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Estrazione e concentrazione dei minerali (arricchimento)
Il minerale dopo l’estrazione, mediante mezzi meccanici, spesso ha una bassa concentrazione, occorre quindi separare il metallo o il composto metallico dal materiale roccioso sterile (ganga) con cui l'elemento è combinato nel minerale.
Fra i metodi di concentrazione meccanica, uno dei più semplici è la separazione per forza di gravità: si tratta di un processo basato sul fatto che i metalli nativi e i minerali metallici hanno densità diversa da quella degli altri materiali rocciosi, con i quali sono mescolati. Quando il minerale frantumato o il concentrato di minerale è sospeso in acqua o in aria, le particelle di metallo o di minerale metallico, più pesanti, cadono sul fondo della camera di trattamento e la ganga, più leggera, viene soffiata o lavata via. La tecnica del cercatore d'oro, che setaccia la sabbia aurifera per estrarre il metallo, è nel suo piccolo un processo di separazione per gravità. Con questo procedimento, grazie alla densità relativa più alta, la magnetite (un minerale di ferro) può essere separata dalla ganga rocciosa nella quale si trova.
La flottazione è attualmente il più importante metodo di concentrazione meccanica. Consiste sostanzialmente in un processo di separazione per gravità modificato, in cui il minerale grezzo viene macinato finemente e mescolato a un liquido: di norma il metallo o il minerale metallico galleggia mentre la ganga si deposita sul fondo, sebbene in alcuni casi si verifichi il contrario. In molti moderni processi di flottazione, il galleggiamento del metallo (o della ganga) viene favorito dalla presenza, sulla superficie dell'acqua, di olio o altro reagente; in questo modo, sostanze relativamente pesanti possono galleggiare. L'uso della flottazione ha reso conveniente lo sfruttamento di molti giacimenti di minerali a bassa concentrazione.
La separazione elettromagnetica viene utilizzata per i minerali che hanno spiccate proprietà magnetiche (ad esempio la magnetite) vengono concentrati mediante l'impiego di elettromagneti, che attraggono il minerale metallico ma non la ganga. Il materiale, dopo l’estrazione viene macinato, e fatto passare su dei nastri trasportatori, quando attraversa il campo magnetico il minerale viene deviato e separato dalla ganga che non subisce nessuna attrazione.
Estrazione dei metalli
Il minerale una volta arricchito viene sottoposti ad ulteriori trattamenti di purificazione. Gli ossidi sono i minerali più pregiati, quando i metalli si trovano sotto forma di ossidi per l’estrazione è sufficiente eseguire la riduzione.
I solfiti e i carbonati metallici vengono sottoposti ad arrostimento, scaldandoli a una temperatura inferiore al punto di fusione del metallo. Nell'arrostimento dei carbonati si libera anidride carbonica, e si ottiene un ossido metallico.
FeCO3 ⇄ FeO + CO2
Nell'arrostimento dei solfuri, invece, lo zolfo si combina con l'ossigeno dell'aria liberando biossido di zolfo, e si ottiene un ossido metallico.
2FeS + 3O2 ® 2FeO + 2SO2
Successivamente i metalli vengono estratti dagli ossidi mediante processi chimici o elettrolitici.
Purificazione dei metalli
Altri processi vengono impiegati negli stadi successivi di lavorazione, per la raffinazione dei vari metalli. Nel processo di elettrolisi, il metallo si deposita sul catodo immerso in una soluzione acquosa. Rame, alluminio, nichel, zinco, argento e oro sono alcuni esempi di metalli che vengono raffinati mediante deposizione in soluzione acquosa.
Le Leghe
Spesso i metalli puri non hanno proprietà meccaniche e resistenza alla corrosione tali da consentirne l’utilizzo. Per migliorare tali prestazioni vengono mescolati tra loro metalli e metalli con non metalli.
Le Leghe, quindi, sono miscele solidificate di due o più elementi, nella maggior parte dei casi costituite da metalli. Le leghe impiegate industrialmente possono essere classificate in base al metallo che ne rappresenta il costituente principale. Si hanno così le leghe ferrose, come gli acciai e le ghise; le cosiddette leghe leggere composte prevalentemente da alluminio e magnesio; le leghe di rame, come i bronzi e gli ottoni; le leghe di nichel, molto simili a quelle dell'acciaio a basso tenore di carbonio; infine le leghe di titanio che mostrano particolari caratteristiche meccaniche.
