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La MCF ha l’intento di trasmettere in maniera ottimale:
Finalità ed Obiettivi per i Formatori
La Metodologia della Comunicazione Formativa si basa sullo studio pedagogico-formativo, ed ha il compito di formare i ” formatori”.
Tale disciplina, in precedenza, si limitava nell’ individuare e formare gli Istruttori, cioè quelli che trasmettono solo delle conoscenze professionali nelle varie discipline; oggi invece, ha il fine di “formare il personale”, cioè formare integralmente altri uomini e donne che fanno parte della nostra organizzazione militare (le cosiddette risorse umane) permettendo l’acquisizione di competenze specifiche.
Per poter formare gli altri occorre acquisire una competenza specifica, anche se istintivamente noi formiamo a volte senza questa componente (ad es. con i figli). Nelle Forze Armate (come pure in qualsiasi organizzazione, ad es. un’azienda), il compito di formatore è un compito istituzionale, cioè dà luogo a delle responsabilità, per cui è necessario acquisire una competenza (genericamente) pedagogica che si avvarrà di:
Arrivando così al “Corso per Formatori” che va di pari passo al nostro ruolo .
Tale Corso si basa dunque su 2 Obiettivi:
E’ necessario quindi avere:
- Cognizioni teoriche
- Pratica educativa
che accomunata alla nostra esperienza lavorativa, permette di formare il personale alle nostre dipendenze.
ANALISI DEI TERMINI COSTITUTIVI DELLA DISCIPLINA
Metodologia della Comunicazione Formativa (Pedagogica)
L’aggettivo “ formativo”, nella metodologia della comunicazione è fondamentale, poiché una metodologia della comunicazione (non formativa) sta ad indicare solo una comunicazione tra apparati, tra oggetti, tra macchine o tra uomo e macchina (es. radiotelegrafisti).
La metodologia della comunicazione tra soggetti umani (intersoggettiva o interpersonale ma non formativa) invece, è talmente complessa e integrata da aspetti psicologici, psichici, personali, da non interessarci direttamente, piuttosto interessano coloro i quali studiano o curano i comportamenti umani.
Si potrebbe anche aggiungere l’aggettivo “pedagogico” perché questo ci permetterà di conoscere la genealogia della disciplina.
Questo perché per essere padroni della disciplina, bisogna conoscerne le origini storiche (genealogia).
METODOLOGIA: dal greco LOGOS = “Studio”, quindi - studio dei metodi –
METODI: Sono le modalità organizzative di un’ attività, di uno studio, di una ricerca.
Il metodo per eccellenza è il METODO SCIENTIFICO - una ricerca scientifica che mediante dei principi, delle regole, porti in maniera univoca a dei risultati comuni e discrimina tutto quello che può essere provato, sperimentato, da quello che non può essere provato (come nel passato la metafisica) che rimane nel campo dell’opinione, della fede, ecc.
Il metodo scientifico si compone, a livello elementare, di quattro aspetti:
- Osservazione Sistematica del Fenomeno
- Formulazione di un’ipotesi
- Sperimentazione (controllo dell’esperienza)
- Verifica e Controllo (controllo dei risultati).
COMUNICAZIONE: dal latino Communico, ” mettere in Comune”, cioè azione in comune, oppure un’azione, un’attività che mette insieme due o più soggetti che avranno quindi una RELAZIONE e uno SCAMBIO.
Quest’ultimo è essenziale per un’azione in comune, che nel nostro caso è di tipo pedagogico- educativo/formativo.
Negli antichi greci tutto era filosofia (dal greco “filo”-“amore per” - e “sofos” = saggezza), poiché era la riflessione del pensiero, sinonimo di saggezza, conoscenza, cultura.
La Pedagogia Moderna è quindi lo studio sistematico di tutti gli aspetti dell’educazione che contempla dei metodi educativi e di formazione; essa nasce col metodo scientifico; precedentemente a questa disciplina si poteva parlare solo di filosofia dell’educazione.
Con l’Umanesimo (tra il 1400 e il 1500) l’uomo viene rimesso al “centro”, per cui comincia quel progresso che passa dal medioevo, dove tutto era correlato ai dogmi, alla metafisica, alla religione, ( anche il pensiero filosofico) e si arriva al Rinascimento (tra il 1600 e il 1700) quando appunto c’e’ il tramonto di un vecchio mondo e, con tante resistenze, ci si avvia verso la RIVOLUZIONE SCIENTIFICA (emblematica è la morte di Giordano Bruno, il 17 febbraio 1600).
