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ELEMENTI INORGANICI
Per molto tempo si sostenne che Paracelso (1492-1541) aveva scoperto che i metalli, a contatto con gli acidi, sviluppavano un gas. Boyle (1627-1691) scoprì la possibilità di bruciarlo, ma solo Cavendish (1731-1810) lo riconobbe come sostanza unica. Fu Lavoisier (1734-1794) a chiamarlo idrogeno, poiché, per combustione, genera acqua.
Le estrazioni si facevano da alcuni minerali, come la carnallite di Stassfurt ed il salgemma di Wieliczka, oltre che da emanazioni gassose vulcaniche.
Uno dei primi impieghi fu quella di riempire i dirigibili, ma l’idrogeno fu presto sostituito, per l’alta infiammabilità, dall’elio. Fu poi usato per il riscaldamento e l’illuminazione e, in seguito, miscelato all’ossigeno in rapporto di 2 a 1, nella fiamma ossidrica.
Il cannello per la saldatura è costituito da un beccuccio e da un’impugnatura dove avviene la miscelatura del comburente, nel nostro caso l’ossigeno, e del carburante (l’idrogeno). Nelle fiamme etilenica ed acetilenica, i carburanti sono l’etilene e l’acetilene.
Scoperto, indipendentemente, da C. W. Scheele (1742-1786) e da Priestley (1733-1804), negli anni 1771 e 1772. Più tardi Lavoisier ne studiò le funzioni nella combustione e nella respirazione (1781) e lo chiamò ossigeno, generatore d’acidi.
Durante la guerra del 1915-1918, fu usato, mediante cateterismo rino-faringeo, nelle intossicazioni da aggressivi chimici da guerra. I primordi dell’ossigeno-terapia.
L’ozono, forma allotropica triatomica dell’ossigeno, fu notato nel 1785 da Van Marum, per l’odore caratteristico che si sviluppa dopo i temporali, quando scariche elettriche si sviluppano nell’atmosfera. Scoperto da Schoenbein nel 1840, fu prodotto poi nell’ozonogeno Siemens o Berthelot: due tubi di vetro, uno dentro l’altro, l’esterno ricoperto internamente, e l’interno esternamente, da una lamina di stagno, vengono collegati con i poli di un apparecchio di Ruhmkorff, che trasmette una scarica elettrica oscura e silenziosa.
Si produceva anche per ossigenazione forzata dell’acqua ossigenata.
I primi impieghi furono quelli della disinfezione dell’aria, dell’imbiancamento della paglia e della carta, della decolorazione e deodorazione degli oli, della stagionatura del legno. Infine si usò, nell’industria del vino e dei liquori, come invecchiante, e, in quella dei profumi, come ossidante.
L’acqua pesante, od ossido di deuterio (altro isotopo dell’ossigeno), fu isolata per la prima volta da H. C. Hurey della Columbia University e da G. N. Lewis dell’Università di California. Più vischiosa di quella ordinaria, fu usata nell’industria, per avere una minore solubilità ed ionizzazione dei sali posti in essa, e per la capacità di diminuire i processi ossidativi. Quest’ultima caratteristica la rende, però, altamente tossica, per cui è caduta in disuso.
Considerata nel Medioevo un elemento, soltanto dal 1780 al 1805, per gli studi di Cavendish, Watt, Lavoisier, Gay Lussac e Humboldt, s’avvenne alla definizione della composizione reale, e, nel 1895, alla combinazione ponderale ossigeno/idrogeno (E. W. Morley).
L’acqua ossigenata, scoperta da L. J. Thénard (1774-1857) nel 1818, oltre che come disinfettante, è usata come sbiancante, in varie concentrazioni: Pirozonio, a 166 volumi, pari al 50%; Perneozonio Erba, a 120 volumi, pari al 36%; Peridrol od Ortizon, a 100 volumi, pari al 30%, ecc., per tessuti, pellicce, oli, saponi, paglia, capelli. Ora si usano solo le concentrazioni di 10 vol., pari al 3%, per la disinfezione, di 36 vol. per decolorare i peli e di 130 vol. nell’artigianato e nell’industria.
Conosciuto fin dall’antichità, era considerato come un composto acido del flogisto . Solo Lavoisier lo definì come elemento.
Fino al 1850, l’estrazione mineraria, in Sicilia, era fatta nei calcatelli, piccole buche scavate nel suolo in pendio, per fusione del minerale. Con questo sistema la perdita era dei 2/3, ed inoltre si provocava un grave nocumento alla vegetazione ed alla salute pubblica. Dopo quella data, s’introdussero i calcaroni, ma una migliore resa si ebbe soltanto con il forno Gil, un ulteriore superamento tecnologico, che disperde al minimo anidride solforosa nell’aria. Negli Stati uniti, dove il minerale nativo si trova sotto strati sabbiosi e rocciosi, fu ideato da H. Frasch un apparecchio che fonde il solfo, lo emulsiona con acqua e aria e lo spinge, con forte pressione, in superficie, allo stato pressoché puro.
Il solfo di Romagna, mescolato con sostanze bituminose, è estratto per distillazione, facendo uso dei così detti doppioni, apparecchiature che consentono una distillazione di tipo frazionato.
In Svezia si ricava dalle piriti, o dalla miscela Laming, ottenuta, un tempo, come prodotto secondario della purificazione del gas illuminante, ed infine dai residui della fabbricazione della soda (metodo Leblanc).
Fu usato come antiparassitario, vermifugo, nella febbre tifoide, nella dissenteria amebica, nel reumatismo cronico, come depurativo del fegato, in quanto aumenta il tenore di glutatione nell’organismo umano. La pomata solforata fu impiegata, con efficacia, nelle ustioni, particolarmente quelle da acido fluoridrico.
L’idrogeno solforato è presente in natura nelle emanazioni vulcaniche, nelle acque solfidriche e nel gas illuminante, allo stato grezzo. Inoltre in tutte le sostanze organiche solforate in putrefazione, come ad esempio le uova vecchie; nel latte bollito, in tracce.
Si preparava, una volta, conducendo, contemporaneamente, vapori di solfo ed idrogeno, sulla pomice arroventata .
Usato con successo per la distruzione degli insetti nei silos. Il grano viene esposto per 48 ore a 400 g. d’idrogeno solforato per tonnellata. La velocità di germinazione non è ridotta ed il grano può essere consumato senza inconvenienti. Buoni risultati furono ottenuti anche nella distruzione dei funghi parassiti dei cereali.
L’anidride solforosa era nota anche nell’antichità. Il ‘fumo di solfo’ era impiegato per la disinfezione degli ambienti, durante le epidemie di peste. Fu il primo gas usato, in guerra come aggressivo chimico.
Libavius nel 1595 ne fece i primi studi scientifici. Priestley e Lavoisier, fra il 1770 e il 1777, la sintetizzarono e ne studiarono la composizione.
Per la sua azione antibatterica, venne, ed è tuttora impiegata, per impedire i processi fermentativi e putrefattivi della carne, della frutta, dei vini; inoltre, per il potere decolorante, sui tessuti di lana e seta, e per rendere più chiari i gusci delle noci.
E’ posta in commercio, allo stato liquido, in cilindri d’acciaio.
L’acido solfossilico riveste una notevole importanza in tintoria, e nella stampa, sotto forma di sale sodico, combinato con l’aldeide formica (Rongalite), o lo zinco (Decrolina).
L’acido solforico fu preparato, per la prima volta nel VIII secolo da Geber. Basilio Valentino (XV sec.) lo ottenne più puro distillando il solfato ferroso, detto vetriolo verde. Per l’apparenza oleosa fu detto olio di vetriolo o semplicemente vetriolo. Libavio, nel 1595, sostenne l’identicità di vari acidi solforici, ottenuti con diverse reazioni chimiche. A metà del XVIII secolo Cornelio Drebbel lo preparò, industrialmente, dal solfo. J. Roebuck (1718-1794) e Garbett, nel 1746, a Birmingham, introdussero il metodo delle camere di piombo. Il metodo si basa sull’arrostimento dell’anidride solforosa o del solfo in presenza d’ossigeno acqua e anidride nitrosa. Solo dal 1775 al 1795, Lavoisier e Richter ne determinarono la giusta composizione. Libero, si trova in natura nelle acque vulcaniche ed in alcuni fiumi dell’America del Sud, come il Rio Vinagre, o la fonte di Paramo (Nuova Granada). Si trova, in Sicilia, pure nel secreto ghiandolare d’alcune lumache (Doleum galea), e nei corpuscoli sanguigni e nel mantello delle ascidie. L’acido solforico puro non è un buon conduttore, mentre lo è se ben diluito: per questa caratteristica è usato nelle batterie delle auto. Per la sua affinità con l’acqua, è poi usato come disseccante.
Vanno ricordati processi industriali come quello di Nordhausen, piccola città della Germania, nel quale l’acido solforico s’ottiene dal solfato ferroso; e quello catalitico, o di contatto, che parte dall’anidride solforosa, preconizzato dal chimico italiano Piria e introdotto nell’industria da Winkeer (1875), e, con maggior successo, da Knietsch.
Una sola notizia per l’acido mono-persolforico, o acido di Caro: s’impiegò, in medicina, come ricostituente e stimolante del ricambio.
Scoperto da Berzelius nel 1817, nei depositi di scorie delle camere di piombo di Gripsholm. Gassman ne isolò piccole quantità nel tessuto osseo e nell’avorio. Presente nelle acque d’alcuni laghi nel Caucaso e dell’Asia Minore: la longevità degli abitanti di quelle regioni, ha portato, recentemente, alla scoperta della sua azione contrastante i radicali liberi, e quindi antitumorale .
Segnalato, per la prima volta, nel 1782, in un minerale aureo, da un ingegnere delle miniere austriache, F. J. Muller, che però lo confuse con l’antimonio. La scoperta definitiva si deve a Klaproth, nel 1798. Presente, anch’esso nelle scorie delle camere di piombo, e nei residui della metallurgia del bismuto e del rame.
Ha azione antidiaforetica, e per questo s’usò, nella sudorazione profusa dei tisici. L’odore agliaceo del fiato e della pelle dei malati, trattati con tellurio, era dovuto ad un suo metabolita, il metiltellururo, eliminato col sudore, la respirazione e gli escrementi.
La facile riducibilità del tellurio fa sì che sia usato come rivelatore di microrganismi, in preparati che non possono essere sterilizzati, per le loro caratteristiche, come sieri, vaccini, prodotti opoterapici: le soluzioni si colorano in rosso e precipitano in nero, se microrganismi sono presenti. Con lo stesso principio si preparano le compresse rivelatrici di placca batterica dei denti e delle gengive (Gosio).
Scoperto da Schèle (1774), in base alla teoria del flogisto, fu considerato come acido muriatico deflogisticato. Berthollet, nel 1785, ritenne, errando, che fosse un composto ossidato dell’acido cloridrico, già noto, e lo nominò, di conseguenza, acido cloridrico ossidato. Davy lo riconobbe come elemento, nel 1811, e lo chiamò cloro.
Rara la presenza in natura e sempre d’origine vulcanica od organica .
Scheele (1774), Geiger (1830), Mac Dougal e Rawson (1849), Klason (1890) e altri, s’occuparono di diversi processi di sintesi. Vanno ricordati in modi particolare quelli che ottengono cloro puro, in grado di distruggere le sostanze organiche, impiegato, in tossicologia, per la ricerca di metalli o metalloidi velenosi; e l’attuale processo elettrolitico, in uso in Germania (a Grieseim, a Bitterfeld, ecc.) dal 1894.
Del cloro si sfruttano, soprattutto l’azione decolorante (candeggina), quella disinfettante delle acque, da potabilizzare (ad esempio con lo Steridrolo) o di rifiuto, e quella purificante nel processo di fabbricazione della cellulosa.
Citiamo qui i coloranti indantrenici, in grado di resistere all’azione candeggiante del cloro, e quindi usati in tintoria.
Gli alchimisti arabi impiegavano l’acido cloridrico, miscelato con l’acido nitrico per sciogliere l’oro (acqua regia). La miscela s’otteneva distillando assieme nitrato di potassio, cloruro d’ammonio e solfato ferroso. Basilio Valentino, nel XI secolo, lo ottenne, da solfato ferroso e cloruro sodico, allo stato puro, e lo chiamò ‘spiritus salis acidus’. Glauber nel 1648 l’ottenne distillando, invece, cloruro sodico e acido solforico e fu chiamato ‘spiritus fumans Glauberi’. Lavoisier lo definì muriatico (muria = sale). Solo nel 1810, dopo le ricerche di Davy, Gay Lussac e Thénard ne fu stabilita l’esatta composizione.
Metodi recenti di preparazione industriale sono il processo Leblanc, per la fabbricazione della soda, dove s’ottiene come prodotto secondario, ed il metodo Hargreaves, migliorato da Robinson.
Trova impiego per saldature in metallurgia, per purificare il nero animale , in tintoria, ed in farmacia come stimolante della secrezione gastrica, in soluzione acquosa diluitissima.
Un accenno all’anidride ipoclorosa, all’ipocloride o biossido di cloro, all’acido clorico e perclorico, energici ossidanti ed esplosivi, per contatto con sostanze organiche o per urto leggero.
Infine al monocloruro di solfo, che s’impiega con il solfuro di carbonio, nella vulcanizzazione del caucciù e per la fabbricazione dell’iprite (solfuro di beta-cloretile), ben noto gas nervino, dai nefasti usi bellici.
Vengono classificati in: 1- lacrimogeni (ad es. il cloro-aceto-fenone, il bromo-fenil-aceto-nitrile, la cloro-picrina); 2- starnutatori, come la difenil-cloro-arsina; 3- vescicatori (l’iprite, la lewisite, un derivato dell’arsina); 4- Nervini e vomitatori (alchil-fluoro-fosfati).
Scoperto da Balard, della Scuola di Montpellier, nelle acque marine. Molti scienziati s’occuparono di esso: Joss, Liebig, Vogel, Berzelius, Delarive, Lowig. Il nome, d’origine greca, significa fetore. E’ presente anche in alcuni molluschi, come la Murex brandaris o la Purpurea lapillus: da questi animaletti gli antichi estraevano il colore porpora (di-bromo indaco). Si può trovare anche nelle ceneri di molte piante, nella soda naturale e nel salgemma.
Fu usato, sotto forma di bromuri, per la depressione della funzione psichica e dei riflessi. Non fu impiegato nell’uso esterno, perché irritante per la cute, gli occhi e le vie respiratorie. Fu preconizzato anche per l’emicrania e per il ronzio delle orecchie, ma con scarsi risultati.
Fu scoperto, casualmente da B. Courtois, nel 1811, mentre estraeva soda dalle alghe marine. Gay Lussac lo chiamò jodio, per il colore violetto dei suoi vapori.
Molto diffuso nelle acque minerali e del mare ed in minerali come il nitro del Cile, il salgemma di Kainite e di Silvina, la carnallite di Stassfurt, i carboni fossili, le fosforiti, le dolomiti, i calcari, il guano, la malacchite. Combinato con piombo, zinco, argento e mercurio, forma bellissimi e rari minerali. Molte piante acquatiche come le alghe, o altre dei generi Menyanthes, Ranunculus, Oenanthes e Nasturtium , ne contengono in quantità variabili dal 14% a tracce. E’ un metabolita fondamentale della tiroide, e la sua carenza provoca gozzismo.
