Cinema d' animazione

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INTRODUZIONE

Cinema d'animazione o Cartoni animati Tecnica che consente di produrre l'illusione del movimento di oggetti inanimati. Nel teatro l'animazione avviene mediante l'uso di figure (vedi Burattini e marionette) animate da un sistema di fili, da un congegno meccanico o dalla mano dell'uomo. Nel cinema, l'animazione viene realizzata mediante un particolare procedimento che consiste nell'effettuare riprese a "passo uno" di disegni, marionette, pupazzi, figure di creta, ritagli di carta, ombre, silhouette ecc., che vengono spostati o modificati a ogni fotogramma. In alcuni casi, le forme da animare sono disegnate direttamente sulla pellicola. La varietà più diffusa e più celebre di questo tipo di cinema è comunque il disegno o cartone animato.

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I PRIMI TENTATIVI

Le tecniche dell'animazione hanno preceduto le riprese cinematografiche su pellicola. Esemplari in questo senso furono alcuni esperimenti ottici come lo zootropo di Horner (1834) e il prassinoscopio di Reynaud (1877), perfezionato in seguito nel "teatro ottico". Fu proprio Reynaud a realizzare le prime "proiezioni in trasparenza" o "pantomime luminose" su pellicola, fra il 1892 e il 1900, presso il Musée Grévin di Parigi. La prima animazione fotogramma per fotogramma su pellicola cinematografica venne messa a punto nel 1905 da Edwin S. Porter per la Edison. La macchina da presa fu modificata in modo che l'otturatore si chiudesse dopo l'impressione di ogni singolo fotogramma. In How Jones Lost His Roll e in The Whole Dam Family and the Dam Dog, i sottotitoli erano composti di lettere spezzate, che si muovevano a caso sullo schermo per allinearsi infine componendo un testo leggibile. La tecnica cinematografica usata da Porter era la stessa che consentiva la realizzazione dei trucchi sperimentati a quell'epoca negli studi Gaumont e Méliès. I primi, autentici film di animazione sono quelli di Segundo de Chomon (El Hotel Electrico, probabilmente del 1905) e di James Stuart Blackton (Humourous Phases of Funny Faces, animazione grafica, 1906). Nel 1906 Blackton realizzò con la Vitagraph A Midwinter Night's Dream, il primo esempio di "pupazzi animati". La tecnica fu sviluppata in The Haunted Hotel (1907), dove oggetti di creta si trasformavano di fotogramma in fotogramma. In Francia, Emile Cohl ideò la prima serie di film a disegni animati, inaugurata da Fantasmagorie (1908). Il successo di Fantoche assicurò a Cohl una produzione regolare, che proseguì negli Stati Uniti fra il 1912 e il 1914. Uno dei primi disegnatori di fumetti, Winsor McCay, creatore del personaggio di Little Nemo, si dedicò all'animazione cinematografica, creando cartoni animati dalla grafica molto elaborata, che riproducevano i movimenti naturali con grazia e fluidità: Winsor McCay Draws Little Nemo (1911), Gertie the Dinosaur (1914). Fino agli anni Trenta, nessuno riuscì a eguagliare la qualità dei film di McCay.

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TECNICHE INNOVATIVE

Un problema fondamentale nell'animazione era quello di dover ridisegnare ogni volta i fondali fissi: i primi accorgimenti per risolvere la questione furono sperimentati nel 1914 da John Bray ed Earl Hurd. Le figure da animare venivano disegnate su fogli di celluloide, che erano poi sovrapposte ai fondali; questa tecnica fu perfezionata con un sistema di fissaggio dei disegni alla tavola di animazione, brevettato da Raoul Barré. Bray, Hurd e Barré furono i principali animatori dell'epoca (Il colonnello Heeza Liar, Bobby Bump e Mutt and Jeff): dai loro studi uscirono le prime serie americane di disegni animati. In bianco e nero, i primi disegni erano relativamente rozzi e i movimenti dei personaggi risultavano piuttosto rigidi, ma verso il 1920 le tecniche dell'animazione divennero sempre più evolute. Il miglioramento è evidente se confrontiamo Felix the Cat di Otto Messmer e Pat Sullivan con Out of the Inkwell di Max e Dave Fleischer, di notevole complessità e bizzarria inventiva. I Fleischer inventarono il rotoscopio, un apparecchio che consentiva di usare i contorni delle figure umane come tracce per i disegni animati, proiettando ogni fotogramma su carta. Famosi per le loro serie di Betty Boop (1930-1935) e Popeye (Braccio di Ferro,1930-1947), i Fleischer svilupparono l'idea di combinare le figure animate con le immagini di attori in carne e ossa. Per uno strano gioco del destino, fu proprio la loro Betty Boop a venire "trascinata" in tribunale, come un personaggio reale, con l'accusa di dare scandalo a causa della sua figuretta provocante.

