Astronomia fisica Macrocosmo e Cosmologia

Astronomia fisica Macrocosmo e Cosmologia

 

 

 

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Astronomia fisica Macrocosmo e Cosmologia

Fisica e Macrocosmo: Cosmologia

INTRODUZIONE

[1] La cosmologia moderna nasce negli anni ’20 del secolo scorso come una delle prime applicazioni della Relatività Generale per lo studio delle proprietà del cosmo su larga scala. [2] Se l’astrofisica tradizionale studiava oggetti celesti singoli (e.g. stelle) o aggregati di tali oggetti su piccola scala (e.g., ammassi stellari, galassie), che caratterizzano solo le proprietà locali del cosmo, con una strumentazione più sofisticata è stato possibile sondare distanze più profonde, e quindi scale più estese [3]. Più in generale, volendo descrivere le proprietà globali del cosmo, volendone dare cioè una descrizione in toto, indicheremo col termine “universo” il primo oggetto di indagine della cosmologia. Non potendo ricevere segnali da distanze maggiori di c x [età dell’universo], le proprietà globali si configureranno al più come proprietà medie della regione di universo visibile. Tali proprietà medie, oltre a rivestire un interesse scientifico intrinseco, definiscono la cornice in cui inquadrare lo studio della formazione e dell’evoluzione degli oggetti su scale più piccole, cioè stelle e galassie. In definitiva, l’oggetto di indagine della cosmologia sono gli ammassi di galassie, i superammassi di galassie, le strutture su larga scala, fino alla caratterizzazione delle proprietà medie dell’universo visibile [4].

Principio Cosmologico.

Nel linguaggio della Relatività Generale, il primo obiettivo della cosmologia si traduce nella descrizione della geometria dello spazio-tempo su larga scala, o meglio nella descrizione della geometria media dell’universo visibile.

[5] [isotropia] Nel 1969 Arno Penzias e Robert Wilson scoprono una radiazione isotropa di fondo, cioè proveniente da tutte le direzioni con la stessa intensità e non riconducibile ad alcun fenomeno astrofisico peculiare (i.e., emissione da un oggetto) ma caratterizzante l’aspetto dell’universo su larga scala, cioè su distanze profonde (“cosmologiche”), e quindi nelle sue prime fasi di vita. Essendo concentrata nella banda delle microonde, la si chiama Cosmic Microwave Background (CMB). Lo spettro è quello che tecnicamente si dice “di corpo nero”, un corpo caldo in equilibrio termodinamico che emette radiazione elettromagnetica in tutte le direzioni indistintamente.
Lo spettro che si presenta all’antenna di Penzias e Wilson descrive il miglior corpo nero che sia mai stato osservato in natura, e ciò significa: la radiazione di origine cosmologica descrive un sistema, l’universo, in eccezionale equilibrio termodinamico al momento dell’emissione di quella radiazione e straordinariamente isotropo. In altri termini la geometria su larga scala, cioè la geometria media dell’universo, è caratterizzata da un elevato grado di isotropia.
[6] [omogeneità] Muoviamo ora da una “dichiarazione di umiltà”, recuperando il principio copernicano: non c’è ragione di di pensare che noi (= la nostra galassia) occupiamo una posizione privilegiata. Più in generale, ogni punto è geometricamente equivalente (questa la definizione di ‘omogeneità’). Meglio ancora: tutti gli osservatori - definiti come quelli che esperimentano il moto “medio” di espansione osservato da Hubble a parte il proprio moto peculiare - sono equivalenti. Quindi tutti osserveranno lo stesso spettro della radiazione di fondo a microonde, cioè tutti osserveranno l’isotropia su larga scala. Quindi tutte le singole posizioni sono, su larga scala, equivalenti. In altri termini la geometria media dell’universo è caratterizzata da omogeneità. Le osservazioni confermano questa conclusione: vedi e.g. catalogo Lick e APM survey (ottico), Texas survey (radio).
[7] Siamo così giunti al Principio Cosmologico: su larga scala l’universo è omogeneo e isotropo. Esso definisce la geometria media dell’universo visibile, o, rozzamente, la sua “forma” media. Un teorema di geometria differenziale garantisce poi che uno spazio omogeneo e isotropo possa essere descritto da tre sole geometrie (tre “forme”), discriminate dal parametro di curvatura (k); sono quelle che in uno spazio 2D descriverebbero la superficie si una sfera, di un piano o di un paraboloide iperbolico (la “sella”). Si parla allora di universo chiuso (k > 0), aperto (k < 0) o piatto (k = 0).
[dinamica] Si dimostra inoltre che la “forma” deve mantenersi sempre uguale a se stessa; e’ ragionevole però chiedersi se sia ammessa una dinamica, in altri termini se le distanze tra gli oggetti distribuiti su larga scala debbano restare fisse o possano variare nel tempo (un’immagine infantile che può aiutare: un pallone resta sempre sferico se lo si gonfia). [8] Come già accennato, attraverso misure di magnitudine apparente e redshift, nel 1929 Edwin Hubble rileva un allontanamento delle galassie più distanti, secondo una legge di proporzionalità tra velocità di allontanamento e distanza dell’oggetto osservato. Data la provenienza del segnale dalle distanze più profonde, interpreta i suoi risultati come evidenza dell’espansione dell’universo: è messa in luce la natura dinamica della geometria dello spazio-tempo su larga scala.
Il progresso tecnologico ha permesso di constatare che la legge di Hubble e’ di fatto una legge approssimata: potendo osservare oggetti di cui sia nota la luminosità intrinseca a distanze più profonde (nella fattispecie, supernovae di tipo IA), si riscontra una legge quadratica, deviazione dalla legge lineare trovata da Hubble. Se quest’ultima descrive un universo oggi in espansione (con velocità per unità di lunghezza  data da H­0), la legge quadratica aggiunge l’informazione che tale espansione è oggi accelerata (con “accelerazione”–q0). È una prova, questa, di come il migliora-mento della sensibilità e risoluzione degli strumenti abbia mostrato una natura più ricca e complessa dell’oggetto di studio.