Con la pedagogia moderna quindi si sperimentano (attraverso il metodo scientifico) i metodi dell’educazione e della formazione, che hanno la finalità di formare gli studenti.
La cultura passa nelle mani di tutti e non appartiene solo ai religiosi come era in precedenza.
Il primo pedagogo della storia moderna è Jan Amos Komenski (1592-1670) latinizzato COMENIUS, religioso della Boemia , che inserisce il metodo nel campo educativo e quindi può essere inteso come il padre della pedagogia moderna. Prima di lui potrà parlarsi piuttosto di filosofia dell’educazione per la formazione degli studenti, come è avvenuto nella Grecia classica o nell’antica Roma.
Oggi tutte le scienze sono state settorializzate, quindi anche la pedagogia viene intesa al plurale, come “scienze dell’educazione”; quindi si passa da una sola disciplina che guarda a tutti gli aspetti dell’educazione a varie scienze specializzate.
Una di queste scienze dell’educazione è proprio la Metodologia della Comunicazione Formativa.
Se vogliamo fare la genealogia della Metodologia della comunicazione formativa si avranno una linea diretta e una indiretta. Vediamo in dettaglio queste linee che rappresentano lo sviluppo storico della M.C.F.:
LINEA DIRETTA
FILOSOFIA
FILOSOFIA DELL’EDUCAZIONE
PEDAGOGIA MODERNA
METODO SCIENTIFICO
SCIENZA DELL’EDUCAZIONE
METODOLOGIA DELLA COMUNICAZIONE FORMATIVA
LINEA INDIRETTA
Questa linea comprende lo studio della Psicologia e della Sociologia, di cui ci avvaliamo indirettamente.
FILOSOFIA
PSICOLOGIA (nasce alla fine del 1800)
SOCIOLOGIA (nasce alla fine del 1800)
SOCIOLOGIA DELLA COMUNICAZIONE (lo sviluppo della tecnologia ha imposto questa settorializzazione)
METODOLOGIA DELLA COMUNICAZIONE FORMATIVA
SULL’ARTE CLASSICA DELLA COMUNICAZIONE
PREMESSA SULL’EDUCAZIONE NELLA STORIA
Tradizionalmente la storia della pedagogia inizia con i modelli educativi dell’antica Grecia, ma prima di parlare di questi modelli occorre fare una breve premessa su quella che è stata l’evoluzione storica dell’educazione.
Da sempre l’uomo ha avuto la necessità di apprendere dagli altri, di solito i piu’ anziani, tutto quello che c’era da sapere per poter sopravvivere nel proprio habitat, quindi dalle nozioni sulla costruzione degli strumenti per la caccia, alle norme che regolavano la comunità, ai comportamenti da assumere in un determinato momento. In pratica i piu’ anziani trasmettevano ai piu’ giovani la cultura, intendendosi per essa l’insieme di valori, esperienze, norme, modelli, comportamenti, simboli e strumenti che caratterizzano ogni società umana.
La cultura si trasmette grazie al processo educativo, e poiché ogni popolo ha la sua cultura (perché ogni popolo ha fatto proprie esperienze e ha propri comportamenti, ecc.), si è avuta una diversificazione anche delle teorie e delle pratiche educative.
Anticamente le attività formative (quindi tutte quelle azioni atte a conservare il patrimonio culturale della comunità e di trasmetterlo ai piu’ giovani) furono condizionate dalla presenza, o assenza, della scrittura. Vorrei ricordare che questa nasce 4000 anni prima di Cristo.
Nei popoli senza scrittura, infatti, la cultura veniva trasmessa per mezzo del gioco, dei racconti, dei canti, oppure attraverso riti di iniziazione. La trasmissione della cultura avveniva quindi grazie all’ascolto e all’esperienza.
Nelle prime società che invece avevano sviluppato la scrittura (es. civiltà egizia e mesopotamica), il sapere è rivolto solo a determinate caste come quella ad esempio dei sacerdoti e degli scribi che erano poi la classe dirigente e i funzionari amministrativi del regno. Questo anche perché in quelle civiltà le conoscenze erano intese come misteri legati alla metafisica, per cui un’educazione e un’istruzione diffuse avrebbero sicuramente sminuito le loro figure preminenti .