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L'ERA DISNEY

L'idea di combinare disegni animati e riprese dal vivo fu portata avanti da Walt Disney dopo il suo arrivo a Hollywood, nel 1923. Nella serie Alice in Cartoonland, una bambina "vera" vagava in un mondo di cartoni animati. L'équipe, diretta da Disney come responsabile delle storie e da Ub Iverks come animatore capo, ottenne uno strepitoso successo con i primi film di Mickey Mouse, l'ormai leggendario Topolino (1928). Dopo aver introdotto il sonoro nei cartoni animati con Steamboat Willie (1928), lo studio Disney divenne il leader del settore dal punto di vista artistico e commerciale. Paragonate a quelle di Disney, le produzioni europee di autori come Emile Cohl, Benjamin Rabier e Ladislas Starevitch, per quanto di buona qualità, erano a un livello artigianale. Gli studi di animazione russi si specializzarono nella produzione didattica, mentre i disegnatori tedeschi (come Viking Eggeling, Hans e Oskar Fischinger, Walter Ruttman e Hans Richter) si diedero alla sperimentazione astratta. Tra il 1923 e il 1926, in Germania, l'animatrice Lotte Reininger diede vita al primo lungometraggio di animazione, Le avventure del principe Ahmed. Nel film, le silhouette snodate si muovevano secondo la tecnica del teatro delle ombre. Dall'inizio degli anni Trenta, nel cinema di animazione si moltiplicano le invenzioni visive, dalle realizzazioni su vetro di Berthold Bartosch con i disegni espressionisti di Franz Masereel (L'idée, 1931), allo "schermo di spilli" di Alexandre Alexeieff (Una notte sul Monte Calvo, 1933, su musiche di Musorgskij); dai collage dei materiali più eterogenei di Stan Brackage fino alle immagini tracciate direttamente su pellicola, che diedero fama a Len Lye (The Colour Box, 1935) e Norman McLaren (Mosaic, 1965). Nelle produzioni Disney degli anni Trenta, anche gli sfondi si animano insieme ai personaggi e tutto lo schermo prende vita. È il caso di The Old Mill e soprattutto di Biancaneve e i sette nani (1937), in cui venne perfezionata la rappresentazione della natura in movimento e l'inquadratura fu ripresa da differenti angolazioni, come accadeva nel cinema dal vivo. La raffinatezza tecnica raggiunta nel decennio 1935-1945 dagli studi Disney rimane insuperata: lo testimoniano film ormai classici, come Fantasia e Pinocchio (1940). Anche quando gli alti costi di produzione imposero di ridurre la complessità del lavoro, la qualità rimase di ottimo livello e il successo commerciale non si attenuò.
Fra gli altri animatori di Hollywood, tutti più o meno costretti a imitare l'ineguagliabile Disney, si distinse per originalità Tex Avery. A lui e ai suoi collaboratori si deve l'invenzione di straordinari personaggi come Bugs Bunny, Titti e Gatto Silvestro, Will Coyote o Tom e Jerry di Hanna & Barbera, che formavano un controcanto ironico di esilaranti efferatezze al sognante mondo disneyano. Nei paesi socialisti, la povertà dei mezzi (attenuata però dai contributi statali) risultò uno stimolo per la creatività, come testimonia la cinematografia cecoslovacca: Il milionario che rubò il sole di Zdenek Miler (1948); i film con marionette animate di Jiri Trnka (Spalicek, 1948; L'usignolo dell'imperatore, 1950); i fantocci, i pupazzi di cristallo e gli sfondi surreali su cui si muovono le figure umane di Karel Zeman (Ispirazione, 1949; Re Lavra, 1950; La diabolica invenzione, 1958). Fra i tanti maestri dell'animazione nell'Est europeo si ricordano inoltre Dusan Vukotic, Jan Lenica, Walerian Borowczyk, Ion Popescu-Gopo, Todor Dinov, Bretislav Pojar, Yuri Norstein. Fra gli artisti britannici si annoverano John Halas e Joy Batchelor, Joan e Peter Foldes, Richard Williams e Bob Godfrey e, in Francia, Paul Grimault (La pastorella e lo spazzacamino, 1950). Mentre i costi di produzione si facevano sempre più elevati, il "metodo Disney" venne abbandonato, per un ritorno all'originaria "animazione limitata" in cui sullo schermo il movimento era sempre più parziale e schematico. La perdita d'interesse visivo era compensata da una maggiore elaborazione dei dialoghi, della musica e dei rumori, che acquistavano sempre più espressività. L'uso delle fotocopiatrici xerografiche semplificò notevolmente il sistema di produzione, dando luogo a un nuovo stile grafico riconoscibile, ad esempio, nella Carica dei 101 (1961).