L’estrazione industriale avveniva principalmente dalle alghe marine, come il Fucus o le Laminarie, e per carbonizzazione delle spugne. Ora si preferisce l’estrazione dal nitro del Cile o del Perù, o dalle acque minerali iodurate, anche se questo metodo presenta la difficoltà di dover trattare grandi quantità d’acqua, per ottener solo piccole quantità di iodio. Adottavano questo metodo gli stabilimenti balneari di Salsomaggiore, di Bagni di Monticelli (PR), di Fratta di Bertinoro (FC). In Russia e negli USA l’estrazione avviene dalle acque che accompagnano il petrolio grezzo.
E’ noto il suo potere disinfettante e microbicida, anche se irritante per la cute. L’uso interno è stato abbandonato (salvo che per il gozzo), per le manifestazioni di iodismo, più o meno grave, cui può portare. Ricordiamo comunque l’ormai storico Artritin (sale d’ammonio dell’acido ipoiodoso), impiegato, un tempo, in luogo dei salicilati, nel reumatismo articolare e nella gotta.
Presente in natura allo stato combinato, od incluso in minerali, come, ad esempio, lo smeraldo, fu sintetizzato soltanto nel 1886, dal premio Nobel per la chimica H. Moissan (1852-1907), per le difficoltà pratiche che porta la sua enorme affinità con tutte le sostanze, in particolare, con il vetro degli apparecchi chimici.
Per questa sua caratteristica è preferito ad ogni altra sostanza, per intaccare il vetro (ad esempio, dei termometri), per disgregare i silicati e, nelle smalterie, allo scopo di favorire l’adesività della vernice al metallo. Dotato poi d’azione antisettica marcata, è adoperato per uccidere i fermenti lattici e butirrici dei mosti, poiché, contemporaneamente non si arresta lo sviluppo dei fermenti solubili, la cui diminuzione ridurrebbe la resa alcolica. S’impiega anche come disinfettante delle acque potabili sotto forma di fluoruro d’argento (Tachiolo).
L’acido fluoridrico è più efficace per la smerigliatura del vetro, la placcatura elettrica, la pulizia di pietre e mattoni ed, infine, nelle lavanderie che richiedono una detersione in ambiente acido.
Nel 1895 Lord Rayleigh, mentre studiava la densità dei gas, notò che l’azoto isolato dall’atmosfera, era sempre più pesante che quello preparato in laboratorio. Già 90 anni prima aveva isolato, dai principali componenti l’atmosfera, una frazione definita gas inerte, per la mancata reattività con tutti gli elementi noti. La spettrografia confermò, in seguito l’esistenza di questi gas che Ramsay chiamò, genericamente argon. Tre anni dopo, assieme a Travers scoprì neon, cripto e xeno. L’elio era stato scoperto, invece, 27 anni prima, non sulla terra, bensì durante un esame spettrografico della cromosfera del sole da Janseen e Frankland.
L’elio, come già detto, sostituì presto l’idrogeno negli aeromobili. Fu inoltre sperimentato, con successo, nelle camere iperbariche, per la sua insolubilità nel sangue, a differenza dell’azoto.
L’embolia gassosa dei palombari, colpiva anche, frequentemente, gli operai addetti alla costruzione dei pilastri dei ponti , perché costoro operavano a pressione superiore di quella abituale.
L’elio è, inoltre, un ottimo superconduttore.
Noto l’impiego della luce del neon, nelle lampade, per un minore consumo d’energia elettrica, e per una maggiore penetrabilità della nebbia. Se una scarica elettrica viene portata in un’atmosfera di neon, a pressione ridotta, si manifesta una fiamma brillante, rosso-arancio, che è utilizzata negli avvisatori di pericolo. I fari dei nostri porti sono muniti, appunto, da due lampade, una bianca, fissa, ed una rossa, lampeggiante, entrambe al neon.
L’argon è impiegato sempre nell’industria delle lampade, per la sua inerzia, poiché ritarda l’annerimento dei globi ed assicura una più lunga durata ai filamenti.
Per la scarsa reperibilità, nessun uso pratico hanno xeno e cripto, mentre il radon è impiegato, nella chemioterapia antitumorale, per la sua economicità e per evitare la manipolazione di sali di radio, con eventuali perdite di radioattività.
Nel 1772 Rutheford d’Edimburgo, scoprì, nell’aria un costituente che, da solo non consentiva la combustione e la respirazione. Poiché l’aria veniva considerata un elemento, fu chiamato aria flogisticata. Successivi studi di Scheele, Lavoisier e Chaptal (1823), portarono alla denominazione di nitrogeno: generatore di nitro.
L’azoto serve, in medicina, per la cura della tubercolosi con il pneumotorace, e, nella grande industria, per la preparazione di composti, come ad esempio i sali d’ammonio.
L’ammoniaca era nota agli alchimisti, ma solo combinata. Il nome deriva da Ammon, località dell’Africa settentrionale dove s’estraeva il sale da cui derivarla. Altro sistema d’estrazione, dalle corna di cervo, da cui il sinonimo di ‘spirito di corna di cervo’ (Basilio Valentino).
Allo stato gassoso fu isolata da Priestley (1774), che la chiamò aria alcalina. In seguito fu nominata alcali volatile. La composizione chimica, nota dal 1785, fu definita esattamente da Berthollet nel 1803.
Stimolante, a piccole dosi del sistema nervoso e del centro respiratorio, fu usata per combattere i prodromi dell’ubriachezza (spiritus ammonii anisatus), all’esterno come revulsivo e, tutt’oggi, come neutralizzante delle punture d’insetti, o delle irritazioni di piante urticanti. In veterinaria come eccitante, stomachico e caustico.
Geber (VIII sec.) menziona l’acido nitrico nel “De inventione veritatis”.
Si otteneva per distillazione del salnitro (nitro del Cile), poiché non si trova, in natura, allo stato libero.
Molto usato nell’industria della nitrocellulosa, della nitroglicerina, del tritolo, dell’acido solforico inglese, ricordiamo, fra i derivati, l’aqua regis, già citata, capace di solubilizzare i metalli nobili, resistenti agli acidi isolati.
Il protossido d’azoto fu scoperto nel 1793. Nel 1800, Sir H. Davy, ne scoprì l’effetto esilarante, quando il gas era inalato. Nella seconda metà del ’800. P. Bert (1833-1886) dimostrò che si poteva usare, miscelato con l’ossigeno (4:1) per l’anestesia generale.
Brand, mercante d’Amburgo ed alchimista, nel 1669, alla ricerca della pietra filosofale, distillava il residuo dell’urina, con sabbia ricca di quarzi: scoprì così il fosforo. Da 600-700 l. d’urina se n’ottenevano circa 30 g., che potevano costare fino a 16 ducati.
A Gahn e a Scheele (1769 e 1781) risale la scoperta del fosfato di calcio nelle ossa, ma la natura chimica di quest’elemento si deve agli studi di Lavoisier( 1772-1788). Il nome, portatore di luce, si deve alla caratteristica luminescenza.
In combinazione organica, troviamo il fosforo nella lecitina, nella sostanza nervosa, del tuorlo d’uovo, ecc.. I minerali più diffusi sono la fosforite e l’apatite.
Il fosforo, fregato contro superfici ruvide s’infiamma. Di qui, l’utilizzo, da parte di R. Rottger, nella fabbricazione dei fiammiferi svedesi, ora vietati per l’alta tossicità. Sotto forma di fosfuro di stagno o di rame si usa nella preparazione di un tipo di bronzo.
Gli antichi Cinesi e Babilonesi, utilizzavano l’antimonio per tingere le ciglia. Preparato per estrazione dalla stibina , a metà del XV secolo, da Basilio Valentino, monaco benedettino del convento di Saint Pierre ad Erfurth, che ne descrisse le caratteristiche in “Currus triunphalis antimonii”. Il contemporaneo Paracelso ne trattò le proprietà medicinali, creando, fra gli scienziati del tempo, una famosa disputa che durò più di un secolo; in realtà una guerra fra i partigiani della medicina tradizionale e di quella chimica nascente.
In natura si trova anche sotto forma d’anidride o d’altri sali.
Il tartaro emetico (di potassio ed antimonio) è il farmaco più importante, andato in disuso per l’azione troppo lenta, seguita da depressione. Per iniezione endovenosa presentò efficacia nel trattamento del Kala-azar e d’altre malattie parassitarie tropicali. Entra nella composizione di leghe facilmente fusibili e di gran durezza, come la Britannia, l’antifrizione, il similoro e quelle per caratteri tipografici.
Ricordiamo la ‘pulvis angelicus’ o polvere dell’Algarotti e il ‘liquor stibii chlorati’ (tricloruro d’antimonio ed acqua, in proporzioni diverse), caustici energici, impiegati nella fase esterna nel lupus eritematosus. Entrambi furono usati anche per la brunitura dei metalli.
E l’anidride antimoniosa, nota con vari sinonimi: stibium oxidatum album, stibium emeticum, stibium griseum, flores antimonii, bianco d’antimonio; già nota a Dioscoride, Galeno, Plinio Ezio. Berzelius nel 1812 ne stabilì, definitivamente la composizione.
Il vetro d’antimonio, ottenuto fondendo assieme trijoduro e solfuro d’antimonio, fu, a lungo utilizzato nell’industria chimica.
L’antimonio esplosivo è una miscela di tricloruro d’antimonio in antimonio.
Lo stibium sulfuratum crudum è la stibina, già detta, mentre lo stibium sulfuratum rubeum sine oxido stibico è un miscuglio d’antimonio rosso e piroantimoniato di sodio ed era detto kermes . Kermes minerale o di Kluzel ; e pulvis carthusianorum, era invece nominato il kermes con ossido d’antimonio. Nel 1810 il governo francese, riconoscendone l’utilità acquistò il brevetto per la preparazione.
Il fegato d’antimonio è la massa giallo-bruna che s’ottiene per fusione del trisolfuro d’antimonio con carbonato di potassio. Ha la proprietà d’essere solubile in acqua. E’ utile, anch’esso, per la brunitura dei metalli.
Il sulfur auratum stibii, o solfodorato d’antimonio, è un pentasolfuro usato nella vulcanizzazione della gomma.
Sotto forma di realgar ed orpimento era già noto nell’antichità, anche se veniva ritenuto una varietà di solfo . Come elemento venne riconosciuto da Alberto Magno (XIII sec.), ma la prima preparazione s’attribuisce a Geber (VIII sec.). G. Brandt lo isolò puro nel 1733, ma ne considerò l’anidride come un derivato calcico; solo Lavoisier la riconobbe come un ossido.
D’importanza tossicologica notevole: un certo numero di decessi anche recenti, dovuti ad avvelenamento arsenicale, fu attribuito ai pigmenti impiegati per la carta da parati. Nel 1839 si scoprì che l’odore agliaceo, si sentiva nelle stanze incriminate, anche quando era esclusa la possibilità di inalare particelle arsenicali, per il fatto che la vecchia carta era stata coperta da nuova, priva di pigmenti tossici. La spiegazione di questo ‘mistero’ fu data, definitivamente da Challenger (1935) che osservò come l’anidride arseniosa o altri composti arsenicali, in presenza di certi ceppi di muffe sviluppa la trimetil-arsina, gas venefico dal caratteristico odore d’aglio. Ricordiamo qui come, i cadaveri di avvelenati da arsenico tendono a mummificare, per un ritardato processo putrefattivo.
L’anidride arseniosa fu usata come potente insetticida, nella sintesi del verde di Schweinfurt e di Scheele, per la preparazione e conservazione degli animali impagliati, nella stampa su cotone e nella fabbricazione del vetro.
Un cenno al trisolfuro d’arsenico, usato un tempo come depilatorio .
Fu variamente chiamato nel passato: marcasite, wismat (da Paracelso), bisemutum, (da Agricola ). Descritto da Pott nel 1739. G. Geoffroy il giovane (1685-1752), medico, chimico, esperto di mineralogia e botanica, trattò, per primo, delle sue reazioni chimiche.
I sali insolubili (quelli solubili sono altamente tossici) furono usati principalmente come astringenti ed antisettici intestinali, nella cura della sifilide, come primi mezzi di contrasto.
Il triossido di bismuto è impiegato nella preparazione di vetri ottici, per la maggiore durezza e potere infrangibile, rispetto al piombo.
Isolato nel 1801, da A. M. Del Rio, in un minerale di piombo, a Zimapan (Messico), fu chiamato eritronio. Estratto poi da N.G. Sefstrom da un minerale di ferro, in Svezia, fu nominato vanadio, dal nome della dea nordica Vanadis, corrispondente alla germanica Freia. Nel 1831 Wohler dimostrò che entrambi gli elementi erano la stessa cosa. In genere associato, in piccole dosi ad altri minerali, solo la carnotite del Colorado (vanadato d’uranio) ne contiene il 19%. Serve per la preparazione d’acciai speciali. Gli usi farmacologici preconizzati, non hanno dato buoni risultati.
Il columbio fu scoperto, nel 1801 da Hatchett, in un minerale del Connecticut. Nel 1802, in Svezia Ekeberg isolò il tantalio. In un primo momento si pensò trattarsi del solito elemento; solo nel 1865 si dimostrò che erano due elementi diversi, anche se simili, per proprietà chimiche. Utilizzati per le caratteristiche metalliche, nei filamenti delle lampade, prima del tungsteno, e, in luogo del platino, nei pesi campione.
I soffioni di Larderello, in Toscana, ed altre manifestazioni vulcaniche simili, liberano enormi quantità d’acido borico. Il boro, allo stato puro, fu isolato, per la prima volta da Davy, nel 1807. In natura si trovano parecchi sali come il borace , o sale di Tinkal (Tibet) e la boracite, il tetraborato di sodio.
L’acido borico è impiegato come antisettico e disinfettante (acqua borica), e come conservante, anche se la legge, oggi, non ne permette l’utilizzo, in quest’ultimo caso, e ha limitato anche l’uso farmacologico.
Il borace entra nella composizione dei vetri al boro-silicio, che hanno un indice di rifrazione particolare, ed in processi di saldatura o fusione metallica.
I perborati hanno le stesse caratteristiche ed usi, ma la capacità di liberare ossigeno nascente ne potenzia gli effetti. Noto l’utilizzo come imbiancanti dei tessuti nelle lavanderie.
CARBONIO
Elemento fondamentale nella costituzione degli organismi animali, vegetali e di molti minerali . Il carbone amorfo animale e quello vegetale interessano la chimica e la farmacologia, in quanto antiputridi, decoloranti, deodoranti, adsorbenti.
Ricordiamo fra le preparazioni la polvere dentifricia .
L’ossicloruro di carbonio o fosgene, è, purtroppo, un ben noto aggressivo chimico.
L’anidride è tuttora in uso per gassificare le acque minerali; in medicina s’impiega come farmaco nelle dispepsie gastriche, in quanto stimola le pareti dello stomaco ad un funzionamento ottimale; è leggermente anestetizzante, e antiemetica . Battericida, è impiegata nel trasporto d’alimenti deperibili come frutta, pesci, ecc.; fu proposta anche per la derattizzazione delle navi. Poiché non mantiene la combustione la neve carbonica o ghiaccio secco s’usa in alcuni tipi d’estintori. La stessa è impiegata, in dermatologia, come caustico e, in chimica e nell’industria, per ottenere temperature molto di sotto lo zero.
