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4. LA COSTRUZIONE DI UN LINGUAGGIO:
I MAESTRI DEL CINEMA MUTO AMERICANO
Griffith aveva mostrato che il cinema poteva dire molto. Saranno i comici, con i loro giochi linguistici, a liberare tutte le grandi possibilità del cinema: creare un senso, cambiarlo, rovesciarlo, dire e non dire, mostrare e nascondere. Ma insieme a loro va ricordato un grande autore tragico, Erich Von Stroheim, che pone le basi per il racconto moderno e per il cinema della crudeltà.
• PRIMI GENERI E PRIMI DIVI
Alcuni anni dopo la produzione di Intolerance, Griffith si associò con Chaplin e con i due attori più famosi d’America e insieme fondarono la United Artists, per difendere l’autonomia degli artisti contro il potere dei produttori. Nel 1919, con Giglio infranto introdusse grandi innovazioni nel cinema, come la doppia soggettiva.
Nel frattempo era nata Hollywood: alcuni produttori di New York, nei primi anni ’10, decisero di spostarsi sulla costa occidentale vicino Los Angeles per approfittare di migliori condizioni per girare dei film.
Con Hollywood nacque anche il producer system, in cui i produttori miravano al controllo del film, emarginando il regista.
Nacquero le prime case di produzione, e le tre più maggiori, all’inizio degli anni ’20, Paramount, MGM e First National, furono affiancate da altre case minori, come la United Artists.
Il producer system sviluppa anche i primi generi cinematografici: storico, kolossal mitologico, dramma moderno, gangster, western. I generi saranno i grandi motori del cinema narrativo, ma il più importante era quello comico.
Al cinema drammatico di Jesse Lasky (produttore-artista) si deve l’ “illuminazione Lasky”, o “illuminazione alla Rembrandt”: consiste nel gettare una violenta luce su un particolare, che emarge così in mezzo allo schermo quasi buio.
Negli anni ’20 maturano i primi aspetti del divismo: nascono le prime icone maschili, con Rodolfo Valentino, che dava l’immagine dell’uomo tenebroso, e femminili, con Gloria Swanson, seduttrice ambigua.
Negli anni ’30, invece, con la nascita del cinema classico e del sistema hollywoodiano, il divismo cercherà di proporre immagini meno trasgressive e più conformiste.
• UN MAGNIFICO GIOCATTOLO: LE COMICHE DI SENNET
Primo grande genere: le comiche slapstick (schiaffo e bastone), in cui il cinema rielaborava l’assurdità e il nonsenso delle farse popolari e dei numeri da circo equestre e in più sviluppava la sua caratteristica più specifica: la velocità. Proprio di questo genere, nel 1910 gli studi della Keystone, casa di produzione di Mack Sennet, iniziò una fortunatissima produzione.
Era comica la lotta degli uomini contro gli oggetti; è un mondo del tutto irreale. Non c’è niente di pesante nel cinema di Sennet, neanche le rocce più spaventose, che erano di cartone.
Ma il cinema comico non è solo sovversivo: è anche il primo laboratorio in cuo nasce il linguaggio cinematografico. Giocando con il montaggio, il movimento, i trucchi e gli effetti speciali, i comici scoprono e mettono in funzione tutte le possibilità del cinema, producendo un cinema che ha colo per oggetto se stesso, dei veri e proprio film-giocattolo il cui fine non è comunicare un messaggio, ma mostrare il funzionamento della macchina cinematografica.
Alla Keystone fecero il loro apprendistato comici del periodo d’oro come Chaplin, Keaton, Harry Langdon, e futuri registi drammatici come Frank Capra.
Quello di Sennet non è più né cinema delle attrazioni, né cinema narrativo: è sovversione delle ragole sociali.
• I PADRI DEL LINGUAGGIO MODERNO
Con Chaplin e Keaton il cinema troverà nel montaggio non solo la capacità di produrre, ma anche di rovesciare il senso, di cambiare a piacere il punto di vista narrativo: il film diventa un’architettura di punti di vista.
Il cinema comico gioca di continuo su scambi di ruoli (i buoni diventano i cattivi, e viceversa).
Si scopre la capacità di dire e subito negare, di mostrare e nascondere allo stesso tempo.
