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A partire dal 1955, diverse leggi e circolari hanno definito precise regole comportamentali in materia di infortuni sul lavoro e sulle malattie professionali. A ben vedere, le leggi e le circolari sulla prevenzione seguono la dottrina di Frederick Winslow Taylor, ingegnere di Filadelfia che fu il primo a sviluppare una teoria sull’organizzazione del lavoro (definito taylorismo).
Taylor riteneva possibile trovare per ciascun lavoro il miglior modo di eseguirlo, che andava quindi insegnato e imposto a tutti gli addetti di quella determinata professione. In accordo con la teoria precisata, è quindi possibile prevedere un rigido elenco di norme tecniche di sicurezza che devono essere acriticamente applicate da tutto il personale al fine di abolire il fattore infortunio.
La corretta applicazione di tali norme comporta, sicuramente, una riduzione del numero totale di infortuni e l’abbattimento del tasso medio di malattie professionali, ma non risponde allo spirito della recente normativa sulla sicurezza e salute sul luogo di lavoro.
La legislazione precedente al Decreto Legislativo n. 626 del 19 settembre 1994 proponeva un arido elenco di regole fisse che non fornivano, però, le risposte alle due domande più importanti che s’impongono nei luoghi di lavoro: che cosa posso fare io lavoratore per evitare che un infortunio capiti a me e per non avere una malattia professionale?
E cosa si può fare per prevenire le malattie professionali e far sì che i dipendenti si comportino in modo da evitare gli infortuni?
Le mancate risposte ai quesiti sopra formulati dipendono dal fatto che il sistema di norme rigide non considera la variabile uomo, responsabile di eventi non prevedibili che modificano il rischio professionale.
Il D.Lgs. 626/94 recepisce gli orientamenti dell’unione Europea e istituisce in ogni luogo di lavoro la figura aziendale del responsabile per la sicurezza. Esso riporta, inoltre, tra le misure da adottare per la prevenzione degli infortuni, l’individuazione e la formazione dell’addetto al primo soccorso, d’ora in poi definito soccorritore.
Un malore, una crisi cardiaca, un infortunio, un incidente sono evenienze della vita di tutti i giorni, che possono avvenire in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo, in particolare durante le ore di lavoro.
Sapere come comportarsi in questi casi è importante per risolvere infortuni e soccorrere i feriti nelle grandi emergenze. Occorre, però farlo con cognizione di ciò che sta accadendo e dove sta accadendo: perché svenire per strada o mentre si guida un’auto, o mentre si lavora in cucina comporta, a seconda del luogo, rischi differenti.
Un’ulteriore sensibilizzazione all’attenzione dei rischi professionali e alle procedure di primo soccorso arriva con il decreto ministeriale n. 388, emanato dal Ministero della salute il 15 luglio 2003 e in vigore dal 3 febbraio 2005, contenente il “Regolamento recante disposizioni sul pronto soccorso, aziendale” rendendo obbligatori i corsi di primo soccorso.
Questa norma rende operativa ora, a distanza di dieci anni dall’emanazione del D.Lgs. 626/94, il pronto soccorso aziendale individuando le attrezzature minime che i datori di lavoro devono garantire in azienda e definendo gli obiettivi didattici e i contenuti minimi della formazione dei lavoratori responsabili.
Si tratta di un provvedimento innovativo che rende obbligatoria la presenza di un primo soccorso in qualsiasi tipologia di azienda, negozi, laboratori, uffici e via dicendo. Le aziende sono classificate dal decreto in tre gruppi (A, B e C) in base alla tipologia dell’azienda, al numero dei lavoratori occupati e ai fattori di rischio specifici.
L’inquadramento dell’azienda in una delle tre categorie è di competenza del datore di lavoro, sentito il medico competente (se previsto); se l’azienda o l’unità produttiva svolgono attività lavorative comprese in gruppi diversi, è necessario fare riferimento all’attività con indice di rischio più elevato.
Gli adempimenti per il datore di lavoro variano a seconda dell’appartenenza a un gruppo piuttosto che ad un altro. Nelle aziende di gruppo A e B, il datore di lavoro deve garantire le seguenti attrezzature:
Nelle aziende o unità produttive di gruppo C, la cassetta di pronto soccorso può essere sostituita dal pacchetto di medicazione (che è di contenuto più ridotto) se il numero di dipendenti è inferiore a tre.
Esclusivamente nel caso di appartenenza al gruppo A, il datore di lavoro è tenuto a darne comunicazione all’Azienda sanitaria locale competente sul territorio in cui si svolge l’attività lavorativa.
Molto rilevante è poi la previsione della formazione obbligatoria per il personale: gli addetti al pronto soccorso, designati ai sensi del D.Lgs. 81/08 e legge 106 del 2009, saranno formati con lezioni teoriche e pratiche (con corsi di almeno 16 ore per il gruppo A e di 12 ore per i gruppi B e C) per l’attivazione del primo intervento interno. La formazione dei lavoratori designati è svolta da personale medico coadiuvato da personale specializzato in emergenza e, quando possibile, in collaborazione con il sistema di emergenza del Servizio Sanitario Nazionale.
La formazione dei lavoratori designati andrà aggiornata con cadenza triennale, quantomeno per ciò che attiene alla capacità di intervento pratico.
E’ infine importante segnalare che, in caso di presenza di una pluralità di sedi di lavoro o unità produttive (es. punti vendita, filiali ecc.), gli adempimenti di cui sopra dovranno essere espletati per ogni singola sede di lavoro o unità produttiva: sarà pertanto necessario acquistare una cassetta di pronto soccorso o un pacchetto di medicazione e, ovviamente, formare un lavoratore per ogni sede di lavoro.
PRESENTAZIONE DEL CORSO
Questo corso è stato strutturato in 2 o 3 moduli per una durata minima di 12 ore e massima di 16 ore e si svolgerà nel seguente modo.
RIFERIMENTI LEGISLATIVI
NORMATIVA
Articolo 388 del DPR n. 547/1955
Articolo 27 del DPR n. 303/1956
Obbligo per il datore di lavoro delle aziende industriali, e in quelle commerciali che occupano più di 25 dipendenti, di detenere presidi sanitari idonei per cure a lavoratori infortunati o colti da malore, contenuti in un pacchetto di medicazione o in una cassetta di pronto soccorso o in una camera di medicazione.
Articolo 28 del DPR n. 303/1956
Pacchetto di medicazione:
Articolo 29 del DPR n. 303/1956
Cassetta di pronto soccorso:
Articolo 30 del DPR n. 303/1956
Camera di medicazione:
Articolo 31 del DPR n. 303/1956
Decentramento del pronto soccorso:
Articolo 32 del DPR n. 303/1956
Personale sanitario:
Decreto Ministero del Lavoro 28 luglio 1958
Definisce le dotazioni dei presidi chirurgici e farmaceutici aziendali riportando:
Decreto Legislativo 626/1994
Nel Decreto Legislativo 626/1994 il Primo Soccorso viene affrontato nelle seguenti parti:
- comma 1
- comma 2
- comma 3
- punto 2
Nel dettaglio:
Articolo 15 (commi 1 e 2)
il datore di lavoro, considerando la natura delle attività e le dimensioni dell'azienda, sentito il medico competente:
Articolo 15 (comma 3)
in relazione al rischio dell'attività produttiva e al numero degli occupati, con decreto ministeriale verranno individuati:
Allegato II (punto 2)
Decreto Legislativo 626/1994: designazione degli incaricati
DM 388/03
Il Decreto 388/03, messo a punto dal Ministero della Salute in attuazione dell'articolo 15 (comma 3) del Decreto Legislativo 626/94, prevede:
Criteri organizzativi generali
Classificazione aziendale
I presidi sanitari
Personale addetto e sua formazione
La figura giuridica del soccorritore
Lo stato di necessità
Lo stato di necessità come sostegno all'opera di soccorso:
Il soccorritore e le manovre sanitarie
Il soccorritore:
Le manovre eseguibili da un soccorritore:
Il ruolo dell'incaricato di primo soccorso
L'addetto al servizio di primo soccorso, oltre ad essere formato, deve:
d.lgs. 81/2008, e d.lgs. 106/2009:
Il d.lgs. 81/2008, recentemente modificato ed integrato dal d.lgs. 106/2009 ha mantenuto le disposizioni del vecchio testo di Legge per quanto concerne la frequentazione obbligatoria del corso primo soccorso.
Il corso primo soccorso in particolare è disciplinato dall’art. 45 d.lgs. 81/2008 che fa un esplicito rimando al D.M. 388/03, l’ultima norma in materia di corso pronto soccorso. Detta norma suddivide le aziende in due macro categorie: aziende del gruppo A (che dovranno frequentare un corso primo soccorso della durata di 16 ore) ed aziende del gruppo B/C (in questo caso la durata del corso primo soccorso sarà di sole 12 ore). (la maggior parte delle Società si trovano nella seconda categoria) La norma stabilisce anche che il corso pronto soccorso debba essere periodicamente ripetuto con cadenza almeno triennale. La circolare interpretativa del Ministero della Salute (3 giugno 2004, n. Prot. GPREV-13008/P) ricorda infatti che l’obbligo di aggiornamento relativo al corso pronto soccorso con cadenza triennale:
La circolare precisa inoltre che “….per la ripetizione della formazione il riferimento è costituito dalla data di ultimazione dell'ultimo corso effettuato”.
Quanto ci viene richiesto un corso primo soccorso la domanda che spesso viene posta riguarda il numero di addetti da formare ed in particolare viene domandato se la formazione di un solo addetto al corso primo soccorso sia sufficiente. Si deve rilevare come il D.M. 388/03 non ponga un limite inferiore al numero degli addetti al primo soccorso, in pratica lascia la scelta al datore di lavoro che istituirà la squadra di gestione dell’emergenza sulla base delle effettiva necessità aziendali.
Resta da osservare che la formazione di un solo addetto al primo soccorso possa risultare spesso insufficiente in tutti quei casi in cui, in sua assenza, la squadra di gestione delle emergenze è prima del lavoratore che ha frequentato il corso primo soccorso. In relazione a questo argomento l’AUSL si è espressa confermando il fatto che sia buon prassi la formazione di almeno due addetti al primo soccorso.
l corso è rivolto a tutti i lavoratori, siano essi datori di lavoro, dirigenti, preposti, RLS o lavoratori incaricati dal datore di lavoro (la formazione è obbligatoria da parte del lavoratore) alla gestione delle emergenze e prepara a gestire eventuali eventi accidentali per le persone presenti nella realtà aziendale. In particolare gli addetti al primo soccorso recepiscono le norme comportamentali da far rispettare ai lavoratori sia in forma preventiva che in forma di protezione per la gestione delle emergenze.
Il corso primo soccorso, così come imposto dalla vigente normativa, viene erogato da personale medico ed al termine della formazione verrà rilasciato regolare attestato comprovante l’avvenuta formazione.
Inoltre sappiamo che tra gli obblighi del datore di lavoro indicati dal Decreto legislativo 81/2008 è presente (art. 18) l’obbligo di designare preventivamente i lavoratori incaricati dell’attuazione delle misure di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo grave e immediato, di salvataggio, di primosoccorso e, comunque, di gestione dell’emergenza.
LA VALUTAZIONE
DELL'ORGANIZZAZIONE DEL PRIMO SOCCORSO
Ogni attività aziendale deve presupporre un’oculata programmazione, cioè:
La programmazione aziendale
Ogni azienda dovrebbe applicare lo strumento della programmazione per tutto ciò che riguarda la prevenzione dei rischi lavorativi e la protezione della salute dei lavoratori.
Anche la pianificazione dell'emergenza sanitaria rientra a pieno titolo in questa attività aziendale.
Uno dei primi passi della pianificazione di un programma di emergenza sanitaria è l’individuazione delle cause di infortunio e la correzione delle situazioni rischiose.
Per questo aspetto ritorneranno molto utili:
Oltre a questi due strumenti sarebbe utile creare, in azienda, altri due registri:
La tenuta dei registri in questione potrebbe riguardare anche gli incaricati al primo soccorso, i quali d'altronde, non possono non essere coinvolti nella programmazione del piano per la gestione delle emergenze in un'azienda.
Con la realizzazione e la compilazione dei documenti predetti (valutazione del rischio, registro degli infortuni, registro dei quasi infortuni e registro degli eventi pericolosi) sarà molto più semplice individuare le fonti di rischio e operare un'oculata e puntuale correzione.
L'organizzazione del primo soccorso
L'organizzazione del primo soccorso aziendale comprende:
Nella realizzazione di un piano per la gestione del primo soccorso si dovranno considerare:
Queste ultime verranno considerate in un opportuno e singolo capitolo.
Gli obiettivi di un piano di primo soccorso rientrano in quelli già previsti per il piano di emergenza in generale e sono:
Le procedure dovranno essere standardizzate e riguardare diversi soggetti presenti in azienda e non soltanto gli incaricati al primo soccorso, in modo tale da snellire la gestione della situazione di emergenza e permettere, al personale qualificato esterno, di trovare una situazione facilmente risolvibile.
I soggetti interessati
I soggetti interessati alle procedure da realizzarsi in una situazione di emergenza sono:
La persona che scopre l'emergenza dovrà avvisare gli incaricati al primo soccorso (nel caso di un'emergenza sanitaria) e, successivamente, informarne il datore di lavoro.
Gli incaricati di primo soccorso dovranno accertarsi della necessità di chiamare un soccorso esterno ed iniziare le prime fasi soccorso.
Il responsabile del centralino telefonico s'incaricherà di attivare il personale interno e/o esterno necessari all'aiuto.
Il dipendente addetto alla portineria, infine, cercherà di realizzare una situazione ambientale, all'ingresso dell'azienda, ottimale e priva d'ingombri per i mezzi di soccorso.
Nelle situazioni caratterizzate da un'emergenza sanitaria, spesso si ritrovano anche situazioni di emergenza più vaste ed interessanti l'intera azienda o una parte di essa (incendi, fuga di gas, dispersione nell'ambiente di sostanze dannose), per cui tutti i dipendenti possono essere coinvolti in procedure opportune.
Per tutti, quindi, potrà rendersi opportuno porre in sicurezza:
I rischi principali nell'organizzazione del primo soccorso aziendale sono:
I suggerimenti utili sono:
L'autorevisione dovrà considerare:
La valutazione dell'organizzazione del primo soccorso può essere realizzata con strumenti molto semplici, rappresentati da schede di valutazione.
Queste schede di valutazione comprendono questionari con domande che prevedono una scala graduata di risposte e che alla fine permetteranno di identificare meglio le correzioni da apportare.
Uno strumento simile è stato realizzato, ad esempio, dalla Commissione Europea (Manuale di Autorevisione per le PMI), e rientra nel grande progetto di sicurezza e salute sui luoghi di lavoro della Comunità Europea.
Decidere di prestare aiuto significa agire !