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DALLA TELEVISIONE ALL'USO DEI COMPUTER

Il lungometraggio di George Dunning dedicato ai Beatles, Yellow Submarine (1968), e Il pianeta selvaggio di René Laloux e Roland Topor (1973) sono due esempi, innovativi quanto isolati, di una cinematografia in trasformazione. Le leggi inflessibili del mercato televisivo hanno dato luogo a una produzione sempre più stereotipata. Tale fenomeno risulta evidente soprattutto nel cartone animato giapponese contemporaneo. Le numerose produzioni nipponiche di film d’animazione e di anime (termine che deriva dalla contrazione del vocabolo inglese animation), i cartoni animati destinati alla diffusione televisiva che traggono generalmente ispirazione dai manga, sono perlopiù caratterizzate da intrecci e stile grafico ripetitivi. Questa tendenza non ha però ostacolato lo sviluppo di un certo numero di studi indipendenti, e alcuni artisti d'avanguardia (per esempio Robert Breer, John Withney, Jane Aaron) hanno potuto realizzare eccellenti lavori. Tentativi originali sono stati compiuti da alcuni autori, come Jean-François Laguionie, René Laloux, Raoul Servais, Jan Svankmajer, Piotr Kamler, Peter Földes. I percorsi intrapresi sono fra i più vari: dal cartoon erotico di Ralph Bakshi (Fritz il pornogatto, 1971) alle animazioni della polvere (I corvi, di Ernst e Gisèle Ansorge, 1968) o della sabbia (La metamorfosi del Signor Samsa, di Caroline Leaf, 1976), fino alle realizzazioni della cosiddetta "scuola di Zagabria" o dell'animazione polacca negli anni Sessanta e Settanta.
In Italia, hanno ottenuto riconoscimenti internazionali la serie della Linea di Osvaldo Cavandoli, il film Allegro non troppo (1977) di Bruno Bozzetto, autore di vari disegni animati, dalla serie del Signor Rossi a Vip, mio fratello superuomo (1968). Il mezzo televisivo è stato sfruttato dai cartoonist in un fortunato programma (Gulp! I fumetti in Tv, 1972, ripreso nel 1976 con il titolo di Supergulp) della RAI che ha lanciato alcuni autori di disegni animati come Walter Faccini, Paolo Di Girolamo e Paul Campani, o ha definitivamente sancito la fama di altri tra cui Bonvi e Guido De Maria (i creatori di Nick Carter), Silver (Lupo Alberto), Magnus & Bunker (Alan Ford) e Jacovitti. Tra le produzioni italiane più recenti si segnalano due film diretti da Enzo D’Alò: La freccia azzurra (1996), premiato col David di Donatello per la colonna sonora composta da Paolo Conte, e La gabbianella e il gatto (1998).
Negli anni Ottanta e Novanta, il declino della qualità nell'animazione si è arrestato grazie all'impegno e alla creatività di artisti come Don Bluth (Fievel sbarca in America, 1986 e Anastasia, 1997). La diffusione delle tecnologie informatiche più avanzate ha progressivamente rivoluzionato le tecniche di animazione cinematografica, consentendo di ottenere risultati di stupefacente realismo plastico (Chi ha incastrato Roger Rabbit? di Robert Zemeckis, 1988; Toy Story, 1995; Toy Story 2 – Woody e Buzz alla riscossa, 1999; Galline in fuga, 2000, film realizzati integralmente al computer), ma ha dato talvolta luogo anche a una certa statica ripetitività dell'immagine animata.
Lo studio Disney ha cercato di ritornare alla perfezione del suo periodo d'oro con esiti alterni, producendo pellicole come La Sirenetta (1989), La Bella e la Bestia (1991), Aladdin (1992), Il Re Leone e Il ritorno di Jafar (1994), Pocahontas (1995), Il Gobbo di Notre-Dame (1996), Hercules (1997), Mulan e A Bug’s Life - Megaminimondo (entrambi del 1998), Tarzan (1999), T come Tigro (2000), Kuzco (2001). All’egemonia disneyana hanno fatto da contraltare tra gli altri l’impegno produttivo della DreamWorks SKG di Steven Spielberg, con proposte di alto livello come Il principe d’Egitto (1998), Z la formica (1998, film che ha visto impegnati personaggi del calibro di Woody Allen, Ann Bancroft, Sylvester Stallone e Sharon Stone in qualità di “voci” dei personaggi animati) e Shrek (2001), e la produzione nipponica Pokémon (2000), lungometraggio ispirato ai personaggi di un videogioco divenuti successivamente protagonisti di una serie di cartoni animati destinata al mercato televisivo e oggetto di un fenomeno commerciale di portata mondiale.

Fonte: http://www.bdp.it/intercultura/multicultura/documenti/cinema-animazione.doc

Sito web da visitare: http://www.bdp.it

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