Un’educazione piu’ generalizzata, cioè rivolta a tutti senza distinzioni di classi, si ritrova invece nell’antichità ebraica, circa 2000 anni prima di Cristo, dove il fine dell’educazione deve coincidere con la trasmissione degli insegnamenti di Dio, raccolti questi dalla Torah ( in ebraico legge o insegnamento) che sono in pratica i primi cinque libri dell’Antico Testamento (quello che i cristiani chiamano Pentateutico composto da Genesi, Esodo, Levitico ecc.). L’educazione e l’istruzione ebraica prendono così la forma di un sistema formativo, anche se religioso, dove la figura di educatore è stabilita nel capofamiglia, almeno fino a quando gli ebrei saranno nomadi nel deserto della Mesopotamia; quando invece gli ebrei si stanzieranno in Palestina (I° sec. d.C.) l’istruzione religiosa sarà impartita nelle sinagoghe da parte dei sacerdoti, mentre in altri edifici, non propriamente scuole, ci sarà la diffusione da parte dei rabbini (maestri) della cultura che consiste principalmente nella lettura e nella scrittura della lingua ebraica e nella memorizzazione della Torah. L’educazione della Torah sarà per gli ebrei la forma identificativa e conservativa della cultura ebraica, soprattutto durante la diaspora (70 d.C.) e durante le leggi razziali del XX secolo.
ORIGINE DELL’EDUCAZIONE NELL’ANTICA GRECIA
L’EROE QUALE IDEALE EDUCATIVO DI OMERO
Dopo questo breve exursus storico sull’educazione, ci soffermiamo sulle forme educative dell’antica Grecia, parlando più propriamente della Grecia classica, cioè di quel periodo storico che va dal V° - IV° secolo avanti Cristo.
Ma perché parlare oggi dell’educazione greca? Perché le regole del nostro pensiero, la distinzione dell’uomo nella convivenza civile secondo rapporti razionali e morali e quindi tutti i nostri modelli di pensiero, derivano proprio dall’antica Grecia, che contagiò culturalmente tutti i popoli del Mediterraneo.
I Greci intuiscono bene che la formazione educativa deve essere rivolta a ogni individuo (quando si parla di individuo a quel tempo si faceva riferimento soltanto agli appartenenti all’aristocrazia), sia perché è un membro della comunità, sia perché uomo in quanto tale. Nasce dunque l’educazione del cittadino.
Secondo i greci c’era una relazione stretta tra l’educazione, la filosofia, le arti e la vita sociale di un individuo (loro la chiamavano “paidèia” da “pàis”= fanciullo), per cui nascono le prime scuole dove si insegnano le lettere e le arti e dove per la prima volta l’educatore non è un religioso ma un laico.
Inoltre gli antichi greci comprendono che la cultura deve essere impartita secondo un modello educativo (le norme che guidano le attività che educano) al fine di poter raggiungere il risultato finale della formazione che, come vedremo, seguirà due obiettivi ben diversi.
L’educazione dei giovani nella Grecia arcaica (periodo tra l’VIII° e il VI° sec. a.C. che precede quello classico) partiva da un filo conduttore: l’aretè aristocratica del guerriero cioè la virtù, l’onore, la fedeltà nel proprio ideale, il valore aristocratico e cavalleresco.
Questi princìpi erano ben rappresentati nei due poemi omerici dell’Iliade e dell’Odissea, che si collocano temporalmente tra il VIII° e l’VII sec. a.C.
A dire il vero non tutti sono convinti che il poeta Omero sia realmente esistito, ma egli rappresenta grazie ai suoi poemi epici, la base fondamentale di tutta l’educazione classica, come ci dice Platone nel X° libro della Repubblica, in quanto il suo ideale educativo è quello del guerriero, dell’eroe appartenente alla classe aristocratica, che vive e muore per realizzare un modello di vita basato sull’aretè.