Il solfuro di carbonio, ottenuto scaldando la pirite col carbone, è invece utilizzato come solvente di molte sostanze: solfo, iodio, oli, grassi, caucciù, vernici. L’alta tossicità e infiammabilità l’hanno fatto sostituire con il tetracloruro. Ricordiamo l’impiego per sgrassare i cascami della lana o per la preparazione dello xantogenato di cellulosa (seta artificiale del processo alla viscosa); e come comburente nei lanciafiamme . La tossicità ne ha limitato l’uso in farmacia, pur essendo un ottimo battericida, antiputrido e conservante.
SILICIO
Diffusissimo componente minerale della crosta terrestre, sotto forma di silicati ed acido silicico, fu preparato, nel 1823 da Berzelius, in forma amorfa; quello cristallino da Saint-Clair Deville, l’anno successivo.
Allo stato puro s’impiega in metallurgia, per aumentare la resistenza e la malleabilità dei metalli.
I silicati s’usano per la mordenzatura dei tessuti, nella fabbricazione del vetro, delle vernici ignifughe; inoltre, nell’industria dei saponi, come adsorbente (gel di silice), nella fabbricazione d’apparecchi rigidi destinati ad immobilizzare gli arti, in caso di frattura.
I fluosilicati sono impiegati, abusivamente, come conservanti.
TITANIO
Scoperto da Klaproth(1795) nel rutilo , ma l’ossido (rutilo, anatasio, brookite) era già noto dal 1789 al rev. W. Gregor; Diffusi anche il titanato potassico, quello ferroso o ilmenite, quello di calcio o perofskite,
Impiegato soprattutto nella metallurgia, sono stati preparati, dall’industria farmaceutica, saponi contenenti lo stearato, per le forme eczematose, in quanto il titanio esercita un’azione cheratoplastica e antripruriginosa.
GERMANIO
Solo previsto da Mendelejeff, che lo chiamò ekasilicio, fu scoperto da Winker (1886), nell’argirodite, solfuro di germanio e argento, minerale estratto in Bolivia e a Friburgo.
Preconizzato come ematopoietico nell’anemia perniciosa, è usato, ora, in chimica analitica.
ZIRCONIO
Scoperto da Klaproth nello zircone. Chimicamente si comporta come anfotero .
STAGNO
I Fenici importavano, dalla Britannia, lo stagno per fabbricare, in lega con il rame, il bronzo. Frequentemente, però, in passato venne confuso con il piombo.
Quello più puro in commercio è lo stagno Banka (Indie orientali), importato dagli Inglesi e, per questo, detto granulato inglese.
Di dominio pubblico la stagnatura del ferro, per proteggerlo dalla ruggine, e notissima è la latta. Entra in varie leghe: il bronzo, lega antifrizione, lega per saldature . L’amalgama di stagno è impiegata nella fabbricazione degli specchi .
Il cloruro stannico fu preconizzato come antielmintico ed antisettico nella foruncolosi e nell’antrace.
Fu descritto da Libavius nel 1605 (spiritus fumans Libavii). Successivamente fu nominato anche butyrrum stanni.
POTASSIO
Fu ottenuto, soltanto nel 1807 da Davy, per elettrolisi della potassa idrata, che, fino ad allora era considerata un elemento.
Diffusissimo in natura, come cloruro, nitrato solfato, fosfato, acetato, ecc.. Le ceneri delle piante lo contengono in discreta quantità, in particolare tabacco, tanaceto ed assenzio.
La società Griesheim-Elektron preparò il potassio da un miscuglio di potassio e carburo di calcio.
Il cloruro (sal digestivum o febrifugum Sylvii), fu, appunto, preconizzato, per questi usi, da Sylvius de la Boe (XVII sec.).
A Stassfurt s’estraggono due minerali che lo contengono: la silvina, e la carnalite.
Addizionato di carbonato e cloruro di calcio, si fa volatilizzare: il residuo può essere trasformato in un cemento tipo Portland.
Lo ioduro fu impiegato, in veterinaria, nella cura dell’actinomicosi .
L’ossido (potassa caustica) ha la proprietà di disorganizzare rapidamente i tessuti organici.
Il clorato, liberatore d’ossigeno, fu usato, per questo, in medicina. Nell’industria trova impiego in pirotecnica, per la fabbricazione dei colori e dei fiammiferi. La caratteristica di esplodere, in presenza di riducenti, fu sfruttata dai ragazzi della prima metà del ’900, per i famosi ‘botti’: comprimevano, con un sasso o col tacco della scarpa, una pastiglia di clorato di potassio e polvere di solfo.
Noto fin dal XIV secolo (Isacco Hollandus), il solfato di potassio fu chiamato, nel 1608, da O. Croll ‘specificum purgans Paracelsi’. In seguito fu detto anche ‘tartarus vitriolatus’, e, da Glaser, ‘sal polychrestum’ .
Presente nei giacimenti di Stassfurt, in grandi depositi di polialite in Texas, nelle ceneri delle alghe, in molte acque minerali, e nelle lave vesuviane, in piccola quantità.
I residui della purificazione, nella sintesi industriale, sono usati come concime.
Il nitrato, unito al carbone entra nella composizione della polvere nera; e di concimi, come pure il solfato.
La preparazione della potassa (carbonato) dal tartaro è già descritta da Dioscoride, nel I secolo, ma, solo nel 1775, Black ne determinò la composizione. Si preparava per lisciviazione delle ceneri delle piante, dai residui della fabbricazione dell’alcool e dello zucchero, o dall’acqua di lavaggio delle lane. Impiegato nell’industria vetraria e dei saponi. Come diuretico in veterinaria.
Il bicarbonato, scoperto da Charteuser nel 1757, è usato, in terapia, come antiacido, in tecnica farmaceutica, come fonte d’anidride carbonica, e nella preparazione di sali o soluzioni effervescenti.
Il silicato liquido, ottenuto per fusione, a 1400°, di sabbia, addizionata di carbonato di potassio, è adoperato nella fabbricazione d’apparecchi rigidi per l’immobilizzazione degli arti.
Il potassio meta-bisolfito è noto essere impiegato in enologia, come disinfettante, decolorante e stabilizzante dei mosti.
Plinio (I sec.) conosceva già il fegato di solfo (polisolfuro di potassio), ed Alberto Magno (XIII sec.) ne descrisse la preparazione, per fusione del solfo con potassa. La denominazione proviene da Basilio Valentino. In uso in dermatologia e nell’artigianato dei metalli e del legno.
SODIO
Scoperto da Davy (1807) per elettrolisi della soda caustica. Presente in natura solo salificato, soprattutto nel salgemma (cloruro), o disciolto nell’acqua marina, sempre sotto forma di cloruro, o solfato; nel nitro del Cile, come nitrato.
I sali di sodio, a parte la funzione essenziale dello ione Na+ (e Cl-) nella pompa del sodio, essenziale per la vita, hanno le stesse funzioni dei corrispondenti del potassio. Ricordiamo l’uso alimentare del cloruro, il processo di saponificazione con la soda caustica e grassi e l’ipoclorito sbiancante dei tessuti e potabilizzante dell’acqua (Steridrolo).
Lo Ionol (ossi-cloruro) ha azione disinfettante; l’Antiformina, soluzione alcalina d’ipoclorito, è utile per la determinazione del bacillo tubercolare, l’unico che gli resiste.
Il clorito Mathieson è un potente ossidante, che imbianca le fibre della cellulosa, senza degradarle; si usò anche nelle manifatture con amido.
Il tiosolfato s’impiegò, in farmacia, come catartico e nelle dispepsie fermentative, come vermifugo, in dermatologia e come antidoto, per il potere chelante, negli avvelenamenti da arsenico, bismuto, cianuri, sali di mercurio; nella difesa antigas, come protettivo contro il cloro e il bromo; in tecnica fotografica.
Il solfato, ottimo purgante, s’impiega anche nella fabbricazione del vetro.
Il fosfato bi-sodico, isolato da Geber, fu studiato da van Helmont nel 1644. Solo nel ’700, fu riconosciuto chimicamente e sintetizzato da Pearson. E’ un blando purgante, usato soprattutto per clisma.
Il carbonato è presente in molte acque minerali (Karlsbad, Vichy, Ems, Bilin). Il ‘sal thermarum Carolinense, o Karlsbader salz, contiene essenzialmente carbonato, cloruro e solfato di sodio, quindi è stato preparato anche artificialmente.
D’interesse solo storico l’estrazione dalle ceneri d’alghe marine, o come prodotto secondario dell’estrazione del fluoro e dell’alluminio dalla criolite, mentre il processo Solvay, che ha sostituito tutti gli altri, è tuttora seguito.
Si usava anche per la preparazione della soluzione concentrata di catrame.
Il bicarbonato è più idoneo per la preparazione d’acque gassose.
L’ipofosfito fu preconizzato, con scarsi risultati, nel trattamento della tubercolosi.
LITIO
Scoperto nel 1817 da J. A. Arfvedson nella petalite, fu isolato, per la prima volta da Bunsen e Matthiessen, nel 1855. Presente in acque minerali come quelle di Mur Springs a Baden-Baden, in vari minerali (il giacimento maggiore è quello di Black Hills in Sout Dakota), e nelle ceneri di molte piante come la barbabietola e la canna da zucchero, il the, il caffé, il tabacco. E’ un utile antipsicotico.
Non vi sono particolari curiosità, per RUBIDIO, e CESIO, scoperti negli anni 1860-1861, da Bunsen e Kirchhoff, salvo che il cesio, è stato il primo elemento scoperto per mezzo della spettroscopia.
Poniamo qui di seguito i sali d’ammonio, per l’affinità chimica che il catione NH4+ ha con i metalli alcalini.
I SALI D’AMMONIO
Erodoto (V sec. a.C.) e Strabone (I sec d. C.) riportano notizie sull’estrazione del cloruro d’ammonio nelle vicinanze del tempio di Giove Ammone, ad Ammon, ma spesso si confondevano questi sali col salgemma. Solo Geber nel VIII secolo, lo descrive precisamente. Fino a metà del XVIII secolo sarà estratto per sublimazione della fuliggine, ottenuta bruciando sterco di cammello con sale marino.
In farmacologia presenta un’azione stimolante del respiro. Nell’industria è impiegato in tintoria, per la pulitura dei metalli, e per la preparazione di pile elettriche.
Il carbonato, ottenuto da Raimondo Lullo (XIII secolo), ha azione rubefacente, espettorante e di stimolante cardiaco.
L’ammonio solfoittiolato è il principale componente della pomata risolvente all’ittiolo. E’ la frazione solida residua che s’ottiene dalla distillazione di schisti bituminosi , e nella preparazione del catrame.
CALCIO
Nel XIV secolo I. Hollandus parlò del cloruro di calcio, ottenendolo dalla distillazione del cloruro d’ammonio con calce viva: lo chiamò sale ammonico fisso. L’oleum calcis, definito così nel XVII secolo, è il cloruro andato in deliquescenza, per effetto dell’umidità dell’aria.
E’ un emostatico locale, cardiotonico, antidiarroico, antiemetico, antiasmatico, antidrotico; si usò nel trattamento della tubercolosi ossea, e della febbre biliosa emoglobinurica, per le proprietà antiemolizzanti. Industrialmente s’impiega nella preparazione delle miscele frigorifere e nella fabbricazione del ghiaccio. Ha azione disidratante; entra nella composizione di alcuni cementi.
Si cercò d’impiegarlo anche per diminuire il sollevamento della polvere sulle strade, ma la poltiglia che si formava provocava danni ai circuiti elettrici dei veicoli, perciò ne fu abbandonato l’impiego.
L’ossido può essere impiegato in fertilizzanti ed insetticidi, nella fabbricazione dello zucchero, del vetro, della carta, di alcuni esplosivi.
La sua soluzione, l’acqua di calce, serve per preparare il linimento oleo-calcareo, utile nelle scottature.
Il cloruro, nella forma solida, fu usato, durante la prima guerra mondiale, come mezzo di protezione dall’azione vescicante dell’iprite, e per ulcerazioni cancrenose. In soluzione al 2-5% per lavaggi nel trattamento della difterite e della blenorragia.
Il solfato, detto gesso cotto, noto sin dall’antichità, per la proprietà d’indurire, a contatto con l'acqua, dopo un trattamento di calcinazione, fu spiegato definitivamente da Lavoisier .
Entra nella composizione di cementi e dello stucco.
Il carbonato, noto agli antichi come ‘pietra di calce’, fu poi detto spato d’Islanda. In forma cristallina esiste anche un’altra varietà minerale, l’aragonite. Allo stato amorfo costituisce il calcare .
STRONZIO
Del tutto simile al calcio.
Nella medicina omeopatica i sali di stronzio, sono impiegati come ipotensivi e nelle tumefazioni ossee.
BARIO
Dallo spato, Scheele e Gahn, isolarono (1774-1775) una terra pesante, che chiamarono barite.
Per l’opacità ai raggi X, il solfato è impiegato come mezzo di contrasto nella diagnosi radiografica dell’addome. Si somministra in sospensione al cioccolato, o in sciroppo di gomma (Citobarium, Eubaryt, Roebaryt, Idrabarium, Brotoba).
RADIO
Scoperto dai Curie, nel 1898, fu isolato solo nel 1910. E’ nota l’applicazione in radiodiagnostica e radioterapia. Si trova, in natura, associato a sali d’uranio, in quantità talmente irrisorie, che, a metà del ’900, non n’erano stati estratti, in tutto il mondo, che 600 g. circa. Basti dire che una tonnellata di carnotite contiene appena 4 mg. di Radio. Si può trovare anche in Italia a Lurisia (Cuneo).
Ora è però possibile utilizzare numerosi radioisotopi in quantità di microcurie sufficienti.
Trova impiego anche per la preparazione di colori luminosi.
BERILLIO
Isolato dal berillo , sotto forma d’ossido, detto glutina per il sapore dolce, da Vaquelin .
Riveste una notevole importanza nella metallurgia, dove entra nella composizione di molte leghe leggere.
In medicina i pareri sull’utilizzo furono contrastanti: molti studiosi sostenevano che provocava gravi lesioni all’organismo umano. Altri ricercatori ne auspicarono l’uso per l’azione benefica sull’accrescimento e sulle difese immunitarie, per la stimolazione dell’ematopoiesi ed infine come antistafilococcico.
MAGNESIO
Non è presente allo stato libero in natura, ma in numerosi minerali (dolomite, talco, olivina, asbesto, serpentino, spinello, ecc.). E’, inoltre, un costituente della clorofilla .
I primi tentativi d’isolarlo risalgono al 1830. Bussy lo ottenne per riduzione dell’ossido con il sodio e, nel 1852, Bunsen lo preparò con il processo elettrolitico.
Il magnesio metallico è impiegato per ottenere effetti luminosi (lampada al magnesio, bengala, fuochi pirotecnici) ed in leghe come il magnalio (con l’alluminio).
