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L’atomo rappresenta la parte più piccola della materia di cui presenta tutte le caratteristiche sia fisiche che chimiche. Risulta costituito da centinaia di particelle subatomiche di cui solo 3 presentano caratteristiche fondamentali ai fini dei comportamenti dell’atomo:
Indicato con il simbolo NA o N0, è il numero di molecole contenute in una mole di qualunque sostanza o, alternativamente il numero di atomi contenuti in 12 gr. di 12C. Esso risulta identico considerando una mole di qualunque sostanza. Le prime stime del numero di Avogadro divennero possibili alla fine dell'Ottocento, dopo che il concetto di mole fu esteso alle sostanze liquide e solide; attualmente si assume il valore 6,022 × 1023, calcolato come media approssimata dei dati ottenuti mediante metodi sperimentali chimici e fisici indipendenti.
La mole di una sostanza è una quantità in gr. pari al numero che esprime il suo peso molecolare relativo. In essa è contenuto un numero di molecole che è espresso dal numero di Avogadro.
Il peso atomico è un valore che indica il peso di un singolo atomo. Tale valore può essere espresso in maniera assoluta o relativa. Il peso atomico assoluto indica il peso effettivo di un atomo (espresso in gr.) di un elemento. Il peso atomico relativo indica quante volte un atomo dell’elemento pesa in più rispetto all’U.M.A. (è un numero adimensionale).
Il numero atomico (Z) indica il numero di protoni contenuti in un atomo. In un atomo neutro il numero atomico indica anche il numero di elettroni.
Il numero di massa (A) esprime il numero totale di protoni e neutroni contenuti in un atomo. Il numero di protoni può essere dato dalla differenza A–Z.
Il nuclide è un atomo contrassegnato dal suo numero atomico e dal suo numero di massa. Esso si indica scrivendo in alto a sinistra il numero di massa ed in basso a sinistra il numero atomico (E).
Il numero di neutroni è estremamente variabile da un atomo di un elemento all’altro; aumenta con l’aumentare del numero di protoni senza una regola fissa o di stretta proporzionalità.
Gli isotopi sono nuclidi che presentano lo stesso numero atomico ma un diverso numero di massa. Gli elementi presenti in natura sono, di solito, un misto di vari isotopi. Esempi di isotopi sono il prozio, il deuterio e il tritio (rispettivamente i nuclidi H, H e H).
Gli isobari sono nuclidi che presentano, a differenza degli isotopi, uno stesso numero di massa e un diverso numero atomico.
Il primo modello atomico fu proposto da Thomson nel 1899, e secondo questo le particelle dotate di carica erano disposte tutte in maniera uniforme nell’atomo. Successivamente Rutherford propose un modello secondo cui protoni e neutroni erano disposti nel nucleo, mentre gli elettroni erano liberi di muoversi attorno al nucleo stesso. L’ipotesi più accreditata rimane quella di Bohr, secondo cui gli elettroni si muovono attorno al nucleo (in cui sono contenuti protoni e neutroni) descrivendo delle orbite stazionarie ben delimitate.
Date le caratteristiche dell’elettrone, Heisemberg formulò il suo principio di indeterminazione, secondo cui è impossibile determinare con eguale precisione la velocità e la posizione dell’elettrone.
Il moto di un elettrone all’interno di un atomo è descritto da un’equazione d’onda che tiene conto della continuità dell’onda descritta dall’elettrone, della stazionarietà dell’onda nel tempo (cioè della sua non mutevolezza). L’equazione di Schroedinger è risolvibile mediante l’introduzione di tre costanti: n, l ed m (definite numeri quantici)
.
Gli orbitali atomici e le caratteristiche degli elettroni di un atomo dipendono dai 4 valori detti numeri quantici. Si distinguono:
Il principio di esclusione di Pauli (1925) afferma che gli elettroni di uno stesso atomo non possono a vere tutti e 4 i numeri quantici uguali (almeno uno deve essere diverso).
La regola di Hund, o principio della massima molteplicità afferma che gli elettroni si dispongono ad occupare il massimo numero di orbitali in un sottolivello.
Per il principio di Aufbau, gli elettroni tendono ad occupare gli orbitali seguendo l’ordine di energia crescente.
-Lo stato fondamentale di un atomo è quello in cui questo è neutro e non eccitato-
Tutti gli elementi presenti in natura sono stati raggruppati nella cosiddetta tavola periodica a lunghi periodi, in cui essi sono stati ordinati in base a numero atomico crescente e disposti secondo 7 righe orizzontali (periodi) e 16 colonne verticali (gruppi).