Struttura delle leghe
I componenti di una lega possono costituire una soluzione solida che, in base alla struttura reticolare, può essere di sostituzione o interstiziale. Nel primo caso alcuni atomi dell'elemento base vengono sostituiti dagli atomi dell'altro elemento; nel secondo caso, invece, gli atomi del costituente secondario occupano gli interstizi esistenti nel reticolo cristallino del metallo base. Quando i rapporti tra i componenti sono ben definiti e ciascuna delle due specie occupa un sito preferenziale nel reticolo cristallino, i costituenti della lega formano un composto intermetallico di formula ben definita. In altri casi, quali ad esempio NaAu2, CuSn, o CuAl2, la regola della valenza non viene rispettata e i composti che ne risultano sono generalmente duri e fragili.
Le leghe hanno proprietà meccaniche notevolmente diverse rispetto a quelle degli elementi che le compongono. Come i metalli puri, esse hanno generalmente lucentezza e conducono bene sia il calore sia l'elettricità, ma sono caratterizzate da durezza e resistenza alla corrosione maggiori. L'acciaio, ad esempio, è molto più resistente e compatto del ferro battuto, che può essere considerato ferro allo stato puro, e le leghe di acciaio, miscele di acciaio con metalli quali il cromo, il manganese, il molibdeno, il nichel, il tungsteno e il vanadio, sono a loro volta più resistenti del semplice acciaio.
Proprietà delle leghe
In base all'uso cui sono destinate, le leghe possono essere divise in alcune categorie fondamentali: le leghe antifrizione, costituite da un componente duro, abitualmente un composto intermetallico, in una matrice più tenera, vengono impiegate prevalentemente nella fabbricazione di cuscinetti per strisciamento; le leghe fusibili, composte da piombo, stagno, cadmio e bismuto, sono usate nella saldatura dei metalli; le leghe magnetiche, ad esempio la lega di ferro e silicio, vengono utilizzate per produrre magneti permanenti o lamine per trasformatori; le leghe per usi elettrici sono impiegate nella produzione di termocoppie e di conduttori con particolari proprietà; le leghe per utensili a base di cobalto, cromo, tungsteno, piccole quantità di ferro, carbonio, silicio e manganese, conservano la durezza anche in condizioni di temperature elevate; le leghe dure e le leghe diamantate vengono invece adoperate per fabbricare utensili da taglio e strumenti usati nell'industria vetraria e nell'artigianato delle pietre dure.
Alcune leghe vengono poi preparate seguendo particolari necessità. Per la fabbricazione di missili, veicoli spaziali o aerei supersonici, ad esempio, devono essere usati materiali leggeri, molto duri e capaci di conservare le proprietà meccaniche anche in condizioni di altissime temperature; quindi sono state sviluppate leghe leggere, ad alta resistenza, di alluminio, berillio e titanio; inoltre nei veicoli spaziali si usano leghe di metalli quali il tantalio, il niobio, il tungsteno, il cobalto e il nichel, capaci di sopportare le particolari condizioni che si manifestano durante il rientro nell'atmosfera terrestre.
Una vasta gamma di leghe speciali contenenti elementi come berillio, boro, niobio, afnio e zirconio è usata nei reattori nucleari per assorbire le particelle generate dalle reazioni. Le leghe niobio-stagno trovano impiego nell'industria dei semiconduttori; infine leghe speciali di rame, nichel e titanio che resistono agli effetti corrosivi dell'acqua salata bollente sono utilizzate negli impianti di dissalazione.