Ma portare a maturità il cinema di Griffith non tocca solo ai comici, ma anche ad un altro grande autore tragico: Erich Von Stroheim. Con lui il cinema scopre che la profondità di campo non è solo scenografia, ma anche complessità del discorso: un’inquadratura può infatti rappresentare una cosa e allo stesso tempo il suo contrario: lo sfondo infatti può servire per contraddire ciò che sta vicino (l’avampiano). Stroheim sottolinea e valorizza il potere metaforico e l’ambiguità delle immagini.
• CHAPLIN E LA DANZA DEL CINEMA
Le comiche di Sennet finivano per essere ripetitive e banali.
Chaplin inventa, tra le altre maschere di Sennet, Charlot, un vagabondo povero e battagliero che ospita dentro di se uno straordinario ballerino. È un vendicatore dei deboli, è la vittima che si ribella e riesce a vincere. Il cinema di Chaplin:
• Tutto diventa una danza, un balletto
• In tutti i suoi film porta il modello del circo (perché dal circo aveva imparato il meccanismo del clown:piccolo, debole, impacciato, che ad un certo punto diventava un grande acrobata, il più abile e intelligente. Il clown piccolo e incapace, nascondeva dentro di lui un eroe) costituendo un meccanismo di risarcimento simbolico dei deboli.
• La sua comicità è sempre a contatto con la tragedia (come ogni grande comicità), poiché il debole è sempre il vincitore sul piano immaginario, ma nella realtà è sempre sconfitto.
Il suo primo film maturo è The Cure (1917): dura circa 19 minuti, per 181 inquadrature, con 6 secondi di durata media per ognuna di esse.
Il cinema di Chaplin non è solo una danza del protagonista, ma una danza della cinepresa stessa, che si sposta con una rapidità incredibile.
Questa danza filmica, dura nell’opera di Chalpin fino al 1923, con film come:
• Shoulder Arms (Charlot soldato), 1918
• The Kid (Il monello), 1921
• The Pilgrin (Il pellegrino), 1923
In seguito, con la sua adesione alla United Artists, si dedicherà al melodramma sentimentale, in cui Charlot fa tionfare il bene ma rimane sempre da solo e triste. Con questo genere Chaplin, nonostante lo straordinario successo ottenuto, perde la sua vitalità. In queste storie strappalacrime inserisce sempre i suoi balletti, con pezzi di rara perfezione. Film più importanti di questo periodo:
• Una donna a Parigi, 1923
• La febbre dell’oro, 1925
• Luci della città, 1931
• Tempi moderni, 1936
• Monsieur Verdoux, 1947, grande film tragico
• Luci alla ribalta, 1952, in quest’ultimo film Chaplin recupera la forza creativa della comicità di Sennet insieme con Buster Keaton.
• KEATON E IL GIOCO DELLE SOMIGLIANZE
Se Chaplin = rappresenta la danza nel cinema
Keaton = produce un cinema quasi tutto astratto che è pura musica dello spazio e del tempo.
È il comico più astratto e il più surreale dei surrealisti. I corpi si incrociano senza mai incontrarsi, un oggetto o un’azione cambiano di senso appena ci si avvicina o ci si allontana.
Buster, il suo personaggio, è la maschera dell’inettitudine, che però è frutto di grande intelligenze e di una assoluta correttezza morale; la sua è una lotta per riportare gli uomini a contatto con la ragione e il sentimento.
Questa lotta è basata su analogie e somiglianze ingannevoli (ad es. un oggetto che sembra avere una funzione invece ne ha un’altra o una situazione viene scambiata x un’altra che le somiglia), generando continui equivoci, che vengono subito sciolti, ma per lasciare posto ad altri equivoci. Film:
• Convinct 13, 1920
• The Palyhouse, 1921
• The Blacksmith (Il fabbro), 1922
• Cops, 1922
• Sherlock Jr. (La palla numero 13), 1924
• The Electric House, 1922
• One Week, 1920
• The Navigator (Il navigatore), 1924
• Seven Chances (Le sette probabilità), 1925
• The General, 1926
• College, 1927
• The Cameraman, 1928
Il sonoro lo rovina, poiché il suo cinema è tutto di giochi visivi e la parola non ha importanza.
