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Tiziano matura uno stile personale dei colori, che vengono stesi in modo rapido e talvolta impreciso, senza disegni preparatori: il risultato è l'immediatezza e l'espressività, le figure sono accennate ma più vive e reali.
Agli inizi della sua carriera artistica Tiziano dipinse molte scene di vita pastorale idilliaca (ninfe e pastori) influenzato soprattutto da Giorgione.
Molti quadri di questo periodo sono di difficile attribuzione in quanto a volte Tiziano completava i quadri iniziati da Giorgione.
Il pittore dipinse anche molte immagini di donne bellissime e sensuali, di solito con lunghi capelli sciolti che ricadono sulle spalle nude e per la maggior parte hanno anche qualche accessorio simbolico o allegorico.
Non considerati ritratti, ma generiche esaltazione della bellezza femminile, queste tele erano piuttosto in voga a Venezia all'inizio del Cinquecento e si suppone che alcuni potrebbero rappresentare o alludere alle prostitute per cui la città era famosa.
Tiziano fu uno dei più prestigiosi ritrattisti e sicuramente il più influente, dato che andò oltre la formula del mezzo busto che era predominante nel XV secolo.
Spesso introduceva accessori nei suoi ritratti, come un cane od uno strumento musicale e la posa delle sue figure era molto naturale.
La maggior parte dei ritratti giovanili del pittore ha come soggetto personaggi sconosciuti, ma quando la sua fama crebbe, dipinse i più importanti uomini d'Europa.
Il pittore realizzò disegni, anche se molto rari, usando il gessetto, il carboncino, la penna e l'inchiostro con grande vigore.
Alcuni di questi disegni sono studi preparatori per dipinti, anche se secondo le testimonianze del tempo lavorava direttamente sulla tela senza alcuno schizzo preliminare.
Ci sono anche dei paesaggi molto rifiniti attribuiti a Tiziano che sono all'apparenza opere indipendenti e la cui autenticità è oggetto di numerosi dibattiti.
Realizzò anche notevoli xilografie, alcune molto grandi e fatte con numerosi blocchi.
Tiziano realizzò anche molte opere a carattere religioso, come la Vergine ed il Bambino o i Santi.
Nei primi lavori il pittore ambientò le sue figure in paesaggi bellissimi.
Si dedicò anche ad una serie di sette scene mitologiche intitolata Poesie dipinte per Filippo II di Spagna tra il 1550 e il 1562.
Dipinto ad olio su tela realizzato nel 1513 e conservato alla Galleria Borghese a Roma.
La tela raffigura due donne, una vestita e una nuda, che siedono all'estremità di una fontana di pietra riccamente scolpita dietro la quale si vede un paesaggio illuminato da un tardo sole pomeridiano. Le due donne, di simile perfezione, sono somiglianti e potrebbero sembrare la stessa persona. La figura a sinistra simboleggia la "felicità breve in terra", con l'attributo del vaso di gioie e l'altra a destra la "felicità eterna e celeste", con in mano la fiamma ardente dell'amore di Dio. L'impianto rispecchia quindi la concezione neoplatonica secondo la quale la bellezza terrena è specchio di quella celeste e la sua contemplazione prelude alla perfezione ultraterrena. L'amor profano, ammantato di rosso, è raffigurato in piena luce, mentre l'amor sacro è fasciato da ricche vesti e si staglia contro uno sfondo ombroso: il bilanciamento luministico, cromatico e compositivo assume quindi anche un preciso significato simbolico.
Lo stemma sulla fontana è quello di Niccolò Aurelio, un politico veneziano, e probabilmente il dipinto è stato commissionato da lui in occasione delle sue nozze con Laura Bagarotto nel 1514.
Il titolo, indice di una lettura moralistica non propria dell'autore, è di epoca settecentesca e contrasta con l'acclarato intento dell'autore di esaltare l'amore nell'entrambe le sue forme e di affermare che la contemplazione della bellezza del creato non allena la capacità di percepire la perfezione divina ma anzi la amplifica.
L’Assunta
Dipinto ad olio su tavola realizzato tra il 1516 e il 1518 e conservato nella chiesa di Santa Maria Gloriosa dei Frari a Venezia.
In basso sono rappresentati gli apostoli, che hanno le braccia rivolte al cielo, eccetto San Pietro, dalle mani giunte. Gli sguardi sono rivolti all'unanime verso Maria che si libra tra loro e Dio, in piedi su una nube, circondata dai cherubini festosi e danzanti.
Accanto a Dio che l'attende, uno dei due cherubini stringe in mano la corona della gloria divina. È bene sottolineare che nella iconografia tradizionale la Madonna svegliatasi dalla dormitio (ossia dalla sua morte apparente) si ricongiunge al Figlio, e non a Dio Padre, che nella tela è in controluce rispetto allo splendore del cielo che illumina la parte superiore della scena.
La Vergine è in tensione verso il cielo, con le mani levate in alto e il volto in estasi; la veste è molto naturalistica.
L'uso del colore e della luce ci proiettano realisticamente nella scena. Questa pala ha indubbiamente decretato il successo di Tiziano a Venezia. Secondo fonti attendibili, alla scopritura della tela avrebbe assistito un emissario dell'imperatore Carlo V, il quale intimò ad un frate di volerlo acquistare nel caso avessero voluto rimuoverlo.
Nel 1818 il dipinto fu spostato all'Accademia, il museo principale di Venezia, ma nel 1919 fu riportato nel luogo originale.
Sacra conversazione con i donatori di Pesaro
Nota anche come Pala di Pesaro, è un dipinto ad olio su tavola realizzato tra il 1519 e il 1526 e conservato nella basilica di Santa Maria gloriosa dei Frari a Venezia.
