Legami chimici

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Legami chimici

Energia di ionizzazione

Si definisce energia di ionizzazione il lavoro necessario per allontanare un elettrone da un atomo. L’atomo a cui è stato tolto un elettrone diviene uno ione positivo. L’energia di prima ionizzazione è riferita all’allontanamento del primo elettrone, l’energia di seconda ionizzazione all’elettrone successivo etc. L’energia di ionizzazione dipende:

  • Dal raggio atomico;
  • Dalla carica nucleare;
  • Dall’effetto schermo;
  • Dalla stabilità elettronica.
  • La forza di attrazione o di repulsione tra due cariche elettriche è direttamente proporzionale al prodotto delle loro cariche e inversamente proporzionale alla distanza al quadrato:, all’aumentare del raggio atomico aumenta anche la distanza tra il nucleo e gli elettroni più esterni, ciò determina una diminuzione della forza di attrazione e di conseguenza dell’energia di ionizzazione.
  • La carica nucleare dipende dal numero di protoni presenti nel nucleo, quindi cresce all’aumentare del numero atomico, maggiore è la carica nucleare e maggiore è la forza che il nucleo esercita nei confronti degli elettroni, in definitiva carica nucleare ed energia di ionizzazione sono direttamente proporzionali.
  • L’effetto schermo è dovuto alla repulsione tra gli elettroni più esterni e quelli più interni. All’aumentare del periodo cresce il livello energetico su cui sono presenti gli elettroni più esterni, ciò determina un più elevato numero di elettroni più interni e quindi un aumento dell’effetto schermo. All’aumentare dell’effetto schermo diminuisce l’energia di ionizzazione.
  • Gli elementi del primo gruppo della tavola periodica hanno un elettrone in più rispetto al gas nobile che li precede nella tavola periodica, dopo aver ceduto il primo elettrone assumono quindi una struttura elettronica stabile. Se si vuole allontanare un secondo elettrone occorre somministrare notevoli quantità di energia (energia di seconda ionizzazione). Per gli elementi del secondo gruppo succede la stessa cosa per l’energia di terza ionizzazione etc.

Nel periodo i fattori che influenzano maggiormente l’energia di ionizzazione sono il raggio atomico e la carica nucleare, da sinistra verso destra il raggio atomico  diminuisce e la carica nucleare aumenta, quindi  l’energia di prima ionizzazione cresce al passare dal primo all’ottavo gruppo della tavola periodica. Come abbiamo già detto gli elementi del primo gruppo hanno energia di seconda ionizzazione elevata,  quindi quest’ultima cresce al passare dal secondo all’ottavo gruppo della tavola periodica. L’energia di terza ionizzazione cresce al passare dal terzo all’ottavo gruppo. Per quanto riguarda le ionizzazioni successive per la loro elevata energia non si verificano nella formazione dei legami. Infatti,  gli elementi che dovrebbero cedere quattro o più elettroni non formano mai legami ionici. Nel gruppo l’energia di ionizzazione dipende principalmente dal raggio atomico e dall’effetto schermo. Dall’alto verso il basso cresce sia il raggio atomico sia l’effetto schermo quindi l’energia di ionizzazione diminuisce.

Affinità elettronica

L’affinità elettronica è l’energia che viene liberata quando un atomo acquista elettroni, con conseguente formazione di ioni negativi. Per questa proprietà periodica le considerazioni sono simili a quelle fatte per l’energia di ionizzazione. I gas nobili a differenza di quanto accade per l’energia di ionizzazione, avendo una struttura elettronica stabile, non hanno affinità elettronica, quindi essa cresce al passare dal primo al settimo gruppo e diminuisce dall’alto verso il basso. Tra i fattori che la influenzano, quello più importante è la stabilità elettronica. Gli elementi del sesto e del settimo gruppo hanno elevata affinità elettronica, ciò accade perché essi hanno la possibilità di raggiungere una struttura elettronica stabile, acquistando rispettivamente uno o due elettroni.