I giovani della Grecia arcaica studieranno per questo le gesta di Achille, l’eroe dell’Iliade, e di Telemaco, il figlio di Ulisse, anzi si parla dei primi quattro volumi dell’Odissea come un vero e proprio romanzo pedagogico, la cosiddetta Telemachia; essa narra infatti le vicende del giovane Telemacocheascolta i consigli del suo maestro Mèntore, che lo conduce alla fama insegnandogli come agire al cospetto di personaggi illustri e come agire e parlare in pubblico per conseguire i propri scopi, proponendogli a tal fine la saggezza e l’uso dell’eloquenza (arte del ben parlare con finalità di persuasione ed efficacia).
L’Odissea di Omero fu un’opera talmente importante a livello educativo che il poeta e drammaturgo tarantino, Livio Andronico, verso la seconda metà del III sec. a.C. , tradusse l’opera in latino per la divulgazione nella Roma di Augusto.
Il cittadino greco classico deve essere dunque un uomo che ricerca continuamente l’affermazione di sé, la gloria, l’onore individuale, la lotta, soprattutto la lotta politica, come vedremo in Atene.
Occorre da subito precisare però che pur partendo da quel filo logico comune che era l’aretè, i modelli formativi non saranno uniformi, anzi, proprio nel caso di Sparta e di Atene, saranno molto differenti.
C’è da premettere che tra il 900 e l’800 a.C. nascono in Grecia le pòlis, cioè le città-stato. Le polìs costituiscono l’equilibrio dei poteri, il centro della vita politica, culturale e religiosa.
Con il sorgere delle città-stato, l’ideale collettivo si sostituisce all’ideale individuale eroico del mondo omerico e quindi lo stato diventa il nuovo ambito entro cui si svolge ogni attività umana .
GLI IDEALI DELL’EDUCAZIONE SPARTANA (agoghé).
La città-stato di Sparta si sviluppa nel 900 a.c. nella zona del Peloponneso.
In seguito alla vittoria sui Messeni (un altro popolo del Peloponneso) che forse fu causa di una grave crisi economica, Sparta sviluppa verso il 600 a.C., ad opera del primo legislatore, Licurgo, l’ordinamento spartano, cioè un modello di vita principalmente militaresco, creato sui princìpi di austerità e dura disciplina, in cui l’obiettivo principale era quello di avere dei cittadini-soldato che potessero in ogni momento difendere coraggiosamente e validamente lo Stato in modo da garantire la potenza spartana, comandata da un’oligarchia.
In questo caso infatti la tradizione omerica della virtù incarna l’ideale collettivo della virtù politica, della città. Per far ciò era ovviamente necessaria la buona salute fisica, l’abilità nel combattere e nel gareggiare.
Plutarco, che era uno storico e filosofo greco, ha descritto molto minuziosamente nella sua opera chiamata “Vite parallele” l’educazione dei giovani spartani.
Ci riferisce infatti che quando nasceva un figlio, il padre doveva portarlo in un luogo dove il Consiglio degli anziani stabiliva la buona salute del bambino, altrimenti doveva essere gettato dalla rupe “Tarpea”. A questo proposito le madri, per provare la resistenza del bambino, si dice che lavassero i neonati con il vino (anziché acqua) perché si credeva che i bambini epilettici o rachitici, col vino si indebolivano ulteriormente, mentre i sani rinvigorissero.
Le donne spartane sono entrate nella leggenda e ancora oggi, il termine “spartano” sta ad indicare una persona schietta, autorevole, oppure qualcosa di sobrio, austero. Si dice per esempio che le donne spartane facessero dormire i loro bambini al buio per abituarli a non aver paura, oppure che quando il loro figlio partiva per la guerra gli consegnavano lo scudo dicendogli: “tornerai con questo o sopra di questo” e quando lo vedevano tornare morto analizzavano le sue ferite per vedere se erano inflitte sul dorso o sulla schiena perché in questo caso significava che il loro figlio era morto scappando, da codardo, e questo era ovviamente motivo di grande vergogna .
Un bimbo sano e robusto veniva quindi allevato fino all’età di sette anni, ma spesso questo compito non era affidato ai genitori affinché facessero mancare a questo bimbo anche quelle affettività che derivavano naturalmente dal rapporto filiale.