Relatività Generale.
Il sistema che vogliamo descrivere, l’universo, e’ dominato dalle interazioni gravitazionali: sulle scale in gioco (distanze > 1Mpc) le interazioni deboli e forti non giocano ovviamente alcun ruolo, quelle elettromagnetiche possono avere degli effetti ma assolutamente marginali in prima approssimazione. La teoria della gravitazione più completa a disposizione è la teoria della Relatività Generale: essa dovrà rendere conto della geometria dello spazio e della sua dinamica nel tempo compatibilmente con le grandezze osservabili. Nella fattispecie, dovrà fornire delle equazioni che mettano in relazione le proprietà dello spazio-tempo sulle distanze cosmologiche a valori medi di grandezze osservabili.

Le osservazioni di Hubble sono state cronologicamente la prima spinta all’interesse per la cosmologia, che all’inizio era semplicemente oggetto di speculazioni matemati-che come applicazione della teoria della Relatività Generale. Il modo di procedere di quella fase è tipico della ricerca in fisica teorica, merita un’occhiata!
L’idea fondamentale della Relatività Generale è descritta da equazioni (“equazioni di Einstein”) che mettono in relazione le proprietà geometriche dello spazio-tempo alla distribuzione di materia-energia, determinandone così l’evoluzione in modo reciproco. Sono costruite in modo da restituire la legge di gravitazione di Newton, le cui predizioni sono eccezionalmente corrette sulle distanze del sistema solare; come novità, soffrono di patologie predicendo l’esistenza di regioni singolari con densità di energia infinita (buchi neri e big bang), e prevedono fenomeni astrofisici non possibili nella vecchia teoria newtoniana (lenti gravitazionali e onde gravitazionali). - vedi Lezione 3 @ Macrocosmo.
[simmetrie] Come tutte le equazioni, anche quelle di Einstein si semplificano notevolmente (e magari si possono addirittura risolvere!) se si fa qualche ipotesi opportuna e diventano più facilmente interpretabili da un punto di vista fisico. In termini più corretti, si semplificano se si assume qualche simmetria (così come, ad esempio, il moto lungo un cerchio è più semplice da descrivere di un moto caotico). Consideriamo in particolare la cosmologia d’inizio ‘900: mossi soprattutto da un interesse matematico per le soluzioni delle equazioni di Einstein, anche se debolmente garantiti dall’evidenza osservativa, possiamo valutare come si presentano le equazioni di Einstein facendo l’ipotesi che lo spazio-tempo da queste descritto sia invariante sotto la simmetria per traslazioni, cioè omogeneo, o invariante sotto la simmetria per rotazioni, cioè isotropo, o omogeneo e isotropo, o altro. In questo modo sono stati studiati numerosi modelli e per ciascuno di essi sono state calcolate le conseguenti proprietà fisiche osservabili (ed es. numero di oggetti per unità di volume).