La paura di commettere errori, la mancanza di serenità durante un intervento di emergenza spesso fa sì che il soccorritore si limiti solo a chiamare aiuto, ma questo non è sufficiente a salvare una vita. In alcuni casi, come gli arresti cardiocircolatori, respiratori, e le gravi emorragie, l’addetto al pronto soccorso dovrà intervenire prontamente e solo così il suo collega avrà una speranza di salvezza. Nell’approccio ad un ferito, il soccorritore deve tenere presente alcune importanti regole:
La persona che rifiuta l’aiuto non deve essere soccorsa a tutti i costi: deve capirne le motivazioni e il suo rifiuto eventuale deve essere motivato (tutto questo se è in grado di intendere e volere, se non è un minore e se non versa in immediato pericolo di vita).
Il primo soccorso è prestato dalle persone che occasionalmente si trovano, per prime, sul luogo del malore o dell’incidente. Spesso non c’è il tempo per attendere l’arrivo di soccorsi specializzati (118); pertanto, chi si trova sul posto deve fare del suo meglio con i pochi mezzi a disposizione.
Per questo motivo non bisogna mai lasciarsi prendere dal panico e perdere di vista l’obiettivo principale del soccorso, cioè il rispetto della vita altrui e la sua preservazione.
Per raggiungere questo scopo, il soccorritore deve tranquillizzare le vittime di traumi o malori, parlare loro con calma cercando di rassicurarle e ascoltando quanto esse riferiscono sulle loro condizioni (dolori, sensazioni, impossibilità al movimento).
In assenza di pericoli derivanti dall’ambiente (elettricità, esplosioni, incendi e così via) non si deve spostare il ferito dal luogo in cui si trova, se non dopo avere effettuato un esame completo sulla dinamica dell’evento traumatico ed un esame accurato delle eventuali lesioni e avere applicato i primi soccorsi idonei a non aggravare, con lo spostamento, le lesioni provocate dall’incidente.
CONSEGUENZE DEL SOCCORSO
Sia nella prevenzione degli incidenti sia nel soccorso non bisogna dimenticare le conseguenze che gli infortuni possono avere nella vita sia del soggetto da soccorrere sia del soccorritore.
Infatti, mentre da un lato soccorrere con accortezza e cautela può cambiare radicalmente l’evoluzione del danno, dall’altro un intervento maldestro può causare un danno ulteriore e diminuire la probabilità di ripresa dopo l’incidente.
Trasportare la vittima di un trauma o un paziente con funzioni vitali in pericolo, con un mezzo non idoneo, per la fretta di accompagnarlo in ospedale, può causare gravi danni alla vittima stessa. Nel caso di un motociclista a terra, togliere il casco senza motivo e non adottando le precauzioni per evitare lesioni alla colonna cervicale può compromettere la sua vita.
In un intervento di soccorso, quindi, bisogna comportarsi con estrema cautela.
LA CHIAMATA DI SOCCORSO
La chiamata di soccorso effettuata dal cittadino arriva alla centrale operativa 118, numero di telefono gratuito al quale risponde un operatore non dedicato alla valutazione della emergenza urgenza che, percepito il bisogno dell’utente, passa la telefonata all’infermiere di valutazione; è indispensabile che colui che richiede il soccorso mantenga la calma e risponda a tutte le domande che gli saranno poste.
RICORDA CHE LA TELEFONATA E’ REGISTRATA PER LA TUA TUTELA E PER QUELLA DELL’OPERATORE DEL 118.
Ricorda inoltre che la tua collaborazione sarà indi-spensabile per lo svolgi-mento di un buon soccor-so; le ambulanze medicalizzate e gli elicotteri sani-tari non sarebbero sufficienti se tutti ne pretendessero l’arrivo senza mo-tivo alcuno. Molto spesso è sufficiente un’ambulanza di base con volontari ben addestrati e preparati ad assolvere alle urgenze che non richiedono interventi sanitari di stabilizzazione e trasporto medico protetto. La vostra collaborazione permetterà di inviare il mezzo giusto nel posto e nella situazione che lo richiede, senza spreco di risorse e permettendo così a tutti di essere soccorsi nel modo più opportuno alle proprie esigenze mediche.
RISCHIO AMBIENTALE IN EMERGENZA
DAI DEL “TU”
ALL’EMERGENZA
MA RICORDATI DI
DARE DEL “LEI”
AL RISCHIO
LIVIO PINELLI
Fare soccorso può essere molto pericoloso: affronteremo in seguito i vari rischi connessi con l’intervento di primo soccorso e cercherò per quanto possibile, di mettere in luce le varie possibilità di pericolo al quale un soccorritore può venire a contatto.
E’ bene comunque ricordare che nonostante tutte le valutazioni connesse con il rischio ambientale, il pericolo di rimanere coinvolti in un incidente durante il soccorso permane; è quindi indispensabile che il soccorritore rimanga sempre vigile prima e durante un soccorso.
La valutazione del rischio passa attraverso tre momenti distinti, che ci permettono la valutazione e la protezione:
1 SICUREZZA
VALUTAZIONE RISCHIO E PROTEZIONE
2 SCENARIO
NUMERO VEICOLI, DANNI, ENERGIA
3 SITUAZIONE
COS’E’ ACCADUTO?
PERCHE’?
QUANTE PERSONE COINVOLTE?
ETA’ DELLE VITTIME
I rischi verranno in seguito così classificati:
1. AMBIENTE
2. PROCEDURE DI IMPIEGO O COLLABORAZIONE
3. PAZIENTE
Traffico, folla, scarsa visibilità, condizioni meteorologiche estreme o conformazioni particolari del territorio, luogo confinato, rumore, temperatura.
Fuoco, gas tossici o velenosi, sostanze chimiche, inondazioni, radiazioni, elettricità.
Instabilità del luogo in cui si trova la vittima od il mezzo con possibile evoluzione di frane, crolli, esplosioni, incendi, inondazioni ecc.
Mezzi di soccorso: (per le ditte che ne sono fornite).
Ambulanza: criteri d’impiego correlati con la criticità della vittima.
Sicurezza sul mezzo in movimento e a terra.
Eliambulanza: norme di sicurezza a terra.
Malattie contagiose – infettive
(N.B. in un intervento d’emergenza bisogna sempre considerare il paziente come potenzialmente infetto. Ne consegue che vanno sempre poste in essere tutte le misure di protezione e di prevenzione).
Rischio per il soccorritore (agitazione psichica durante il soccorso, aggressione fisica, atti di violenza).
Non si conosce il rischio e/o non si hanno le abilità richieste.
Il soccorritore, pur conoscendo l’entità del rischio, sopravvaluta le proprie capacità.
Si conosce il rischio, ma nell’azione si è disattenti e superficiali.
Mezzi di protezione fisica
I mezzi di protezione fisica dei soccorritori nella fase extraospedaliera hanno la duplice funzione di proteggere le parti del corpo più vulnerabili od esposte e consentire il movimento nelle fasi d’intervento senza procurare alcun impaccio.
IL COMPORTAMENTO DEL SOCCORRITORE IN SITUAZIONE DI EMERGENZA
Il sistema di servizi per il soccorso sanitario tecnico può essere considerato una catena di risorse umane e fisiche, create per prestare un’assistenza di pronto intervento completa ad un soggetto infortunato. L’addetto al pronto soccorso della ditta o azienda è abilitato a fornire prestazioni di pronto soccorso di base come previsto dalla legge.
La responsabilità principale del soccorritore è l’incolumità personale che comporta l’assicurazione di poter raggiungere, trarre in salvo ed assistere senza rischi una persona infortunata. Il desiderio di aiutare a tutti i costi una persona infortunata o una persona in pericolo non dovrà mai prevalere sulla valutazione dei rischi potenziali presenti sullo scenario.
A tal fine al soccorritore è richiesto di:
Sono inoltre importanti alcune caratteristiche della personalità quali:
L’insieme di queste caratteristiche unite all’esperienza porterà ad un comportamento calmo e professionale anche in situazioni gravi.
NORME D’INTERVENTO
PER INCIDENTI CON AUTOMEZZI
Le norme di sicurezza e d’intervento in caso d’incidente su carrelli elevatori, camion, trattori ecc. devono tenere conto dei seguenti rischi:
VALUTAZIONE DEL RISCHIO
AZIONE
MANTENERE LA CALMA
NORME D’INTERVENTO
SU MACCHINE UTENSILI
Tutte le manovre d’intervento su macchine ed utensili devono essere fatte a macchina esclusivamente ferma e, se possibile, si deve interrompere l’energia d’alimentazione della stessa.
Si dovrà inoltre fare particolare attenzione alle macchine pneumatiche o idropneumatiche e, se del caso, scaricare prima dell’intervento la pressione dell’energia residua dell’impianto.
Prima di intervenire su macchine asservite da sistemi automatici o semiautomatici di scarico e carico del prodotto in lavorazione, occorre arrestare sia la macchina sia l’attrezzatura.
NORME D’INTERVENTO
PER INCIDENTI SU IMPIANTI ELETTRICI
VALUTAZIONE
Qualora avvenga una folgorazione è indispensabile la massima rapidità di soccorso, il soccorritore deve in ogni caso adottare i criteri che seguono al fine salvaguardare anche la propria incolumità.
AZIONE
Interrompere la corrente elettrica agendo sull’interruttore o staccando la spina; qualora ciò non sia possibile si dovrà allontanare l’infortunato dalle parti in tensione utilizzando aste o pedane isolanti o altri mezzi idonei.
SOCCORSO IN SPAZI CONFINATI
Non sottovalutare mai i pericoli durante un soccorso in uno spazio confinato.
Non entrare mai per un’emergenza in uno spazio confinato senza addestramento e senza i dispositivi di sicurezza adatti.
VALUTAZIONE
Valutate attentamente il rischio, considerate ogni spazio confinato pericoloso e finché non siete sicuri che sia senza rischi non entrate in esso.
In caso d’emergenza chiamate immediatamente i soccorsi 118 e 115.
Seguite sempre le regole di sicurezza in uno spazio confinato, sia quando lavorate sia quando soccorrete: lo dovete a voi stessi e alla vostra famiglia.
AZIONE
Un infortunio in uno spazio confinato richiede un’azione immediata.
Se siete un’assistente ecco come potete salvare la vita della persona che, entrata nello spazio confinato, chieda aiuto o perda conoscenza:
IDENTIFICAZIONE DELLE SOSTANZE PERICOLOSE TRASPORTATE SUI VEICOLI
CODICE KEMLER - ONU
Tutti i veicoli che trasportano sostanze pericolose sono dotati di un pannello arancione delle dimensioni 30x40 cm, con riportati i numeri d’identificazione della materia, scritti in nero e in modo indelebile. Devono essere ancora leggibili dopo un incendio della durata di 15 minuti.
Esempio:
NELLA PARTE SUPERIORE IL CARTELLO
IDENTIFICA IL PERICOLO ( 2 o 3 CIFRE) – KEMLER
Importante è conoscere il significato del primo numero, quello che identifica il pericolo (parte superiore del cartello).
La prima cifra indica il pericolo principale come segue:
2 GAS
3 LIQUIDO INFIAMMABILE
4 SOLIDO INFIAMMABILE
5 MATERIALE COMBURENTE O PEROSSIDO ORGANICO
6 MATERIA TOSSICA
8 CORROSIVO
La seconda e l’eventuale terza cifra indicano i pericoli secondari:
0 NESSUN PERICOLO
1 ESPLOSIONE
2 EMISSIONE DI GAS DOVUTA A PRESSIONE O REAZIONE CHIMICA
3 INFIAMMABILITA’ DI LIQUIDI (VAPORI) E GAS
5 PROPRIETA’ COMBURENTE (FAVORISCE L’INCENDIO)
6 TOSSICITA’
8 CORROSIVO
9 PERICOLO DI VIOLENTA REAZIONE DOVUTA A DECOMPRESSIONE SPONTANEA O POLIMERIZZAZIONE
Quando le due prime due cifre sono uguali, si indica un accresciuto pericolo principale (ad es. 33 = liquido estremamente infiammabile). Se il numero d’identificazione della materia è preceduto dalla lettera “x”, si indica il divieto assoluto di contatto tra materia e l’acqua. L’elenco dei numeri d’identificazione delle materie pericolose è contenuto nella normativa specifica (DPR n. 895/79 – DPR n. 532/81 – DM 8 agosto 1980 e successivi aggiornamenti).
Esempi:
20 GAS INERTE
22 GAS REFRIGERANTE
23 GAS INFIAMMABILE
223 GAS INFIAMMABILE REFRIGERATO
225 GAS COMBURENTE REFRIGERATO
30 LIQUIDO INFIAMMABILE
33 LIQUIDO MOLTO INFIAMMABILE
60 SOSTANZA TOSSICA O NOCIVA
266 GAS ALTAMENTE TOSSICO
589 MATERIA MOLTO COMBURENTE E CORROSIVA, PUO’ PRODURRE SPONTANEAMENTE UNA REAZIONE VIOLENTA
886 SOSTANZA MOLTO CORROSIVA O TOSSICA
X333 LIQUIDO SPONTANEAMENTE INFIAMMABILE, REAGISCE SPONTANEAMENTE CON L’ACQUA
X338 LIQUIDO MOLTO INFIAMMABILE E CORROSIVO, REAGISCE PERICOLOSAMENTE CON L’ACQUA
COLORI DISTINTIVI DELLE BOMBOLE
E DELLE TUBAZIONI
Le bombole e le tubazioni devono avere una chiara ed univoca indicazione del loro contenuto. Tale indicazione è ottenuta mediante l’uso di colorazioni unificate.
COLORI DISTINTIVI DELLE BOMBOLE DI GAS COMPRESSI, LIQUEFATTI, DISCIOLTI
GAS |
COLORE DISTINTIVO |
ACETILENE |
ARANCIONE |
AMMONIACA |
VERDE CHIARO |
ANIDRIDE CARBONICA |
GRIGIO CHIARO |
AREA COMPRESSA |
BIANCO E NERO A SPICCHI |
AZOTO |
NERO |
CLORO |
GIALLO |
ELIO |
MARRONE |
ETILENE |
VIOLA |
IDROGENO |
ROSSO |
OSSIGENO |
BIANCO |
PROTOSSIDO D’AZOTO |
BLU |
COLORI DISTINTIVI DELLE TUBAZIONI CONVOGLIANTI FLUIDI LIQUIDI E GASSOSI
FLUIDO |
COLORE DISTINTIVO |
ACQUA |
VERDE |
VAPORE D’ACQUA |
GRIGIO ARGENTO |
OLI E COMBUSTIBILI |
MARRONE |
GAS ANCHE LIQUEFATTI |
GIALLO OCRA |
ACIDI E ALCALI |
VIOLETTO |
ARIA |
AZZURRO CHIARO |
ALTRI LIQUIDI |
NERO |
SOCCORSO IN PRESENZA DI
MATERIALI PERICOLOSI
Numerosi materiali pericolosi sono oggi utilizzati da molte industrie.
