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DIPARTIMENTO DI GIURISPRUDENZA
Corso di Diritto Canonico (AL-MZ)
LE CAUSE PER LA DICHIARAZIONE DI NULLITA’ DEL MATRIMONIO ALLA LUCE DELLE RECENTI MODIFICHE DEL M.P.
“MITIS IUDEX DOMINUS IESUS”
Dispensa ad uso degli studenti
A cura di Mariangela Galluccio
A.A. 2015-2016
Il processo di nullità matrimoniale costituisce uno dei processi canonici c.d. speciali e trova la sua regolamentazione nel Libro VII (“I processi”), Parte III (“Alcuni processi speciali”), Titolo I (“I processi matrimoniali), Capo I (“Le cause di nullità del matrimonio”), ai cann. 1671- 1691 CIC, così come modificati dal recente Motu proprio “Mitis Iudex Dominus Iesus”, di Papa Francesco entrato in vigore l’8 dicembre del 2015 per la Chiesa latina ; completano la disciplina del processo canonico di nullità del matrimonio le norme relative al “processo contenzioso ordinario”, che ne costituisce l’impianto principale e la base di riferimento (cfr. Libro VII, cann. 1501 CIC e seguenti) e l’Istruzione “Dignitas Connubii” del 2005, con la quale si regola in modo più puntuale la prassi delle cause di nullità del matrimonio , e le cui disposizioni devono considerarsi decadute in riferimento ai canoni modificati o espunti dal MI, restando, invece, in vigore le altre norme relative ai canoni ancora in vigenti ai quali devono applicarsi in armonia con la riforma del MI .
La competenza dei tribunali ecclesiastici in tema di cause di nullità matrimoniali costituisce la conseguenza della peculiare natura di contratto- sacramento del matrimonio canonico e, in senso più generale, essa deriva alla Chiesa dallo scopo primario e fondante l’ordinamento canonico costituito dal garantire a tutti i fedeli la salvezza dell’anima, in perfetta conformità allo status personale scelto dal singolo soggetto, che deve effettivamente (ossia nella realtà vissuta) corrispondere alla vocazione interiore e spirituale cui si dà rilievo pubblico per investitura sacramentale .
Tale competenza, ricondotta nel Motu proprio di modifica della procedura di nullità del matrimonio, al “potere di legare e sciogliere” affidato da Cristo a Pietro e agli altri Apostoli , ed in base al quale i Vescovi hanno il potere di giudicare i propri sudditi , risulta codificata nel can. 1671 CIC, laddove si dispone che «Le cause matrimoniali dei battezzati per diritto proprio spettano al giudice ecclesiastico», lasciando ai giudici degli Stati i procedimenti e la competenza sugli effetti puramente civili del matrimonio .
Inoltre, la perfetta corrispondenza fra la scelta interiore di vita e la sua reale concretizzazione, nonché la natura sacramentale del matrimonio fra battezzati - che ne determina i fini e le proprietà essenziali così come delineati nei cann. 1055 e 1056 CIC - , implica che il processo di nullità del matrimonio si strutturi come un giudizio all’esito del quale il giudice ecclesiastico competente emana una sentenza che ha carattere meramente dichiarativo, poiché si limita a riscontrare la nullità o la validità del matrimonio, non determinando un mutamento giuridico nella situazione delle parti; in altre parole, il giudice ecclesiastico non ha il potere di sciogliere il matrimonio – sacramento , né di modificare lo status di vita effettivo della persona che si rivolge ai tribunali della Chiesa, ma può soltanto dichiarare quale sia la vera condizione di quella coppia nel caso concreto, in base alle norme del diritto canonico che definiscono e regolano il matrimonio- sacramento, individuandone nullità e vizi esistenti fin dal momento della celebrazione e che hanno impedito il formarsi del vincolo così come richiesto dal diritto della Chiesa .
Anche la recente riforma di Papa Francesco, che ha voluto favorire la celerità del procedimento per la dichiarazione di nullità del matrimonio, trova la sua ratio nella tutela dei principi fondamentali che regolano il contratto- sacramento matrimoniale, a garanzia dei quali è posto lo stesso svolgimento del processo; infatti, il sistema delle nullità matrimoniali, nonché la disciplina del processo canonico di nullità, nel corso dei secoli si sono evoluti in modo da rispecchiare sempre i principi della fede professata; pertanto, oggi, a seguito della sollecitazione dall’episcopato cattolico convenuto nel recente Sinodo sulla famiglia, pur mantenendosi immutata la dottrina sull’indissolubilità del matrimonio, la riforma introdotta con il MI si pone come obiettivo quello di ridurre «la distanza fisica o morale» tra le strutture ecclesiastiche ed il popolo di Dio, considerata come la causa che ha spesso osteggiato ed impedito ai fedeli un accesso facilitato ai tribunali ecclesiastici per la soluzione delle loro problematiche matrimoniali . Pertanto, essendo le strutture giuridiche della Chiesa - tra le quali vanno enumerati anche i tribunali ecclesiastici - , non perfette, ma perfettibili , esse devono adattare la loro forma e modalità di azione in un certo tempo ed in un dato spazio alla loro efficienza nel raggiungimento del fine ultimo dell’ordinamento: la salvezza delle di tutte le anime .
Ed è proprio in funzione di questo fine che la riforma del MI si muove, ruotando attorno ai due poli fondamentali costituiti da:
1) l’eliminazione del secondo grado obbligatorio di giudizio nel caso di sentenza dichiarativa di nullità ad opera del tribunale competente in I istanza (c.d. doppia sentenza conforme) che rallentava ed allungava i tempi del processo, soprattutto nel caso in cui le parti fossero entrambe d’accordo a richiedere la nullità e questa fosse di chiara individuazione;
2) la maggiore vicinanza del Vescovo- Pastore ai suoi sudditi- figli realizzata investendolo formalmente della trattazione delle cause di nullità del matrimonio dei propri fedeli mediante il ricorso ad una procedura straordinaria- breve da introdursi al verificarsi di specifiche condizioni.
Tali capisaldi costituiscono i punti di riferimento cui agganciare ricondurre i criteri che ispirano la riforma del MI e che si elencano di seguito:
In ogni caso, seppur tra le molte critiche e polemiche che stanno accompagnando la riforma del MI , nel corpo del motu proprio lo stesso Pontefice ha puntualizzato che il processo dichiarativo della nullità del matrimonio, al fine della tutela da garantirsi al vincolo matrimoniale nello svolgimento della procedura di nullità, seppur con le intervenute modifiche rimane un procedimento di tipo “giudiziale” che, pertanto, si caratterizza per:
In considerazione della peculiare distribuzione della potestà di governo nella Chiesa, per cui la stessa risulta concentrata nelle mani degli organi di vertice (Pontefice e Collegio episcopale, a livello di Chiesa universale; singoli Vescovi, a livello di Chiesa particolare) , anche la funzione giudiziaria viene ricondotta nella sua titolarità a tali massimi livelli, ed è esercitata per il tramite dei tribunali apostolici nel caso del Papa e dei tribunali diocesani, metropolitani e interdiocesani nel caso dei Vescovi; tutti questi tribunali risultano collegati tra loro sulla base di specifici rapporti di grado al fine di garantire anche nelle cause di nullità matrimoniale l’esercizio del diritto di impugnazione della decisione di I istanza, a tutela dei diritti di difesa di tutte la parti coinvolte nel procedimento.