Preparazione
Le leghe vengono generalmente preparate miscelando i materiali fusi (fusione); tuttavia in tempi relativamente recenti sono stati sviluppati dei metodi di produzione che prevedono l'impiego di miscele polverizzate. In questi processi le leghe vengono preparate mescolando polveri di vari materiali, compresse ad alte pressioni e quindi scaldate a temperature appena inferiori al punto di fusione (sinterizzazione). Si ottengono così materiali compatti e omogenei. Tra le varie sostanze ottenibili con questa tecnica vi sono i materiali ceramici. Queste leghe di metallo e carbonio (carburi), boro (boruri), ossigeno (ossidi), silicio (siliciuri) e azoto (azoturi) combinano le proprietà di estrema resistenza alle alte temperature, di stabilità e di resistenza all'ossidazione della ceramica con la duttilità e la resistenza agli urti tipica dei metalli. Un'altra tecnica per la preparazione di leghe consiste nell'impiantazione ionica: un fascio di ioni di carbonio, azoto o altro elemento è sparato in particolari metalli per produrre sulla superficie del metallo una lamina sottile della lega desiderata. Il bombardamento del titanio con azoto permette di ottenere una lega utilissima per le protesi.
Da alcune leghe come la ghisa mediante affinazione (eliminazione completa o parziale di alcuni componenti della lega) se ne ottengono altre. Nel caso della ghisa abbassando la percentuale di carbonio si ottiene l’acciaio.
Preparazione della ghisa
Il ferro e le sue leghe si ottengono dai seguenti minerali:
Limonite, Fe2O3.3H2O
Ematite, Fe2O3
Magnetite, Fe3O4
Siderite, FeCO3
Pirite, FeS2
I minerali di ferro dopo i trattamenti di arricchimento e purificazione, durante i quali sono stati trasformati in ossidi, vengono caricati nell’altoforno insieme al coke metallurgico, al calcare o all’argilla. Il coke, oltre a fornire il calore necessario al processo di fusione, durante la combustione libera monossido di carbonio che, combinandosi con gli ossidi di ferro che costituiscono il minerale, li riduce a ferro metallico. L'equazione che descrive questa reazione chimica è Fe2O3 + 3CO ⇄ 3CO2 + 2Fe. Il calcare o l’argilla vengono usati come fondenti. Il calcare si usa nel caso in cui le impurezze sono di natura silicea, si combina con la silice, materiale di difficile fusione contenuto nella ganga, formando silicato di calcio fusibile. In assenza di calcare si formerebbe silicato di ferro, con conseguente perdita di ferro metallico. L’argilla si usa nel caso in cui le impurezze sono di natura calcarea per eliminare l’ossido di calcio. Il silicato di calcio e le altre impurità formano una scoria galleggiante sul metallo fuso.
Un tipico altoforno è costituito da una torre d'acciaio alta circa 27 m, rivestita internamente di mattoni refrattari, formata di due parti a profilo troncoconico unite per il diametro minore, situato a circa un quarto di distanza dalla cima. La parte inferiore del forno, detta sacca, è munita lateralmente di un gran numero di aperture tubolari, dette ugelli, attraverso le quali viene insufflata aria calda in pressione, per mantenere attiva la reazione di combustione. In prossimità dell'estremità inferiore della sacca è situato il foro di colata da cui fluisce la ghisa fusa e sopra di esso, ma al di sotto degli ugelli, si trova un altro foro per lo spurgo delle scorie. Alla sommità del forno sono situate le tramogge, attraverso le quali viene introdotta la carica, ovvero la miscela di materie prime, e le ventole che prelevano i gas caldi di combustione; il calore dei gas viene ceduto ai forni di preriscaldamento dell'aria che, a temperature oscillanti fra 540°C e 870°C, alimenta l'altoforno.
L’ossigeno presente nell’aria reagendo con il carbonio presente nel coke consente di raggiungere, nella parte più ampia dell’altoforno(ventre) la temperatura di circa 2000°C. C + O2 ⇄ CO2 + calore.
Gli altiforni operano a ciclo continuo, per un periodo di tempo che va da un minimo di tre anni a un massimo di sette - otto: se la combustione si arrestasse, la massa parzialmente fusa si solidificherebbe e il forno dovrebbe essere demolito anzitempo.
Le materie prime sono frazionate in piccole cariche introdotte a intervalli di 10-15 minuti. Le scorie vengono estratte ogni due ore circa, mentre la ghisa viene colata cinque volte al giorno. Il prelievo della ghisa si effettua rimuovendo il tappo di argilla che chiude il foro di colata e consentendo al metallo di defluire attraverso un canale di colata, rivestito di argilla, dentro un ampio contenitore di acciaio, ricoperto completamente al suo interno con materiali refrattari; il contenitore può essere una siviera o un vagoncino, in grado di contenere oltre 100 t di metallo. Eventuali scorie rimaste in superficie vengono eliminate prima di depositarsi nel contenitore, che trasporterà la ghisa liquida alla sua destinazione finale.