Nonostante siano state stabilite diverse procedure di sicurezza e nella maggior parte dei casi queste siano rispettate, si verificano ugualmente incidenti. Il luogo può essere una fabbrica, una ferrovia, un’autostrada. Quali addetti al pronto soccorso riceverete un’istruzione particolareggiata su molte cose ma certamente il nostro corso non vi metterà nelle condizioni di diventare degli esperti di materiali pericolosi: senza un’istruzione specifica nel settore non si può giudicare lo stato di un contenitore o la probabilità di un’esplosione.
Se non siete stati addestrati in modo specifico e non disponete dell’attrezzatura e del personale necessari, non tentate quindi di soccorrere un paziente qualora sul luogo dell’incidente siano presenti materiali pericolosi:
In caso d’incidente con materiali pericolosi potreste non essere in grado di fare altro che rimanere a distanza di sicurezza ed aspettare l’arrivo degli esperti.
Nel caso foste i primi ad arrivare sul luogo dell’incidente:
CHE COSA FARE…?
MATERIALI |
POSSIBILI PERICOLI |
BENZENE |
Vapori tossici; può essere assorbito dalla pelle; distrugge il midollo spinale |
BENZOIL PEROSSIDO |
Fuoco ed esplosioni |
TETRACLORURO DI CARBONIO |
Danno agli organi interni |
CICLOESANO |
Sostanza esplosiva, provoca irritazioni agli occhi e alla gola |
ETERE ETILICO |
Infiammabile: può essere esplosivo; irrita gli occhi e il tratto respiratorio; può causare sonnolenza e perdita di coscienza |
ETERE ACETICO |
Irrita gli occhi e il tratto respiratorio |
DICLOROETILENE |
Sostanza molto tossica |
EPTANO |
Irrita il tratto respiratorio |
ACIDO CLORIDRICO |
Irrita il tratto respiratorio; l’esposizione ad alte concentrazioni di vapore può causare un edema polmonare; è in grado di danneggiare la pelle e gli occhi |
ACIDO FLUORIDRICO |
I vapori possono causare edema polmonare e gravi ustioni agli occhi; in forma gassosa e in forma liquida può ustionare la pelle; i vapori possono risultare letali; possono verificarsi reazioni tardive |
METILISOBUTILCHETONE (ESOSO) |
Irrita gli occhi e le membrane mucose |
CLORURO DI METILENE |
Danneggia gli occhi |
ACIDO NITRICO |
Produce un gas tossico (diossido d’azoto); irrita la pelle; può causare autocombustione dei prodotti di cellulosa (segatura) |
ORGANOCLORURO (CLORDANO, DDT, |
Irrita gli occhi e la pelle; i fumi e le esalazioni sono tossici |
PERCLORO ETILENE |
Tossico se inalato o ingerito |
TETRACLORURO DI SILICIO |
Reagisce all’acqua e forma fumi tossici di cloruro d’idrogeno |
METILBENZENE (TOLUENE) |
Vapori tossici; può danneggiare gli organi |
CLORURO DI VINILE |
Infiammabile ed esplosivo; tra le sostanze cancerogene |
CIANURO DI IDROGENO |
Altamente infiammabile; molto tossico per inalazione ed assorbimento |
INCIDENTI DA RADIAZIONI
Gli incidenti da radiazioni si dividono in quattro diversi tipi di contaminazione per il paziente. Le vittime potrebbero essere contaminate nei seguenti modi:
Il paziente ha ricevuto una dose esterna di radiazioni. Il soggetto non presenta un pericolo per il soccorritore.
Dopo la pulizia esterna non esiste pericolo per il soccorritore. Qualora prima della decontaminazione fosse necessario praticare la respirazione artificiale, utilizzare ossigeno con valvola a richiesta o pallone di Ambu con serbatoio d’ossigeno.
Esiste pericolo per il soccorritore. Evitate il contatto fino a decontaminazione avvenuta. A meno che il livello di radiazioni non sia elevato, il supporto vitale delle funzioni vitali e la cura delle lesioni potenzialmente letali sono possibili. Utilizzare ossigeno con valvola a richiesta o pallone Ambu per la respirazione artificiale.
Fate attenzione a non contaminarvi durante l’intervento. Utilizzate ossigeno con valvola a richiesta o pallone Ambu in caso si renda necessario avviare una rianimazione artificiale. Le ferite dovrebbero essere medicate separatamente rispetto alla superficie cutanea e quindi medicate.
COMPORTAMENTO DURANTE UN’EMERGENZA CON RADIAZIONI
I vostri doveri sul posto comprendono:
In caso di dubbi sull’entità delle radiazioni allontanarsi, parcheggiate sopra vento, rimanendo ad una certa distanza dal luogo dell’incidente, dietro qualsiasi protezione che abbia una massa considerevole. I metalli spessi o i muri in cemento, i cumuli di terra o persino gli automezzi pesanti e le attrezzature edili offrono una protezione aggiuntiva.
INCIDENTE CON ESPLOSIONE
Onda di pressione
Bersagli: gli organi con gas
Impatto di schegge e vetri
Il corpo diventa un proiettile ed urta contro altri ostacoli
Dopo un’esplosione che può essere definita la liberazione di un’energia, avvengono danni sia strutturali degli edifici sia anatomici di eventuali pazienti. A voi spetta la non sottovalutazione di eventuali vittime che apparentemente possono non manifestare all’inizio alcun segno di lesione importante, ma successivamente morire per le complicanze ad essa dovute.
Questi pazienti devono poter essere visitati da un medico al più presto, ecco perché è importante che dopo un tale evento venga richiesto l’intervento del 118 e del 115.
Il danno è il risultato dell’onda d’urto che è prodotta dopo la liberazione di energia. Quando questa onda si propaga verso l’esterno in tutte le direzioni, si generano due tipi di pressione: la sovrapressione, che determina un aumento di pressione oltre i livelli atmosferici normali (la sovrapressione circonda un oggetto quando questo è colpito dall’onda d’urto che causa una compressione) e la pressione dinamica (come un forte vento che si muove in tutte le direzioni con partenza dall’epicentro dell’esplosione).
I DANNI CHE PUO’ PROVOCARE UN’ESPLOSIONE SONO DIRETTAMENTE PROPORZIONALI ALLA DISTANZA DALL’ESPLOSIONE, E CIOE’ GENERALMENTE SONO PIU’ GRAVI PER COLORO CHE SI TROVANO PIU’ VICINI AD ESSA.
CHE COSA FARE…?
Attivare i soccorsi 118 - 115
Se decidete che la vittima non possa attendere i soccorsi e siete sicuri che il vostro intervento non comporti rischi per voi o per gli altri, il vostro intervento dovrà tenere conto dei seguenti rischi:
Quindi:
TRASPORTO IN AMBULANZA
UTILIZZO DELL’AMBULANZA AZIENDALE
Molte ditte o fabbriche sono dotate di ambulanza. E’ bene ricordare che i trasporti effettuati da tali mezzi sono da considerare come veri e propri trasporti non protetti: ciò significa che dovrebbero essere utilizzati il meno possibile e solo con pazienti che necessitano di cure urgenti.
Le ambulanze che le ditte hanno al proprio interno dovrebbero essere considerate come dei taxi, molto più comodi di un’auto ma molto meno sicure di un mezzo del 118 e quindi con esse si potranno trasportare solo pazienti con funzioni vitali non compromesse e le cui condizioni, con il trasporto, non siano soggette a peggioramento o con traumi la cui entità non richieda alcuna precauzione o stabilizzazione.
ATTERRAGGIO E DECOLLO ELIAMBULANZA
Contrariamente a quanto si crede, gli elicotteri non scendono dal cielo su una qualsiasi superficie e con qualsiasi condizione meteorologica, caricano la persona malata o lesa e risalgono dirigendosi poi verso l’ospedale alla massima velocità. In realtà essi atterrano su aree ben definite e predisposte a questo scopo.
Durante le ore diurne, la zona ideale di atterraggio per un elicottero di piccole e medie dimensioni dovrebbero essere di almeno 500 m2 ripartiti su di una superficie quadrata. La superficie d’atterraggio dovrebbe essere piana e non friabile, senza persone o animali, veicoli, cespugli, rocce e altri impedimenti quali alberi, pali e cavi. I soccorritori dovrebbero farsi carico di raccogliere i detriti che potrebbero essere sollevati dal rotore. Le condizioni meteorologiche possono condizionare l’intervento, quindi è necessario che chi richiede il soccorso sia anche in grado di poter riferire alla centrale 118 se c’è molto vento o piove molto o sta nevicando o grandinando.
Tutto il personale non interessato al soccorso deve essere tenuto ad una distanza di almeno 60 m e chi soccorre deve mettersi ad una distanza di almeno 30 m, ed indossare elmetto e occhiali protettivi di sicurezza; è infatti possibile che detriti portati dall’aria mossa dalle pale penetrino sotto la visiera degli elmetti.
I sottogola dovrebbero essere ben stretti. Non indossate cappellini da baseball; potrebbero essere sollevati dal capo ed attirati dal rotore di coda.
OPERAZIONI DI TERRA
La sicurezza a terra costituisce sempre la preoccupazione principale, anche dopo l’atterraggio.
Perché la RCP
BLS è una sigla che deriva dall’inglese Basic Life Support; in italiano può essere tradotta in “sostegno di base delle funzioni vitali”. Il BLS consiste nelle manovre più semplici della rianimazione cardiopolmonare (RCP), che non prevedono l’utilizzo di attrezzature sanitarie né di farmaci e che tutti possono imparare, potendo così prestare soccorso nel caso si verifichi una improvvisa cessazione dell’attività del cuore o dei polmoni.
La cessazione improvvisa e inattesa della funzione cardiaca è un evento denominato “morte cardiaca improvvisa”, che uccide ogni anno una persona su mille: è una situazione drammatica che, come un fulmine a ciel sereno, può colpire soggetti apparentemente in buona salute (o che non sanno di essere malati), spesso senza alcun segno premonitore. Nella maggior parte dei casi è causata da una malattia delle coronarie, i vasi che riforniscono il cuore di sangue ossigenato. In questi casi è di importanza vitale che vi sia un intervento rapido ed appropriato, in quanto l’arresto delle funzioni del cuore (e di conseguenza dei polmoni) non sempre equivale necessariamente alla morte. Infatti il cuore si può fermare come conseguenza naturale di molte malattie in un organismo che ha perso definitivamente ogni possibilità di sopravvivenza; la morte cardiaca improvvisa invece colpisce spesso un cuore che può tornare in attività ed un organismo che può essere ancora vitale, a patto che si intervenga rapidamente ed in modo appropriato.
Se il cuore ed i polmoni si fermano, cessa il rifornimento di sangue ossigenato a tutto il corpo. Tutti gli organi subiscono gravi conseguenze per la mancanza di ossigeno, ma quello che viene danneggiato maggiormente e nel tempo più breve è il cervello. Già dopo 10 minuti di assenza di circolazione il cervello subisce danni che non gli permettono più di tornare a funzionare normalmente, anche se si riesce a far riprendere al cuore la sua attività. Anche se gli altri organi possono tollerare l’assenza di circolazione e di ossigenazione per tempi più lunghi, è durante questi primi 10 minuti che bisogna intervenire se si vuole che anche il cervello riprenda a vivere con tutte le sue funzioni. Se ciò non avviene, la vittima dell’arresto cardiaco morirà o sopravvivrà, con lesioni cerebrali tali da provocare disturbi dei movimenti o della parola o delle capacità cognitive; in alcuni casi è possibile che persista una condizione di vita vegetativa, cioè priva di capacità di relazione.
In questi primi 10 minuti è fondamentale l’intervento di chi è presente al momento dell’arresto cardiaco e sappia eseguire il BLS, che per mezzo di due manovre principali (la respirazione artificiale ed il massaggio cardiaco) riesce a fornire dall’esterno l’ossigeno in grado di mantenere vitale il cervello.
Il BLS da solo non riesce di solito a far ritornare la circolazione e la respirazione spontanea, ma permette di guadagnare tempo nell’attesa dell’arrivo dei soccorsi qualificati che possono agire con più efficacia sulla causa dell’evento.
LA CATENA DELLA SOPRAVVIVENZA
La successione di queste azioni del soccorso costituisce la cosiddetta catena della sopravvivenza, che consiste in una serie di interventi coordinati che devono essere attuati quanto più rapidamente possibile; è stata scelta l’immagine della catena perché ogni intervento è strettamente legato all’altro e l’efficacia del soccorso dipende dalla corretta successione.
Chiunque si trovi ad essere testimone di un arresto cardiaco può attivare i primi due anelli: il suo compito consiste nel dare l’allarme al sistema di emergenza 118 e nell’eseguire le procedure BLS.
I successivi due anelli rappresentano il compito del personale dell’emergenza sanitaria che interviene con attrezzature e tecniche specialistiche. Il compito del primo soccorritore è comunque di fondamentale importanza perché le procedure rappresentate dal terzo e quarto anello della catena saranno con più probabilità efficaci se:
Per chi si addestra a diventare un soccorritore è importante non solo riconoscere che è avvenuto l’arresto cardiorespiratorio, ma anche capire quali sono i segni premonitori che possono a volte precederlo. Questi segnali, detti “segni di allarme dell’attacco cardiaco” , sono:
Questi segni possono comparire a riposo o durante uno sforzo e spesso il dolore non è molto violento e può addirittura mancare,
Il soggetto che presenta questi segni forse sta per avere un infarto o un grave attacco di angina ed è possibile che in queste condizioni si verifichi un arresto cardiaco e che sia necessario iniziare il BLS.
VALUTA SE NELL’AMBIENTE CI SONO PERICOLI
SE L’AMBIENTE E’ SICURO NON SPOSTARE LA VITTIMA
Prima di intraprendere qualsiasi manovra nei confronti di un soggetto che necessiti di aiuto, il soccorritore deve sempre valutare l’ambiente in cui si trova e gli eventuali rischi. Se esistono pericoli per sé o per il soggetto che si vuole soccorrere (ad esempio di incendio, di folgorazione, rischio di essere investito da automobili ecc.), la vittima deve essere spostata e tutte le manovre rianimatorie eseguite in un luogo sicuro. Lo spostamento deve sempre essere effettuato con molta cautela, muovendo la testa ed il tronco come un tutto unico ed evitando ogni estensione o flessione della colonna vertebrale.
In tutti gli altri casi il paziente deve essere rianimato sul posto.
Perché: La sicurezza sia del soccorritore che della vittima è prioritaria durante il soccorso.
Le linee guida sottolineano l’importanza della tempestività ma soprattutto della continuità nella esecuzione della RCP una volta iniziata. Trovare qualcuno che esegua la chiamata per il soccorritore già intento a mettere in atto la sequenza BLS si inserisce in quest’ottica.
STATO DI COSCIENZA
SCUOTI LA VITTIMA
E CHIAMALA AD ALTA VOCE
Valuta lo stato di coscienza
Controlla cioè se il soggetto risponde ad una stimolazione verbale e tattile:
Se la vittima risponde la si lascia dove la si trova, se non vi è pericolo, e si cerca di capire cosa è successo,si chiede aiuto se serve. se non è cosciente si grida per attirare l’attenzione di qualcuno che possa provvedere alla chiamata del soccorso avanzato (aiuto generico) e si chiede il DAE, si posiziona la vittima supina e si aprono le vie aeree, si valuta se c’è il respiro, polso e segni di circolo, se questi sono assenti si fa chiamare il soccorso avanzato o ci si allontana personalmente per farlo.
