Corso costruzione edifici

Corso costruzione edifici

 

 

 

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Le informazioni di medicina e salute contenute nel sito sono di natura generale ed a scopo puramente divulgativo e per questo motivo non possono sostituire in alcun caso il consiglio di un medico (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione).

 

 

 

 

Corso costruzione edifici

 

Richiesta solo la parte tecnica del complesso edificio-impianto che prevede:
Riqualificazione delle SOLE strutture disperdenti (verso l’esterno o verso ambienti non riscaldati) e redazione relazione
Progetto di nuovo impianto riscaldamento, raffrescamento e ventilazione
Progetto di nuovo impianto gas naturale
Progetto di nuovo impianto idrico sanitario e scarichi interni
Progetto di nuovo impianto idrico antincendio (aree livello 1) per attività non soggette al controllo vigili del fuoco

Non è richiesta la parte amministrativa ed economica:
Computo metrico: quantità dei materiali per prezzo unitario
Capitolato speciale d’appalto: sicurezza, assicurazioni, cessione o annullamento del contratto, fase realizzativa

Si parte dalla definizione dell’ubicazione della struttura con i relativi dati climatici.
Si tratta poi di riqualificare le strutture disperdenti facendo rientrare le trasmittanze dei pacchetti costruttivi entro quelle limite di legge. Dopo aver inserito i dati della ventilazione con le relative dispersioni si calcola la potenza termica di picco che servirà a dimensionare l’impianto. Si passa poi alla progettazione dell’impianto termico di riscaldamento e raffrescamento dimensionando l’impianto in modo da coprire la potenza di picco facendo opportune scelte sugli elementi dell’impianto, sia generatori che terminali, in funzione della destinazione d’uso del fabbricato. Si ottimizza poi il tutto al fine di avere i migliori rendimenti energetici.

Avendo l’edificio del progetto una superficie minore di 1000mq i vincoli da rispettare sono solo:
I vincoli sulle trasmittanze massime limite delle sole strutture su cui si interviene: tutte le strutture su cui si interviene devono essere rimesse a norma di legge, non basta migliorarle.
Nel caso di ristrutturazioni di edifici di superficie maggiore di 1000mq (ristrutturazioni rilevanti) bisogna rispettare:
I limiti di trasmittanza per tutto l’involucro e non solo per le strutture su cui si decide di intervenire
Il limite minimo percentuale del 35% di energia primaria necessaria complessivamente per la produzione di risc+raff+ACS proveniente da fonte rinnovabile
Il limite minimo del 50% di energia primaria necessaria per la produzione di sola ACS proveniente da fonte rinnovabile
Il limite minimo di potenza installata che utilizza fonte rinnovabile in funzione della superficie in pianta del terreno
Bisogna verificare il rispetto dell’EPI limite e dell’Epe invol limite.
Se si progetta in Lombardia il vincolo del 50% su ACS è valido anche per ristrutturazioni di fabbricati di superficie minore di 1000mq.

Software da utilizzare: Autocad, Masterclima MC11300
Note e suggerimenti MC11300
NOTA 1 – non mettere numeri sui dati latenti, li sbaglia. Fare la somma dei carichi massimi sensibili, e calcolare come carico latente massimo il 70% di questa somma
NOTA 2 – non usare i numeri di MC per il solare, sono sbagliati, usare trnsys

Essendo uffici, il problema del 50% dell’acqua calda sanitaria prodotta da fonti da rinnovabili non c’è perché si può dichiarare che l’acqua calda non se ne faccia. In questo caso non si ha bisogno di produrre acqua calda con i collettori solari. Se c’è necessità di fare ACS, in alternativa al solare si può usare una pompa di calore dedicata per fare l’acqua calda: non mischiare la produzione acqua calda con riscaldamento. Valutare la pompa di calore a CO2 per l’ACS, hanno alti rendimenti. 
OBIETTIVI EUROPEI: 20% del consumo finale lordo da fonte rinnovabile, entro il 2020.
DPR 412 / 93

Ristrutturazione di un impianto termico: interventi rivolti a trasformare l'impianto termico mediante un insieme sistematico di opere che comportino la modifica sostanziale sia dei sistemi di produzione che di distribuzione del calore […].
In caso di installazione di nuovo impianto termico o di sua ristrutturazione:
Articolo 2: il territorio nazionale è suddiviso nelle seguenti sei zone climatiche in funzione dei gradi-giorno , indipendentemente dalla ubicazione geografica:
ZonaA, ZonaB, …ZonaF.
Articolo 3: classificazione degli edifici in categorie: E1, E2, … E8.
Articolo 4: valori massimi di temperatura ambiente:
18 °C ± 2 °C di tolleranza per gli edifici rientranti nella categoria E.8
20 °C ± 2 °C di tolleranza per gli edifici rientranti nelle categorie diverse da E.8.
Articolo5: requisiti degli impianti termici:
Il “rendimento globale medio stagionale” dell'impianto termico (definito come rapporto tra il fabbisogno di energia termica utile per la climatizzazione invernale e l'energia primaria delle fonti energetiche e prodotto dei seguenti rendimenti medi stagionali: rendimento di produzione, rendimento di regolazione, rendimento di distribuzione, rendimento di emissione) non risulti inferiore al valore: ηg = (65 + 3 log Pn)% dove log Pn è il logaritmo in base 10 della potenza utile nominale del generatore o del complesso dei generatori di calore al servizio del singolo impianto termico, espressa in kW. – Ciò significa che l’impianto va correttamente dimensionato al fine di rispettare il limite.
Il “rendimento di produzione medio stagionale” (definito come il rapporto tra l'energia termica utile generata ed immessa nella rete di distribuzione e l'energia primaria delle fonti energetiche) calcolato con riferimento al periodo annuale di esercizio risulti non inferiore al seguente valore:
ηg = (77 + 3 log Pn) % .
La produzione centralizzata dell'energia termica necessaria alla climatizzazione invernale degli ambienti ed alla produzione di acqua calda per usi igienici e sanitari per una pluralità di utenze, deve essere effettuata con generatori di calore separati, fatte salve eventuali situazioni per le quali si possa dimostrare che l'adozione di un unico generatore di calore non determini maggiori consumi di energia. – Nel nostro progetto l’ACS è prodotta con collettore solare e solo secondariamente con pompa di calore o caldaia che si occupano anche di climatizzazione invernale.
Negli impianti termici di nuova installazione e nei casi di ristrutturazione dell'impianto termico, qualora per il rinnovo dell'aria nei locali siano adottati sistemi a ventilazione meccanica controllata, è prescritta l'adozione di apparecchiature per il recupero del calore disperso per rinnovo dell'aria sopra certi valori di portate.
Gli impianti termici siti negli edifici costituiti da più unità immobiliari devono essere collegati da appositi camini, canne fumarie o sistemi di evacuazione dei prodotti di combustione, con sbocco sopra il tetto dell'edificio alla quota prescritta dalla regolamentazione vigente.
Articolo6: i generatori di acqua calda sotto i 400KW devono avere un rendimento termico utile al di sopra di un certo limite. I generatori di aria calda devono avere un rendimento di combustione superiore a quello limite.
Articolo7: gli impianti termici al servizio di edifici di nuova costruzione, la cui concessione edilizia sia rilasciata dopo il 30 giugno 2000, devono essere dotati di sistemi di termoregolazione e di contabilizzazione del consumo energetico per ogni singola unita immobiliare.
Articolo 8: definizione di FEN (fabbisogno energetico normalizzato) e del suo valore limite
Articolo 9: limiti esercizio impianti termici: Zona E: 14 ore giornaliere - da 15 ottobre a 15 aprile (05:00-23:00)
Allegati: conduttività massima dell’isolante delle tubazioni di distribuzione dei fluidi caldi per il riscaldamento in funzione del diametro del tubo alla temperatura di 40°C. 
DPR 59/2009

Per tutte le categorie di edifici, così come classificati in base alla destinazione d'uso all'articolo 3 del decreto [..] n. 412, nel caso di edifici di nuova costruzione e nei casi di ristrutturazione di edifici esistenti, […] si procede, in sede progettuale alla determinazione dell'indice di prestazione energetica per la climatizzazione invernale (EPi ), e alla verifica che lo stesso risulti inferiore ai valori limite – Il programma MC11300 ci da il valore limite e lo verifica.

Nel caso di edifici di nuova costruzione e nei casi di ristrutturazione di edifici esistenti, previsti dall'articolo 3 del decreto [..] n. 412, si procede in sede progettuale alla determinazione della prestazione energetica per il raffrescamento estivo dell'involucro edilizio (Epe, invol ) e alla verifica che la stessa sia non superiore ai seguenti valori:
Per gli edifici residenziali di cui alla classe E1:
40 kWh/m2 anno nelle zone climatiche A e B;
30 kWh/m2 anno nelle zone climatiche C, D, E, e F;
Per tutti gli altri edifici ai seguenti valori:
14 kWh/m3 anno nelle zone climatiche A e B;
10 kWh/m3 anno nelle zone climatiche C, D, E, e F.

I generatori di calore a combustione devono avere rendimento minimo pari a:
90 + 2 log Pn al 100% della loro potenza
85 + 3 log Pn al 30% del loro carico

In tutti gli edifici esistenti con un numero di unità abitative superiore a 4, e in ogni caso per potenze nominali del generatore di calore dell'impianto centralizzato maggiore o uguale a 100 kW, appartenenti alle categorie E1 ed E2, è preferibile il mantenimento di impianti termici centralizzati laddove esistenti. – Si Va a favorire il centralizzato che non sempre è la scelta più giusta: l’investimento iniziale è maggiore e in alcuni casi viene recuperato in breve termine.

Per durezze dell’acqua superiori a 25 o 15 gradi francesi a seconda che si tratti di acqua di riscaldamento o ACS e a seconda della potenza dell’impianto è richiesto un trattamento di addolcimento dell’acqua.

Assumere umidità interna del 65% negli edifici se non controllata. – Nel progetto per tutelarci da condense interstiziali l’abbiamo lasciata a 80% come suggerito dal programma.

Definiti i valori limite massimi di trasmittanza termica periodica per le pareti esterne dell’involucro.

Per serramenti con vetri con fattore solare G<50% possono essere omessi i sistemi schermanti esterni. – Nel progetto è stato verificato durante la scelta del vetro. 
DECRETO RINNOVABILI - dlgs 28 / 2011

Rinnovabili: solare, eolico, geotermico, AEROTERMICO (pompa di calore), idrotermica, oceanica, idraulica, biomassa, gas di discarica, biogas.
Si applica a edifici di nuova costruzione o sottoposti a ristrutturazione rilevante:
«edificio sottoposto a ristrutturazione rilevante»: edificio che ricade in una delle seguenti categorie:
edificio esistente avente superficie utile superiore a 1000 metri quadrati (presente anche nel 59), soggetto a ristrutturazione integrale degli elementi edilizi costituenti l'involucro;
edificio esistente soggetto a demolizione e ricostruzione anche in manutenzione straordinaria;

Condizioni per procedere con intervento edilizio:
siano installati impianti aderenti o integrati nei tetti di edifici esistenti con la stessa inclinazione e lo stesso orientamento della falda e i cui componenti non modificano la sagoma degli edifici stessi;
la superficie dell'impianto non sia superiore a quella del tetto su cui viene realizzato
gli interventi non ricadano nel campo di applicazione del codice dei beni culturali e del paesaggio
gli impianti siano realizzati su edifici esistenti o su loro pertinenze, ivi inclusi i rivestimenti delle pareti verticali esterne agli edifici;
gli impianti siano realizzati al di fuori della zona A (cioè i centri storici)
Art. 11
(Obbligo di integrazione delle fonti rinnovabili negli edifici di nuova costruzione e negli edifici
esistenti sottoposti a ristrutturazioni rilevanti)
Abrogato l’articolo 4, commi 22 e 23, del decreto del Presidente della Repubblica 2 aprile 2009, n. 59.
Art 12. I progetti di edifici di nuova costruzione e di ristrutturazioni rilevanti su edifici esistenti che
assicurino una copertura dei consumi di calore, di elettricità e per il raffrescamento in misura
superiore di almeno il 30 per cento rispetto ai valori minimi obbligatori di cui all’allegato 3,
beneficiano, in sede di rilascio del titolo edilizio, di un bonus volumetrico del 5 per cento
Comuni con popolazione superiore a 50.000 abitanti definiscono, in coordinamento con le Province
e in coerenza con i Piani energetici regionali, specifici Piani di sviluppo del teleriscaldamento e del
teleraffrescamento volti a incrementare l’utilizzo dell’energia prodotta anche da fonti rinnovabili. - In realtà la caldaia autonoma rende di più: cogenerazione 30% + caldaie 70%. Il rendimento della caldaia – che non è a condensazione – è del 92%. Rendimento del motore è 40% elettrico (0.4/0.46=0.8 termico) + 50% termico = 130 %. Però il 130% pesa il 30% e il rendimento da 92% pesa per il 70%, totale: rende meno di una caldaia domestica a condensazione.

La quota di energia da fonti rinnovabili è calcolata dividendo il consumo finale lordo di energia da fonti energetiche rinnovabili per il consumo finale lordo di energia da tutte le fonti energetiche, espressa in percentuale.
Si tiene conto dell'energia da calore aerotermico […] a condizione che il rendimento finale di energia ecceda di almeno il 5% l'apporto energetico primario necessario per far funzionare le pompe di calore. La quantità di calore da considerare quale energia da fonti rinnovabili ai fini della presente direttiva è calcolato secondo la metodologia di cui al paragrafo 4:
ERES = Qusable * (1 - 1/SPF) - Dove
Qusable = calore totale stimato prodotto da pompe di calore [..] applicato nel seguente modo: solo le pompe di calore per le quali SPF > 1,15 * 1/η sarà preso in considerazione;
SPF = il fattore di rendimento stagionale medio stimato per tali pompe di calore (SCOP);
η è il rapporto tra la produzione totale lorda di elettricità e il consumo di energia primaria per la produzione di energia e sarà calcolato come media a livello UE sulla base dei dati Eurostat. (=0.46)
Nel caso di pompe di calore a gas η è posto pari a 1 fino alla determinazione di un più appropriato valore, effettuata dal Ministero dello sviluppo economico con apposita circolare al GSE.
NB: 1,15*(1/0.46) = 2.5
Se la pompa di calore funziona anche per il raffrescamento, allora si tiene conto dell'energia da calore aerotermico solo se il suo EER riportato come rendimento di secondo principio ha un valore superiore a 0,6 solitamente sempre confermato. – valore molto basso per tutelare i produttori di pompe di calore a gas.
Questi valori limite sono tutti abbassati del 5% per le macchine che utilizzano un inverter; queste macchine godono di rendimenti superiori nelle fasi di regolazione in cui gli scambiatori risultano sovradimensionati; solitamente solo le macchine piccole sono dotate di inverter.

Obblighi per i nuovi edifici o edifici sottoposti a ristrutturazioni rilevanti
1. Nel caso di edifici nuovi o edifici sottoposti a ristrutturazioni rilevanti, gli impianti di produzione
di energia termica devono essere progettati e realizzati in modo da garantire il contemporaneo
rispetto della copertura, tramite il ricorso ad energia prodotta da impianti alimentati da fonti
rinnovabili, del 50% dei consumi previsti per l’acqua calda sanitaria e delle seguenti percentuali
della somma dei consumi previsti per l’acqua calda sanitaria, il riscaldamento e il raffrescamento:
a) il 20 per cento quando la richiesta del pertinente titolo edilizio è presentata dal 31 maggio
2012 al 31 dicembre 2013;
b) il 35 per cento quando la richiesta del pertinente titolo edilizio è presentata dal 1° gennaio
2014 al 31 dicembre 2016;
c) il 50 per cento quando la richiesta del pertinente titolo edilizio è rilasciato dal 1° gennaio
2017.
2. Gli obblighi di cui al comma 1 non possono essere assolti tramite impianti da fonti rinnovabili che
producano esclusivamente energia elettrica la quale alimenti, a sua volta, dispositivi o impianti per la
produzione di acqua calda sanitaria, il riscaldamento e il raffrescamento.
3. Nel caso di edifici nuovi o edifici sottoposti a ristrutturazioni rilevanti, la potenza elettrica degli
impianti alimentati da fonti rinnovabili che devono essere obbligatoriamente installati sopra o
all’interno dell’edificio o nelle relative pertinenze, misurata in kW, è calcolata secondo la seguente
formula:
Dove S è la superficie in pianta dell’edificio al livello del terreno, misurata in m2, e K è un
coefficiente (m2/kW) che assume i seguenti valori:
a) K = 80, quando la richiesta del pertinente titolo edilizio è presentata dal 31 maggio 2012 al
31 dicembre 2013;
b) K = 65, quando la richiesta del pertinente titolo edilizio è presentata dal 1° gennaio 2014 al
31 dicembre 2016;
c) K = 50, quando la richiesta del pertinente titolo edilizio è presentata dal 1° gennaio 2017.
4. In caso di utilizzo di pannelli solari termici o fotovoltaici disposti sui tetti degli edifici, i predetti
componenti devono essere aderenti o integrati nei tetti medesimi, con la stessa inclinazione e lo
stesso orientamento della falda.
5. L’obbligo di cui al comma 1 non si applica qualora l’edificio sia allacciato ad una rete di
teleriscaldamento che ne copra l’intero fabbisogno di calore per il riscaldamento degli ambienti e la
fornitura di acqua calda sanitaria – ciò non ha molto senso perché si tende a considerare il teleriscaldamento
al pari delle rinnovabili ma non è detto che questo usi energie rinnovabili né tantomeno che sia più efficiente
di un sistema a pompe di calore.

UNI 12831 – CALCOLO DI PICCO
non tiene conto apporti gratuiti
considera gli alloggi dei vicini assenti e freddi
calcola dispersioni (ponti termici + trasmittanza delle strutture disperdenti)
calcola carico di ventilazione naturale e forzata, si dichiarano dei ricambi naturali che sono in funzione dell’affollamento.
La temperatura interna di progetto è 20 e per i bagni 24 (oppure simulare un ricambio più grande per tenere T=20°C)
Fattore di ripresa
il fattore di ripresa è uno dei seguenti fattori di incremento quali:
-ponti termici
-fattore gradiente
-fattore di ripresa
-coeff di sicurezza (modesto 10% ad es.)
-coeff che tiene in conto di Test più basse di quella normale (per impianti con trattamento aria esterna)
T=20°C per vicini presenti
Le trasmittanze verso locali adiacenti sono meno performanti rispetto all’esterno, i vicini assenti sono rilevanti.
FATTORE DI CARICO = POTENZA EROGATA DALLA MACCHINA/POTENZA NOMINALE DELLA MACCHINA è minore di 1
La macchina in picco lavora al 100%, mentre dal punto di vista del calcolo energetico lavora al 60% nel mese più freddo. Il calcolo energetico fa un conto su sei mesi a una temperatura media mensile che è maggiore del picco (Tpicco=-5°C, Tmedia gennaio=0°C)

DPR 412 – VALE SOLO TAB 1 PAG 14
UNI 10351: MATERIALI
UNI 10351 (PAG 6): il parametro che individua la conduttività è la densità: al variare della densità lo stesso materiale ha conduttività diverse. lamba m è quello di riferimento, cambia in base alle condizioni in opera.
"m" tiene conto dell'incremento della conduttività del materiale in opera rispetto al laboratorio (soprattutto quando c'è umidità, soprattutto isolanti provenienti da materiali inerti, hanno degli m molto grandi)
“delta a” e “delta u” minima e massima permeabilità al vapore, normalmente si sceglie il valore intermedio, calcolare la media tra le due.
Umidità: un materiale bagnato conduce molto più di un materiale asciutto, sono sensibili soprattutto le mura esterne, con la pioggia. materiali a cellula chiusa o provenienti da petrolio, polimeri, sono poco sensibili all'umidità, sono barriere al vapore, bagnati o asciutti conducono uguale, l'acqua non penetra nella struttura.
Un materiale più è leggero più è isolante, più è pesante più è conduttivo.
CALCESTRUZZO: ghiaia con una certa granulometria, sabbia, acqua e cemento portland. C’è una reazione chimica tra acqua e cemento, si legano. Convenzionalmente pesa 2500 kg/mc.
Argille espanse (granelli di LECA, vasi da fiori): ossido di alluminio idrato. Veniva usata come sottofondo dei pavimenti nelle costruzioni civili, vantaggio di essere leggera x non sovraccaricare i solai, e di essere sufficientemente rigida in modo da non essere schiacciata visto che è posata a pavimento. Ma è idroscopica, trattiene umidità se ci sono tubature è rischioso.
POROTON: (file: SchedaTecnica_MA) muratura armata. Fori con passo 12 cm vengono armati con un ferretto di armatura e poi riempiti. Si inseriscono anche dei ferri orizzontali, quindi la muratura portante è tutta in laterizio con un reticolo di armatura, vanno bene per la sismica perché fanno lavorare la struttura tutta insieme. Ma non sono isolati, richiedono un isolamento aggiuntivo. Nei fabbricati a telaio diventa difficile trovare spazio per gli impianti, molto meglio la muratura. I grattacieli sono tutti a telaio, e sono molto flessibili durante lo scrollo.
La situazione peggiore si ha nei fabbricati anni 70, in muratura portante con qualche pilastro in mezzo (hanno continuato a costruirli fino al 2003) sono fabbricati a struttura mista. Meglio o tutto telaio o tutta muratura, non il misto.

UNI 10355: MURI E SOLAI
Si applica quando non si sa nel dettaglio il materiale utilizzato. Il costruttore fornisce la conduttività in laboratorio, ma i materiali in opera sono umidi e aumentano la propria umidità, quindi si può applicare (a detta del prof) il coefficiente m della 10351 per calcolare la nuova conduttività.
MURATURA (per vedere immagini: file “vela-mu”)
Muri: (pag 5) la norma stabilisce che il laterizio cotto ha densità 1800 kg/mc cioè mattoni pieni. Invece il forato ha sempre densità 1800, ma la densità apparente (massa/volume apparente) varia molto a seconda della foratura. Il mattone in figura (140*280*60) non esiste più, si trova solo in fabbricati antichi (prima 1900).
I muri di adesso a mattoni pieni sono multipli di 12 (12 25 37 50). Si intende 12+intonaco=15, oppure 25+intonaco=28.
DOPPIO UNI: è il 12*12*24 che ha una foratura da 35 %, più pesante rispetto ad altri
Massa volumica: densità normale
Massa superficiale: permette di calcolare la densità apparente (181kg/mq : 0.12m) = 1508 kg/mc
Il blocco semipieno è adatto per fare 12+intonaco, 25+intonaco, 3 teste 38+intonaco
Nuova tipologia: blocchi semipieni (20*30*altezza25) idoneo per murature spesse 20 oppure spesse 30, basta mettere il blocco ruotato di 90°
Blocchi semipieni con incastro (poco utilizzati) 30*25*altezza25
Gli altri blocchi elencati pochissimo utilizzati
Sono considerate murature portanti, tutte quelle con foratura fino al 45% (55% di materiale MINIMO). Quelli con foratura al 60% servono solo per separare locali, non sono portanti.
TRAMEZZE
Tutte le murature hanno fori verticali. Le tramezze hanno fori orizzontali. Non hanno caratteristiche portanti, sono muri separatori hanno spessore 8cm+intonaco=11cm (8 cm è lo spessore minimo per la stabilità della parete, e sono muri divisori)
Tramezza 1 foro (=tavella 3 fori, spesso 4,5cm)

TAVELLE E TAVELLONI
25*4spessore*1200lunghezza: si usano orizzontalmente per plafonare i tetti. Le 6 cm possono essere adatte alla neve, quelle da 4 cm assolutamente no.
MANUFATTI IN CALCESTRUZZO ALLEGGERITO (GASBETON)
Costruito dalla RDB, è bianco. Si posa con la colla classica e non con la malta bastarda (sabbione, mezza calce e mezzo cemento portland). Tendono a crepare, si usano dove non c’è disponibilità di laterizio. (488*45spessore*195altezza). E’ leggero infatti è 650-800 kg/mc, confronto al cemento normale che è 2500. Conduttività di 0.25.
Ha ottime performance di resistenza al fuoco.
Oppure blocchi di calcestruzzo forato riempito di schiuma sintetico.

FIBRA DI LEGNO – LEGNO CEMENTO ISOTEX
(file: Catalogo prodotti)
Ottime resistenze sismiche e energetiche. Dubbi per durata nel tempo. Spazio per incassare impianti molto modesto: nel caso di colonne di scarico dei bagni, canne fumarie è impossibile alloggiare gli impianti, bisogna modificarle. Le trasmittanze suono buone (0.34-0.24) solo quando sono isolati, cioè i due fori sono semi riempiti di polistirolo verso la parte esterna.

STRUTTURE ORIZZONTALI
I tavelloni orizzontali sono rigidi ma non resistono a trazione, tendono a crepare. Sono portanti solo se utilizzati con luci da 60 cm (non 120). Spesso vengono utilizzati come casseri per un getto portante.
Travetto+pignatta su cui viene fatto il getto (spessore pignatta 16 cm, spessore soletta 4 cm) (oppure20+4 oppure 24+4)
Si appoggiano i travetti, si puntellano con luci di 250, si mettono le pignatte, si mettono ferri a corredo e si getta.
Solai predalle. Resistenza di 30 mqK/W significa trasmittanza di 3,3 che è un disastro. Tutti i solai

TRASMITTANZE TERMICHE
Divisori 0,8
Solai 2-3 bisogna isolarli. In genere i solai sono molto conduttivi perché hanno tanto calcestruzzo
Muri esterni recenti hanno trasmittanze di 0,3

TRASMITTANZA TERMICA PERIODICA
La trasmittanza termica periodica dell’involucro crea sfasamenti nel tempo di temperatura interna rispetto a quella esterna e ciò è in grado di abbassare la potenza termica di picco necessaria. Le murature pesanti sono molto conduttive (elevata trasmittanza) ma creano anche grande sfasamento nel tempo (bassa trasmittanza periodica) a causa della loro elevata capacità termica inerziale. Spesso in edifici ad alta capacità termica non è necessario il raffrescamento estivo e in inverno il calore derivante dalla radiazione solare viene accumulato durante il giorno e rilasciato nella fredda notte.

INTONACO
Non prende sul polistirene direttamente, ma si mette qualcosa in laterizio per farlo prendere.

SOLAIO CLASSICO (ad armatura lenta)
Intonaco inferiore
Solaio: pignatta/travetto/getto a T in calcestruzzo con armatura
Impianti + calcestruzzo cellulare
soletta
pavimento

Intonaco di malta bastarda: Porzi
one di calce spenta – idrossido di calcio Ca(OH)2 + sabbia (non di mare, ma di fiume)+cemento portland (in piccole quantità) A seconda delle tipologie cambia la qtà di portland. In genere metà calce, metà cemento.
Solaio in laterizio armato : getto di calcestruzzo in cui armatura è organizzata nella parte inferiore della T , invece nella trave della T c’è una rete metallica elettrosaldata, che ha il compito di distribuire i carichi
Pignatte: elementi di alleggerimento in laterizio forato. Ultimamente sono utilizzate al posto delle pignate il polistirolo. Il passo tra le pignatte è 50/60 cm (tra centro e centro della pignatta), la pignatta è 38 cm. Spessore pignatta 12/16/24/38.
“Solaio 20+4” = pignatta 20, soletta 4
Il rapporto luce del solaio/altezza solaio non deve esse inferiore a 20. Quindi un solaio con luce 5 m deve essere 24+4.
Le pignatte vengono tenute su da dei travetti in cui c’è un traliccio che sorregge due pignatte. Dopo avere eseguito il getto in opera, il traliccio diventa un tutt’uno e si forma la T. (il traliccio è un prefabbricato)
Il calcestruzzo resiste solo a compressione, non a trazione. L’asse neutro della trave in calcestruzzo è a 1/3, non a metà trave. La parte superiore è la parte compressa (calcestruzzo), e i due terzi della parte inferiore sono la parte tesa, e sono riempiti di ferro.