Torniamo a oggi. La simmetria per rotazioni e la simmetria per traslazioni, cioè isotropia e omogeneità, ora hanno dignità fisica sulle scale cosmologiche perché provate da osservazioni, tanto da aver meritato l’appellativo di Principio Cosmologico. Di conseguenza le equazioni di Einstein si semplificano lecitamente in una forma più leggibile: resta così definito il “Modello Cosmologico Standard”, il punto di partenza per costruire dei modelli ragionevoli del cosmo su larga scala.

[10] Equazioni di Friedmann.
Le equazioni di Einstein scritte sulla base del Principio Cosmologico furono formulate da Friedmann nel 1922. Esse descrivono (il quadrato della) velocità – H nelle equazioni­- e accelerazione dell’universo,  riconducibili alle grandezze osservabili magnitudine e redshift, come  effetto della densità media di energia e della pressione media di tutte le sue componenti: radiazione, materia barionica (protoni, neutroni, atomi di idrogeno, ecc.; MACHO), materia non barionica (materia oscura: vedi Lezione 3 @ Macrocosmo), neutrini, ecc. Matematicamente sono delle equazioni differenziali, cioè equazioni la cui soluzione è una funzione: con la geometria in gioco la soluzione è il “fattore di scala” a(t), che definisce le distanze degli oggetti da noi come da qualunque altro osservatore (per il principio copernicano!), dunque l’estensione delle strutture sulle scale cosmologiche e quindi, rozzamente, il “raggio” dell’universo visibile. Fissati i parametri cosmologici W e H a un dato istante, il fattore di scala a(t) assume una forma ben definita come funzione del tempo t (un esempio: per il “modello Standard Cold Dark Matter”, SCDM, in grado di spiegare le osservazioni compiute fino ad una decina di anni fa nell’ipotesi di universo piatto, si ricava a(t) = [costante] t2/3). Tutte le grandezze osservabili che descrivono la cinematica e la dinamica dell’universo sono funzioni del fattore di scala, o equivalentemente (composizione di funzioni!) del redshift z: risulta infatti (1 + z) = 1/a – relazione che permette un diretto legame tra una grandezza osservabile, la lunghezza d’onda, e la grandezza caratterizzante la geometria dello spazio-tempo. Secondo la relazione 1/a = (1+z) resta fissata allora la dipendenza spazio-temporale delle grandezze osservabili: ad esempio tempo e redshift, t=t(z), densità di energia media e il redshift, r=r(z), temperatura media e reshift, T = T(z), numero di oggetti e redshift, N = N(z). Dalla misura un osservabile e del corrispondente redshift si possono inferire i valori dei parametri cosmologici coinvolti: in questo modo si testa il modello confrondandone le previsioni con previsioni di altra natura. Un esempio: il modello SCDM prevede che l’età dell’universo sia inferiore a quella degli oggetti più vecchi in esso contenuti, gli ammassi globulari - stimata per altra via - il che è evidentemente assurdo. Un modello più corretto dovrà ovviare a questo difetto.

Quali le principali conseguenze delle soluzioni delle equazioni di Friedmann? [11]

  • Big Bang. Matematicamente le equazioni differenziali richiedono che siano definite delle condizioni iniziali, cioè che il valore iniziale della funzione incognita (e delle sue derivate…) sia preassegnato. Nel caso delle equazioni di Friedmann, per convenienza, cioè per riuscire a risolverle, si usa porre a(0) = 0: significa dire che all’istante iniziale t = 0 il “raggio dell’universo” è nullo. Ciò sembra dire che procedendo all’indietro nel tempo tutta la materia-energia fosse concentrata in un punto geometrico e che ad un certo istante (t = 0) il tutto ha cominciato a prendere forma: il Big Bang. Ovviamente questa è un’approssimazione di comodo, utile solo a poter definire una soluzione, cioè un modello, la cui validità va limitata a descrivere il comportamento dell’universo a tempi successivi (t > 0) e dunque su regioni spazialmente estese, cioè di interesse fisico e non geometrico (il punto geometrico è fisicamente irrilevante). Il Big Bang è dunque solo l’effetto dell’estrapolazione di un risultato della relatività generale in situazioni dove questa teoria non è più valida. Einstein stesso scrisse: “La teoria è basata sulla separazione dei concetti di campo gravitazionale e materia. Nonostante questa possa essere una valida approssimazione per campi deboli, può presumibilmente essere abbastanza inadeguata per densità di materia molto alte. Non si può pertanto assumere la validità delle equazioni per densità di energia molto alte ed è solo possibile che in una teoria unificata non ci debbano essere tali singolarità” [“The Principle of Relatività”, Methuen, London, 1950]. In tali regimi la fisica teorica moderna usa appellarsi alla Gravità Quantistica o alla Teoria delle Superstringhe, tanto lontane da una formulazione definitiva quanto matematicamente stimolanti (e ricordiamo che interessi esclusivamente matematici stimolarono le prime soluzioni delle equazioni di Einstein!).
  • Geometria 3D. Come visto prima, solo tre geometrie sono compatibili con uno spazio omogeneo e isotropo. Per ciascuna di esse sono univocamente  definiti lunghezza di un segmento e angolo tra due rette in termini del fattore di scala a(t); l’estensione di un oggetto, ad es. un ammasso di galassie, o l’angolo sotteso da due oggetti, ad es. individuato dalla traiettoria della luce emessa da due quasar distanti, dipende dalla geometria media e quindi, attraverso le equazioni di Friedmann, dalla distribuzione di energia media dell’universo, cioè dai parametri cosmologici. La corrispondenza biunivoca tra geometria dell’universo e contenuto di materia-energia è manifesta riscrivendo le equazioni di Friedmann in termini della densità critica rcr, definita come valore della densità r in corrispondenza del quale la geometria spaziale è piatta (k = 0), cioè quella euclidea. Scrivendo W = r /rcr, la prima equazione di Friedmann diventa