ALLARME
SE LA VITTIMA NON RISPONDE
Chiama aiuto
Se la persona non è cosciente, posizionala su di un piano rigido ( pavimento), allinea il corpo e inizia le valutazioni e azioni.
A – APERTURA DELLE VIE AEREE
Prima di iperestendere il capo ricorda di controllare le vie aeree, alfine di evitare che corpi estranei possano cadere indietro e chiudere le vie respiratorie.
GUARDA IN BOCCA E SOLLEVA IL MENTO
TOGLI CORPI ESTRANEI ED ESTENDI LA TESTA
EVIDENTI
A – AIRWAYS: PERVIETA’ DELLE VIE AEREE
La perdita di coscienza causa il rilassamento muscolare, la mandibola può cadere all’indietro, la lingua in questo caso va ad ostruire le vie aeree:
Per ottenere la riapertura delle vie aeree esegui i seguenti passi:
Si posizionano le mani sulla fronte e sulla punta del mento e si procede alla iperestensione del capo e al sollevamento del mento.
Per i sanitari è espressamente previsto il controllo del cavo orale dopo l’apertura delle vie aeree.
Perché:
L’incidenza di soffocamento insospettato come causa di incoscienza o dell’arresto cardiaco è bassa; quindi, durante la RCP controllare ordinariamente la bocca per vedere se ci sono corpi estranei non è necessario.
Nessuno studio ha valutato l’uso sistematico di una pulizia del cavo orale con le dita per eliminare i corpi estranei nelle vie respiratorie in assenza di un’ostruzione visibile. Quattro case reports hanno documentato danni alle vittime e al soccorritore in seguito alla pulizia del cavo orale con le dita; è pertanto sconsigliato l’uso di questa tecnica. In caso di corpo estraneo ben visibile è quindi indicato l’uso di pinze o aspiratore.
Rimuovi i corpi solidi: se visibili inserisci un dito ad uncino nella bocca ed estrai i corpi solidi (pietre, denti rotti, chewing-gum) facendoli scivolare lungo il lato interno di una guancia.
Rimuovi i corpi liquidi: utilizza l’aspiratore o, se non disponibile, garze o stoffa pulite. Non inserire mai il sondino aspirante per più di 10-12 cm.
Qualora, durante la ventilazione, ti accorgessi che le vie aeree non sono pervie sebbene non vi sia nulla nell'orofaringe, sospetta un'ostruzione a livello delle vie aeree inferiori (es. trachea). Per liberarle esegui la manovra per disostruirle.
B –C RESPIRAZIONE E SEGNI DI CIRCOLO
CHIAMA IL
118
EMERGENZA
SANITARIA
Chiama il 118
Se sei solo, lascia temporaneamente la vittima e chiama tu stesso il 118 e comunica le seguenti informazioni:
IN CASO DI TRAUMA O ANNEGAMENTO, SE SEI SOLO ESEGUI IL BLS PER DUE MINUTI PRIMA DI ALLONTANARTI PER CHIAMARE IL 118.
VALUTAZIONE FASI B-C
Nel primi minuti dopo l’arresto cardiaco, può persistere una bradipnea estrema o un saltuario gasping. Questi fenomeni non vanno confusi con una respirazione normale. Dopo l’apertura delle vie aeree si valutano simultaneamente respiro, polso e segni di circolo (movimenti, tosse) per non più di 10 secondi. Se non si è certi della loro presenza, si allertano i soccorsi avanzati e si dà inizio alla rianimazione cardiopolmonare.
Perché: Durante i primi minuti dopo l’arresto cardiaco, la cui causa non sia l’asfissia, il contenuto di ossigeno nel sangue rimane alto e la distribuzione dello stesso al miocardio e al cervello è limitata più dalla ridotta gittata cardiaca che da una mancanza di ossigeno nei polmoni. La ventilazione è inizialmente,quindi, meno importante delle compressioni toraciche. Inoltre, è riconosciuto che l’acquisizione ed il mantenimento delle abilità pratiche sono favoriti dalla semplificazione della sequenza di azioni di BLS.
Il respiro e i segni di circolo vengono valutati simultaneamente per accelerare l’inizio della rianimazione cardiopolmonare.
B – C BREATHING: VALUTAZIONE DELL’ATTIVITA’ RESPIRATORIA
Mantieni aperte le vie aeree (estensione del capo, sollevamento del mento), avvicina la guancia alla bocca della vittima con lo sguardo rivolto verso il torace.
G = Guarda se il torace si muove
A = Ascolta se ci sono rumori respiratori alla bocca della vittima
S = Senti sulla tua guancia l’aria eventualmente espirata
GAS: guarda, ascolta, senti per 10 secondi per stabilire se la respirazione è presente o meno (ricordati di contare).
E valuta i segni di circolo:
MO- movimento
TO- tosse
RE-respiro
La presenza di gaspingo respiro agonico(si manifesta con sforzi respiratori irregolari alternati con periodi di apnea più o meno lunghi) equivale all’assenza di respiro.
Se la respirazione è assente e non vi sono segni di circolo:
se non sono presenti atti respiratori normali, tosse o movimenti del corpo cioè qualche segno di vita, quindi se non vi sono segni di vita, devi subito dedurre che il cuore non batta e iniziare la RCP,30:2
Come in tutte le altre operazioni è necessario mantenere con una mano, o con la tavola di rianimazione, l’iperestensione del capo.
Se non respira e non vi sono segni di circolo localizza il centro dello sterno e inizia RCP
POSIZIONE DELLE MANI NELLE COMPRESSIONI TORACICHE
Com’era prima: Ricercare il punto di repere al centro del torace facendo scorrere l’indice e il medio sul margine inferiore della gabbia toracica fino al punto di congiungimento delle coste con lo sterno;posizionare il dito medio su questo punto, appoggiare l’indice sullo sterno, far scorrere la mano libera sullo sterno fino ad affiancarla all’indice e qui appoggiarla. Sovrapporre l’altra mano alla prima.
La frequenza delle compressioni è di circa 100 al minuto (poco meno di due compressioni al secondo).
Com’è cambiato: Porre la parte prossimale del palmo al centro del torace facendo attenzione ad appoggiarla sullo sterno e non sulle coste.
Sovrapporre l’altra mano alla prima. Intrecciare le dita delle due mani sovrapposte. Non appoggiarsi sopra l’addome superiore o l’estremità inferiore dello sterno. La frequenza delle compressioni è di 100 al minuto, poco meno di 2 compressioni al secondo.
Perché:Gran parte delle informazioni sulla fisiologia delle compressioni toraciche, sugli effetti della variazione della frequenza di compressione, del rapporto di compressione-ventilazione e rispetto del ciclo (rapporto fra il tempo di compressione del torace e il tempo totale fra una compressione e la successiva) sono derivati da modelli animali.
Tuttavia, le conclusioni della Consensus Conference 2005 comprendono quanto segue:
1) ogni volta che si riprendono le compressioni, il soccorritore dovrebbe porre le mani, senza indugi, al centro del torace.
2) comprimere il torace ad una frequenza di circa 100 compressioni al min.
3) porre attenzione a raggiungere la profondità massima di compressione di 4-5 cm (nell’adulto)
4) consentire al torace di riespandersi completamente dopo ogni compressione
COME SI ESEGUONO LE COMPRESSIONI TORACICHE
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Se il defibrillatore ti comunica una situazione di fibrillazione ventricolare o tachicardia ventricolare predisponiti ad effettuare le scariche necessarie.(previo corso di abilitazione.
Ricorda che la sequenza BLS nell'adulto non è applicabile a pazienti di età inferiore a 8 anni.
SOPPRESSIONE CONTROLLI POLSO E RESPIRO DURANTE LA SEQUENZA
Com'era prima: si eseguiva la ricerca dei segni di circolo. La sequenza prevedeva che dopo 1" fosse eseguito il primo controllo dei segni di circolo e respiro
Con le nuove linee guida: non si esegue il controllo del polso ma solo quello dell'attività respiratoria, la cui assenza da avvio alla RCP. La sequenza viene interrotta solo dall'utilizzo di un DAE o dalla ripresa di una respirazione efficace, dall'arrivo del soccorso avanzato, dall'esaurimento fisico del soccorritore o dall'arrivo di un medico. . La sequenza risulta dunque ininterrotta, senza ulteriori interruzioni per le valutazioni
Perché: Non vi è prova che il controllo della presenza del polso carotideo sia diagnosticamene superiore alla valutazione di movimenti, respirazione o tosse (“segni di circolo”). E’ pertanto indicato
per i soccorritori sanitari valutarli entrambi.
Se il paziente sembra non avere segni di vita, o se si hanno dubbi in proposito, iniziare immediatamente
la RCP. Ritardare la RCP avrà effetti negativi sulla sopravvivenza del soggetto e quindi deve essere evitato.
RAPPORTO COMPRESSIONI/VENTILAZIONI
Com'era prima: il rapporto compressioni/ventilazioni era 15:2
Con le nuove linee guida: il rapporto compressioni/ventilazioni é di 30:2
Perché: Le prove di evidenza derivanti da studi sull’uomo sono insufficienti per indicare il miglior rapporto compressione-ventilazione. I dati provenienti da studi sugli animali sostengono l’opportunità di un aumento nel rapporto compressioni ventilazioni dal precedente 15:2, un modello matematico suggerisce che un rapporto di 30:2 fornirebbe il compromesso migliore fra il flusso ematico e l’ossigeno somministrato. Ciò dovrebbe fare diminuire il numero di interruzioni nella compressione, ridurre la probabilità di iperventilazione,
semplificare l’insegnamento e migliorare il mantenimento delle abilità. La persona che applica le compressioni toraciche dovrebbe cambiare ogni 2 minuti
RCP PER 2 MINUTI PRIMA DELLA DEFIBRILLAZIONE NEGLI ARRESTI CARDIACI NON TESTIMONIATI (PER I SOCCORRITORI SANITARI)
Ventilazione:
Com’era prima: Si eseguono 2 ventilazioni della durata di circa 2”. Il volume dovrebbe essere di circa 700 ml senza O2 e circa 400 ml con O2.
Com’è cambiato: Si eseguono due ventilazioni della durata di circa 1”. Il volume consigliato è di 500-
600 ml
Perché: Durante la RCP lo scopo della ventilazione è garantire un’ossigenazione sufficiente. Il volume
corrente ottimale, il ritmo respiratorio ed la concentrazione di ossigeno inspirato più efficaci, tuttavia, non sono del tutto noti.
Le raccomandazioni correnti sono basate sulle seguenti prove:
1. Durante la RCP, la perfusione dei polmoni è ridotta sostanzialmente, questo comporta che l’adeguato rapporto ventilazione-perfusione può essere raggiunto con volumi correnti e ritmi respiratori più bassi del normale
2. Non solo una iperventilazione (frequenze elevate o volume troppo grande) è inutile, ma è nociva perché aumenta la pressione intratoracica, facendo così diminuire il ritorno venoso e di conseguenza il volume di sangue arterioso determina, inoltre, una riduzione del flusso ematico coronarico e cerebrale. Tutto questo concorre a ridurre la sopravvivenza.
3. Quando le vie respiratorie non sono protette, un volume corrente di 1 litro produce una distensione gastrica più significativa che un volume corrente di 500 ml.
4. Un basso rapporto ventilazioni-minuto (volume corrente e ritmo respiratorio più basso del normale) possono mantenere una ossigenazione e una ventilazione efficaci durante la RCP.
Durante la RCP nell’adulto i volumi correnti adeguati dovrebbero essere di circa 500-600 ml (6-7 ml/kg).
5. Le interruzioni della sequenza delle compressioni toraciche (per esempio per eseguire le ventilazioni) sono nocive alla sopravvivenza. Erogare ventilazioni più brevi contribuirà a ridurre la durata delle interruzioni a tempi essenziali.
La raccomandazione corrente per i soccorritori è, quindi, di insufflare aria in circa 1 secondo, con volume sufficiente a far espandere il torace, ma evitando ventilazioni troppo veloci o energiche.
Questa raccomandazione si applica a tutte le forme di ventilazione durante la RCP
PRESIDI PER LA VENTILAZIONE
Com’era prima: le tecniche utilizzabili _ bocca a bocca, bocca-naso, bocca-tracheostomia, boccamaschera (con pocket mask), pallone autoespansibile- maschera
Com’è cambiato: Non vi è più il suggerimento ad eseguire il bocca a bocca se il soccorritore non se la sente. In questo caso deve procedere solo al massaggio cardiaco. Il sistema più appropriato rimane il pallone autoespansibile-maschera con l’aggiunta di O2.
Perché: La raccomandazione corrente per i soccorritori è di insufflare aria in circa 1 secondo, con volume sufficiente per fare espandere il torace, ma evitando ventilazioni troppo veloci o energiche.
Questa raccomandazione si applica a tutte le forme di ventilazione durante la RCP, compreso il bocca bocca e il pallone-maschera (BVM) con o senza ossigeno supplementare.
RAPPORTO COMPRESSIONI/VENTILAZIONI
Com’era prima: Il rapporto compressioni/ventilazioni era di 15:2.
Com’è cambiato: Attualmente il rapporto compressioni/ventilazioni è di 30/2
COME VENTILARE:
In caso di trauma, intossicazione da farmaci, annegamento, ostruzione delle vie aeree da corpo estraneo o se si tratta di un bambino, se sei solo esegui un BLS per 2 minuti prima di allontanarti per chiamare il 118.
Se il paziente non respira e non hai un mezzo protettivo o una maschera tascabile, non vi é più il suggerimento ad eseguire il bocca-bocca se il soccorritore non se la sente. In questo caso deve solo procedere al massaggio cardiaco.
Se il paziente respira:
posizione laterale di sicurezza: l'eventuale vomito fuoriesce evitando di ostruire le vie aeree
Se il paziente non risulta cosciente ma presenta attività respiratoria, e quindi anche cardiocircolatoria, somministra ossigeno e mantieni pervie le vie aeree (posizione laterale di sicurezza). Esegui la valutazione secondaria (FR, FC, PA)
RIEPILOGO SEQUENZA BLS A DUE SOCCORRITORI
Se la vittima non risponde:
A
Se la vittima non respira e non ha segni di circolo :
Se la vittima non ha respiro e non si muove:
Continua ad eseguire il BLS fino all’arrivo di un soccorso qualificato, interrompendo solo se compaiono segni di vita (movimenti, respiro, colpi di tosse) o se sei esausto.
SCAMBIO FRA I SOCCORRITORI
Quando uno dei due soccorritori è stanco (più facilmente chi esegue le compressioni toraciche e la ventilazione), comunica al leader: "alla fine di questo ciclo, cambio".
La RCP è una procedura che prevede la rigorosa applicazione dell’ABC: la respirazione artificiale, infatti, è inutile se le vie respiratorie non sono pervie, come del resto non è di alcuna utilità se il sangue non circola.