Elettronegatività

L’elettronegatività è la tendenza che hanno gli atomi ad attrarre su di sé  gli elettroni impegnati nei legami. Dipende dagli stessi fattori che influenzano l’energia di ionizzazione e l’affinità elettronica, cresce dal primo al settimo gruppo e diminuisce dall’alto verso il basso nella tavola periodica. Si può calcolare con la seguente relazione: E = (PI + AE) / 2.

Carattere del legame

Quando due o più atomi si legano per dare origine ad un composto chimico, gli elettroni impegnati nei legami, subiscono l’attrazione da parte dei nuclei (elettronegatività).
Quando gli atomi che formano il legame hanno uguale elettronegatività, la forza di attrazione esercitata dai nuclei sugli elettroni è uguale in modulo, quindi gli elettroni sono equamente condivisi ed il legame che si viene a formare si chiama covalente.
Quando gli atomi che formano il legame hanno elettronegatività diversa, la forza di attrazione sarà diversa. Per  equilibrare le due forze gli elettroni dovranno spostarsi verso l’atomo più elettronegativo. A seguito dello spostamento l’atomo meno elettronegativo risulterà carico positivamente e l’atomo più elettronegativo risulterà carico. Come abbiamo già detto gli elettroni si sposteranno fin quando le due forze non diventeranno uguali. L’entità dello spostamento dipenderà dalla differenza di elettronegatività esistente tra gli atomi che formano il legame. Se la differenza di elettronegatività è piccola anche lo spostamento lo sarà, quindi la carica presente sugli atomi sarà parziale ed il legame si chiamerà covalente polare. Se la differenza di elettronegatività è elevata, per arrivare ad un equilibrio delle forze di attrazione, gli elettroni si dovranno spostare quasi completamente sull’atomo più elettronegativo, la carica sarà intera ed il legame sarà ionico. In genere il legame si considera covalente quando la differenza di elettronegatività è inferiore a 1,67, si considera ionico se la differenza di elettronegatività è superiore.


Carattere del Legame

Differenza di elettronegatività

0,00

0,65

0,94

1,19

1,43

1,67

1,91

2,19

2,54

3,03

% carattere ionico

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

% carattere covalente

100

90

80

70

60

50

40

30

20

10

Legame ionico

Il legame ionico è la forza elettrostatica che tiene uniti ioni di segno contrario. Si forma tra atomi con elevata differenza di elettronegatività, cioè quando elementi del primo o del secondo gruppo A si legano con elementi del sesto o del settimo gruppo A. Ad esempio tra sodio e cloro si ha:

  • il sodio, appartenente al primo gruppo A, quindi elemento avente bassa elettronegatività, cede l’unico  elettrone presente sull’ultimo livello energetico e diventa uno ione positivo (Na à Na+ + e).
  • il cloro, appartenente al settimo gruppo A, acquista un elettrone e diventa uno ione negativo          (Cl + e à Cl-).
  • tra il sodio ed il cloro si ha la formazione di un legame dovuto alla presenza di cariche elettriche di segno opposto.

Da notare che sia il sodio sia il cloro assumono una configurazione elettronica stabile.
Nei composti ionici, gli ioni sono disposti nello spazio con regolarità cioè formano un reticolo cristallino. Ad esempio il cloruro di sodio cristallizza con reticolo cubico a facce centrate. All’interno del reticolo ogni ione Na+ è circondato da 6 ioni Cl- e ogni ione Cl- da 6 ioni Na+. I composti ionici hanno in genere elevate temperature di fusione ed allo stato solido non sono lavorabili e non conducono la corrente elettrica. Sono solubili in acqua e nei solventi polari. Allo stato fuso ed in soluzione acquosa conducono la corrente elettrica.

Il legame covalente

Il legame covalente avviene per messa a comune di elettroni spaiati tra atomi con elettronegatività uguale o poco diversa (inferiore a 1,67). La forza che tiene uniti gli atomi nel legame covalente è data dall’attrazione che i nuclei, degli atomi che prendono parte al legame, esercitano nei confronti degli elettroni condivisi.
Il legame covalente può essere:

  • puro quando si forma tra atomi aventi uguale elettronegatività;
  • polare quando si forma tra atomi aventi elettronegatività diversa.