1 = W - kc2 / (H2 a2):

risulta allora k = 0 se e solo se W = 1, k = +1 se e solo e W > 0 e k = -1 se e solo se W < 0.
Osservazione: da questa equazione che si deduce che il segno di k resta costante nel tempo.

  • CMB. [12] Si è già parlato della radiazione cosmica di fondo (CMB) interessati alle informazioni sulla geometria che da essa si possono dedurre. Consideriamo ora la sua origine fisica un po’ più in dettaglio, alla luce della storia termica dell’universo. Si può immaginare che nei primi istanti di vita l’universo fosse costituito da una miscela di materia (protoni, elettroni, ecc.) e radiazione elettromagnetica in equilibrio termodinamico sotto forma di “plasma” – uno stato che sappiamo ben descrivere con le leggi dell’elettromagnetismo e della fluidodinamica. Come osservato da Hubble nel 1929, l’universo è in espansione; per effetto dell’espansio-ne ad un certo istante la radiazione elettromagnetica e la materia non interagisco-no più come durante l’iniziale fase di plasma (tecnicamente, si disaccoppiano). Quella radiazione, a questo punto libera di propagarsi, da allora giunge alle nostre antenne praticamente senza più interagire con la materia, mantenendo l’impronta delle condizioni di equilibrio in cui si trovava l’universo nell’istante in cui si è disaccoppiata: deve essere caratterizzata cioè da uno spettro di corpo nero corrispondente alla temperatura di disaccoppiamento (~ 3000 K). Le equazioni di Friedmann devono predevere come il valore di quella temperatura varia con il redshift, come effetto dell’espansione adiabatica dell’universo: il valore predetto per z = 0, cioè misurato oggi, è proprio quello osservato, 2.728 ± 0.002K!

Verso la complessità.
Sulla base dei grafici z-r e z-T, è possibile distinguere delle fasi nella storia evolutiva dell’universo. Una di particolare interesse l’abbiamo appena reincontrata, riguarda l’”istante” dell’emissione della radiazione cosmica di fondo a microonde; l’elevato grado di isotropia di questa radiazione si è dimostrato di fondamentale importanza per la geometria su larga scala. Ma la radiazione del CMB è realmente isotropa? Eventuali anisotropie cosa segnalerebbero? Consideriamo due aspetti di rilievo in cosmologia: lo studio delle anisotropie della radiazione cosmica di fondo (1) quale attuale strumento per la misura ad elevata precisione di alcuni parametri cosmologici e (2) in quanto punto di partenza del processo fisico che domina almeno il 90% del tempo di vita dell’universo, la formazione e l’evoluzione delle strutture cosmiche, da galassie ad ammassi e superammassi di galassie fino alle strutture su larga scala.