Altri metalli sono impiegati in pirotecnica per il colore intenso che emanano bruciando: l’alluminio dà una colorazione bianca ma diversa da quella del magnesio, il sodio, gialla, il rame, blu, il bario, verde, lo stronzio ed il calcio danno due tonalità di rosso, l’arsenico, lo zinco e l’antimonio tre diversi azzurri, il potassio un rosso-viola che permane per pochi attimi.
Il cloruro, entra nel processo d’apprettatura dei tessuti di cotone. Calcinandolo con l’ossido si ottiene una massa dura, il cemento di magnesia o di Sorel.
L’ossido, o magnesia usta, o terra amar, noto fin dal 1755 (Black), si prepara per combustione del magnesio all’aria, o riscaldando il carbonato basico (magnesia alba). Si usa come cemento, per la filtrazione dell’acqua, come rivestimento dei convertitori per l’affinamento dell’acciaio ed, infine per la fabbricazione di mattoni refrattari. Idratato è uno dei migliori antidoti per gli avvelenamenti da anidride arseniosa e da acidi.
L’Ermitina, una soluzione di magnesio ipoclorito, ottenuta per elettrolisi dell’acqua marina col metodo Hermite, da cui il nome: si usa in medicina, come disinfettante.
L’Opogan, ossido di magnesio associato al 15% almeno di perossido, è un antisettico gastrico ed intestinale, come, del resto, il solfito.
Nota a tutti l’azione purgativa del solfato (sale amaro o inglese, sal canale, sale d’Epsom, di Pulna, di Sedlitz, di Hunyadi Janos). Ottenuto, per la prima volta, da Grew, nel 1694, dalle acque minerali d’Epsom, e, in seguito, da Hoffmann da quelle di Sedlitz . Solo nel 1886 Grunberg lo isolò da un minerale, la kieserite. Nell’industria si sfrutta per apprettare i filati, nelle manifatture di vernici, colori, saponi.
Il carbonato basico è ottenuto industrialmente col metodo Pattinson: una sospensione acquosa di dolomite, in precedenza calcinata in modo leggero, viene sottoposta a vapori d’anidride carbonica. Entra nella composizione del citrato di magnesio che, sciolto in acqua, dà luogo ad una gustosa bevanda dissetante e digestiva; della limonata citromagnesiaca e dei dentifrici .
Il talco (silicato idrato) si trova in vari giacimenti in Piemonte, Alto Adige, Scozia, Canada, Transvaal. Oltre che come polvere aspersoria per l’igiene quotidiana, trova numerosi impieghi nell’industria delle calzature e nella fabbricazione d’oggetti di gomma. Si usa come chiarificante di liquidi.
ZINCO
Paracelso fu il primo a citare lo zinco, che era importato dall’Oriente. Usato per gli anodi delle batterie, per alcuni utensili, leghe metalliche come l’ottone o l’alpacca. Un accenno al processo di zincatura del ferro, con bagni nello zinco fuso o per elettrolisi, per proteggerlo dalla ruggine.
Il cloruro è un caustico ed un disidratante. S’impiega per la conservazione di reperti anatomici e del legno (per impregnazione).
L’ossido di zinco (bianco di zinco, fiori di zinco) entra nella composizione della Pasta del Lassar, famosa per proteggere la cute del sederino dei neonati.
Il perossido (Peridrolo o Ektogan) è una polvere aspersoria (o matita) per piaghe infette.
Il solfato è astringente ed emetico. In tecnica trova impiego come mordente, preservante del legno e delle pelli. Facendolo reagire con solfuro di bario, s’ottiene una soluzione detta Litopone, usato per la pittura.
Il fosfuro di zinco è un potente veleno che trova impiego nella derattizzazione.
Del solfuro (blenda) si sfrutta, soprattutto la fosforescenza, da verde-giallo a rossiccia, che si ha, specialmente per sfregamento; simile a quello di calcio, detto fosforo di Canton, ed a quello di bario, detto fosforo bolognese, perché scoperto da V. Cascariolo (XVI sec.) che, pensando potesse trattenere la luce del sole, lo chiamò lapis solaris. Tutte queste sostanze sono adoperate per la preparazione di vernici luminose e per i quadranti degli orologi.
CADMIO
Scoperto nel 1817 da Stromeyer, chimico di Gottinga, si trova, in natura sempre associato a minerali di zinco. Pericoloso veleno, non deve venire a contatto con gli alimenti, per la massima affinità che presenta con gli acidi organici, con cui si combina.
RAME
Estratto fin dall’antichità dalle miniere, molti suoi sali, o acidi vennero detti tutti, comunemente, vetriolo, generando un poco di confusione.
Diffuso in natura in molti minerali, tra cui la calcopirite.
Caratteristica la sua alta presenza nei pigmenti del piumaggio di molti uccelli tropicali e nel sangue dell’Octopus vulgaris, dove sembra che il ferro sia sostituito, in buona parte, da esso.
Secondo solo al ferro, come metallo, in quanto all’uso: industria elettrica, leghe per gioielli e monete, come l’ottone, il metallo da specchi, per strumenti ottici, il bronzo ordinario e da cannoni, il bronzo d’alluminio, l’argentana.
Il cloruro ramico entrava nella composizione del ‘liquor antimiasmaticus Kochlini’, mentre l’ossido ramico fu preconizzato come antielmintico ed, esternamente come risolvente d’ingorghi ghiandolari e nell’amaurosi ; per iniezione ipodermica fu impiegata, nella cura del cancro, la soluzione colloidale (Cuprase).
L’idrossido ramico, che mette la cellulosa in soluzione, dalla quale si può riprecipitarla inalterata, in forma di filamenti, fu impiegato nella preparazione della seta artificiale.
Il solfato ramico, caustico, antisettico, astringente disinfettante, fu preconizzato, a piccole dosi per os, come risolvente della scrofola (come anche l’arsenito, detto anche verde svedese o di Scheele), e come antidoto nell’avvelenamento da fosforo (assieme al carbonato basico).
Il verde di Parigi, altro sale doppio di rame e arsenico fu usato come insetticida.
La soluzione cupro-potassica (reattivo di Feeling) è utile per la determinazione degli zuccheri negli alimenti.
Nel 1693, Stisser preparò il solfato ramico ammoniacale, chiamandolo ‘ arcanum ephilecticum’, usato poi nell’epilessia, come antinevralgico, e nel collirio detto acqua celeste .
Il nitrato è impiegato in tintoria.
Molti sali di rame sono tuttora impiegati come antiparassitari, antifungini, specialmente contro la peronospora della vite, o per la disinfestazione delle sementi. Ricordiamo, fra tutte le preparazioni, la poltiglia bordolese o mistura di Bordeaux (solfato di rame e latte di calce).
Il fosfato s’impiega nella stampa dei tessuti e nella galvanoplastica.
MERCURIO
Menzionato da Aristotele (400 a. C.), da Teofrasto (300 a. C.) ed, in seguito da Dioscoride. L’estrazione risale al 415 a. C. Plinio riporta che dalle miniere d’Almaden (Spagna) erano importate a Roma 40000 libbre di mercurio l’anno. Era chiamato hydrargirium o argentum vivum; nel Medioevo prese la denominazione di Mercurius vivus.
Nonostante l’uso intenso degli alchimisti, nel tentativo di trasformarlo in oro, solo nel XVIII secolo, se ne stabilì la natura chimica d’elemento metallico.
A temperatura vicina all’ebollizione, si trasforma in ossido rosso (mercurius precipitatus); agitato con diversi liquidi, in presenza d’altri elementi o composti, in una polvere grigia impalpabile detta etiope. In passato s’utilizzavano diversi etiopi (antimoniale, granitico, cretico, marziale ed adiposo) , che dotavano il mercurio di una maggiore capacità di essere assorbito. L’aethiops adiposus, o unguento cinereo, o pomata mercuriale compariva ancora nelle farmacopee del ’800. Quello granitico è impiegato nell’industria estrattiva d’oro ed argento, tramite il metodo dell’amalgama , per la fabbricazione degli specchi, per la doratura ed argentatura a fuoco, per la preparazione del fulminato di mercurio e per strumenti come i termometri o i barometri.
Molto usato, un tempo, in farmacia come antisettico (sublimato, cianuro, bijoduro), come caustico (calomelano), nel trattamento dell’acne, dell’eczema secco, delle cheratiti, della congiuntivite; come purgante, emetico, diuretico; nel trattamento della sifilide.
Il calomelano a vapore (cloruro mercuroso), detto anche mercurio dolce o precipitato bianco, s’impiegava anche per fumigazioni, secche od umide e come colagogo e disinfettante intestinale.
Il cloruro mercurico, descritto da Geber, che lo chiamò sublimato corrosivo, e da Rhazes ed Avicenna, entra nella lavorazione all’anilina; s’impiegava nella stampa dei tessuti, per mantenere bianche le zone che non dovevano essere impregnate dal colore; inoltre, per intaccare l’acciaio e per conservare il legno.
Il cloramiduro, s’usava come antiparassitario nella scabbia.
Lo ioduro è un ottimo battericida, perciò impiegato per conservare la salda d’amido.
Dell’ossido mercuroso, ricordiamo soltanto che era detto mercurius cinereus, sive praecipitatus, sive solubilis Moscati (dallo scopritore).
Il nitrato di mercurammonio era chiamato mercurius solubilis Hannemanni o hydrargirium oxidatum nigrum, o mercurius cinereus Blackii.
L’ossido mercurico (mercurius praecipitatus ruber, o flavum) fu scoperto da Lullo (XIII sec.).
L’ossido rosso è impiegato nell’industria dei pigmenti colorati, della porcellana, delle vernici per le navi, allo scopo d’impedire l’adesione allo scafo d’alghe, crostacei, ecc.. Nominiamo soltanto l’acqua fagedenica gialla o nera, ottenute miscelando l’ossido con idrato di calcio.
Il nitrato mercuroso (vitriolum mercurii) ha solo importanza di laboratorio: è il reattivo di Milton, per la ricerca delle proteine.
Il solfato, turpethum minerale di Basilio Valentino, è ormai in disuso.
I solfuri furono noti, a seconda della metodica di preparazione o del colore, con diversi nomi (cinabro per sublimazione, cinabro vermiglione, aethiops mineralis, sive mercurialis Turqueti, pulvis narcoticus sive hypnoticus). Quello rosso entrava nella composizione del decotto di Litmann, e della polvere escarotica di Padre Cosimo. Ora sono impiegati solo come pigmenti colorati.
Sali di mercurio sono utilizzati in tinture per capelli.
ARGENTO
Chiamato dagli alchimisti Luna o Diana, e rappresentato dal simbolo della luna crescente, è, più volte, citato nel Vecchio Testamento. Fu usato da numerosi popoli antichi per il conio delle monete. I Fenici l’importavano, addirittura dall’Armenia e dalla Spagna.
Non ci soffermeremo sulla metallurgia dell’argento, molto varia e complessa. Ricordiamo l’impiego per utensili, attrezzi, posaterie, ecc.; l’argentatura tramite placcatura o processo galvanico; la fabbricazione degli specchi.
Grande importanza riveste l’utilizzo che se ne fa in tecnica fotografica.
Le lastre, o le pellicole di celluloide vengono ricoperte da un’emulsione di gelatina, con, sospeso, bromuro (o nitrato ed acetato) d’argento, che è impressionata, dalla luce, allo scatto della fotografia.
Lo sviluppo avviene per mezzo di una soluzione di pirogallolo o idrochinone . Il fissaggio s’ottiene mediante un bagno di tiosolfato sodico, che impedisce che il bromuro, influenzato dalla luce, venga ridotto. La stampa s’esegue ponendo il negativo su di un foglio di carta al bromuro, esponendo poi il tutto alla luce. Anche in questa fase del processo occorre procedere ad un bagno fissatore.
Naegeli definì azione oligodinamica, la proprietà battericida marcata, che si ottiene ponendo un sale d’argento, come il cloruro o il fluoruro, in acqua.
Il fluoruro fu preconizzato anche per la cura della tubercolosi.
Il nitrato d’argento ammoniacale è stato abbandonato per la formazione, durante le fasi di preparazione, d’argento nitride o fulminante, altamente esplosivo per urto o sfregamento.
Ancora in uso i bastoni di nitrato d’argento in nitrato di potassio 9:1, detti un tempo ‘pietra infernale con nitro’, come caustico nelle piaghe torbide.
L’Ozargone è una miscela di permanganati d’argento e manganese, detta ozonizzante; s’impiega anche come antisettico e cicatrizzante.
ORO
Anche gli uomini della preistoria lavoravano l’oro per ottenere oggetti d’ornamento e utensili, come pettini, fibbie, ecc.. In alcune tombe del 2500 a. C. furono scoperte figure rappresentanti l’estrazione dell’oro da minerali di quarzo. In alcune, risalenti al 1350 a. C. circa, affreschi con immagini di miniere d’oro. Le miniere d’oro della Nubia furono intensamente sfruttate dagli Egizi. Plinio descrive l’estrazione dell’oro per amalgamazione. Risale al II secolo il processo di coppellazione per purificare l’oro , anche se Geremia riferisce, nella Bibbia, di un processo, che risalerebbe a 800 anni prima, il quale potrebbe essere il solito. Gli alchimisti chiamarono l’oro Sole o Apollo, e lo rappresentarono con il simbolo della perfezione, un cerchio con un punto al centro, o con la testa d’Apollo circondata da raggi.
Diffuso in rocce aurifere, in genere unito ad altri minerali, e nelle acque d’alcuni fiumi e torrenti: ricordiamo la migrazione di molti improvvisati cercatori americani nel Klondinke (Alaska), nel XIX secolo.
L’estrazione avviene col processo d’amalgamazione detto prima, con quello di levigazione, quello di clorurazione e quello di cianurazione. La raffinazione, oltre che con il metodo della coppellazione a caldo, e di quartazione, ormai entrambi abbandonati, avviene per elettrolisi .
Impiegato, un tempo, in medicina, per la tubercolosi e la sifilide, trova ormai l’unico impiego attuale nelle forme reumatiche degenerative, anche se la tossicità a livello renale ne ha compromesso l’uso. Si impiega ancora nelle protesi dentarie.
L’oro colloidale, detto Zimaurolo, s’impiegò per stimolare la leucocitosi.
A. Cassius descrive in un suo lavoro del 1685, “De auro” la porpora, detta, appunto, di Cassio, ottenuta miscelando cloruro tannico, stannoso e d’oro, che s’adoperava, un tempo per colorare vetro e smalto.
L’iposolfito doppio auroso-sodico (sale di Fordos e Gélis) , detto Sanocrisina di Mollgaard, s’impiega come stabilizzante nella tecnica fotografica.
Il cloroaurato sodico o sale di Figuier , si usa in fotografia e per bagni di doratura. Lo stesso dicasi per l’Auritiol, aurosolfito sodico, detto sale d’Oddo e Mingoia.
PIOMBO
Estratto fin da tempi remoti, fu usato dal I secolo d. C. per le tubature dell’acqua. I minerali principali sono la galena (solfuro), la cerussite (carbonato), l’anglesite (solfato).