Esempi di legame covalente puro:

  • ogni atomo di idrogeno possiede un solo elettrone, mettendoli a comune si forma la molecola dell’idrogeno, all’interno della molecola ogni  nucleo avrà intorno a sé 2 elettroni, quindi gli atomi assumeranno una configurazione elettronica stabile (primo livello completo come l’elio).                H∙ +∙Hà H:H   (H-H).

il cloro possiede un elettrone spaiato, mettendolo a comune raggiunge l’ottetto.  

l’azoto possiede tre elettroni spaiati mettendoli a comune, forma un triplo legame covalente e raggiunge una struttura elettronica stabile (ottetto).

Esempi di legame covalente polare:
Nel legame tra idrogeno e cloro, essendo il cloro più elettronegativo, gli elettroni impegnati nel legame sono più vicini al nucleo del cloro. L’allontanamento degli elettroni dall’atomo dell’idrogeno lascia parzialmente scoperto il nucleo, quindi sull’atomo di idrogeno avremo una parziale carica positiva. Sull’atomo del cloro avremo un eccesso di elettroni, quindi una parziale carica negativa. La presenza di queste cariche rende uguali le forze di attrazione che i due nuclei esercitano sugli elettroni di legame e rafforza il legame grazie alla forza di attrazione che si instaura tra i due atomi.
La presenza di questa forza di attrazione elettrostatica, che abbiamo riscontrato nel legame ionico, fa si che il legame covalente polare venga classificato in parte ionico e in parte covalente.  Per mettere in evidenza la presenza dei residui di carica la molecola si rappresenta: (Hd+- Cld-).

Polarità delle molecole

Le molecole che presentano una separazione di carica, come l’acido cloridrico, sono polari. Una molecola polare prende il nome di dipolo. Nelle molecole biatomiche la presenza del legame covalente polare fa sì che la molecola risulti sempre polare. Nelle molecole pluriatomiche, per stabilire se sono polari occorre prendere in considerazione la distribuzione dei residui di carica. Se i residui di carica sono disposti in modo simmetrico, come nel caso dell’anidride carbonica, la molecola sarà apolare.   
Se  i residui non sono disposti in modo simmetrico, cioè tagliando con un piano la molecola è possibile dividerla in due parti con residui di carica  diversi, come nel caso dell’acqua, la molecola sarà polare.
La forza di un dipolo può essere definita dal suo momento dipolare m. Il momento dipolare dipende dal residuo di carica (Q) e dalla distanza tra i due nuclei (d). m = Q d. Più elevato è il momento dipolare,  più intense sono le forze intermolecolari, e di conseguenza i punti di fusione e di ebollizione delle sostanze sono più alti.

Legami covalenti sigma (s) e pi greco (p).

Il legame covalente si può considerare formato per sovrapposizione di orbitali. Si possono verificare i seguenti casi:

  • Per sovrapposizione di due orbitali s si forma sempre legame di tipo sigma.

  • Per sovrapposizione di un orbitale s con un orbitale p si ha la formazione di legame di tipo sigma.

  • Per sovrapposizione di due orbitali p si può avere la formazione sia di legami di tipo sigma (quando si sovrappongono lungo il loro asse principale) sia di legami di tipo pi greco (quando si sovrappongono lateralmente, con i loro assi paralleli).

 

Legame covalente dativo

Il legame dativo è un particolare legame covalente dove un atomo mette a comune un doppietto elettronico ( donatore ), e un altro atomo mette a comune un orbitale vuoto ( accettore ). Questo tipo di legame, in genere, si indica con una freccia che va dal donatore all’accettore.