Tipi di ghise
La ghisa è una lega costituita essenzialmente da ferro e carbonio nella quale la percentuale di carbonio è compresa fra il 2 e il 4%. La maggior parte della ghisa (circa il 90%) è destinata a essere trasformata in acciaio, mentre la parte rimanente viene prevalentemente rielaborata in speciali forni e successivamente colata in apposite forme con le quali, dopo solidificazione e raffreddamento, si ottengono i getti. Ai fini delle caratteristiche di queste leghe assume importanza fondamentale la forma secondo la quale il carbonio è presente nella lega (carbonio grafitico o combinato sotto la forma di cementite Fe3C). Diversi sono i fattori che possono determinare la prevalenza dell'una o
dell'altra forma, e fra questi hanno influenza preminente: la presenza di elementi particolari nella composizione chimica (p. es. il silicio è un elemento grafitizzante, mentre il manganese esercita azione stabilizzante della cementite); la velocità di raffreddamento (legata al tipo di materiale
utilizzato per le forme e alle dimensioni del getto); i particolari trattamenti termici ai quali possono essere sottoposti i getti. Sulla base della forma assunta dal carbonio nella lega è possibile distinguere i seguenti principali tipi di ghise: ghise grigie, ghise bianche, ghise malleabili, ghise sferoidali, ghise speciali o legate.
Nelle ghise grigie, il carbonio è prevalentemente grafitico e in forma lamellare, sono quelle maggiormente impiegate, perché oltre al loro basso punto di fusione e all'ottima colabilità presentano buona lavorabilità alle macchine utensili, attitudine all'assorbimento di vibrazioni, buona resistenza alla corrosione, all'usura, al calore, e soddisfacenti caratteristiche meccaniche. Inoltre hanno un basso costo.
Nelle ghise bianche il carbonio è presente sotto forma di carburi; hanno pertanto valori di durezza molto elevati e quindi ottima resistenza all'usura. A partire da ghise bianche, in seguito ad approfondito trattamento di ricottura, si ottengono le ghise malleabili. Queste, in base alla composizione e alle modalità del trattamento termico al quale sono sottoposte,
vengono distinte in ghise malleabili a cuore bianco e a cuore nero. Se la malleabilizzazione viene eseguita in ambiente ossidante (realizzato in genere da ossidi di ferro) il carbonio, interagendo con l'ossigeno, forma ossido di carbonio causando una decarburazione limitata a spessori
superficiali di alcuni millimetri; ciò porta a ottenere, dopo raffreddamento, strutture superficiali completamente ferritiche, il che comporta buone caratteristiche di tenacità, di deformabilità, di lavorabilità, che mancano invece alle ghise bianche, molto fragili, dure e non lavorabili prima del
trattamento. Eseguendo una ricottura per lunghi periodi di tempo, si ha la trasformazione (secondo la reazione Fe3C ® 3Fe+C della cementite in grafite in forma di flocculi, distribuiti a gruppi in una matrice che può essere ferritica o perlitica. A tali strutture sono dovute le ottime proprietà di questi materiali. Le aggiunte in lega, all'atto della colata, di piccole quantità di particolari elementi, quali il magnesio e il cerio, che hanno la funzione di centri di nucleazione e di cristallizzazione della grafite durante la solidificazione della lega, determinano la separazione della grafite in forma di sferoidi o noduli in una matrice ferritica o ferritico - perlitica. Si hanno così le ghise sferoidali, le quali presentano, specie dopo opportuni trattamenti termici, come caratteristica principale la duttilità. Le loro proprietà meccaniche sono tali da fornire un comportamento in opera simile a quello degli acciai dolci; pertanto il loro impiego diventa di giorno in giorno più diffuso.