Anisotropie del CMB.
[anisotropia di dipolo] Una differenza di temperatura dal valor medio di una parte su mille è rilevata in due regioni opposte sulla sfera celeste, vale a dire separate da un angolo di 180°. Non è di origine cosmologica, ma va imputata all’effetto Doppler dovuto al moto peculiare della nostra galassia: la radiazione cosmica di fondo proveniente dalla regione verso cui ci muoviamo (il Grande Attrattore) appare “più blu”, quella proveniente dalla regione da cui ci allontaniamo appare viceversa “più rossa”, come se l’universo fosse più caldo in una direzione e meno in quella opposta. Un “osservatore cosmologico” a riposo sarebbe quello che non osserva tale anisotropia.
[anisotropie d’ordine superiore] Lo strumento DMR, montato sul satellite COBE che per la prima volta rileva lo spettro di corpo nero della radiazione cosmica di fondo con eccezionale precisione, misura delle differenze di temperatura dal valore medio pari ad una parte su 105. Tali deviazioni dall’isotropia risultavano su una scala angolare di circa 7°, limite dovuto al potere risolutivo dello strumento: ciò lascia intendere che strumenti sensibili a scale angolari inferiori possano scoprire un aspetto ancora più articolato. Il più recente risultato in questa direzione è stato raggiunto dal satellite WMAP, che ha ottenuto delle immagini straordinariamente dettagliate; immagini ancor più dettagliate saranno ottenute dal satellite PLANCK, il cui lancio è programmato per il 2007. Molte delle informazioni codificate nelle anisotropie di temperatura su piccola scala sono di origine cosmologica, ad esempio la curvatura media dell’universo e i parametri di densità W di materia oscura e materia barionica.  Questo segnale se ne sovrappongono altri di origine non cosmologica, ad esempio dovuti all’emissione di galassie vicine o della polvere del mezzo intergalattico: lo spettro complessivo è uno strumento per studiare anche questi processi astrofisici.
[12] [missione Boomerang] Dati eccezionalmente precisi sulle anisotropie della radiazione cosmica di fondo sono stati ottenuti dalla missione Boomerang, un telescopio montato su un pallone aerostatico fatto volare al Polo Sud nel 1998. Il telescopio ha osservato solo una regione di cielo, ciononostante le informazioni dedotte sono state molto accurate. Il risultato più rilevante è stato la misura della curvatura dell’universo inferita dalla separazione angolare media dei picchi di intensità corrispondenti alle regioni più calde (~10mK oltre la temperatura media di 2.7K). Con un errore sperimentale di circa il 5% quei dati risultano compatibili con un modello di universo piatto, la geometria spaziale media è cioè quella euclidea. Questo effetto è in totale accordo con l’ipotesi dell’inflazione primordiale, una fase di espansione accelerata in cui sarebbe incorso l’universo nei primi istanti di vita, teorizzata per risolvere alcuni problemi del Modello Cosmologico Standard.

[14] Formazione delle strutture cosmiche: ammassi di galassie, superammassi di galassie, strutture su larga scala. Dopo l’oscura e affascinante fase iniziale dominio della Gravità Quantistica, e la successiva inflazione, raffreddandosi l’universo si assesta in uno stato più familiare, nel quale dominano le interazioni forti, deboli ed elettromagnetiche descritte dal Modello Standard delle Particelle Elementari. Si formano prima i quark, che condensano poi in adroni (essenzialmente protoni e neutroni), che a loro volta si fondono in nuclei di atomi leggeri (nucleosintesi primordiale). Sulla base della consolidata teoria che descrive questi processi, è possibile predire l’abbondanza degli elementi leggeri così formati: misure su scale cosmologiche delle abbondanze di idrogeno, elio, litio, ecc., neutri e ionizzati, sono in accordo con le stime teoriche, confermando la previsione del raffreddamento dell’universo in virtù della sua espansione così come descritta dal Modello Cosmologico Standard.
[15] La materia così formata, in equilibrio con la radiazione elettromagnetica, è ancora distribuita sostanzialmente in modo omogeneo e isotropo. La debole anisotropia della distribuzione di materia, che è quella letta nelle anisotropie della radiazione cosmica di fondo di ordine 10-5, è tuttavia in grado di accendere il meccanismo di collasso gravitazionale: se le fluttuazioni di materia sono sufficientemente vicine, in virtù della loro massa possono vincere il moto di espansione reciproco e dar luogo alla formazione delle strutture cosmiche. Si entra così nella fase in cui dominano le interazioni gravitazionali. [regime lineare e non-lineare] [16] Da principio sono molto deboli: fintanto che le fluttuazioni della densità di materia sono piccole rispetto al valore medio, le relazioni matematiche che descrivono il processo di collasso possono essere semplificate notevolmente, fornendo una soluzione analitica. Quando le concentrazioni di materia sono elevate, una trattazione analitica non è più sufficiente: si rende necessario l’uso del calcolo numerico per ottenere soluzioni “esatte”. In qualche modo si può pensare a questo approccio come ad un laboratorio: variando tutti i parametri liberi, si realizzano configurazioni da confrontare con quelle reali osservate con i telescopi, chiamando in causa solo equazioni che descrivono processi ben noti (F = ma = -GMm r/r3 !).
La natura della materia su cui agiscono le forze gravitazionali definisce la storia di formazione delle strutture cosmiche. Ad esempio, scenari in cui ci sia solo materia oscura “calda” (la cui massa è molto piccola, e.g. 1eV/c2), prevedono la formazione prima di strutture su larga scala, a cui seguirebbe per frammentazione la formazione di strutture su scale più piccole (galassie e ammassi di galassie): il quadro così dipinto è però poco compatibile con le osservazioni. Scenari con solo materia oscura “fredda” (cioè non relativistica) prevedono invece prima la formazione di piccole strutture, poi di quelle su scale maggiori: anche così non si ottengono risultati in pieno accordo con le osservazioni.
[17] Il modello che descrive meglio quanto effettivamente osservato si avvicina a quest’ultimo, che deve però essere modificato con il coinvolgimento di una costante cosmologica (L) – a questo livello è solo un parametro geometricamente compatibile con le equazioni di Einstein, ma negli ultimi anni sta attirando molta attenzione per effetti direttamente misurati e per l’inquadramento in teorie fondamentali che si propongono di estendere il Modello Standard delle Particelle Elementari.
Questi modelli (LCDM) prevedono una storia di formazione delle strutture di tipo gerarchico: prima si sarebbero formate le strutture di piccola massa, le galassie, successivamente strutture più massive, ammassi e superammassi di galassie. Le prime galassie osservabili, sedi di processi astrofisici ad alta energia (quasar, in sigla QSO), risulterebbero osservabili a valori di redshift z ~ 6: è quanto effettivamente osservato di recente dal telescopio spaziale Hubble! Questo modello di formazione risulta compatibile con le osservazioni. – vedi anche [20-21-22-23-24-25]

