|
Nato da padre pisano e da madre veronese, Antonio Pisano (detto «il Pisanello») si forma nell'ambito di Verona, dove, nella seconda metà del XIV secolo, si è costituita una scuola di pittura con Turone e Altichiero da Zevio.
Suoi maestri sono Stefano da Verona (o da «Zevio», 1374/75 - dopo il 1438), uno dei rappresentanti dello stile «gotico internazionale», e Gentile da Fabriano. La Madonna della quaglia del museo di Castelvecchio a Verona, nella quale è avvertibile l'influenza di Stefano da Zevio e di Michelino da Besozzo, è la prima opera che gli si possa attribuire con certezza. Il tratto rapido e fluido, lo sfondo fiorito richiamano il mondo astratto e paradisiaco di Stefano, ma la disposizione dei fiori e degli uccelli mette già in evidenza quel sentimento della natura che avrebbe caratterizzato tutta l'opera del pittore. Tra i lavori giovanili - oltre ad alcuni disegni conservati a Parigi nel museo del Louvre (Vergine col libro, Animali, Diavoli) - vanno ricordati gli affreschi della Leggenda di sant'Eligio (Santa Caterina, Treviso), le quattro tavole delle Storie di san Benedetto (Galleria degli Uffizi, Firenze; museo Poldi Pezzoli, Milano) e, forse, la Madonna in trono di palazzo Venezia a Roma, che alcuni critici attribuiscono però a Stefano da Zevio. Tra il 1419 e il 1422, egli dipinge nel palazzo Ducale di Venezia alcuni affreschi (tra i quali Ottone davanti al padre Federico Barbarossa, nella sala del Maggior Consiglio, ben presto deterioratosi e perciò ridipinto da Alvise Vivarini), in collaborazione con Gentile da Fabriano (1370 c.ca-1427); gli affreschi sono andati perduti, ma se ne ritrovano gli echi in alcuni disegni conservati a Londra e a Parigi. C'è chi ha voluto vedere una partecipazione dell'artista anche nell' Adorazione dei Magi eseguita da Gentile da Fabriano nel 1423, a Firenze, per la cappella di Palla Strozzi in Santa Trinità (oggi alla Galleria degli Uffizi, Firenze.
Pittore cortese che incarna l'ideale estetico e spirituale della sua epoca, il Pisanello viene chiamato in tutte le corti dei signori dell'epoca. Lo si trova a Mantova, a Roma (e, di passaggio, a Firenze), a Ferrara, a Napoli, ecc. Tra il 1424 e il 1426, nella chiesa di San Fermo Maggiore a Verona, dipinge l'affresco dell' Annunciazione per il monumento funebre della cappella Brenzoni. Se la scelta del modello richiama Gentile da Fabriano, il tratto è quello di Stefano da Zevio; ma, più audace e più deciso, esso si sviluppa con uno sfoggio di virtuosismo nelle strutture leggere e aeree, ornate di rami fioriti. Alla stessa epoca risalgono gli affreschi eseguiti per il palazzo dei Gonzaga a Mantova e per il castello di Pavia, oggi scomparsi. Nel 1431-32, l'artista è a Roma, dove termina gli affreschi iniziati da Gentile da Fabriano in San Giovanni in Laterano, raffiguranti le Storie del Battista; anche questi ultimi sono stati distrutti nel Seicento e ne resta soltanto una riproduzione eseguita da Borromini. Nel 1432, alla morte di Gentile da Fabriano, il Pisanello eredita la sua bottega. È soprattutto nei ritratti e nei disegni che l'artista riesce a liberarsi dai vincoli gotici. Gli schizzi magistrali che raffigurano i personaggi del seguito dell'imperatore Sigismondo ( Dignitari imperiali ) anticipano certamente la creazione della sua opera maggiore: l'affresco della Partenza di san Giorgio, eseguito nel 1437-38 per la cappella Pellegrini della chiesa di Santa Anastasia a Verona. Esso descrive un momento angoscioso, quello che precede la battaglia contro il drago. Pallido e deciso, San Giorgio è raffigurato con un piede nella staffa, lo sguardo fisso sul suo avversario; un po' in disparte, la principessa, abbigliata sfarzosamente, ha un'espressione intensa. Il paesaggio immaginario, i cavalli e gli altri animali ritmano la composizione. Tutta l'opera è immersa in un'atmosfera di tragedia imminente, accentuata dal patibolo che campeggia sullo sfondo. La Visione di sant'Eustachio (National Gallery, Londra) appartiene allo stesso periodo; colti dal vivo, gli animali lasciano trasparire un'evidente ricerca di naturalismo da parte dell'autore. Sempre più legato alla corte dei Gonzaga di Mantova, il Pisanello si dedica all'attività di ritrattista mondano, eseguendo, oltre a un Ritratto dell'imperatore Sigismondo (Kunsthistorisches Museum, Vienna) di attribuzione controversa, il Ritratto di Lionello d'Este (Accademia Carrara, Bergamo), in gara con Jacopo Bellini, e il Ritratto di Margherita Gonzaga (1435 c.ca, Museo del Louvre, Parigi), che richiamano l'estetica della medaglia: i personaggi sono rappresentati di profilo, con il contorno grafico che determina le grandi masse del modellato e anche l'equilibrio degli spazi che costituiscono lo sfondo. Al gioco lineare caratteristico dello stile cortese si aggiungono una forza morale e una densità nuove.
Nel 1438-39, il Pisanello, allontanato da Verona per essersi schierato con i Gonzaga contro Venezia, crea, forse sotto gli influssi di Ghiberti, la prima medaglia del Rinascimento, quella di Giovanni VIII Paleologo, seguita da numerose altre; in particolare, ricordiamo quelle di Gian Francesco Gonzaga (1439), Filippo Maria Visconti (1440), Niccolò Piccinino (1441), Lionello d'Este (1442 c.ca-49), Sigismondo Novello Malatesta (1445), Vittorino da Feltre (1446), Ludovico e Cecilia Gonzaga (1447-48), Inigo d'e Alfonso d'Aragona (1448-49). Attraverso composizioni equilibrate e un impiego estremamente libero del metallo, egli tende a rivelare i tratti psicologici dei suoi modelli, benché idealizzati, mentre dà libero corso alla fantasia nelle allegorie del rovescio. Nel 1440, è documentata la presenza dell'artista a Milano; alcuni critici ritengono che possano essere attribuiti a lui gli affreschi dei Giuochi, in casa Borromeo. Nel 1448, egli è a Napoli, e da questo momento esistono soltanto indicazioni piuttosto incerte sulle sue vicende. Una delle ultime opere è certamente la Madonna con i santi Antonio abate e Giorgio (National Gallery, Londra), risalente al 1447-48. Pisanello non è soltanto un pittore cortese, un grande ritrattista e uno dei maggiori medaglisti del Quattrocento italiano; è soprattutto un osservatore della natura, che egli rappresenta nei suoi disegni (in particolare raffiguranti animali) con un'incomparabile delicatezza espressiva. Uomo capace di anticipare i futuri sviluppi artistici, egli si stacca dal formalismo decorativo e dalla magniloquenza della tarda arte gotica attraverso un sentimento lirico e poetico, una forza esoterica e una profonda vita interiore che lo avvicinano agli umanisti del Rinascimento.
|