra femminili, visti in chiave di simbolo fallico (con risultati che influenzarono profondamente l'arte inglese, da Moore a Sutherland), cui corrisposero in scultura — dopo una significativa fase (1929-1931) di ritorno dadaista-surrealista agli esperimenti del 1912-1913 — i grandi bronzi protostorico-erotici fusi dal 1931 nel castello-atelier di Boisgeloup. Indice di tale orientamento furono anche le prime grandi serie grafiche. In un crescendo mitico, alle donne- fallo si aggiunsero dopo il 1930 i simboli del toro e del minotauro, mentre aumentava la programmatica violenza strutturale e cromatica esercitata sulla figura umana. Nel 1934 Picasso ruppe con la moglie, in seguito a un precedente rapporto con Marie-Thérèse Walter.
Nel 1935 nacque la figlia Maïa. Dello stesso anno è l'incontro con Dora Maar. Alla crescente violenza drammatica del pittore sembrò dare giustificazione a posteriori lo scoppio della guerra di Spagna nel 1936. Già aderente alle istanze di sinistra dei surrealisti, Picasso si mise appassionatamente al servizio del governo repubblicano, curò la protezione e lo sfollamento da Madrid dei capolavori del Prado, incise la ferocissima satira, fra goyesca ed erotico-surreale, dei Sogni e menzogne di Franco, dipinse infine nel 1937 per il padiglione spagnolo dell'Esposizione universale di Parigi una delle sue opere più famose, Guernica (1937, fino al 1982 a New York, Museum of Modern Art, poi al Prado di Madrid, Casón del Buen Retiro), punto d'arrivo di tutte le sperimentazioni formali dopo il 1930. La violenza ormai crudele esercitata sulle figure femminili (le “donne-mostro”), anche della Maar e della figlia Maïa, e sulle cupe nature morte, con i frequenti simboli funerei del cranio e del bucranio, e che dà toni tragici anche al capolavoro della Pesca notturna ad Antibes (1939, New York, Museum of Modern Art), collega le opere fino al 1945 alla realtà europea, con singolari tangenze con le ultime opere di Klee, che Picasso visitò in Svizzera nel 1937. Il massimo impegno civile fu però raggiunto in scultura, già liberata Parigi, nell'Uomo con l'agnello del 1944 (piazza di Vallauris, Grasse), mentre un sospetto di formalismo è già nel Carnaio (1944-1945, New York, Collezione Chrysler), come, e ancor più, nei due tardi pannelli della Guerra e della Pace (1952, Vallauris). L'attività fino al 1945 e poco oltre fu l'ultima a incidere realmente sulla cultura pittorica europea (specie francese e italiana), dando origine al neocubismo (in realtà neopicassismo) dell'immediato dopoguerra. Da allora, al prevalere di nuove istanze culturali di origine diversa dall'avanguardia cubista, corrispose da parte di Picasso un definitivo ritorno al “gioco”, quasi simbolo di una conclamata perdurante vitalità fisica (donde un gusto gioioso per una vita- teatro clamorosamente pubblicizzata, con le nuove compagne, Françoise Gilot, da cui ebbe i figli Claude e Paloma, infine Jacqueline Roque, che sposò nel 1958). Con una produttività eccezionale (anche nella ceramica, dal 1947 nella residenza di Vallauris), Picasso riprese vorticosamente tutte le sue “maniere”, aggiungendovi un nuovo senso sontuoso, quasi barocco, della pasta cromatica e dell'intreccio formale, che ha forse i suoi risultati migliori negli interni delle sue successive residenze, la villa Californie a Cannes e il castello di Vauvenargues. Tipico di questo gioco, fra orgoglioso e autoironizzante, è il gusto di sfida insito (negli anni Cinquanta e Sessanta) nelle grandi serie di “variazioni” su celebri capolavori di Courbet (Damigelle sulle rive della Senna), Delacroix (Donne d'Algeri; 15 versioni, 1954-1955), Velázquez (Las Meniñas; 44 versioni, 1957), Manet (Le déjeuner sur l'herbe, 1960), in cui ancor vive robustamente la fondamentale vocazione dissacrante dell'artista.
La figura di Picasso è senza dubbio la più celebre, e anche la più discussa, dell'arte contemporanea. Se la straordinaria ricchezza delle sue esperienze stilistiche e l'innegabile abilità tecnica hanno fatto dubitare della sua sincerità di artista, tuttavia l'intera sua opera ha i caratteri della genialità e della vera arte, innovatrice e feconda al di là delle polemiche e delle mode. Alla sua morte la sua collezione personale di dipinti (con opere di Le Nain, Chardin, Courbet, Corot, Degas, Gauguin, Renoir, Rousseau, Matisse, Cézanne, Derain, Braque, Miró, Modigliani) è stata donata allo Stato francese. Il comune di Parigi ha deciso di ospitarla in un apposito Museo Picasso, allestito all'“Hôtel Salé”, appositamente ristrutturato e inaugurato nel 1985.
Fonte: http://digilander.libero.it/ricerchescolastiche/storiadellarte/files/picasso.doc
Sito web da visitare: http://digilander.libero.it/ricerchescolastiche
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
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