Negli anni ’50 è costretto a lavorare per altri, pronunciando pochissime battute; ma lo ritroviamo in un film di Alan Schneider: Film del 1965 in cui Keaton interpreta se stesso, nella lotta di un uomo che non vuole essere guardato da nessuno e usa il linguaggio cinematografico non per mostrarsi, ma per nascondersi.
• STROHEIM: LA PROFONDITÀ DI CAMPO E LE METAFORE
Stroheim, tragico, perseguiva un’idea del cinema come arte grandiosa, colossale e sfarzosa, basata sullo spreco e mise in difficoltà i suoi produttori, inoltre la sua lotta in difesa dell’autore come padrone del film lo portò alla rovina.
I suoi film, Blind Husbands (1918), Foolish Wives (1921), presentano storie e scene provocanti, crudamente sensuali che sfidano il perbenismo e l’ipocrisia della borghesia americana e la falsa generosità dei produttori hollywoodiani.
In Greed (Rapacità, 1924) realismo e metafora sono fusi in un tutto unico. La profondità di campo diventa lo strumento principale per sviluppare i contrasti dentro l’inquadratura. In questa esaltazione dei conflitti dentro l’inquadratura, Renoir e Welles saranno i suoi eredi.
La lezione di Stroheim sarà il fondamento del cinema d’autore, basato sull’osservazione crudele e intensa dei volti e dei corpi.
• Greed (Erich Von Stroheim, 1924)
Il capolavoro di Stroheim Greed doveva durare circa sette ore (42 bobine), ma venne tagliato e ritagliato a tal punto da ridurlo a sole 10 bobine, circa 108 minuti. Furono cancellati interi episodi e personaggi e Stroheim non lo accettò mai.
Greed è la prima grande sfida a provocazione sociale e culturale, in quanto Stroheim pensava che il film non dovesse offrire un rilassato piacere allo spettatore, ma, anzi, dovesse chiedere un duro e lungo impegno intellettuale e fisico.
Più tardi diresse una Vedova allegra, che trasformò in una cinica e tetra descrizione delle feste depravate e libertine della vita di corte.
Il film successivo, Queen Kelly, 1928, doveva essere ancora più provocante, ma la sua concezione del cinema presto risultò incompatibile con il sistema e con l’avvento del sonoro gli fu sospeso l’incarico di girare Queen Kelly. Poi lavorò come attore in opere di altri registi, rendendoli famosi.
5. CINEMA COME ARTE SOVVERSIVA:
IL FUTURISMO ITALIANO E LA RIVOLUZIONE RUSSA
AVANGUARDIE ITALIANE
• Il secolo della tecnica
Non era solo il cinema che stava cambiando vita e cultura nel ‘900. C’erano macchine più importanti, come i mezzi di trasporto, che cambiavano il mondo. Un filosofo definì infatti il Novecento come il “secolo della tecnica”.
Le avanguardie europee negli anni ’20 sono tutte fondate sul grande sogno della macchina:
• Prima di tutti, i futuristi italiani lanciarono il sogno di rivoluzionare la vita con le macchina
• Seguiti dalle avanguardie francesi (cubismo e dadaismo) che scompongono tutto con figure geometriche e meccaniche.
• I futuristi russi vedono nelle macchine la rivoluzione socialista
• Mentre per le avanguardie tedesche l’idea della macchina assume significati più tenebrosi, fino a raggiungere una mescolanza tra vita e morte, organico e inorganico.
Ma tutte hanno in comune l’interesse per cinema. Le avanguardie suggeriscono però un cinema diverso da quello narrativo, che frantuma i modelli conosciuti, che scandalizza e trasgredisce. La modernità si annuncia con la distruzione di ogni forma e modello tradizionale.
• I futuristi italiani e la comicità
Futurismo italiano = primo salto verso la modernità. Marinetti e altri futuristi rifiutarono le arti tradizionali e uno dopo l’altro furono pubblicati manifesti futuristici e l’ultimo di questi fu il Manifesto della Cinematografia futurista del 1916, in cui gli autori dicevano che il cinema era da considerare arte futurista per natura. In polemica contro il cinema narrativo, i futuristi proponevano un cinema nuovo, si percepiva la voglia di novità, e la ricerca di un linguaggio nuovo rispetto a quello vecchio e pesante del passato.