A livello della Chiesa universale (in corrispondenza con l’esercizio del ministero petrino), i tribunali apostolici della Rota Romana e della Segnatura Apostolica sono costituiti stabilmente come Dicasteri della Curia Romana al fine di consentire al Pontefice l’esercizio della funzione giudiziaria , sempre che lo stesso non si avvalga di giudici appositamente delegati in base a speciali commissioni, o non decida di esercitare personalmente tale funzione , in virtù della sua potestà che gli consente, non solo di essere investito personalmente da ciascun fedele della propria situazione, ma di avocare a sé qualsiasi tipo di causa .
Il tribunale della Rota Romana è un giudice stabilmente costituito per il giudizio di seconda istanza nelle cause di nullità matrimoniali, ma anche in altre tipologie di cause (penali e c.d. causae iurium, aventi ad oggetto questioni di diritto privato) di provenienza dai tribunali inferiori e deferite per legittimo appello alla Sede Apostolica .
I giudici della Rota (Prelati uditori) sono sacerdoti scelti dal Papa dalle varie parti del mondo tra ministri sacri di età matura, di vita onesta e dotati di specifiche competenze giuridiche ; essi, sotto la supervisione ed il governo del Decano, sono costituiti in collegio e giudicano le cause secondo specifici turni costituiti in base all’anzianità .
La Rota Romana, inoltre, pur essendo un giudice di merito, ha svolto e svolge un’importante funzione nomofilattica, in quanto «provvede all’unità della giurisprudenza e, attraverso le proprie sentenze, è di aiuto ai tribunali di grado inferiore» .
Il Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica è un tribunale con svariate competenze giudiziali, amministrative e di legittimità e solo eccezionalmente interviene nelle procedure di nullità matrimoniale. In particolare, dal punto di vista giudiziale, il tribunale della Segnatura giudica: 1) le querele di nullità, le richieste di restitutio in integrum ed altri ricorsi contro le sentenze rotali; 2) i ricorsi sullo stato delle persone che la Rota rifiuta di ammettere a nuovo esame; 3) le eccezioni di sospetto ed altre cause contro i giudici del tribunale della Rota per atti posti durante l’esercizio delle loro funzioni; 4) i conflitti di competenza fra tribunali .
Come supremo organo di giustizia amministrativa si occupa, invece, di giudicare i ricorsi contro singoli atti amministrativi posti in essere dai Dicasteri della Curia romana o da essi approvati; infine, svolge un’attività di vigilanza sull’amministrazione della giustizia nei tribunali inferiori e sulla deontologia degli operatori in essi chiamati ad agire . Quanto alle cause di nullità matrimoniali, la competenza della Segnatura risulta molto circoscritta, riguardando sia alcune delle summenzionate ipotesi in cui esplica le sue funzioni in via giudiziale, sia nel caso in cui il tribunale ottenga dal Pontefice la commissione a trattare i casi che possano determinare interpretazioni di diritto fuorvianti sui capi di nullità trattati; infine, si occupa delle questioni che possono sorgere nei rapporti tra la Santa Sede e gli stati firmatari di concordati, come nel caso dello stato Italiano con particolare riferimento alla procedura di delibazione delle sentenze canoniche di nullità matrimoniale .
Il can. 1691, §§ 2 e 3 CIC, vieta in queste cause l’utilizzo del processo contenzioso orale di cui ai cann. 1656-1670 CIC, statuendo, invece, l’applicazione di tutti i canoni del Libro VII relativi ai giudizi in generale e al giudizio contenzioso ordinario, a meno che ciò non sia possibile per la natura della cosa e osservate in ogni caso le norme speciali per le cause sullo stato delle persone e per quelle riguardanti il bene pubblico.
Pontificio Consiglio per l’interpretazione dei testi legislativi, Dignitas connubii, Istruzione da osservarsi nei tribunali diocesani e interdiocesani nella trattazione delle cause di nullità del matrimonio, Città del Vaticano 2005.
Sul punto si veda: G. Boni, La recente riforma del processo di nullità matrimoniale. Problemi, criticità, dubbi (parte prima), inStato, Chiese e pluralismo confessionale, Rivista telematica, www.statoechiese.it, 7 marzo 2016, pp. 44-45. Sulla natura dell’“istruzione” quale atto amministrativo generale, il cui scopo è proprio quello di chiarire le disposizioni della legge canonica si rinvia al can. 34 CIC, il cui § 3 precisa che: «Le istruzioni cessano di aver vigore […] per la cessazione della legge che esse intendevano chiarire o far eseguire».
Cfr. can. 1055 CIC.
Sulla conformità fra vita vissuta, vocazione e carisma interiore e, in senso più ampio, sulla convergenza interna fra comportamenti esteriori ed atteggiamento interiore si veda: S. Berlingò- M. Tigano, Lezioni di diritto canonico,Torino 2008, pp. 147s. e 64s.
Mt. 18, 15-20
Francesco, Lettera Apostolica in forma di Motu proprio “Mitis Iudex Dominus Iesus”, p. 1; cfr. Concilio Ecumenico Vaticano II, Costituzione dogmatica sulla Chiesa “Lumen gentium”, in AAS 57 (1965) 5-71, n. 27.
In effetti, il can. 1671, § 2 CIC, che ha sostituito il precedente can. 1672 CIC, contempla la possibilità che anche il giudice ecclesiastico possa essere investito della trattazione delle cause aventi ad oggetto gli effetti civili del matrimonio nel caso in cui ciò sia previsto dal diritto particolare e nell’ipotesi in cui le stesse cause vengano trattate in via incidentale e accessoria.
Cfr. Mt. 19, 6.
Cfr. cann. 1055 – 1165 CIC sul contratto- sacramento del matrimonio.
Francesco, Lettera Apostolica in forma di Motu proprio “Mitis Iudex Dominus Iesus, p. 2.
Tale situazione di “distanza”, tuttavia, non rispecchia in modo pienamente veritiero le problematiche costituite dall’eventuale lentezza delle procedure o dalle lungaggini processuali che determinano, in alcuni casi e solo per alcuni territori, tempi lunghi per ottenere le decisioni sulle nullità matrimoniali; tali problematiche, infatti, più che riportarsi alla procedura canonica meramente considerata (ossia alle norme) sono dovute alla strutturazione territoriale dei tribunali, in cui spesso, a causa dell’esiguo numero di sacerdoti (ma anche di laici preposti all’esercizio degli uffici giudiziari), un solo chierico è giudice e svolge anche altre attività ministeriali (parroco, rettore di chiesa, etc.). Sul punto rinvia all’analisi di G. Boni, La recente riforma del processo di nullità matrimoniale, cit., pp. 1-78, ove si prospetta la tesi in base alla quale più che “colpire” in senso generale con la riforma le norme di diritto universale, si sarebbe dovuto agire a livello di chiese particolari, la cui diversità di usi e prassi viene evidenziata dallo stesso Papa Francesco nella recente Esortazione Apostolica post- sinodale sull’amore e sulla famiglia “Amoris laetitia, Città del Vaticano 2016.
Cfr. Francesco, Allocuzione alla Rota Romana del 24 gennaio 2014, in AAS (2014), pp. 89-90; Francesco, Lettera Apostolica in forma di Motu proprio “Mitis Iudex Dominus Iesus, p. 2.
Cfr. can. 1752 CIC.
Si tratta delle disposizioni per le Chiese cattoliche orientali con cui si modifica il Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, costituita dal Motu proprio “Mitis et Misericors Iesus” (consultabile al momento all’indirizzo internet: https://w2.vatican.va/content/francesco/it/motu_proprio/documents/papa-francesco-motu-proprio_20150815_mitis-et-misericors-iesus.html)
Sul punto di vedano i tre contributi di G. Boni, La recente riforma del processo di nullità matrimoniale. Problemi, criticità, dubbi, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, Rivista telematica, www.statoechiese.it, marzo 2016 e M. Ganarin, I tribunali interdiocesani secondo il m.p. Mitis Iudex Dominus Iesus. Riflessioni circa la “sorte” del m.p. Qua cura di Papa Pio XII, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, Rivista telematica, www.statoechiese.it, marzo 2016.