Dai sette anni in poi il modello educativo spartano (agoghè) si svolgeva secondo tre cicli:
L’addestramento dell’irene comincia con i riti di iniziazione che consistono in varie prove di resistenza (per esempio alla fustigazione). L’irene svolgeva un vero e proprio addestramento militare, che continuava fino a 30 anni anche per gli sposati. Si educava al maneggio delle armi, a brutali conflitti per esercitarsi, alle imboscate e a quello che oggi diremmo “ordine chiuso”. L’esercito spartano era infatti il solo esercito di professionisti nella Grecia classica, infatti tutti gli altri eserciti erano composti da truppe improvvisate di cittadini.
A 20 anni finalmente l’ireno diviene capo dei più giovani e condottiero in battaglia.
Quanto scritto finora riguarda l’educazione dell’uomo spartano.
Alle ragazze invece, veniva data un’educazione fisica che le preparava alla maternità, che era secondo Licurgo, la funzione piu’ importante della donna.
La loro educazione era subordinata a questa funzione genetica; si toglieva alle ragazze ogni sintomo di delicatezza e ogni tenerezza effeminata, irrobustendo il suo corpo con la ginnastica e lo sport. Le ragazze inoltre erano obbligate a esibirsi nude nelle feste e nelle cerimonie allo scopo di formarle senza complicazioni sentimentali: l’accoppiamento doveva prescindere dal sentimento verso l’uomo in quanto il loro frutto doveva essere solo l’interesse della razza spartana .
Le madri inoltre dovevano educare i figli secondo i valori dello Stato in modo da avere continuità tra l’educazione familiare e quella pubblica che, come abbiamo visto, avrebbe sostituito la famiglia dopo i sette anni di vita del bambino.
CONSIDERAZIONI
Avendo esaminato fino ad ora che l’ideale educativo spartano (agoghè) era principalmente l’interesse dello stato e della collettività, cercheremo di individuarne gli aspetti positivi e i limiti di tale educazione.
Tra gli aspetti positivi c’è da considerare il superamento dell’individualismo. La visione della collettività, che attualmente può venire definita educazione alla socializzazione, dimostra che è possibile raggiungere molti obiettivi se tutti gli sforzi convergono verso un unico fine.
Tra gli aspetti negativi c’è da considerarne invece alcuni:
Quella spartana era dunque un’educazione rigida, statale, comunitaria, che non fu preminente nel mondo greco classico. Il modello educativo che invece fu preminente e che ancora oggi viene preso a modello è invece quello ateniese.
GLI IDEALI DELL’EDUCAZIONE ATENIESE (paidéia).
Mentre in Sparta, come abbiamo visto, l’ideale educativo è quello dello stato militare, in Atene l’educazione è finalizzata alla formazione civile e perfezione fisica e morale del cittadino.
Occorre quindi sviluppare nel cittadino un’aretè civile finalizzata soprattutto all’amministrazione della polìs e alla democrazia, intesa come partecipazione attiva del cittadino nella polìs e poiché lo stato ateniese era meno bellico di quello spartano, la formazione non era prerogativa dello stato, tant’è vero che le scuole erano private e quindi fruibili solo dagli aristocratici.
Ma anche se non esistono scuole statali vere e proprie, nel corso degli anni si crea in Atene un vero e proprio metodo educativo, che già si denomina curricolo, regolato da norme emanate da legislatori come Dracone e Solone rispettivamente nel VII° e nel V°-IV° sec. a.C., dove si prescriveva addirittura anche il numero di ore da dedicare ad ogni attività educativa.
Vediamo quindi praticamente com’era organizzata la formazione educativa dei giovani ateniesi.
A sette anni quindi inizia l’educazione esterna, riservata però solo ai maschi in quanto le donne non godono di diritti politici e quindi non hanno vita pubblica e pertanto l’educazione familiare è sufficiente. L’educazione del giovane ateniese si compie sotto tre maestri:
- il pedotriba (allenatore di fanciulli) che nella palestra (scuola di ginnastica) addestra il giovane alla lotta, al pugilato, alla corsa, al salto, al lancio del disco e del giavellotto;
- il citarista (suonatore di cetra) che nella scuola di musica insegna all’allievo come suonare la cetra e a recitare i versi dei poeti epici accompagnandosi con la lira (nascono in questo periodo infatti le liriche);
- il grammatistès o didàscalos (maestro) che ha il compito di insegnare lettura, scrittura e calcolo quali strumenti fondamentali per lo studio del diritto da parte del giovane ateniese.