SOLAIO PRECOMPRESSO
(vedere file celerpan rdb)
L’asse neutro in una trave è a un terzo dell’altezza. Il terzo in alto lavora in compressione, i due terzi inferiori non servono, perché lavorano i ferri in trazione.
Calcestruzzo RCK-350 si rompe a compressione con 350 kg/cmq. Nei prefabbricati si arriva anche a RCK-500.
Il ferro Fe360 si rompe a compressione con 3600 kg/cmq
Il calcestruzzo precompresso si fa tendendo i ferri inferiori, facendo il getto e rilasciando i ferri inferiori, creando un effetto di compressione nella parte inferiore e tendendo la parte superiore. Quando viene messa in opera viene compressa la parte superiore e tesa la parte inferiore, col risultato che l’asse neutro si abbassa molto e si riesce a far lavorare a compressione quasi tutto il getto.
I pilastri sono tutti ad armatura lenta, lavorano in compressione, non ha senso precomprimerli.
Ferri da armatura: ad aderenza migliorata, utilizzati nei solai ad armatura lenta.
Trefoli di acciaio armonico: tipo cavi da funivia. Composti da fili intrecciati che formano un cavo di acciaio armonico (di qualità). Utilizzati nei precompressi.

SOLAIO AD ARMATURA PRECOMPRESSO (RAVETTO PRECOMPRESSO)
(celersap rdb)
Tipo rotaie, poi tagliate
Si tendono i fili (sottili) e fanno il getto.
Rapporto luce/altezza= 1/25. Se solaio 5, spessore 16+4.
Delicati in caso di incendio

SOLAIO ALVEOLARE
Pesante, difficile da posizionare. Solaio per grandi luci, ma poco utilizzato.

SOLAIO PREDALLE
(file rdb tipo pred) e uni 10355 pag 61
Simile al celerpan, classico da usare nelle autorimesse. Non sono intonacati, non ci sono esigenze estetiche. Hanno caratteristiche di resistenza al fuoco. Armatura lenta, ha molto copriferro (il ferro è coperto e si scalda meno in caso di incendio)
Non si usa ai piani superiori perché essendo liscio prende male l’intonaco.

TETTO PLAFONATO
Tetti vecchi: coppi appoggiati su travi in legno, molto disperdenti.
Più recentemente si usano tavelle in laterizio che tengono di più l’aria (questo è un tetto plafonato, cioè a tenuta d’aria)

Sottofondo leggero per non caricare il solaio, rigido per non far cedere il pavimento sovrastante, non corrosivo perché ci passano gli impianti.
Cemento+polistorolo o foalcem: malte cementizie aerate, con additivi in modo che si formino microbolle. Impastano il cemento con granelli di polistirolo.
Calcestruzzo cellulare (uni 10351 pag 7) tiene 200 kg/mq. Si può pompare il calcestruzzo con la pompa. E si autolivella, grandissimo vantaggi, come fosse acqua.
Leca impastata
Calcestruzzo e sughero: impastato con granelli di sughero.

Massetto di 4-5 cm di cemento e sabbia su cui si posa il pavimento
Incollata
Posa a umido: si impasta a secchio sabbia e cemento, pochissima acqua, si stende il pavimento e bagna. (pavimento posato a cemento) la presa della mattonella è dovuto all’umidità del cemento

ISOLAMENTO ACUSTICO
Rumore trasmesso da via aerea: dipende dal pacchetto del solaio
Rumore da calpestio: si trasmette per vibrazione. Si mette un feltrino sotto gli impianti. Sono elastomeri spessi 3-4 mm elastici.
Se c’è un pavimento galleggiante, tipo parquet incastrato maschio/femmina solo appoggiato, non incollato, si mette sotto il pavimento un feltrino tipo tessuto.

10339 climatizzazione
10351 materiali
12831 calcolo di picco

Fabbisogno estivo: è il fabbisogno frigorifero necessario per tenere l’interno dell’edificio alla Tprogetto.
Ci si riferisce all’ EPE, invol (indice di prestazione energetica estiva dell’involucro).

Tiene conto dei carichi esterni e interni, che riducono o aumentano i fabbisogni.
Zona energetica: aree caratterizzate dallo stesso T di progetto e caratteristiche uguali dei terminali (cioè la regolazione è uguale e anche il rendimento è uguale)
Tprogetto a 20°C, poi cambia in base alla destinazione d’uso (E)
Differenze tra calcolo di picco ed energetico: picco (vicini assenti) energetico (vicini presenti)
Tranne nel caso delle case vacanze dove si considera sempre i vicini assenti
UNI 13789 predefinisce delle temperature di progetto.
Oppure si fa un bilancio energetico: si determina la temperatura di picco del locale non riscaldato (tenendo conto che ha dei flussi termici in uscita verso le pareti che danno sull’esterno, e un ingresso di flusso termico dal locale adiacente riscaldato).
Si usa per fare i calcoli dei sottotetti: se la trasmittanza del tetto è grande, la temperatura del sottotetto è bassa.

CAPPOTTO E ISOLAMENTI INTERNI
Il cappotto ha il vantaggio di eliminare i ponti termici (tranne con i balconi), rimangono 10% di perdite per ponti termici, ma su fabbisogni che sono già modesti. Il cappotto esterno fa si che la struttura edilizia diventi parte dell’inerzia, che è un vantaggio d’estate, uno svantaggio d’inverno. Il fattore inerzia può essere svantaggioso per il terziario, e per quegli appartamenti dove l’utente è assente per alcuni periodi. Più che un vantaggio energetico è più vantaggioso perché riduce la formazione delle muffe.
Il cappotto è polistirene con qualche millimetro di intonaco, quindi è molto fragile esternamente agli urti e alle infiltrazioni d’acqua. E’ comodo nelle ristrutturazioni condominiali, è poco invasivo ed è relativamente facile installare. Il cappotto interno è invece sicuramente più durevole, ma ingombra perché si mette lastra iso+tramezza (12 cm), o più recentemente anche cartongesso che ingombra di meno.
In genere il ponte termico incide energeticamente per il 25% sul fabbisogno.

TETTO:
(vedere file: lotto5-311-st di autocad e file word progetto energetico lotto5-311)
Locale non riscaldato: isolo la struttura verso l’ambiente non riscaldato.
Locale mansardato: tetto pendente, non a terrazza: trave in legno a vista, più tavelloni, getto in calcestruzzo, isolante, carta o cartone bitumato (vengono forniti in rotoli e srotolati sul tetto, sono barriere al vapore, ma soprattutto non piove dentro), tegoli. La barriera al vapore non si fa in quel punto, si prima. Il polistirene isolante se sigillato bene funziona bene come barriera al vapore.
VERIFICA TERMOIGROMETRICA
Quando la pressione parziale dell’acqua è minore della tensione di vapore a quella temperatura si forma condensa. In genere le barriere al vapore si fanno nelle zone calde, cioè tra la tavella e il getto, oppure dopo il getto ma comunque internamente rispetto all’isolante.
Per zone umide si preferisce polistirene per isolamento termico delle pareti esterne.
Problema termico e acustico: si usano le lane, per separare ambienti interni.
PAVIMENTO SU INTERCAPEDINE
E’ un caso particolare, si applica alle strutture sanitarie. Soletta gettata sul terreno, si sollevano dei muricci sui poi si organizza il pavimento. (pag 17 UNINI1337000). I muricci sono molto sottili, e la soletta soprastante è instabile. È un pavimento non a contatto con il terreno, e ha una camera d’aria che rende un po’ più confortevole l’ambiente.

VESPAIO: 40 cm di ghiaia + Ghiaia fine rullata
Soletta (non c’è ma bisogna metterla) + Lastra isolante (non si mette a contatto con la ghiaia)
Soletta
Zona impianti
Sotto fondo
mattonelle

TERRAZZA

pavimento normale , non galleggiante
sottofondo
guaina isolante (4mm+4mm di carta catramata, impermeabilizzazione), la guaina è in pendenza, quindi l’acqua va sempre via, tutto il pacchetto sottostante è sempre asciutto, che è molto meglio.
soletta di pendenza (1% cioè 1cm ogni metro)
soletta in laterizio

STRUTTURE EDILIZIE PREFABBRICATE PER FABBRICATI INDUSTRIALI E ARTIGIANALI
PANNELLATURE (vedere file Pannelli Ferrari) : sono pannelli a taglio termico che hanno valori di trasmittanze di 0.34
Fino agli anni 70 erano pannelli di spessore 20 cm, monolitici, in calcestruzzo con una piccola armatura con rete elettrosaldata sulle due facce. La trasmittanza è 3 (disastro).
Poi si è passato ai pannelli sandwich (5 cm cls + polistirolo 10 cm + 5 cm cls) Polistirolo e non polistirene, quindi più soggetto a invecchiamento. Questa è stata la tipologia costruttiva dal 1976 al 2005. C’è un esempio nel file esempio-progetti\ferrari-st.dwg : pannello perimetrale prefabbricato a taglio termico sp.28 (oggi si usa il 35) con trasmittanza media 0.34. Il pannello a taglio termico è una struttura composta da: una zona a isolamento normale 77.5% della superficie totale del pannello (quella centrale) formata da cls 5 cm + polistirene 11cm (0.034W/m°C)+cls 5 cm. Ai bordi del pannello si elimina il ponte termico interrompendo il calcestruzzo con uno strato di polistirene, a cui si aggiungono dei tiranti per tenere insieme il pannello: questo taglio termico è la zona a isolamento ridotto formato da: 22.5% cls 5 cm + polistirene 7 cm + cls 16 cm. Con il vecchio sistema senza taglio termico le trasmittanze erano 1,2, non compatibili con i nuovi limiti. I pannelli con taglio termico invece, riducono le trasmittanze a 0,34.
PAVIMENTI: le soluzioni con polistirene sono rischiose per i cedimenti, l’alternativa è la soletta in cls che però disperde. Una soluzione nuova di compromesso tra rigidezza del supporto e isolamento è la ghiaia di vetro cellulare, è alternativa ad una porzione di vespaio.
VERIFICA IGROMETRICA
La verifica termo igrometrica è obbligatoria (però si fa sulle strutture, ma molto spesso quello che condensa è il ponte termico).
Talvolta i fenomeni di condensa interstiziale sono talmente modesti che nei mesi estivi il fenomeno viene compensato.
Tecniche per prevenire la condensa: cambiare l’aria.
Il vetro singolo, nei fabbricati vecchi, ha una resistenza termica piccola, quando la temperatura della stanza raggiunge la temperatura di saturazione il vetro freddo condensa dal lato interno diminuendo naturalmente l’umidità relativa nell’ambiente. Quando si cambiano i serramenti, che hanno il doppio vetro e sono a tenuta nascono i problemi di muffe. Ci sono dei sistemi di ricambio forzato dell’aria, con anche il recuperatore di calore, per soluzioni domestiche. Si fanno per portate 0.3 vol/h (un alloggio di 100 m2, con un volume di 300m3 il ricambio è 100m3/h, tubo di 10-12 cm)
VALORI LIMITE TRASMITTANZA VALIDI DAL 26 GENNAIO 2010


NORMA SUPERFICI VETRATE
(decreto 59: per fabbricati nuovi o ristrutturazioni rilevanti la norma non entra nel dettaglio delle singole trasmittanze ma bisogna rispettare l’EPI. In caso di ristrutturazioni invece ci sono le tabelle dettagliate anche per finestre e porte).
La porta è un componente opaco, ma non rispetta i limiti dei componenti opachi, ma di quelli trasparenti. E’ una apertura
La norma si occupa del calcolo delle trasmittanze dei componenti finestrati: media pesata tra parte vetrata, parte telaio ed effetto ponte termico.
C’è una doppia tabella da rispettare, una sul vetro e una sul telaio.
I vetri camera sono molto performanti
33.1 -> vuol dire 3+3 mm (vetro stratificato) ed emissività 0.1 o viene chiamato anche 6/7 cioè tra il 6 (3+3) e il 7 (3+3+1) è lo spessore del foglio interposto di pvd che è qualche decimo di millimetro. Un buon vetro deve avere fattore solare G basso (magnetronici o pirolitici).
Scambio convettivo (spessore + tipo di gas nella camera d’aria) + scambio radiativo (dovuto al prodotto delle emissività dei due vetri, normalmente i costruttori fanno basso emissivo solo uno dei due – vetro normale 0.8, vetro basso emissivo 0.05). Oggi quello che decide la trasmittanza è il tipo di gas e lo spessore della camera (i migliori arrivano a trasmittanza 1). Si arriva a uno spessore massimo della camera di 20 mm, misure superiori non danno benefici significativi, perché si instaurano moti convettivi. Dal punto di vista conduttivo invece il vetro è come il cemento lambda 1.
Il decreto 59/2009 tiene in conto in riferimento alla uni ts, della trasmittanza del serramento e di quella con il serramento con tapparella abbassata. Il limite della trasmittanza globale media del serramento deve essere 1,8, invece il solo vetro 1,7. Nel calcolo energetico si fa una media della trasmittanza con la tapparella abbassata, perché si presuppone che sia 12 ore su e 12 ore giù.
Vetrocamera: vetro + camera d’aria + vetro. I vetri possono essere singoli, stratificati (esempio 33.1) o temperati. Negli edifici pubblici non solo si scelgono vetri stratificati (due vetri + foglio plastica in mezzo) che evita pericoli, sono vetri di sicurezza, per esempio nelle porte finestre. Sono obbligatori gli stratificati in tutti i vetri inferiori a 80 cm di quota. Temperato significa che si sbriciola.
TELAI: in legno (serve spessore e tipo di legno), metallici (con o senza taglio termico, più ponte termico). Il telaio nei vetri moderni è più conduttivo del vetro, quindi è meglio avere telaio piccolo e vetro grande, anche nel caso di telai in legno, e a meno di telai molto spessi.

TRASMITTANZA “U”
È la quantità di calore (Watt) che riesce ad attraversare un elemento per ogni metro quadrato di superficie e per ogni grado Kelvin di differenza (W/m K).
Il valore è indicato con il simbolo U e più questo valore è basso, minore è la dispersione di calore.
Il valore U si suddivide in:

VETRI BASSO EMISSIVI (per risparmio invernale)
È la proprietà del vetro di ridurre gli scambi termici tra i vetri per migliorare il fattore Ug (isolamento della sola componente vetrata). Ciò si ottiene con un deposito magnetronico sul vetro costituito da un procedimento elettromagnetico di metalli nobili, che di fatto riduce drasticamente la dispersione per scambio termico. Tali vetri offrono uno straordinario confort interno grazie all’eliminazione dell’effetto “parete fredda” che si avverte in inverno avvicinandosi ad una finestra con un notevole risparmio.
VETRI BASSO EMISSIVI SELETTIVI
(per risparmio invernale + estivo)
È un vetro Basso Emissivo con le identiche prestazioni di cui sopra, con in più la capacità di riflettere fino al 60% dell’energia irradiata e della temperatura del sole. Indispensabile in estate per migliorare il confort interno e abbassare drasticamente la spesa per la climatizzazione.

FATTORE SOLARE G – CAPACITA’ SELETTIVA: è il valore % tra energia solare che attraversa il vetro e l’energia solare che viene riflessa.
UNI/TS 11300 PARTE 1 – DETERMINAZIONE DEL FABBISOGNO DI ENERGIA TERMICA INVERNALE ED ESTIVA (involucro)
È la specifica tecnica della normativa nazionale UNI EN ISO 13790/2008: metodo mensile per il calcolo dei fabbisogni di energia termica per riscaldamento e per raffrescamento
Per determinare la prestazione energetica dell’edificio servono metodi di calcolo per il fabbisogno di energia, per il fabbisogno di energia primaria e per il rendimento per gli impianti di riscaldamento, raffrescamento e acqua calda sanitaria, e il risparmio di energia primaria ottenibile utilizzando il rinnovabile.
Temperatura media radiante: espressa in °C, si calcola come media delle temperature delle pareti interne all'ambiente, compresi soffitto e pavimento.
Zona termica: Parte dell'ambiente climatizzato mantenuto a temperatura uniforme attraverso lo stesso impianto di riscaldamento, raffrescamento o ventilazione
(La parte 2 è relativa all’impianto)
Qui si parla di riscaldamento e raffrescamento.

FABBISOGNO TERMICO IDEALE
Q H,nd = Q H,ht - H,gn Q gn = (Q H,tr + Q H,ve) - H,gn (Q int + Q sol) (1)
Q C,nd = Q gn - C,ls Q C,ht = (Q int + Q sol) - C,ls (Q C,tr + Q C,ve)
ENERGIA TOTALE DA FORNIRE ALL’EDIFICIO = (ENERGIA IDEALE – APPORTI GRATUITI)/RENDIMENTO
RISCALDAMENTO
QH,tr Htr,adj × (θ int,set,H – θ e) × t Fr,kΦr,mn,k
θ è costante
I coefficienti globali di scambio si ricavano:
H tr,adj = H D + H g + H U + H A
Per ogni mese c’è una temperatura mensile dei locali che è legata a quella media mensili esterna.
CALCOLO DISPERSIONI:
Verso esterno
Verso terreno
Verso locali non riscaldati
La norma mette per ogni delta T dei coefficienti correttivi, sono i b:
bve,k è il fattore di correzione della temperatura per il flusso d'aria k -esimo (bve,k ≠ 1 se la temperatura di mandata non è uguale alla temperatura dell'ambiente esterno, come nel caso di pre-riscaldamento, pre-raffrescamento o di recupero termico dell'aria di ventilazione).
(PONTI TERMICI: C’è una norma dedicata 14683. Dal punto di vista impiantistico non si fa nessun calcolo per tenere conto dei ponti termici, ma si applica un coefficiente correttivo, da applicare con criterio: negli edifici vecchi non isolati, i ponti termici erano quasi trascurabili, si applicava un 10%. Per edifici nuovi si applica il 25-30% per isolamento interno, 12-15% per fabbricati con cappotto esterno. Più un fabbricato è isolato più il ponte termico incide sul fabbisogno.)
Calcolo del fabbisogno = U×A×∆T×coeff correttivo
Trasmittanza= U (W/m2k)
Coeff.correttivo =1 per sup.esterne
Coeff.correttivo diverso da 1 se T esterna è maggiore (locale non riscaldato)

Coefficiente correttivo esposizione: 1 sud, 1.2 nord, 1.15 est ovest.
UNI 13370: calcolare dispersioni verso terreno, paragrafo 7 (che introduce il perimetro DISPERDENTE)

VENTILAZIONE (pag 25): è ottimistica
Nel caso di aerazione o ventilazione naturale:
- per gli edifici residenziali si assume un tasso di ricambio d'aria pari a 0,3 vol/h;
- per tutti gli altri edifici si assumono i tassi di ricambio d'aria riportati nella UNI 10339. I valori degli indici di affollamento sono assunti pari al 60% di quelli riportati nella suddetta norma ai fini della determinazione della portata di progetto. E’ un ricambio d’aria molto grande perché gli ambienti sono di lavoro e non funzionano 24h su 24.
Ipotesi energetica (per il calcolo del fabbisogno e non del carico di picco): funzionamento 24 ore (pag 34). Che senso ha mettere il funzionamento continuo? Rende confrontabili situazioni diverse.
MURATURA A SACCO: strutture di montagna, tutte in pietra: si fanno due paramenti distanti un metro e poi si riempie.
MURATURA A CASSA VUOTA: anni 70. Non c’erano isolanti quindi si lasciava una camera d’aria.

UNI 11300 – PARTE 2 (IMPIANTO)
(binomio edificio impianto)
(si parla di riscaldamento e acqua calda sanitaria)

FABBISOGNO di energia PRIMARIA utile ideale / effettivo (pag 15) : nella parte 1 si fa il conto del fabbisogno energetico del fabbricato, nella parte 2 si calcola l’effettivo fabbisogno di energia primaria per garantire le condizioni prefissate:
Produzione: rendimento di produzione = en. Termica ceduta dalla generazione/en. Assorbita
Distribuzione: fluido termovettore
Emissione: a seconda della tipologia del terminale non tutta l’energia del terminale viene immediatamente trasferita, quindi c’è un certo rendimento di emissione
Regolazione

Consumiamo più energia primaria per fornire al fabbricato l’energia calcolata nella parte 1.

 

 

Caldaia a condensazione n>100%
I produttori tendono a fornire due potenze diverse: uno in regime di produzione acs e uno in regime riscaldamento (file Victrix_mini_kw_scheda tecnica)
Bollitore rapido (al posto dello scambiatore rapido): se si incrosta a causa del calcare funziona ugualmente. All’interno ha un serpentino che permette al fluido di assorbire l’intera potenza termica.
Quando si parla di caldaia istantanea, si parla di caldaia con uno scambiatore rapido (se si sporca inizia a funzionare male).
Le caldaie istantanee modulano sul bruciatore: le tre stelle modulano solo il combustibile, le quattro stelle (a condensazione) modulano sia sul combustibile sia sul comburente.
Le caldaie hanno una valvola tre vie, danno priorità al sanitario (se caldaie sotto i 35 kW). Se invece la potenza è superiore ai 35 kW si può anche alimentare insieme.
Per i nuovi sistemi è meglio mettere una caldaia per il riscaldamento (a condensazione) e una caldaia per l’acs.
Le caldaie con semi accumulo, hanno una sonda di temperatura in alto sull’accumulo dell’acs. Quando la temperatura diminuisce la valvola tre vie devia sull’acs.
Le caldaie di minima hanno un pressostato di minima: se la p è minore di un valore minimo la caldaia non si accendono per evitare surriscaldamento. Infatti ai piani alti la caldaia rapida fa fatica a partire perché hanno problemi di pressione. La soluzione per i piani alti è la caldaia a semi accumulo, che costa un po’ di più ed è più ingombrante.
Portata termica: portata combustibile*PCI
La potenza termica è quella resa.
La Victrix modula dai 4 kW ai 20 kW (che è molto buono)
Tutti gli impianti domestici sono tarati a 3 bar, quindi anche le valvole di sicurezza sono tarate a 3 bar
Precarica del vaso è a un 1 bar ma si può anche cambiare.
Rendimento di combustione = potenza trasferita al fluido + perdite al mantello / m*pci
Perdite al camino sono minori se i fumi sono più lenti,
CO2: è il rapporto tra la CO2 prodotta, e la somma dei prodotti di combustione. Dipende dall’eccesso d’aria. In genere l’eccesso d’aria è enorme.
CO individua gli incombusti, e gli NOx che dipende dall’alta temperatura: in genere è una coperta troppo corta, se ho pochi CO ho tanti NOx e viceversa.


Le principali sigle che caratterizzano le norme sono:
- UNI: (Ente Nazionale Italiano di Unificazione) contraddistingue tutte le norme nazionali italiane e nel caso sia l’unica sigla presente significa che la norma è stata elaborata direttamente dalle Commissioni UNI o dagli Enti Federati;
- EN: identifica le norme elaborate dal CEN (Comité Européen de Normalisation). Le norme EN devono essere obbligatoriamente recepite dai Paesi membri CEN e la loro sigla di riferimento diventa, nel caso dell’Italia, UNI EN. Queste norme servono ad uniformare la normativa tecnica in tutta Europa, quindi non è consentita l’esistenza a livello nazionale di norme che non siano in armonia con il loro contenuto;
- ISO: individua le norme elaborate dall’ISO (International Organization for Standardization). Queste norme sono un riferimento applicabile in tutto il mondo. Ogni Paese può decidere se rafforzarne ulteriormente il ruolo adottandole come proprie norme nazionali, nel qual caso in Italia la sigla diventa UNI ISO (o UNI EN ISO se la norma è stata adottata anche a livello europeo).

UNI/TS 11300 PARTE 3 – FABBISOGNO ENERGIA PRIMARIA PER IL RAFFRESCAMENTO E RENDIMENTO

RENDIMENTO: emissione regolazione, produzione, trasporto.
Le macchine sono sensibili al variare della Tcond e della Tevap e anche del fattore di carico: la norma permette di calcolare il rendimento di produzione al variare di queste due variabili, mettendo a disposizione una certa casistica. Da non trascurare il fatto che quando l’evaporatore si avvicina allo zero gradi iniziano i cicli di sbrinamento che non sono trascurabili.
Prospetto 10: non comprende il consumo per il pompaggio che va considerato. Il fornitore deve fornire questi dati
Il calcolo è sempre sul giorno medio mensile (che è un grossa approssimazione)

      • pag 19 e vedere il prospetto D per approfondimento: ci sono 7 coefficienti per varie condizioni che differiscono da quelle ideali. Si ricava cosi: energia prodotta/energia elettrica consumata nel mese da cui si può ricavare l’energia primaria consumata.

UNI/TS PARTE 4 – UTILIZZO ENERGIE RINNOVABILI: RENDIMENTI E CONSUMI DI ENERGIA PRIMARIA PER LA PRODUZIONE DI EN. FRIGO

Biomasse, solare termico, cogenerazione, fotovoltaico, pompe di calore. Energia primaria assorbita da queste tecnologie.
La parte solare come energia solare assorbe solo quella necessaria agli ausiliari.
Le pompe di calore sono al punto 9, pag 38.
Tutti i sistemi ventilati necessitano di acqua superiore a 20°C anche quando fuori ce ne sono 19-20, altrimenti mandano aria in ambiente troppo fredda che dà fastidio. Normalmente si fa un punto fisso a 45 (si penalizza il cop) oppure si fa 35-45 (45 in picco, 35 in situazioni intermedie)
Pompe acqua/acqua (geotermica) è meno sensibile alla temperatura dei pozzi
Ma le pompe aria/acqua sono molto sensibili alle temperature di produzione, la parte 4 consente il calcolo del rendimento medio mensile di produzione (prospetto 24,25..)
IMPORTANTE: SE CI SI DIMENTICA SI SOTTO DIMENSIONA LA POMPA DI CALORE
Fattore di riduzione rispetto alla potenza nominale a -7°C (il fattore di riduzione è del 25/30%) comprende: il ciclo di sbrinamento, fattore di sporcamento (da parte del ghiaccio, si tiene in conto del fatto che nella media del ciclo c’è della brina che continua a sporcare l’evaporatore, e quindi la Tevap deve continuare a scendere, va a -12 -14°C) (l’evaporatore funziona 10 minuti poi inverte il ciclo) si può valutare la potenza media di ciclo.
IMPORTANTE: perché i costruttori forniscono i valori di rendimento tenendo l’aria esterna a +7°C e non a -7°C oppure a +5°C? perché con l’aria a 7°C il freon evapora a +1°C che è la condizione limite per il brinamento, indipendentemente dall’umidità dell’aria.
IMPORTANTE: a Milano si progetta a -5°C, in provincia -6°C, fabbricato isolato -7°C. La temperatura di progetto è una temperatura media giornaliera del giorno più freddo. Ma per alcune ore possono verificarsi temperature molto inferiori.

  • Se abbiamo un impianto ad acqua (nel senso che non c’è trattamento di aria esterna, pannelli radianti, radiatori e fan coil) l’effetto di avere una temperatura più bassa l’unico effetto negativo è il calo di potenza da parte della pompa di calore. Si sceglie un sistema ibrido con una caldaia che deve lavorare di più, oppure la pompa di calore deve lavorare di più per qualche ora all’anno e che avrà un calo di potenza. Il fabbricato comunque poco si accorge della differenza dell’aria esterna grazie all’inerzia del fabbricato, però bisogna scegliere una pdc che abbia una temperatura di funzionamento minima non superiore a -15°C, perché alcune pdc vanno in blocco! In questo modo anche se non si dà più potenza alla pdc siamo sicuri che non vada in blocco. L’importante è che non si blocchi.
  • Se invece si hanno impianti ad aria primaria o tutt’aria sono più sensibili. L’impianto sente istantaneamente la variazione climatica. È prudente istallare la potenza termica nelle reali condizioni minime di funzionamento, gli impianti devono essere più abbondanti.

Variabilità del fattore di carico (prospetto 27,28)
Fatto il calcolo dei carichi si inizia a progettare l’impianto i singoli terminali. Per prima cosa si determinano le portate
1000 l/h a salto 10 oppure 2000 litri/h a salto 5? dal punto di vista della portata è più conveniente portare in giro meno acqua a salto maggiore

LEZIONE SUI TUBI

RT2 A02 Costruzione reti idroniche Pasini rev mar09.pdf
DIAMETRO INTERNO
Identifica convenzionalmente un diametro di tubo. In genere essendo uguale al diametro esterno ma diverso lo spessore, il diametro nominale corrisponde solo approssimativamente al diametro interno.
PRESSIONE NOMINALE
Norma 10255 solo per fluidi fino a 120°
Se si deve progettare a temperature superiori si possono usare le norme api americane.
I tubi resistono a una COPPIA di pressione e temperatura. Ad esempio un tubo a PN 16 a 100° non è più PN 16 a 200°
-primo gruppo: liquidi, vapori e gas non pericolosi, con temperature fino a 120°C (reti vapore)
- secondo gruppo: liquidi, vapori, gas fino a 300° (acqua surriscaldata)
- terzo gruppo: temperature comprese tra 200° e 400° come l’olio diatermico (fluido vettore che a pressione atmosferica bolle a 350°, serve per avere un fluido con temperature alte ma pressioni atmosferiche).
Nel settore termotecnico si lavora con pressioni da 1 bar (relativo) fino a max 12 bar.