Cfr. Francesco, Lettera Apostolica in forma di Motu proprio “Mitis Iudex Dominus Iesus, p. 2.
Si veda in merito infra par. 3 punto n. 2).
La violazione del diritto di difesa e del contraddittorio può determinare la nullità insanabile della sentenza da farsi valere con il messo di impugnazione della querela di nullità di cui ai cann. 1619s. CIC.
Cfr. can. 135 CIC.
A tali due tribunali che svolgono la funzione giudiziaria in foro esterno, occorre aggiungere il tribunale della Penitenzieria Apostolica, con competenze specifiche relative al foro interno e alle indulgenze e per la cui disciplina si veda: Giovanni Paolo II, Costituzione Apostolica “Pastor bonus” sulla Curia Romana del 28 giugno 1988, in AAS 80 (1988), pp. 841- 930, artt. 117-120.
Il can. 1442 CIC dispone in merito: «Il Romano Pontefice è giudice supremo in tutto l’orbe cattolico, e giudica o personalmente o tramite i tribunali ordinari della Sede Apostolica oppure per mezzo di giudici da lui delegati».
Cfr. cann. 1405 e 1417 CIC, ove si richiama la competenza del Pontefice a giudicare alcune tipologie di cause sulla base dei soggetti in esse coinvolti (ossia capi di Stato, Padri Cardinali, Legati della Sede Apostolica e Vescovi nelle cause penali), nonché tutte le altre che egli abbia deciso di avocare al proprio giudizio; mentre in forza del primato della Sede Apostolica, è altresì possibile che qualunque fedele deferisca direttamente al Pontefice la controversia che lo riguarda, sia contenziosa che penale.
Cfr. can. 1443 CIC, ove si precisa che: «Il tribunale ordinario costituito dal Romano Pontefice per ricevere gli appelli è la Rota Romana».
Cfr. can. 1444, 1° CIC; ivi inoltre si prevede anche una competenza della Rota Romana nel I grado di giudizio esclusivamente per le cause di cui al can. 1405, § 3 CIC riguardanti i Vescovi nelle cause contenziose, l’Abate primate o l’Abate superiore di una congregazione monastica, i Moderatori supremi degli istituti religiosi di diritto pontificio e le Diocesi e le altre persone ecclesiastiche sia fisiche che giuridiche che non hanno superiore al di sotto del Romano Pontefice.
Cfr. Artt. 127s. Costituzione Apostolica “Pastor bonus”; artt. 3-4 delle Norme del Tribunale della Rota Romana, in AAS 86 (1994), 508-540.
Dalla modalità di turnazione dei Prelati uditori nella costituzioni dei collegi per la definizione delle singole cause deriverebbe il nome del Tribunale; cfr. E. Vitali, S. Berlingò, Il matrimonio canonico, Milano 2012, p. 162s.
Art. 126, Costituzione Apostolica “Pastor bonus”.
Cfr. can. 1445 CIC.
Cfr. art. 121s., Costituzione Apostolica “Pastor bonus”.
Cfr. E. Vitali, S. Berlingò, Il matrimonio canonico, cit., pp. 165-166.
A livello di Chiese particolari, la riforma di Papa Francesco ha messo in evidenza il primato già esistente in virtù della specificità della potestà episcopale che vede il Vescovo come giudice naturale dei fedeli che gli sono stati affidati , riportandolo, tuttavia, in specifica relazione con le procedure di nullità matrimoniale, poiché ha stabilito che: «In ciascuna diocesi il giudice di prima istanza per le cause di nullità del matrimonio, per le quali il diritto non faccia espressamente eccezione, è il Vescovo diocesano, che può esercitare la potestà giudiziale personalmente o per mezzo di altri, a norma del diritto»; ciascun Vescovo, pertanto, dovrà costituire «per la sua diocesi il tribunale diocesano per le cause di nullità del matrimonio, salva la facoltà […] di accedere a un altro viciniore tribunale diocesano o interdiocesano» . Ciò significa che, se da un lato il Vescovo è sollecitato a creare un tribunale per le cause di nullità del matrimonio all’interno della propria diocesi, dall’altro tuttavia, laddove ci fosse carenza di mezzi (sia “umani” che economici) per favorire tale progetto, nonché per un principio di collaborazione fra le Chiese viciniori, potrà decidere di avvalersi di un tribunale interdiocesano già esistente o che si costituirà per sopperire allo svolgimento dei giudizi di nullità del matrimonio in attuazione delle prescrizione del MI.
Il “potenziamento” e la promozione del ruolo del Vescovo come protagonista delle cause di nullità che riguardano i propri sudditi costituisce un’ulteriore forma di attuazione (vista dal punto di vista strutturale –gerarchico della Chiesa istituzione) di quella che possiamo definire la linea guida del pontificato di Papa Francesco, ossia quella di una Chiesa in uscita, nella quale si verifica uno spostamento del “centro” verso le “periferie” e che, più specificamente dal punto di vista strettamente canonistico, vuole rimarcare il decentramento delle potestà a vantaggio dei Vescovi titolari delle Chiese particolari con conseguente riduzione del controllo a livello centrale del Pontefice e della Curia romana . Ciò viene reso possibile anche mediante l’introduzione di una speciale procedura abbreviata di nullità matrimoniale nella quale è il Vescovo il giudice proprio dei coniugi che a lui si rivolgono, proprio per rinforzare ulteriormente la nota della pastoralità, tipica del processo canonico, incentivando la vicinanza tra le persone ed i rispettivi pastori, così come Papa Francesco ha puntualizzato nel MI: « Il Vescovo in forza del can. 383 § 1 è tenuto a seguire con animo apostolico i coniugi separati o divorziati, che per la loro condizione di vita abbiano eventualmente abbandonato la pratica religiosa. Egli quindi condivide con i parroci (cfr. can. 529 § 1) la sollecitudine pastorale verso questi fedeli in difficoltà» .
Quanto al grado di appello, la riforma del MI ripristina l’appello al Vescovo Metropolita da parte delle diocesi suffraganee ; in particolare, per il caso del processo straordinario- breve, qualora la sentenza in I istanza sia stata emessa dal Vescovo Metropolita, l’appello si potrà presentare al Vescovo suffraganeo più anziano, mentre nel caso di Vescovo che non ha altro superiore al di sotto del Romano Pontefice l’appello si incardinerà al Vescovo stabilmente deputato a ricevere l’appello; resta salva in ogni caso la competenza della Rota Romana come tribunale in concorrenza con tutti i tribunali di appello territorialmente competenti.
Pertanto, la “geografia” dei tribunali di I Istanza e di II istanza delle Chiese particolari in riferimento al processo di nullità matrimoniale appare così definita:
I istanza:
II istanza:
Il giudice nelle cause di nullità matrimoniale è in genere un giudice collegiale (costituito da un numero di tre giudici, anche se nelle cause più complesse è possibile che i giudici siano anche cinque o più) composto da chierici e laici ; tuttavia per le diocesi nelle quali non sia possibile la costituzione di un tribunale collegiale, il Vescovo Moderatore può affidare la decisione delle cause ad un giudice unico chierico, il quale, ove è possibile, provvederà ad associarsi due assessori «di vita specchiata, esperti in scienze giuridiche o umane, approvati dal Vescovo per questo compito» .