[18] ICM. Finora ci siamo concentrati sulle sorgenti luminose. È ovvio, tuttavia, che la maggior parte dello spazio è occupata da regioni vuote, o più correttamente regioni in cui la densità di materia è inferiore al valor medio; la loro evoluzione è regolata dalle stesse leggi che descrivono la dinamica degli oggetti collassati. Queste appaiono buie nella banda dello spettro visibile: osservandole invece nell’infrarosso o nella banda X, manifestano una natura ben più ricca.
Su distanze cosmologiche, risultano di interesse le regioni tra gli ammassi di galassie (Intra Cluster Medium, ICM). Sono regioni estremamente calde, sedi di interazioni elettromagnetiche e processi d’urto tra elettroni e atomi pesanti ionizzati: il risultato è uno spettro caratteristico, dalla cui forma è possibile dedurre la temperatura di quelle regioni e la densità media di elettroni e ioni pesanti in esse contenuti. Lo studio di simulazioni e il confronto con i dati osservativi costituiscono lo strumento per l’indagine di queste strutture e il ruolo giocato contemporaneamente dalla fluidodinamica e dall’elettrodinamica (collettivamente magnetoidrodinamica, un ramo della fisica dei plasmi). – vedi anche [21]
[26-27] Un altro strumento di indagine del mezzo inter cluster, nella fattispecie la distribuzione dell’elemento più abbondante sulle scale cosmologiche, l’idrogeno,  è lo studio degli spettri dei quasar più distanti (circa z > 3). La radiazione da questi emessa attraversa lo spazio fino a raggiungere i nostri telescopi – spostata verso lunghezze d’onda maggiori per effetto dell’espansione dell’universo. Nell’attraversa-mento di regioni con idrogeno neutro, viene assorbita la componente di questa radiazione in grado di portare l’idrogeno neutro dallo stato fondamentale al primo stato eccitato, cioè i fotoni con lunghezza d’onda pari a 1216Å. La lettura dello spettro di assorbimento permette una mappatura della distribuzione dell’idrogeno lungo la linea di vista: dalla posizione della riga di assorbimento si deduce il valore del redshift della regione assorbente, cioè la sua distanza da noi; dall’ampiezza della riga di assorbimento si risale invece alla densità di idrogeno di quella regione. [28] Confrontando gli spettri di assorbimento di due o più quasar angolarmente vicini è poi possibile una mappatura bi- o tri-dimensionale della distribuzione dell’idrogeno neutro. Ancora una volta, le simulazioni numeriche costituiscono il “laboratorio” per esplorare questi sistemi. E si ricordi: l’astronomia non è una scienza galileiana!
[19] Epilogo.
Si conclude così questa rapida e sicuramente non esaustiva panoramica u quell’affascinante ramo delle scienze fisiche e astronomiche che passa sotto il nome di cosmologia: lo strumento con cui raccontare la storia dell’universo dai primi istanti di vita fino ad oggi, in un quadro che vede coinvolti relatività generale, fisica delle particelle elementari, elettrodinamica e fluidodinamica, che lascia spazio all’introduzione di nuove teorie e nuova fisica, che fa uso dei più raffinati strumenti della statistica e del calcolo numerico e che stimola il progresso tecnologico per l’esplorazione del cosmo. Tutto ciò dovrebbe almeno suscitare curiosità e stimolare l’immaginazione. E forse aveva ragione Einstein: “Imagination is more important than knowledge”.