TUBI IN ACCIAIO
Acciaio dolce, si usano acciai scadenti. Non serve avere particolari performance, ed è meglio avere un materiale facilmente saldabile.
Si usano saldature a cannello ossiacetilenico o a elettrodo. Le saldature vengono fatte in opera e non in fabbrica, devono essere a tenute di liquido e spesso essendo in opera sono scomode da realizzare, avere un acciaio facilmente saldabile è vantaggioso. Per applicazioni particolari si usano acciai più spessi e più pregiati, si utilizzano nel settore petrolchimico.
I tubi in acciaio vengono forniti: tal quali (tubo nero) oppure protetti con zincatura a caldo (vuol dire in bagno di zinco fuso, la zincatura a freddo si ottiene per via elettrolitica, cioè deposizione di ioni zinco). I tubi zincati vengono usati per adduzione acqua potabile, è resistente alla corrosione, e dal punto di vista igienico è idoneo. Ma non vengono saldati perché in quel punto la zincatura non c’è più. I tubi che vengono saldati sono tubi neri. Il tubo zincato viene giuntato con la filettatura a gas: necessita di materiale di tenuta, la filettatura ha maschio conico che viene rivestito di materiale di tenuta come canapa e teflon e femmina cilindrica.
La raccorderia dei tubi zincati è in ghisa malleabile (a cuore bianco o nero). Il produttore leader è AFL. Per raccorderia del tubo nero si usa tubo nero.
Per fare un filetto su una tubazione si usa un attrezzo che si chiama filiera: filiera mano, elettrica portatile, da banco.
Se non esiste la raccorderia in commercio, si costruisce tutto in tubo nero e poi si manda a zincare: sui tubi piccoli si raccorda a filetto (fino a 2 pollici), cui tubi grandi la giunzione a flangia (dal 2,5 pollici in su). Le flange sono in acciaio zincato, le raccorderie a filetto sono in ghisa malleabile.
Fino a 1 pollice i tubi possono essere piegati a freddo, altrimenti si usano raccordi curvi.
TUBI INTERRATI: devo avere rivestimento dielettrico, due tipologie:

  • Rivestimento catramato
  • Tubi polycoat: tubo in acciaio con rivestimento esterno di polietilene espanso estruso (acquedotti, gasdotti). Può essere filettato o nero con giunzioni saldate. Nel punto di giunzione si usano dei nastri che avvolgono il raccordo e si scaldano a cannello.

 

TUBI IN RAME
Crudo o ricotto: il ricotto viene riscaldato e questo trattamento consente di essere molto malleabile, si piega molto facilmente. Rame crudo è disponibile in verghe (4 pollici), rame ricotto è disponibile in rotoli (dai 6 ai 22 mm), si usa per i circuiti chiusi ad acqua.
I tubi in rame sono denominati in serie unificata in millimetri sul diametro esterno (in genere viene fornito anche lo spessore)
Tubi in rame costano 7€/kg ma sono facili da posare, tubi in acciao 1€/kg.
Hanno una denominazione metrica, tranne quelli per applicazioni frigorifere che hanno denominazione in pollici.
Misure: ¼ 3/8 ½ 5/8 ¾ 7/8 vengono usati per gli impianti frigoriferi, sono molto puliti all’interno
I tubi ricotti si posano a pavimento, perché si piegano, sono forniti già con rivestimento
I tubi per controsoffitto devono essere rigidi, non devono piegarsi, non si usa il rame ricotto per i controsoffitti ma si usano le verghe.
Il rame è più resistente alla corrosione, è più pulito, la saldatura è brasatura su accoppiamenti maschio femmina. Basta scaldare bene il materiale maschio, e basta toccare con la bacchetta che la saldatura percorre tutto il raccordo realizzando una saldatura a tenuta. Brasatura dolce con stagno, brasatura forte con argento.
Passivazione: il rame è batteriostatico: è il miglior materiale per limitare la proliferazione della legionella, ma bisogna mettere giunzioni graffate non brasate.
Giunzione (pinzatura) a pressare per il rame: per impianti critici dal punto di vista legionella, e anche per una questione estetica quando vengono utilizzati per i sanitari. Non si fai mai la filettatura perché tubo troppo sottile.

TUBI IN PLASTICA
Polipropilene e Polibutilene: si saldano a caldo, sono tubi in verghe (non rotoli) all’interno della raccorderia c’è una resistenza che attaccata a una macchina provvede alla fusione locale trasformando la giunzione maschio femmina in un pezzo unico.
Svantaggi: per avere un tubo a PN10 serve uno spessore grande. Tende a invecchiare: scarsa resistenza agli uv
Polipropilene è verdino o azzurro.
Basse perdite di carico (tubi lisci).
PEX: polietilene reticolato, non si salda, si usa da interno, come tutte le plastiche invecchia (resiste poco a uv e ossigeno), resiste alle correnti vaganti.
Hanno inserito nel mercato dei tubi in pex multistrato, trattato per il problema dell’ossigeno e degli uv. Sono tubi a strati multipli che presentano una barriera all’ossigeno (alluminio) e l’interno in pex. Si utilizza un tubo sempre multistrato ma differente negli impianti a pavimento radiante. Invece per gli impianti idrici si usa il multistrato con l’alluminio.
Gli impianti pex hanno sostituito il rame, viene usato per gli impianti modul. Porre attenzione agli spessori, perché a parità di diametro esterno il tubo in plastica pex ha un diametro interno più piccolo del rame, perché ha uno spessore maggiore. Questa differenza non è da trascurare. Il dn 100 per i tubi in acciaio è 114, per il polietilene è il 110, ha un diametro interno 108.
NON USARE I DN, USARLI SOLO PER LE VALVOLE


DN
10
15
20
25
32
40
50
65
80
100
125
150
200

POLLICI
3/8
½
¾
1
1 ¼
1 ½
2
2 ½
3
4
5
6
8

D FERRO (d esterno mm)
17
21
27
33
42
48
60
76
89
114
139
168
219

D PLASTICA (d esterno mm)
15
20
25
32
40
50
63
75
90
110
140
160
?

Polietilene: tubo tipico da acquedotto e gasdotto, si salda di testa (incandescenti si mettono a contatto testa a testa) o con manicotto elettrico (manicotto con resistenza elettrica). Alla vista è nero, utilizzato nelle applicazioni da interro. Molto sensibile alla temperatura, non è idoneo per fluidi che non siano freddi. Meglio abbondare sulla pressione nominale dei tubi in polietilene, usare PN16. In montagna le pressioni di esercizio degli acquedotti può arrivare a 7 8 bar, a causa dei dislivelli.
PVC
Tra le plastiche è quella meccanicamente più performante, cioè a pari pressioni nominali ha lo spessore più piccolo. Fornito in verghe, non flessibile. La versione PVC –C ha una discreta resistenza alla temperatura. Va bene per collegare pompe di calore anche di grande taglia. Se usato in circuito chiuso interrato è necessario isolarlo e proteggere l’isolamento: si isola con guaina o coppelle, poi si infila un tubo flessibile in pvc (l’obiettivo non è proteggere il tubo ma l’isolamento). È una soluzione che non corrode, va bene con la temperatura, va bene per acqua gelida e acqua calda. Il PVC (ma anche il PVC-C) si può incollare, è l’unica tra le materie plastiche che si può saldare incollando. Va bene per acquedotti ma anche circuiti chiusi, temperature non elevatissime ma fino a 60°C va bene. Sono idonei anche per le applicazioni alle torre evaporative, servono tubi grandi, non si corrode, non arrugginisce, ed essendo liscio favorisce il defluire dello sporco (notoriamente le torri sono molto sporche). Se dovesse essere staffato per posa aerea, richiede accortezza, perché il passo di staffaggio è particolarmente piccolo, si staffa ogni 10-20 diametri. Esempio fancoil in controsoffitto, rete per lo scarico condensa: se la si fa in plastica (che è la soluzione migliore, si fa un po’ in pendenza) bisogna avere tantissimi punti di staffaggio. Questo problema si può ovviare facendo un profilato in acciaio che corre sotto la lunghezza del tubo, serve per irrigidire la struttura.
PROGETTAZIONE DI UNA RETE DI DISTRIBUZIONE
I circuiti aperti non richiedono particolari attenzioni, mentre i circuiti chiusi devono avere un degasaggio degli incondensabili: l’aria nei punti alti del circuito deve essere evacuata in modo manuale o automatico. Quelli automatici si chiamano jolly: c’è un galleggiante che chiude e apre un orifizio molto piccolo (se c’è aria apre, se c’è acqua chiude).

AEROTERMO (file esempio-progetti\vighi-studenti.dwg)
Simile a un fancoil, tondo. Possono fare raffrescamento. C’è una batteria circolare con un ventilatore in mezzo. Staffato con catene al soffitto. Si usa per il riscaldamento industriale. C’è una bacinella sul fondo per raccogliere la condensa che poi viene portata via con apposita rete. Sono messi molto in alto, non disturbano il carro ponte. Capriata: travi a doppia pendenza, con sopra i tegoli appoggiati sulle travi. La rete di alimentazione passa sotto la capriata. Per sfiatare la rete di distribuzione si fa fare alla mandata una salita verticale, e con un raccordo a T si fa girare l’acqua in orizzontale, in quel punto la bolla tende a proseguire la corsa in verticale ascendente per effetto del galleggiamento e si raccoglie nel punto più alto del percorso (che è più alto delle utenze) che termina in un punto cieco. Se non si fa cosi si deve sfiatare ogni apparecchio, che è complicato. Da questo punto cieco parte un tubino che scende a quota persona, dove si può aprire manualmente una valvola e sfiatare settimanalmente.
Portata di bilanciamento: nuova portata con una diversa prevalenza applicata: Q1=Q0*(H1/H0)^0.525
PERDITE DI CARICO:
r = mm c.a./m
ν= m2/s
ρ = kg/m3
Q = l/h
D = mm
tubi in rame e in materiale plastico: r=14.68.v0.25.r.Q1,75/D4,75
tubi in acciaio nero: r=3,3.v0.13.r.Q1,87/D5,01

 

CALCOLO DILATAZIONI TERMICHE
Con acqua a 80°C il tubo dilata 1 mm/m. bisogna realizzare una rete che non si rompa a seguito di dilatazione. Si possono fare reti senza punti fissi, in modo tale da compensare le dilatazioni nel campo elastico. Il problema comunque è molto rilevante se l’acqua è molto calda e scorre in tubi molto lunghi.
Libero movimento dei tubi: ad esempio uno staffaggio lungo consente di compensare con la staffa stessa parte della dilatazione, cioè anche per grandi spostamenti della parte terminale non ci sono sforzi di trazione e compressione superiori alla sigma ammissibile del materiale. Il punto critico è nel punto in cui un tubo compie un cambiamento di direzione: bisogna mettere la staffa lontana dalla curva, in modo che non ci siano conseguenze in seguito a flessione del tubo.
Fissato il tipo di materiale, fissata la sigma ammissibile (in genere gli sforzi non si fanno più del 50% della sigma ammissibile) fissato diametro e allungamento, si va a vedere in tabella la distanza c. Cioè se devo compensare 40 mm con un tubo da 4 pollici, ho bisogno di una distanza c=4,5 metri per compensare gli effetti di dilatazione con il materiale stesso (la distanza c è la distanza tra la curvatura e la staffa successiva)

Oppure si fanno dei punti fissi (rigidamente fissati alla struttura muraria, per esempio con delle flange) con dei compensatori di dilatazione (a soffietto inox, battezzati a seconda del grado di assorbimento della dilatazione). Mettere un giunto inox dal punto di vista strutturale corrisponde a un sistema che non resiste a trazione, e bisogna porre attenzione alle spinte in gioco: un tubo da sei pollici può arrivare a 1200kg di spinta orizzontale, e se la rete prevede dei punti fissi sui pilastri verticali, si scaricano queste spinte sulle strutture che in realtà sono pensate solo per carichi verticali.

TUBI TELERISCALDAMENTO
Reti teleriscaldamento: 100° o più e lunghissime, si compensano a lira (in realtà si fanno 4 curve). Tubi per il teleriscaldamento: da interro per addurre acqua calda o gelida, normalmente metallici, rivestiti da una coppella di isolamento, più una guaina in pvc per la protezione della coppella. Giunzione: si accostano i due tubi, si saldano di testa, per isolare la saldatura, si infila un manicotto, che viene bucato e all’interno del quale viene fatta una colata di isolante. Si mettono dei fili di controllo su ciascuna giuntura per monitorare eventuali perdite.
File calcolo staffaggi: si fa il calcolo strutturale quanto deve essere lunga la staffa imposto un certo spostamento orizzontale.
Incastro della barra sulla staffa (dado e contro dado –cioè sul lato fisso) + cerniera della barra sul collare (sul lato
J=momento inerzia
P= spinta
E= modulo elastico
Sigma: sforzo (bisogna controllare che questa sigma sia inferiore alla sigma di snervamento)
J(p)=D^4/10 ; J(n)=D^4/20
Per risolvere: o si allunga la barra, oppure si mette uno snodo a cerniera anche sulla staffa e gli sforzi si annullano.

CONDOTTE AERAULICHE
Per dimensionare una rete di condotte si richiede innanzitutto di posizionare i terminali di diffusione e ripresa dell’aria, anche in funzione delle esigenze architettoniche. In seguito, si provvede a realizzare il tracciato della rete aeraulica per unire questi elementi all’unita di trattamento dell’aria. A questo punto, i passi successivi sono: la stima delle perdite di carico e la scelta del sistema di calcolo da adottare per il dimensionamento delle condotte.


RACCOLTA R (file Raccolta R 2009)

  • Si applica a: Temperatura degli impianti che utilizzano acqua calda inferiore a 110° (perché possono essere pressurizzati) e che hanno potenze SUPERIORI a 35 kW: Tale specifica si applica agli impianti centrali di riscaldamento utilizzanti acqua calda sotto pressione con temperatura non superiore a 110°C, e potenza nominale massima complessiva dei focolari (o portata termica massima complessiva dei focolari) superiore a 35 kW.
  • Attualmente la pratica di richiesta per l’impianto si inoltra all’INAIL e non all’ISPESL
  • Per impianto centrale di riscaldamento si intende uno o più circuiti idraulici ad acqua calda sotto pressione, con vaso di espansione aperto o chiuso, servito da generatore singolo o disposto in batteria, da generatore modulare, da scambiatore di calore, e funzionante con combustibili solidi, liquidi o gassosi o con sorgenti termiche con rischio di surriscaldamento (un impianto costituito da uno o più generatori di calore collegati a uno o più apparecchi utilizzatori).

Per generatori di calore soggetti alle prescrizioni di cui al D.M. 1.12.75 si intendono le caldaie, a fuoco diretto o non, alimentate da combustibile solido, liquido, gassoso e gli scambiatori di calore il cui primario è alimentato da fluido avente temperatura superiore a 110 °C (quindi se temperatura massima del freon è sotto i 110°C sembra che non rientri nella normativa). Per i circuiti secondari alimentati da uno scambiatore di calore, o riscaldatore di acqua destinata al consumo, nel caso in cui la temperatura del fluido primario sia inferiore od uguale a quella di ebollizione del fluido secondario alla pressione di 0.5 bar nel circuito secondario possono essere omessi i dispositivi di protezione, mentre in ogni caso sono necessari i sistemi di espansione.

  • Valvola di scarico termico: autoazionata (solo meccanica: Si intende per valvola autoazionata una valvola azionata dalla stessa energia da controllare. Il ripristino dell'apporto di calore deve avvenire solo con intervento manuale). Si mette molto vicino alla mandata dell’acqua della caldaia (mezzo metro) cioè nella stessa posizione dove si mette il bulbo della vic.  Apre quando il sensore (che è dentro alla valvola, non remoto come nella vic) avverte una temperatura superiore a quella di temperatura. Ha un interruttore elettrica per l’interruzione del bruciatore. Normalmente vic e valvola di scarico termico sono intercambiabili TRANNE quando il combustibile non si può interrompere, cioè nel combustibile solido. Nel combustibile solido non si può usare la vic, quindi la valvola di scarico termico diventa obbligatoria. Quando si può scegliere se mettere una o l’altra si sceglie sempre la vic per il costo. elettrica). Per i generatori di calore a combustibile solido non polverizzato, l'intervento della valvola di scarico termico deve provocare l'interruzione dell'afflusso dell'aria comburente e il reintegro totale dell'acqua scaricata: cioè si deve spegnere un eventuale ventilatore o chiudere la serranda.
  • Valvola di intercettazione del combustibile: Valvola ad azione positiva che automaticamente intercetta il flusso del combustibile in caso di sopraelevazione della temperatura dell'acqua in modo da impedire che sia superata la temperatura di sicurezza prefissata.
  • Valvola sicurezza: Valvola che automaticamente, senza l'assistenza di energia diversa da quella del fluido in pressione, scarica una quantità di fluido tale da impedire che sia superata la pressione di sicurezza prefissata. La valvola deve richiudersi entro lo scarto di chiusura ammesso. Le valvole di sicurezza possono essere caricate da peso e leva o da molla diretta.
    • pressione di taratura: alla quale la valvola di sicurezza comincia ad aprirsi
    • sovrappressione: incremento di pressione al di sopra della pressione di taratura, necessario per consentire all'otturatore di compiere l'alzata
    • pressione di scarico: La pressione alla quale la valvola scarica la piena portata, pari alla pressione di taratura più la sovrappressione. La pressione di scarico della valvola non può superare la pressione massima ammissibile del generatore.

 

Esempio di pratica ispesl: file beretta-ispesl-st.dwg (file ispesl.zip) (fatto con la raccolta vecchia) (ora INAIL).

  • Serie di organi di protezione sicurezza e controllo
  • Vaso di espansione chiuso: c’è una valvola in alto sul vaso, perché quando la membrana che separa acqua e aria si allarga per far spazio all’espansione dell’acqua, l’aria si pressurizza secondo l’isoterma: p*V=costante
  • La vecchia norma chiedeva: termostato regolazione caldaia (pomello per regolare) + termostato di sicurezza (a taratura fissa, con pulsante di riarmo manuale, quando scatta blocca la caldaia e va riarmato manualmente) + termometro all’uscita della caldaia (entro 50 cm /1 metro dall’uscita della caldaia) + organo di controllo della pressione (manometro) che deve avere un fondo scala non meno di 1,2 inferiore allo scarico della valvola di sicurezza e non superiore a 2 volte allo scarico della valvola di sicurezza. Il manometro è collegato a una valvola tre vie, perché è un manometro con l’attacco per il manometro di controllo dell’ispesl. Si mette poi un pozzetto di ispezione (numero 8), sempre dell’ispesl, che misura infilando nel pozzetto un termometro. Tutti gli apparecchi che si usano devono essere omologati dall’ispesl (che ne controlla uno uguale). Quando la pressione dell’impianto supera del 10% quella di taratura, la valvola di sicurezza è tutta aperta.

   

 

PB: pressostato di blocco, va tarato alla pressione di taratura delle valvole di sicurezza. È un apparecchio di protezione a riarmo manuale, quando la pressione arriva alla pressione di taratura scatta. Uno è il pressostato di massima ma nelle norme nuove va aggiunto un pressostato di minima da tarare almeno mezzo bar che evita che il bruciatore vada a caldaia vuota (per esempio in caso di perdita dell’impianto)
Alle volte si mettono due pressostati di massima.
Valvola di sicurezza (11): deve avere la capacità di scarico pari alla potenza resa della caldaia, vuol dire che la valvola tutta aperta deve essere tale da consentire il passaggio del vapore prodotto dalla caldaia. Se caldaia dà 100.000 kcal/h porta 500 kcal/kg la capacità di scarico della valvola è di 200kg/h di vapore (100.000/500). Il costruttore della caldaia fornisce i kW RESI (non potenza al focolare), se la caldaia ha 100 kW di potenza resa all’acqua, la valvola deve essere almeno o superiore a 100kW.
VIC: valvola intercettazione combustibile che è omologata e qualificata  (come la valvola di sicurezza). Omologata vuol dire che si testa un modello uguale a quello in uso, qualificata cioè testata una a una, con proprio numero di matricola. È una valvola autoazionata (meccanica senza alimentazione energia elettrica) a riarmo manuale. Azionata da una sonda di temperatura, quando la temperatura mandata (100/110°) raggiunge il valore di settaggio la valvola chiude. Ha un capillare che spilla dalla mandata. Si usa quando il delta P è indipendente dal delta T.
Valvola di scarico termico: se si ha combustibile solido non si può intercettare combustibile, è obbligatoria la valvola di scarico termico, autoazionata dalla temperatura di mandata.
Non esiste corrispondenza tra aumento di pressione e temperatura in quei circuiti dove la temperatura nel circuito è diversa nelle varie ramificazioni.
Nel momento in cui ogni caldaia viene isolata con valvole di intercettazione per eventuali manutenzioni/sostituzioni devono essere dotate del proprio vaso di espansione dedicato, oltre a tutti gli organi di protezione. Tutte le caldaie intercettabili devono avere vaso dedicato al circuito caldaia.
Vaso di espansione: Per il calcolo del vaso vengono fissate alcune informazioni di partenza:

  • quote di riferimento degli organi di sicurezza, (nel disegno tutti gli organi di sicurezza e i vasi sono quotate) punto più alto dell’impianto.
  • Battente idrostatico fondo caldaia 16m: cioè punto più basso (caldaie) e punto più alto ci sono 16 metri.
  • Pressione di taratura delle valvole:
    1. Se ho un impianto alto 16 metri, devo avere almeno 3 metri in più (0.3 bar) a freddo, per avere un minimo di sovrapressione per sfiatare.

2. si decide in base alla precaricare del vaso: in baso a quanto precarico il vaso, decido le pressioni a freddo dell’impianto. Si deve dare una pressione alla base dell’impianto di 1,9 bar (punto1), decido che il vaso deve avere una precarica di 2 bar, la valvola di sicurezza (Più alta di dieci centimetri) è a 4 bar.
Vaso = capacità impianto a freddo * coefficiente dilatazione / (1 –p1/p2)
P1= pressione assoluta alla quota del vaso a freddo, 3 bar. (pressione di precarica) Se un vaso è più alto di 50 cm la p1=2.95 bar
P2= pressione assoluta del vaso quando la valvola comincia a scaricare (la valvola scarica a 4bar, 5bar assoluti, corretto della differenza di quota tra valvola e vaso: 10cm, diventa 5.01)
Osservazione: se P2 piccolo, P1 grande, denominatore piccolo, vaso grande. Più la valvola è tarata alta più i vasi diventano piccoli. Ma più vasi sono piccoli e più la pressione dell’impianto è alta. Se voglio un impianto con pressioni basse devo avere vasi grandi e tarature delle valvole basse, porre attenzione in impianti vecchie e che perdono.
Avere una taratura inferiore alla pressione massima del circuito che è la caldaia: in genere si tara il 10% in meno della pressione della caldaia, ma porre attenzione perché se una caldaia a Pn=5 bar normalmente richiede 4 bar di taratura della valvola di sicurezza e non 4,5 bar, perché bisogna aggiungere anche il battente.

Infine ci sono delle dichiarazioni da scrivere:

  • Se le valvole scaricano vapore questo va convogliato in una vaschetta, per non ustionare qualcuno.
  • Se la pompa è ferma la caldaia NON si mette in moto.

NORME NUOVE
File progetto19-rev31.dwg
In aggiunta al caso precedente c’è solo:

  • il pressostato di minima  
  • nelle dichiarazioni si aggiunge una riga con taratura del termostato di sicurezza che si può scegliere a 100°C (con coeff. Dilatazione più basso) o 110°C (con c più alto).
  • Inoltre mentre nella normativa vecchia la tolleranza sul calcolo del vaso di espansione era del +/- 10%, mentre ora è MAGGIORE / UGUALE DI quello calcolato
  • PARERE ALL’INAIL depositando copia del progetto, prima era all’ispesl: si progetta l’impianto, e una volta realizzato l’impianto si scrivono le quote vere dei vasi, si chiede il parere su una cosa già fatta. Dopo alcuni anni l’INAIL richiede il pagamento di un bollettino e controlla l’impianto, che normalmente va bene.

Nel caso di impianti a vaso aperto, nella nuova normativa è prevista la differenza tra tubo di carico e tubo di sicurezza.
Il tubo sul fondo del vaso che è collegato sul ritorno, mentre il tubo di sicurezza scarica l’acqua bollente se la caldaia si mette a bollire: il vapore va verso l’alto (volume utile del vaso di espansione aperto: volume minimo fino al volume di troppo pieno).
Se c’è un tubo di collegamento tra tubo di carico e tubo di sicurezza, la circolazione dipende dalla differenza di pressione della caldaia: siccome c’è la caldaia che rappresenta una perdita di carico, la circolazione nel tubo è da destra a sinistra. Se si ferma la pompa? La circolazione è rovescia: ragionando in termini di convezione naturale, il punto più caldo è all’uscita della caldaia e la circolazione va da sinistra a destra.
Se si ha un impianto a vaso aperto di un impianto molto vecchio si mette la valvola tre vie.
Il costruttore della caldaia ci dà già la portata in kW di scarico che deve avere la valvola. Bisogna vedere anche i diagrammi delle portate al variare della pressione. Quando c’è la valvola di scarico termico, deve essere prevista una valvola di reintegro.
DISPOSITIVI PROTEZIONE: TERMOSTATI E PRESSOSTATI
tarati a 100° o a 110°
L'elemento sensibile del dispositivo di regolazione deve essere applicato sulla sommità del generatore, sulla tubazione di uscita a monte di qualsiasi organo di intercettazione. Nel caso dei termostati, l'elemento sensibile deve essere immerso nella corrente d'acqua in uscita dal generatore quanto più possibile in prossimità del generatore stesso e comunque a non più di 1 m all'esterno del mantello di rivestimento. I pressostati e i dispositivi di protezione livello/pressione minima, possono essere installati direttamente sul generatore o sulla tubazione di mandata non oltre 1 metro dall'uscita dal generatore a monte di qualsiasi organo di intercettazione.
Fondo scala: Il fondo scala dei manometri deve essere compreso tra 1,25 e 2 volte la pressione massima di esercizio dell'impianto intendendosi per tale la pressione di taratura della valvola di sicurezza (vaso chiuso) o la pressione idrostatica dell'impianto (vaso aperto).
Gli impianti con vaso di espansione aperto devono essere provvisti di:
a) vaso di espansione aperto;
b) tubo di sicurezza;
c) tubo di carico;
d) termostato di regolazione;
e) termostato di blocco;
f) termometro, con pozzetto per termometro di controllo;
g) manometro, con rubinetto a flangia per manometro di controllo;
h) dispositivo di protezione livello minimo.
Qualora i generatori non siano provvisti di tutti i dispositivi, quelli mancanti possono essere installati sulla tubazione di mandata del generatore entro una distanza, all’esterno del mantello, non superiore ad 1 metro.
VASO DI ESPANSIONE
Il volume utile del vaso di espansione aperto dovrà essere non inferiore a Vn:
VE =VA . n/100 = volume di espansione;
VA =volume totale dell'impianto, in litri;
n = 0,31 + 3,9 x10-4.tm^2;
tm = temperatura massima ammissibile in °C riferita all’intervento dei dispositivi di sicurezza.
La norma distingue tra vasi con diaframma e vasi senza diaframma (ma in realtà non si mettono senza membrana, perché vanno periodicamente precaricati).
Vn >= Ve/(1-P1/P2)
La formula deriva dalla isoterma pV=costante (isoterma alla temperatura ambiente, legge dei gas perfetti)
Impianti a vaso di espansione chiuso
I generatori di calore alimentati con combustibile solido non polverizzato, installato negli impianti del tipo a vaso di espansione chiuso devono essere provvisti di:
a) vaso di espansione chiuso;
b) valvola di sicurezza;
c) termometro con pozzetto per termometro di controllo;
d) manometro, con flangia per manometro di controllo;
e) pressostato di blocco a riarmo manuale;
f) allarme acustico e ottico.
g) un dispositivo di limitazione della temperatura a riarmo automatico;
h) un dispositivo di limitazione della temperatura di sicurezza a riarmo manuale;
i) per sistemi di combustione a disinserimento parziale deve essere installato un dispositivo di dissipazione della potenza residua, di cui al successivo punto 3.3
j) dispositivo di protezione pressione minima.
Dispositivo di dissipazione della potenza residua.
Il dispositivo di dissipazione della potenza residua deve essere costituito da uno scarico di sicurezza termico in combinazione con uno scambiatore di calore integrato nella caldaia. Tra gli scambiatori ammessi sono inclusi i riscaldatori d’acqua ad accumulo o a circolazione, purché siano progettati e configurati in modo che il calore possa essere trasferito senza ausiliari addizionali e senza energia esterna
.