D’interesse sociale la sua tossicità, dovuta soprattutto all’accumulo che si può creare nel nostro organismo, per l’insolubilità del metallo. L’avvelenamento interessò, nel recente passato, gli addetti alla fabbricazione o alla manipolazione di vernici, come il minio e la biacca, di caratteri di stampa, di pallini da caccia, di tubi, piastre, accumulatori, ma anche per il contatto con l’acqua stagnante in contenitori di piombo, o di vino, fabbricato con tale acqua.
Il protossido , e l’acetato basico furono molto in uso in medicina (ricordiamo l’empiastro diachilon, la soluzione d’acetato basico), ma anche in metallurgia, nelle industrie della ceramica, del vetro, delle vernici, del cemento, e come pigmenti.
Sono noti il minio (ossido rosso), pigmento di vernici antiruggine, e la biacca (carbonato basico) imbiancante per i muri.
NICHEL
Conosciuto dagli antichi Cinesi che preparavano una lega con rame e zinco, il packfong, venne scoperto in Europa solo nel 1751, da Cronstedt. Si usa soprattutto in leghe come argentana, neusilber, manganina , acciaio al nichel, lega monetaria al nichel, invar, platinite.
Puro, s’impiega per la fabbricazione di caldaie e crogiuoli, più raramente per pentole, data la tossicità dei sali solubili, e nella nichelatura galvanica.
COBALTO
Chimicamente simile al nichel, fu scoperto nel 1735 da Brandt, anche se usato in precedenza per colorare i vetri in azzurro, senza conoscerlo come elemento.
Entra nella composizione d’alcune leghe, ma soprattutto si sfrutta come pigmento colorante .
Il cloruro fu impiegato per la preparazione dell’inchiostro simpatico: quasi invisibile, a freddo, si colora in blu, a caldo. Inoltre nella manifattura di barometri ed igrometri, e nelle maschere antigas usate per protezione dall’ammoniaca.
FERRO
La preistoria del ferro è nota; meno noto il fatto che il primo altoforno risale al XIII secolo ed il grande sviluppo dell’industria ferriera solo al XIX secolo. Diffusissimo in natura in minerali come la limonite, l’ematite, la magnetite; sono conosciuti, da tempo, i giacimenti di sabbie contenenti ferro del litorale laziale, dalle quali il metallo viene estratto per via elettromagnetica.
Di colore bianco, a contatto con l’aria umida si trasforma rapidamente nell’ossido idrato, la ruggine, di colore rossastro. Ridotto, in corrente d’idrogeno, s’impiega come tonico e per riparare le perdite di ferro dell’organismo. Un tempo s’usava, in terapia, anche il ferro porfirizzato, polverizzato in mortai d’acciaio e purificato in macine a ventilazione secca.
Dei cloruri sappiamo che quello ferroso era già noto agli alchimisti. La sua cristallizzazione fu osservata da Boyle nel XVII secolo. Puro fu preparato da Bonsdorff, nel 1834. Quello ferrico è importante per la proprietà emostatica. Si usa nella così detta tintura eterea di Bestuscheff, in cui il cloruro ferrico è diluito per evitare l’effetto caustico. Il cotone emostatico si può ottenere impregnando l’ovatta con questa soluzione e facendola asciugare rapidamente.
Il solfato (ferrum sulfuricum alchole praecipitatum o vetriolo verde) è impiegato nell’industria degli inchiostri, in tintoria, come disinfettante.
Il ‘ferrum carbonicum cum saccharo’ era ancora riportato dalla F.U. VI ed.
MANGANESE
La pirolusite, nota anche agli antichi chimici, era frequentemente scambiata, in passato, per un minerale di ferro.
Solo nel 1774 il manganese fu riconosciuto come minerale ed ottenuto allo stato impuro (Scheele, Gahan e Bergman); John l’ottenne allo stato puro nel 1807.
Entra in leghe per le eliche delle navi, o per le ruote dentate, come il ferro-manganese ed il ferro speculare, ed in vernici particolari, dove funge da essiccante.
Del biossido si sfrutta l’effetto depolarizzante nelle celle elettrolitiche.
Il permanganato di potassio, già noto a Scheele che lo nominò ‘chamaleon minerale’ è un potente ossidante; va conservato e trasportato con cura, per evitare incendi e scoppi, soprattutto a contatto con sostanze che possono fungere da riducenti.
CROMO
Lehman nel 1762, scoprì, in Siberia, un minerale rosso che chiamò crocoite. Alla fine del ’700, Vauquelin e Klaproth, trovarono che questo minerale era composto di piombo e dall’anidride di un nuovo elemento. Il nome dal greco = colore.
Indurente degli acciai (ferro-cromo ed acciaio inox), entra anche in leghe con nichel (nichrome e chromel), cobalto e vanadio. S’impiega per la fabbricazione di materiali refrattari, resistenze elettriche, nel tannaggio del cuoio, nell’industria degli inchiostri, nella cromatura galvanica.
Il cromato di potassio è un ottimo caustico per la veterinaria.
ALLUMINIO
Nel 1854 Saint Clair-Deville iniziò la produzione industriale di questo metallo, scoperto nel 1827 da Wohler ma, soltanto nel 1887, il processo elettrolitico di Heroult diede il via ad una fiorente industria.
La bauxite (da Baux, in Provenza) è il minerale più diffuso.
E’ impiegato per la fabbricazione d’utensili, leghe leggere, pezzi meccanici, esplosivi.
Le leghe più comuni sono il bronzo d’alluminio (con rame), il duralio (con rame, manganese e magnesio), il magnalio (con magnesio), il partinio (con tungsteno).
La presenza d’alluminio nella fase di colatura delle gettate del bronzo e dell’ottone, impedisce la formazione di soffiature o crepe.
Il solfato trova impiego nella preparazione dell’acqua distillata, poiché fissa i sali d’ammonio.
L’allume (solfato doppio con potassio) ed altri sali sono ottimi emostatici, oltre a trovare impiego nelle industrie tessile e della carta.
Il caolino (bolus alba), detto più comunemente argilla è il silicato d’alluminio naturale: ha ottimo potere adsorbente, serve per la preparazione della terracotta, di ceramiche, vetri, cemento dentario.
Interessante l’uso che se ne fa per depurare il miele.
L’Alucol (idrato d’alluminio colloidale) è un adsorbente e protettivo della mucosa gastrica.
Il ‘bolus armena’ o argilla rubra contiene tracce d’ossido di ferro ed è un ottimo pigmento per polveri. Un tempo se ne cospargevano le pillole.
L’Alben non è altro che il bolus alba sterile, usato in medicina, così come l’argilla Merck.
GALLIO
Di quest’elemento, diremo soltanto che il nome deriva da Gallia la regione di provenienza di Lecoq de Boisbaudran, che lo scoprì nel 1875, e che, in terapia, sembra avere azione spirillicida e tripanomicida.
TALLIO
Fu estratto dai fanghi delle camere di piombo, che lo contengono, sotto forma di solfato, da Lamy (1820-1878), professore di chimica alla Scuola Centrale delle Arti e Manifatture di Parigi.
Trova impiego nella fabbricazione di vetri ottici. L’acetato fu proposto come depilatorio.
MOLIBDENO
Presente, in natura come molibdenite (solfuro), serve per la preparazione d’acciai speciali.
TUNGSTENO O WOLFRAMIO
Questo metallo ha la proprietà d’essere tirato in fili sottilissimi e resistentissimi e per questo è sfruttato.
Il sale di calcio diventa luminoso per esposizione ai raggi X, quindi è usato come mezzo di contrasto.
TERRE RARE
Sono il lantanio, il cerio, il praseodimio, il neodimio, il promezio, il samario, l’europio, il gadolinio, il terbio, il disprosio, l’olmio, l’erbio, il tulio, l’itterbio, il lutezio, o meglio i loro ossidi che si trovano allo stato naturale.
Noto dal 1804 , il cerio fu così chiamato in onore alla scoperta contemporanea del pianetino Ceres. In seguito, associati all’ossido di cerio, furono isolati tutti gli altri.
Il cerio riveste importanza nell’industria vetraria, ceramica, fotografica, ed in radiologia. Le azioni per cui fu preconizzato in medicina, non hanno avuto sviluppo pratico.
Il solfato di lantanio accelera la fermentazione del latte.
METALLI DEL GRUPPO DEL PLATINO
Il platino fu isolato da Watson, nel 1750, il palladio nel 1804, da Wollaston, nel 1804, che scoprì anche il radio, così chiamato per la colorazione rossa dei suoi sali.
Tennant, lo stesso anno descrisse indio ed osmio; Claus, in seguito il rutenio.
Il platino è impiegato nella fabbricazione di recipienti di laboratorio, in apparecchi e forni elettrici, in gioielleria, nelle lampade ad incandescenza.
Il rodio, in lega con il platino, per ridurne la volatilità e per renderlo meno attaccabile da parte d’agenti chimici. Si usa anche in tecnica fotografica.
Il tetra-ossido d’osmio in microscopia, per colorare, in nero i preparati istologici.
ELEMENTI RADIOATTIVI
Nel 1892, P. Curie, M. Curie e Bémont mostrarono la proprietà di alcuni elementi d’emettere radiazioni. Nel 1896 Bequerel intuì la radioattività dell’uranio. In seguito le solite caratteristiche furono provate per altri elementi, creati in laboratorio.
Il nitrato d’uranile fu preconizzato per la cura omeopatica d’ulcere e diabete.
Il torio s’impiega per la fabbricazione di reticelle ad incandescenza, e, in medicina, per contrastare il vibrione del colera e nelle febbri tifoidi e dissenteriche, provocate dall’ameba.
Il mesotorio per la fabbricazione di vernici luminose .
Il radiotorio ed il torio X come antidoti d’alcuni veleni, alcaloidi e tossine.
COLLOIDI
Selmi e Baudrimont, intorno al 1845, scoprirono le caratteristiche di queste pseudosoluzioni, fra cui il solfo, il blu di Prussia, l’amido, le gomme, i saponi, la caseina, l’albume, le gelatine. Graham, nel 1861, iniziò uno studio metodico di queste sostanze amorfe, simili alla colla e non diffusibili attraverso membrane porose, capaci d’impartire, all’elemento componente, proprietà diverse da quelle di base.
Alcuni colloidi possono poi, per concentrazione, solidificare in masse semi- dense e gelatinose, detti soli, che trattengono sempre gran quantità di soluto. Con un successivo passaggio si può ottenere la coagulazione o gelificazione che porta alla formazione dei geli. Il processo inverso è detto peptizzazione.
Le caratteristiche fisiche principali dei colloidi sono una pressione osmotica minima, una tensione superficiale quasi nulla, un’alta viscosità ed un punto di congelamento vicinissimo a quello del soluto puro; inoltre ultrafiltrazione nulla (possibile solo attraverso la candela di Chamberland).
Hanno proprietà ottiche particolari (effetto Tyndal), posseggono una carica elettroforetica notevole ed un alto potere adsorbente.
Innumerevoli gli usi, soprattutto terapeutici. Si ricordano, fra tutti, l’idrato di ferro colloidale che ritarda la coagulazione delle proteine, ed è un ottimo assorbente di gas; e l’idrato d’alluminio colloidale, gia visto.
COMPOSTI ORGANICI
La prima definizione fu quella di composti elaborati da vegetali ed animali, per mezzo della ‘vis vitalis’ e si riteneva che tali sostanze non potessero essere sintetizzate in laboratorio. Nell’antichità si conoscevano l’acido acetico ed il tannino estratto dalle noci di galla; si preparava l’essenza di trementina, per distillazione; s’eseguivano la saponificazione dei grassi con la soda, la fermentazione lattica, acetica ed alcolica.
Gli alchimisti medioevali dedicarono il loro studio esclusivamente alla chimica dei metalli. Solo con la teoria del flogisto, la conoscenza delle sostanze organiche fece passi considerevoli.
Nonostante che, nel 1828, Wohler avesse preparato accidentalmente, per sintesi, l’urea, nota fin dal 1774, solo nel 1848, si ebbe, da parte di Frankland e Kolbe la sintesi dell’acido acetico, e nel 1854 quella dei grassi (Berthelot e altri).
Berzelius e Lavoisier intuirono che carbonio, idrogeno ed azoto erano fondamentali nella costituzione dei composti organici; ben presto si scoprì che anche cloro, solfo, fosforo, magnesio (nella clorofilla) e ferro (nell’emoglobina) potevano entrare a far parte di composti importanti come l’albumina, la lecitina, i fosfatidi, ecc..
SERIE ALIFATICA
IDROCARBURI
Composti solo di carbonio ed idrogeno, possono essere saturi, in idrogeno, ed allora abbiamo le paraffine o alcani, che per le loro caratteristiche hanno una tendenza pressoché nulla a reagire.
Diffusissimi in natura, si trovano nelle esalazioni gassose naturali che si hanno nei terreni petroliferi. I petroli del Texas della California e della Pennsylvania sono quelli che contengono più paraffine, soprattutto pentani ed ottani.
Il metano, detto anche gas delle paludi, si forma per putrefazione dalla cellulosa delle piante.
Quello presente nelle miniere è il terribile grisou: a contatto con l’aria esplode provocando tragedie, note anche ai giorni nostri. Il metano è contenuto (30-40%) nel gas illuminante, che si ottiene per distillazione del carbone fossile. La sua composizione fu stabilita nel 1778. Impiegato, un tempo, per l’illuminazione, è, ora, usato, compresso in bombole, come carburante nelle auto, e nella rete cittadina, a scopo di riscaldamento degli ambienti e dell’acqua, e per cucinare.
Propano e butano, sono messi in commercio, in bombole, col nome di liquigas.
L’ottano è importante come antidetonante, nelle benzine usate nei motori a scoppio, mentre l’eptano ha un forte potere detonante. Miscele diverse dei due idrocarburi si usano per ottenere vari tipi di benzina: con un indice d’ottano da 73 a 100, si hanno le benzine per aviazione: la potenza del motore aumenta ed il consumo diminuisce. Per le auto, l’indice d’ottano è del 69-70. Un altro noto antidetonante, usato un tempo, è il piombo tetraetile, ma la sua tossicità ed i danni che provocava ai motori, ne hanno fatto abbandonare l’uso.
I petroli sono miscele grasse d’idrocarburi solidi, liquidi e gassosi. I terreni più ricchi, oltre ai già detti americani, si trovano nel Caucaso e nella regione degli Urali, in Romania, in Galizia, in Iraq e nell’Asia Minore in genere, in Italia. Nella composizione entrano variamente olefine , terpeni, idrocarburi aromatici, acidi naftenici, fenoli, aldeidi, asfalti, composti solforati ed azotati. Il petrolio grezzo è un liquido nero, vischioso, dall’odore agliaceo, fluorescente; lavato con soluzioni acide ed alcaline e, distillato per frazioni da luogo a numerosi prodotti: l’etere di petrolio, la benzina, la gasolina, la ligroina , il petrolio da ardere, l’olio di vaselina, la paraffina .
Vista la gran richiesta mondiale di petrolio raffinato, ora la benzina si produce col processo di cracking, anche dai residui superiori del petrolio già estratto . Giacimenti di paraffine solide si trovano, in natura, sotto forma di cera fossile od ozocherite. Purificando la cera fossile s’ottiene la ceresina, utile per la preparazione della carta lucida per alimenti, della tela incerata, di creme e candele; è un ottimo succedaneo delle cere carnauba e d’api.