Nelle ghise speciali o legate, destinate a impieghi particolari e alle quali si richiedono elevate caratteristiche di resistenza all'abrasione, alla corrosione, o al calore, sono presenti in lega, anche in percentuali elevate, elementi speciali come nichel, cromo, rame, silicio e molibdeno. In particolare il nichel, in percentuali del 15-30%, rende stabile, anche a temperatura ambiente, la struttura austenitica e conferisce alle ghise buone caratteristiche di resistenza alla corrosione e alle alte temperature; il cromo e il silicio, con la formazione di strati di ossidi protettivi molto compatti e aderenti, rendono le ghise resistenti in molti ambienti corrosivi e all'ossidazione a caldo.
Produzione dell’acciaio Nella produzione tradizionale, l'acciaio si ottiene a partire da ghisa liquida, proveniente da un altoforno, cui vengono aggiunti materiali (calce e calcare) che servono a far addensare le impurità sotto forma di scorie, e a renderle così facilmente asportabili. Le apparecchiature utilizzate possono essere forni di Martin-Siemens, convertitori Bessemer e Tomas o forni elettrici: gli acciai prodotti vengono di solito classificati in base al diverso processo utilizzato.
Acciaio Martin - Siemens
Qualunque procedimento di produzione di acciaio da ghisa d'altoforno consiste nell'asportare dalla ghisa il carbonio in eccesso e le altre impurità presenti. Una delle difficoltà principali è rappresentata dall'alto punto di fusione dell'acciaio, circa 1370 °C, che rende necessario il ricorso a combustibili e forni speciali. Il problema fu risolto con il forno Martin-Siemens, così detto perché all'originario forno Martin, inventato nel 1856, fu aggiunto nel 1864 il sistema Siemens di recupero del calore, che consente il preriscaldamento del gas combustibile e dell'aria di alimentazione. Nel preriscaldamento a recupero di calore, i gas di scarico vengono inviati in una serie di camere di rigenerazione, in cui cedono la maggior parte del calore a una massa di mattoni refrattari. Il flusso che attraversa il forno viene quindi invertito: gas combustibile e aria di alimentazione vengono fatti passare attraverso le stesse camere, dove vengono riscaldati dai mattoni. Con questo metodo, nei forni Martin-Siemens è possibile raggiungere temperature intorno a 1650 °C e produrre circa cento tonnellate di acciaio in undici ore.
Il forno vero e proprio consiste in un crogiolo di forma rettangolare rivestito di mattoni refrattari, che misura circa 6 metri per 10, chiuso da un tetto posto a circa 2,5 m di altezza. Una serie di aperture si affaccia su un piano di lavoro posto di fronte al letto di fusione; sia il piano sia il letto di fusione sono sopraelevati e lo spazio sotto il letto è occupato dalle camere di rigenerazione.
Il forno viene caricato con ghisa d'altoforno (fusa o in lingotti), rottami d'acciaio e minerale di ferro, che forniscono un ulteriore apporto di ossigeno. Per rendere più fluide le scorie solitamente si aggiungono calcare, come fondente, e fluorite. Anche se le proporzioni possono variare entro limiti ampi, una tipica carica può essere composta da circa 57 t di rottami di acciaio, 11 t di ghisa d'altoforno fredda, 45 t di ghisa d'altoforno fusa, 11 t di calcare, 900 kg di minerale di ferro e 230 kg di fluorite. Una volta caricato, il forno viene acceso e le fiamme sul letto di fusione invertono la direzione ogni volta che si attiva il processo di recupero del calore.
Chimicamente l'azione di un forno Martin-Siemens consiste nella diminuzione mediante ossidazione del contenuto di carbonio, e nell'eliminazione delle impurità come silicio, fosforo, manganese e zolfo, che si combinano con il calcare formando le scorie. Queste reazioni hanno inizio quando il metallo raggiunge la temperatura di fusione e proseguono, con la temperatura del forno mantenuta tra 1540°C e 1650°C, per il numero di ore necessario a far abbassare il contenuto di carbonio nel metallo fuso fino al valore richiesto. A questo punto l'acciaio fuso viene colato in una siviera che lo trasporta alle lingottiere, grosse forme di ghisa nelle quali avviene la colata definitiva. Si ottengono così i lingotti, a sezione quadrata o rettangolare (se sono destinati alla laminazione) oppure rotonda, esagonale o ottagonale (se sono destinati alla fucinatura). Anche le dimensioni dei lingotti variano sensibilmente secondo la destinazione, da un minimo di 180 kg a un massimo di oltre 5 t. Una più recente tecnologia siderurgica elimina il passaggio attraverso la fase di lingotto, e quindi semplifica di molto le fasi successive, prevedendo la "colata continua", con la quale si ottengono direttamente lastre di spessore minore di 5 cm.