Generatori modulari
Sono le caldaie messe in parallelo. Il costruttore ha convenienza produrre generatori modulari, piuttosto che generatori molto grossi.
La normativa semplifica un po’ i dispositivi di sicurezza in questi casi, per non installare troppi dispositivi.

PANNELLI SOLARI
I pannelli raggiungono temperature significativamente superiori ai 110°.
Sopra i 35 kW cioè sopra i 50 mquadri di pannelli.
Le sicurezze intervengono sulla pompa e sul lato pannelli.


IMPIANTI INDUSTRIALI

Nelle pompe di calore a gas la temperatura del fluido è più alta di quelle a compressione.
Come COP sono migliori: non hanno i problemi invernali delle macchine a compressione, non va in blocco.
COP= Potenza resa/potenza combustibile.
Hanno temperature che si sposano bene con gli impianti a temperatura media come gli aerotermi. (-5°C ; 60° C)
Invece d’estate una Pompa di calore a gas ha un EER=0,7 bassissimo. Ha senso se d’estate è utilizzato d’estate per pochi giorni, non in funzionamento continuo di 3 - 4 mesi. Non possono essere alimentati alla temperatura a 7 -12, ma va messo a 10-15. Nelle UTA c’è una velocità limite di 3 m/s da non superare per evitare effetti di trascinamento delle gocce in giro per i canali. Negli aerotermi le velocità sostenute, non si può usare aria troppo fredda. Nel settore industriale, l’obiettivo non è il comfort, ma è il limite del disconforto.
Impianto a termo strisce: non movimenta aria, ma l’acqua che circola è molto calda, è una soluzione che si sta abbandonando.
Termo strisce ad altissima temperatura: trovano soluzione per il riscaldamento localizzato. Per esempio zona occupata con magazzino inoccupato. Hanno qualche vincolo normativo su fughe di gas e fumi (che arrivano a 300°C)

GENERATORE D’ARIA CALDA
Scambiatore aria – fumi: sistema senza punti intermedi, scarica aria calda direttamente in ambiente. Il vantaggio è nell’inerzia quasi nulla: una volta messi in moto sono operativi immediatamente.
Esiste in tre configurazioni differenti

  • Monoblocco: della Robur. Sul retro ha un ventilatore assiale, poi un bruciatore con scambiatore aria fumi, i fumi vengono portati via da un ventilatore. È un apparecchio stagno, cioè ha due attacchi: uno per la ripresa dell’aria comburente e uno per i fumi. La mandata è davanti, ha delle alette. Taglia 15/20 kW fino a 45/50 kw. Sono da alimentare con il gas, tubo scarico fumi e tubo presa aria comburente. La comodità sta nel non installare canalizzazioni ingombranti, ma solo un tubo del gas e l’alimentazione elettrica, molto più comoda e modulabile.  Il problema è di tipo normativo, perché c’è un tubo del gas all’interno del locale. Dal punto di vista normativo, gli apparecchi a gas installati nello stesso locale, o nei locali adiacenti, la potenza totale è la somma della potenza dei singoli apparecchi, e gli impianti al di sopra dei 116 kW sono soggetti a controllo prevenzione incendi presso il comando dei vigili del fuoco. C’è una mensola che sorregge gli apparecchi, più bassi sono meglio è. La norma sugli impianti a gas impone che non sussistano zone a ventilazione impedita: se siamo sopra i 35 kW si rientra alle norme di prevenzione incendi (al di sotto si è soggetti alla normativa civile), in presenza di apparecchi a gas si è costretti a fare un buco in corrispondenza dell’interconnessione tra soffitto e parete, ciò presuppone che se c’è una perdita di gas questa se ne possa andare dal buco, ed evitare che si formino sacche di gas. Gli apparecchi della robur sono caduti in disuso da quando esiste la norma prevenzioni incendi, per via di tutti i buchi che si dovevano operare nei tegoli.


  • 2 sezioni: metà anni 90. Caldaia murale messa all’esterno (protetta dal gelo, con qualche precauzione per la messa all’esterno) più un aerotermo all’interno. C’è un fluido intermedio però, che collega la caldaia esterna appena al di là del muro, all’aerotermo. Risolvo il problema della prevenzione incendi, perché la parte gas è sulla parte esterna del fabbricato e le potenze dell’impianto non si sommano, mentre la parte interna, funzionando ad acqua, non ha problemi di ventilazione. E’ una soluzione più costosa ma è molto flessibile, con potenze da 34,8 kW, servono 200/300 mq ciascuna. Anche queste però non rientrano nel decreto rinnovabili. Con la caldaia a condensazione, si usa un corpo caldaia che sopporta la condensa e si mette la batteria dell’aerotermo più grande per farlo lavorare in bassa temperatura. Si chiama anche split system.
  • Canalizzabile: perché vanno accoppiati con dei canal, ventilatore, con aria di ripresa e bruciatore, canale di mandata ed espulsione fumi. Sono idonei per i capannoni che sono serviti da una rete di canali. È una soluzione che non si utilizza più, ma si usano i sistemi monoblocco e a 2 sezioni. È una macchina unica che scalda tutto il fabbricato con i canali.

 

PARAMETRI DI SCELTA e CONCLUSIONI:

  • Costo: il caso industriale è diverso dal residenziale, alcuni costi non sono giustificabili.
  • Efficienza energetica
  • Vincoli autorizzativi (vigili del fuoco e INAIL): gli impianti modulari riescono a schivare questi obblighi. (il controllo dei vigili del fuoco avviene per impianti sopra i 116 kW, al di sotto si deve solo rispettare le norme)
  • Modo e fattore di utilizzo
  • Adattabilità a strutture datate, o alte e disperdenti: ci sono capannoni da 7 metri ma anche da 15 metri. La soluzione migliore sono i pavimenti radianti, o comunque soluzioni a basse temperature e per limitare i moti convettivi. Oppure nei casi di riscaldamento localizzato con soffitti alti, hanno senso le termostriscie a gas. Cioè o altissime T, o basse T, la via di mezzo non va bene.
  • Nel caso industriale la norma è irragionevole.
    Strutture edilizie nuove: se si usa l’impianto a pavimento (da mettere con solette molto più spesso) si opta per pompe di calore geotermiche. Se invece si usa un impianto ad aria, la soluzione ideale è la pompa di calore a gas.

Strutture esistenti non soggette al decreto rinnovabili, c’è più libertà di scelta, basta rispettare l’EPI.

  • Valutare anche la cogenerazione per l’industriale.

 


Il cogeneratore è sempre perdente, e la pompa di calore (aria, acqua, gas) vince (parlando dal punto di vista energetico):

    • I cogeneratori migliori hanno un rendimento elettrico del 40% e un rendimento termico del 45%-50% . Coefficiente di conversione energia elettrica in energia primaria è 0.46 per norma, in energia primaria: 0.4 kWe/0.46= 0.87 kWt. Quindi con 1 kW di energia primaria il cogeneratore produce 0,87+0,50=1,37 kWt cioè con un rendimento di secondo principio del 140% circa.
    • Una caldaia a condensazione fa il 105% quindi è peggiore del cogeneratore.
    • Una caldaia domestica 3 stelle ha rendimento 95%
    • Una pompa di calore a gas ha un rendimento COP del 135% (media invernale)
    • Pompa di calore aria-acqua elettrica nella media invernale ha COP 2,5 – 2,6 che riconvertito fa 120% circa da: 2,6*1/(1/0,46) = 2,6*0,46 = 1,2

Il cogeneratore anche nelle migliori condizioni perde leggermente con le pompe di calore considerando ad esempio un impianto di cogenerazione sbilanciato sulla produzione di energia termica composto da 1 cogeneratore e 3 caldaie con rendimento quindi pari a (1,37+0,95*3)/4 = 1,06 cioè 106%; se l’energia prodotta da cogeneratore è distribuita da teleriscaldamento  poi vanno considerate, oltre alla modulazione del motore, le perdite di rete dalla centrale alle utenze allora il rendimento è proprio minore.
Vincolo: la pompa di calore si adatta a impianti nuovi che richiedono acqua calda a 40°C mentre se sono presenti impianti vecchi con terminali che richiedono acqua a 70-80°C il teleriscaldamento, si adatta bene e rende tanto quanto una caldaia domestica non a condensazione. In suo favore, il teleriscaldamento riduce l’inquinamento nelle città.

Se possibile quindi ci si orienta verso le pompe di calore che vanno però dimensionate in modo da avere il più alto rendimento possibile nel carico che dovranno fornire per la maggior parte dei giorni della stagione; si affianca poi una caldaia dimensionata sulla potenza di picco che entra in funzione alla temperatura bivalente in parallelo alla pompa di calore o in sostituzione di essa. La pompa di calore ha quindi la precedenza sulla caldaia e si può decidere agendo sulla centralina la temperatura esterna della sorgente che alimenta l’evaporatore al di sotto della quale la caldaia inizi a funzionare in modo che, anche se la pompa di calore riesca ancora a sopperire al fabbisogno, il suo rendimento non diventi inferiore a quello della caldaia. – Come noto il COP della pompa di calore diminuisce al diminuire della temperatura di evaporazione del ciclo e quindi al diminuire della temperatura esterna nel caso di pompa di calore aria-acqua.

 

 


DECRETO 37/2008 – SICUREZZA DEGLI IMPIANTI

File: regolamento_impianti.pdf
Gli impianti devono essere realizzate da aziende abilitate, cioè iscritte in un elenco in camera di commercio. Dopo aver realizzato l’impianto l’azienda rilascia obbligatoriamente un documento, dichiarazione di conformità (DICO), in cui afferma che l’opera realizzata è conforme alle norme ed eventualmente al progetto (se c’è un progetto). Serve per ottenere l’abitabilità o l’agibilità del fabbricato se è nuovo, e deve avere in allegato il progetto dell’impianto adeguato a come è stato realizzato, cioè se è stato modificato in corso d’opera deve essere aggiornato. La camera di commercio rilascia il certificato.

Si applica:

  • impianti di riscaldamento, di climatizzazione, di condizionamento e di refrigerazione di qualsiasi natura o specie, comprese le opere di evacuazione dei prodotti della combustione e delle condense, e di ventilazione ed aerazione dei locali;
    • impianti idrici e sanitari di qualsiasi natura o specie (non degli scarichi, perché si ritiene non siano pericolosi, mentre negli accumuli ci può essere il problema legionella)
    • impianti per la distribuzione e l'utilizzazione di gas di qualsiasi tipo, comprese le opere di evacuazione dei prodotti della combustione e ventilazione ed aerazione dei locali (e anche gli apparecchi a gas). Per impianti per la distribuzione e l'utilizzazione di gas si intende: l'insieme delle tubazioni, dei serbatoi e dei loro accessori, dal punto di consegna del gas, anche in forma liquida, fino agli apparecchi utilizzatori, l'installazione ed i collegamenti dei medesimi, le predisposizioni edili e meccaniche per l'aerazione e la ventilazione dei locali in cui deve essere installato l'impianto, le predisposizioni edili e meccaniche per lo scarico all'esterno dei prodotti della combustione
    • impianti di protezione antincendio (sistema idrico e rilevazione fumi, impianto di estinzione e idranti)

Le imprese abilitate sono iscritte in un registro in camera di commercio, e i requisiti tecnico professionali sono la laurea
La parte progetto impianti è un allegato OBBLIGATORIO della dichiarazione di conformità, e questo progetto in parte è redatto da un professionista e in parte no. Il progetto da parte di un professionista abilitato è obbligatorio per:

  • gli impianti termici dotati di canne fumarie ramificate (per esempio quelle che servono un apparecchio per piano, per esempio caldaie condominiali). In realtà ora le canne ramificate non si fanno più e non è chiaro se la legge imponga l’obbligo di progetto per tutti gli impianti, ma sta di fatto che l’impianto termico lo fa sempre un professionista
  • per gli impianti di climatizzazione per tutte le utilizzazioni con potenze frigorifere maggiori di 40.000 frigorie/ora (167.480 kJ/ora), cioè fino a 40.000 non c’è bisogno del progetto
  • Impianti a gas con una portata termica maggiore di 50 kW (quindi tutti i domestici sono esclusi)
  • Impianti antincendio: quando ci sono più di 4 idranti oppure quando l’impianto è soggetto a controllo prevenzione incendi, allora c’è bisogno della firma del progettista.

La dichiarazione di conformità non riguarda solo il nuovo costruito, ma anche le modifiche devono essere compatibili con l’esistente.
Un impianto progettato in un fabbricato di nuova costruzione deve essere realizzato OBBLIGATORIAMENTE in bassa temperatura. (Picco invernale aria/acqua temperatura massima 45°).


TERMINALI
File: esempio progetti sacco-st progetto a bassa temperatura, pdc aria-acqua, Tmandata 45°C
PER ALIMENTAZIONE A TEMPERATURA MEDIO BASSA

  • Soluzione classica: pavimento radiante

RADIATORI
Anche l’impianto a radiatori, potrebbe essere dimensionato a 45°, ma la resa termica di un radiatore rispetto al caso 70° è circa pari alla metà. La potenza emessa è proporzionale al deltaT elevato a 1.3:
P;(DT)1,3
Con DT = Tmedia radiatore – Tambiente. Cioè se progetto con Tmedia=50° il dT=30. Quindi dal punto di vista dell’ingombro l’impianto diventa considerevole, perché la potenza è il 50% di quella storica. Ma non bisogna dimenticare che i fabbricati nuovi sono migliori dal punto di vista delle dispersioni, hanno trasmittanze molto più basse, e l’impianto a radiatori ha gli stessi ingombri rispetto agli impianti vecchi

FAN COIL
Molto gettonati nel terziario, poco utilizzati nel residenziali. Prendiamo in considerazione tre tipologie: verticale a parete, orizzontale a soffitto, o da incasso. Il fan coil ha un filtro di presa aria, un ventilatore centrifugo che spinge su una batteria inclinata (3-4 ranghi), un filtro che protegge la batteria, e una bacinella di raccolta condense. Invece quelli con ventilatore tangenziale aspira dalla batteria. Il limite di utilizzo del fan coil nel residenziale era proprio dovuto allo spessore delle macchine, si costruiva anche quelli un po’ più sottili. In più il ventilatore tangenziale è sempre un poco più rumoroso del centrifugo. Una versione più da residenziale è quello pensile da parete bassa.
Il fan coil a cassetta, nel residenziale non viene mai usato, perché ha bisogno del controsoffitto molto alto. La batteria è ad anello, griglia di ripresa centrale, ventilatore assiale che spinge l’aria nella batteria, l’aria viene deviata da quattro alette che la mandano in ambiente. In più è dotato di pompa della condensa che manda la condensa in alto. 2 tubi / 4 tubi: c’è un doppio circuito, per tenere separato il circuito caldo da quello freddo. Se la batteria fredda fosse percorsa da acqua gelida anche con il ventilatore spento, c’è il rischio di condensa: l’aria che lo circonda condensa e gocciola. Per questo motivo tutti i fan coil a controsoffito sono dotati di valvola motorizzata a due o tre vie a seconda che la portata sia regolabile o no, perché quando il ventilatore si ferma, la valvola fredda chiude (quella calda non è obbligatoria). Mentre i fan coil a parete bassa non hanno questo problema. Ha tante comodità: non è raggiungibile, non si può manomettere, il filtro è sopra la griglia di ripresa, quindi facilmente smontabile.

  • Può avere una funzione di distribuzione dell’aria primaria: normalmente ha quattro bocchette per mandare, ma si può anche farne funzionare tre e dalla quarta (mettendoci l’accessorio klfd 10) si manda l’aria primaria della uta.
  • Tutti i fan coil hanno almeno 3 velocità, che possono essere selezionate a mano o automaticamente. Non usare il ventilatore sempre in moto, gestendo le cassette solo con la valvola (con logica di muovere l’aria per ridurre il gradiente termico) ha delle controindicazioni: con ventilatore sempre in moto, si consuma di più e soprattutto il filtro va pulito più spesso e che nessuno pulisce, oltre a fare i baffi sulla mandata.
  • Con il ventilatore termostatato (cioè quando temperatura soddisfatta, fan coil fermo) bisogna sempre mettere la sonda a parete a quota del termostato e non sulla griglia di ripresa, si potrebbe creare un cuscino d’aria proprio sulla sonda. I termostati delle cassette devono gestire: ventilatore fermo o in moto, velocità automatica, pompa della condensa.
  • La velocità automatica è sconsigliata, è sempre meglio lasciare la gestione all’utente che magari preferisce farlo andare più piano per avere più silenzio. In genere si dimensiona il fan coil alla minima o media velocità per poi lasciare la scelta di regolazione all’utente.
  • I terminali italiani sono in grado di capire: se il sistema di generazione è acceso o spento, e se si è in modalità estiva o invernale. Quando si fa l’inversione della pompa di calore, è scomodo invertire anche tutti i fan coil e non è nemmeno sicuro. Bisogna evitare che il ventilatore vada quando la centrale è ferma. I costruttori italiani mettono una sonda aggiuntiva sulla batteria (sono dentro nell’apparecchio): questa sonda dialoga con il controllo a parete, e da un lato sente la temperatura ambiente, dall’altro sente la temperatura dell’acqua.
    • INVERNO: se Tmandata acqua < 35°C la centrale è ferma
    • ESTATE: se Tmandata acqua > 14°C la centrale è ferma

Dal confronto tra temperatura ambiente e temperatura dell’acqua riesce a capire se siamo d’estate o d’inverno.

  • Non si può togliere la tensione a questi fan coil, perché si ferma anche la pompa della condensa, e rischia di far cadere la goccia
  • Quando i fan coil sono a incasso, richiedono comandi remoti.

GLL: morsettiera della griglia dei fan coil. Escono v1 v 2 v3 le tre velocità dei fan coil, y1 y2 apertura/chiusura delle valvole, CE contatto esterno, SW sonda optional dell’acqua. Le frecce sono in ingresso: significa che se on mi fido del fatto che quando la centrale è ferma il fan coil si accorga da solo, allora dalla centrale parte una linea con due fili che arrivano al contatto del termostato, e lo chiudono se si vuole far funzionare il fan coil o lo aprono se si vuole che non funzioni. Quando il contatto si apre il contatto perché la centrale è spenta. Può essere il contatto finestra che è diventato obbligatorio con la norma 59 2010: si mette un interruttore su ogni finestra, se gli interruttori sono posti in serie basta che un utente apra una sola delle finestre che il fan coil si spegne. Al posto dell’interruttore sulla finestra, si può mettere un interruttore a muro on/off da cui l’utente sceglie se accendere o spegnere, e si fa usando il contatto finestra.
FAN COIL a tipo split: sembra esteticamente uno split ma in realtà è un impianto ad acqua. Ventilatori tangenziali, griglia di ripresa frontale. Rispetto a uno split a espansione diretta, il fan coil ad acqua non si distingue esteticamente. Questo apparecchio, come la cassetta, necessita delle valvole motorizzate perché se gira l’acqua a ventilatore fermo condensa tutto. Come diffusione non è il massimo, perché ha solo una aletta. Stare poi attenti di non mettere postazioni di lavoro proprio davanti al lancio. Non ingombrano, in genere si mettono sopra le porte.

DIMENSIONAMENTO
UNI 8199 – Il fan coil va dimensionato non alla velocità massima, ma a quella minima o media, perché ci sono dei vincoli acustici all’interno dei locali. In generale i vincoli acustici vanno rispettati sia all’interno degli ambienti (vincolo imposto dalla uni), sia all’esterno per evitare di disturbare terzi vicini (imposto dal decreto). È pratica comune dimensionare alla media o alla minima velocità: nel caso residenziale si può scegliere apparecchi silenziosi e dimensionarli a velocità basse. Nelle schede tecniche degli apparecchi si trovano la pressione sonora (in dB misurata col fonometro) la potenza sonora invece è un numero caratteristico della sorgente sonora, che permette di calcolare la pressione sonora nel nostro ambiente, e non nell’ambiente di prova (come quello riportato nella riga di pressione sonora, che è stato misurato in camera riverberante). I valori certificati EUROVENT sono più credibili. Per utilizzo residenziale bisogna cercare di rimanere sotto i 30 (camere da letto sotto i 25), in ambiente di lavoro si può fare un po’ di più.
PAVIMENTO RADIANTE
Dilatazione di qualche decimo di millimetro al metro del massetto, considerando una temperatura media durante il picco invernale di 35°C del massetto (orizzontale sopra i tubi), con l’acqua del pavimento radiante da 43°C a 37°C. Questo problema di dilatazione non è insignificante, il pavimento radiante può andare in contro a rottura, specie con pavimento duro come marmo o ceramica, meno critico con pavimento in legno, che potrebbe invece scollarsi.

 

File: calore i 343, pag. 50.
La sovratemperatura media è calcolata con temperatura superficiale del pavimento. Si entra con la resistenza, si entra col passo, si sale nel diagramma più in alto, e si ha la sovratemperatura media dell’acqua rispetto alla temperatura di progetto. Interessa sapere com’è la rifinitura del pavimento, per valutarne la resistenza.


Rendimenti tipici:
  • Produzione di sola energia elettrica da generatore termoelettrico alimentato da calore: rendimento convenzionale 0,46 - numero ufficiale di decreto calcolato a partire da un rendimento di produzione di 0,6 a cui vanno tolte le perdite di trasporto, trasformazione e trasmissione.
  • Produzione di sola energia termica: rendimento convenzionale 0,95
  • Produzione combinata di energia elettrica e termica: rendimento elettrico convenzionale 0,40 rendimento termico 0,50

Rendimento di secondo principio: quando si confrontano energie diverse, è bene trasformarle in un vettore energetico equivalente; nell’esempio di cogenerazione si riporta tutta l’energia prodotta in termica equivalente trasformando l’elettrico in termico attraverso il rendimento di produzione di energia elettrica a partire da energia termica.

Procedura di calcolo:

  • si fa il conto delle dispersioni stanza per stanza, poi si fanno i conti di quanta potenza serve al metro quadro. Di tutti i locali, si sceglie il locale più critico, cioè quello con la potenza areica maggiore e lo si battezza come criterio primario di calcolo (è quella che definisce la temperatura di mandata dell’acqua). Può capitare però che un locale con pavimento in legno meno critico dal punto di vista della potenza da fornire guidi il dimensionamento, rispetto a un locale più critico ma con pavimento più conduttivo. Va indicata la finitura sul progetto.
  • In base ai dati sulla stanza si decide: la temperatura media dell’acqua e il passo. I passi più comuni sono dal 10 a 20, per evitare effetti di temperatura non uniforme. Entrando in tabella con il passo e la resistenza, si sale sul grafico superiore, si entra lateralmente con il carico di quella stanza, ipotizzando un salto 5, e si ricava la temperatura dell’acqua. Se per esempio finiamo sulla curva di 20 K, vuol dire che la temperatura media è 40°C, a salto 5 quindi sul ramo più sfortunato si ha 42.5°-37.5°
  • Tutti gli altri locali sono meno critici, si può dare meno potenza: aumentando il passo oppure aumentando il delta T tra mandata e ritorno, ma non si può modificare la temperatura di mandata, che rimane uguale per tutte le ramificazioni. Non si lavora più a salto 5, ma avere un ritorno più freddo, tipo salto 10. Facendo salto dieci, è come se si mandasse metà portata.

Nella realtà durante la fase di progetto, è necessario avere noti i dettagli di rifinitura. Siccome cambiare tipo di pavimento è una situazione frequente, l’impianto deve essere abbastanza flessibile da adattarsi a eventuali modifiche. È cosa molto comune fare una regolazione per singolo locale, ogni circuito ha una valvola con servomotore regolato dal termostato della stanza (ogni stanza può avere più di un circuito). Le stanze con meno carichi avranno valvole strozzate, quelle con più carichi le avranno tutte aperte (tutte valvole a 2 vie, che necessitano di un bypass, tranne nel caso dove ci sia la caldaia murale che ha il proprio bypass).
Si possono fare dei sistemi integrati: caso classico è il bagno, che richiede 24°C e più ricambi d’aria. In più il pavimento è occupato dai sanitari e non si può portare ovunque. Si mette il radiatore in bassa temperatura.

SACCO-ST.DWG

Le valvole a tre vie si montano sempre sul ritorno.
Si mette un detentore sulla terza via serve per tarare, simulando un Δp uguale a quello degli impianti a valle.
Ci sono dei collettori che su ogni circuito hanno valvola di taratura e misuratore di portata,  se si sono fatti i conti si tara la valvola all’inizio e basta (questa è la regolazione per zona). Invece con la regolazione per locali ciascun circuito ha il suo termostato e si aggiusta da solo, si fa quando si hanno delle incertezze sulle finiture e dettagli finali.

Corridoi: ci passano dei tubi che vanno in altri locali. Se la regolazione è fatta per locale, quando chiama una stanza fredda, se i tubi passano nel corridoio lo scaldano anche se è soddisfatto. In più i tubi uscenti dal collettore, di trasporto, vengono posati a passo 5, e non sono isolati. Il progettista in questi casi dovrebbe prevedere che i tubi di trasporto vengano isolati per evitare che scaldino troppo nei corridoi non disperdenti.
La posa del civile si fa a chiocciola: è veloce, non ha delle curve troppo strette. La posa a pettine (curve di 180°) si fa se ci si trova un pavimento in pendenza, in modo da non avere dei punti alti non sfiatati (normalmente si sfiata solo il collettore che è il punto più alto).

CALDAIE
Componenti della caldaia: pompa, valvola sicurezza 3 bar, vaso espansione interno. Caldaia condensazione modulante con variazione portata di aria comburente. La maggior parte delle regolazioni viene fatto da sonde di temperatura che hanno una scheda elettronica che funzionano da termostato di sicurezza/limite.
Termostato limite: inibisce il funzionamento (ma non come sicurezza) quando la caldaia funziona per l’acs bypassa il termostato di caldaia (in funzionamento riscaldamento) e viene gestita da un altro termostato che è quello limite. Non è una sicurezza è solo un settaggio che viene abilitato quando la caldaia va in acs. Accende la caldaia quando acqua fredda, la spegne quando è troppo calda. In genere è settato a 80°C.
Pressostato differenziale (lato fumi): si può otturare la griglia di ripresa aria comburente, oppure otturazione sul camino. Il delta p diventa più piccolo quando si blocca il flusso. Si può mettere un pressostato a cavallo del ventilatore, e quindi la valvola blocca la caldaia quando c’è troppa prevalenza. Oppure si mette sul percorso dell’aria comburente (che entra in caldaia, va sulla rampa del bruciatore, passa nello scambiatore, va in aspirazione del ventilatore e viene espulsa) e la caldaia si blocca quando il delta p è troppo basso.
Valvola 3 vie: essendo una caldaia riscaldamento con bollitore remoto, si ha caldaia, in uscita si ha la pompa, e dopo la pompa si mette la valvola motorizzata 3 vie per mandare o al bollitore, o al riscaldamento.
Temperatura scarico fumi: quando l’acqua è a 60-80°C la caldaia non condensa (Trugiada è 56°) i fumi sono a 100°. Con l’acqua a 30 i fumi sono 50°. Il criterio è +20 ° se condensa, +40° se non condensa. Quindi una caldaia a condensazione non va mai a più di 100° si possono usare i tubi in polipropilene
L’aria del tubo di presa aria comburente può condensare, per cui si devono isolare.

 

ACCUMULATORE
Processo di termovetrificazione: per resistere a 90°C. Anodo: per sacrificare per la corrosione.
Pompe di calore: funzionano a 45-50°C. Per fare acqua calda sanitaria a 40°C, ci vogliono superfici di scambio troppo grosse. Non si riesce a fare acs con la pompa di calore.
Rese scambiatore:

  • potenze di scambio che vale 30 kW
  • primario da 90°C a 70° serpentino
  • secondario da 10° a 45° (uscita acs)
    P=U*A*Tml
    Con la caldaia (90-70) abbiamo Tml=52.5°C
    Con pompa di calore (45-50) abbiamo Tml=15°C
  • Quindi 15/52.5*30 kW =7 kW / 8 kW significa che quello che una caldaia riesce a dare con un salto 90/70 sono 30 kW. Ma con la stessa superficie di scambio, una pompa di calore con delta Tml = 15 fornisce una potenza di circa 8 kW. Pochissimo.
  • Non fare dei bollitori alimentati con circuiti in bassa temperatura.