Il gruppo IA comprende i metalli alcalini, il gruppo IIA i metalli alcalino-terrosi, il gruppo IIIA viene chiamato gruppo del boro, il gruppo IVA gruppo del carbonio, il gruppo VA gruppo dell’azoto, il gruppo VIA i calcogeni, il gruppo VIIA gli alogeni, il gruppo 0 i gas nobili.
Gli elettroni di strati energetici differenti subiscono l’attrazione coulombiana da parte del nucleo in misura diversa non solo per la diversa distanza, ma anche per l’effetto schermante che gli elettroni interni esplicano a danno di quelli periferici.
Indicando quindi con Q la carica nucleare e con S la parte di carica che viene meno a causa dell’effetto schermante, la carica effettiva (Qeff) sarà data da: Qeff = Q – S.
Lungo i periodi della tavola periodica, la Qeffaumenta, mentre rimane costante lungo i gruppi.
Viene definita energia di ionizzazione, l’energia necessaria per strappare l’elettrone più debolmente legato all’atomo isolato allo stato gassoso e portarlo all’infinito. Tale energia dipende dalla carica nucleare effettiva e dal raggio atomico. Se il numero di protoni è maggiore di quello di elettroni, allora si parla di catione, in una condizione contraria, abbiamo anioni.
L’affinità elettronica è definita come l’energia che viene liberata quando un elettrone viene acquistato da un atomo neutro allo stato gassoso. Come l’energia di ionizzazione, anche l’affinità elettronica dipende dalla carica nucleare effettiva e dal raggio atomico.
La grandezza che raccoglie sia gli effetti dell’energia di ionizzazione che dell’affinità elettronica è l’elettronegatività. Viene definita come la tendenza di un atomo ad attrarre verso di sé gli elettroni di legame. Un elemento è elettronegativo se nelle sue interazioni con altri elementi tende ad acquistare elettroni.
L’elemento più elettronegativo è il Fluoro (4), seguito dall’Ossigeno (3,5) e dall’Azoto (3).
L’insieme delle forze che tengono uniti due o più atomi fra loro in un assetto stabile di minore energia. Questa configurazione è composta da 8 elettroni ed è indicata anche con il termine di ottetto. I legami si distinguono in deboli e forti: i deboli sono i legami ad idrogeno (2-7 kcal/mol) e le forze di Van der Waals (1-4 kcal/mol), mentre i forti hanno energia compresa tra 50 e 250 kcal/mol.
Il momento dipolare, espresso dal simbolo , si definisce come il prodotto tra il valore assoluto della carica e la distanza. Cioè, se le due cariche - e + si trovano ad una distanza r, il momento dipolare è dato da: = X r.
È lo spazio in cui si spostano gli elettroni di più atomi che appartengono agli atomi che compongono una molecola.
Indica la distanza tra i due nuclei alla quale corrisponde il minimo di energia (e quindi la massima stabilità) del sistema.
La forza di attrazione (F) tra due cariche di segno opposto q+ e q- poste tra loro alla distanza r è data da:
dove D è una grandezza detta costante dielettrica che dipende dalla natura del mezzo interposto tra le cariche.
È la formazione di ioni liberi in soluzioni derivanti dalla dissoluzione di composti ionici in solventi polari.
Il paramagnetismo è quella proprietà di cui una sostanza si rivela essere propria quando sottoposta ad un campo magnetico o elettrico, ma non la conserva se ne viene allontanata.
La combinazione di orbitali di uno stesso atomo da luogo al fenomeno dell’ibridazione, e gli orbitali derivanti vengono detti orbitali ibridi. L’ibridazione può essere di tipo sp, sp2, sp3.
L’ibridazione di tipo sp (alchini) deriva dalla fusione di un orbitale s e di un orbitale p. I due orbitali ibridi sono orientati l’uno rispetto all’altro formando un angolo di 180°.
L’ibridazione di tipo sp2 (alcheni) deriva dalla fusione di un orbitale di tipo s e due di tipo p. L’angolo di legame è di 120°; nell’ambito di questo tipo di ibridazione si ricorda il legame carboamidico -CONH- (nelle proteine prende il nome di legame peptidico).
L’ibridazione di tipo sp3 (alcani) deriva dalla combinazione di tre orbitali s e tre p. Si ottiene così una struttura tetraedrica che presenta angoli di 109°.
Oggetto di studio della cinetica chimica è la velocità con cui avviene una reazione chimica ed i fattori da cui essa dipende.
La concentrazione è la grandezza di riferimento per esprimere la velocità di reazione dei reagenti o dei prodotti.