Se la funzione giudiziale è prerogativa del Vescovo nella sua titolarità, quanto al suo esercizio il Vescovo si avvale del Vicario giudiziale e di una serie di altri giudici da lui stesso nominati (uditori) .
Nei giudizi di nullità matrimoniale sono definite “parti pubbliche” il promotore di giustizia e il difensore del vincolo, la cui presenza si rende necessaria in conseguenza del rilievo pubblicistico che l’ordinamento canonico attribuisce al vincolo matrimoniale per la sua natura non solo contrattuale, ma anche sacramentale.
Il promotore di giustizia è nominato dal Vescovo e ha la specifica funzione della tutela del bene pubblico, ma non sempre è presente nei procedimenti di nullità del matrimonio; in particolare, nelle cause di nullità del matrimonio è legittimato ad impugnare il matrimonio quando la nullità sia già stata divulgata, se non è possibile convalidare il matrimonio o ciò non sia opportuno ed chiamato ad intervenire in alcune fasi del giudizio di querela di nullità e di proposizione di nuova causa in relazione alle procedura di nullità del matrimonio.
Al contrario, invece, il difensore del vincolo deve essere sempre presente in tali giudizi poiché il suo compito è la difesa del matrimonio, che si esplica argomentando ragionevolmente a sostegno della validità del vincolo .
Quanto alla loro specifica attività processuale, le parti pubbliche esse hanno diritto: 1) di essere presenti all’esame delle parti, dei testi e dei periti, salvo il disposto del can. 1559; 2) di prendere visione degli atti giudiziari, benché non ancora pubblicati, e di esaminare i documenti prodotti dalle parti .
Nelle cause di nullità matrimoniale sono considerate parti private i soggetti interessati alla nullità (o alla validità) del matrimonio di cui si giudica, ossia coloro che sono chiamati a partecipare al contraddittorio. In particolare in riferimento alle parti private si distingue:
Supportano la difesa tecnica delle parti in giudizio i procuratori, gli avvocati e i patroni stabili. I procuratori hanno la rappresentanza processuale della parte (ossia agiscono per conto ed in nome della parte dalla quale hanno ricevuto mandato); gli avvocati o patroni, svolgono invece per intero la difesa tecnica (e, ricevendo mandato dalla parte, agiscono per conto della stessa ma in persona propria).
L’avvocato deve essere licenziato o aver conseguito il dottorato in diritto canonico e deve avere l’approvazione del Vescovo Moderatore del tribunale o del Vescovo diocesano presso cui è istituto il tribunale; non hanno bisogno dell’approvazione del Vescovo territorialmente competente gli avvocati della Rota Romana che, in quanto iscritti nell’albo del tribunale Apostolico possono patrocinare le cause di nullità matrimoniale dinanzi a qualsiasi tribunale.
L’ordinamento della Chiesa ha sempre garantito la gratuità dei processi di nullità matrimoniale mediante il servizio di gratuito patrocinio che viene fornito dagli avvocati nominati dal Vicario giudiziale ad casum nei confronti di coloro che non possono permettersi il pagamento della tassa di giudizio da versarsi al tribunale e/o l’onorario per il patrono di fiducia. A tal fine, oltre al patrocinio gratuito, è possibile avvalersi del patrono stabile, ossia di un avvocato stabilmente costituito presso ciascun tribunale cui ci si può rivolgere per l’introduzione del giudizio e che appartiene all’organico del tribunale .
Anche i patroni hanno diritto: 1° di essere presenti all’esame delle parti, dei testi e dei periti, salvo il disposto del can. 1559; 2° di prendere visione degli atti giudiziari, benché non ancora pubblicati, e di esaminare i documenti prodotti dalle parti .
Hanno il compito di autenticare gli atti del giudizio e di costituire il verbale di udienza, fungendo da garanti di tutte le attività svolte nel corso del processo .
L’individuazione in concreto del giudice che è competente a trattare della nullità di un determinato matrimonio viene individuata dal nuovo can. 1672 CIC in base a tre criteri o titoli di competenza, che devono considerarsi tra loro equivalenti e concorrenti, salvaguardato il più possibile il principio di prossimità fra il giudice e le parti ; essi sono:
Nel caso in cui le parti si rivolgano disgiuntamente a due tribunali diversi, allora il giudice competente è individuato in base al criterio della prevenzione, ossia potrà trattare la causa il giudice che per primo avrà provveduto a formalizzare la citazione alla parte convenuta, effettuandone rituale notifica .
E’ possibile individuare nello svolgimento del procedimento di nullità matrimoniale una pluralità di fasi che vanno dall’introduzione del giudizio all’emissione della sentenza, la cui impugnazione può dare luogo ad ulteriori stadi di giudizio in II istanza o a specifiche ulteriori procedure di impugnazione distinte dall’appello . Tale sviluppo a fasi può essere individuato in entrambe le procedure di nullità matrimoniale (processo di nullità c.d. ordinario e procedura straordinaria c.d. breve innanzi al Vescovo), le quali, pur presentando in comune tutti i passi tecnici, si differenziano quanto tempi e contenuti.
5.1. L’indagine preliminare o consulenza
Prima dell’introduzione in senso tecnico del giudizio, ossia del deposito dell’atto di ricorso (libello) gli operatori del diritto (patroni e consulenti specializzati) devono ovviamente svolgere un’indagine previa per valutare quale sia la situazione dei coniugi, cercando di trovare un punto di incontro tra gi stessi, al fine di valutare se ci siano i presupposti per procedere all’apertura della procedura di nullità, individuando anche il tipo di procedura (ordinaria o breve) da intraprendere .
E’certo che la fase preliminare potrebbe essere quella adatta a tentare la conciliazione tra i coniugi; ed è in quest’ottica che occorre leggere la norma del MI in base alla quale: «Il giudice prima di accettare la causa, deve avere la certezza che il matrimonio sia irreparabilmente fallito, in modo che sia impossibile ristabilire la convivenza coniugale» . Tale disposizione - nonostante la criticabile formulazione che potrebbe far dedurre una sorta di automatica equivalenza fra fallimento del matrimonio e nullità dello stesso - trova la sua logica nell’amplificazione degli aspetti “pastorali” del processo canonico di nullità, anche se già il previgente can. 1676 CIC statuiva: «Il giudice prima di accettare la causa ed ogniqualvolta intraveda una speranza di buon esito, faccia ricorso a mezzi pastorali, per indurre i coniugi, se è possibile, a convalidare eventualmente il matrimonio e a ristabilire la convivenza coniugale».
Il processo ha inizio con il deposito del ricorso dell’attore o di entrambe le parti (libello) nel quale devono indicarsi:
Secondo il nuovo can. 1676 CIC, così come modificato dal MI, «Ricevuto il libello, il Vicario giudiziale del Tribunale se ritiene che esso goda di qualche fondamento, lo ammetta». Tale disposizione, nella quale si indica il presupposto dell’ammissione dell’azione, è formulata in modo molto più sintetico rispetto alla precedente norma di riferimento costituita dal can. 1505 CIC relativo all’introduzione della domanda nel processo contenzioso ordinario, ove si stabilisce: «Il giudice unico o il presidente del tribunale collegiale, dopo aver constatato che la cosa è di sua competenza e che all’attore non manca la capacità legittima di stare in giudizio, deve al più presto con un suo decreto ammettere o respingere il libello. Il libello può essere respinto soltanto:1) se il giudice o il tribunale sono incompetenti; 2) se consta senza dubbio che all’attore manca la capacità legittima di stare in giudizio; 3) se non sono state osservate le disposizioni del can. 1504, nn. 1-3; 4) se è sicuramente manifesto dal libello stesso che la domanda manca di qualunque fondamento, né potrà accadere che alcun fondamento venga fuori dal processo».