 

Legami molecolari

I composti covalenti hanno un intervallo di punti di fusione piuttosto grande. Ciò è dovuto ai legami presenti tra le molecole di questi composti (Forze di Van der Waals).
Le forze di Van der Waals possono essere di tre tipi:

  • Forze dipolo - dipolo: tra due molecole della stessa sostanza o di sostanze diverse entrambe polari, cioè tra molecole che sono dipoli permanenti. Le molecole polari si orientano in modo da disporsi con le cariche di segno diverso vicine.
  • Forze dipolo – dipolo indotto: tra una molecola polare ed una apolare. La molecola polare induce una separazione di cariche sulla molecola apolare (dipolo indotto), quindi le due si orienteranno attraendosi come nel caso delle forze dipolo – dipolo.
  • Forze di dispersione: tra due molecole non polari. Le forze di attrazione tra le molecole non polari sono dovute al movimento degli elettroni intorno ai nuclei degli atomi. Nel momento in cui gli elettroni si trovano più vicini al nucleo di un atomo, su di esso avremo un residuo di carica negativa e sull’altro atomo un residuo di carica positiva. Nell’istante successivo la situazione potrà anche essere quella opposta, cioè dove prima vi era la carica negativa può esserci quella positiva e viceversa. Gli elettroni nel loro movimento possono dar luogo a dei dipoli temporanei che possono a loro volta indurre una separazione di carica nelle molecole vicine attraendole.

Legame a idrogeno

Il legame a idrogeno è un particolare  legame molecolare, si forma tra molecole in cui l’atomo di idrogeno è legato covalentemente  ad atomi con elevata elettronegatività e di piccole dimensioni (O, N, F). La forza di questo legame è dovuta alle piccole dimensioni dell’atomo di idrogeno e quindi all’elevata densità di carica positiva presente su di sé. Ad es. nell’acido fluoridrico si ha:

  • Il fluoro, essendo più elettronegativo, attrae maggiormente su di sé gli elettroni e assume una parziale carica negativa.
  • L’idrogeno, essendo meno elettronegativo, risulterà carico positivamente. 
  • L’atomo di idrogeno, per  diminuire l’elevata densità di carica presente su di sé, richiama elettroni da atomi di fluoro di altre molecole. Hd+ ¾ Fd- . . .  Hd+ ¾ Fd-.  Il legame a idrogeno si può indicare con tre puntini.

 

Caratteristiche dei legami molecolari

La forza dei legami molecolari varia al variare della polarità delle molecole. Il più forte, tra detti legami è il legame a idrogeno; i legami dipolo – dipolo, dipolo – dipolo indotto e le forze di dispersione sono, nell’ordine in cui li abbiamo citati, sempre più deboli. Dalla forza di questi legami dipendono le proprietà fisiche delle sostanze. Per passare dallo stato liquido allo stato aeriforme in una sostanza si devono spezzare i legami molecolari esistenti, quindi maggiore è la forza del legame molecolare e maggiore sarà la temperatura di ebollizione. Ad es. l’acqua, pur avendo un peso molecolare più piccolo dell’acido solfidrico (H2S), ha le temperature di fusione e di ebollizione nettamente più alte.  Le sostanze, come l’acqua, in cui vi è legame a idrogeno in genere hanno tutte elevate temperature di fusione e di ebollizione.

Il legame metallico

Il legame metallico è un particolare tipo di legame chimico che tiene uniti gli atomi dei metalli. Sulla natura di questo legame esistono numerose teorie. I metalli hanno struttura cristallina; la teoria  più semplice considera il reticolo cristallino dei  metalli formato da un insieme  di ioni positivi, tutti uguali (i cationi del metallo), disposti ordinatamente nello spazio tridimensionale e immersi in un <<mare>> di elettroni. Il legame metallico è dovuto alla forza di coesione  che si instaura tra gli ioni positivi e gli  elettroni.