 

SCEGLIERE BRUCIATORE
Scheda RS_5  RS_5 D.pdf
Quando ci sono dei gruppi a gas pressurizzati, si hanno delle pressioni lato fumi maggiori di p atmosferica. Caldaia, dati di partenza:

  • potenza al focolare, portata termica: prodotto portata combustibile * PCI
  • pressione in camera di combustione

scelta tra bruciatore monostadio o bistadio: monostadio ventilatore parte a velocità piena, aria velocità piena e anche combustibile. Il bistadio ha una configurazione ad alta/bassa fiamma: chiudendo una serranda dell’aria comburente per modificarne la portata, tenendo i giri del ventilatore fisso. Bistadio si usa quando la caldaia supera i 100 kW, può essere sfruttato per gestire due livelli di temperatura.
Per il dimensionamento si hanno a disposizione:

  • una curva di prevalenza del ventilatore
  • una curva di perdita di carico del gas

La prevalenza del ventilatore del bruciatore deve essere scelta in modo che sia maggiore o uguale della pressurizzazione della caldaia.
Verificare che il bruciatore abbia una rampa del gas idonea: il gas ha una perdita di carico a livello dell’ugello (curva inferiore tratteggiata) e una perdita di carico lato rampa (curva continua che comprende ugello + rampa)
Ad esempio se in caldaia abbiamo una pressurizzazione di 2.5 mbar, la distribuzione dà 16mbar (consegna 20 mbar – perdite di carico della vic), la massima perdita di carico della rampa più bruciatore  è 16-2.5= 13.5 mbar. Se è maggiore il bruciatore non va bene.
La pressione del gas all’ingresso del bruciatore attraverso l’ugello deve essere maggiore della somma di: pressione camera combustione + perdita di carico all’ugello + rampa.
Per sapere se la caldaia funziona ai valori di targa si guarda il consumo del gas. Potrebbe succedere che la pressione del gas alla consegna non sia sufficiente (20 mbar) per far raggiungere alla caldaia il valore di targa.

 

COLLETTORI DEL CIRCUITO A PAVIMENTO

 

COMPONENTI DI IMPIANTO

  • Oltre al vaso da 10 litri, ce n’è uno da 4 l. negli impianti autonomi l’acqua si deve espandere senza creare problemi alle valvole di sicurezza
  • RADIATORI: tutti i tubi in rame fino a quelli con diametro inferiore a 20 mm (dpr 412.pdf)
  • I dati delle rese dei radiatori possono essere scritti al ΔT utilizzato nel progetto. Scrivere kv delle valvole termostatiche: (file valv_term_angolo_tubo_rame_poliet)

Posizione della molletta: equilibrio tra molletta che tende a chiudere, e dilatazione del fluido che tende ad aprire. Quando ho settato a 20 e misura a 19 la valvola è un pochino aperta. Se ambiente a 18 l’errore (err=set-misura) è più grande e valvola più aperta. A seconda della posizione varia il kV (portata che attraversa la valvola con delta p di un bar)
S= è il set
Cioè se il set è 20°C, s-1K =19°C

Problema dei sistemi monoblocco: è all’esterno ed è soggetto ai problemi del gelo. Si mette:

  • Il glicol (le unità che hanno il freon non hanno problemi)
  • Cavi resistenza elettrica adiacenti il tubo e avvolti da isolante.
  • Oppure si svuota l’impianto quando non usato

Esempio legenda pompe di calore

  • Aria/acqua 2 sezioni
  • Fluido di lavoro
  • Presenza di inverter
  • Potenza elettrica massima
  • Circolatore, valvola sicurezza 3 bar, flussostato (protezione sull’evaporatore, se c’è poca portata l’evaporatore gela subito, perché evapora a 1 -2 gradi, per fare acqua 7 -12),
  • Potenza termica MEDIA (media nel ciclo perché tiene conto degli effetti di sbrinamento) (la più interessante da fornire è quella a -7)
  • Temperatura di blocco
  • Dati idronici: portata e prevalenza utile
  • Dati elettrici
  • Dati acustici
  • Dati energetici: in condizioni estive sono più o meno uguali, ma i dati invernali vanno forniti in maniera superiore perché il cop dipende fortemente dalla temperatura

FAN COIL A CASSETTA:

  • 2 tubi con valvole 3 vie motorizzate 230 V, pompa condensa
  • Sonda minima di temperatura: confrontano temperatura ambiente e temperatura andata, e capisce se si è estate o in inverno e poi capisce se la pompa è ferma o è in moto, se manca l’impianto funziona malissimo.

Esempio di caratteristiche da riportare nel progetto per individuare un chiller specifico.

  • Potenza sonora
  • Caratteristiche di picco estivo (35° acqua 7 -12)
  • Se c’è pompa prevalenza massima
  • EER estivo
  • Potenza elettrica assorbita d’estate
  • Fluido di lavoro
  • Cop di picco
  • Tminima

Pompa di calore

  • Fluido
  • Numero compressori
  • Potenza nom estiva e invernale, con dati di riferimento (+7 con acqua 35°)
  • Dati elettrici
  • Dati acustici
  • Cop eer in certe condizioni
  • Temperatura minima di riferimento
  • Dati idronici: se c’è la pompa portata e prevalenza

 


PROGETTO

Altezza media di un tetto inclinato a falda, somma delle tre quote dei tre vertici diviso tre.
Calcolo dispersioni di una parete inclinata: si prende l’ortogonale rispetto alla gronda (linea rossa) e se ne calcola la superficie usando l’ipotenusa:
L = Z / cos (a)
Pendenza del tetto= y/z*100

Soluzione per trattare la scala: trattare la scala come un compartimento freddo.
Direzione dei venti prevalenti a Milano: da Est a Ovest e viceversa, e poche volte all’anno da sud a nord.


GAS

UNI 7129 composta da quattro parti
Parte 1 – 1972
Parte 2 – 199
Parte 3 – 2008
Per impianto gas si intende tutto ciò che c’è a valle del contatore:

  • Rete
  • Apparecchi
  • Sistemi di scarico dei prodotti di combustione
  • Ventilazione dei locali

La presente norma si applica alla costruzione ed ai rifacimenti di impianti o parte di essi, comprendenti il complesso delle tubazioni e degli accessori che distribuiscono il gas a valle del gruppo di misura o punto d’inizio, agli apparecchi utilizzatori di singola portata termica nominale massima non maggiore di 35 kW.

  • Gasdotti: intesi come trasporto (altra normativa), sono suddivisi in 7 specie classificati a seconda della pressione
  • Reti di distribuzione: si intende a più utenze, di competenza termotecnica. Pressione di consegna 20 mbar (per impianti grandi)

La pressione massima di tale campo non può essere comunque maggiore di 40 mbar per gas con densità relativa d < 0,8 e di 70 mbar per gas con densità relativa d > 0,8.
portata termica [Q ]: Quantità di energia termica transitata nell’unità di tempo corrispondente al prodotto delle portate (volume o in massa) per il potere calorifico;
portata termica nominale [Q n]: Valore della portata termica dichiarata dal costruttore. Unità di misura kW.
DIMENSIONAMENTO

  • La perdita di carico totale dell’impianto deve essere 1mbar (il 5% della pressione) per il gas naturale: porre un limite alla perdita di carico di rete è fatto per evitare che nelle reti dove ci sono più utenze, le portate termiche delle singole utenze non siano influenzate dalla presenza delle altre utenze attive (si evita che la fiamma si spenga se ci sono accese diverse altre utenze)

TUBAZIONI

    • Polietilene
    • Acciao: uni 10255. Acciaio nero (x soluzione non interrate), zincato (non interrato) o rivestito (interrato, perché ha un effetto dielettrico grazie allo strato di polietilene).
    • Rame

ACCIAO 

  • Per tubi a vista sono accettate:
    • Saldatura
    • Filettatura
    • Compressione raccordi meccanici
  • Se sottotraccia, SOLO SALDATURA. Tutto il resto è VIETATO.
  • Non si possono usare valvole usate, se una valvola viene smontata va demolita e non riutilizzata

POLIETILENE: vanno bene solo se interrati. È un tubo che si può manomettere facilmente, vanno bene solo se si usano interrati. Oltre a essere delicato meccanicamente, è sensile agli ultravioletti, quindi se esce va riparato in una nicchia chiusa.

POSA IN OPERA
Il contatore viene messo al confine con la proprietà, perché il distributore è responsabile del contatore e viene messo al confine per evitare di pagare eventuali danni dovuti a perdite.

  • Sottotraccia: scavo con riempimento
  • Interrato: a contatto con la terra. Il tubo va messo in sabbia (non ghiaia) almeno 60 cm sotto.

Abitudine in Italia: posare i tubi sottotraccia, in una guaina estinguente, con estremità aperte in modo che se c’è una perdita esca da una delle due estremità.
G6: portata nominale 6 m3/h
Giunto dielettrico: isolare i tubi fuori terra dai tubi interrati
Giunto di transizione: pezzo ad angolo in tubo metallico rivestito in polietilene con da una parte l’attacco per il tubo in plastica e dall’altra il filetto per attaccarsi al tubo in ferro.

 

VEDERE DETTAGLIO COSTRUTTIVO  tanzi-st
Per l’esterno la norma consente di realizzare dei raccordi pinzati (solo da esterno, non da interno. Pasini: saldato è comunque meglio).
La norma impone che ci sia un punto di intercettazione in zona di pertinenza esclusiva (cioè non accessibile a chiunque): perché il pericolo (soprattutto nei condomini) è che qualcuno chiuda il rubinetto del gas, che è pericoloso. (fornello acceso, qualcuno chiude il rubinetto, si spegne la fiamma, si riapre il rubinetto, scoppio).

Una preoccupazione del normatore è che il gas vada ad accumularsi in una nicchia. Bisogna metterlo prima di tutto in guaina, poi si riempie col cemento (per evitare formazione di nicchie di gas, va sigillato col cemento)

Protezione tagliafuoco A1 (materiali incombustibili) se si passa in un garage. Può essere un tubo in metallo, oppure essere in sottotraccia.

Un altro tipo di posa, è la posa in canaletta, con una griglia esterna. Alternativa ai tubi a vista. In dettaglio giunzione graffata:

SOTTOTRACCIA

Riempimento, in superficie va messa striscia gialla e il tubo va posato almeno 60 cm sotto il piano di campagna.
Zona di posa:

Si lascia un po’ di spazio sulla parete per evitare che posando lo zoccolo si vada a colpire la tubazione sottostante.
È vietato posare tubi sottotraccia nelle zone comuni: si deve passare all’esterno.

COLLAUDO
Gli impianti a gas si collaudano con un metro di colonna d’acqua per le reti fuori terra
Si fa a 1 bar per impianti sotto traccia.

UNI PARTE 2
Il normatore teme:

  • La perdita di gas
  • L’esalazione di monossido di carbonio, dovuto a:
    • Cattiva combustione, cioè carenza di ossigeno
    • Rilascio di fumi in ambiente

Definizioni relative agli apparecchi
3.1.1 apparecchio di Tipo A1): Apparecchio non previsto per il collegamento a camino/canna fumaria o a dispositivo di evacuazione dei prodotti della combustione all'esterno del locale in cui l’apparecchio è installato. Il prelievo dell’aria comburente e l’evacuazione dei prodotti della combustione avvengono nel locale di installazione.
1) Definizione tratta dalla UNI 10642:2005, punto 3.1. UNI 7129-2:2008 © UNI Pagina 2
3.1.2 apparecchio di Tipo B2): Apparecchio previsto per il collegamento a camino/canna fumaria o a dispositivo che evacua i prodotti della combustione all'esterno del locale in cui l’apparecchio è installato. Il prelievo dell'aria comburente avviene nel locale d’installazione e l’evacuazione dei prodotti della combustione avviene all’esterno del locale stesso.
3.1.3 apparecchio di Tipo C3): Apparecchio il cui circuito di combustione (prelievo dell'aria comburente, camera di combustione, scambiatore di calore e evacuazione dei prodotti della combustione) è a tenuta rispetto al locale in cui l’apparecchio è installato. Il prelievo dell'aria comburente e l’evacuazione dei prodotti della combustione avvengono direttamente all’esterno del locale.
locale aerato: Locale dotato di dispositivi che consentono l’aerazione permanente. Tali dispositivi possono essere costituiti da:
- una o più aperture comunicanti permanentemente con l’esterno, realizzate su pareti perimetrali, serramenti o infissi;
- condotti di aerazione.
3.2.6 locale aerabile: Locale dotato di dispositivi che consentono l’aerazione su necessità. Tali dispositivi possono essere costituiti da generiche aperture apribili e comunicanti direttamente con l’esterno quali porte, finestre, portafinestre, lucernari, ecc. Si definiscono altresì aerabili i locali d’installazione dotati di più aperture (porte, finestre, aperture permanenti) non direttamente comunicanti con l’esterno, ma comunicanti con almeno due locali dotati di aperture apribili e comunicanti direttamente con l’esterno.
locale ventilato: Locale dotato di dispositivi che consentono la ventilazione (diretta o indiretta). Tali dispositivi possono essere costituiti da:
- aperture permanenti rivolte verso l’esterno, realizzate su pareti/serramenti/infissi;
- aperture permanenti rivolte verso un locale per l’aria comburente;
- condotti di ventilazione.
aerazione: Ricambio dell’aria necessaria sia per lo smaltimento dei prodotti della combustione, sia per evitare miscele con un tenore pericoloso di gas non combusti.

Incidente tipico: i fumi dalla caldaia si miscelano con l’aria ambiente (tirata dall’antirefulare) che aumenta la portata dei fumi in canna fumaria e ne abbassa la temperatura (effetto negativo).
Termostato sicurezza fumi (messo sulla cappa dell’antirefulare) quando sente freddo spegne la caldaia.
Altezza di tiraggio (dall’asse di imbocco – non quota caldaia, all’asse di sbocco) deve essere minimo 4 metri, problemi di tiraggio all’ultimo piano.
Il normatore impone di bucare i muri per evitare che l’appartamento va in depressione.

REI identifica:

  • R resistenza strutturale
  • E tenuta ai fumi
  • I isolamento termico (180° dall’altra parte della parete)

Camini a legna: consumano aria secondaria (aria ambiente + fumi). Hanno bisogno di una considerevole portata di aria, se non arriva l’aria frontalmente con una certa velocità non hanno abbastanza aria. Se il camino non ha una presa d’aria esterna tende a depressurizzare l’ambiente.
Per gli apparecchi di tipo A (fornelli) non è ammessa la cappa finta. La cappa deve essere collegata alla canna fumaria.
La canna fumaria deve avere la canna verticale con in fondo la cassetta di ispezione.
Il fornello avrà una portata termica massima di 2 kW (la caldaia invece è 25 -30 kW)

Dove abbiamo un apparecchio a gas dobbiamo sempre avere un locale ventilato (buco fisso) o ventilabile (finestra che si possa aprire).
L’unico caso in cui si può ammettere un apparecchio a gas in un locale cieco è mettere l’aspirazione sopra con una canna verticale che vada direttamente sul tetto.

Differenza tra:

  • Canna fumaria: fisso e non smontabile
  • Canale da fumo: porzione del sistema di evacuazione fumi che può essere ispezionato, smontato, pulito, cambiato.

Canna fumaria collettiva: sistemi di evacuazione atti a ricevere lo scarico di combustione di un apparecchio per ogni piano. Non più apparecchi per ogni piano, ma solo uno.

È obbligatorio scaricare i fumi a tetto, mentre lo scarico a parete senza canna fumaria è consentito SOLO per gli apparecchi NOx 5 (principalmente a condensazione) e tenendo in conto che nel caso in cui si progetti un sistema a parete in un condominio, perché indipendentemente dalle norme tecniche vige sempre il principio del codice civile per il quale non si deve dar fastidio ai confinanti. Se invece il fabbricato è isolato (monofamiliare), allora lo scarico a parete è ammesso.

APPARECCHI TIPO A
Scarico vapori, che ha gli stessi requisiti di base della canna fumaria. Il tratto di collegamento della cappa con la canna fumaria è concepito come smontabile, quindi è possibile metterlo in orizzontale e con qualche curva.
Requisiti di base:

  • Condotto verticale in cui sono accettati due spostamenti con angolo non superiore a 30° (deviazioni con angolo superiore potrebbe impedire ad eventuali materiali che cadono nella canna, di scivolare nella cassetta di ispezione e rimanere bloccati in una curva, tappando l’uscita fumi)
  • Cassetta di ispezione sul fondo
  • Imbocco
  • La quota di sbocco ha un po’ di vincoli a seconda delle prese d’aria, o eventuali lucernari
  • Materiali resistenti a T<80° e in acciaio o plastiche particolari
  • Il dimensionamento va fatto con velocità di 8-10 m/s

CANNA FUMARIA CALDAIA DIVERSA DA CANNA FUMARIA DEI VAPORI DI CUCINA. (la ventola della cucina pressurizza la canna, e se fossero  nella stessa canna fumaria degli apparecchi tipo B, i fumi scendono subito dall’antirefuleaur

APPARECCHI TIPO B
Deve avere un po’ di pendenza nel verso del flusso

  • Devono avere un tratto orizzontale non troppo lungo, con non troppe curve
  • Le canne fumarie sono in genere singole. È ammesso che ricevano i fumi da due apparecchi sono in caso: (figura 3 pagina 16 parte 3)

Casistica sorpassata…

APPARECCHI TIPO C
Nel caso di una caldaia tipo B la canna fumaria deve vincere con il tiraggio le perdite di carico della canna, del canale di fumo e quelle della caldaia.
Per una tipo C che ha il ventilatore, si considera a pressione zero l’imbocco alla canna, quindi la caldaia deve solo vincere le proprie perdite di carico. In più i fumi che escono dalla tipo C sono più caldi perché non vengono miscelati, con il risultato che la canna si può fare un po’ più piccola.
Ci sono dei software scaricabile che possono fare il calcolo di dettaglio.
La tipo B alta 4 metri ha bisogno di 15 cm.
Tipo C (altezza efficace minima di 2 m) ha bisogno di 12 cm di diametro a parità di altezza (4 m)

La caldaia a condensazione ha una temperatura dei fumi molto bassa:

  • Per cui la canna è in pressione, altrimenti non scarica i fumi
  • Bisogna scaricare la condensa, tramite un sifone (che serve per bilanciare la pressione e non mandare i fumi in fogna)
  • La condensa va scaricata in fogne acque nere, per impianti fino a 35 kW
  • Per impianti superiori a 35 kW la condensa va neutralizzata con elementi basici, affinchè la condensa acida non vada a interferire con la fogna.
  • La canna fumaria della caldaia a condensazione va messa in una controcanna più grande areata alla base. Questo perché la canna della caldaia a condensazione è in pressione e non si può installare senza la controcanna ventilata (se si buca rilascia i fumi in ambiente).
  • Sezione di sbocco laterale (per evitare che si infili un nido) e poi con canne in pressione la norma impone che la sezione di sbocco sia due volte la sezione della canna (diminuiscono le perdite concentrate) per evitare effetti di contropressione esterna.

CANNA FUMARIA
La canna fumaria può essere non solo circolare, ma anche rettangolari o ovali (non a condensazione, che si fanno solo circolari perché già piccole).
Con canne in depressione l’ingombro diventa rilevante. Le caldaie con 20 – 30 anni tipo B hanno delle canne in eternit spesso rettangolare, si può sostituire con una tre stelle tipo C, ma non si sa nulla sulla tenuta della canna fumaria vecchia di 30 anni, allora si intuba, ma non è detto che la canna circolare ci stia. Allora si può mettere rettangolare ma con alcuni vincoli, tipo spigoli arrotondati.

CLASSIFICAZIONE UNI 1443
Da fornire sul progetto:

File UNIN144300-2005:

 

CANNE COMUNI
Con le canne in pressione, qualsiasi apparecchio si attacchi alla canna ha il problema che i fumi potrebbero passare nelle caldaie spente. Per cui ogni caldaia in pressione ha la propria canna fumaria. A meno che se ne occupi il costruttore: è il caso di caldaie in modulo che hanno un collettore fumi in comune.

 

CANNE COLLETTIVE RAMIFICATE
Un apparecchio per ogni piano. Esistono per apparecchi tipo B o C ma NON per condotti in pressione. Si collega alla canna dopo aver percorso un tratto verticale. In sezione si vedono sempre due canne affiancate. Queste tipologie sono difficilmente adeguabili

Foro di compensazione (numero 3 in figura): si fa per pescare aria e aumentare la velocità dell’intera canna, è obbligatorio farlo per quando ci sono più di due tre apparecchi

 

DECRETO MINISTERO INTERNI 12 APRILE 1996 – PREVENZIONE INCENDI

(File: impianti_termici a gas VVF)

SI APPLICA: impianti termici di portata termica complessiva maggiore di 35 kW, alimentati da combustibili gassosi alla pressione massima di 0,5 bar.
Quando si applica il decreto e quando la uni?

 Più apparecchi termici alimentati a gas, di seguito denominati apparecchi, installati nello stesso locale o in locali direttamente comunicanti sono considerati come facenti parte di un unico impianto, di portata termica pari alla somma delle portate termiche dei singoli apparecchi. All’interno di una singola unità immobiliare adibita ad uso abitativo, ai fini del calcolo della portata termica complessiva, non concorrono gli apparecchi domestici di portata termica singola non superiore a 35 kW quali gli apparecchi di cottura alimenti, le stufe, caminetti, i radiatori individuali, gli scaldacqua unifamiliari, gli scaldabagno ed lavabiancheria.

  • Locali direttamente comunicanti significa tramite UNA porta, non due (due porte ci sono per esempio tra due stanze adiacenti ma collegate da un corridoio e bisogna attraversare due porte)
  • Nel caso dell’appartamento se avessi una caldaia (sotto 35 kW) + scaldabagno non si sommano le potenze. Ma se è un ufficio SI E’ SOGGETTI.

DEFINIZIONI

  • Portata termica = potenza al focale = portata * PCI
  • locale esterno: locale ubicato su spazio scoperto, anche in adiacenza all'edificio servito, purché strutturalmente separato e privo di pareti comuni. Sono considerati locali esterni anche quelli ubicati sulla copertura piana dell'edificio servito, purché privo di pareti comuni;
  • Serranda tagliafuoco:
    dispositivo di otturazione ad azionamento automatico destinato ad interrompere il flusso dell'aria nelle condotte aerotermiche ed a garantire la compartimentazione antincendio per un tempo prestabilito.

Sono componenti atti a realizzare una compartimentazione resistente al fuoco nel punto in cui il canale attraversa la struttura nel momento in cui si chiude. Se le strutture resistenti al fuoco sono attraversati dai canali ad aria nel punto in cui il canale attraversa il muro si crea un punto debole: si applicano delle serrande in lamiera con una aletta sola (le serrande normali hanno in genere più alette che ruotano sull’asse) che resiste al fuoco. La pala della serranda è normalmente chiusa, cioè una molla la tiene in posizione aperta, senza corrente si chiude. Le serrande hanno un doppio azionamento:

  • Fusibile: si arma la pala, il fusibile la tiene aperta finchè non fonde. E’ un modo sconsigliato, perché quando chiude la temperatura è già troppo elevata (70°C), è un meccanismo tardivo.
  • A magnete: comune nelle porte. Le porte tagliafuoco (soprattutto negli ospedali) sono permanentemente aperte, il magnete la tiene in posizione finchè ha corrente, quando manca la corrente si chiudono tutte le porte. Ha lo svantaggio che nel caso manchi corrente si chiudono tutte. Ciò che fa scattare i magneti è l’impianto rilevazione fumi. Due rivelatori: uno controlla la stanza sottostante, uno controlla il controsoffitto. Negli alberghi, nelle scuole, luoghi di spettacolo sono obbligatori. L’impianto rilevazione incendi è quello che decide l’alimentazione dei magneti: può controllarli tutti o un gruppo di magneti. Le serrande ad azionamento elettrico, oltre al comando remoto dall’impianto di rilevazione incendi, hanno anche un comando locale che è un termostato (e non un fusibile) a taratura fissa che quando raggiunge il valore di settaggio toglie corrente al magnete. I vigili preferiscono la soluzione magnete.
  • Serranda a motore con ritorno a molla: quando il motore è alimentato non chiude, quando il motore non ha alimentazione chiude la serranda. Quando torna la corrente la molla viene riarmata e si riapre. Se manca tensione accidentalmente le serrande non devono essere riarmate manualmente. Hanno anche queste il disgiuntore termico. Il posizionamento delle serrande è una conseguenza della scelta della compartimentazione.
  • compartimentazione antincendio: struttura resistenti al fuoco che delimitano degli ambienti rispetto ad altri. Esempio: se al posto delle porte normali ci sono delle porte tagliafuoco e se le pareti hanno caratteristiche di resistenza al fuoco possiamo dire che il locale è compartimentato rispetto all’esterno.
  • REI: stabilità strutturale, isolamento termico, resistenza ai fumi. La resistenza al fuoco si misura in minuti: 30 60 90 120 180 240. Le porte e le pareti devono avere gli stessi minuti.
  • Cuscini antifuoco: cuscini espandenti, a una certa temperatura cominciano a gonfiarsi per chiudere il buco. Si usano nelle canalette degli impianti elettrici.
  • Dichiarazione di posa in opera in base al modello fornito dai vigili del fuoco: cartaccia a corredo delle barriere.
  • Certificazione delle barriere: solo per le barriere ci vuole un documento del produttore (benestare europeo) in cui il produttore dice che la sua barriera posata in un certo modo garantisce la resistenza al fuoco di una certa categoria. In più il produttore deve dichiarare la conformità . L’installatore deve fare il disegno, posizionare le barriere (Legenda delle barriere, legenda delle strutture), scrivere specifiche, deve scrivere per ogni barriera dove le ha posate e per ognuna fare la dichiarazione di posa in opera. Vista la dichiarazione del produttore e vista la dichiarazione dell’installazione.

INSTALLAZIONE ALL’APERTO
Gli apparecchi installati all'aperto devono essere costruiti per tale tipo di installazione. E' ammessa l'installazione in adiacenza alla pareti dell'edificio servito alle seguenti condizioni:

  • la parete deve possedere caratteristiche di resistenza al fuoco almeno REI 30 ed essere realizzata con materiale di classe 0 di reazione al fuoco.
  • Altre disposizioni da leggere

Oltre alla resistenza REI, si considera la classe di rezione al fuoco: classe 0 incombustibile, classe da 1 a 5 combustibili. Il legno corrisponde alla classe 3. La classe può migliorare aggiungendo dei rivestimenti e far raggiungere la classe 1, ma la classe 0 no. Tutti i derivanti dal petrolio non può mai essere definito come incombustibile. La classe 5 è la peggiore.
Nel caso di gas con una certa densità (gpl) Gli apparecchi devono distare non meno di 5 m da:
- cavità o depressioni, poste al piano di installazione degli apparecchi;
- aperture comunicanti con locali sul piano di posa degli apparecchi o con
canalizzazioni drenanti.
La norma si occupa di due tipi di gas:

  • Gas più leggeri dell’aria: metano
  • Gas più pesanti dell’aria: gpl. Si ha particolare riguardo per il gpl perché essendo pesante fatica a diluirsi. E’ vietatissima l’installazione interrata o nelle nicchie.

LIMITAZIONI: I generatori d’aria calda sono poco graditi, perché la superficie di scambio aria fumi è ad una temperatura molto alta (più di 300°). Se ci sono delle polveri possono prendere fuoco a contatto con lo scambiatore, se non esplodere nel caso di farine e polveri di zucchero. Nei locali con un affollamento discreto si chiede che vengano installate serrande tagliafuoco:
Limitazioni per i generatori di aria calda installati all'aperto: Nel caso il generatore sia a servizio di locali di pubblico spettacolo o di locali
soggetti ad affollamento superiore a 0,4 persone/m2, deve essere installata sulla condotta dell’aria calda all’esterno dei locali serviti, una serranda
tagliafuoco di caratteristiche non inferiori a REI 30 asservita a dispositivo termico tarato a 80 °C (è una norma vecchia, il fusibile non è sicuro) o a impianto automatico di rivelazione incendio. Inoltre, nel caso in cui le lavorazioni o le concentrazioni dei materiali in deposito negli ambienti da riscaldare comportino la formazione di gas, vapori o polveri suscettibili di dare luogo ad incendi o esplosioni, non è permesso il ricircolo dell'aria. (barbaria energetica, vabbè).