Acciaio al convertitore
Il convertitore Bessemer è l'apparecchio utilizzato nel più antico procedimento per la produzione di acciaio in grandi quantità; si tratta di un forno molto alto, che può essere inclinato lateralmente per il caricamento della ghisa d'altoforno e per la colata dell'acciaio. Vengono soffiate grandi quantità di aria attraverso la massa fusa, in modo che l'ossigeno in essa contenuto riduca il carbonio della ghisa e si combini con le impurità, trasformandole in scorie solide galleggianti, facilmente asportabili. Questo convertitore non può essere utilizzato per ghise che contengono fosforo.
Il convertitore Tomas è simile a quello Bessemer, può essere utilizzato per ghise contenenti fosforo grazie al rivestimento di natura basica che trasforma il fosforo presente nella ghisa in Fosfato di calcio facilmente asportabile (Scorie Tomas).
Nel processo all'ossigeno (detto anche processo LD, dalle iniziali di Linz e Donawitz, le due città austriache sedi delle acciaierie in cui fu applicato per la prima volta), la ghisa viene affinata, ossia trasformata in acciaio, in un forno simile al convertitore Bessemer, in cui all'aria si sostituisce un getto di ossigeno puro insufflato dall'alto, ad alta pressione, mediante una lancia raffreddata ad acqua posta a circa 2 m sopra il livello del metallo fuso. L'ossigeno, iniettato a grande velocità nella massa fusa, si combina con il carbonio e gli altri elementi indesiderati molto più rapidamente che nel processo Bessemer: in meno di cinquanta minuti il ciclo è terminato, con la produzione di oltre 200 t di acciaio. Il processo LD può essere impiegato nei forni Martin-Siemens o nei convertitori, ma anche nei forni elettrici, per accelerare la produzione.
Acciaio al forno elettrico In alcuni forni il calore per la fusione e l'affinazione dell'acciaio viene prodotto usando energia elettrica anziché combustibile. I forni elettrici consentono un'alta precisione di controllo delle condizioni di affinazione, e sono quindi particolarmente indicati nella produzione di acciai inossidabili e di altri acciai fortemente legati. L'affinazione avviene in una camera chiusa, in cui la temperatura e in generale le condizioni dell'ambiente vengono tenute sotto stretto controllo da dispositivi automatici. Durante i primi stadi del processo di affinazione un getto di ossigeno di elevata purezza, iniettato mediante una lancia, permette di innalzare la temperatura e di diminuire il tempo necessario alla produzione dell'acciaio. La quantità di ossigeno immessa nel forno viene strettamente controllata per limitare al minimo le reazioni di ossidazione indesiderate.
Molto spesso la carica è quasi completamente composta da rottami, che prima dell'uso vengono analizzati e selezionati, dal momento che gli elementi leganti che contengono influenzeranno la composizione del metallo affinato. Altri materiali, tra cui piccole quantità di minerale di ferro e calce viva, vengono aggiunti alla carica o al momento in cui l'acciaio viene colato nella siviera, per favorire la rimozione del carbonio e delle altre impurità presenti.
Una volta caricato il forno, gli elettrodi vengono abbassati in prossimità della superficie del metallo. La corrente fluisce sotto forma di arco elettrico da un elettrodo alla carica metallica, attraversa il metallo e quindi, di nuovo come arco, rientra nell'altro elettrodo. La resistenza al flusso di corrente presentata dal metallo e il forte calore generato dall'arco elettrico determinano la rapida fusione del metallo. In un altro tipo di forno elettrico, meno diffuso, il calore viene generato da una resistenza elettrica.
Gli acciai
L’Acciaio è una lega ferro-carbonio, caratterizzata da una quantità di carbonio inferiore all'1,9%, che contiene anche altri elementi, in percentuali variabili. Leghe con tenore superiore di carbonio prendono il nome di ghisa.