Nella maggior parte dei casi il BLS non è sufficiente a normalizzare le funzioni vitali del paziente, pertanto va considerata come fase iniziale, nonché indispensabile, del trattamento rianimatorio. In varie realtà locali sono già attivi progetti di defibrillazione precoce eseguita da personale non medico, appositamente addestrato, con apparecchiature semiautomatiche (BLS-D).
Il livello successivo è l’ALS, indispensabile nella quasi totalità dei casi per il ripristino delle funzioni vitali. L’ALS comprende non solo il BLS, ma anche tutte le manovre e terapie per le quali è necessaria la presenza del medico del P.S. o del MSA.
Come sancisce chiaramente la catena della sopravvivenza, perché la nostra rianimazione cardiopolmonare possa produrre effetti è di vitale importanza il tempo di intervento. Il soccorritore deve essere in grado di intervenire, di riconoscere l’arresto cardiorespiratorio e di iniziare le manovre rianimatorie nel minor tempo possibile. Sappiamo che nel cervello possono verificarsi alterazioni potenzialmente letali entro 4-6 minuti dall’arresto: solitamente la morte delle cellule cerebrali inizia dopo 8-10 minuti dall’arresto: è quindi necessario intervenire entro questo tempo. Purtroppo ciò non è sempre possibile, per ragioni spesso indipendenti dalla nostra volontà: problemi di viabilità, difficoltà nel recupero del paziente per situazioni particolari, posizione topografica dell’infortunato.
Tuttavia siamo legalmente e moralmente tenuti a tentare le manovre rianimatorie in tutti i casi, finché il medico dell’automedica o del pronto soccorso o il medico legale dichiari la morte del paziente dopo esame E.C.G. o auscultazione, oppure salvo non si verifichino lesioni incompatibili con la vita quali:
La semplice midriasi, rigidità del paziente, colorito cianotico o altri segni diversi da quelli elencati non sono sufficienti a dichiarare deceduto un paziente.
ULTERIORI INFORMAZIONI SULLA DEFIBRILLAZIONE.
COMPRESSIONI TORACICHE FINO ALL’APPLICAZIONE DELLE PIASTRE
Com’era prima: Dopo aver verificato che i segni di circolo (e per i sanitari il polso carotideo) erano assenti l’operatore DAE allontanava tutti provvedeva a posizionare le piastre e faceva iniziare l’analisi.
Com’è cambiato: I soccorritori sanitari devono verificare respiro, segni di circolo e, se sono esperti,polso carotideo per 10 secondi, poi, se sono stati essi stessi testimoni dell’AC, proseguono nella stessa sequenza:
• se sono da soli applicano le piastre del DAE,
• se sono presenti più soccorritori, mentre alcuni procedono alla RCP l’operatore DAE applica le piastre.
la defibrillazione con le modalità appena descritte
Perché: La defibrillazione immediata, non appena un DAE diventa disponibile, è stato sempre un elemento chiave nelle linee guida di riferimento e nell’insegnamento ed è considerato tuttora di capitale
importanza per la sopravvivenza in pazienti con FV. Questo concetto però è stato in parte rivisto perché la letteratura suggerisce che l’immediato inizio della RCP, o almeno delle compressioni toraciche, protratte per un certo periodo prima della defibrillazione – quando il tempo fra la chiamata dell’ambulanza ed il suo arrivo eccede i 5 min – e la sua prosecuzione ininterrotta fino all’erogazione dello shock, può migliorare sensibilmente la sopravvivenza.
SOPPRESSIONE CONTROLLI POLSO DOPO SHOCK
Com’era prima: Dopo le 3 scariche o all’indicazione“shock non indicato” ricontrollare i segni di circolo (e il polso carotideo per i soccorritori sanitari).
Se non c’è polso né ci sono i segni di circolo eseguire una RCP per 1 minuto (rapporto 15:2)
fino a quando il defibrillatore non riprende l’analisi.
Com’è cambiato: Non appena arriva il defibrillatore, applicare le piastre al torace e far analizzare
il ritmo. Se sono presenti FV/TV il defibrillatore si carica e il soccorritore eroga lo shock (150-200-J bifasico o 360- J monofasico). Senza rivalutare il ritmo o controllare il polso, il soccorritore riprende la RCP (rapporto 30:2) subito dopo la scarica, cominciando con le compressioni toraciche.
Perché: Anche se il tentativo di defibrillazione riesce a ristabilire il ritmo cardiaco, è molto raro che il polso carotideo torni palpabile subito dopo la scarica, il controllo del polso fa solo ritardare la ricomparsa della perfusione e quindi comprometterà ulteriormente il miocardio. Se è stato ristabilito un ritmo cardiaco, l’applicazione delle compressioni toraciche non aumenta la probabilità di ricomparsa di FV. In presenza di una asistolia post-shock, le compressioni del torace possono indurre favorevolmente una FV (sensibile alla defibrillazione).
POSIZIONE DEGLI ELETTRODI
Com’era prima: La posizione degli elettrodi era stabilita come segue: una piastra a destra dello
sterno in posizione sottoclaveare e una a sinistra sulla linea ascellare media a livello dell’apice cardiaco.
Com’è cambiato: Attualmente per la defibrillazione delle FV viene confermata la posizione già consigliata nelle precedenti linee guida (una piastra lateralmente a destra dello sterno, sotto la clavicola e la seconda sulla linea ascellare media, a livello della derivazione V6 dell’ECG), ma qualora vi siano degli impedimenti come ad esempio un pace-maker o un defibrillatore impiantabile vengono consigliati altri 3 siti:
• una placca posta sull’apice anteriormente (posizione standard) e l’altra placca applicata posteriormente, nella parte superiore del torace, a destra o a sinistra
• una placca posta sul precordio di sinistra
anteriormente e l’altra in modo speculare posteriormente, medialmente alla scapola sinistra
• una placca posta sulla linea ascellare media sinistra e l’altra sempre sulla linea ascellare media, ma a destra.
Si consiglia sempre di non defibrillare su dispositivi sottocutanei, né su cerotti transdermici, né direttamente sul tessuto mammario nelle donne.
Perché: Nessuno studio sull’essere umano ha valutato la posizione degli elettrodi come determinante
per il ripristino della circolazione o della sopravvivenza dall’arresto cardiaco da FV/TV. E’ stato dimostrato che l’impedenza toracica viene ridotta al minimo quando l’elettrodo dell’apice non è disposto sul seno femminile.
La posizione asimmetrica dell’elettrodo apicale ha minore impedenza quando è posto longitudinalmente piuttosto che trasversalmente. L’asse lungo della piastra apicale dovrebbe dunque
essere orientato in senso cranio-caudale.
L’impedenza transtoracica aumenta durante l’atto inspiratorio (e quindi l’insufflazione), la defibrillazione dovrebbe essere effettuata dunque durante la fase finale della espirazione, quando una minor quantità di aria è presente nei polmoni
OSTRUZIONE DELLE VIE AEREE
DA CORPO ESTRANEO
Come riconoscerla?
Una persona che sta soffocando a causa di un corpo estraneo nelle vie aeree:
Può verificarsi più frequentemente durante il pasto, specialmente se il soggetto ha scarsa capacità di tossire per età avanzata o per aver assunto alcool o a causa di malattie del sistema nervoso.
Come intervenire?
Se la vittima riesce ancora a respirare e a tossire,
CHIAMA IL 118
Incoraggiala a continuare a tossire ma non fare nient’altro.
Tecnica delle manovre di Heimlich
Se la vittima è in piedi o seduta:
Manovra di disostruzione nel soggetto non cosciente
Se la vittima in qualunque momento perde coscienza:
Condizioni particolari
Nel caso di paziente gravemente obeso o di gravidanza avanzata, non essendoci spazio sufficiente sotto lo sterno per esercitare spinte addominali, vengono effettuate spinte toraciche sullo stesso punto utilizzato per il massaggio cardiaco.
Se la vittima è in terra il soccorritore si posiziona in ginocchio a fianco del torace.
A.M.P.L.E.
E’ un valido aiuto che ci permette di valutare correttamente un paziente che, pur stando male, è in grado senza alcuna difficoltà di rispondere alle nostre domande.
E’ infatti importante ricordare che se il paziente non è in grado di rispondere alle nostre domande o non vuole farlo, il nostro dovere sarà quello di allertare il sistema di emergenza 118, senza perder del tempo prezioso.
A allergie
M medicamenti (quali farmaci assume il paziente)
P past medical history (anamnesi patologica remota)
L last meal (ultima assunzione di cibo)
E events (dinamica dell’incidente)
CRISI IPOGLICEMICA
DEFINIZIONE
Situazione patologica che si verifica nei soggetti diabetici, in seguito ad una caduta improvvisa di livello di zuccheri nel sangue.
In un soggetto diabetico, la crisi ipoglicemica si può verificare quando:
CONVULSIONI E CRISI EPILETTICHE
Contrazioni muscolari improvvise e non controllate, dovute ad una alterazione dell’attività elettrica cerebrale e accompagnate da una perdita di coscienza.
CAUSE
Gli attacchi convulsivi si possono riscontrare in caso di:
SEGNI E SINTOMI
Un attacco convulsivo ha tre fasi distinte:
COSA FARE
COSA NON FARE
CRISI ASMATICA
E’ una condizione di particolare reattività dell’albero bronchiale a stimoli di varia natura. Questa reattività si caratterizza con uno spasmo diffuso della muscolatura bronchiale ed edema della mucosa, che determinano un restringimento delle vie respiratorie.
CAUSE
SEGNI E SINTOMI
COSA FARE
COSA NON FARE
EDEMA POLMONARE
Alterazione dei processi fisiologici di scambio dei liquidi e dei soluti, all’interno delle membrane alveolo-capillari, con conseguente squilibrio delle forze che li governano, che possono provocare un accumulo di liquidi all’interno dei polmoni e degli alveoli stessi: il quadro dell’edema polmonare acuto.
CAUSE
SEGNI E SINTOMI
COSA FARE
LIPOTIMIA
Sindrome caratterizzata da malessere profondo, astenia muscolare, alterazione della vista, nausea, sudorazione profusa…; si differenzia dalla sincope poiché non vi è perdita di coscienza.
CAUSE
SEGNI E SINTOMI
COSA FARE
COSA NON FARE
ATTENZIONE ! Il soggetto ha le funzioni vitali conservate
e può sentire cosa viene detto intorno a lui
SINCOPE
Perdita improvvisa della coscienza, con possibile caduta a terra del soggetto; solitamente la perdita di coscienza è di breve durata e la persona si riprende spontaneamente, ma vi possono essere delle complicanze che portano ad arresto cardio-respiratorio.
CAUSE
SEGNI E SINTOMI
COSA FARE
COSA NON FARE
L'APPARATO CARDIOCIRCOLATORIO
Il cuore e i vasi sanguigni formano un complesso sistema di spinta e trasporto del sangue (nutrimento) a tutti gli organi e tessuti del corpo, in un ciclo continuo di andata e ritorno.
È un vero e proprio sistema idraulico costituito da una pompa (cuore) che agisce contraendosi ritmicamente e da tubi (arterie e vene) che si diramano in tutto il corpo diventando man mano sempre più sottili (capillari).
Nell’uomo e nei mammiferi la circolazione è doppia e completa.
La circolazione è DOPPIA quanto è suddivisa in:
- piccola circolazione (o polmonare) - collega il cuore ai polmoni ed ha lo scopo di “ripulire” il sangue dall’anidride carbonica e rifornirlo di ossigeno e metterlo a disposizione della grande circolazione
- grande circolazione (o sistemica) - collega il cuore a tutti i tessuti del corpo dove trasporta il sangue carico di ossigeno (sangue arterioso) e ritorna al cuore col sangue carico di anidride carbonica (sangue venoso) che poi viene reimmesso nella piccola circolazione per dare vita a un nuovo ciclo.
La circolazione è anche detta COMPLETA in quanto il sangue arterioso (trasportato dalle arterie) e il sangue venoso (trasportato dalle vene) non si mescolano mai, ma si caratterizzano per una continuità di flusso che da arterioso diventa venoso dopo il passaggio nei capillari periferici che irrorano i tessuti e da dove riprende il percorso verso il cuore.
Il CUORE è situato nel torace, tra i due polmoni e il diaframma. Lo avvolgono 3 diverse membrane chiamate endocardio, miocardio e pericardio in relazione alla loro posizione più interna, intermedia o più esterna.
È un vero e proprio muscolo della grandezza di un pugno, cavo all’interno e suddiviso in 4 camere: 2 atri (sinistro e destro) e 2 ventricoli (sinistro e destro).
Approssimativamente il peso del cuore è di circa 300 grammi nell'uomo e 265 nella donna. La capacità globale è di circa 560 centimetri cubi.
Mentre atrio e ventricolo dello stesso lato comunicano tra di loro attraverso una valvola (tricuspide a destra e bicuspide a sinistra), l’atrio e il ventricolo del lato destro sono separati dall’atrio e ventricolo del lato sinistro rispettivamente dal setto interatriale e dal setto interventricolare. Il setto, nella sua totalità, viene definito setto atrioventricolare.
La parte destra (atrio e ventricolo destro) viene anche definita cuore venoso in quanto raccoglie il sangue che proviene dalla periferia e che torna carico di anidride carbonica, mentre la parte sinistra (atrio e ventricolo sinistro) si definisce cuore arterioso in quanto il sangue è quello carico di ossigeno che proviene dai polmoni per essere reimmesso in circolo.
Le valvole agiscono in modo che, chiudendosi, il flusso di sangue proveniente dagli atri non possa tornare indietro durante la contrazione dei ventricoli.
Il meccanismo che mantiene attiva la circolazione è un alternarsi ritmico del ciclo cardiaco, ciclo che nell’uomo ha una frequenza di circa 68-72 volte al minuto. Negli sportivi praticanti si riduce anche notevolmente.
Il CICLO CARDIACO contempla una sequenza di eventi che avviene nell’arco di un battito cardiaco, battito che mediamente ha la durata di 0,8 secondi.
1) Rilasciamento: gli atri si riempiono di sangue (venoso l’atrio destro e arterioso quello sinistro)
2) Riempimento: aumenta la pressione degli atri, le valvole cardiache si aprono e iniziano a riempirsi i ventricoli
3) Diastasi: gli atri e i ventricoli sono pieni e il flusso di sangue agli atri diminuisce e si interrompe
4) Sistole atriale: si contraggono gli atri mentre i ventricoli sono pieni e distesi
5) Contrazione: si contraggono i ventricoli (sistole ventricolare) e aumenta la pressione al loro interno. Le valvole si chiudono
6) Efflusso: continua la contrazione dei ventricoli e continua ad aumentare la pressione al loro interno. Si aprono le valvole semilunari di accesso all’arteria polmonare (sangue venoso) e all’arteria aorta (sangue arterioso). Il sangue viene spinto all'interno di ambedue.