Tuttavia è chiaro che, anche a seguito dell’intervenuta riforma, il Vicario giudiziale potrà rigettare il libello ove riscontri l’incompetenza del giudice o nel caso in cui manchi all’attore la capacità di stare in giudizio con conseguente necessità della nomina di un curatore o tutore che lo rappresenti e tuteli i suoi diritti.
Dal punto di vista della prassi processuale, il libello, seppur restano immutati i suoi elementi essenziali così come delineati, presenterà delle differenze di contenuto nel caso della procedura c.d. straordinaria –breve innanzi al Vescovo, laddove non potrà più limitarsi ad indicare le prove e gli argomenti in modo sommario, ma dovrà, invece, determinare in modo puntuale e preciso tutte le argomentazioni a sostegno della nullità del matrimonio, nonché le prove di cui ci si intende avvalere in giudizio, così come prescrive il nuovo can. 1684 CIC, ove si prevede che «Il libello con cui si introduce il processo più breve, oltre agli elementi elencati nel can. 1504, deve: 1° esporre brevemente, integralmente e chiaramente i fatti su cui si fonda la domanda; 2° indicare le prove, che possano essere immediatamente raccolte dal giudice; 3° esibire in allegato i documenti su cui si fonda la domanda».
La maggior ampiezza e puntualizzazione della domanda introduttiva, coincidente con l’indicazione precisa degli strumenti probatori di cui ci si intende avvalere, è determinata dalla specificità del processo c.d. breve che, per essere davvero tale, deve ridurre il più possibile la tempistica processuale, ed è ammesso solo a specifiche condizioni:
Valutata l’ammissibilità della domanda il Vicario giudiziale, ove ritenga di poterla accogliere, «con decreto apposto in calce allo stesso libello, ordina che una copia venga notificata al difensore del vincolo e, se il libello non è stato sottoscritto da entrambe le parti, alla parte convenuta, dandole il termine di quindici giorni per esprimere la sua posizione riguardo alla domanda» . Si tratta della formale citazione in giudizio della parte convenuta, la quale può assumere vari atteggiamenti processuali:
5.3. La fase della concordanza del dubbio.
Una volta acquisita la risposta della parte convenuta, il Vicario giudiziale con decreto determina in modo specifico l’oggetto del giudizio mediante la sessione per la “concordanza del dubbio” o “contestazione della lite”, nella quale viene determinato lo specifico motivo di nullità sul quale il giudice investito del giudizio è chiamato ad indagare, in base alle richieste e deduzioni giunte dalle parti .
Oggi, per effetto della riforma introdotta dal MI, nel decreto di contestazione della lite il Vicario giudiziale dovrà anche stabilire se la causa debba trattarsi con il processo ordinario o con quello straordinario- breve di cui ai cann. 1683- 1687 CIC. Nel primo caso, il Vicario giudiziale nello stesso decreto determinerà il Turno di giudici (o il giudice unico affiancato da due assessori ai sensi del can. 1673 § 4 CIC) che dovrà trattare la causa; nel secondo caso, il Vicario giudiziale nominerà il giudice istruttore e l’assessore che lo assiste, fissando anche la data dell’unica udienza in cui si articolerà la fase istruttoria, da tenersi al massimo entro trenta giorni dalla notifica del decreto stesso nel quale occorrerà anche effettuare la citazione alla stessa udienza delle parti e di tutti i testimoni già indicati nel libello .
Il decreto con cui si fissano i termini della causa deve essere notificato alle parti e al difensore del vincolo per la sua eventuale impugnazione da effettuarsi nel termine di 10 giorni dalla notifica.
5.4.La fase istruttoria
L’istruzione della causa coincide con la fase di assunzione delle prove necessarie al giudice per definire con sentenza il processo; essa si caratterizza per una serie di regole fondamentali:
Nel processo di nullità del matrimonio l’articolazione della prova è libera, per cui le parti possono addurre tutte le prove che ritengono opportune a sostegno della propria tesi, purché utili e lecite .
Se in genere l’istruttoria è una fase complessa che richiede anche un certo numero di mesi con la fissazione di sessioni di udienza diverse, nel caso del processo straordinario breve il can. 1686 CIC stabilisce che: «L’istruttore, per quanto possibile, raccolga le prove in una sola sessione e fissi il termine di quindici giorni per la presentazione delle osservazioni in favore del vincolo e delle difese di parte, se ve ne siano».
Gli strumenti probatori utilizzabili in giudizio sono costituiti da:
L’interrogatorio delle parti ha inizio con il giuramento promissorio (de veritate dicenda) o quanto meno assertorio (de veritate dictorum) e si svolge sulla base di quesiti che rispettivi patroni o il difensore del vincolo hanno provveduto a depositare e che sono finalizzati alla prova dell’oggetto del giudizio .
L’interrogatorio dei testimoni, dopo il rituale giuramento, si svolge seguendo i quesiti predisposti dai patroni delle parti o dal difensore del vincolo e le loro testimonianze vanno valutate sulla base della coerenza con le altre risultanze processuali e con le circostanze prese in considerazione nel processo .
L’istruttoria si conclude con il decreto di pubblicazione degli atti che autorizza le parti a visionare gli atti di causa in modo da valutare come sia andata la raccolta delle prove ed eventualmente integrarle per supportare ulteriormente la propria tesi .
5.5. La fase della discussione della causa.
Con il decreto di “conclusione” ha termine la fase istruttoria e si passa alla fase della c.d. discussione in causa nella quale avviene lo scambio delle scritture difensive delle parti (il restrictus iuris et facti per le parti private e le animadversiones per il difensore del vincolo) , con conseguente diritto di effettuare replica .
La causa di nullità matrimoniale si conclude con l’emissione della decisione giudiziale nella sessione stabilita a tal fine dopo che siano state valutate le prove raccolte in giudizio e le scritture difensive delle parti e del difensore del vincolo . Il pronunciamento del giudice presuppone da parte dello stesso il raggiungimento della “certezza morale” su quanto è chiamato a definire , per conseguire la quale «non è sufficiente una prevalente importanza delle prove e degli indizi, ma occorre che resti del tutto escluso qualsiasi dubbio prudente positivo di errore, in diritto e in fatto, ancorché non sia esclusa la mera possibilità del contrario» .
Quanto al suo contenuto, la sentenza deve: «1) definire la controversia discussa avanti al tribunale, dando una congrua risposta ai singoli dubbi; 2) determinare quali siano gli obblighi delle parti sorti dal giudizio, e in quale modo debbano essere adempiuti; 3) esporre le ragioni ossia i motivi, in diritto e in fatto, sui quali si fonda la parte dispositiva della sentenza; 4) decidere sulle spese processuali» , nonché ammonire le parti sul rispetto degli obblighi morali o civili da tenersi nei confronti dell’altra parte e/o della prole . Infine, la sentenza può contenere il c.d. divieto a nozze (vetitum) per la parte che ha causato la nullità del matrimonio e che è possibile rimuovere con una procedura di tipo amministrativo nei Tribunali di I istanza e giudiziale di fronte alla Rota Romana .