 

Paul davies

Alla ricerca di Dio

I teologi affermano che l'universo ha molti tratti "contingenti". Intendono dire che presenta dei fenomeni che devono essere spiegati con il richiamo a qualcosa d'altro, con delle cause esterne all'universo. Certamente l'esistenza degli esseri umani, come quasi tutto ciò che possiamo osservare nell'universo, è, in questo senso, contingente.
Dunque, ci deve essere stato un atto di intellegenza che ha selezionato l'enorme varietà di universi possibili. Deve essere stato, in qualche modo, "scelto" un universo, o una gamma ristretta di universi. Non é illecito ritenere che questa selezione si situi al di fuori o al di là del dominio della fisica, nello spazio della metafisica. Così da un punto di vista religioso si può dire che questa selezione è stata fatta da Dio. Molti scienziati non amano questa spiegazione ed affermano che dobbiamo ricercare un meccanismo di selezione del tutto interno all'universo.
I cosmologi di oggi, però, si richiamano alla cosiddetta "fisica dei quanti" e con essa cercano di rendere ragionevole l'idea teologica di una creazione dal nulla dell'universo. La fisica dei quanti si basa sul cosiddetto "principio di indeterminazione" di W. Heisenberg. Questo principio ci dice che tutto ciò che può essere misurato o osservato è soggetto a fluttuazioni spontanee: possono accadere, cioé, cambiamenti improvvisi senza ragione alcuna. Possiamo osservare in laboratorio come il fenomeno dei quanti faccia accadere delle cose senza ragione apparente. Ad esempio, il decadimento di un nucleo radioattivo è qualcosa che accadrà in un certo momento particolare senza ragioni apparenti. Noi non possiamo dire in anticipo perché o quando il nucleo decadrà, perché ciò accade in un momento piuttosto che in un altro. In altre parole, per la fisica dei quanti c'è una imprevedibilità inerente alla natura. Diviene così possibile per la prima volta concepire un universo che nasce per una sorta di fluttuazione quantistica: la sua origine è un evento senza causa.
Nella fisica pre-quantistica non era concesso avere degli eventi senza cause. Tutto ciò che avveniva nell'universo doveva avere una causa antecedente ben definita, mentre nella fisica quantistica è possibile che si producano degli eventi senza una causa antecedente ben definita. Se questo evento è la nascita dell'universo, esso non costituisce più per noi un problema: l'universo semplicemente nasce venendo fuori dal nulla.
Dobbiamo ricordarci che già molti secoli or sono Sant'Agostino diceva che il mondo é nato con il tempo e non nel tempo. E' degno di nota che la moderna immagine cosmologica riprenda questo punto di vista. Oggi sappiamo che spazio e tempo sono parte dell'universo fisico e sono nati con esso. Vorrei esprimere la cosa in questi termini: prima di Einstein si era portati a pensare allo spazio e al tempo come ad un'arena in cui si rappresentava il grande dramma della natura. Noi sapppiamo ora che spazio e tempo appartengono in effetti al "cast" di questo dramma: essi stessi partecipano al dramma, sono attori nel grande dramma della natura che si svolge di fronte a noi.
Non si può davvero parlare della nascita della materia senza parlare della nascita dello spazio e del tempo. L'idea della nascita del tempo é molto originale. Essa comporta una conseguenza: domande del tipo "Cosa accadde prima del "big bang"?", oppure "Che cosa ha causato il "big bang"?", risultano prive di significato, perché non c'era un "prima", non c'era una causa antecedente come la intende la fisica tradizionale.
Inoltre, se spazio e tempo sono elementi dell'universo, possono essere allungati e accorciati perfino in laboratorio. Possiamo manipolare spazio e tempo allo stesso modo in cui possiamo manipolare la materia. Se essi sono parte, per usare un termine religioso, della "creazione", allora devono esser stati creati. Io personalmente non credo che ci sia modo di dare un senso al mondo senza supporre che spazio e tempo, nel "big bang", siano stati creati con la materia e l'energia originarie.