Principali arterie del corpo umano
Lo STIMOLO CHE GENERA LA CONTRAZIONEè di natura elettrica e si origina involontariamente dai centri di controllo posti nell’encefalo e nel midollo spinale. Viene trasportato attraverso le vie efferenti parasimpatiche e simpatiche.
Il sistema simpatico, partendo dal centro cardio-acceleratore posto nel bulbo, trasmette in maniera costante impulsi nervosi che tendono ad esaltare la frequenza delle contrazione, la forza e l’eccitabilità.
Il sistema parasimpatico, partendo dal centro cardio-inibitore posto nel bulbo, tende ad equilibrare gli eccessi del simpatico.
All’interno del cuore gli impulsi vengono scaricati da un vero e proprio pacemaker che è il nodo del seno atriale, posto in alto dell’atrio destro in prossimità del setto interatriale. L’eccitamento si propaga sulla muscolatura degli atri che si contraggono iniziando da quello destro. Il nodo atrio-ventricolare, posto in alto del ventricolo destro in prossimità della valvola tricuspide, raccoglie l’impulso e lo distribuisce a tutti e due i ventricoli grazie alla rete nervosa denominata fascio di His. Questo percorre ambedue i lati del setto interventricolare e, grazie alle sue diramazioni al disotto dell’endocardio, lo trasmette alla rete del Purkinje. I ventricoli si contraggono simultaneamente.
ARTERIE: vasi sanguigni che, partendo dal cuore, trasportano ossigeno e sostanze nutritive a tutti i tessuti corporei
CAPILLARI: rete periferica di collegamento tra le arterie e le vene; deputati alla diffusione delle sostanze nutritive e dell’ossigeno alle cellule, permettono l'assorbimento dell’anidride carbonica e delle sostanze di rifiuto
DIASTOLE: periodo di rilassamento cardiaco
FREQUENZA CARDIACA: frequenza delle sistoli in un minuto
GITTATA CARDIACA: quantità di sangue espulsa in un minuto. E’ pertanto il prodotto del numero di battiti in un minuto per il volume unitario. Nell’esercizio fisico si può raggiungere anche una gittata intorno ai 30 litri al minuto e questo anche perché il sangue viene espulso completamente, al contrario di quanto avviene a riposo dove il sangue viene espulso per circa il 50%. Inoltre aumenta vistosamente anche la frequenza cardiaca.
SANGUE: fluido che contiene disciolti materiali nutritivi, sostanze protettrici e regolatrici delle funzioni vitali, gas respirati, prodotti di rifiuto del metabolismo cellulare. Il sangue presenta le seguenti caratteristiche:
Il plasma ne costituisce circa il 55% e in percentuale contiene:
Le cellule costituiscono circa il 45% del sangue. Tra queste si evidenziano i globuli rossi, i globuli bianchi e le piastrine.
SISTOLE: periodo di contrazione cardiaca
VENE: vasi sanguigni che dalla periferia trasportano il sangue al cuore; contengono sangue carico di anidride carbonica e sostanze di rifiuto del metabolismo cellulare
VOLUME SISTOLICO: volume di sangue espulso in una singola sistole
LA PRESSIONE DEL SANGUE: COS'È E COME SI MISURA
La pressione del sangue sulle arterie è determinata dalla “pompa” cardiaca durante la fase di contrazione (sistole, ove la pressione arteriosa è massima) e rilasciamento (diastole e relativa pressione arteriosa minima) del muscolo cardiaco.
Circa un adulto su cinque risulta con valori pressori fuori della norma.
L’andamento giornaliero della pressione non è costante. I valori sono massimi durante la mattinata, scendono nel primo pomeriggio, risalgono la sera e si abbassano di nuovo durante la notte, raggiungendo i valori minimi nella prime ore del mattino.
Gli apparecchi di misurazione sono molteplici, ma il più affidabile rimane sempre il manometro classico (sfigmomanometro) con la misurazione data dalla colonnina di mercurio graduata.
La posizione seduta è la più utilizzata, ma la rilevazione viene fatta anche dalla stazione eretta o da quella supina, che è quella consigliata. Ovviamente i valori pressori, nelle tre diverse posizioni, daranno indici leggermente diversi.
La misurazione della pressione avviene nel modo seguente (Figura):
Il braccio e l’avambraccio vanno mantenuti sempre rilassati.
È buona norma eseguire almeno due/tre rilevazioni di seguito distanziate di circa tre minuti, quindi fare la media dei valori rilevati.
Misurazione della pressione sanguigna
Valutazione dei valori della pressione del sangue
VALUTAZIONE |
Massima |
Minima |
Ottimale |
120 |
80 |
Fascia di confine ipertensione |
140-160 |
90-95 |
ETà |
Massima |
Minima |
Sotto i 18 anni |
120 |
80 |
ANGINA
Temporanea costrizione dei vasi coronarici (spasmi), in seguito a sclerosi delle arterie coronarie. Lo spasmo si risolve rapidamente, l’ischemia è di breve durata e non provoca necrosi ai tessuti.
ATTENZIONE ! Se il dolore si prolunga nel tempo, si tratta di un infarto
SEGNI E SINTOMI
COSA FARE
COSA NON FARE
INFARTO DEL MIOCARDIO
DEFINIZIONE
In seguito ad uno spasmo prolungato o per un’ostruzione (trombosi) di un ramo delle arterie coronarie, si ha un’ischemia prolungata in una zona del cuore, con conseguente morte delle cellule (necrosi) nell’area colpita.
CAUSE
SEGNI E SINTOMI
COSA FARE
REAZIONI ALLERGICHE
Una reazione allergica è la conseguenza dell’introduzione nell’organismo di una sostanza estranea.
SEGNI E SINTOMI
q Eritemi q Sudorazione profusa
q Prurito q Dispnea
q Edemi q Agitazione psicomotoria
COSA FARE
COSA NON FARE
SHOCK
Insieme di gravi sintomi che compaiono quando l’organismo riceve un grave insulto; in tempi più o meno brevi si ha una caduta della pressione arteriosa con conseguente diminuzione del flusso di sangue ai tessuti, che entrano in stato di sofferenza.
L’organo che più risente dell’insufficienza respiratoria è il cervello, che può andare incontro a danni irreparabili.
In seguito a diminuzione della massa circolante dovuta a: emorragie, ustioni, disidratazione grave per diarrea, vomito, …
SHOCK DISTRIBUTIVO
Il volume dei liquidi è invariato, si dilatano i vasi. Es.: shock neurogeno, in seguito a trauma, scossa del sistema nervoso che provoca un rilassamento delle pareti vasali e di conseguenza ne aumenta il calibro, shock settico, shock anafilattico. L’organismo reagisce all’introduzione di una sostanza estranea (farmaci, sieri, punture d’insetti, …), crea una dilatazione dei vasi
SHOCK OSTRUTTIVO
Tamponamento cardiaco, dissecazione aortica, embolia, pneumotorace iperteso
SHOCK CARDIOGENO
Può essere causato da una concomitante ischemia, da una grave aritmia, da una contusione miocardia o complicare uno stato di shock già preesistente (ad esempio uno shock emorragico)
N.B. - Possono portare allo shock:
RICORDA !
In caso di politrauma vi è sempre rischio di shock
N.B. - L’infortunato cosciente può essere sovraeccitato, oppure apatico, torpido; questi sintomi non sempre si instaurano immediatamente: possono comparire a distanza !
Il soccorritore non dimentichi che lo shock è uno stato gravo e progressivamente può evolversi fino a diventare irreversibile
INTOSSICAZIONI
L’intossicazione è un danno arrecato all’organismo da una qualsiasi sostanza chimica (detta appunto sostanza tossica).
CAUSE
I sintomi possono essere singoli o associati
DINAMICA DEL TRAUMA
Le linee guida adottate in questo testo sono assoggettabili a quelle del PHTLS, che senza ombra di dubbio sono attualmente tra le più attendibili nella valutazione del trauma extraospedaliero.
OBIETTIVI
Definire il ruolo della velocità nella dinamica del trauma
Descrivere i tipi di impatto ed i loro effetti sulle vittime
Non sottovalutare gli infortunati, determinando le possibili lesioni in relazione al danno del veicolo
Spesso gli infortuni sono sottovalutati perché non si conosce l’importanza dell’energia cinetica. Occorre quindi valutare le seguenti condizioni e, in presenza di una di esse, sopravvalutare le possibili lesioni dell’infortunato:
INCIDENTE CON AUTOMEZZO
CADUTE DALL’ALTO
ATTENZIONE! La velocità aumenta nella caduta.
Le vittime pesanti generalmente hanno lesioni più importanti
CENNI DI ANATOMIA
Il sistema scheletrico è costituito dalle ossa e dalle articolazioni; in un soggetto adulto, si contano in media 208 ossa.
Le ossa
Costituiscono lo scheletro l'insieme delle strutture ossee del corpo aventi funzione di sostegno e di protezione dei tessuti molli.
Le ossa, grazie alla connessione con il sistema muscolare, funzionano da leve consentendo il movimento.
ESTERNAMENTE LE OSSA SI DISTINGUONO IN (Figura):
- ossa lunghe: se la lunghezza prevale sulle altre dimensioni
- ossa piatte o larghe: se la larghezza e la lunghezza prevalgono sullo spessore
- ossa brevi: se le tre dimensioni sono pressoché uguali.
Delle ossa lunghe viene convenzionalmente definita diafisi o corpo la parte principale ed epifisi le due parti estreme (Figura).
La definizione di creste, linee, spine, tuberosità, bozze viene utilizzata per definire le varie sporgenze che un osso presenta. Il termine apofisi, spesso utilizzato per sostituire tutti quelli precedenti, dovrebbe essere riferito a sporgenze particolarmente voluminose e marcate.
Le cavità presenti nelle ossa possono essere articolari e non, a seconda se fanno parte o meno di un'articolazione. Le cavità non articolari possono offrire inserzione ai tendini oppure accogliere organi o rendere l'osso più leggero senza diminuirne la resistenza.
La CONFORMAZIONE INTERNA DELLE OSSA presenta tre tipi di tessuto osseo (Figura):
- tessuto osseo compatto: risultante dalla
sovrapposizione di numerose lamelle ossee
- tessuto osseo spugnoso: costituito da tante
piccole cavità, delimitate dall'intreccio di lamelle
ossee
- tessuto osseo reticolare: simile al precedente ma
con cavità maggiori.
L'osso è una struttura dinamica in continua trasformazione, infatti è provvisto di vasi arteriosi e venosi, vasi linfatici e nervi.
In relazione alla loro DISPOSIZIONE SCHELETRICA le ossa costituiscono (Figura pag. successiva):
- neurocranio - parte superiore e posteriore costituita da otto ossa, quattro impari (frontale, etmoide, sfenoide, occipitale) e due pari (temporali e parietali)
- splancnocrani - parte anteriore costituita da quattordici ossa, due impari (mandibola e vomere) e sei pari (mascellari superiori, zigomatiche, lacrimali, cornetti inferiori, nasali, palatine)
- colonna vertebrale: insieme delle vertebre incolonnate lungo la linea mediana posteriore tra il capo ed il bacino. La colonna vertebrale si suddivide in segmenti relativi alla regione del corpo che attraversano e cioè:
- ossa del cinto toracico: collegamento tra l’arto superiore ed il tronco. È formato da:
- gabbia toracica: insieme delle ossa che costituiscono lo scheletro della regione toracica e dorsale. È costituita dalle vertebre dorsali, dalle costole e dallo sterno (osso impari simmetrico costituente la parte anteriore della gabbia toracica. Su di esso si di articolano le clavicole e le costole)
- bacino: complesso osseo, formato dalle due ossa iliache e dall’osso sacro, su cui si articolano gli arti inferiori e la colonna vertebrale. La parte inferiore dell’osso iliaco viene denominata pube
- omero - osso lungo costituente la parte scheletrica del braccio. Si articola tra la cavità glenoidea della scapola e l’una e radio dell’avambraccio
- radio - osso lungo che, insieme all’ulna, costituisce la parte scheletrica dell’avambraccio. Si articola tra l’omero, l’ulna ed il carpo
- ulna - osso lungo che, insieme al radio, costituisce lo scheletro dell’avambraccio. Si articola sul radio e tra l’omero ed il carpo
- carpo - regione della mano compresa tra l’articolazione del polso ed il metacarpo. Si compone di otto ossa: scafoide, semilunare, piramidale, piriforme, trapezio, trapezoide, grande osso e uncinato
- femore - osso lungo della coscia che si articola tra osso iliaco, tibia e rotula
- rotula - osso piatto della regione anteriore del ginocchio
- tibia - osso lungo che, insieme al perone, costituisce la parte scheletrica della gamba. Si articola tra femore e rotula (ginocchio) e perone e astragalo (caviglia)
- perone - osso lungo che insieme alla tibia costituisce la parte scheletrica della gamba. Situato esternamente alla tibia, si articola tra la parte superiore di questa e l’astragalo del piede
- tarso - regione del piede compresa tra l’articolazione della caviglia e il metatarso. Si compone di sette ossa: astragalo (situato nella regione del calcagno, articolato superiormente con la tibia), calcagno (situato nell’estremità postero-inferiore del piede. Si articola con l’astragalo ed il cuboide. Forma la protuberanza del tallone), scafoide, cuboide e le tre ossa cuneiformi
- metatarso - regione del piede che congiunge il tarso alle falangi. Dal punto di vista scheletrico è composto da cinque ossa
- falangi - segmenti ossei che compongono le dita del piede. Sono tre per ogni dito, rispettivamente falange, falangina e falangetta. Fa eccezione l’alluce che ne ha due
Le articolazioni
Le articolazioni costituiscono il sistema di connessione tra due o più segmenti ossei.
Nell'esame di una articolazione vanno presi in considerazione le superfici articolari e i mezzi di connessione.
I MEZZI DI CONNESSIONE tra le articolazioni sono (Figura):
|
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Le ARTICOLAZIONI DEL CORPO UMANO sono (Figura):
- articolazioni del capo (occipito-atlantoidea ed atlanto-epistrofea)
- complesso articolare della spalla (sterno-clavicolare, acromio-clavicolare e scapolo-omerale)
- articolazione dell'anca (coxo-femorale) |
I muscoli
I muscoli scheletrici sono gli organi che, tenendo insieme e muovendo i segmenti del corpo, permettono il movimento. Il fatto che il corpo è costituito da circa il 50% di muscoli, ci fa capire l'importanza dell'apparato muscolare e del movimento.
La contrazione, quindi l'avvicinamento dei capi di inserzione, muove i segmenti del corpo in varie direzioni tra di loro e rispetto all'ambiente circostante.
La forza espressa dai muscoli consente anche di spostare e sollevare carichi esterni.
EMERGENZE TRAUMATOLOGICHE
IL POLITRAUMA
NELL’EMERGENZA TERRITORIALE
Politraumatizzato: paziente con più lesioni di cui una o più sufficientemente gravi da comportare una minaccia evidente o latente alla sopravvivenza.