La pece, residuo finale, solido, della distillazione frazionata, è impiegata negli asfalti.
Sull’origine dei petroli sono state formulate varie ipotesi: Mendelejeff, ad esempio sostenne che furono generati, per azione dell’acqua su carburi metallici. Ora si tende a preferire l’ipotesi che l’origine sia di decomposizione di sostanze animali e vegetali , dei quali la fonte principale sarebbe stata il plancton. Engler arrivò a dimostrare che per riscaldamento di grassi animali, sotto pressione, si potevano ottenere petroli.
I metodi principali per ottenere benzina sintetica, oltre al cracking, sono quello di Bergius, basato sul riscaldamento a 450° del carbone e della lignite, sospesi in olio pesante e sotto pressione d’idrogeno; ed il metodo Fischer che prevede invece il trattamento del gas che s’ottiene dalla reazione fra carbone e vapore acqueo.
L’etilene è presente nei gas naturali, da cui s’ottiene per distillazione frazionata.
A temperature elevate si trasforma in idrogeno ed acetilene.
Le fiamme d’etilene ed acetilene sono impiegate per la saldatura autogena dei metalli; questi due composti furono usati anche come anestetici generali.
Con cloro, l’etilene, dà un liquido oleoso, il dicloroetano, noto, in passato, col nome di liquore dei chimici olandesi.
Fra le olefine superiori ricordiamo soltanto il cerotene ed il melene che s’ottegono dalla distillazione, rispettivamente, della cera cinese e di quella d’api. E l’isoprene, un polimero del caucciù naturale.
Fra gli alchini, importante è l’acetilene, scoperto da Davy nel 1736, ed ottenuto da Berthelot, nel 1860, facendo scorrere l’arco voltaico fra elettrodi di carbonio, in atmosfera d’idrogeno. In acqua forma alcool vinilico ed acetaldeide. Questo portò alla sintesi di derivati come l’acetone, l’alcool etilico, l’acido acetico. La sua polimerizzazione su spugna di rame porta alla sintesi del cuprene, sostanza simile al sughero. Colpito da una scarica elettrica, in presenza d’azoto, sviluppa cianuro. I derivati metallici sono fortemente esplosivi.
Dei derivati alogenati degli idrocarburi, l’esacloroetano è un ottimo antitarmico; altri, come il cloruro d’etile e di metile, hanno proprietà anestetiche. Il cloruro di vinile s’impiega nell’industria plastica e delle colle.
Il cloroformio è un noto anestetico e solvente, lo jodoformio un antisettico, il bromoformio trova utilizzo in mineralogia per la separazione di minerali complessi.
Il tetracloruro di carbonio è un eccellente solvente di grassi, resine, vernici, bitume caucciù. S’usava per l’estrazione dell’olio residuo dalle sanse delle olive.
ALCOLI
L’alcool metilico si trova, in natura, esterificato nell’olio di gaulteria , e, ad esempio, sempre come salicilato di metile, nell’olio di gelsomino; come antranilato di metile in coloranti naturali. E’ detto spirito di legno, in quanto s’ottiene per distillazione secca del legno. Trova grande impiego come solvente, carburante, per denaturare l’alcool etilico, per produrre coloranti, ecc..
Molto tossico, ricordiamo le morti che avvennero, anni addietro, per sofisticazione, con esso, del vino.
L’alcool etilico è ottenuto naturalmente mediante la fermentazione alcolica: zuccheri naturali, come quelli dell’uva, in presenza del lievito Saccharomyces cerevisiae, si trasformano in alcool e anidride carbonica. Di qui, il pericolo di stazionare nei locali dove avviene la fermentazione, dove l’atmosfera si satura d’anidride carbonica e diventa irrespirabile.
Notevoli gli studi sulla fermentazione alcolica di Liebig, Pasteur, Buchner, Neuberg, Emden ed altri, che portarono alla scoperta della fermentazione enzimatica di sostanze come l’amido.
La maggior parte dell’alcool etilico s’impiega come componente di bevande.
L’alcool butilico, ottenuto per fermentazione a mezzo del Bacyllus butilicus, è usato nella fabbricazione delle lacche e nella lavorazione della cellulosa.
L’alcool propilico nell’industria delle vernici.
Fra i superiori, l’alcool cetilico, estratto dalle cavità cefaliche del Physeter macrocefalus, un capodoglio; l’alcool cerilico della cera cinese d’api e carnauba, della lanolina, del lino.
Fra i terpenici il citronellolo, il neroli, il geraniolo, presenti nella citronella, nel geranio, nell’essenza di neroli o arancio amaro, il linololo (coriandoli, lavanda, bergamotto, lino), tutti usati come essenze; alcuni per allontanare insetti sgradevoli.
ETERI
Furono ottenuti da Williamson nel 1851, trattando alcoli con acido solforico.
Il più importante è senza dubbio l’etere etilico o solforico, buon solvente dei grassi, impiegato per rendere gelatinosa la nitrocellulosa, per produrre la seta artificiale Chardonnet ed al collodio.
Evaporando provoca raffreddamento, per cui s’impiega in anestesia, soprattutto locale. Unito all’alcool ha azione analettica. E’ altamente esplosivo: se buttato nei lavabi, si formano sacche di gas che provocano lo scoppio dei tubi stessi.
ESTERI
O eteri salini. Ricordiamo il nitrato d’amile, vasodilatatore, e quelli nitrici, impiegati per la fabbricazione d’esplosivi come la nitroglicerina o la nitrocellulosa. I solfati sono ottimi vescicanti.
Fra i solfuri alchilici o tioeteri, l’iprite, vescicante bellico.
AMINE
Studi importanti furono fatti da Hoffman, Gabriel, Werner.
In natura troviamo la metil-amina nella Mercuialis annua, la dietil-amina nella salamoia delle acciughe e nella putrefazione dei pesci in genere, la trimetil-amina nella betaina della melassa di barbabietola da zucchero.
ALDEIDI
L’aldeide formica si trova come prodotto secondario della combustione di prodotti organici, soprattutto nel fumo e nella fuliggine. Ha potere preservante: di qui, l’abitudine di affumicare le carni, per conservarle. In commercio si trova in soluzione acquosa al 40%, la formalina, usata dagli impagliatori d’animali, per la proprietà di formare con gli albuminoidi una massa elastica, impermeabile all’acqua.
Col cuoio forma prodotti di condensazione plastici, come la bachelite; con la caseina, invece, l’avorio artificiale.
Con ammoniaca da luogo ad un composto solido l’esametilentetramina o urotropina, l’Elmitolo della Bayer, preconizzato come disinfettante delle vie urinarie, fino a pochi decenni fa.
Condensandola con urea s’ottengono resine sintetiche trasparenti .
L’aldeide acetica è ipnotica, anestetica, ed un ottimo combustibile . S’impiega nella fabbricazione degli specchi.
Le aldeidi superiori (come, ad esempio, la caprilica) si usano in profumeria, per l’odore grato. Si trovano in natura in oli essenziali come quelli d’eucalipto, di limone, di verbena, di viola mammola.
CHETONI
L’acetone si forma, naturalmente, per fermentazione d’amido, destrine, maltosio, per mezzo del Bacillus macerans. E’ adoperato per fabbricare lacche, vernici, smalti, come quello cosmetico per le unghie, e come ottimo solvente.
ACIDI CARBOSSILICI
L’acido formico, delle formiche rosse, delle ostriche, delle lumache, si utilizza in bagni di mordenzatura, per la colorazione di tessuti di lana e cotone, per sostituire il sale comune nelle diete a basso tenore di cloro.
Già noto agli antichi, l’aceto fu sintetizzato nel 1700 da Stahl. Com’è noto, è un prodotto di fermentazione del vino, per effetto del Mycobacterium aceti. Impiegato per la fabbricazione di profumi, coloranti in tintoria, in stamperia, oltre che come solvente. L’acetato di piombo, o sale di Saturno fu molto usato in medicina (acqua vegeto-minerale) e nell’industria della biacca. L’acetato di rame per preparare il verde di Parigi o di Schweinfurth, impiegato nella lotta dì insetti nocivi, come l’anofele della malaria, o come colorante.
Gli acidi oleico, palmitico e stearico, sono i meglio usati per la saponificazione, effettuata, per la prima volta da Chevreul: il processo consiste nel trattare, a caldo gli oli naturali, vegetali od animali, con soda, potassa od altri alcali. I sali così ottenuti sono i saponi.
Per ovviare ad inconvenienti come l’instabilità in ambiente acido o l’insolubilità in acque dure, sono stati sintetizzati saponi, come i solfonati di oli come quello di ricino.
I saponi dell’acido oleico ed alcuni saponi ammoniacali s’impiegano nell’industria alimentare per lavare le carni, quelli di potassa, detti molli o verdi, ottenuti dall’olio di mandorle, come antisettici.
L’acido cianidrico presente nel Pangium edule, nella Manihot utilissima e nelle mandorle amare, è un potente veleno, impiegato raramente per la disinfezione d’ambienti, come le stive delle navi.
Il platicianuro di bario entra a far parte della composizione di schermi usati per i raggi Roengten.
DERIVATI DELL’ACIDO CARBONICO
L’ossicloruro di carbonio o fosgene fu ottenuto da Davy nel 1811. E’ un veleno soffocante, usato come aggressivo chimico in guerra.
Il solfuro di carbonio, per la sua tossicità, è un ottimo antiparassitario per le piante, ma l’odore disgustoso e l’alta infiammabilità ne hanno limitato l’uso.
Il carbamato d’etile o uretano, trova impiego nell’industria delle materie plastiche. E’ un ipnotico.
L’urea, scoperta da Rotelle nel 1773, nelle urine degli animali, è un ottimo concime e, in farmacia, punto di partenza per la sintesi dei barbiturici, e la preparazione di pomate idratanti. Con formaldeide forma resine che hanno trovato molteplici impieghi.
Un suo derivato, la guanidina , serve per la preparazione delle nitroguanidine, e, quindi, per la preparazione d’esplosivi.
Il solfocianato di mercurio lo citiamo per il curioso nome di ‘serpente di faraone’: per riscaldamento, rigonfia in una massa voluminosa.
Fra gli esteri isocianici ricordiamo l’olio di senape, per il forte potere vescicante.
Il fulminato di mercurio è un ottimo detonante per percussione, ed è quindi impiegato come innesco per le cariche esplosive.
ALCOOLI BIVALENTI O GLICOLI E DERIVATI
E’comune il glicole propilenico, succedaneo della glicerina. Il di-nitrato è un esplosivo.
Fra le diamine vanno citate la putrescina e la cadaverina, prodotti di trasformazione dei cadaveri; dette ptomaine o alcaloidi cadaverici, diversi da quelli vegetali ma simili, al punto, di poter generare errori nelle perizie medico-legali.
L’esametilendiamina serve per la preparazione del nylon.
Il cloralio (aldeide tricloroacetica) fu un energico narcotico, abbandonato, per i danni cardiaci che provocava.
L’acido lattico, lo troviamo nel latte inacidito , nell’oppio, in alcuni frutti, nei muscoli sottoposti a sforzo intenso.
I lattati si usano nell’industria chimica, in tintoria e nella concia delle pelli.
ALCOOLI TRIVALENTI
Il più conosciuto è la glicerina (glicerolo), scoperta da Scheele nel 1799. Ha numerose applicazioni industriali (saponi, medicinali, solventi, coloranti, esplosivi).
La preparazione della nitroglicerina è dovuta all’italiano Sobrero (1847), ma solo Nobel riuscì ad utilizzarla come esplosivo senza fumo (la dinamite) facendola assorbire a farina fossile.
Serve anche alla preparazione di gelatine esplosive, assieme al cotone collodio, o fulminante ed a stabilizzanti: si formano masse plastiche trafilabili e laminabili, usate per le cariche di lancio (balistiti).
Derivato importante dell’acido glicerinfosforico è la lecitina, presente in buona quantità nel tuorlo d’uovo e nella soia.
ALCOLI POLIVALENTI
Rammentiamo il potere edulcorante e leggermente lassativo nel mannitolo (mannite), componente essenziale della manna del frassino, e lo xilitolo noto agente antibatterico, nella prevenzione della carie dentaria.
L’acido tartarico o uvico, per la sua presenza come prodotto secondario della fermentazione del mosto d’uva.
L’acido piruvico, suo derivato presente nel caucciù, serve per la sintesi dell’atofan .
L’acido ossalico è un ottimo mordente ed entra nella composizione di coloranti ed inchiostri.
Nulla va detto per l’acido citrico, a tutti noto.
Fra i derivati il più importante è la pentrite, un poliestere, potente esplosivo.
Sono derivati purinici: l’acido urico, presente nel nostro organismo che, se in eccesso, provoca calcoli e gotta, e, se evaporato, a caldo, con acido nitrico, dà una porpora sintetica, detta muresside; inoltre, la teofillina, noto analettico, la teobromina e la caffeina, presenti nel the, nel caffé e nel cacao.
I CARBOIDRATI
La struttura degli zuccheri fu definita da Fischer, Haworth, Karrer e altri.
Gli alcali, ma anche il semplice calore, decompongono la molecola degli zuccheri, provocando una resinificazione: il caramello.
Fra i monosaccaridi ricordiamo il glucosio o zucchero d’uva o destrosio, il fruttosio, o levulosio, della frutta e il galattosio del latte.
L’acido ascorbico o vitamina C, prodotto d’ossidazione del fruttosio, fu scoperto da Szent Gyoryi nel 1928. L’assenza nell’organismo umano, di cui è elemento essenziale, provoca lo scorbuto .
Di notevole importanza, nell’economia degli zuccheri, i processi di fermentazione , già visti più volte, che avvengono mediante batteri, schizomiceti, lieviti.
Dei disaccaridi, ricordiamo il maltosio dell’orzo , il lattosio del latte, il saccarosio, estratto dalla barbabietola e dalla canna da zucchero.
Un cenno all’estrazione dello zucchero dalle barbabietole.
Le barbabietole, tagliate in fettine sottili, vengono lisciviate con acqua, quasi ad ebollizione. Quando è stato estratto circa il 15% di zucchero, si sottopone la soluzione a defecazione con calce idrata, per precipitare gli acidi presenti. Quindi si satura con anidride carbonica. Il succo zuccherino, separato per filtrazione e decolorato con carbone animale, si concentra più volte per ottenere la cristallizzazione. Il processo di raffinazione consiste nello sciogliere più volte lo zucchero grezzo in acqua, nel decolorarlo, concentrarlo e cristallizzarlo. Le acque madri, da cui non si riesce più ad ottenere zucchero, si chiamano melasse; sono sottoposte a fermentazione e distillazione, per ottenerne alcool. Dai residui ulteriori (borlande), per incenerimento si ricava il salino, ricco di potassio che s’adopera come concime. In alternativa, vengono sottoposti a trattamento chimico con idrato di stronzio. Il saccarato, così ottenuto, trattato con acido carbonico, dà luogo a carbonato di stronzio e nuovo zucchero.
L’amido è il più importante e noto polisaccaride di riserva, che si forma nelle piante verdi, durante la sintesi clorofilliana.