 Questi ultimi, potendo scorrere in modo relativamente libero all’interno del reticolo cristallino, sono responsabili della capacità dei metalli di condurre la corrente elettrica. Dalla facilità con cui si possono muovere gli elettroni nei metalli è facile dedurre come essi siano in grado di acquistare, per poi cedere sotto forma di luce, piccolissime quantità di energia. E’ possibile mettere in evidenza quanto abbiamo detto osservando come luccica la superficie di un metallo appena tagliato.
La mobilità degli elettroni serve a spiegare anche la lavorabilità (duttilità e malleabilità), altra proprietà dei metalli, che ha consentito all’uomo la loro utilizzazione già nell’antichità. E’ possibile ottenere fili e lamine metalliche molto sottili grazie alla possibilità di scorrimento dei piani del reticolo. I piani del reticolo possono scivolare perché gli elettroni li accompagnano nel loro movimento e continuano a garantire la forza di coesione che tiene uniti  gli ioni positivi.

Come è noto i metalli differiscono notevolmente, tra di loro, sia per la conducibilità che per la lavorabilità. Le strutture cristalline più comuni dei metalli sono:
1)  Struttura cubica a corpo centrato, in cui ogni atomo del metallo è circondato da altri otto atomi. Il reticolo cristallino si può considerare formato dall’unione di tante celle elementari. In questo caso la cella elementare si può identificare con un cubo in cui gli atomi occupano il centro e gli spigoli, per un totale di nove atomi.
2)  Struttura cubica a facce centrate, in cui ogni atomo è circondato da altri dodici atomi. La cella elementare è costituita da un cubo in cui gli atomi occupano gli spigoli e il centro di ogni faccia, per un totale di quattordici atomi.
3)  Struttura esagonale compatta, in cui ogni atomo è circondato da altri dodici atomi. La cella elementare è costituita da un prisma a base esagonale tagliato da un piano triangolare; gli atomi occupano i vertici del prisma, il centro delle due basi e gli spigoli del triangolo, per un totale di diciassette atomi.
La lavorabilità dipende dal tipo di reticolo, cioè dalla densità atomica. I metalli più facilmente lavorabili sono quelli che cristallizzano con reticolo cubico a facce centrate (maggiore densità atomica), i meno lavorabili sono  quelli che hanno reticolo cubico a corpo centrato (minore densità atomica); è intermedia la lavorabilità  degli altri metalli.  Per spiegare  le proprietà dei metalli, soprattutto la conducibilità, occorre prendere in considerazione la teoria degli orbitali molecolari, vista la sua complessità prenderemo in considerazione soltanto alcuni concetti necessari a raggiungere il nostro scopo.
Secondo la teoria degli orbitali molecolari ,dalla sovrapposizione di due orbitali atomici si ottengono due orbitali molecolari, uno di energia più bassa e l’altro di energia più elevata rispetto agli orbitali atomici di partenza. Nei metalli la sovrapposizione riguarda tutti gli atomi presenti nel cristallo e quindi un elevatissimo numero di orbitali. A differenza degli orbitali atomici che hanno tutti la stessa energia, quelli molecolari hanno energia diversa. La differenza di energia tra un orbitale molecolare e l’altro dipende dal numero di orbitali impegnati nel legame, nel caso dei metalli tale differenza, visto il numero di orbitali, è piccolissima. Rappresentando graficamente gli orbitali molecolari, nel caso dei metalli, vista la piccolissima differenza di energia tra un orbitale e l’altro, non possiamo indicarli con delle righe ma con un settore, ad esempio un rettangolo che prende il nome di banda.
Dalla sovrapposizione degli orbitali che contengono gli elettroni più esterni (orbitali di valenza) si ha la banda di valenza. Gli elettroni per potersi muovere devono avere a disposizione orbitali vuoti su cui possano passare con un piccolissimo dispendio di energia. Quando la banda di valenza è parzialmente occupata tali orbitali sono a disposizione nella stessa banda di valenza, che funge quindi anche da banda di conduzione. Quando la banda di valenza è piena, gli orbitali vuoti sono sulla banda successiva, cioè su quella che deriva dalla sovrapposizione degli orbitali atomici successivi a quelli di valenza. Nei metalli quando  la banda di valenza è piena, quella di conduzione è adiacente , quindi gli elettroni si possono muovere facilmente.
Nei semiconduttori tra la banda di valenza e quella di conduzione esiste un piccolo salto energetico, che gli elettroni sono in grado di superare quando viene applicata  una sufficiente differenza di potenziale.
Negli isolanti tra la banda di valenza e quella di conduzione il salto energetico è elevato, gli elettroni non riescono, quindi, a passare nella banda di conduzione.