Per poter reagire tra loro, due molecole devono urtarsi. Affinché l’urto sia efficace, è necessario che le due molecole si urtino con sufficiente energia così da rompere i vecchi legami e formarne di nuovi, e secondo un fattore sterico o geometrico che assicura che l’urto avvenga in punti sensibili delle molecole.
La velocità di reazione è un valore proporzionale alla concentrazione dei reagenti (A) e alla concentrazione dei prodotti (B).
V = k [A] [B] -Equazione cinetica della reazione-
Data una reazione generica
aA + bB cC + dD
a temperatura costante, la velocità di reazione (V) è data dalla generica formula
V = k [A]a’ [B]b’
dove a’ e b’ sono dei valori numerici che non corrispondono necessariamente con i coefficienti a e b della reazione.
La molecolarità di una reazione indica il numero di molecole reagenti che devono complessivamente interagire fra loro per dar luogo alla reazione e si ottiene sommando i coefficienti stechiometrici a e b.
L’ordine di reazione riflette l’influenza, sulla velocità, delle concentrazioni dei reagenti ed è dato dalla somma degli esponenti a’ e b’ che soddisfano l’equazione cinetica. Un parametro importante per stabilire l’ordine di reazione è il tempo di dimezzamento (t1/2), definito come il tempo necessario affinché la concentrazione dei reagenti diventi la metà di quella iniziale.
Data la reazione generica
A B
Se l’equazione cinetica ha la forma
l’ordine della reazione è zero. In questo caso, la velocità della reazione non dipende dalla concentrazione.
Se per una reazione generica A B l’equazione cinetica assume la forma
si parla di una reazione di primo ordine. In questo caso la velocità di reazione diminuisce con l’aumentare del tempo di reazione (t).
Per una generica reazione A + B C + D, l’equazione cinetica è data da
.
Poiché la somma degli esponenti di A e di B è uguale a 2, la reazione è di secondo ordine.
La velocità di reazione è un fenomeno direttamente proporzionale alla temperatura, infatti con l’aumentare della temperatura, aumenta anche la probabilità che vi siano urti efficaci tra le molecole. L’energia totale posseduta dalle molecole è connessa ai loro moti di traslazione, di rotazione, di vibrazione. Questa energia aumenta con l’aumentare della temperatura secondo l’equazione
Ecin = .
Dove m è la massa, la velocità media delle molecole, T è la temperatura assoluta e R la costante universale dei gas.
Indicando con E un certo valore di energia, il numero NE di molecole che posseggono un’energia eguale o superiore ad E è dato dalla formula:
La relazione tra temperatura e velocità di reazione è data dalla equazione
in cui k è la costante cinetica, A è una costante per ciascuna reazione (Costante di Arrhenius) e Ea è il minimo valore di energia che le molecole devono possedere affinché un loro urto dia origine a reazione (Energia di Attivazione).
I catalizzatori sono sostanze che sono in grado di accelerare la velocità di una reazione chimica. Essi non sono consumati e quindi non compaiono nell’equazione di reazione. La catalisi può essere un fenomeno omogeneo o eterogeneo a seconda che il catalizzatore e i reagenti siano nella stessa fase o meno.
Lo stato di equilibrio viene raggiunto da un sistema quando le concentrazioni di tutte le specie chimiche che lo compongono sono costanti (non uguali!!!) nel tempo. Viene indicato
aA + bB cC + dD.
Il tempo a partire dal quale le concentrazioni sono costanti e le velocità V1 e V2 sono uguali si definisce tempo di equilibrio(te).
In un sistema chimico all’equilibrio, il rapporto tra le concentrazioni dei reagenti e le concentrazioni dei prodotti, ognuna elevata a potenza con un esponente eguale al proprio coefficiente di reazione, è costante a temperatura costante. In formula:
dove alla costante ke si da il nome di Costante di equilibrio. Se ke >1, si dice che l’equilibrio è spostato verso destra (quindi verso i prodotti); se invece ke <1, allora l’equilibrio è spostato verso sinistra (quindi verso i reagenti).
L’aggiunta di uno dei prodotti ad un sistema in equilibrio, provoca uno spostamento dell’equilibrio di reazione verso sinistra, viceversa, l’aggiunta di uno dei reagenti provoca lo spostamento dell’equilibrio di reazione verso destra.
Il numero di Avogadro esprime il numero di atomi di un elemento contenuti in una quantità in grammi dell’elemento stesso numericamente pari al suo peso atomico relativo.
E’ la quantità in grammi di una sostanza pari al peso molecolare relativo della sostanza stessa.
È quel numero che si ottiene dividendo il peso molecolare relativo dell’acido per il numero di ioni H+ che una molecola dell’acido è in grado di liberare o per il numero di atomi di H, della molecola dell’acido, che nel corso di una reazione vengono sostituiti.