3) Dai 18 ai 20 anni il giovane ateniese veniva avviato all’addestramento militare, la cosiddetta efebia
E’ appena il caso di accennare che l’efebo, durante l’addestramento militare, prestava giuramento e fedeltà alle armi.
A completare il percorso formativo degli ateniesi provvedono le manifestazioni sportive pubbliche e le rappresentazioni teatrali quali le commedie e le tragedie, alcune delle quali sono riproposte ancora oggi per il loro valore e la loro perfezione stilistica.
La preparazione atletica e l’allenamento del corpo diventa per gli ateniesi adulti un’attività sportiva primaria, da svolgersi nei gimnàsia; era talmente importante e sentita questa disciplina nell’educazione ateniese che i gimnàsia, sono le uniche scuole finanziate e controllate dallo stato.
C’è da dire comunque che il quadro dell’istruzione primaria del fanciullo è abbastanza mediocre poiché l’istitutore o maestro è un personaggio poco considerato a cui non si richiede una qualificazione particolare, a parte l’onorabilità e la tecnica; egli inoltre è un maestro privato che deve mendicare ogni mese il suo salario perché, come abbiamo visto, non esistono scuole statali. Questo rientra nella concezione classica secondo cui il lavoro è considerato un’occupazione inferiore: infatti il percorso educativo suddetto è rivolto soprattutto ai giovani della classe ricca e aristocratica, che in Atene spostano la propria aretè dalla dimensione guerresca a quella politica.
CONSIDERAZIONI
In Atene, l’educazione ha il fine di formare il cittadino alla democrazia, nuova forma di potere collettivo e regolatore della polìs, e per questo si studiano quelle discipline che possano dare all’ateniese il giusto equilibrio tra la mente e il corpo che gli permetta di governare la polìs. Ciò può essere considerato come l’origine della vita politica.
L’educazione integrale del cittadino è comunque un aspetto dell’educazione ateniese che può essere ben trasferito fino ai giorni nostri e nella nostra cultura.
Un aspetto negativo dell’educazione ateniese si può però ritrovare nell’assenza dello spirito collettivo e nell’esaltazione dell’individualismo, elemento che porterà ad una decadenza progressiva della città che è stata per secoli il modello di cultura per tutte le altre civiltà contemporanee. I sofisti infatti si faranno strada affermando che il fine dell’educazione è sì, la formazione di un uomo politico, ma purchè questi sia capace di far valere la propria opinione nell’agorà (la piazza, sede centrale della polìs dove si tenevano le riunioni pubbliche) contro i propri avversari, approfondendo quelle tecniche di persuasione quali l’oratoria e la retorica, a discapito dell’aretè, della virtù.
Socrate infatti lotterà per ripristinare quei valori spirituali negati dai sofisti, volendo dimostrare che la politica richiede, oltre che l’oratoria e la retorica, qualità profonde, cui ognuno deve arrivare attraverso la ricerca interiore.
Atene sarà comunque la culla di tante discipline e arti che ancora oggi noi studiamo e ammiriamo proprio per la loro incredibile attualità (es. la filosofia, la politica, la drammaturgia, la commedia, ecc.)
CONFRONTO TRA L’EDUCAZIONE SPARTANA E ATENIESE
Benché l’educazione di base di spartani e ateniesi prevedesse più o meno le stesse materie (ad esempio la ginnastica, e rudimenti di lettura e scrittura), il fine era molto diverso perché nella società spartana prevaleva il principio esasperato della polìs, della comunità, del mettersi a completa disponibilità della patria, che in quel periodo di guerre continue significava in pratica saper combattere; nella società ateniese, meno bellicosa, il fine era quello di formare l’uomo in quanto cittadino appartenente alla vita pubblica e politica, dando così molta importanza alla creatività personale ed esaltando l’individualismo.
L’ideale dell’educazione ateniese classica si fonda dunque sull’equilibrio tra individuo e collettività, pensiero e azione, bellezza e bontà. L’ateniese dell’età classica doveva infatti essere moralmente buono e fisicamente bello, attraverso l’educazione del carattere e del corpo.
Anche nell’educazione ateniese vi è dunque la cura del corpo e l’allenamento, ma mentre nella cultura spartana questa è finalizzata alla preparazione del guerriero, nella cultura ateniese il fisico allenato serve a completare l’integralità e l’equilibrio dell’ateniese per il suo ruolo pubblico.