Con la sua pubblicazione, ossia con la notifica alle parti, la sentenza diviene esecutiva ; a tal proposito, il nuovo can. 1679 CIC stabilisce che: «La sentenza che per la prima volta ha dichiarato la nullità del matrimonio, decorsi i termini stabiliti nei cann. 1630-1633, diventa esecutiva» e le parti il cui matrimonio è stato dichiarato nullo possono contrarre nuove nozze (a meno che non sia stato apposto il vetitum) , mentre la stessa sentenza, va annotata nei registri di matrimonio e dei battezzati tenuti in curia e nelle parrocchie di riferimento delle parti .
L’immediata esecutività della sentenza di nullità rappresenta una delle novità introdotte per effetto del MI, poiché in precedenza la nullità del matrimonio non era dichiarata in modo definitivo se non dopo un doppio pronunciamento ad opera di due tribunali di gradi diverso (c.d. doppia sentenza conforme) ; infatti, dopo la sentenza affermativa (ossia dichiarativa della nullità del matrimonio) pronunciata in I istanza, si rendeva necessario un ulteriore giudizio di II istanza obbligatorio, all’esito del quale il Tribunale competente, poteva confermare la nullità con un decreto di ratifica, oppure ove non fosse convinto della nullità del matrimonio, riaprire in II grado un ulteriore giudizio che si concludeva con sentenza.
Nelle cause di nullità del matrimonio contro la sentenza di I istanza è possibile avvalersi di una serie di mezzi di impugnazione ordinari e straordinari, a carattere devolutivo o non devolutivo con i quali lamentare i vizi della sentenza ed in particolare:
1) La querela di nullità è mezzo di impugnazione ordinario (con parziale effetto devolutivo), mediante il quale si fa valere l’invalidità della sentenza per vizi di carattere eminentemente procedurale che ne abbiano determinato la nullità insanabile o sanabile.
In particolare, «La sentenza è viziata da nullità insanabile se: 1) fu emessa da un giudice incompetente d’incompetenza assoluta; 2) fu emessa da un giudice privo della potestà di giudicare nel tribunale dove la causa fu decisa; 3) fu emessa da un giudice a ciò coatto gravemente con violenza o timore grave; 4) il giudizio fu fatto senza la domanda giudiziale di cui al can. 1501, oppure non fu istituito contro una parte convenuta; 5) fu emessa tra parti, di cui almeno una non aveva capacità di stare in giudizio; 6) qualcuno agì in nome di un altro senza legittimo mandato; 7) all’una o all’altra parte si negò il diritto alla difesa; 8) non definì la controversia, neppure parzialmente» . Come si nota, si tratta di situazioni molto gravi che mettono a rischio gli stessi principi su cui si basa il processo canonico: iniziativa di parte, imparzialità del giudice, negazione del diritto al contraddittorio, mancata risposta del giudice alla richiesta delle parti ... In tali casi, la querela di nullità può essere proposta a modo di eccezione senza limiti di tempo, e a modo di azione entro dieci anni a partire dal giorno della pubblicazione della decisione .
Invece, «La sentenza è viziata solo da nullità sanabile, se: 1) fu emessa da un numero non legittimo di giudici, contro il disposto del can. 1425, §1; 2) non contiene i motivi o le ragioni della decisione; 3) manca delle firme prescritte dal diritto; 4) non riporta l’indicazione dell’anno, mese, giorno e luogo in cui fu emessa; 5) si regge su un atto giudiziale nullo o non sanato a norma del can. 1619; 6) fu emessa contro una parte legittimamente assente, secondo il can. 1593, § 2» . Tale nullità, da farsi valere entro tre mesi dalla notificazione della sentenza , attiene più che altro a vizi di natura formale.
Infine la querela di nullità si propone dinanzi allo stesso giudice che ha emesso la sentenza, oppure al giudice di appello, qualora sia presentata cumulativamente con l’appello .
La procedura per incardinare l’appello si svolge in due tempi: 1) l’interposizione di appello che va effettuata nel termine di 15 giorni dalla pubblicazione della sentenza al tribunale che l’ha emessa, con l’indicazione del tribunale di appello presso cui si vuole proseguire il giudizio (ossia il tribunale territorialmente competente o il tribunale della Rota Romana ); 2) la prosecuzione dell’appello presso il tribunale di II grado che si è indicato nell’atto di interposizione, nel termine di 30 giorni dall’interposizione, mediante il deposito di un atto di ricorso nel quale si indicano i motivi di appello, le prove che si intendono esibire ed eventuali altre richieste. Successivamente, formatosi il collegio giudicante e designato il difensore del vincolo, il tribunale di appello ammonisce le parti a formulare le proprie osservazioni entro un termine stabilito, decorso il quale, se l’appello risulta manifestamente dilatorio, il tribunale conferma con decreto la sentenza di I istanza ; in caso contrario, non riscontrandosi in modo chiaro la nullità del matrimonio, il giudizio prosegue in II istanza seguendo le regole del giudizio di I istanza .
La possibilità di impugnare in modo straordinario le sentenze di nullità divenute esecutive è una conseguenza del fatto che la sentenza di nullità del matrimonio ha carattere dichiarativo, ossia si limita a “fotografare” quella che è la condizione effettiva dello status del fedele; è chiaro, pertanto, che se vengono scoperte nuove prove o si producono argomenti gravi che possono dipingere in modo diverso la situazione personale del fedele così come statuita dalla sentenza, allora occorre rivedere la posizione assunta con la decisione, mediante il mezzo di impugnazione della nova causae propositio (= proposizione di nuovo esame della causa); in altre parole, nel diritto canonico, le statuizioni circa la posizione del fedele (ossia il suo stato di vita nell’ordinamento) non passano in giudicato ma, a determinate condizioni , le decisioni che le rappresentano, sono passibili di revisione. In ogni caso il blocco al riesame è molto stretto, poiché la revisione del giudizio seguirà solo alla proposizione di nuovi e gravi prove o argomenti entro il termine di trenta giorni dalla proposizione della richiesta di nuovo esame . La competenza a trattare questo speciale mezzo di impugnazione è individuato nel Tribunale di III istanza, ossia nel Tribunale della Rota Romana .
Effettuata questa breve disamina restano aperte tuttavia alcune questioni e si possono avanzare alcune criticità delle nuove regole in relazione all’istituto del processo canonico di nullità matrimoniale (che elenchiamo di seguito), la cui soluzione potrà giungere solo dopo una prassi di rodaggio delle stesse regole che impiegherà del tempo prima di decollare in maniera definitiva e senza intoppi, e a partire dalla quale, forse, si renderanno necessari ulteriori aggiustamenti di natura legislativa:
La competenza.
Un primo problema che ha creato confusione a livello di individuazione del giudice competente a trattare i procedimenti di nullità del matrimonio è stato determinato proprio dal principio cardine della riforma, ossia quello della vicinanza fra i fedeli ed il giudice (Vescovo in particolare); infatti, soprattutto riguardando alla speciale situazione dell’Italia, in cui la competenza per i processi di nullità del matrimonio era demandata ad una rete di tribunali interdiocesani di I e II istanza introdotti nel 1938 con il m.p. Qua cura di Pio XI, si è verificata una situazione di incertezza in merito alla possibile abrogazione della precedente organizzazione, per cui alcuni tribunali hanno chiuso (Tribunale Salernitano- Lucano), altri hanno sospeso l’accettazione delle cause (Tribunale Siculo), altri hanno deciso di continuare (Tribunale Lombardo), fino ad un chiarimento effettuato dallo stesso Pontefice lo scorso 7 dicembre che ha dichiarato abrogate e derogate le norme del Qua cura . Da ciò se alcune diocesi italiane hanno già provveduto a sganciarsi dai tribunali inter-diocesani, in altri casi, in attesa di poter organizzare mezzi e persone i Vescovi di alcune regioni ecclesiastiche hanno deciso di continuare a trattare le cause di nullità del matrimonio avvalendosi ancora delle precedenti strutture (Vescovi di Sicilia) o di mantenerle vista la loro efficienza pluridecennale (Vescovi della Lombardia) .