Classificazione Degli Acciai
L'acciaio costituisce il più importante prodotto della siderurgia: viene commercializzato in una grande varietà di tipi, ciascuno con caratteristiche diverse, classificabili secondo la composizione chimica, la struttura, il processo di produzione, l'impiego prevalente. Una classificazione molto comune distingue cinque grandi categorie.
Acciai al carbonio
Costituiscono oltre il 90% di tutti gli acciai e contengono una quantità variabile, generalmente inferiore all'1,5%, di carbonio, un massimo di 1,65% di manganese, lo 0,60% di silicio e lo 0,60% di rame. Secondo il tenore di carbonio, si dividono in acciai extradolci (meno dello 0,15%), dolci (da 0,15% a 0,25%), semiduri (da 0,25% a 0,50%), duri (oltre lo 0,50%). Gli acciai extradolci e dolci sono comunemente indicati come ferro. Parti di macchine, scocche di autoveicoli, la maggior parte delle strutture di acciaio degli edifici, scafi delle navi, chiodi, viti e bulloni sono solo alcuni dei prodotti realizzati con acciai al carbonio.
Acciai legati
Sono caratterizzati dalla presenza di quantità variabili di uno o più elementi – quali vanadio, molibdeno, manganese, silicio, rame – in percentuali superiori a quelle contenute negli acciai al carbonio. Gli acciai legati vengono usati nella produzione di molti componenti meccanici: bielle, alberi, perni, sterzi, assali dei veicoli, ecc.
Acciai debolmente legati ad alta resistenza
Rappresentano la più recente categoria di acciai e sono noti con la sigla HSLA (acronimo di high-strength low-alloy). Contengono solo piccole quantità di niobio o di vanadio, e dunque sono in generale più economici dei normali acciai legati; vengono prodotti con particolari procedure, capaci di conferire loro una resistenza meccanica, anche alle basse temperature, e una resistenza alla corrosione superiori a quelle degli acciai al carbonio.
Acciai inossidabili
Contengono cromo (in quantità variabile tra il 12% e il 30%), nichel (fino al 35%) e altri elementi leganti, che li rendono brillanti e li proteggono dall'attacco degli agenti atmosferici e di gas e acidi corrosivi. Presentano una resistenza meccanica non comune, che possono mantenere anche per lunghi periodi a temperature estremamente alte o basse. La brillantezza della loro superficie li rende utilizzabili anche per scopi puramente decorativi. Trovano impiego nella realizzazione di tubature e serbatoi di raffinerie petrolifere e impianti chimici, di aerei a reazione e capsule spaziali, di apparecchiature e strumenti chirurgici, di protesi dentarie e chirurgiche. Molto diffuso l'impiego nella produzione di pentole, posate e utensili da cucina.
Acciai da utensili
Si usano per produrre la maggior parte degli utensili per lavorazioni meccaniche. In particolare, sono detti acciai rapidi quelli che contengono tungsteno, molibdeno e altri elementi leganti che ne aumentano la resistenza all'usura in lavorazioni ad alta velocità; extrarapidi o super-rapidi quelli che contengono anche cromo.
Struttura Dell'acciaio
Le proprietà fisiche dei vari tipi di acciaio dipendono principalmente dalla quantità di carbonio presente e dalla sua distribuzione nel ferro. Prima di essere sottoposti al trattamento termico, la maggior parte degli acciai sono una miscela di tre sostanze: ferrite, perlite e cementite. La ferrite, tenera e duttile, è ferro contenente in soluzione piccole quantità di carbonio e altri elementi; la cementite, estremamente brillante e dura, è costituita da ferro che contiene in soluzione circa il 7% di carbonio; la perlite è una miscela omogenea di ferrite e cementite, di composizione e struttura specifiche, con proprietà fisiche intermedie tra quelle dei due costituenti. La tenacità e la durezza di un acciaio non sottoposto a trattamento termico dipendono dalle proporzioni delle tre sostanze. All'aumentare della percentuale di carbonio contenuto nell'acciaio, la quantità di ferrite diminuisce e quella di perlite aumenta, finché, quando il contenuto di carbonio raggiunge lo 0,8%, l'acciaio risulta costituito interamente da perlite. Aumentando ulteriormente la percentuale di carbonio, l'acciaio diventa una miscela di perlite e cementite. Il riscaldamento dell'acciaio a temperature comprese fra 760 °C e 870 °C trasforma la ferrite e la cementite in una forma allotropica di lega ferro-carbonio, conosciuta come austenite, in cui tutto il carbonio presente allo stato libero nel metallo si solubilizza. A questo punto, se l'acciaio viene raffreddato lentamente, l'austenite si trasforma nuovamente in ferrite e perlite; se invece il raffreddamento è repentino, l'austenite viene "congelata" e diventa martensite, una forma allotropica estremamente dura, simile alla ferrite ma contenente carbonio in soluzione solida. Questo procedimento di raffreddamento rapido viene definito tempra, ed è uno dei più diffusi trattamenti termici dell'acciaio.