E’ necessario nel paziente politraumatizzato agire rapidamente ed efficacemente in condizioni logistiche spesso difficili. Questo obbliga, quindi, ad utilizzare fin dall’inizio schemi mentali diagnostici e terapeutici "a cascata". E’ bene dunque puntualizzare alcune metodologie di approccio al paziente politraumatizzato nelle prime fasi di intervento sanitario (fase preospedaliera) per favorire la scomparsa dei tempi morti e le giuste scelte terapeutiche derivanti sempre da una diagnostica estremamente corretta.
E’ diventata consuetudine tra gli esperti di trauma parlare di "GOLDEN HOUR" per le vittime di importanti traumatismi. Tale definizione deriva dall’osservazione che i pazienti gravemente feriti, se riescono a raggiungere la sala operatoria in un arco di tempo inferiore o uguale ad un’ora, hanno una migliore prognosi, hanno cioè una più alta probabilità di sopravvivenza; per questo nella " GOLDEN HOUR" ogni minuto è prezioso. I tempi di risposta alla chiamata devono quindi essere rapidi, l’equipaggiamento deve essere preparato prima dell’arrivo sulla scena e ogni azione che si va a compiere sul luogo dell’incidente deve avere uno scopo salva-vita.
La gestione extra-ospedaliera del politrauma si articola in 5 fasi :
controllo della scena
osservazione clinica primaria
osservazione secondaria
trasporto
consegna del paziente al reparto di accoglienza (118)
CONTROLLO DELLA SCENA
a) Protezione
Sul luogo dell’incidente bisogna innanzitutto proteggere se stessi e la propria équipe nonché l’infortunato e gli astanti osservando:
b) Mezzi coinvolti
c) Dinamica dell’incidente
E’ necessario comunicare lo scenario alla Centrale Operativa 118 per l’eventuale invio di mezzi di soccorso.
OSSERVAZIONE CLINICA PRIMARIA
Nella valutazione primaria bisogna identificare i pazienti in pericolo di vita, se non gestiti immediatamente, e verificare quindi i cosiddetti interventi critici da effettuare direttamente sulla scena. Per facilitare la memorizzazione dei passi da compiere sono state prese le prime 5 lettere dell’alfabeto:
A Airway
B Breathing
C Circulation
D Disability (breve esame neurologico)
E Exposure
A AIRWAY (VIE AEREE)
Ricercare ed eliminare subito tutte quelle condizioni che ostruiscono le vie aeree (sangue, vomito o secrezioni) ripristinandone la pervietà nella maniera adeguata.
Ispezionare manualmente le cavità aeree superiori alla ricerca di possibili corpi estranei quali denti fratturati o avulsi, chewingum o protesi delle arcate dentali.
Se il paziente è incosciente occorre utilizzare una cannula oro-faringea per mantenere le vie aeree pervie.
Ogni paziente con una ferita al di sopra della clavicola ed ogni paziente incosciente in seguito ad un trauma deve essere trattato come se avesse subìto un trauma al rachide cervicale fino a prova contraria.
Al paziente incosciente va sempre posizionato il collare cervicale e comunque nelle manovre di valutazione delle vie aeree il collo va mantenuto in posizione neutra (sublussazione della mandibola).
B BREATHING (RESPIRO)
In questa fase si valutano: presenza, frequenza e profondità del respiro; si osserva il collo per evidenziare eventuali deviazioni dell’asse tracheale ed infine si osserva il torace per evidenziare ferite, deformità, segmenti mobili ed instabilità della gabbia toracica (volet costale); infine si ausculta il MV bilateralmente, evidenziando inoltre la presenza di un PNX aperto e di un PNX iperteso.
Una volta terminata l’ispezione del torace si procede alla somministrazione di ossigeno.
OSSIGENOTERAPIA
Ossigeno al 40-50% con presidi tipo VENTIMASK. E’ difficile stabilire in fase pre-ospedaliera la necessità di ossigenoterapia. Comunque, per un breve periodo di tempo, la somministrazione di O2 a flussi elevati non ha controindicazioni e deve avvenire per tutti i pazienti.
PRIORITA’ DI 1° LIVELLO (PRIORITA’ AB )
Esame clinico dell’ossigenazione e della ventilazione e manovre di stabilizzazione respiratoria.
Se sono presenti segni di ostruzione della via aerea o segni di inadeguata ventilazione occorre eseguire le manovre di controllo della via aerea e della ventilazione. Le manovre di primo livello devono essere patrimonio di chiunque presti soccorso ad un traumatizzato. L’intubazione tracheale è sicuramente la metodica di controllo più adeguata e definitiva, ma anche l’esecuzione corretta delle sole manovre di base può garantire una ventilazione sufficiente per lunghi periodi di tempo.
C CIRCULATION (CIRCOLO)
In questa fase si valutano i polsi periferici e centrali, si effettua il controllo delle emorragie esterne e si evidenzia un eventuale stato di shock. La valutazione del polso può fornirci il valore approssimativo della pressione sistolica :
Prima di controllare la pressione arteriosa è importante valutare il pallore e le caratteristiche del polso.
L’immobilizzazione e la trazione di una frattura di femore è il miglior mezzo per ridurre una emorragia.
PRIORITÀ DI 1° LIVELLO ( PRIORITA’ C)
Patogenesi ed evoluzione dello shock nel politraumatizzato.
Lo shock è una condizione di ipoperfusione critica dei vari organi; nel trauma è nella maggioranza dei casi conseguente ad una ipovolemia. Più lo shock è prolungato e più è a rischio la sopravvivenza immediata.
PROTOCOLLO DI TRATTAMENTO DELLO SHOCK NEL POLITRAUMA
Riconoscimento
Lo shock va riconosciuto sulla base dell’aumento della frequenza cardiaca, della diminuzione della pressione sistolica, della diminuzione della pressione differenziale, dell’aumento della frequenza respiratoria e delle alterazioni dello stato mentale.
Sequenza delle azioni
D DISABILITY (BREVE ESAME NEUROLOGICO)
Con questo esame si valuta il diametro delle pupille, il riflesso fotomotore ed il livello di coscienza del paziente attraverso la scala AVPU che analizza lo stato di allerta del paziente (ricorda il suo nome, è vigile, orientato), la sua risposta agli stimoli vocali e dolorosi e la mancanza di risposta a qualsiasi tipo di stimolo:
A Alert
V Responds to vocal stimuli
P Responds only to painful stimuli
U Unresponsive to any stimuli
Una riduzione del livello di coscienza può essere segno di ipossiemia e richiede un’immediata ossigenazione del paziente.
E EXPOSURE
Per completare la valutazione del malato si procede al taglio completo dei vestiti.
NEI PAZIENTI CRITICI VANNO ESEGUITE LE MANOVRE DI RIANIMAZIONE STRETTAMENTE NECESSARIE ! ! !
OSSERVAZIONE SECONDARIA E TRASPORTO
Nel paziente critico l’osservazione clinica secondaria va svolta durante il trasporto verso l’ospedale; negli altri pazienti va effettuata sul luogo dell’incidente. In questa fase si analizzeranno tutte le regioni del corpo e si evidenzieranno le eventuali complicanze.
ATTENZIONE!
In caso di eviscerazione coprire con telini o garze sterili,
non riposizionare niente nell’addome
Il paziente politraumatizzato va trattato come se avesse fratture e quindi, in ogni caso, va immobilizzato e, se il paziente è intrappolato all’interno di un veicolo, va estratto dalla macchina con l’estricatore-KED a meno che non si ravvedano dei pericoli immediati per il paziente (situazione ambientale pericolosa, macchina in fiamme ecc., imminente pericolo di vita, arresto respiratorio o cardio-respiratorio, paziente incosciente): in questi casi va effettuata la estricazione veloce.
E’ di vitale importanza acquisire informazioni circa la modalità e la dinamica del traumatismo: esse daranno indicazioni fondamentali sulle lesioni da ricercare. Qualunque dato anamnestico contribuisce al corretto trattamento del paziente. E’ bene conoscere se il paziente ha in anamnesi storie di allergie a farmaci, se è in trattamento, ad esempio, con terapie che possono modificare la sua risposta al trauma (anticoagulanti - bbloccanti), così come è importante conoscere le malattie contratte in passato o gli interventi chirurgici subiti in precedenza.
Si ricorda che, per facilitare la raccolta dei dati, viene utilizzato l’acronimo AMPLE:
A allergie
M medicamenti (quali farmaci assume il paziente)
P past medical history (anamnesi patologica remota – eventuale gravidanza)
L last meal (ultima assunzione di cibo)
E events (dinamica dell’incidente)
ATTENZIONE!
La valutazione del malato va ripetuta continuamente
CONSEGNA DEL PAZIENTE AL REPARTO DI ACCOGLIENZA
LUSSAZIONE E FRATTURA DEGLI ARTI
LESIONI OSSEE E ARTICOLARI
Le strutture del sistema scheletro-muscolare sono soggette a:
chiusa (frattura semplice, senza che l’osso fratturato provochi lacerazioni cutanee)
esposta (quando l’estremità dell’osso fratturato o i frammenti ossei trapassano la cute)
scomposta (lesione di un osso che comporta uno spostamento dei monconi ossei)
quando l’estremità di un osso che fa parte di un’articolazione viene a trovarsi fuori dalla sua sede naturale; ci possono essere danni ai vasi sanguigni, ai nervi, alla capsula articolare… |
lesione dell’articolazione nella quale i legamenti vengono strappati in modo parziale e non vi è interessamento osseo |
LA DIAGNOSI CERTA DI FRATTURA O LUSSAZIONE SI PUO’ DETERMINARE SOLO CON GLI ESAMI RADIOLOGICI
1 - traumi colonna vertebrale
2 - traumi cranici-toraco-addominali
3 - traumi agli arti (togliere anelli, bracciali … dall’arto infortunato)
TRATTAMENTO LUSSAZIONI E FRATTURE AGLI ARTI
Dopo aver valutatole priorità, in caso di trauma, trattare sempre come se ci fosse una lesione.
Le ossa sono strutture di sostegno; quando si rompono la funzione di supporto viene a mancare e quindi si devono prevenire ulteriori danni.
LA STECCA
IMMOBILIZZAZIONE DELLE FRATTURE
Nel caso di fratture, prima del trasporto bisogna procedere all'immobilizzazione della parte. La cosa migliore è attendere l'intervento dei soccorsi qualificati dotati di apposite attrezzature medicali, come le steccobende, i collari rigidi, le barelle a cucchiaio, il materassino a depressione e via dicendo. Se questo non è possibile bisogna improvvisare delle immobilizzazioni con mezzi di fortuna. Bisogna sempre ricordare che in caso di frattura, la parte deve essere tenuta in trazione. In questo modo si evita che i monconi possano danneggiare i tessuti. Inoltre l'infortunato ne trae solitamente un sollievo e una diminuzione del dolore. Fratture degli arti Nel caso di una sospetta frattura di un arto si può cercare di steccarlo, con delle stecche di legno o comunque dei sostegni rigidi, avvolti in stracci, giornali, indumenti, e successivamente, bendati e fasciati. Nel caso di frattura di una gamba, in mancanza di meglio, si può usare l'arto sano come sostegno. ATTENZIONE: spesso, se la frattura coinvolge un'articolazione, l'arto può essere deformato o piegato. In tal caso per immobilizzarlo è necessario raddrizzarlo. Questa operazione è sconsigliabile per chi non è un esperto soccorritore. Tuttavia, se è indispensabile, bisogna ricordare che lo spostamento deve avvenire sempre in trazione, allontanando tra loro i monconi. Fratture alla colonna vertebrale L'immobilità dell'infortunato è fondamentale. Se viene leso il midollo spinale, si va incontro a un danno irreversibile, che può portare alla paralisi o alla morte. Il trasporto richiede alcune attrezzature apposite e un soccorso qualificato. In casi di estrema urgenza (incendio, fughe di gas), l'infortunato può essere trasportato da almeno 3 soccorritori, meglio se in 5. Prima del trasporto si deve mettere in trazione il paziente. La mano sotto la testa deve tirare verso l'esterno mentre bisogna che anche i piedi siano tirati in direzione opposta. Le mani dei soccorritori devono poi scivolare sotto le gambe, i glutei e la schiena, molto aperte e tese, a formare un piano rigido. I soccorritori devono essere coordinati e sollevare il paziente contemporaneamente, mantenendone il corpo sempre perfettamente in asse e allineato. Successivamente l'infortunato va posto su un piano rigido e legato e immobilizzato, prima del trasporto. |
DEFINIZIONE
Le lesioni craniche includono le fratture del cranio e della faccia, con possibile lesione diretta o indiretta del cervello.
LE FRATTURE FACCIALI, dovute a violento impatto, possono passare inosservate o produrre lesioni deformanti al volto
SEGNI E SINTOMI
COSA FARE
COSA NON FARE
TRAUMA COLONNA VERTEBRALE
DEFINIZIONE
E’ sempre necessario considerare la possibilità di lesioni alla colonna vertebrale quando si riscontrano gravi lesioni al corpo.
Le lesioni della colonna comprendono:
E’ possibile che la lesione alla colonna vertebrale non provochi danni al midollo spinale oppure, nei casi più gravi, può causare paralisi o addirittura morte del soggetto.
SEGNI E SINTOMI
COSA FARE
COSA NON FARE
TRAUMA TORACO-ADDOMINALE
Le lesioni toraciche-addominali possono interessare, oltre alla struttura toracica, anche cuore, polmoni, stomaco, grandi vasi sanguigni, organi addominali…
Le lesioni toraciche-addominali possono essere:
SEGNI E SINTOMI
USTIONI
DEFINIZIONE
Le ustioni sono lesioni dei tessuti provocate dell’azione del calore.
CAUSE
SEGNI E SINTOMI
VALUTAZIONE DELLE USTIONI SEGNI E SINTOMI
Le ustioni sono da considerare gravi quando:
N.B. - Un modo pratico e veloce per valutare l’estensione di un’ustione è la “regola del palmo della mano”. Il palmo della mano equivale circa all’1% della superficie corporea: è pertanto possibile rapportare il palmo della mano dell’ustionato all’entità della lesione per valutarne l’estensione.
USTIONE TERMICA
Se sostanze semi solide (grasso, catrame, cera): raffreddare con acqua
ELETTRICITA’
SOSTANZE CHIMICHE
MATERIALI PERICOLOSI/RADIAZIONI
N.B. - Le lesioni ed i traumi associati (ferite, fratture, emorragie) sono valutati e/o tengono conto dell’ABC e vanno pertanto trattati indipendentemente dall’ustione.
FERITE
La ferita è una lesione di continuo della cute cioè una lesione che provoca la rottura della cute esponendo i tessuti sottostanti.
CAUSE
SEGNI E SINTOMI
Si presenta sotto forma di sfregamenti o graffi di solito interessanti ginocchia e gomiti.
La perdita di sangue, se presente, è minima.