La natura del procedimento.
Altra questione è poi quella della natura giudiziale attribuita delle procedura che si svolge innanzi al Vescovo, e ciò per due ordini di ragioni:
Queste peculiarità del processo innanzi al Vescovo, sembrerebbero avvicinarlo alle procedure di tipo amministrativo, con compromissione dei principi basilari del giusto processo e con conseguenti ricadute, per quel che concerne lo Stato Italiano, in ordine al riconoscimento civile delle sentenze canoniche di nullità mediante la procedura di delibazione .
La tutela effettiva del vincolo matrimoniale.
A fronte del “rafforzamento” dell’aspetto pastorale del giudizio di nullità, non si è prevista in modo chiaro una eguale valorizzazione del ruolo del difensore del vincolo, soprattutto nel caso del processo innanzi al Vescovo, dove la figura del difensore appare sullo sfondo e depotenziata; ulteriori problemi, in merito, potrebbe porre l’attribuzione a soggetti non competenti dello studio e dello svolgimento della fase di consulenza preliminare effettuata senza gli approfondimenti tecnici necessari, con conseguente rischio di esporre alla dichiarazione di nullità (solo perché richiesta da entrambi i coniugi) quei pochi matrimoni ancora validi e con conseguente indebolimento della dottrina dell’indissolubilità del matrimonio.
Note bibliografiche
Berlingò S. – Tigano M., Lezioni di diritto canonico,Torino 2008.
Boni G., La recente riforma del processo di nullità matrimoniale. Problemi, criticità, dubbi (parte prima), inStato, Chiese e pluralismo confessionale, Rivista telematica, www.statoechiese.it, marzo 2016.
Colaianni N., Il giusto processo di delibazione e le “nuove” sentenze ecclesiastiche di nullità matrimoniale, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, Rivista telematica, www.statoechiese.it, dicembre 2015.
Ganarin M., I tribunali interdiocesani secondo il m.p. Mitis Iudex Dominus Iesus. Riflessioni circa la “sorte” del m.p. Qua cura di Papa Pio XII, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, Rivista telematica, www.statoechiese.it, marzo 2016.
Vitali e., Berlingo’ S., Il matrimonio canonico, Milano 2012
Can. 1673, §§ 1-2 CIC.
Scrive, in merito: A. Melloni in Il modello di famiglia che esce dal Sinodo, in Corriere della sera, 23 ottobre 2015 (citato da G. Boni, La recente riforma del processo di nullità matrimoniale, cit., p. 59): «Restituendo ai vescovi il giudizio sulla nullità Bergoglio non ha cambiato lo status dei divorziati, ma ha fatto un silenzioso, enorme atto di riforma del papato. Dal secolo XI il Pontefice ha sempre sottratto potestà dei vescovi e invocando motivi solidi o meno. Paolo VI restituì qualche facoltà in ossequio al Vaticano II. Mai da mille anni un Papa aveva ceduto poteri di sua volontà. Facendolo, Francesco ha detto a padri e madri sinodali che il loro compito non è spingere il Papa a destra o a sinistra, ma fare un «balzo innanzi» nella propria fedeltà al Vangelo. /Inoltre, semplicemente restando seduto in Sinodo, ha compiuto un altro atto di riforma enorme riguardante la sinodalità della Chiesa. Il progressismo teologico invocava negli anni Settanta la «democratizzazione» della Chiesa: dimenticando che la sinodalità è molto più della democrazia: perché fa appello non alla sovranità, ma alla comunione. La sinodalità è rimasta un tabù nella Chiesa cattolica per decenni. La Chiesa di cui il Papa è primate, quella italiana, un Sinodo non l’ha mai fatto, per ora. Lo stesso Sinodo dei vescovi, nonostante il nome, non è mai stato altro che organo consultivo, che consegnava al Papa i propri antagonismi perché lui mediasse. Francesco ha agito sul Sinodo facendone, a norme invariate, un organo di collegialità effettiva e di rango quasi-conciliare».
Art. 1, Regole procedurali per la trattazione delle cause di nullità matrimoniale, MI p. 11.
Cfr. can. 1673, § 6 CIC.
Oggi il MI consente anche un collegio composto da due laici ed un chierico (che presiede il turno). Cfr. can. 1673, § 3 CIC.
Can. 1673, § 4 CIC.
Sulla distinzione e sull’esercizio fra potestà propria e vicaria si veda S. Berlingò- M. Tigano, Lezioni di diritto canonico, cit., pp. 140-141.
Cfr. can. 1674, § 1 CIC.
Cfr. can. 1432 CIC.
Cfr. can. 1677, § 1 CIC.
Sul punto si veda: E. Vitali- S. Berlingò, Il matrimonio canonico, cit., pp. 176-177.
Cfr. can. 1490 CIC.
Cfr. can. 1677, § 1 CIC.
Cfr. can. 1437 CIC.
Cfr. art. 7, § 1, Regole procedurali per la trattazione delle cause di nullità matrimoniale, MI p. 12. Prima della riforma del MI il foro dell’attore e quello in cui dovevano raccogliersi il maggior numero di prove erano condizionati al verificarsi di alcune circostanze, così come prevedeva il can. 1673 CIC: «Sulle cause di nullità del matrimonio, che non siano riservate alla Sede Apostolica, è competente: 1) il tribunale del luogo in cui il matrimonio fu celebrato; 2) il tribunale del luogo in cui la parte convenuta ha il domicilio o il quasi-domicilio; 3) il tribunale del luogo in cui la parte attrice ha il domicilio, purché entrambe le parti risiedano nel territorio della stessa Conferenza Episcopale, e il Vicario giudiziale del luogo di domicilio della parte convenuta, udita la medesima, sia d’accordo; 4) il tribunale del luogo in cui di fatto si debba raccogliere la maggior parte delle prove, purché si aggiunga il consenso del Vicario giudiziale del domicilio della parte convenuta, il quale prima la interroghi, se mai abbia qualcosa da eccepire».
Cfr. can. 1415 CIC.
Si tratta dei mezzi di impugnazione della querela di nullità e della richiesta di nuovo esame di cui si dirà infra al par. 7.
Cfr. Artt. 2-4 delle Regole procedurali per la trattazione delle cause di nullità matrimoniale, MI p. 11.
Can 1675 CIC.
E’ interessante sottolineare come nel giudizio canonico, al di là del contradditorio meramente formale fra attore e convenuto (il quale può assumere diverse posizioni processuali, decidendo di intervenire in giudizio a favore della nullità, di opporsi alla dichiarazione di nullità, o di non partecipare al processo), si instaura in ogni caso un contraddittorio di natura sostanziale con il vero convenuto del giudizio che è il matrimonio della cui nullità si tratta.
Nel caso in cui la parte si costituisca in giudizio con un procuratore, l’indicazione del domicilio è sostituita dall’elezione di domicilio presso lo studio professionale del patrono inserita nel corpo del mandato.
Il consenso richiesto alla parte convenuta deve intendersi come formale ed esplicita adesione alla domanda dell’attore e non semplice tolleranza o mancata risposta, e ciò avuto riguardo alla ratio della procedura breve che vede il Vescovo, pastore di entrambi i coniugi ad interessarsi personalmente alla loro situazione familiare.