Quest’opera raffigura la Madonna in trono col Bambino fra i Santi Pietro, Francesco e Antonio e la famiglia committente. La Madonna è sulla destra, sulla diagonale, in evidenza. Lo spazio è complesso, come suggeriscono le ampie colonne, tra le quali due angeli innalzano una croce su una nuvola, i diversi piani e le immagini dei committenti. Nella bandiera le insegne dei Pesaro e dei Borgia. I santi sono rappresentati senza alcuna gerarchia, in modo molto naturale. Attraverso vari gradi di luce, i volti assumono moltissime sfumature, i panneggi sono cangianti, i colori contrapposti tra chiari e scuri. L'effetto è quello di grande realismo e di centralità della Vergine.
Bacco e Arianna
Dipinto ad olio su tela realizzato tra il 1520 ed il 1523 e conservato alla National Gallery di Londra.
L'opera è firmata "TICIANUS F." sulla brocca in basso a sinistra.
Questa tela raffigura una scena mitologica commissionata da Alfonso I d'Este, duca di Ferrara, per il suo Camerino d'alabastro: Bacco e Arianna si incontrano nell'isola di Naxos.
Arianna, figlia del re Minosse di Creta, che è stata abbandonata dal suo amante Teseo, la cui nave in partenza è raffigurata in un piccolo dettaglio, incontra il Dio del vino su un carro trainato da ghepardi con il suo seguito festante.
Tra questi vi è Sileno, un dio rurale e seguace di Bacco, raffigurato ubriaco sulla schiena di un asino sostenuto da satiri. I suoi capelli sono ornati di edera, pianta a lui sacra. Inoltre sono presenti Lacoonte e le menadi. Tra i vari satiri spicca il satiro mantenitore del tirso, insegna di Bacco, raffigurato dietro a Lacoonte al margine destro della tela.
Bacco salta dal suo carro e promette ad Arianna l'immortalità attraverso l'amore. L'immortalità consiste nella costellazione della Corona boreale, raffigurata in alto a sinistra, in cui Bacco tramuterà Arianna.
Venere di Urbino
Dipinto ad olio su tela realizzato nel 1538 e conservato alla Galleria degli Uffizi di Firenze.
Il dipinto rappresenta una giovane donna nuda semidistesa su un letto in una casa patrizia; sullo sfondo si vede una finestra e due fantesche che riassettano. Alla fine del letto dorme un cagnolino, a significare che la donna rappresentata non è una dea. La maggior differenza con la venere del maestro è la consapevolezza e la fierezza della propria bellezza e della propria nudità: la donna è sveglia e guarda in modo deciso chi la osserva. Il colore chiaro e caldo del corpo contrasta con lo sfondo e con i cuscini scuri; la fuga prospettica è verso destra, sottolineata dalle fantesche e dai toni sempre più freddi, che fanno risaltare la donna, posta su una linea obliqua.
Diana e Atteone
Dipinto ad olio su tela realizzato tra il 1556 e il 1559 e conservato alla National Gallery of Scotland ad Edimburgo.
Questa tela fa parte di una serie di sette scene mitologiche tratte dalle Metamorfosi di Ovidio che il pittore eseguì per Filippo II di Spagna.
Tiziano ritrae il momento in cui Atteone incontra Diana mentre fa il bagno circondata dalla sue ninfe.
Infuriata per essere stata vista nuda, la dea trasforma il giovane principe in un cervo che poi verrà fatto a pezzi dai suoi stessi cani da caccia.
Il quadro rimase nella collezione reale spagnola fino al 1704, quando fu regalato da Filippo V all'ambasciatore francese in Spagna.
Nel 1798 fu comprato dal terzo duca di Bridgewater ed è tuttora di proprietà della sua famiglia, però dal 1946 è stato dato in prestito alla National Gallery of Scotland.
La Pietà
Dipinto ad olio su tela realizzato tra il 1575 ed il 1576 e conservato alle Gallerie dell'Accademia a Venezia.
Sullo sfondo di un nicchione manierista, si trova la Madonna che regge con volto amorevole ed impassibile il Cristo, semisdraiato e sorretto da Nicodemo prostrato.
Sulla sinistra in piedi si trova la Maddalena, vertice di un ideale triangolo.
La figura che si inginocchia sulla destra rappresenta San Giacomo ed è probabilmente un autoritratto di Tiziano, che guarda il volto di Cristo come se vedesse avvicinarsi anche la sua stessa morte.
Un piccolo autoritratto orante con il figlio Orazio è posto alla base di una delle colonna che incorniciano il nicchione.
I colori sono lividi, scuri, le pennellate sono imprecise, abbozzate, l'atmosfera spettrale e drammatica.
In basso c'è un'iscrizione in latino che ci informa che il quadro è stato portato a termine da Palma il Giovane, forse un allievo di Tiziano.
Paolo III e i nipoti Alessandro e Ottavio Farnese
Dipinto ad olio su tela realizzato nel 1546 e conservato alla Galleria di Capodimonte a Napoli.
Ritrae il vecchio papa Paolo III, seduto su di una sedia, con il nipote Ottavio, genuflesso, e dietro Alessandro in abito cardinalizio distratto. Il ritratto mette in evidenza anche i caratteri dei personaggi: il papa malato e curvo rimprovera con lo sguardo Ottaviano, che si inchina per dovere formale (effettivamente successivamente tenterà di uccidere il proprio padre). Lo sfondo e la tovaglia sono scuri e l'uso di colori pastosi e di pennellate poco definite lascia un senso di oppressione e di tetraggine.
Fonte: http://quartaeroiti.altervista.org/files/Arte-Tiziano_Vecelli_o_Vecellio.doc
Sito web da visitare: http://quartaeroiti.altervista.org
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
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