UBICAZIONE:

  • Non possiamo fare una centrale termica troppo bassa: Il piano di calpestio dei locali non può essere ubicato a quota inferiore a 5 m

al di sotto del piano di riferimento. Nel caso dei locali di cui al punto 4.2.6 è ammesso che tale piano sia a quota più bassa e comunque non inferiore a -10 m dal piano di riferimento.

  • Le centrali termiche devono avere dei muri affacciati all’esterno, e non pareti minuscoli. Devo fare una parete che sia una percentuale non troppo piccola del perimetro: Almeno una parete, di lunghezza non inferiore al 15% del perimetro, deve

essere confinante con spazio scoperto o strada pubblica o privata scoperta o nel caso di locali interrati, con intercapedine ad uso esclusivo, di sezione orizzontale netta non inferiore a quella richiesta per l'aerazione e larga non meno di 0,6 m ed attestata superiormente su spazio scoperto o strada scoperta

  • Impianti gpl: è consentita l’ubicazione esclusivamente fuori terra.

 

APERTURA DI AERAZIONE
Il massimo del pericolo è considerata la sacca di gas: i locali con apparecchi a gas devono avere delle aperture per evitare che si formino sacche di gas. Il buco va fatto nel punto più alto del locale, perché il metano è un gas leggero. Evitare che ci siano delle zone a ventilazioni impedite. (c’è anche una serie di circolari esplicative che derogano la norma)
Le aperture di aerazione devono essere realizzate e collocate in modo da evitare la formazione di sacche di gas, indipendentemente dalla conformazione della copertura. Nel caso di coperture piane tali aperture devono essere realizzate nella parte più alta della parete.
Esempio classico: passaggio dalla centrale termica da gpl a gas. Se nel locale c’è una trave ribassata, che non si può bucare per fare le apertura, non si può fare la sostituzione dell’impianto. NEI LOCALI CON TRAVI RIBASSATE NON SI METTE L’IMPIANTO A GAS.
LOCALI DI INSTALLAZIONE DI APPARECCHI PER LA CLIMATIZZAZIONE DI EDIFICI ED AMBIENTI:
I locali non devono risultare sottostanti o contigui a locali di pubblico spettacolo, ad ambienti soggetti ad affollamento superiore a 0,4 persone/m2 o ai relativi sistemi di vie di uscita. Tale sottostanza o contiguità è tuttavia ammessa purché la parete confinante con spazio scoperto, strada pubblica o privata scoperta, o nel caso di locali interrati con intercapedine ad uso esclusivo, attestata superiormente su spazio scoperto o strada scoperta, si estenda per una lunghezza non inferiore al 20% del perimetro e la pressione di esercizio non superiori 0,04 bar
CARATTERISTICHE COSTRUTTIVE
Le strutture portanti devono possedere i requisiti di resistenza al fuoco non
inferiore a R 120, quelle di separazione da altri ambienti non inferiore a REI
120. Le strutture devono essere realizzate con materiale di classe 0 di reazione.
Nel caso di apparecchi di portata termica complessiva inferiore a 116 kW è
ammesso che tali caratteristiche siano ridotte a R60 e REI 60.

fino a 116 kW -> R60 delle strutture portanti (cioè muro che divide il locale dall’esterno). Se le pareti sono portanti e separanti (cioè muro che divide il  locale da altri locali) devono essere REI 60. Se il muro non ha funzione portante è solo EI.

Ferme restando le limitazioni di cui al punto 4.2.4. l’altezza del locale di installazione deve rispettare le seguenti misure minime, in funzione della portata termica complessiva:
- non superiore a 116 kW: 2,00 m;
- superiore a 116 kW e sino a 350 kW: 2,30 m;
- superiore a 350 kW e sino a 580 kW: 2,60 m;
- superiore a 580 kW: 2,90 m.

In caso di locali sottostanti o contigui a locali di pubblico spettacolo o soggetti ad affollamento superiore a 0, 4 persone/ m2 o ai relativi sistemi di via di uscita, l’apertura di aerazione si deve estendere a filo del soffitto…..bla bla
morale: Se abbiamo una centrale termica a gas ci si deve sforzare di non metterla di fianco a locali dove ci sia affollamento, ci sono troppi vincoli.

ACCESSO
Molto importante: l’accesso, le pareti e le porte, la resistenza e la classe di reazione sono di competenza del termotecnico, non dello strutturista. È il termotecnico che deve controllare la conformità del locale centrale.
L’accesso può avvenire dall’esterno da:
- spazio scoperto;
- strada pubblica o privata scoperta;
- porticati;
- intercapedine antincendio di larghezza non inferiore a 0,9 m;
oppure dall’interno tramite disimpegno, realizzato in modo da evitare la formazione di sacche di gas, ed avente le seguenti caratteristiche:
a) impianti di portata termica non superiore a 116 kW: resistenza al fuoco della struttura REI 30 e con porte REI 30;
b) impianti di portata termica superiore a 116 kW:
- superficie netta minima di 2 mq;
- resistenza al fuoco della struttura REI 60 e con porte REI 60;
- aerazione a mezzo di aperture di superficie complessiva non inferiore a 0,5 m2 realizzate su parete attestata su spazio scoperto, strada pubblica o privata scoperta, intercapedine.

PORTE: Leggere con attenzione il paragrafo delle porte.
Le porte dei locali e dei disimpegni devono:
- essere apribili verso l’esterno e munite di congegno di autochiusura, di altezza minima di 2 m e larghezza minima 0,6 m. Per impianti con portata termica complessiva inferiore a 116 kW il senso di apertura delle porte non è
vincolato.
- possedere caratteristiche di resistenza al fuoco non inferiori a REI 60 o REI 30, per impianti di portata termica rispettivamente superiore e non a 116 kW. Alle porte di accesso diretto da spazio scoperto, strada pubblica o
privata, scoperta, o da intercapedine antincendio non è richiesto tale requisito, purché siano in materiale di classe 0 di reazione al fuoco.

Il paragrafo 4.5.3 è sorpassato dal DM 31 marzo 2003:
Tutti i canali devono essere incombustibili.
File: DM canali.doc
Fiera: l’isolamento sono lane polimeriche, derivate dal petrolio e quindi combustibili.
Nel caso di condotte preisolate, realizzate con diversi componenti tra loro stratificati di cui almeno uno con funzione isolante, è ammessa la classe di reazione al fuoco 0-1 (zero-uno, cioè zero l’acciaio di rivestimento del canale, 1 il materiale isolante). Detta condizione si intende rispettata quando tutte le superfici del manufatto, in condizione d'uso, sono realizzate con materiale incombustibile (in genere alluminio e acciaio) di spessore non inferiore a 0,08 millimetri e sono in grado di assicurare, anche nel tempo, la continuità di protezione del componente isolante interno, di classe di reazione al fuoco non superiore ad 1 (uno).
FLESSIBILI: I terminali si possono collegare ai terminali ma la cui lunghezza non è superiore a 5 volte il diametro del raccordo stesso, sono realizzati in materiale di classe di reazione al fuoco 0 (zero), 0-1 (zero-uno), 1-0 (uno-zero), 1-1 (uno-uno) o 1 (uno).
Sistemi pal: bisogna prestare attenzione che abbia la certificazione di resistenza al fuoco perché potrebbe essere non idoneo per la prevenzione incendi e comunque è scadente dal punto di vista acustico.

Le condotte non possono attraversare luoghi sicuri.
Definizione di luogo sicuro: è l’esterno, oppure è un locale o un insieme di locali separati dai locali pericolosi con strutture di resistenza al fuoco.
Definizione filtro al fumo: è un locale con strutture resistenti al fuoco e porte tagliafuoco dotato di strutture di aerazione (ventilato direttamente dall’esterno) con certe caratteristiche.
Nel disegno, il locale 1 è sicuro rispetto al locale 2 e viceversa perché entrambi danno sull’esterno e hanno pareti resistenti al fuoco e porte rei. Oppure sono sempre un luogo sicuro se il locale interno adiacente è un filtro.

 

Le scale del dipartimento sono un luogo sicuro, perché sono separati da un filtro.
Scala a prova di fumo interna: cioè scale separate dai locali serviti da un filtro aerato. Le porte aperte sono comandate dai magneti collegati all’impianto di rilevazione incendi.

Il canale non può attraversare il locale sicuro. In realtà c’è un’alternativa: l’attraversamento può esserci solo se il canale è rivestito con barriere tagliafuoco
L’attraversamento dei soprarichiamati locali può tuttavia essere ammesso se le condotte o le strutture che le racchiudono hanno una resistenza al fuoco non inferiore alla classe del locale attraversato ed in ogni caso non inferiore a REI 30.
Perché se ha il rivestimento è come se non ci fosse. Quindi ci può stare.

TUBI
Acciaio e rame in qualsiasi situazione, il polietilene solo per soluzioni interrate.
E’ imposto che i tubi del gas nel locale impianti termici devono essere a vista.
Tutti gli impianti sopra i 35 kW hanno tubi o interrati o a vista.
All’esterno dei locali di installazione degli apparecchi deve essere installata, sulla tubazione di adduzione del gas, in posizione visibile e facilmente raggiungibile una valvola di intercettazione manuale con manovra a chiusura rapida per rotazione di 90° ed arresti di fine corsa nelle posizioni di tutto aperto e di tutto chiuso. In genere si usano valvole a farfalla.
In più quando un tubo del gas attraversa un muro esterno in ingresso, oltre alla valvola di intercettazione, nel muro ci deve essere un controtubo sigillato dal lato interno, in modo che se c’è un perdita, questa esce dal lato esterno grazie al controtubo.
In generale quando si mette un tubo del gas in un vano nascosto (resistente al fuoco) è imposto che le giunzioni non siano filettate ma saldate (un po’ come i tubi sottotraccia). Mentre i tubi a vista sia all’interno che all’esterno sono in genere filettati.
Infine ci va un estintore.

Le differenze principali con la uni sono:

  • Tubi rigorosamente a vista in centrale
  • Valvola di intercettazione
  • Per quanto riguarda il locale della centrale ci sono grosse differenze: Areazione, altezza del locale, strutture resistenti al fuoco

Per individuare la resistenza al fuoco delle strutture esiste un decreto 16/02/2007 con delle tabelle:
(file: DM 16 02 2007 – allegati.doc) pagina 11
Ad esempio pag 11: caso delle murature non portanti in blocchi in laterizio
Dalla tabella si ricava che per le strutture non portanti, per avere una classe EI 60 (senza R perché non è portante):


Serve uno spessore copriferro: con l’aumentare della temperatura, il ferro non fa in tempo a fondere perché la temperatura non supera i 1200°C ma ha un calo delle prestazioni meccaniche, in particolare raggiunge prima il carico di snervamento. Le combinazioni di carico a freddo sono ridondanti. La combinazione di carico in caso di incendio, non è aggiuntiva rispetto al caso peggiore, ma è un 30% in meno critica rispetto alla combinazione a freddo. Temperatura critica della struttura.
L’intonaco conta cautelativamente come il calcestruzzo, dal punto di vista della conduttività.

curva standard

 

EDIFICI SCOLASTICI
File: edifici_scolastici.pdf (è in un file zip: norme-scuole)
Definizione Scala protetta: scala perimetrata con strutture resistente al fuoco i cui c’è una porta resistente al fuoco che dà accesso ad ogni piano dell’edificio. Invece le scale a prova di fumo sono quelle separate anche dal filtro oltre che dalla porta tagliafuoco.
In genere le scuole non devono comunicare con altre attività soggetta a prevenzione incendi, non ci devono essere porte.
In generale un fabbricato più è alto più è a rischio.
Compartimentazione: cercare di confinare un possibile incendio. Quando il fabbricato è basso sono accettati compartimenti più grandi.
Tutte le scuole sopra le cento persone devono avere due scale.

 

DPR 1 8 2011 n 151 Prev_incendi- comm.pdf
ELENCO DELLE ATTIVITA’ SOGGETTE ALLE VISITE E AI CONTROLLI DI PREVENZIONE INCENDI
Numero 74 Tabella: Impianti per la produzione di calore alimentati a combustibile solido, liquido o gassoso con potenzialità superiore a 116 kW

UNI 10779

È una norma che si applica per le attività senza specifica normativa: per esempio per le scuole non si applica perché c’è già il decreto.
Nell’impianto antincendio l’obiettivo è proteggere tutta l’area: installare un numero adeguato di apparecchi in modo che tutto le parti del fabbricato possano essere raggiunti con almeno una lancia. Una ipotesi cautelativa è considerare di arrivare con l’idrante in qualunque punto del fabbricato, ipotesi meno cautelativa si considera anche il lancio del getto (ma le norme per sicurezza impongono di considerare massimo 5 metri).
Per informazione  guardare il sito http://www.bocciolone.com/
Altezza antincendio: Altezza massima misurata dal livello inferiore dell’apertura più alta dell’ultimo piano abitabile e/o agibile, escluse quelle dei vani tecnici, al livello del piano esterno più basso. (serve per sapere le misure dell’autoscala dei vigili)
Bar relativi -> è un Dp = pressione - p0 (atmosferica)

  • Naspi uni 25 (attacco da un pollice): contenitore con lastra trasparente safe crash, tamburo con tubo semirigido, valvola di intercettazione, lancia. Lunghezza massima ammessa dalle norme è di 30 metri. Diametro dell’ugello se normale è 7 mm portata 35 l/min 2 bar, se ad alta portata 9 mm 60 l/min 3 bar
  • Idranti uni 45: ha l’ugello di diametro 12 mm, ha una manichetta in tela gommata, hanno più portate, ed è più facile che si pieghi.

Il 12 mm da 2 bar, ha la portata di 150 l/min convenzionalmente battezzata a 120 l/min. Attacco 1” e ½.
Non può avere una lunghezza maggiore di 20 m.
La lunghezza massima è importante perché gli idranti hanno più componenti del naspo

  • Idranti uni 70: ha diametro ugello 16 mm. La cassetta, gli ugelli, i tubi sono più grandi. 300 l/min a 3 bar. Sono pensati esclusivamente per la protezione esterna, per raffreddare dall’esterno un fabbricato che sta bruciando, raffredda le pareti e la copertura.
  • Attacchi autopompa: è un attacco a spingere. Serve affinché l’autopompa dei vigili arrivi e pressurizzi la rete del fabbricato con la pompa dei vigili e con l’acqua del serbatoio dell’autopompa. Arrivano e spingono l’acqua dentro la rete per pressurizzarla: è fondamentale per i fabbricati alti.

Per l’ugello vale il teorema di bernoulli:

P2-P1 + r (v2-v1)/2 + rg(h2-h1) = 0
P1= atmosferica, in bar relativi è zero
V2= bassa velocità di trasporto, 1 m/s

  • v12/2=p2/r

con pressione 2 bar: v2/2 = 2×105 / 1000 -> v2 = 400
la velocità teorica di uscita è v=20 m/s
portata se diametro 7 mm: Q = (7×10-3)2×π/4 = 46 l/min (con le perdite all’ugello 35)
la velocità all’ingresso dell’ugello è di 1-2 m/s ma ha una pressione di alimentazione di 2 bar.
L’ugello in realtà è un convergente, è un tronco di cono.
Tutti gli ugelli hanno una valvola con funzione di intercettazione e con una funzione di regolare il getto (frazionato o pieno, cioè largo o stretto)
CALCOLO SPINTA
La forza di rinculo è proporzionale al prodotto della portata per la velocità
F= m*vout = 35/60*20 = 10 N (pochissimo per uni 25, invece per uni 70 sono 125 N)

Con l’acquedotto, a patto che abbia la taglia idonea, normalmente si riesce ad alimentare fabbricati bassi (piano terra e primo piano) a cassette che hanno bisogno all’idrante più sfavorito di 2 bar. Normalmente non si riesce ad alimentare gli uni 70. A Bovisa la pressione di consegna è meno di 3.5 bar, si perde qualche metro nel disconnettore, perdite della rete, vincolo di quota, se si arriva a una quota di 3 metri si perdono 0.3 bar. Se non ci si arriva con l’acquedotto serve l’impianto di pompaggio e la vasca di accumulo.

 

Tutti i componenti sono a Pn 12, il che vuol dire che per i tubi in acciaio filettati serve la serie media (e non leggera) della uni 10255

  • Girella femmina, con attacco dei vigili maschio. È un filetto a passo grande, è un filetto vvf, ad azionamento rapido. Valvola di azionamento rapido: con pochi giri si apre. Anche le valvole delle cassette interne sono così.
  • Valvola di sicurezza che impedisce all’autopompa dei vigili di superare i 12 bar
  • Nel momento in cui pressurizzano, la 3 va chiusa, infatti normalmente è aperta perché va svuotato in inverno perché non geli
  • Valvola di non ritorno
  • boh
  • Rete che va in pressione
  • Aprono il rubinetto: la rete si pressurizza

 

Idrante soprasuolo: la manichetta, l’ugello sono contenuti in una cassetta a fianco dell’idrante rosso. Quando è chiuso c’è un otturatore che lo chiude dall’alto. Hanno un vantaggio: è antigelo per sua natura. Perché hanno un foro vicino al tappo dell’otturatore. I due attacchi laterali sono uni70. I tubi della rete vanno almeno 80 cm sotto terra.
Invece negli idranti uni 70 normali, il pezzo di tubo dopo il n.4 (valvola non ritorno) potrebbe gelare se non è interrata.

 

Si può fare l’attacco autopompa con la colonnina soprasuolo:

 

ASPIRA E SPINGI: si fa un punto per il riempimento dell’autopompa dei vigili, il DN 125 di sinistra è solo lo spillamento dall’acquedotto per lo riempimento della cisterna con l’attacco aspirazione.

IDRANTE SOTTOSUOLO: si usa in alternativa alla colonnina, per esempio in zone di transito. Ha un pozzetto ovale (è solo tipico dell’idrante sottosuolo), ha una cassetta per estrarre il pozzetto, l’ugello, la manichetta e collo d’oca.

TUBAZIONI: interrati in polietilene ad alta densità di Pn 12 bar. Per tutti i casi di installazione non interrato, tubi di acciaio zincato (la filiera zinca fino al 4 pollici e vengono saldati). Quando si parla di reti interrate, si parla di reti esterne a quota meno 80 cm, per evitare che il polietilene peggiori le caratteristiche meccaniche (il polietilene a 50° e Pn 5). Se si pensa ci sia il rischio di alte temperature si fa il tubo in acciaio, catramato o con rivestimento in polietilene.
Se un tubo metallico per l’acqua buca una parete resistenza al fuoco, un semplice materiale tumescente non è sufficiente (va bene invece per tubi in plastica). Se una parete REI è attraversata da un tubo d’acciaio, la parete non è più REI perché il tubo è conduttore. Basta ripristinare la I, per cui il tubo dalla parte dove non c’è l’incendio non deve raggiungere i 140°C. Si deve isolare da una parte e dall’altra almeno 0.5 m con materiali non plastici. Il tubo va sigillato sul muro con una malta antifuoco.

Si devono posizionare, per ogni compartimento, un certo numero di valvole di intercettazione tali che in caso di manutenzione si garantisce almeno il 50% degli idranti o naspi del compartimento (non dell’intero impianto)
Idranti esterni: non più di 60 metri l’uno dall’altro e tra i 5 e i 10 metri di distanza dal fabbricato. Minimo 5 metri perché l’edificio può crollare addosso all’utente o all’idrante stesso. 
ATTACCO AUTOPOMPA IN LINEA
Contatore (dopo il contatore VALVOLA DI RITEGNO sennò pressurizzo l’acquedotto)
Manometro
Idrante di mandata
Valvola ritegno: quando pressurizzo, pressurizzo solo sull’impianto altrimenti spingiamo sull’acquedotto
Valvola Intercettazione
Valvola di Sicurezza
Idrante di spinta

 

PROGETTAZIONE RETE IDRICA

  • Posizionare gli idranti dove sono necessari
  • Indicare quanto protegge, tenendo conto degli ingombri. È cautelativo immaginare dei percorsi ortogonali. Cioè si immagina che l’area coperta non sia un cerchio di raggio 20, ma che l’area sia un quadrato di diagonale 40 (il quadrato è inscritto nel cerchio di raggio 20)

CONTEMPORANEITA’
Impianti in linea: gli ultimi tre devono funzionare in contemporanea.
Anello: l’anello si divide in due e il diametro è uguale
La contemporaneità è per ogni compartimento, non per fabbricato.
Il tempo di funzionamento conta solo se ci sono le vasche, perché se siamo allacciati all’acquedotto funziona continuamente.
Il più esigente tra compartimenti interni e protezione esterna determina il diametro dell’anello.
Anello: su metà anello ho metà portata, essendo lunghi uguali, la pressione è uguale, il caso più sfortunato è quindi il punto che rende uguali i due percorsi, cioè quello più lontano dall’erogazione.
Per collaudare si usa una lancia strumentata: si usa un manometro su cui si legge la pressione e con una formula si calcola la portata. Ma gli impianti quasi mai hanno l’attacco per il manometro allora si usa una lancia che ha un manometro sull’ingresso dell’ugello e con un grafico si ricava la portata.
Si tiene in conto dell’effetto geodetico: se l’ultimo piano porta 120, il piano inferiore che è 0,2 bar in più, di portata è il 10% in più. E poi si stima un 10% delle portate parassite. La sensibilità della portata alla variazione della pressione di alimentazione è piccola. Le vasche vanno dimensionate sulla portata vera, non su quella teorica. Una stima della portata vera è da fare.

LIVELLI DI RISCHIO

  • LIVELLO 1: Attività non soggetti ai controlli dei vigili: casi a basso rischio e che non fanno parte dell’elenco della 151/2001
  • LIVELLO 2: attività soggette. 
  • LIVELLO 3 situazioni particolarmente pericolose, con depositi di vernici o elastomeri

 

 

Sistema di surpressione: ha una centrale di pompaggio che esce non dalla vasca ma dall’acquedotto. Se le pompe sono ferme, l’acqua passa dal bypass, altrimenti dalla pompa. Si cerca di evitare perché se l’acquedotto è di dimensioni piccole possono mandare in depressione l’acquedotto causando anche dei danni. Si usa solo per le scuole.

 

DISCONNETTORE
Ha la funzione di valvola di ritegno, ma è più sicuro: composto da due valvole di ritegno con una camera d’aria in mezzo per preservare dal punto di vista igienico l’acquedotto, perché l’acqua dell’impianto antincendio è stagnante, può costituire un inquinante batterico.
PRESSOSTATO D’ALLARME
Nel caso in cui l’acquedotto non abbia la pressione idonea, avverte l’utente che la rete non è alimentata con un allarme. L’utente può provvedere dei piani alternativo, come l’affitto di un serbatoio con un sistema di pressurizzazione temporaneo. Il pressostato va messo lato acquedotto, prima del disconnettore, non lato impianto dopo il disconnettore.
POMPA JOKEY: tiene in pressione la rete antincendio, ma non è molto performante. Quando la pressione scende si avviano altre due pompe: una motopompa e una elettropompa.
SISTEMI SPRINKLE – UNI 12845: capitoli 8 9 10
Erogatori con fusibili ad alcol: si rompono a 60° / 70° C concepiti per i magazzini o navi. Quando si raggiunge la temperatura di rottura, parte il sistema di pompaggio. Per le norme, ci sono poche attività per le quali è obbligatorio installare l’impianto sprinkler, vengono installati più per sicurezza. C’è anche un impianto a secco che sono comandati dall’impianto antincendio, fa aprire una elettrovalvola.
La normativa è importante perché fissa i criteri per la progettazione del gruppo di pompaggio, che non si applica solo agli sprinkler.
L’impianto sprinkler ha una valvola d’allarme collegata ad una sirena ad acqua: quando viene percorsa dall’acqua ha una turbina che aziona un martelletto che dà l’allarme. Poi c’è un attacco autopompa per pressurizzare l’impianto sprinkler. L’autopompa ha un motore diesel.
Le pompe devono essere sottobattente, ma devono essere più alte del minimo livello. Le pompe sono sempre messe in un locale affiancato alla vasca, che non si mettono fuori terra, per evitare il gelo. (esempio-progetti\centrale pompe-st.dwg) la canna fumaria della motopompa deve essere almeno 3 metri sopra il piano di campagna (fumi a 550°C) per evitare ustioni.
Deve avere un motore elettrico tale che anche nel caso dovesse lavorare in condizioni non nominali non deve bruciare.

Impianti a fancoil e aria primaria

Fancoil a cassetta, a parete alta/bassa, a incasso, con valvola 3 vie per evitare la condensa, con regolazione portata aria e acqua.
Fancoil a parete bassa (mobiletto) file: ifcxti.pdf
I dati forniti a pag 12 non sono di particolare interesse: perché i dati sono forniti ad una temperatura ingresso acqua a 50°C (con le pompe di calore è di meno) e sono forniti alla velocità massima del fancoil che non va bene per installazioni da terziario e men che meno residenziale. Inoltre i dati di potenza sensibile  e latente è fornita ad una temperatura di bulbo secco di 27°C (che non è la temperatura a cui si progetta, è alta), poi non si progetta con l’acqua a 7°C perché è una temperatura di riferimento, ma nella media del funzionamento degli impianti non c’è. In certi momenti c’è effettivamente l’acqua a 7°C ma è una temperatura critica, è meglio scegliere 8°C o 9°C.
Il progettista fa una tabellina in cui individua i dati principali di calcolo in base al modello scelto e in base alle sue condizioni di progetto:

  • Temperatura acqua
  • Velocità ventilatore
  • Portata acqua

Esempio:
potenza estate  1000 frigorie / ora: mi servono 200
potenza inverno 1200 calorie/ora: mi servono 240
se l’impianto non consente di scegliere la pompa (perché si sceglie la macchina) se è esuberante bene, se la pompa è scarsa si adegua l’impianto alla caldaia.

 

In campo libero una potenza sonora di 44 dB dà una pressione sonora di 36 dB in campo libero. Il dato più significativo cmq è il dato di potenza sonora.
Con aria primaria l’umidità relativa viene limitata e non controllata (carico latente è il 30% del carico sensibile). Compiti dell’aria primaria: rinnovare l’aria e ridurre umidità.
…..(pausa abbiocco rientro alle 15.33)

  • Si può alimentare il fancoil  a 12 – 17 °C, tenendolo a temperatura alta non deumidifica, ma la potenza sensibile resa cala del 30% e devo avere fancoil più grossi e rumorosi
  • Alimento a 8-13 ho maggiore potenza resa (sensibile) e posso prendere fancoil più piccoli e l’ambiente è più secco.

I fancoil possono abbassare la portata (la retta di deumidificazione sul diagramma psicrometrico si inclina di più e il fancoil deumidifica di più raffreddando poco).
D’Inverno si fa a temperatura costante: si può compensare ma 35°C è proprio una temperatura minima di mandata e per semplicità si fa temperatura fissa perché si ha poco vantaggio dalla compensazione. D’estate si manda a 7-12 per deumidificare
Dalla uni 10339:

  • ricambio di 11 litri/secondo/persona sono circa 40 m3/ora/persona
  • Bagni 8 volumi/ora il volume è solo il locale bagno, non antibagno
  • Caratteristiche minime di filtrazione da rispettare
  • Tinverno=20°C  Testate=26°C
  • UR inverno= 40%; UR estate=60%
  • Condizioni esterne di progetto…
  • Indice di affollamento per ufficio open space ns=0.12 persone/mq (si consiglia di usare questi valori di norma, perché non si sa quanti dipendenti andranno)
  • Se ho solo ventilazione i numeri sono questi.
    Se invece vogliamo controllare l’umidità si usa il diagramma psicrometrico:
    • X estate interna (32°C 60%) =12,7 g vapore/kg aria secca
    • X estate esterna (32°C 50%) = 15 g/Kg
    • X inverno interno (20°C 40%) = 5.8 g/kg
    • X inverno esterna( -5°C 80%) = 1,5
  • Q sensibile per persona = 84 W/persona
  • Q latente = 48 W/persona ma  1 kW = 860 kcal/h -> 48 W = 41,3 kcal/h
    calore latente di evaporazione = 550 kcal/kg -> (41.3 kcal/h)/(550 kcal/kg)*(1000 g/kg)= 78 g/h prodotti da ogni persona

Che sono circa 2 grammi al m3: 78 (g/h) /40 (mc/h) = 2 g/mc dove 40 sono ricambi per uffici open space
Dobbiamo realizzare una trasformazione dove il delta x tra ambiente e aria di mandata è Dx= (78 g/h)/ (40 m3/h)*0.85 (kg/m3 densità)=1.6
X(h-este)= 12.7-1.6=11.1 g/kg.
Il fattore di bypass di batteria è una gran cagata… - cit. Pasini
Se c’è aria primaria ci sono almeno 6-7 ranghi di batteria, la condizioni di uscita dell’aria di batteria sono di 16°C con il 97% oppure di 17°C con il 90% (oppure 15°C con 95%). Avendo una portata per persona grande (40m3/persona) (condizione minima da 20 m3/persona a ..) quando ci sono poche persone si dà una portata d’aria si dà aria proporzionalmente, quando ce ne sono tante si dà più aria di quella proporzionale
Se tratto poca aria devo raffreddare di più.