In merito alle possibili circostanze al verificarsi delle quali si potrebbe optare per il processo straordinario – breve, il MI all’art. 14, § 1 delle Regole procedurali per la trattazione delle cause di nullità matrimoniale, ha previsto un elenco non esaustivo nel quale vengono indicate: «quella mancanza di fede che può generare la simulazione del consenso o l’errore che determina la volontà, la brevità della convivenza coniugale, l’aborto procurato per impedire la procreazione, l’ostinata permanenza in una relazione extraconiugale al tempo delle nozze o in un tempo immediatamente successivo, l’occultamento doloso della sterilità o di una grave malattia contagiosa o di figli nati da una precedente relazione o di una carcerazione, la causa del matrimonio del tutto estranea alla vita coniugale o consistente nella gravidanza imprevista della donna, la violenza fisica inferta per estorcere il consenso, la mancanza di uso di ragione comprovata da documenti medici, ecc.».
Can. 1683 CIC.
Can. 1676 CIC.
Art. 11, § 2, Regole procedurali per la trattazione delle cause di nullità matrimoniale, MI p.12.
Cfr. can. 1592 CIC; art. 134 DC.
Cfr. can. 1676, § 5 CIC.
Cfr. can. 1685 CIC. Resta salva la possibilità di produrre almeno tre giorni prima della sessione di udienza gli articoli degli argomenti sui quali si chiede l’interrogatorio delle parti o dei testi. Cfr. art. 17, Regole procedurali per la trattazione delle cause di nullità matrimoniale, MI p. 13.
Cfr. can. 1452 CIC e art. 71 DC.
Si vedano in merito il can. 1598 CIC, ove si fa riferimento alla pubblicazione degli atti e alle ipotesi in cui sia possibile non rendere pubblici gli atti alle parti, nonché l’art. 18 § 1 delle Regole procedurali per la trattazione delle cause di nullità matrimoniali del MI, ove si precisa: « Le parti e i loro avvocati possono assistere all’escussione delle altre parti e dei testi, a meno che l’istruttore ritenga, per le circostanze di cose e di persone, che si debba procedere diversamente».
Cfr. can. 1527 CIC.
Can. 1678 CIC.
Cfr. can. 1532 CIC.
Cfr. can. 1533 CIC
Cfr. can. 1549 CIC
Cfr. cann. 1549, 1550 CIC.
A tal proposito il can. 1572 CIC stabilisce: «Nella valutazione delle testimonianze, il giudice, dopo aver richiesto, se necessario, lettere testimoniali, prenda in considerazione: 1) quale sia la condizione e l’onestà della persona; 2) se la testimonianza è fatta per conoscenza propria, soprattutto per aver veduto o udito personalmente, oppure in base alla propria opinione, per fama o per averlo udito da altri; 3) se il testimone sia costante e fermamente coerente con se stesso, oppure sia variabile, insicuro o dubbioso; 4) se abbia contestimoni su quanto ha deposto, e sia confermato o no da altri elementi di prova».
Cfr. can. 1579 CIC.
Cfr. can. 1541 CIC
Cfr. can. 1542 CIC.
Cfr. can. 1598 CIC.
Can. 1599, § 3 CIC.
Cfr. can. 1602 CIC
Cfr. can. 1603 CIC.
Cfr. can. 1609 CIC.
Cfr. can. 1608 CIC.
Art. 12 Regole procedurali per la trattazione delle cause di nullità matrimoniale, MI p. 13. Per approfondimenti sul concetto di “certezza morale” del giudice nella decisione della causa, si veda l’Allocuzione alla Rota Romana di Pio XII del 1 ottobre 1942, in AAS, 34 (1942) pp. 338- 343.
Can. 1611, § 1 CIC.
Cfr. can. 1691 § 1 CIC.
In merito al divieto a contrarre nuove nozze così recita l’art. 251 dell’Istruzione Dignitas connubii: «§ 1. Se nel corso del processo si è accertato che una delle parti è impotente in modo assoluto, o in modo permanente incapace di contrarre matrimonio, nella sentenza si apponga il divieto di contrarre un nuovo matrimonio senza previa consultazione del tribunale che ha emesso la sentenza. § 2. Se invece una delle parti è stata causa della nullità per dolo o per simulazione, il tribunale è tenuto a stabilire se, considerate tutte le circostanze del caso, nella sentenza debba essere apposto il divieto di contrarre un nuovo matrimonio senza la previa consultazione dell’Ordinario del luogo in cui il nuovo matrimonio deve essere celebrato. § 3. Se il tribunale di grado inferiore ha apposto il divieto nella sentenza, spetta al tribunale di appello decidere se esso debba essere confermato o meno». Sul vetitum si vedano anche i cann. 1684, § 1 CIC e 1685 CIC.
Cfr. can. 1615 CIC.
Can. 1682, § 1 CIC.
Can. 1682, § 2 CIC.
Ecco il testo del previgente can. 1682 CIC: «§ 1. La sentenza che da principio dichiarò la nullità del matrimonio insieme agli appelli, se ce ne furono, e agli altri atti del giudizio, siano trasmessi d’ufficio al tribunale di appello entro venti giorni dalla pubblicazione della sentenza. § 2. Se fu emanata una sentenza a favore della nullità del matrimonio in primo grado, il tribunale di appello, ponderate le osservazioni del difensore del vincolo e anche delle parti, se ve ne siano, con suo decreto confermi sollecitamente la decisione oppure ammetta la causa all’esame ordinario del nuovo grado».
Can. 1620 CIC.
Cfr. can. 1621 CIC.
Cfr. can. 1622 CIC.
Cfr. can. 1623 CIC.
Cfr. can. 1625 CIC.
L’appello diretto alla Rota Romana rappresenta un’esplicitazione delle funzioni tipiche del ministero petrino, in particolare dell’immediatezza della potestà pontificia per cui il Pontefice, per tramite dei suoi Tribunali (Rota Romana e Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, può essere investito da ciascun fedele a trattare il proprio caso.
Cfr. can. 1680, § 2 CIC.
Cfr. can. 1680, § 3 CIC.
Infatti il can. 1643 CIC stabilisce che: «Le cause sullo stato delle persone, non escluse le cause per la separazione dei coniugi, non passano mai in giudicato».
Così stabilisce il can. 1644 CIC: «§1. Se furono emesse due sentenze conformi in una causa sullo stato delle persone, si può adire il tribunale di appello in qualsiasi momento, adducendo nuove e gravi prove o argomenti entro il termine perentorio di trenta giorni da quando l'impugnazione fu proposta. Il tribunale di appello poi entro un mese dalla presentazione delle nuove prove e degli argomenti deve stabilire con decreto se la nuova proposizione della causa si debba ammettere o no.
Cfr. can. 1681 CIC.
Si tratta del Rescritto del Santo Padre Francesco sul compimento e sull’osservanza della nuova legge del processo matrimoniale, reperibile in rete all’indirizzo: http://m.vatican.va/content/francescomobile/it/letters/2015/documents/papa-francesco_20151207_rescritto-processo-matrimoniale.html.
Per una disamina su tema si veda: M. Ganarin, I tribunali interdiocesani secondo il m.p. Mitis Iudex Dominus Iesus, cit..
In merito si può consultare: N. Colaianni, Il giusto processo di delibazione e le “nuove” sentenze ecclesiastiche di nullità matrimoniale, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, Rivista telematica, www.statoechiese.it, dicembre 2015.
Fonte: http://moodle2.unime.it/pluginfile.php/101818/mod_forum/attachment/18967/Dispensa%20ad%20uso%20degli%20studenti-%20Corso%20di%20diritto%20canonico%202015-%202016.docx
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