I materiali più utilizzati per la preparazione dell’amido (patate, cereali) vengono frantumati e lisciviati con acqua nelle amidoniere. L’amido sedimenta in granuli che sono separati per centrifugazione. I granuli contengono amilosio nel nucleo centrale, ed amilopectina nella guaina esterna.
Gli acidi diluiti ed il calore, demoliscono l’amido in destrine.
Gli impieghi industriali dell’amido e delle destrine sono per gli alimenti, l’apprettatura dei tessuti, la preparazione d’alcool, glucosio, glicerina, ecc.
L’inulina è, anch’esso, un polisaccaride di riserva dei vegetali; il glicogeno lo è per gli animali.
La cellulosa è il componente essenziale delle fibre legnose delle piante. La cellulosa grezza si purifica con soda, o cloro o anidride solforosa. La flessibilità, la lucentezza serica e la maggiore capacità di fissare i colori, si possono ottenere trattandola con alcali al 25%: è il processo di mercerizzazione, proposto da Mercier nel 1884. Trattandola, invece, con acido solforico diluito, e lavandola con acqua, si ottiene un prodotto più consistente e meno permeabile: la pergamena artificiale.
La carta è prodotta, partendo da stracci, legno, paglia, mediante un trattamento, dopo la macerazione, con bisolfito di calcio, che elimina le parti incrostanti, e con soda e ipocloriti per decolorare i materiali. La pasta ottenuta è poi compressa in strato sottile. Si ottiene così la carta bibula od assorbente, che apprettata e trattata con colla costituisce la carta da scrivere.
Esistono vari metodi per rendere in fili la cellulosa.
Il processo consiste nel far passare attraverso fori sottili, le filiere, dense soluzioni di cellulosa o suoi derivati, in bagni precipitanti od in atmosfera evaporante. S’ottengono così filamenti sottili e resistenti (processo Chardonnet). Il metodo alla viscosa consiste, invece, nel trattare, in bagno acido, una soluzione di xantogenato di cellulosa.
La cellulosa rigenerata serve per preparare tessuti sintetici come il rayon e l’acetato.
I nitroderivati, ottenuti trattando il cotone con una miscela d’acido nitrico e solforico, hanno proprietà esplosive (i tri-nitrati), plastiche (i di-nitrati), e di lacca (miscele di di- e tri- nitrati).
Il fulmicotone (estere tri-nitrico) è usato per esplosivi senza fumo, ad azione dilaniante, che non esplodono per accensione, ma per innesco con detonatori. Mescolato con nitroglicerina forma la balistite, già vista.
Gli esteri mono- e di- nitrici costituiscono il cotone collodio.
La celluloide è cotone collodio impastato con canfora ed alcool. Ha diversi impieghi, come quello delle vecchie pellicole, abbandonate perché molto infiammabili.
.Le gomme e le mucillagini sono anch’esse polisaccaridi. Le prime sono prodotte dalle piante, come processo riparativo d’alterazioni tissutali. Le seconde sono invece secreti del tegumento di alcuni vegetali, come il Fucus marittimo, che per la presenza dell’acqua acquistano l’aspetto caratteristico. Ricordiamo fra queste l’agar. Simili sono le sostanze pettiche della frutta.
Dal lattice, ottenuto per incisione di varie piante, in genere orientali, come ad esempio l’Hegea, che all’aria si coagula in una resina vetrosa, si estrae, per effetto del calore e di acidi, il poli-isoprene, detto para, materia plastica non elastica.
Questo viene prima calandrato, cioè omogeneizzato passandolo attraverso cilindri riscaldati; quindi, sottoposto a vulcanizzazione, con l’aggiunta di sostanze anti-invecchianti, plastificanti, e di nerofumo che conferisce un’elevata resistenza all’abrasione. L’impasto ottenuto, la mescola, è plasmato nella forma voluta e trattato con solfo, che trasforma il materiale finale in un prodotto altamente elastico.
Segue poi lo stiramento che dà al prodotto una maggiore resistenza strutturale, per il fatto che le molecole tendono a ritornare allo stato cristallino.
In eccesso di solfo le proprietà elastiche diminuiscono e si ottiene una materia plastica detta ebanite.
Si possono anche allestire gomme sintetiche, mediante polimerizzazione del butadiene, dell’etilene e propilene. Ricordiamo infine il silicone e le gomme estratte da benzine nel processo di cracking.
SERIE AROMATICA
Come le sostanze alifatiche si fanno derivare dal metano, così i composti ciclici aromatici si considerano derivati del benzene. La denominazione deriva dal fatto che i primi composti studiati sono dotati d’odore grato, in quanto provenienti da balsami e resine come il benzoino, il Tolù, il Perù, ecc..
Il benzene o benzolo, è la benzina del catrame. Scoperto da Faraday, nel 1825, nel gas illuminante, fu poi ottenuto per distillazione dell’acido benzoico in presenza di calce. E’ un ottimo solvente di grassi, resine, vernici.
Ora si separa per distillazione frazionata del catrame, da cui s’ottengono quattro frazioni: l’olio leggero, costituito essenzialmente da benzolo, toluolo, xilolo, fenoli; l’olio medio con naftalina ed omologhi; l’olio pesante con naftalina, antracene e fenoli; l’olio d’antracene con antracene ed altri idrocarburi complessi.
Il toluolo (del balsamo del Tolù) è un solvente, materia prima di coloranti, prodotti farmaceutici, profumi, esplosivi, e, per il suo alto coefficiente di dilatazione, entra a far parte delle sostanze termoregolatrici dei termostati.
Lo stirolo ed i suoi polimeri (polistirolo) sono componenti essenziali di resine plastiche isolanti.
Il cloruro di benzile ha azione lacrimogena.
Il nitro-benzene, detto essenza di Mirbana, dall’odore caratteristico di mandorle amare, è tossico per inalazione; serve per la preparazione dell’anilina, e per allontanare animali, come i gatti, da determinati ambienti.
Il trinitro-toluene o tritolo è uno degli esplosivi più importanti, per compressione od innesco, ma brucia senza esplodere. Il suo derivato iso-butilico è usato in profumeria con il nome d’essenza artificiale di muschio.
La fenil-alanina o anilina è un importante colorante: verde-azzurro con bicarbonato di sodio ed acido solforico; violetto con ipoclorito di calcio; rosso con acido acetico e furfurolo.
Le aniline solforate dettero luogo a quell’importante categoria di farmaci che furono, e sono tuttora in alcuni casi, i sulfamidici. L’acetanilide fu, invece, un ottimo antipiretico, commercializzato col nome di Antifebbrina. L’Arsanil, derivato arsenicale dell’anilina, fu impiegato con successo nella malattia del sonno. L’Ursolo, ossido della para-fenilendiamina, servì per tingere capelli e pellicce, ma causò parecchi casi d’avvelenamento. Da esso derivano importanti coloranti, le tionine, come il violetto di Lanth o il blu di metilene.
Il fenolo o acido fenico serve per molte preparazioni medicinali, coloranti, ma soprattutto, per la sintesi della kelite, una resina che si può ottenere condensando il fenolo stesso con formalina.
I nitrofenoli, fra cui i picrati, sono famosi coloranti per la lana in giallo, ma non per il cotone; entrano nella composizione d’esplosivi.
Fra gli aminofenoli ricordiamo il metolo, usato per lo sviluppo fotografico.
Le fenetidine, tra cui la fenacetina, furono ottimi analgesici ed antipiretici. Trattando la para- fenetidina con acido cianico s’ottiene la dulcina, dolcificante acalorico con potere 200 volte maggiore dello zucchero.
L’orcina, omologo della resorcina, è un componente essenziale dell’oricello e della lacca-muffa o tornasole, coloranti estratti da alcuni licheni della specie Roccella e Lecanora.
L’ossi-idrochinone è colorante per fibre neutre o leggermente alcaline; l’aminoazobenzene per quelle acide.
A questo punto, occorre fare una parentesi sui coloranti, sostanze capaci di fissarsi stabilmente su materiali, soprattutto le fibre tessili. Non tutte le sostanze fortemente colorate sono coloranti: secondo Witt una sostanza colorata è quella in grado d’assorbire parte delle radiazioni dello spettro visibile, per effetto d’aggruppamenti atomici, detti cromofori. Le sostanze colorate (cromofeni) possono divenire coloranti, quando hanno, nella loro molecola, aggruppamenti diversi detti auxocromi.
Il processo di tintura, secondo alcuni autori, dipende da un assorbimento fisico di tipo colloidale; secondo altri si tratta di un processo di setificazione, dovuto alla presenza d’acidi o basi deboli, detti mordenti.
Ricordiamo fra i coloranti il metil-arancio, il giallo-anilina, il bruno di Bismarck, il rosso Congo, il verde malacchite, la rosanilina, la fucsina, il violetto di metile, la fenolftaleina, la fluorescina, ma potremmo continuare all’infinito.
La vanillina, aldeide aromatica estratta dai baccelli di vaniglia o dal garofano, dove si trova sotto forma d’eugenolo, serve come aromatizzante nell’industria dolciaria, mentre l’eugenolo fu preconizzato per la cura dell’alopecia ed ha potere anestetizzante nelle carie dentali.
Fra gli acidi aromatici, il benzoico è ottenuto dalla resina di benzoino.
L’imide dell’acido orto-solfobenzoico è la saccarina, che ha potere dolcificante 500 volte maggiore di quello dello zucchero. Il sale sodico è detto cristallosio, quello d’ammonio sucramina.
L’estere etilico ed il cloridrato, dell’acido para-aminobenzoico sono, rispettivamente, l’anestesina e la novocaina, sostanze usate come anestetici locali.
Fra gli acidi fenolici, rivestono grande importanza l’acido salicilico ed acetilsalicilico (Aspirina).
Dei derivati va ricordato il salicilato di metile o essenza di Gaulteria, usato in farmacia e profumeria.
Quindi l’acido gallico o tannico, molto diffuso, in natura nelle galle che certe piante formano, per inglobare insetti parassiti. Il tannino riveste una notevole importanza per la concia della pelle, per la mordenzatura del cotone, per la fabbricazione d’inchiostri e, in farmacia come astringente e nel trattamento delle ustioni.
L’acido ftalico, ottenuto nel 1836, da Laurent, fu preparato, su scala industriale dalla Badische Anilin und Soda Fabrik, ossidando la naftalina con acido solforico.
La naftalina, noto antitarmico, è una sostanza molto reattiva che si trasforma facilmente in innumerevoli derivati, impiegati nell’industria.
L’alizarina è un importante derivato dell’antracene, che si trova anche nel corpo della cocciniglia essiccata, e nella Rubia tinctorum. Gli antichi la conoscevano e l’impiegavano per tingere il cotone, mordente l’allumina. Il cotone s’impregna con olio irrancidito, detto tornante, emulsionato con una soluzione di carbonato di potassio . In un più recente passato s’usava per colorare il rosolio.
L’antracene è capostipite di una serie d’idrocarburi polinucleari tutti coloranti: il naftacene (arancio), il pentacene (blu), l’esacene (verde); il biciclico azulene, anch’esso blu, è un isomero della naftalina.
Fra i naftochinoni derivati dalla naftalina, lo juglone del mallo delle noci, il lawsone dell’henné, usati come tinture per capelli; e la naftazarina, che, mordente il cromo, colora in nero i tessuti.
COMPOSTI ALICICLICI
Sono i nafteni, i terpeni, la canfora. Fra i derivati terpenici ricordiamo la citronella, il geraniolo, il limonene, l’eucaliptolo, tutti oli essenziali. Il pinene s’estrae dall’essenza di trementina come parte volatile e lascia un residuo denso noto col nome di pece o colofonia.
La canfora è un derivato ossidato del borneolo. Ha numerosi impieghi, come la manifattura della celluloide, della nitrocellulosa, e per l’odore grato, in preparati farmaceutici per uso esterno; un tempo s’usava anche come analettico.
Dall’isoprene, per polimerizzazione, s’ottiene il caucciù (sintetico), presente allo stato naturale come secrezione gommosa di molte Euforbiacee come l’Hevea brasiliensis. Per mantenerne l’elasticità è sottoposto al processo di vulcanizzazione, che consiste nell’aggiungere solfo (1%). Attualmente la sintesi del caucciù si effettua con i processi Buna o Duprene.
Il capostipite dei carotinoidi, pigmenti di vari animali e vegetali, è il carotene, usato come induttore dell’abbronzatura.
Il pirrolo è il costituente fondamentale dell’olio di Dippel, ottenuto dalla distillazione secca delle ossa. Per ossidazione si ottiene il nero di pirrolo, resina insolubile simile ai pigmenti neri della cute e dei peli.
Un altro suo derivato è l’indaco, colorante che s’ottiene da molte piante orientali come l’Indigotera tinctoria, l’Indigotera anil, l’Isatis tinctoria. Essendo totalmente insolubile in acqua s’impiega, per applicarlo, la così detta ‘tintura al tino’: si ottengono chimicamente i suoi leucoderivati : s’impregna la fibra della soluzione, e s’espone il tessuto all’aria; l’ossidazione provoca di nuovo la formazione del colore, che è ormai fissato alla fibra.
Derivato alogenato è la porpora di Tiro, che gli antichi estraevano dai molluschi come il Murex brandaris.
Solforato è invece il tio-indaco, detto rosso B.
Vanno poi rammentate le antocianidine, presenti nei fiori colorati, che variano dal giallo, al blu, a seconda della salificazione.
Era così nominata, nel passato, una presunta sostanza che si sarebbe dovuta liberare dai composti per riscaldamento. In pratica un processo ossidativo. Dal greco phlogistòs = infiammato.
La pomice funge da catalizzatore, il calore scatena la reazione riducente dell’idrogeno.
La prima formulazione di selenio ad uso farmacologico fu l’Electroselenium colloidale.
E’ presente nei succhi gastrici.
Il carbone d’origine animale o coaltar.
Come il trifoglio fibrino, Menyanthes trifoliata - Genzianacee; l’appio riso o sardonia ( Ranunculus sceleratus - Ranuncolacee) e il favagello (Ranunculus ficaria); il fellandrio o finocchio selvatico (Oenanthe aquatica - Ombrellifere); il barbaforte o cren (Nasturtium Armoracia - Crucifere).
L’embolia gassosa che si verificava, in particolari condizioni di alta pressione e temperatura, a terra, fu detta mal dei cassoni, poiché così erano definite le strutture di legno atte a ricevere la colata di cemento, nella costruzione dei pilastri.
Fu detto, in un primo momento, niton ( dal latino nitere = splendere).
O antimonite, solfuro d’antimonio. Con il medesimo nome s’identificano l’idruro d’antimonio, ed alcuni suoi derivati alchilici.
Era detto kermes anche il colorante rosso ottenuto dalla cocciniglia essiccata, in uso soprattutto in liquoreria.
(1784-1813), farmacista, allievo di Thénard, ripetitore di chimica alla Scuola Politecnica di Parigi.
Mehu, farmacista degli ospedali e membro dell’Accademia di medicina, studiò, nel 1868, la composizione del chermes, minerale.
In realtà si tratta di due solfuri d’arsenico, uno rosso ed uno arancio. Rahg al ghar, in arabo, significa polvere di miniera. Orpiment è, invece, vocabolo francese.
Due formule di depilatori arsenicali:
Rusma dei Turchi
Orpimento p. 1/ calce viva in polvere p. 8.