Integrazioni argomento:
E’ fondamentale conoscere come nasce e si sviluppa l’arte della comunicazione, quindi la genealogia del suo studio specifico.
Abbiamo visto che le prime forme concrete, che permettono un progressivo sviluppo della comunicazione, risalgono alla civiltà Ellenica e avranno una diffusione anche nella Roma repubblicana e imperiale.
Nella Comunicazione classica si distinguono due tipi di Eloquenza:
Di una famiglia benestante, riceve un’accurata educazione, studia presso la scuola di sofisti di Prodico e Gorgia.
Dopo la guerra del Peloponneso la sua famiglia perde parte del patrimonio e per questo motivo I. è costretto ad esercitare la professione del logografo (retore stipendiato).
Pur avendo studiato presso una scuola di sofisti, va contro l’insegnamento di una retorica puramente formale, schematizzata in regole rigide e fonda nei sobborghi di Atene una scuola dove eserciterà per circa cinquantacinque anni.
Il suo insegnamento è sempre finalizzato alla coscienza di un’egemonia della città di Atene all’interno del mondo Greco, mira all’unificazione delle città –stato sotto il controllo ateniese, per fare in modo che finiscano le discordie interne e che si possa affrontare la minaccia persiana che è da sempre in agguato.
Nel Panegirico, un discorso persuasivo ed efficace che si basa proprio sull’affermazione di valori morali e civili, per questo motivo una delle sue opere più significative, si evidenzia, in maniera lineare, la riflessione politico-filosofica di I.
La sua scuola è a pagamento ed aperta a tutti, ma si prefigge un numero limitato di allievi, al fine di stabilire una relazione comunitaria in un’atmosfera serena e nello stesso tempo avere una severo rigore negli studi.
Sempre per fortificare il suo ideale di una città forte, egli basa il suo insegnamento, la sua nuova paidèia, alla formazione di una classe politica dirigenziale e riesce a strutturare un programma educativo che va dalla ginnastica e cultura spirituale, allo studio della grammatica e degli autori classici, allo studio delle scienze matematiche, all’eristica e dialettica (filosofia).
Questa nuova paidèia (formazione, educazione, istruzione) e nuova aretè (nuova virtù), rappresentano l’arte della parola sostenuta da una vasta cultura, che si evolve con un completo ed efficace programma educativo.
Da supporto vi è sempre una coerenza con i valori morali e civili che si riscontrano nell’opera Panegirico.
Il filosofo, non solo oratore, è colui che ha:
uno spirito capace di invenzione, di intuizione, attitudine al lavoro, memoria, voce, chiarezza di dizione e disinvoltura.
In conclusione I. si può considerare un maestro della comunicazione oratoria che apre la strada a una più compiuta metodologia della comunicazione formativa, che, per la fiducia riposta nella potenza della parola, la salda cultura, la coerenza nei valori morali e civili, ne fanno un maestro di eloquenza ma soprattutto di valori classici.
I limiti che lo riducono a non considerare più complessivamente un’arte, quella della comunicazione, volta ad educare, e non solo a formare politici-oratori che debbono persuadere alle proprie tesi, sono così sintetizzati da Luciano Canfora:
«La veduta che Isocrate afferma nel breve discorso programmatico (“Contro i sofisti”, ndr) è diametralmente opposta al principio socratico e platonico dell’”insegnabilità” (didaktòn) della virtù: non si può istillare con l’insegnamento la saggezza e la giustizia nelle “cattive nature”: si può invece apportare un notevole miglioramento con “lo studio dell’eloquenza politica”»
[cfr. L.Canfora, Storia della letteratura greca, Laterza, 2001, pag. 417]
C’è da tener conto, però, di ciò che ha scritto uno dei più insigni storici dell’antichità, come H.I.Marrou, a proposito:
“E’ Isocrate che, generalmente, ha prevalso ed è divenuto l’educatore della Grecia e poi di tutto il mondo antico.(..) La retorica è rimasta lo scopo specifico dell’alto insegnamento greco, dell’alta cultura. (..) Così l’eloquenza impone le sue categorie a tutte le forme dello spirito, poesia, storia e anche, come vedremo, filosofia. La cultura ellenistica è principalmente una cultura oratoria, il cui genere letterario tipico è la conferenza pubblica. (..) Il fatto primo è che, dopo i Sofisti e dopo Isocrate, l’eloquenza, nonostante tutte le rivoluzioni politiche e sociali, non ha mai cessato d’essere l’obiettivo principale della cultura superiore, il coronamento di ogni educazione liberale che voleva essere completa. (..) da Isocrate in poi la retorica non ha mai cessato d’essere praticata come la forma normale dell’educazione superiore. (..) Imparare a ben parlare significava nello stesso tempo imparare a ben pensare, e anche a ben vivere. (..) Paideìa! (.) designa contemporaneamente educazione e cultura; (..) la distinzione, tra noi tanto netta, fra «cultura» e «educazione», tendeva necessariamente ad annullarsi.”