 

Orbitali ibridi

Quando gli atomi si avvicinano per dar luogo ad un legame chimico, le nuvole elettroniche venendo a contatto si respingono. Per rendere minima la repulsione, ciascun atomo,  dispone i suoi orbitali il più lontano possibile. Rispetto agli orbitali dell’atomo isolato, gli orbitali ibridi hanno forma ed orientamento diverso. Il cambiamento di forma e di orientamento della nuvola elettronica prende il nome di ibridazione. La forma degli orbitali ibridi è quella indicata in figura.

Ibridazione

Per mescolamento di un orbitale s con un orbitale p si formano due nuovi orbitali ibridi sp uguali,  disposti a 180°. La molecola che si formerà sarà lineare.
Per mescolamento di un orbitale s con due orbitali p si formano tre nuovi orbitali ibridi sp² uguali, disposti  a 120°. La molecola che si formerà sarà planare.  
Per mescolamento di un orbitale s con tre orbitali p si formano quattro nuovi orbitali ibridi sp3 uguali, disposti a 109,5°. La molecola che si formerà sarà tetraedrica.
Per stabilire l’ibridazione degli atomi di una molecola, e quindi l’angolo di legame, basta contare i legami chimici (il triplo e il doppio legame equivalgono ad uno semplice) e i doppietti elettronici non impegnati nel legame.
In alcuni casi oltre all’ibridazione si ha la promozione di elettroni .
Il berillio ha sull’ultimo livello energetico due elettroni presenti sull’orbitale 2s, nel cloruro di berillio esso forma con il cloro due legami covalenti. La formazione dei due legami è spiegabile considerando che il berillio, avendo a disposizione gli orbitali 2p vuoti,  promuove un elettrone dall’orbitale 2s all’orbitale 2p e  mescolando detti orbitali, forma due nuovi orbitali ibridi sp con un elettrone spaiato ciascuno. Gli orbitali ibridi sp, per rendere minima l’energia di repulsione, si dispongono, linearmente, con un angolo di legame di 180°.
Il boro ha sull’ultimo livello energetico due elettroni presenti sull’orbitale 2s e un elettrone sull’orbitale 2p, nel cloruro di boro esso forma con il cloro tre legami covalenti. La formazione dei tre legami è spiegabile considerando che il boro, avendo a disposizione due orbitali 2p vuoti,  promuove un elettrone dall’orbitale 2s all’orbitale 2p e  mescolando l’orbitale s con i due orbitali 2p, forma tre nuovi orbitali ibridi sp² con un elettrone spaiato ciascuno.Gli orbitali ibridi sp², per rendere minima l’energia di repulsione, si dispongono, nel piano, con un angolo di legame di 120°.     
Il carbonio ha sull’ultimo livello energetico due elettroni presenti sull’orbitale 2s e due sugli orbitali 2p; nel tetracloruro di carbonio esso forma con il cloro quattro legami covalenti. La formazione dei quattro legami è spiegabile considerando che il carbonio, avendo a disposizione un orbitale 2p vuoto,  promuove un elettrone dall’orbitale 2s all’orbitale 2p e  mescolando detti orbitali, forma quattro nuovi orbitali ibridi sp3 con un elettrone spaiato ciascuno.
Gli orbitali ibridi sp3, per rendere minima l’energia di repulsione, si dispongono, nello spazio lungo i vertici di un tetraedro, con un angolo di legame di 109,5°.

 

Fonte: http://ipssctamoro.gov.it/ilgabbiano/applications/core/interface/file/attachment.php?id=22

Sito web da visitare: http://ipssctamoro.gov.it/

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

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