Polverizza e versa in albume e liscivia dei saponai ana q.s..
Depilatorio di Flenck
Orpimento p. 4/ calce viva polvere p. 60/ amido di frumento p. 40.
Si stemperi la miscela con acqua in modo da formare una pasta molle e si applichi alla superficie da depilare in spessore di qualche mm. Allorché è essiccato si stacchi con spatolina di legno.
Giorgio Bauer Agricola (1494-1555), naturalista tedesco, uno dei creatori della mineralogia. Scrisse, nel 1546 il “De re metallica”.
Detto veneziano perché importato dai mercanti della grande repubblica marinara, nel XV secolo. L’impulso che gli Arabi dettero all’importazione da India ed Estremo oriente di minerali, droghe vegetali, specie, interessò enormemente i commercianti di Venezia, che fornirono di queste sostanze molti paesi europei.
Allo stato puro e cristallino è il diamante.
Il carbone animale, già visto, ebbe varie denominazioni: nero d’ossa, nero d’avorio, carbone di sangue, ecc..
Due formulazioni:
(Maury)
Carbone vegetale, zucchero ana g. 25/china corteccia g. 12/essenze di menta, cannella ana gocce XV/tintura d’ambra gocce XX.
(Walper)
Carbone veg. g. 40/catecù, mirra, cremore depurato ana g. 50/ essenze di bergamotto e garofano ana gocce XX.
La pozione gassosa antivomitiva del Riverio, è composta di due soluzioni separate, così formulate:
a- Sodio bicarbonato g. 3,50/sciroppo semplice g. 30/ acqua dist. q.b. a g. 150.
b- Acido citrico g. 4/sciroppo d’acido citrico g. 30/acqua q.b. a g. 150.
Si fanno assumere successivamente un cucchiaio della prima ed uno della seconda soluzione, ripetendo più volte, fino alla sedazione del vomito.
Scoperto da Lampadius (1772-1842), farmacista tedesco, professore all’Accademia delle miniere di Friburgo, successore del celebre farmacista Wenzel (1740-1793), estensore di una delle leggi fondamentali della chimica moderna.
L’ossido di titanio.
Reagisce indifferentemente con altri elementi o composti, come metallo e non-metallo.
Le leghe metalliche hanno due scopi fondamentali: la prima di abbellire l’aspetto del metallo di base, allo scopo di costruire gioielli, utensili, oggetti di decoro, più apprezzabili visivamente; la seconda di conferire caratteristiche fisico-chimiche diverse da quelle del metallo di partenza, come la durezza, la friabilità, la resistenza al calore, la malleabilità, l’adesività, la maggiore o minore resistenza all’attrito, al calore, all’ossidazione, ecc..
La stagnatura, oltre che a saldare assieme due parti dello stesso metallo, è utile per proteggere il metallo stesso dall’ossidazione e d’impedire a questo di cedere particelle o reagire colle sostanze con cui viene in contatto. Le leghe adoperate sono composte di stagno, antimonio, rame.
La lega antifrizione, in particolare, è composta di stagno e piombo, in parti uguali.
Le amalgame per gli specchi furono molto in uso, prima delle attuali vernici, che le hanno soppiantate. In particolare, quelle all’argento, sostituito dallo stagno negli specchi più poveri, e dal piombo.
Tanacetum vulgare - Composite, detto anche aniseto ed erba amara, la cui essenza fu preconizzata come antielmintico. Tonico per la liquoreria.
Malattia frequente nei bovini, ma possibile anche nell’uomo, causata da batteri Actinomiceti (Schizomiceti). E’ caratterizzata dalla formazione di granulomi nei tessuti, al centro dei quali si notano masse rotondeggianti dette druse.
(1662-1721), chimico svizzero, farmacista ordinario di Luigi XIV, dimostratore al Giardino del Re (Jardin de plantes), autore di un curioso trattato di chimica: “Traité de la chymie enseignant par une breve et facile méthode de toutes ses plus necessaires préparations”.
In Italia n’è ricco il Sud Tirolo(Mollaro e San Romedio), dove gli schisti bituminosi sono un prodotto fossile formatosi da innumerevoli micro - conchiglie e pesci di cui è ricca la dolomite. Famosi anche i giacimenti del Tirolo (Seefeld) e di Reith, presso Innsbruck.
Illustre scienziato e chimico francese (1743-1794), studiò la combustione, la funzione biologica dell’ossigeno ed enunciò leggi fondamentali per la chimica moderna. Appaltatore d’imposte del regno, morì sulla ghigliottina, vittima degli eccessi della Convenzione. Ebbe come maestro G.T. Rotelle l’anziano (1703-1770), professore di chimica al Museo di Storia Naturale (del Giardino del Re).
Fra i minerali cristallini va ricordato il nostro marmo di Carrara, il ‘bianco statuario’.
Silicato doppio di berillio ed alluminio. Varietà sono lo smeraldo e l’acqua marina.
(1763-1829), fu allievo di Foucroy, professore alla Scuola delle Miniere, al Collegio di Francia, al Museo, alla Scuola di Farmacia ed alla Facoltà di Medicina.
La sintesi clorofilliana è la più importante funzione di nutrizione delle piante autotrofe: l’anidride carbonica e l’acqua sono trasformate nei composti organici necessari alla pianta, per effetto dell’energia luminosa del sole, che la clorofilla muta in energia chimica (da cui il termine, più corretto di fotosintesi). Il magnesio funge da trasportatore dell’anidride carbonica, fissato in una molecola complessa simile alla nostra emoglobina (dove il fissatore d’ossigeno è, invece il ferro).
Innumerevoli, in Europa le acque termali contenenti solfati insolubili, ad azione purgativa. Riportiamo alcune preparazioni artificiali, che riprendono esattamente la composizione chimica salina delle terme cui si riferiscono:
Polvere aerofora carolinense di Karlsbad
a- Solfato di sodio secco polv. g. 1,75/cloruro di sodio polvere, acido tartarico ana g. 0,72 (in cartina bianca).
b- Bicarbonato di sodio g. 2,40/solfato di potassio g. 0,08 (in cartina colorata).
Trocisci di Selter o dragées minerali di Mège
Bicarbonato di sodio polvere g. 100/acido tartarico polvere g. 90.
Si umetti con alcool e si facciano 100 pastiglie.
Acqua purgativa di Janos
Solfato di magnesio g. 48/solfato di sodio g. 48/ cloruro di sodio g. 2/acqua g. 900
Sale di Cheltenham
Solfato di magnesio secco, solfato di sodio secco, sale comune ana p.
E come non ricordare le nostre acque di Montecatini e di Monsummano, utili anche nelle affezioni dermatologiche.
La limonata citro-magnesiaca è preparata in varie maniere; essenzialmente contiene acido citrico, carbonato di magnesio, sciroppo di limone ed acqua.
Un dentifricio tipo può essere così composto:
Carbonato di calcio p. 30/carbonato di magnesio pesante p. 60/borato sodico p. 45/sapone molle bianco p. 12/ essenze di garofano, rosa, geranio ana p. 0,1/mentolo p. 0,2/acqua di rose, glicerina, glicerolato d’amido q.b..
Perdita totale della vista, per alterazione dei nervi ottici o della retina, o anche del s.n.c., senza che appaiano sintomi esteriori di cecità: Il nome, in greco, significa oscuramento.
Tubercolosi delle linfo-ghiandole superficiali della zona latero-cervicale, con fistole purulente e successive cicatrici deturpanti. La malattia ha, comunque, decorso benigno.
Acetato di rame crist. g. 10/cloridrato d’ammonio g. 1,20/acqua di calce g. 125.
Col nome d’etiope erano identificate, un tempo, tutte le sostanze in grado d’aumentare la biodisponibilità di un farmaco; si trattava, quindi, d’eccipienti con la caratteristica di solubilizzare una sostanza, di favorire la permeabilità di un principio attivo attraverso la cute, ecc..
L’amalgama con il mercurio fu uno dei primi processi chimici impiegati per l’estrazione di metalli nobili da minerali. La successiva precipitazione del metallo realizzava un’ottima purezza dello stesso, ma con una discreta perdita della parte che non si separava più dal mercurio.
Il processo, invece, di levigazione, usato nell’estrazione d’oro ed argento dalle polveri minerali, come quelle dei fiumi, avveniva con l’acqua, ma presentava l’inconveniente di rendere inseparabili particelle di silicati ed altri sali insolubili.
Solo la fusione ed, ultimo fra tutti, il metodo elettrolitico, riuscirono a rendere massima la resa e la purezza del metallo.
Le fumigazioni umide di cloruro mercuroso furono molto in uso per la disinfezione d’ambienti dove soggiornavano, od avevano soggiornato, malati di morbi contagiosi, come ad esempio il tifo; quelle umide, nei malati di sifilide, con l’intenzione d’impedire l’aggressività del mercurio sulla mucosa gastrica, anche se quella nasale non traeva certamente benefici.
Sachets mercuriali (Martin)
Tessuto di lana 20-25 cm2/ mercurio ed ammoniaca q.s.
Si tuffi il tessuto di flanella nel mercurio e, quindi nell’ammoniaca. Si porti, circondato da mussolina, di giorno sopra la camicia, di notte attorno al collo o steso sul capezzale, in modo che il malato respiri continuamente i vapori mercuriali. Si rinnovi ogni tre settimane.
Insufflazioni di polvere si facevano anche sul viso butterato dal vaiolo, avendo cura di proteggere gli occhi.
La differenza di colore sembra doversi imputare alla grandezza delle particelle, ed al calore fornito nella preparazione.
Fenolo trivalente, il pirogallolo, dotato di forte potere riducente è usato anche nella sintesi di coloranti organici e nell’analisi dei gas.
L’idrochinone è, invece, un fenolo bivalente, che, oltre alle azioni viste per il pirogallolo, possiede anche un forte potere antipolimerizzante.
La coppellazione è un metodo di purificazione che consiste nel trattare il metallo in forni, detti a coppella, o a crogiolo, che consente di eliminare le altre scorie metallifere, mediante ossidazione.
La quartazione consisteva invece nel formare una lega dei metalli, per fusione, con successiva separazione, mediante solubilizzazione e precipitazione chimica.
Fenomeno elettrochimico dovuto al passaggio di corrente tra due elettrodi, immersi in composti fusi, o in soluzione: gli ioni positivi, o cationi, si dirigono verso l’elettrodo negativo, o catodo, mentre quelli negativi, gli anioni, vanno a fissarsi all’elettrodo positivo o anodo. Si possono cosi separare sostanze metalliche o no, col massimo grado di purezza.
Fordos (1816-1878), fu farmacista degli Ospedali di Parigi.
Gélis (1815-1878), fu farmacista e fabbricante di prodotti chimici.
(1819-1894), professore di chimica all’Università di Montpellier.
Fu detto litargirio, se cristallino, e massicot se amorfo.
L’argentana è una lega di rame, zinco e nichel, d’aspetto simile all’argento, cosi come il new-silver; la manganina, composta di rame, manganese e nichel, è impiegata per la fabbricazione di resistenze elettriche; invar e acciaio al nichel sono leghe speciali, con coefficiente di dilatazione pressoché nullo; la platinite serve per la produzione di filamenti elettrici, ad alta resistenza.
Molte leghe furono inventate per conferire al metallo finale la migliore conducibilità, resistenza al calore, ecc.: manganese e nichel, accoppiati, offrono, senza dubbio, un ottimo risultato.
Ricordiamo: blu di Thénard, od oltremare cobalto, verde di Rinmann, detto anche cinabro verde o verde cobalto, ceruleo o celina, violetto di cobalto, auramina di cobalto o giallo cobalto di Fischer. Per ottenere ognuno di questi colori si usano sali diversi, rispettivamente, il meta-alluminato, lo zincato, lo stannato, il fosfato, il nitrito doppio di potassio e cobalto.
La variazione di colore, da cui camaleonte, si verifica fondendo la pirolusite, presente in natura, con salnitro.
Berzelius e Hisinger, furono i primi a trattarne in maniera scientifica.
E’ fluorescente ai raggi alfa, in presenza di solfuro di zinco.
Dal latino parum affinis = poco affine, per la scarsa reattività nei confronti di molti composti chimici od elementi.
Idrocarburi insaturi dall’aspetto oleoso, detti anche alcheni. Il nome dal latino oleum facus e, in seguito, dal francese olefiant.
Uno dei tanti smacchiatori liquidi in uso.
La paraffina è impiegata, tuttora, per la preparazione di candele e per l’appretto dei tessuti. In calo la produzione dei cerini.
Il processo del cracking consiste nello ‘spezzare’ le molecole d’idrocarburi superiori, contenuti nel così detto ‘olio solare’, il residuo che si ottiene dalla distillazione frazionata del petrolio, e dai giacimenti di schisti, paraffine, cere fossili.
Come si spiegherebbe, altrimenti, l’esistenza di composti organici azotati?
Col nome d’olio di gaulteria s’identificava, un tempo, semplicemente il salicilato di metile.
I così detti vetri infrangibili.
Detta anche alcool solido, serve a preparare le tavolette che si utilizzano per favorire l’accensione del fuoco, in condizioni ambientali sfavorevoli.
Numerose sono le piante che contengono acido cianidrico (o prussico), in glucosidi fra cui l’amigdalina delle nostre mandorle amare. I sacerdoti egiziani ricavavano il veleno, ed il colorante, blu di Prussia, dalle foglie e dai semi del pesco. La Manihot utilissima - Euforbiacee, nota col nome di manioca, è, senz’altro, la principale di tali piante: il succo, tossico che se n’estrae, detto cassaripa, viene liberato dei cianuri; si ottiene così una fecola, detta tapioca, cassava, moussache, ecc., che è molto utilizzata per usi alimentari, in varie parti del mondo.
Gli indigeni dell’Ammazzonia impiegano, come antidoto agli avvelenamenti da manioca, l’estratto della Bixia Orellana- Bixiacee.
L’acido cianidrico si forma anche per fermentazione di albuminoidi e gelatina, da parte del Bacillus pyocianeus.
Ugualmente è impiegata la calcio-cianamide.
Concime minerale risultante da escrementi d’uccelli marini, depositati soprattutto lungo le coste povere di pioggia del Perù e del Cile: E’ ricco di fosfati e nitrati.
Si forma per fermentazione a mezzo del Bacillus Delbruki.
E’ composto, essenzialmente di nitrocellulosa.
Derivato chinolinico dell’acido alfa-fenil-piridin-carbossilico.
Malattia caratterizzata da manifestazioni emorragico-ulcerose delle mucose e degli organi interni.
Dal latino fervere.
Il maltosio è lo zucchero che si ottiene dall’amido dell’orzo, con un processo di saccarificazione, per mezzo di diastasi. Nella fabbricazione della birra, dopo aromatizzazione col luppolo, si fanno seguire due fasi di fermentazione mediante lieviti, ed una fase di chiarificazione.
Così chiamata perché ottenuta per la prima volta, dall’indaco, in spagnolo, anil.
Attualmente s’impiega, invece, il rosso Congo.
Che non hanno colore, ma lo riacquistano, rapidamente, mediante ossidazione.
Fonte: http://www.ugobecciani.it/libri/appunticuriosi.doc
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Autore del testo: UGO GABRIELE BECCIANI
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