Tratto dall'intervista "Riflessioni sulla cosmologia contemporanea" –

Venezia, Università Ca' Foscari, sabato 16 dicembre 1989

 

Aforismi

Paul Davies

Scienza e tecnica

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DOMANDA
Professor Davies, condivide la distinzione fra scienza e uso della scienza?

DAVIES
Sicuramente. Penso che, spesso, si tenda ad equiparare scienza e tecnologia. La mia carriera è stata contrassegnata dal tentativo di comprendere la scienza come un mezzo per svelare i segreti della natura. Il mio fine è sempre stato capire come funziona il mondo e qual è il suo significato. E credo sia questo un uso molto nobile della scienza. Ma vi esiste anche la scienza come fondamento della tecnologia. Come ho già avuto modo di spiegare, non credo che possiamo fare a meno della tecnologia. La tecnologia non è intrinsecamente buona o cattiva, è buona o cattiva a seconda dell’uso che ne vien fatto. Molti cercano di giustificare il fatto di fare scienza in base ai suoi risultati tecnologici. Secondo me la scienza è veramente un’impresa più profonda. Essa è per sua natura fondamentalmente culturale. E’ da porre accanto alle arti, ed è qualcosa che vale la pena di fare per se stessa. Ma ovviamente la scienza è costosa, deve pagare un prezzo per il proprio sviluppo e lo fa attraverso i suoi prodotti tecnologici. Ma è nell’era della tecnologia e non in quella della scienza come tale che si nascondono i pericoli. La scienza è semplicemente un nobile cammino verso la conoscenza. Invece, la scienza, in quanto strumento di creazione della tecnologia, è pericolosa: per questo dobbiamo non già arrestarci, ma essere consapevoli dei suoi pericoli e creare le istituzioni e la regolamentazione adatta per esser sicuri che essa non sfugga mai al controllo.Credo sia finita ormai da molto tempo l’epoca in cui gli scienziati potevano permettersi di dire semplicemente che era colpa dei politici. Una volta fatta una scoperta scientifica è inevitabile che prima o poi qualcuno voglia sfruttarla. Il problema è che non possiamo sapere in anticipo quale filone della ricerca probabilmente si dimostrerà pericoloso e quale invece benefico. Ora io non credo che possiamo tornare sui nostri passi. Coloro che vedono nella scienza puramente qualcosa di funesto e che vorrebbero in qualche modo tornare all’epoca medioevale, alla società pre-tecnologica, sono in grave errore, sono fuori strada. Ormai è troppo tardi, non possiamo fare a meno della scienza, dipendiamo dalla scienza e dalla tecnologia in talmente tanti modi per la nostra esistenza che siamo costretti ad accettarla, nel bene e nel male. Io credo sia giunto il momento quindi per gli scienziati stessi di comportarsi, se mi è concesso esprimermi in questi termini, come poliziotti rispetto alle proprie scoperte. Non disponiamo ancora di istituzioni che svolgano questo compito, anche se se ne intravede l’inizio, ad esempio nell’area della biotecnologia, nel modo in cui gli scienziati si autodisciplinano al fine di non creare mostri che verrebbero poi abbandonati, finendo al di là di ogni controllo e minacciando le nostre vite. Spero che questa idea degli scienziati che si assumono la responsabilità per il loro lavoro si diffonda anche in altri campi. Ma in definitiva, naturalmente la società nel suo insieme deve accettare che se si vogliono trarre benefici dalla scienza, si deve anche imparare a convivere con i suoi pericoli.

 

              I numeri entro parentesi quadre [#] fanno riferimento alle diapositive del file [nome].ppt  della Lezione II.

          Il redshift è definito dal rapporto(loss - lem) /lem , dove è loss la lunghezza d’onda della radiazione elettromagnetica emessa dalla sorgente luminosa misurata dall’osservatore (noi) e lem quella misurata nel sistema di riferimento solidale con la sorgente, in moto rispetto all’osservatore. Data la natura relativistica del segnale (fotoni!), l’effetto doppler così manifestato non distingue tra moto dell’osservatore o della sorgente: è rilevante solo il moto relativo dei due.

 

Fonte: http://www.evan60.net/uploads/6/3/2/5/6325749/cosmologia_antologia.doc

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