Volevano fare del cinematografo lo strumento ideale di una nuova arte, la cui caratteristica essenziale è il montaggio. Il cinema è per loro anche il più affascinante mezzo di trasporto, colgono subito infatti l’identità di cinema e movimento.
Per spezzare la tradizione si faceva appello anche al teatro di varietà, il solo capace di coinvolgere il pubblico in una partecipazione attiva.
I primi esperimenti filmici furono fatti da Ginna e Corra (i fratelli Corradini) con 4 film del 1911 in cui la pellicola era colorata a mano.
Altro film di Marinetti del 1916 Vita Futurista mostrava i futuristi che disturbavano la quiete pubblica. Unico film salvato dalla distruzione è Thais, o Perfido incanto di Bragaglia del 1916.
I futuristi adoravano il cinema comico popolare che celebrava il movimento e il montaggio e incarnava quindi la poetica futurista.
• L’influenza del futurismo in Europa
Le teorie futuriste furono fonti molto importanti per tutte le avanguardie successive, francesi, russe e tedesche. Il futurismo è la prima corrente artistica che s’interessa al cinema come linguaggio e come movimento del linguaggio.
Ma in Italia non c’è solo il futurismo che influenza il cinema. La pittura moderna, liberty o Art nouveau, sono fonte di ispirazione per un altro genere del cinema italiano: il diva-film (Thais) in cui tutto era assolutamente stravagante ed eccessivo. Un pregio di questo genere fu di creare una nuova figura di diva o di donna: seduttrici tristi e dolenti, vittime di amori sconfinati. Le nuove dive dominarono il cinema italiano ed europeo, creando i presupposti x il grande fenomeno del divismo in America.
Un altro genere del cinema italiano, il diva-film e la scoperta del primo piano
In Italia, il periodo tra il 1915 e il 1921,sarà molto significativo per la creazione del divismo e per la scoperta del primo piano e delle sue infinite possibilità espressive. Attorno alla figura della diva si sviluppa un genere: il diva-film, dramma aristocratico elegante, raccontato con inquadrature lunghe, con rari e linghissimi piani delle protagoniste femminili, ambientato in ville settecentesche o neoclassiche. Questo genere lancia grandi figure femminili come Pina Menichelli, Leda Gys, Francesca Bertini. Nascono anche diversi e opposti tipi di recitazioneda quella naturalistica, semplice e distesa, a quella eccessiva ed esasperata, con lunghe pose d’amore e passione. Anche i primi piani sono straordinariamente lunghi e intensi, diversi da quelli narrativi del cinema americano contemporaneo.
AVANGUARDIE RUSSE
• Il futurismo russo e la rivoluzione come festa
Diverso dal futurismo italiano, il futurismo russo, si proponeva di non estetizzare la vita, ma di trasformare realmente sia l’arte che la vita, costruendo un’arte nuova in un mondo nuovo.
Bisogna sottolineare l’importanza culturale della rivoluzione russa, culminata nel 1918 con la presa del Palazzo d’Inverno (residenza degli zar). La rivoluzione fu un grande evento distruttivo, di liberazione sociale, ma anche costruttivo, di rinnovamento artistico e di creazione di nuovi modelli espressivi.
Ogni rivoluzione è sempre all’inizio una grande festa. In tutte le rivoluzioni si libera un potenziale di ricchezza intellettuale, la forza di ogni rivoluzione sta nella rottura di tutti i vincoli e nella creazione di nuovi rapporti umani. Ma per vivere insieme gli uomini hanno bisogno di leggi che regolano i rapporti tra di loro, frenando l’anarchia per il bene collettivo. Quindi da ogni rivoluzione nascono nuove istituzioni, nuove tradizioni, e nuovi sistemi di potere. Dalla libertà assoluta si ritorna al potere centrale.
Così fu anche in Russia: la rivoluzione in pochi anni iniziò a diventare una formula rigida, ad esempio: la presa del Palazzo d’Inverno del 1918 veniva ripetuta tutti gli anni; così già l’anno dopo, la ripetizione di questo avvenimento era diventata un “autodramma”, uno spettacolo grandioso in cui tutta la città recitava rievocando la propria impresa. Questo si ripeteva ogni anno, fino a quando non diventò uno spettacolo come gli altri, e dopo 10 anni la rivoluzione era solo un ricordo.