Preparazione dei semilavorati
L'acciaio viene commercializzato in un'ampia varietà di semilavorati, in modo particolare lamiere, travi, tubi, barre e profilati diversi, che vengono prodotti nelle acciaierie laminando e foggiando i lingotti nella forma desiderata. La lavorazione dell'acciaio inoltre migliora la qualità del metallo, omogeneizzandone la struttura e aumentandone la tenacità.
Il processo base nella lavorazione dell'acciaio è la laminazione a caldo, in cui i lingotti vengono prima riscaldati al calore rosso (1000 °C ca.) in un forno, e quindi fatti passare attraverso una serie di laminatoi, grosse macchine costituite essenzialmente da una robusta "gabbia", che sostiene due cilindri d'acciaio controrotanti, e dal relativo motore. I cilindri sono sovrapposti e distanziati da uno spazio che costituirà lo spessore del semilavorato all'uscita del laminatoio. Più laminatoi posti in serie consentono di ottenere gradualmente la forma e lo spessore desiderato.
I cilindri dei laminatoi per lamiere e nastri sono lisci, quelli per profilati sono scanalati al fine di ottenere la sezione desiderata.
I laminatoi per nastri e lamiere sono detti continui, essi producono lamiere e nastri larghi fino a 2,4 m, lavorando le sottili lastre di acciaio quando sono ancora calde. Una lastra di acciaio spessa oltre 11 cm e lunga 4 m può essere lavorata fino a ottenere fogli di appena 1 mm di spessore e oltre 370 m di lunghezza. I laminatoi continui comprendono gli apparecchi per la rifinitura dei bordi e quelli per l'avvolgimento automatico dei nastri all'uscita dal laminatoio. I nastri così ottenuti vengono avvolti in bobine e posti su un trasportatore, per essere sottoposti a ricottura e successivamente tagliati.
Tubi I tubi di qualità più corrente vengono prodotti curvando a caldo un nastro d'acciaio nel senso della lunghezza, conferendogli la forma tubolare, e saldando i lembi affrontati. Nei tubi di piccole dimensioni i lembi del nastro vengono sovrapposti a caldo e fatti passare attraverso una coppia di cilindri che esercita su di essi una pressione tale da saldarli. I tubi senza saldatura possono essere ottenuti per mezzo di due procedimenti diversi. Il più recente, e molto più rapido, è il processo di estrusione, che consiste nel pressare a caldo un massello d'acciaio entro una filiera sagomata come la sezione del tubo; si usano presse di grande potenza, per cui il tubo finito viene letteralmente "sparato" attraverso la filiera.
Lamiera stagnata
La lamiera sottile stagnata, nota come latta, rappresenta una delle produzioni più importanti per un'acciaieria. Dopo il processo di laminazione, i fogli d'acciaio vengono stagnati per immersione in un bagno di stagno fuso. Il metodo più diffuso di rivestimento si ottiene per via elettrolitica: i fogli vengono srotolati lentamente dalle bobine e immersi in una soluzione chimica attraversata da corrente elettrica e contenente stagno puro, che si deposita sull'acciaio. Mezzo chilogrammo di stagno è sufficiente per rivestire circa venti metri quadri d'acciaio. Nella produzione di latta sottile, i nastri vengono sottoposti a una seconda laminazione a freddo, che li rende più resistenti e sottili. I recipienti prodotti con latta sottile sono resistenti quanto quelli di latta normale, pur contenendo meno acciaio, con rilevante risparmio in termini di peso e costo.
Fonte: http://www.michiweb.it/public/Appunti/Metalli%20e%20leghe.doc
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