 

  • BILANCIO UMIDITÀ  DELL’ARIA

Quando abbiamo poco ricambio d’aria per persona (5 litri e mezzo a persona) bisogna alzare al massimo (60%) l’umidità relativa di progetto, per massimizzare il Dx, per soddisfare il bilancio:
Qp : portata di ricambio per persona (mc/pp)
r : densità dell’aria
BILANCIO:  Qp.Dx.r= Lp (g/h produzione di vapore per persona)
Il Dx  è limitato dalla temperatura dell’acqua gelida. Quando si ha il Qp grande ci il Dx piccolo. Ma quando abbiamo Qp piccolo, Dx serve grande.
Le portate di ricambio sono fissate dalle uni

  • CONDIZIONI DI TEMPERATURA DI USCITA DALLA UTA

ARIA PRIMARIA: ha due compiti, garantire la ventilazione (qualità dell’aria) e limitare dell’umidità nel tempo. È tutta aria esterna, non c’è aria di ricircolo. Per definizione l’impianto ad aria primaria immette in ambiente il 100% dell’aria esterna, opportunamente trattata per raggiungere le condizioni di progetto.
Come gestire la temperatura?

  • Soluzione 1: Post riscaldiamo fino alla temperatura ambiente. Raffreddo per deumidificare, post riscaldo per riportare alla situazione ambiente, e poi raffreddo con i fancoil (brutale energeticamente, voglio immettere aria neutra)
  • Soluzione 2: controlliamo l’umidità.
  • Soluzione 3: si fa una pregestione della temperatura di saturazione (a valle della batteria di umidificazione) un po’ più alta di quella di progetto (se calcolata a 17 si mette a 19°). Se l’umidità relativa misurata dalla sonda in ripresa, che sarà la media dei locali serviti: nel momento in cui è più alta del setpoint (per esempio fissiamo il limite massimo al 60%) allora il set della temperatura di saturazione si abbassa (18°C poi 17°C..) la valvola della batteria fredda apre di più, la saturazione si abbassa. Anche con diffusori scadenti mandare aria più fredda non è un problema, perché è pochissima l’aria mandata. Conseguenze: potrebbero esserci temperature esterne fredde anche in stagioni estive, potrebbe capitare una mattina a 18°C (il fancoil 2 tubi se è in regime estivo non può scaldare. Negli impianti a 4 tubi, ci sono 2 valvole motorizzate remote per ogni fancoil, se si ha una quantità notevole, centinaia, di valvole motorizzate remote se una funziona male è difficile capire cosa succede. Il 4 tubi si usa solo in casi eccezionali). Se capita una mattina a 18°C aria esterna, potrebbe esserci una stanza a nord che non ha bisogno di essere raffrescato, quindi anche quel poco di aria fredda che si manda causa un sovra raffreddamento locale (mentre magari il locale a sud ha bisogno di essere raffrescato). Allora si fa una mandata compensata: si manda molto freddo quando fuori c’è molto caldo, e poco freddo quando fuori c’è poco caldo (simile alla sonda invernale). Se abbiamo la batteria fredda gestita sull’umidità di ripresa, e voglio un controllo sulla temperatura devo anche avere  una batteria calda per quei pochi giorni in cui la temperatura esterna è bassa e si ha bisogno di poco carico. Si gestisce la batteria calda di post con un circuito proprio a parte con valvola miscelatrice dove la sonda misura la temperatura di mandata (e non più ripresa). La gestione della batteria calda è svincolata da quella fredda. Si evita così il sottoraffreddamento dei locali con meno carichi. (stiamo parlando di batterie nelle UTA). Per controllare davvero l’umidità, si usano due fluidi. Potrebbe capitare che quando fuori fa 18°C il chiller non funziona (non manda acqua gelida) e non manda neanche acqua calda (il chiller in genere ha lato condensatore uno scambiatore ad aria, ma si può sfruttare la parte del desurriscaldamento per scaldare dell’acqua che poi può essere usata per il post riscaldamento, anche se non si può fare troppo affidamento per l’acqua calda, perché il calore disponibile non è tanto), quindi la batteria di post riscaldamento non scalda l’acqua. Se la sonda in mandata si accorge che l’acqua gira ma non riscalda, allora si lascia perdere la gestione dell’umidità della batteria fredda, per non mandare aria fredda.
  • Normalmente quando si immettono 0,8 volumi/h (pochissima) si fa la mandata negli uffici e la ripresa (minore della mandata) dai bagni per mantenere ideologicamente il fabbricato in sovrapressione (in realtà per fare 5 Pa di sovrapressione bisogna mandare 5-6 volumi h)
  • Per attività a basso affollamento (uffici: 0.08 persone / mquadro) immetto 40 m3/persona (cioè 1 vol/h per uffici singoli, e 1,5 vol/h per uffici multipli). Un locale tipo ha una portata necessaria per garantire le condizioni di progetto durante il picco estivo dai 6 ai 10 volumi/ora. Con l’aria primaria quindi non si riesce a fare il sensibile, perché l’aria primaria è pochissima rispetto al necessario per soddisfare il carico sensibile, infatti ci si mette il fancoil.
  • Misuriamo l’umidità relativa in estrazione, quando supera il setpoint, c’è un segnale che abbassa la saturazione all’uscita della batteria fredda. (temperatura di saturazione a valle della batteria fredda)

    GESTIONE TEMPERATURA IN INVERNO:
  • La mandata della uta si può gestire con l’aria neutra, oppure
  • Mandata compensata: quando fa più freddo mando più caldo
  • Problema invernale del troppo caldo, nel caso di locali ciechi che non disperdono: in questo caso si preferisce la soluzione dell’aria neutra, oppure anche a temperature leggermente inferiori. Quando si hanno tutti i locali che disperdono va bene la logica compensata, sempre facendo attenzione di non surriscaldare dei locali.


Trasformazione invernale:
- 1->2 retta orizzontale da Test=-5°C a T=30°C
- 2->3 umidificazione isoentalpica fino alla temperatura ambiente di 20 °C, richiede una efficienza di umidificazione del 40-50%: rapporto di incremento di umidità dell’aria, con l’incremento di umidità se andassimo sulla curva di saturazione (rapporto di Dx)
D’inverno si usa una batteria sola, d’estate due.
Nel caso di doppia batteria, serve una efficienza di umidificazione maggiore, la trasformazione seguita prevede riscaldamento + umidificazione + post riscaldamento (invece con batteria singola si fa solo riscaldamento + umidificazione)

PACCO EVAPORANTE: Parallelepipedi a nido d’ape, permeabile all’aria, c’è molta superficie di scambio dove l’aria riceve l’acqua. C’è una pompa che bagna il pacco dall’alto e lavora in ricircolo. Si fa anche uno spurgo, mettendo una valvola sulla mandata, che elimina parte del flusso. Problema legionella: si possono mettere dei disinfettanti o antialghe. Si possono anche evitare le pompe, usando acqua a perdere. Oppure si umidifica a vapore (energeticamente è uno spreco). Con acqua a perdere è meglio usare un pacco spesso (i pacchi hanno dimensioni dai 10 cm in su di spessore)

Esempio aula scolastica:
60 persone * 25 m3/h = 1500 m3/h (7,5 volumi/h) a cui aggiungere una quota di ricircolo di almeno la metà.
L’influenza delle condizioni di mandata sul locale sono importanti (non sono più gli 0.8 volumi) si corre il rischio di scaldare troppo o poco e si dovrebbe mandare aria neutra (raffreddo, riscaldo e ri raffreddo - spreco). In questi casi di locali molto affollati non si usano aria primaria più fancoil, ma impianti tutt’aria.

DIMENSIONAMENTO FANCOIL
Criterio di dimensionamento: velocità dell’aria, temperatura alimentazione. Ai fancoil è demandato il controllo della temperatura ambiente, quindi tutto il carico sensibile, e nel caso si dimensionano a 12-17 non ci sono carichi aggiuntivi da fornire, nel caso si tiene in conto che per gli impianti che non controllano l’umidità il fancoil è in grado di togliere un valore di calore latente pari al 30% del valore sensibile (deve però funzionare a 7-12 o 8-13). Se invece si controlla l’umidità allora il fancoil può funzionare:

  • 12-17: la uta ha il compito di abbattere l’umidità, perché il fancoil non deumidifica
  • Oppure tenere la temperatura più bassa e considerare che un po’ di latente la fa l’uta e un po’ la il fancoil.

La pompa di calore riesce a gestire anche la caldaia , ma il fancoil deve spegnersi quando la pompa di centrale non funzionano, e lo stesso per la commutazione estate/inverno.

GESTIONE UTA

ORGANI DI REGOLAZIONE
Tutte le aziende che producono logiche di regolazione per le uta hanno più o meno le stesse logiche per le taglie medio-piccole. Per impianti di grade taglia si fa la tele gestione. Quindi per gli impianti piccoli la logica di gestione deve essere compatibile con gli organi classici di regolazione: tipicamente valvola miscelatrice, servomotore per serrande modulari oppure on/off, sonda temperatura, sonda antigelo, elettrovalvole, sonde di pressione differenziale…ecc.

  • Pompa di calore autonoma nella gestione pdc + caldaia
  • Fancoil hanno dei termostati
  • Recuperatore con regolatore (esempio: N3101.pdf)

Nella cartella “Sabiana” oppure “CTS-OLD” c’è un programmino con password per centrali di trattamento aria. Più affidabile quello della Sital clima.
Circuiti batteria: una batteria è una serie di  tubi in serie e in parallelo, con due collettori. il tubino che va dal collettore di mandata al collettore di ritorno, facendo un percorso attraverso la batteria si chiama circuito. Il numero di circuiti della batteria influisce sulle perdite di carico lato acqua, non sulle prestazioni.

Il chiller è dimensionato sulla potenza massima contemporanea. Avrà una portata pari alla somma delle potenze a salto 5.
Le portate ai terminali e le portate ai chiller sono diverse l’una dall’altra.
Le portate di impianto sono chiare: portata estiva e portata invernale se il sistema è a due tubi si sceglie la massima delle due. Nulla vieta di usare per i terminali un gruppo di pompe estive e un gruppo di pompe invernali.
Lato chiller: la macchina è dimensionata su delle potenze più piccole (almeno per il caso estivo), tipicamente il 30% in meno del lato impianto. In mezzo al circuito primario (chiller) e al circuito secondario (impianto) ci va compensatore
Si può fare lo sdoppiamento in un caso sensato come un chiller da 200kW. Se la macchina è da 8kW non ha senso mettere tante pompe per far funzionare pochi terminali: meglio far girare meno acqua a salto maggiore allora.

 

File: capr-can-st.dwg – IMPIANTO TUTT’ARIA
Affollamento 480 persone, 20 m3/h, 10.000m3/h di aria esterna
impianto ad aria da 42.000 m3/h, 18 volumi/h
Tanta gente, tanti carichi interni (slot). Come si fa a dimensionare un impianto così?

  • Winvolucro: solo sensibile
  • Wpersone sensibili + Wpersone latenti
  • Willuminazione (si stima se lamapade a fluorescenza circa 20 W ciascuna, ma se è alogena tanti auguri)
  • Wslot
  • Sommando: Wtotsensibile Wtotlatente

Massimo umidità relativa 60% temperatura interna 24°C
Q = portata aria (molto maggiore dell’aria primaria)
0.35 = calore specifico dell’aria in Watt/m3
BILANCIO SENSIBILE: Wsensibile = Q.0,35.DT
BILANCIO LATENTE: Wlatente = Q.r.Dx
INCOGNITE: portata aria, il DT (ambiente-mandata), il Dx (ambiente-mandata)
La logica è che almeno in condizioni di picco non ci sia post riscaldo.
Con queste portate grandi, ci sono dei limiti di temperatura di mandata, che è legata anche al tipo di diffusore. Progettando a 24°C si riesce ad avere un DT=13 cioè una mandata di 11°C con un diffusore di buona qualità.
Note le potenze sensibili e latenti, si fissa il DT, si ricava la portata Q dal bilancio sensibile, si calcola Dx e si confronta con quella ricavata dal diagramma psicrometrico e si controlla che sia compatibile.
Normalmente si fissa il DT con un approccio DT più grande possibile, perché determina immediatamente la dimensione dell’impianto lato aria (lato energetico è un’altra questione): il DT più grande consente di costruire l’impianto più piccolo, portate più basse. A questo punto devo vedere se sono dentro il grado di umidità relativa massima, cioè con quel DT devo verificare di soddisfare il 60%.
Sul diagramma psicrometrico il punto di mandata è 11°C 95% perché non dobbiamo fare il post riscaldo, e usiamo il massimo delta T, minima portata. Sappiamo il punto di uscita lo conosciamo dobbiamo solo verificare che il Dx uscente sia compatibile con le condizioni di progetto, cioè dobbiamo stare sotto il 60% di umidità.
Passo successivo TIPO DI DIFFUSORE: metterli a una distanza tale che non abbiano effetti di interferenza (distanza almeno due volte il lancio) e si installano. Scegliere una portata compatibile con la geometria. Alla fine si guarda se si è riusciti a smaltire tutta la portata.
Dopo la ripresa: se impianto isopressione tanto si manda quanto si riprende. Solo soffitto/soffito+parete/soffitto+parete+pavimento. Ma le griglie di ripresa a pavimento impediscono il ricircolo. Non usare più di 1 m/s di velocità sulle griglie in prossimità di persone.

Vincolo del livello di pressione sonora
La potenza sonora di un diffusore è la potenza generata dall’aria che lo attraversa, quindi legata direttamente alla portata che lo attraversa.
Si scelgono diffusori sotto i 30 dBA (quasi impercettibile), ma è sovrastato dal rumore proveniente dal ventilatore, il vero problema è quello.
Esistono anche dei diffusori che adeguano la geometria a seconda della portata.
Sopra il diffusore si ha un plenum, con attacco laterale tondo. Il plenum, nel punto di attacco laterale, è dotata di una serranda circolare con una lamiera forata: la lamiera forata permette di equalizzare il flusso, in modo che il diffusore non abbia dei punti di lancio diversi. E poi serve per tarare. La taratura può essere fatta in partenza, oppure lungo i canali. La taratura diventa vitale negli impianti ad aria primaria, meno importante per gli impianti tutt’aria monozona (un’unica stanza da servire, se anche un diffusore funziona di più o di meno non importa).
TARATURA IMPIANTO: prima di tutto si guarda se il ventilatore è a velocità fissa (si tara solo il punto finale) o se il ventilatore ha l’inverter, in questo caso si tarano i diffusori e l’inverter (impianto a portata variabile)
Si sa il numero di giri del vent, si mette la massima velocità di progetto, si va al diffusore più vicino e si chiudono le serrande dei diffusori. Con un balometro (uniforma il flusso, porta l’aria con i filetti paralleli, e si misura la portata). Se impianto ha portata fissa e ho troppa o troppa poca portata, si cambia il numero dei giri del ventilatore cambiando le pulegge (tranne sui plug fan che non si può). Esistono le pulegge a passo variabile
Di quanto cambio il diametro della puleggia? Vale la similitudine idraulica:
(corso di macchine)
n = numero di giri del ventilatore
Q = portata ;n^1
H = prevalenza ;n^2
P = potenza ;n^3 (prevalenza x portata)
Quindi si cambia il numero di giri proporzionalmente al variare della portata. Il problema è che se in fase di calcolo avevamo 20.000 e in fase di collaudo ci serve 25.000 cioè il 25% in più, (1,25^3=2 serve il doppio della potenza…il costruttore non garantisce così tanto sulla potenza. Poi ci sono limiti sulle massime velocità del ventilatore)
Perché i triangoli di velocità non sono simili:
ventilatori pale rovesce: pala inclinata nel senso contrario al flusso, ha un profilo alare
ventilatori pale avanti: lamiera piegata, non ha profilo alare. Va bene per poca prevalenza e portate anche grandi. Se ho una uta con tante sezioni di trattamento, serve una prevalenza importante.  Nei recuperatore ci sono ventilatori pale avanti. Sul lato espulsione e aria esterna normalmente c’è una serranda. Come accessorio potrebbe esserci una batteria, con bacinella di condensa. Nel caso residenziali i recuperatori sono molto più piccoli e hanno recupero molto maggiore (70%-80% rispetto al 50% del recuperatore per climatizzazione da terziario) con recuperatori rotativi.
Velocità di trasporto nei canali: si fanno decrescenti dalla partenza all’arrivo. Dimensionamento a riduzione di velocità, molto spannometrica ma che si basa sulla perdita costante, cioè più diminuisco il diametro e più devo diminuire la velocità per rendere costanti le perdite. (file pdc-tondi.pdf) Si dimensiona a 1 Pa /metro (0,1 mm/m) : per fare 100 m3, scegliamo il diametro e vediamo la velocità corrispondente. Le velocità dei canali in prossimità dei diffusori sono relativamente basse (2,5 – 3,5 m/s) e con velocità massime dell’ordine di 8m/s (nei canali). Il motivo per cui le velocità sono basse è per far si che le differenze di pressioni tra il primo e l’ultimo terminale non siano grandi, perché se ho 30 Pa tra il primo e l’ultimo, devo far perdere tutto alla serranda terminale, che fa molto rumore (si deve far in modo di limitare tutto a 10 mm di perdita tra il primo e l’ultimo) se i percorsi sono molto lunghi allora si mettono delle serrande intermedie nel percorso per fare un po’ di perdita di carico. Le serrande sono molto critiche dal punto di vista acustico.

Capr-uta-st

  • Recuperatore rotativo da 20.000 m3. Il recuperatore nelle uta (Recuperator è il produttore nazionale) sono costosi e causano perdite di carico. I recuperatori da controsoffitto hanno 10 mm di perdita, per le uta invece 20 mm o 200 Pa.
  • Una uta con un certo numero di componenti può perdere un 100 mm lato mandata. Lato espulsione molto meno, 50 mm. Se una Uta perde 100 i canali perdono 15-20 mm (un quinto, un decimo della uta). Il calcolo delle perdite dei canali quindi serve a poco, si usa una procedura spannometrica (con canali lunghi 30-60metri, non lunghissimi che allora diventano rilevanti)
  • I canali rettangolari sono nervati con delle pieghe (per renderli più rigidi): una in fuori e una in dentro
  • Spessore minimo dei canali 0.6 mm per canali molto piccoli, in genere crescenti con le dimensioni del canale. Per canali grossi anche 10-12 mm. Quello che decide lo spesso è il lato largo.
  • Giunzioni pittsburg: c’è una macchina che piega la lamiera
  • Giunzione a canotto
  • Giunzione a flangia
    (immagine)
  • C’è un decreto ministeriale del 2003 che impone che le canalizzazioni siano incombustibili. È richiesto l’incombustibilità (i canali metallici lo solo), mentre se sono sandwich (lamiera più poliuretano) devono avere particolari requisiti. I flessibili se utilizzati è accettato che siano di classe 1 (autoestinguenti, attuale classe B o  C) e non deve essere più lungo di 5 diametri. I silenziatori sono incombustibili per natura, perché hanno lana di roccia. I canali sono tutti in gran parte isolati dall’esterno. I materiali sono tutti simili a quelli per i tubi: elastomeri, polietilene espansi, feltri di lana minerale (si utilizzano dei feltri che almeno su un lato hanno un rivestimento di carta alluminata con funzione di barriera al vapore, kraft alluminio).
  • 4 canali: ripresa, mandata, espulsione, presa aria esterna. Dobbiamo isolare SOLO i canali di mandata aria calda per la climatizzazione invernale (dpr 412.pdf). il canale va isolato perché non vogliamo scaldare il controsoffitto e non vogliamo condensa d’estate (l’ambiente è a 26°C 60% che corrisponde a una temperatura di rugiada maggiori della Tmandata=11°C, pericolo condensa). Qualche volta si isolano i canali a vista si devono finire meglio, con lamierino di alluminio. I canali in lamiera sono costruiti in officina e montati in cantiere. I canali circolari invece ne esistono le componenti sul mercato. I sistemi sandwich (visti in fiera) svolgono 2 funzioni: canalizzazione e isolamento. Hanno il vantaggio che si riescono a costruire in cantiere. Hanno un difetto: acusticamente danno poca attenuazione, sono sempre più rumorose di quelle in lamiere. Le canalizzazioni rettangolari sono più silenziose di quelle circolari, perché vibrano di più e vibrando assorbono energia.

Per decidere gli spessori di isolamento bisognerebbe fare una verifica degli spessori.
La ripresa in genere non si isola: se la ripresa va a finire in un recuperatore possiamo isolarlo. Spessori di isolamento 10-12 mm
Canali interni di presa d’aria esterna: molto a rischio condensa, si isola per potenziale condensazione invernale.
Sull’espulsione dell’aria con le canalizzazioni all’esterno del fabbricato potrebbe condensare perché esce aria calda e umida a contatto con un canale freddo: condensa lato interno.
L’espulsione nei canali interni al fabbricato non vengono isolate, a meno che l’aria espulsa dal recuperatore non sia particolarmente fredda. Valutare caso per caso con il diagramma psicrometrico.

  • Griglie di ripresa sono in genere di alluminio
  • Altezza di presa ad almeno 4 metri sul pdc (dalla uni 10339)
  • I canali hanno circa un peso di 10 kg/m2. La uta è voluminosa ma è relativamente leggera

Schema della uta:
Filtro g4
ventilatore
Recuperatore rotativo
Serranda di bypass
Griglia espulsione che esce sul fianco
Serranda di ricircolo+filtro
In alto presa aria esterna+serranda aria esterna
Miscela con il ricircolo
Filtro alta efficienza
Filtro a carbone attivo (perché vicino a aeroporto, zona ad elevato concentrazione di benzene)
Batteria fredda
Umidificazione
Ventilatore mandata
Silenziatore di mandata
Serranda di mandata

  • Serranda on /off di presa aria esterna normalmente aperte: la gestione della portata di espulsione e di ripresa vengono decisi dalla serranda di ricircolo.
  • Sonda di pressione sul plenum di espulsione: per misurare la portata di espulsione (opportunamente tarato, si fa una curva quadratica di pressione/portata, misurata la pressione è nota la portata) che viene un po’ ricircolata e un po’ va nel recuperatore per poi essere espulsa. Misurando la pressione nel plenum, posso ricavare la portata espulsa.
  • Sonda a valle del recuperatore per misurare efficienza
  • Serranda di bypass modulante del recuperatore, per il freecooling.
  • Sonda di temperatura di miscela
  • Termostato antigelo
  • Sonda dopo la batteria fredda, di saturazione
  • Sonda sulla mandata
  • Lato ripresa: sonde di pressione sui plenum, sonda combinata temperatura/umidità (per la gestione umidità), sonda qualità dell’aria.
  • Circuito acqua: valvola intercettazione, filtro più manomentro (per vedere quando il filtro è sporco – mai più di 2 metri), seconda intercettazione, termometro per vedere la temperatura di ingresso. In linea una valvola di pretaratura con attacchi piezometrici (di progetto ci sono 29 mc/h la valvola ha kv=210, quindi la perdita di carico con valvola tutta aperta 1/49 di bar -> 0.2 m. c’è un manometro sul ramo di ritorno, perché in fase di collaudo si controlla quanta portata ci passa.

 

Manda 42.000 m3, portata variabile (dove la portata minima è metà, e la massima è il doppio) e l’aria esterna viene gestita per garantire qualità dell’aria o freecooling.
Sonda di pressione differenziale sul filtro: quando il filtro perde più di 15 mm si cambia (i prefiltri una volta si lavano e una volta si buttano, i filtri ad alta efficienza si cambiano punto)
Due sonde anemometriche a filo caldo: nel punto più basso prima che il flusso si allarghi, che hanno lo scopo di misurare la portata di aria esterna.
Doppia logica: logica con misura di velocità e logica con misura di pressione
Le sonde a filo caldo hanno una resistenza al variare della velocità cambia perché cambia il coefficiente di scambio, la resistenza è legata alla corrente e alla temperatura. Tutte le misure anemometriche sono pericolose perché soggette a sporcamento, invece le misure di pressioni sono molto più garantite.
Misurando la velocità si ricava la portata conoscendo la sezione
Il recuperatore può essere gestito con due logiche: modulante o on/off.
La serranda di bypass del recuperatore rotativo (10.000 m3 di aria esterna, ma la serranda è dimensionata per farne passare anche 20.000) quindi siccome la portata d’aria totale è 40000, gli altri ventimila si fanno passare attraverso la serranda di bypass.
Servomotore sulla serranda di presa aria esterna, non modulanti ma on/off (solo apri chiudi) dotati di microinterruttore: per dare consenso di funzionare al ventilatore la serranda deve essere aperta (altrimenti danni alla uta)
NB: Se la pressione di 10 bar si esercita su una superficie di un metro quadro, qual è la forza che si libera in caso di incidente?
La forza si calcola moltiplicando la pressione per la superficie. Poiché un metro quadro corrisponde a 10.000 cmq, la forza disponibile è 10.000 (cmq) x10 (bar) uguale 100.000 kg pari a 100 tonnellate
Sonda temperatura a valle del recuperatore:  (c’è anche una sonda aria esterna) serve per vedere rendimento recuperatore
Motore sulla serranda di bypass è modulante perché il bypass deve modulare
Quanta aria esterna elaborare lo decide la serranda di ricircolo (più è chiusa e più prendo aria estenra, più è aperta e pù ricircolo) (è la serranda orizzontale subito dopo il ventilatore)
Sonda di miscela (temperatura dopo i filtri) misura la temperatura dopo la miscelazione tra ricircolo e ripresa. Verifica delle condizioni minime: c’è bisogno di freddo fino alla fine di novembre. Invece di aprire la valvola fredda, cerco di andare in freecooling, ma se fuori c’è -5, non posso buttare a -5 perché scatta l’antigelo, la devo miscelare affinchè arrivi a 11°C almeno.. quindi parla con la serranda di ricircolo.
TA: antigelo
Sonda dopo batteria fredda: sonda di saturazione
Sonda dopo batteria calda: per verificare la resa della batteria calda
Impianto 4 tubi: estate lavorano tutti e due, d’inverno lavora solo quella calda.
Logica estiva: raffreddo umidificando e postriscaldo
Logica invernale: riscaldo umidifico (uscendo a una temperatura più alta dell’ambiente perché devo scaldare)
Batterie calde a monte di sezioni di umidificazione: non è noto quanto rendono, ma sono alte. Le batterie calde devono essere sufficientemente abbondanti, altrimenti d’inverno se il sistema chiede umidificare l’aria che mando è troppo fredda e umidificando raffreddo troppo mandando in ambiente aria troppo fredda. A queste batterie meglio mettere due ranghi in più
Umidificazione con valvola attacca stacca
Ventilatore a pale rovesce con inverter
Sonda di pressione differenziale sul silenziatore di mandata: misuro la portata. Finchè non c’erano i plug fan non si riusciva a misurare bene la portata. L’unico componente per misurare la portata in modo accurato è il silenziatore perché ha una perdita di carico significativa (dP= e ha una geometria predeterminata (perché non è come una serranda che può spostarsi)

SILENZIATORE: parallelepipedi di lana di roccia, alternati a setti vuoti. Spesso dei setti di lana circa 200 mm-360mm, i settori vuoti sono s/2 oppure s/3 dello spessore del setto di lana, mentre i setti laterali vuoti sono s/4 o s/6. Esistono 360-120 oppure il 200-100.
360-120: vuol dire che il setto di lana è 360, il setto vuoto è 120, le estremità vuote sono 60.
Sezione di attraversamento

I limiti di velocità delle uta sono di 3 m/s per via del trascinamento di goccioline, cioè arrivo al silenziatore a 2,5 m/s. siccome la sezione di passaggio è ¼ (perché 120/(120+360) ) le velocità all’interno del silenziatore raggiungono i 10 m/s. prima del silenziatore si mette una rete di equalizzazione.

HSU: prevalenza statica utile (tra la bocca di aria esterna di ripresa e la mandata
La sonda anemometrica (già disegnata in pianta) è stata messa nel punto più lontano prima della curva del canale, e al centro del canale.