La festa (rivoluzione) divenne poco a poco uno spettacolo (tradizione).
Così la rivoluzione perse tutto il suo potenziale creativo, ma in quei primi anni ci fu uno straordinario fermento. Innanzitutto si voleva liquidare tutta la letteratura e la pittura del passato per creare nuove arti per un mondo nuovo. Poi la FEKS (Fabbrica dell’Attore Eccentrico), futurista, voleva creare attori-acrobati. Anche per i russi il circo entrava nel teatro e nel cinema come modello eversivo e dissacrante. Tutto cambiava continuamente: con la rivoluzione tutto doveva essere rifatto e rinnovato.
È con il teorico Viktor Sklovskij che si concentrano i cambiamenti:
• Sua era la teoria dello “straniamento” che sarebbe un cambiamento del punto di vista, uno spostamento improvviso, imprevedibile.
• Altra grande idea: il primato della forma: ogni opera d’arte è importante non per il contenuto, ma per la forma (formalismo).
I grandi cineasti russi: Kulesov, Vertov, Ejzenstejn, Pudovkin, Dovzenko, partono da un rifiuto dello spettacolo tradizionale in cui lo spettatore si immerge passivamente, e propongono forme di cinema-festa in cui lo spettatore sia sempre attivo e stimolato da continui cambiamenti.
In questo contesto Vertov lancia nel 1925 la teoria del cine-occhio: secondo cui l’occhio della cinepresa ci permette di vedere le cose come non le abbiamo mai viste. Egli vede nel montaggio il potere del cinema, la novità assoluta. Crea un montaggio poetico per scoprire gli aspetti sconosciuti del mondo, il suo mistero. Nel suo film L’uomo con la macchina da presa del 1929 applica tutte le sue teorie. Vertov non usa il cinema per mostrare il mondo, ma usa il mondo per mostrare il cinema.
Kulesov, altro autore russo, è il primo a capire che il montaggio sta alla base della produzione di senso. Mostrò lo stesso identico primo piano di un attore al pubblico dopo tre inquadrature diverse: un piatto di minestra, un cadavere, una pistola. Interrogato, poi, il pubblico manifestò di aver percepito sfumature opposte nell'interpretazione dell'attore: fame, dolore, paura. Si accorse così che il senso della stessa immagine cambia a seconda dell’immagine che le sta vicino, questo è definito “effetto Kulesov”; e il senso è generato dal montaggio piuttosto che dalle inquadrature, e nasce nella mente dello spettatore.
Pudovkin teorizzò lo specifico filmico, secondo cui ciò che distingue il cinema dalle altre arti è proprio il montaggio. Egli lo usò in maniera metaforica, per esempio nel film La madre (1926), dove un fiume in piena simboleggia la collera rivoluzionaria. Inoltre scoprì come il senso di un'azione si racconta spesso meglio "costruendola" in fase di montaggio piuttosto che filmandola semplicemente: una bomba che scoppia, ad esempio, si capisce meglio mostrando immagini frammentarie di sassi, polvere, luci, ombre, ecc. Pudovkin scopre anche la forza sovversiva dei raccordi sbagliati: una persona che esce dall'inquadratura a destra e in quella successiva invece di rientrare da sinistra lo fa dallo stesso lato, può produrre un effetto originale, così come le ripetizioni possono creare un esito simile alle variazioni musicali.
Anche Dovzenko usò il montaggio per creare grandi poemi sul lavoro umano e sulla lotta verso la libertà. Egli si propone di andare verso il passato, e non verso il futuro come i suoi colleghi, arrivando a cercare come modello gli autori classici quali Omero e Esiodo. La sua opera migliore, La terra (1930), è un cinepoema sulla vita dei contadini di un paese dove ogni novità (come l'arrivo di un trattore) provoca grandi sconvolgimenti.
Fonte: http://www.scicom.altervista.org/audiovisivi/avventura.doc
Sito web da visitare: http://www.scicom.altervista.org
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