È la quantità in grammi numericamente corrispondente al peso equivalente. Il peso-equivalente è un numero, laddove il grammo-equivalente esprime una quantità in grammi numericamente corrispondente al peso equivalente.
È un numero che si ottiene dividendo il peso molecolare relativo della base per il numero di ioni H+ che una molecola di base è capace di accettare (o di ioni OH- che è capace di dissociare).
È la quantità in grammi numericamente corrispondente al peso equivalente della base stessa. Si può calcolare dividendo il peso di una mole per il numero di H+ che una molecola di base è capace di accettare (o di OH- che è capace di dissociare).
Sono quelle reazioni in cui si verifica una variazione del numero di ossidazione di alcuni elementi. L’elemento che aumenta il proprio numero di ossidazione è detto agente riducente (si ossida), mentre quello che lo diminuisce è detto agente ossidante (si riduce).
gr-equiv. di un ossidante =
gr-equiv. di un riducente =
Quando un elettrone passa da uno stato energetico E1 (orbita 1) ad uno stato energetico E2 (orbita 2), la variazione di energia connessa a tale salto soddisfa l’equazione:
in cui h è la costante di Plank e v la frequenza della reazione.
Sono miscele omogenee di due o più sostanze pure. Qualsiasi parte della soluzione presenta le stesse caratteristiche fisiche e chimiche delle pari rimanenti. Si possono avere soluzioni di gas in gas, liquidi in liquidi, solidi in solidi e solidi in liquidi. Il solvente è la componente presente in maggior quantità; il soluto è la componente presente in quantità minore. La composizione della soluzione si indica attraverso la concentrazione.
Molarità (M):
Esprime il numero di moli di soluto in un litro di soluzione:
.
Molalità (m):
Esprime il numero di moli di soluto disciolte in 1000 gr di solvente:
.
Normalità (N):
Esprime il numero di grammo-equivalenti di soluto disciolti in un litro di soluzione:
.
Frazione molare:
È il rapporto tra il numero di moli di soluto o solvente e il numero di moli totali.
Legge di Henry:
A temperatura costante la quantità in peso di un gas disciolto in un liquido è direttamente proporzionale alla pressione parziale del gas.
Acidi, basi e sali disciolti in solventi polari (es. H2O) si dissociano dando luogo alla formazione di ioni. Questo tipo di composto prende il nome di elettrolita.
È il volume di gas che, a 1 atm. e a una data temperatura si scioglie in un volume di liquido. Indica il rapporto tra il numero di molecole di elettrolita dissociate (ND) e il numero di molecole totali (Nt).
.
Il valore numerico del grado di dissociazione è compreso tra 0 ed 1.
0 < < 1.
a 25°C.
.
In dipendenza dell’uguaglianza o della diversità tra [H+] e [OH-] si definiscono i concetti di neutralità, acidità e basicità delle soluzioni.
Il pH esprime la concentrazione di ioni H+. È un valore numerico che equivale al logaritmo decimale negativo di [H+]
.
Il pOH indica il logaritmo decimale negativo di [OH-]
.
Secondo le definizioni di Bronsted e Lowry, si definisce acido una sostanza capace di cedere H+; una base è invece una sostanza in grado di accettare un H+.
Gli anfoliti sono specie chimiche che, a seconda dell’ambiente in cui sono immerse, sono capaci di comportarsi sia da acidi che da basi.
La forza di un acido o di una base è la capacità di questo di dissociare o di accettare un H+.
La costante di dissociazione di un acido (KA) è data dalla formula
.
Secondo la legge dell’equilibrio chimico, il valore di KA non dipende dalla concentrazione totale dell’acido in soluzione, ma solo dalla temperatura (25°C).
La costante di dissociazione di una base è data dalla formula
.
Indica la tendenza della base a mandare in dissociazione ioni OH-.
Al diminuire della concentrazione, (grado di dissociazione) aumenta in maniera tale da mantenere costante il valore del rapporto espresso da KA.
.
Dove C rappresenta la concentrazione.
Le soluzioni tampone sono in grado di limitare le variazioni di pH che si hanno a seguito dell’aggiunta ad esse di moderate quantità di acido o di base. Esse possono essere costituite da:
oppure
Consente di calcolare il pH di una soluzione tampone di cui si conoscano le concentrazioni dei componenti. Essa è data dalla formula:
.
Essendo pKA una costante a temperatura costante, il pH di una soluzione tampone dipende dal rapporto . Il massimo potere tampone si ha quando tale rapporto è 1.
Fonte: http://www.difossombrone.it/biochimica/appunti_chimica.doc
Sito web da visitare: http://www.difossombrone.it
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
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