Batteria 290.00 kcal salto 5  -> 29 m3/h
Kv = 78 mc/h con una portata 29mc/h -> 29/78 al quadrato (in bar)
Le valvole sono a tre vie, ma la portata non è fissa, perché sulla terza via il kv=15, sulla via principale il kv=78. Perché nella terza via viene fatta un po’ di circolazione per l’antigelo.

Specifica batteria fredda: 10 ranghi, 62 circuiti.
Mandata: si cercano di evitare derivazioni a 90° con velocità significative, ma si può fare a 45°. Quando le portate non sono uguali, la dimensione delle diramazioni deve essere proporzionale. Se bisogna fare una diramazione con presa dinamica, bisogna
Diramazione statica: La velocità di imbocco nella diramazione deve essere piccola. Si fanno dei raccordini (a forma di zoccolo) in modo che nel punto di derivazione la velocità sia bassa, cosi si ha una bassa velocità nel punto di diramazione perché la sezione è grande, e poi si ha un effetto di accelerazione dovuto al restringimento del canale, da pressione statica a pressione dinamica, e poi rallentano di nuovo in prossimità del diffusore.
Evitare di fare delle prese a valle di raccordi importanti, come una derivazione dopo una curva importante.
Deflettori: fogli di lamiera interni che evitano l’effetto centrifugo dell’aria all’interno della curva.
Si segna la portata progettuale di quel ramo, oppure si segnano le portate dei singoli diffusori.
Acusticamente il canale circolare è peggio, con il circolare non si riescono a fare prese dinamiche.
L’uta è un componente su misura, e non può essere definito totalmente: il progettista non riesce a fare una definizione di tutti i parametri della uta, ma deve farlo con il costruttore.
Uta da esterno o da interno: se esterno rivestimento in acciaio zincato o alluminio, più isolamento in poliuretano o lana minerale densa (200kg/mc, meglio la lana del poliuretano).
Per assorbire un po’ di potenza acustica si possono fare pannelli internamente microforati nelle sezioni ventilanti (dove sono alloggiati i ventilatori) l’importante che la lana si a protetta e non vada in giro per i canali. Il pannello microforato è molto più efficiente dal punto di vista acustico.
Il problema acustico sorge quando: c’è molta prevalenza (fa rumore il ventilatore) oppure c’è molta portata (nei canali). Soluzioni: scelta dei ventilatori (posizionamento), silenziatori, e sezioni ventilanti (se tanta portata si aumentano le sezioni e si fanno girare a basse velocità per ridurre le perdite di carico concentrate).

  • Se si tengono basse velocità all’interno della uta, siccome rappresenta la maggior perdita di carico di tutto l’impianto, si hanno molte meno perdite di carico e di conseguenza il ventilatore può andare più piano.
  • Velocità massima sui filtri 4 m/s, spessore del filtro 50-100 mm
  • Velocità massima in batteria fredda 3 m/s
  • Passo batterie: dai 2 ai 3 mm di passo aletta, 2,5 è un valore mediano. Più è fitto il passo aletta e più è facile che si sporchi. I fan coil hanno un passo di 1,6 mm.
  • ΔP batterie: vincolo indiretto di dimensionamento. Più è basso il delta p batteria e meglio è, 2 metri di perdita per batteria. È legato a quanti circuiti si fanno, la portata per singolo circuito diventano più o meno alta e di conseguenza le pdc sono più o meno alte.
  • Silenziatore: area di attraversamento è circa 1/3 del contenitore, oppure ¼. La velocità di attraversamento è 3 o 4 la velocità frontale a seconda che sia il 200-100, piuttosto che 360-120. Questo decide la larghezza della uta. Mettere 9 m/s, vuol dire avere una velocità frontale di 2.25 m/s con il 360-120.
  • I canali esterni hanno due punti di comunicazione con la pressione esterna: presa aria ed espulsione. Quando invece le uta sono DA esterno: una tecnica classica è mettere un canotto per evitare che piova dentro, oppure una griglia con alette inclinate a 45°.
  • Griglie di ripresa: una frontale di 3.5 m/s, se le velocità sono un po’ più alte non importa sulla ripresa.
  • Più il delta p lato aria è grande e più il recuperatore è piccolo: 20 mm circa
  • 50% di riserva potenza elettrica, significa 15% di riserva portata: 1.15^3 =1.52
  • Tra la mandata del ventilatore e il silenziatore c’è un po’ di distanza, non si possono mettere attaccati, in più si mette una griglia di equalizzazione del flusso.

PROGETTO

  • Tavole grafiche
  • Documento che spiega la logica di funzionamento: quando la logica è semplice si fa una tabellina sulla tavola con qualche informazione, se la logica è complessa si fa un documento a parte. Siemens-capr-st.doc
    in base a questo documento un programmatore deve fare un programma per realizzare la logica di funzionamento dell’impianto

DIMENSIONAMENTO GRIGLIE DI TRANSITO

Si può dimensionare solo l’aspirazione con gli 8 vol/h di ricambio solo sul bagno, non sull’antibagno. Poi però bisogna controllare che rientri. È compito del termotecnico definire le caratteristiche del sistema che permette all’aria estratta di rientrare. 1 mm colonna d’acqua (10 Pa) è 1kg/mq, la limitazione della depressione nei locali solo aspirati è legata alla sezione di passaggio che permette all’aria di rientrare. La porta di accesso ha un effetto di sovraccarico legato alla differenza di pressione tra interno e esterno. Cioè per aprire la porta ho una spinta da vincere pari alla spinta della pressione applicata sulla porta dalla differenza di pressione. Bisogna stare attenti al verso di apertura delle porte, cioè bisogna limitare gli effetti di differenza di pressione se la porta tende ad aprirsi per annullare il delta p. oppure si può creare una sezione di passaggio: se altezza cinetica di pressione dell’aria è v^2/16 in mmH2O (ro*v^2/2g =16), il delta p = 2*v^2/16, cioè il dp è il doppio dell’altezza cinetica.
Fissata una portata, si sceglie una dimensione di passaggio in modo che il delta p creato non superi un certo valore.
1 mm di pressione, sono 2 kg sulla porta: corrisponde a una velocità di attraversamento di 2,7 m/s
Fissata la velocità di attraversamento si sceglie se sollevare (2 cm) la porta dal pavimento. Quando la sezione richiesta è di più si monta la griglia di transito: ha delle alette piegate a V rovesciate, a coda di rondine, per evitare che passi la luce, e per questioni acustiche. La sezione effettiva è la metà o 1/3 della sezione frontale.
Porta da 80 cm, sollevata di 2 cm dà una sezione di 0,016 cmq, la velocità massima può essere 3m/s per una portata di 0.048 mc/s, 150 mc/h. in realtà non si mettono griglie fino a 100 mc/h, sopra si mettono. Tenere velocità massime a 2 m/s.

UNI 9182 – IMPIANTI DI ALIMENTAZIONE E DISTRIBUZIONE D’ACQUA FREDDA E CALDA

IMPIANTI IDRICI

  • Fissa i criteri di contemporaneità: il criterio riguarda le unità di carico. Quando utenze piccole, contemporaneità alta. Quando utenze grosse contemporaneità bassa. 10 l/min per lavandini, qualcosa in più per le docce.
  • Vengono fissate le portate per singolo apparecchio, i criteri per la contemporaneità e con cui dimensionare la rete di distribuzione.
  • La rete di ricircolo: per la uni è obbligatoria quando le utenze sono a distanza superiore a 50 metri dal punto di produzione.
  • Quando le utenze sono tante, anche se non c’è molta contemporaneità le reti sono grandi. Se si hanno grandi tubi, se anche non siamo lontani dalle utenze, quando si attiva una sola utenza la velocità dell’acqua nel tuo principale sono bassissime, i tempi di attesa sono lunghissimi. Gli impianti non devono essere troppo grossi. In un circuito chiuso non è un problema il tubo grande. In circuito aperto un tubo grande senza ricircolo è un grande problema. Fare ricircolo di due misure in meno del tubo di mandata: il ricircolo si chiude appena fuori dal servizio igienico. Bisogna fare si che:
  • I tubi di mandata man man che servono le utenze calano di diametro. All’ultima utenza si tiene il diametro e si fa con quello il tubo di ricircolo a diametro costante.
  • Inoltre con il ricircolo c’è il problema legionella. Bonifica termica: è pericolosa perché si manda in giro acqua bollente, con rischio ustioni. Si proteggono gli utenti con dei regolatori termostatico: quando c’è la bonifica miscela e non manda a 60 °C.
  • Le reti di ricircolo vanno degasate. Si formano dei gas perché l’acqua è calda e diminuisce la capacità di trattenere gas disciolti. Si possono formare delle sacche di gas che bloccano il ricircolo, se il sistema di spurgo con i jolly (metterlo solo in centrale non basta) non è efficiente. La situazione si sblocca quando il primo utente che apre l’acqua calda sfiata attraverso il lavandino che gorgoglia.

 

SUPPRESSIONE.DWG

  • Pmin: (pressostato di minima) Garantisce che la pressione sia superiore a un certo livello minimo. Si ha un ramo dell’acquedotto, normalmente quando si chiede un allaccio viene garantita una certa portata ma non la pressione. Se si fa un impianto molto abbondante rispetto all’allaccio richiesto si ha il rischio di grandi perdite di carico.
  • Le pompe possono essere dimensionate con la tecnica classica attacca/stacca, sono comandate da un pressostato di funzionamento (possono lavorare in sequenza, se il pressostato è a due gradini, oppure in modo alternativo), quando il pressostato raggiunge il set meno il differenziale dà il consenso alla pompa e mette in pressione l’autoclave (cisterna di destra, la cisterna di sinistra è una pre-autoclave)
  • L’altra tecnica è mettere l’inverter
  • Nel momento in cui la pompa si mette in moto cala la pressione di consegna, interviene la pre-autoclave (1) (che è uguale all’autoclave ma funzione diversa) che compensa in parte la pressione mancante.
  • Il dimensionamento dell’autoclave si fa in base al numero di avviamenti della pompa. Bisogna fare in modo che la pompa non spunti più di 12 volte in un’ora (altri pensano non più di 6 volte). In avviamento le correnti sono molto elevate, il motore elettrico va in corto. L’avvolgimento dello statore è molto sollecitato, tendono a scaldarsi molto e per evitare surriscaldamenti la pompa deve avere il tempo di raffreddarsi, e quindi non deve avviarsi per troppe volte per non bruciare. La situazione più sfortunata è quando la portata di utenza è esattamente la metà della portata della pompa: se la portata di utenza è più bassa della pompa avrò più tempo di sosta che tempo di marcia, se invece è maggiore della metà ho più tempo di marcia che di sosta.

Esempio:
Qp=10 mc/h
Qu=5 mc/h
12 avviamenti ora: marcia 2,5 minuti, sosta 2,5 minuti.
Quando Qp/2>Qu i tempi di marcia sono maggiori di 2.5 minuti fino a Qp=Qu dove la pompa non si ferma mai.
Quando Qp/2<Qu i tempi di marcia sono minori di 2,5 minuti, e gli avviamenti sono minori di 12 all’ora
La situazione più critica è quando la portata è esattamente la metà.
La portata dell’autoclave: DQ= (5 mc/h) / 60 min/h *2,5 minuti= 208 litri.
Nella fase di marcia si ha una carica di 208 litri, nella fase di sosta una scarica di 208 litri.
Se il fabbricato è 20 metri, si aggiungono varie perdite di carico (disconnettore, valvole, addolcitore) battente idrostatico, perdite di rete, pressione di utenza, si mette Pminima=4 bar (perché l’acquedotto è a 4 bar), Pmassima= 5,5 bar pressioni relative (più si fa grande il punto di stacco più si fa piccola l’autoclave, mentre più si fa vicino il punto di stacco dal punto di attacco e più l’autoclave viene grossa). Cioè se la differenza di pressione tra minima e massima è piccola, si ha una pressione circa costante nell’impianto, ma l’autoclave viene molto grossa. La minima è garantire la pressione nel punto più sfavorito, la pressione massima è evitare che al piano terra la pressione non sia pericolosa per la funzionalità degli utenti (flessibili che si rompono, pressione nominale degli utenti).
pressione di precarica dell’autoclave: 4 bar, ad autoclave vuota. Quando attacca la pompa a 4 bar la membrana rimane vuota, in attacco il volume è il totale. Quando è piena il volume è il totale meno 208 litri, condizione di stacco. Legge dei gas perfetti, ipotizzando isoterma: 5V=6,5(V-208) quindi V=961 litri. Per gli spunti della pompa è al limite, se volessimo fare al massimo 6 spunti ci vorrebbero 2000 litri.
Per le autoclavi senza membrana bisogna fare in modo che il livello dell’acqua in autoclave sia a metà nella situazione di stacco, cioè il livello dell’acqua deve coprire il tubo di uscita, sennò va dell’aria in giro. Quando il volume non basta si mettono in serie più autoclavi. Con le autoclavi senza membrana l’aria tende a disciogliere nell’acqua: si fa un controllo di livello per cui se l’acqua aumenta di quota, una elettrovalvola rimmette aria compressa nell’autoclave per ricaricarla.

  • Addolcitore (5): dimensionamento. L’acqua che esce dall’addolcitori normalmente è a durezza nulla, cioè 0°F (Francesi: ppm di CaCO3) un’acqua dura va dai 25°F ai 40°F, a milano 15-20°F. Gli addolcitori catturano il calcio e cedono il sodio. Gli addolcitori si rigenerano da soli tramite salamoia cedendo sodio e prendendo calcio, basta aggiungere sale. Nel momento in cui si rigenera (mezzora/un paio d’ore) manda acqua non addolcita (difetto). Quando si ritiene opportuno si fanno sistemi in doppia colonna, quando uno si rigenera l’altro è in marcia. Si dimensiona su due parametri: la portata massima e la capacità ciclica:

la capacità ciclica è il prodotto tra la quantità (mc) della portata che lo attraversa e per i gradi francesi.
La portata massima è determinata da una certa velocità massima fornita dal costruttore, oltre la quale la resina comincia ad andare in giro (e dalla valvola multifunzione che comincia a perdere molto di carico), invece la quantità di resina determina la capacità ciclica.
Tecnica con cui lavano gli addolcitori: a tempo (la notte quando non c’è utenza lava, minimo lavare una volta ogni quattro giorni per legge, per evitare acqua stagnante. Tecnica di rigenerazione a volume: quando sono passati tot metri cubi di acqua attraverso l’addolcitore, ma in ogni caso non far passare più di quattro giorni. Ci può essere il problema della prolificazione batterica nelle resine quando sono poco utilizzate: si butta un bicchiere di varechina ogni tanto.



Se si dimensiona sulla portata massima contemporanea, se questa è elevata, salta fuori una capacità ciclica molto grande: poco consumo d’acqua ma tutto insieme. Invece nel caso di piscine, dove la portata è massima tutto il giorno, se non si fa la doppia colonna, bisogna porre attenzione che la ciclicità sia di almeno una giornata.

BERETTA-SCHEMA-ST.DWG
Pompe sommerse a multistadio verticali: sono cilindriche perché vanno dentro a tubi tondi, il livello dell’acqua supera di un metro la pompa per evitare cavitazione. Livello statico di falda è -8 metri dal piano di campagna: le caratteristiche della sommersa dipende dalla prevalenza disponibile. Cioè le falde normalmente sono pressurizzate, ci sono anche pozzi artesiani che hanno la quota statica di falda anche sopra il piano di campagna, e quando si buca comincia a zampillare e non si può far niente, si butta via l’acqua. Se la falda è a 100 metri, ma la quota statica è a 80, metto la pompa a 85, in modo che abbia cinque metri di margine per non lasciare la pompa senza acqua.
Contatore volumetrico lancia impulsi: per fare il dosaggio proporzionale di ipoclorito (tanta acqua arriva, tanto doso l’ipoclorito). C’è una autoclave aperta in cui pompo l’ipoclorito, dopo l’autoclave c’è un serbatoio che fa da accumulo per dare il tempo di azione all’ipoclorito: si fa un sistema in genere che tenga l’ipoclorito a contatto con l’acqua 15-20 minuti. A valle del secondo accumulo c’è un cloro-residuometro che misura il livello del cloro residuo. È a due uscite: se il livello del cloro è troppo alto la pompa dosatrice viene fermata, se è troppo basso dà un allarme. Ha un consumo di acqua che viene buttato via, ma c’è solo quando l’impianto va.

  • Filtro a sabbia: l’eliminazione delle impurità funziona con attraversamenti dell’acqua molto lenti.
  • Filtro a carbone: ha la funzione di adsorbire il cloro, perché prima si è fatto un dosaggio shock.


  • DM 443-90 richiede addolcitore negli impianti domestici
  • UNI806500_1998_EIT – REQUISITI CIRCUITI CHIUSI
    Integrativo del dpr 59/2009

Impone concentrazione ioni ferro e …
Se si hanno fenomeni corrosivi in atto, c’è un passaggio di ioni di ferro che diventano idrossidi di ferro. L’acqua diventa gialla.
Fissa requisiti di pH e durezza.
Per alimentare una caldaia in bassa pressione si addolcisce l’acqua e si deve fare il degasaggio

  • Quota parte di durezza dovuta ai bicarbonati (di sodio e magnesio)

Depositi carbonatici: aumentando lo spessore fanno si che le lamiere dei fumi nello scambiatore acqua fumi si avvicinano alle temperature dei fumi, portando a delle dilatazioni tali che rompono  le caldaie.

SCARICHI

  • Scarichi acque nere
  • Scarichi acque bianche

UNI EN 12056-2
Per le reti di scarico la uni è molto raffinata a livello di calcolo, ma non è necessario, perché ogni apparecchio di scarico ha un proprio attacco e quello si tiene
Storico-finale-studenti.dwg
La rete di scarichi va posata in modo da ridurre il più possibile le distanze (si posano anche in diagonale, raccorderie da 30 -45 -60°) con pendenze dell’ 1% - 0.7% non di meno, rigorosamente scegliendo il percorso più breve, perché se si dà un po di pendenza gli spessori delle solette diventano considerevoli. Se si ha un tubo del water da 110, tutti gli altri scarichi si attaccano al 110. Se si hanno più water, dal terzo in avanti si passa al 125. Dal quinto in avanti 140.
Tutti i collegamenti si fanno con le braghe:

Effetto tappo: sciacquone del quinto piano, portata istantanea 10litri/pochi secoondi. si ha un effetto pistone: scende un tappo che manda in pressione ciò che sta sotto e depressurizza ciò che sta sopra.  Per evitare che l’aspirazione svuoti il sifone dei piani di sopra, si fanno delle colonne di ventilazione che sbucano sul tetto e riequilibrano la pressione. Su fabbricati molto alti si fa la colonna di ventilazione secondaria, una colonna di bypass: quando il tappo sta scendendo che pressurizza gli impianti sotto la portata d’aria in più viene deviata sul ramo di bypass.

  • Collegamento al piano terra: la braga del piano terra non si collega subito alla colonna di ventilazione, perché la curvatura che fa diventare la colonna da verticale a orizzontale è critica per gli intasamenti. Allora si collega il wc del piano terra qualche metro dopo la curvatura, quindi sul tratto orizzontale, non verticale.

MATERIALI DI COSTRUZIONE
Si usa:

  • Polietilene a saldare (geberit)
  • Oppure polipropilene con giunzioni Oring (rehau)

Acque meteoriche: intensità di pioggia a Milano 60 l/h/mquadro.

 


ACUSTICA
W= I.S
W= I.4πr2 (sorgente puntiforme)
Peff2 = I.r.c 
Lp=20 log 10 Peff/Pref
Pref =20 µPa
Lw=10log10 (W/WRef)
WRef=10-12 W
Lega il livello di pressione sonoro al livello di potenza sonora alla pressione
Lp=Lw - 20.log10R - 11 campo libero emissione sferica
Lp=Lw - 20.log10R - 8 campo libero emissione emisferica

Raddoppio di potenza: sorgente sonora con potenza 2W
Lw=10log10 (2W/WR) = Lw + 10 log 2 = Lw + 3 dB
Il raddoppio della potenza provoca un incremento del livello di potenza di 3 dB, e anche il livello di pressione aumenta di tre
Se abbiamo 2 fancoil, abbiamo il livello di potenza sonora di un fancoil più 3
Se tre fancoil, un livello di potenza più 4.

Raddoppio di distanza
Lp=Lp – 20 log 2 = Lp - 6
Il raddoppio di distanza provoca una diminuzione di livello di potenza di 6 dB

Per misurare si usa il fonometro
L’orecchio sente un livello di pressione sonora, non la potenza
Quando un costruttore fornisce il livello di potenza, l’ha ricavata dalla misurazione della pressione sonora  in una situazione nota.
La potenza non si misura, si misura la pressione.

L’orecchio non è sensibile allo stesso modo su tutte le frequenze, avverte di meno le frequenze basse, ma sono anche quelle più difficili da eliminare
Norme superate
16-20000 hz, ma quello che si analizza è 31 - 8000

Aermec1.pdf

Esempio.pdf
Interessa sapere anche un numero globale che definisca una intensità per un certo ambiente, riassunto in un solo numero, anche se è un po’ riduttivo perché non fa capire se il suono è critico alle basse medie o alte frequenze.
Per rappresentare un rumore bisognerebbe fare l’analisi in spettro
Il fonometro può dare l’analisi in spettro,
Confrontando il filtro A e il filtro C si riesce a capire se il rumore è critico alle alte o alle basse frequenze.
LwT = 10 log ( sum ( 10 LwL/10)) livello potenza sonora totale
LpT = 10 log (sum (10 LpL/10)) livello potenza sonora totale
Non si usano queste due formule, si usano gli strumenti

CAMPO RIVERBERANTE
Coefficiente di assorbimento medio delle superfici: αmedio = somma (αi*Si) / somma (Si)
R* è legato al coefficiente di assorbimento medio e alla superficie: R*= Stot*α/(1-α)

 

NORMATIVA

  • DPCM14NOV97

Definisce come un apparecchio deve essere limitato per non disturbare gli altri, i confinanti.
Ci sono dei limiti di immissione: tutte le potenze immesse in uno spazio confinato sono limitate, in base a dove ci si trova e in base al giorno/notte. Limiti definiti dalla Tabella C pag 4:
Limiti assoluti di immissione:

Ci sono anche delle limitazioni differenziali:
Il concetto differenziale è legato al rumore di fondo: a pari livello di potenza sonora immessa, la verifica viene diversa se fatta di giorno o di notte.
Non è un criterio oggettivo, perché dipende dall’orario di chi va a effettuare la misura, se ci va alle dieci di sera che c’è ancora un po’ di rumore, o alle tre di notte.

 

  • DPCM 2005_12_97: riguarda la rumorosità causata da un impianto in un'altra unità immobiliare

Isolamento acustico di facciata, isolamento acustico delle pareti divisori, e anche:
Rumore prodotto dagli impianti tecnologici
La rumorosità prodotta dagli impianti tecnologici non deve superare i seguenti limiti:
a) 35 dB(A) LAmax con costante di tempo slow per i servizi a funzionamento discontinuo;
b) 25 dB(A) LAeq per i servizi a funzionamento continuo.
Le misure di livello sonoro devono essere eseguite nell'ambiente nel quale il livello di rumore è piu
elevato. Tale ambiente deve essere diverso da quello in cui il rumore si origina.

  • Uni819900 98_1998_eit: riguarda la rumorosità degli impianti all’interno della stessa unità immobiliare, per esempio alberghi

Non c’è più il criterio differenziali
Il rumore di impianto non deve essere più di: (pag 12)

 

Calcolare il livello di pressione sonora dell’impianto, si fanno due misure:

  • Il livello di pressione sonora impianto in moto
  • Il livello di pressione sonora impianto fermo
  • Paragrafo 5

 

CALCOLO DELLA PRESSIONE SONORA IN AMBIENTE NEL CASO DI IMPIANTO DI VENTILAZIONE
Non si ha la limitazione del comfort acustico, ma dis-comfort, cioè evitare danni acustici con il livello di pressione sonora accoppiati con gli impianti in cantiere.
C’è una UTA, un ventilatore: ci sono delle curve del costruttore, oppure delle formule legate alla prevalenza e alla portata. permettono di stimare sia la potenza sonora, sia l’analisi in spettro: il ventilatore in una certa situazione di funzionamento ha un certo spettro. Il responsabile del rumore in ambiente non è il diffusore, ma il ventilatore, che in qualche modo trasmette il rumore agli ambienti. Fonti di attenuazione:

  • La potenza sonora del ventilatore di mandata va metà attraverso il condotto di mandata, metà attraverso il condotto di ripresa in controcorrente rispetto alla direzione dell’aria. Le uta in cui gli effetti riflessivi sono bassi (pannelli fonoassorbenti) già diminuiscono un po’ il rumore
  • Attenuazione dei canali
  • Raccordi
  • Plenum
  • Derivazioni
  • Riflessione terminale
  • Silenziatore

Aermec 2.pdf
ventilatore:

 

Canali:

Canali rettangolari sono più efficienti dei canali tondi:

Raccordi: dovrebbero essere isolati internamente, ma nessuno si sogna di isolare internamente. Si nota che se si mettono le alette, le prestazioni calano: Tabella 1.3
Plenum. I plenum se isolati internamente, e se il fattore di vista è molto piccolo tra canale in entrata e canale in uscita (angolo beta) allora attenuano.

Derivazioni: l’effetto di attenuazione dipende dal rapporto tra le portate, tra portata principale e portata derivata
Riflessione terminale: dovuta a un rimbalzo all’interno del diffusore prima che entri in ambiente.
A questo punto siamo in grado di calcolare la pressione sonora in ambiente
Il silenziatore ha un certo abbattimento:

 

RUMOSORITA’ ESTERNA

RUMOROSITA’ INTERNA


In generale per la rumorosità interna si usano i silenziatori.
Per il rumore esterno, il problema può essere risolto con una barriera acustica, se il livello non è troppo oltre il limite acustico.
La barriera è tanto più efficace quanto  più il tratto A+B è maggiore di L.
(aermec3.pdf)

Quando ci sono invece problemi di riverbero, rivestono le sorgenti con trappole acustiche e con pannelli fonoassorbenti (costosissime, costano più del doppio del chiller).

COLLAUDO IMPIANTI MECCANICI st 2009. Doc

File word.
CAPITOL_st.doc

ALDES.IT X CANALI

 

 

 

 

 

 

 

 

 

POMPA
La portata varia in proporzione alla velocità di rotazione della pompa
La prevalenza è proporzionale al quadrato della velocità di rotazione della girante ed è indipendente dalla densità Q del liquido convogliato
La prevalenza H della pompa viene espressa secondo l'equazione di Bernoulli:
- nell'altezza piezometrica Hp proporzionale alla differenza della pressione statica fra la bocca premente e la bocca aspirante della pompa,
- nella altezza geodetica zs,d ossia il dislivello fra la bocca premente e la bocca aspirante della pompa
- nella differenza fra le altezze cinetiche (vi2 – vs2)/2g sulla bocca premente e sulla bocca aspirante della pompa.
La potenza P assorbita da un pompa è la potenza meccanica assorbita all'albero della pompa o al giunto ed è espressa in kW; è proporzionale alla velocità di rotazione elevata alla terza.

Più pompe centrifughe possono essere disposte in serie, in modo da ottenere, a parità di portata, una prevalenza che è un multiplo di quella ottenuta con una sola girante. In pratica, più giranti vengono disposte coassialmente nel corpo

3.2.a Ventilatori centrifughi


In questi ventilatori il percorso dell'aria segue una direzione assiale all'entrata e parallela a un piano radiale all'uscita. L'entrata e l'uscita sono ad angolo retto.

La girante può essere del tipo pale AVANTI (Fig. 7a), RADIALI (Fig. 7b) o ROVESCE (Fig. 7c).

 

Fig. 7. Ventilatori centrifughi

3.2.b Ventilatori assiali

L'ingresso aria nel ventilatore e la sua uscita seguono un percorso in base alle superfici cilindriche coassiali. I ventilatori descritti in 1.1, 1.2 e 1.3 possono essere anche assiali.

3.2.c Ventilatori tangenziali

Il percorso dell'aria nella girante di questi ventilatori è normale rispetto all'asse sia all'entrata che all'uscita, e attraversa il corpo dello stesso.

 

 

Fonte: http://www.andreadd.it/appunti/corsi/en_mec_aes/ing_energetica/anno5/progettazione_impianti/appunti/Appunti%20del%20corso.docx

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