[cfr. H.I.Marrou, Storia dell’educazione nell’antichità, Studium, 1966, pp. 266-68]
In conclusione, Isocrate è una figura di snodo importante nell’ambito degli studi sulla comunicazione: è da lui che si dipana quel filo che porterà al discorso esplicito sulla comunicazione formativa, che, per diventar tale con Quintiliano in età imperiale, dovrà fondere le esigenze della oratoria-retorica e della filosofia, in particolare nella sua forma dialettica e con i contenuti tipici della paideìa classica.
Roger Cousinet è, un maestro, un ispettore scolastico, dal 1944 docente di psicologia pedagogica a Parigi, fu fondatore della rivista La Nouvelle education, scrisse per essa dal 1920 al 1939, dal 1945 segretario generale dell’ Ecole Nouvelle francaise.
La sua opera principale è:
Un metodo di lavoro libero per gruppi (1945)
Il suo insegnamento è basato sul lavoro collettivo ed il metodo collaborativo per gruppi, che è indispensabile per la reale espressione della personalità.
I requisiti e le caratteristiche della didattica collaborativa si realizzano nel seguente modo:
Il formatore è guida coordinatrice e orienta il lavoro, sulla base delle motivazioni reali
Insegnare una metodologia della ricerca
Gestione della dinamica intergruppi per favorire la coesione aperta e l’autogoverno integrale
Nel metodo del lavoro per gruppi non è utilizzata la eterodirezione coercitiva, non vi sono rigidità dei programmi e delle tecniche. La dinamica conflitto/cooperazione deve sviluppare la seconda perché solo nelle condotte sociali si può avere espressione di libertà
(“nouvelle education” di tipo attivistico)
Il formatore, deve avere e far acquisire, mediante la continua ricerca queste prerogative; inoltre deve conoscere la relazione che esiste tra loro.
Infatti, come sappiamo l’istinto, legato all’intelligenza, ci dà l’intuizione intellettuale che è la capacità di rapida associazione logica.
Quindi un bravo formatore, avendo acquisito quanto appena detto, potrà individuare l’allievo impulsivo da quello riflessivo e far in modo che il primo impari a controllare le sue pulsioni emotive.
Il formatore, grazie all’esperienza di questi pedagogisti, ha acquisito il valore didattico che ha il lavoro di gruppo e l’interazione positiva tra i soggetti impegnati al raggiungimento di un fine comune.
Il formatore ha il compito di coordinare al meglio le attività e la cooperazione, ma deve stimolare sempre la motivazione dell’allievo indirizzandolo ad un’autoformazione tramite la socialità.
Il metodo cooperativo è molto importante per un formatore poiché una componente essenziale è l’autodisciplina e l’autoregolamentazione all’interno del gruppo.
Ciò, anche se più difficile da raggiungere, è più efficace.
Un altro alto valore che impara il formatore dal metodo cooperativo è quello che l’educazione deve avere una finalità sociale e collettiva.
cfr William Robertson, "Istoria dell'Antica Grecia"
cfr Plutarco, “Vita di Licurgo”
cfr Avalle-Maranzana “Pensare ed educare” pag. 44
cfr Charles Pietri “L’educazione classica” pag.84
cfr Avalle-Maranzana “Pensare ed educare” pag.45
Fonte: http://www.dubladidattica.it/integrazioni2004.doc
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Autore del testo: Ferdinando Dubla – Mariscuola-Taranto
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