I margini della cute tagliata sono netti. Se la ferita è profonda possono essere compromessi vasi sanguigni e nervi
La lesione ha margini frastagliati e irregolari. I tessuti sono strappati con comparsa di uno squarcio di dimensioni variabili con margini molto irregolari. Può essere associata discreta emorragia
Si nota il segno lasciato da oggetti appuntiti come chiodi, punteruoli o trapassanti come proiettili di arma da fuoco
Segni di asportazione di tutti gli strati cutanei senza interessamento della struttura ossea. Sono avulsioni lo strappo della punta del naso e della parte esterna dell’orecchio
Riferita generalmente all’amputazione traumatica parziale o totale di un arto o di un suo segmento. Possono essere presenti lembi di pelle frastagliata e spuntoni ossei
Presenza all’esterno di organi addominali. Si accompagna a stato di shock
COSA FARE
COSA NON FARE
EMORRAGIE ESTERNE
L’emorragia esterna è una perdita di sangue al di fuori dell’organismo.
CAUSE
Lesioni o traumi che producono soluzioni di continuo della cute.
SEGNI E SINTOMI
Una grave perdita di sangue mette a rischio la sopravvivenza del soggetto; è sufficiente una perdita del 25-40% del volume ematico totale. La perdita rapida di un litro di sangue da parte di un adulto è una condizione rischiosa, come un quarto o mezzo litro per un bambino e 24 cc per il neonato.
I segni più importanti sono quelli che si verificano in caso di rilevante perdita ematica e sono quelli dello shock (frequenza cardiaca rapida, cute fredda, pressione arteriosa bassa, ansia, irrequietezza)
COSA FARE
COSA NON FARE
CORPI ESTRANEI
Vengono trattati i corpi estranei di pertinenza della testa e delle vie respiratorie. Per i corpi estranei in altri distretti seguire le indicazioni contenute nella trattazione delle ferite.
I corpi estranei sono quelli “inclusi” di varia origine che possono essere presenti in qualsiasi distretto dell’organismo.
CAUSE
Le più svariate: legate all’attività umana, all’azione di altri forme viventi, ad agenti fisici
Dipendono dalla parte colpita:
Irrigare l’occhio con acqua, facendola scorrere dall’angolo mediale a quello laterale. Assicurarsi che il soggetto non sia portatore di lenti a contatto
Far soffiare il naso delicatamente, tenendo entrambe le narici aperte
E’ il caso di ostruzione meccanica dovuta a pezzi di cibo, ghiaccio, giocattoli, protesi dentarie, denti rotti, bottoni, vomito o liquidi. Per le ostruzioni delle vie respiratorie superiori, a seconda della gravità:
LESIONI DA CALDO
Le lesioni da caldo sono lesioni causate dall’esposizione al calore eccessivo.
CAUSE
Le attività chimiche dell’organismo avvengono nell’ambito di variazione termiche limitate; non possono verificarsi, cioè, con l’efficienza necessaria se la temperatura corporea è troppo alta o troppo bassa. Anche gli stessi processi chimici corporei generano calore, tuttavia la temperatura e le altre caratteristiche dell’ambiente possono determinare un aumento o una caduta della temperatura corporea. Il calore che non serve per il mantenimento della temperatura corporea viene disperso tramite i polmoni e la cute. Se la dispersione non avviene si crea una situazione di ipertermia
SEGNI E SINTOMI
La temperatura non è necessariamente superiore a quella “normale”. Il soggetto suda molto e beve grandi quantità di acqua. Con la sudorazione vengono perduti i sali corporei e di conseguenza compaiono i crampi. Questi, molto intensi (generalmente alle gambe e all’addome), si associano a spossatezza e a volte a vertigini o lipotimia
Si ha una perdita massiccia di liquidi e sali in conseguenza ad esposizione a calore eccessivo o a sforzo eccessivo. Si presentano più frequentemente durante l’estate. Soggetti maggiormente coinvolti: vigili del fuoco, muratori, operai portuali e coloro che lavorano all’interno di magazzini scarsamente areati. La respirazione diventa rapida e superficiale, il polso debole, la pelle fredda e appiccicosa, si ha debolezza generalizzata, vertigini fino a perdita di coscienza. Può evolvere nel colpo di calore
E’un’evenienza in cui l’organismo non riesce a disperdere il calore in eccesso: è un’urgenza vera. Possono essere colpiti tutti i soggetti che fanno sforzi in ambienti caldi, gli anziani che vivono in ambienti scarsamente ventilati, i bambini lasciati in automobile con i vetri chiusi. La respirazione da profonda diventa superficiale, il polso da rapido e piano a rapido e debole, la cute è secca e molto calda, le pupille sono dilatate, si ha perdita di coscienza; sono possibili crisi convulsive o spasmi muscolari
Sottovalutare gli episodi causati da eccesso di calore
LESIONI DA FREDDO
Le lesioni da freddo sono lesioni causate dall’esposizione a freddo eccessivo.
Se l’ambiente è troppo freddo, il calore corporeo viene ceduto più velocemente di quanto venga generato. Il corpo tenta di adattarsi alla situazione riducendo il numero delle respirazioni, l’entità della traspirazione e limitando la circolazione sanguigna superficiale. L’attività muscolare aumenta provocando i brividi nel tentativo di generare una quantità maggiore di calore. All’interno del corpo, i cibi utilizzati come carburante vengono metabolizzati più velocemente per produrre più calore. A un certo punto non vi sarà una quantità sufficiente di calore in tutte le zone del corpo, e questo fatto provocherà dapprima danni ai tessuti e infine la cessazione delle funzioni corporee vitali.
E’ un raffreddamento localizzato. Le zone più colpite sono le orecchie, il naso, le mani, i piedi. Può essere:
E’ un raffreddamento generale, conosciuto anche come assideramento. Può essere:
Sono lesioni che insorgono in seguito a esposizioni ripetute e prolungate della cute non adeguatamente protetta a temperatura di 15 °C o inferiori. Il soggetto accusa calore, sensibilità pronunciata e prurito. Le zone sono arrossate e rigonfie. I geloni sono cronici
È detto anche piede da immersione. È una condizione patologica che si sviluppa quando le gambe restano nell’acqua fredda per un periodo prolungato. L’arto si presenta gonfio, pallido e freddo. Il soggetto può accusare insensibilità
Non esiste cura d’urgenza
DECRETO 15 LUGLIO 2003, N. 388 MINISTERO DELLA SALUTE
Regolamento recante disposizioni sul pronto soccorso aziendale,in attuazione dell'articolo 15, comma 3, del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni. Gazzetta Ufficiale N. 27 del 3 Febbraio 2004
IL MINISTRO DELLA SALUTE, IL MINISTRO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI, IL MINISTRO PER LA FUNZIONE PUBBLICA, IL MINISTRO DELLE ATTIVITA' PRODUTTIVE
Visti gli articoli 12, comma 1, lettere b) e c) e l'articolo 15, comma 3 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni, che demanda ai Ministri della sanita', del lavoro e della previdenza sociale, della funzione pubblica e dell'industria, del commercio e dell'artigianato, il compito di individuare le caratteristiche minime delle attrezzature di pronto soccorso, i requisiti del personale addetto e la sua formazione, in relazione alla natura dell'attivita', al numero dei lavoratori occupati e ai fattori di rischio;
Visto l'atto di indirizzo e coordinamento alle Regioni per la determinazione dei livelli di assistenza sanitaria di emergenza, approvato con decreto del Presidente della Repubblica del 27 marzo 1992, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 76 del 31 marzo 1992;
Vista la legge 23 agosto 1988, n. 400, ed in particolare l'articolo 17, commi 3 e 4;
Visto il decreto del Ministro della sanita' 15 maggio 1992, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 121 del 25 maggio 1992, concernente i criteri ed i requisiti per la codificazione degli interventi di emergenza;
Visto il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni;
Visto l'atto di intesa tra Stato e Regioni recante l'approvazione delle
linee guida sul sistema di emergenza sanitaria dell'11 aprile 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 114 del 17 maggio 1996;
Sentita la Commissione consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e l'igiene del lavoro, di cui all'articolo 26 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626;
Acquisita l'intesa della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano;
Acquisito il parere del Consiglio superiore di sanita';
Udito il parere del Consiglio di Stato espresso dalla sezione consultiva per gli atti normativi nell'adunanza del 26 marzo 2001;
Adottano il seguente regolamento:
Art. 1.
Classificazione delle aziende
1. Le aziende ovvero le unità produttive sono classificate, tenuto conto della tipologia di attività svolta, del numero dei lavoratori occupati e dei fattori di rischio, in tre gruppi.
Gruppo A:
I) Aziende o unità produttive con attività industriali, soggette all'obbligo di dichiarazione o notifica, di cui all'articolo 2, del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, centrali termoelettriche, impianti e laboratori nucleari di cui agli articoli 7, 28 e 33 del decreto legislativo
17 marzo 1995, n. 230, aziende estrattive ed altre attività minerarie definite dal decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 624, lavori in sotterraneo di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1956, n. 320, aziende per la fabbricazione di esplosivi, polveri e munizioni;
II) Aziende o unità produttive con oltre cinque lavoratori appartenenti o riconducibili ai gruppi tariffari INAIL con indice infortunistico di inabilità permanente superiore a quattro, quali desumibili dalle statistiche nazionali INAIL relative al triennio precedente ed aggiornate al 31 dicembre di ciascun anno. Le predette statistiche nazionali INAIL sono pubblicate nella Gazzetta Ufficiale;
III) Aziende o unità produttive con oltre cinque lavoratori a tempo indeterminato del comparto dell'agricoltura.
Gruppo B:
Aziende o unità produttive con tre o più lavoratori che non rientrano nel gruppo A.
Gruppo C:
Aziende o unità produttive con meno di tre lavoratori che non rientrano nel gruppo A.
2. Il datore di lavoro, sentito il medico competente, ove previsto, identifica la categoria di appartenenza della propria azienda od unità produttiva e, solo nel caso appartenga al gruppo A, la comunica all'Azienda Unità Sanitaria Locale competente sul territorio in cui si svolge l'attività lavorativa, per la predisposizione degli interventi di emergenza del caso. Se l'azienda o unità produttiva svolge attività lavorative comprese in gruppi diversi, il datore di lavoro deve riferirsi
all'attività con indice più elevato.
Art. 2.
Organizzazione di pronto soccorso
1. Nelle aziende o unità produttive di gruppo A e di gruppo B, il datore di lavoro deve garantire le seguenti attrezzature:
a) cassetta di pronto soccorso, tenuta presso ciascun luogo di lavoro, adeguatamente custodita in un luogo facilmente accessibile ed individuabile con segnaletica appropriata, contenente la dotazione minima indicata nell'allegato 1, che fa parte del presente decreto, da integrare sulla base dei rischi presenti nei luoghi di lavoro e su indicazione del medico competente, ove previsto, e del sistema di emergenza sanitaria del Servizio Sanitario Nazionale, e della quale sia costantemente assicurata, la completezza ed il corretto stato d'uso dei presidi ivi contenuti;
b) un mezzo di comunicazione idoneo ad attivare rapidamente il
sistema di emergenza del Servizio Sanitario Nazionale.
2. Nelle aziende o unità produttive di gruppo C, il datore di lavoro deve garantire le seguenti attrezzature:
a) pacchetto di medicazione, tenuto presso ciascun luogo di lavoro, adeguatamente custodito e facilmente individuabile, contenente la dotazione minima indicata nell'allegato 2, che fa parte del presente decreto, da integrare sulla base dei rischi presenti nei luoghi di lavoro, della quale sia costantemente assicurata, in collaborazione con il medico competente, ove previsto, la completezza ed il corretto stato d'uso dei presidi ivi contenuti;
b) un mezzo di comunicazione idoneo ad attivare rapidamente il sistema di emergenza del Servizio Sanitario Nazionale;
3. Il contenuto minimo della cassetta di pronto soccorso e del
pacchetto di medicazione, di cui agli allegati 1 e 2, e' aggiornato con decreto dei Ministri della salute e del lavoro e delle politiche sociali tenendo conto dell'evoluzione tecnico-scientifica.
4. Nelle aziende o unità produttive di gruppo A, anche consorziate, il datore di lavoro, sentito il medico competente, quando previsto, oltre alle attrezzature di cui al precedente comma 1, e' tenuto a garantire il raccordo tra il sistema di pronto soccorso interno ed il sistema di emergenza sanitaria di cui al decreto del Presidente della Repubblica del 27 marzo 1992 e successive modifiche.
5. Nelle aziende o unità produttive che hanno lavoratori che prestano la propria attività in luoghi isolati, diversi dalla sede aziendale o unità produttiva, il datore di lavoro e' tenuto a fornire loro il pacchetto di medicazione di cui all'allegato 2, che fa parte del presente decreto, ed un mezzo di comunicazione idoneo per raccordarsi con l'azienda al fine di attivare rapidamente il sistema di emergenza del Servizio Sanitario Nazionale.
Art. 3.
Requisiti e formazione degli addetti al pronto soccorso
1. Gli addetti al pronto soccorso, designati ai sensi dell'articolo 12, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, sono formati con istruzione teorica e pratica per l'attuazione delle misure di primo intervento interno e per l'attivazione degli interventi di pronto soccorso.
2. La formazione dei lavoratori designati e' svolta da personale medico, in collaborazione, ove possibile, con il sistema di emergenza del Servizio Sanitario Nazionale. Nello svolgimento della parte pratica della formazione il medico può avvalersi della collaborazione di personale infermieristico o di altro personale specializzato.
3. Per le aziende o unità produttive di gruppo A i contenuti e i tempi minimi del corso di formazione sono riportati nell'allegato 3, che fa parte del presente decreto e devono prevedere anche la trattazione dei rischi specifici dell'attività svolta.
4. Per le aziende o unità produttive di gruppo B e di gruppo C i contenuti ed i tempi minimi del corso di formazione sono riportati nell'allegato 4, che fa parte del presente decreto.
5. Sono validi i corsi di formazione per gli addetti al pronto soccorso ultimati entro la data di entrata in vigore del presente decreto. La formazione dei lavoratori designati andrà ripetuta con cadenza triennale almeno per quanto attiene alla capacità di intervento pratico.
Art. 4.
Attrezzature minime per gli interventi di pronto soccorso
1. Il datore di lavoro, in collaborazione con il medico competente, ove previsto, sulla base dei rischi specifici presenti nell'azienda o unita' produttiva, individua e rende disponibili le attrezzature minime di equipaggiamento ed i dispositivi di protezione individuale per gli addetti al primo intervento interno ed al pronto soccorso.
2. Le attrezzature ed i dispositivi di cui al comma 1 devono essere appropriati rispetto ai rischi specifici connessi all'attivita' lavorativa dell'azienda e devono essere mantenuti in condizioni di efficienza e di pronto impiego e custoditi in luogo idoneo e facilmente accessibile.
Art. 5.
Abrogazioni
Il decreto ministeriale del 2 luglio 1958 e' abrogato.
Art. 6.
Entrata in vigore
Il presente decreto entra in vigore sei mesi dopo la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare come legge dello Stato.
Roma, 15 luglio 2003
Allegato I
CONTENUTO MINIMO DELLA CASSETTA DI PRONTO SOCCORSO |
Guanti sterili monouso (5 paia). |
Visiera paraschizzi |
Flacone di soluzione cutanea di iodopovidone al 10% di iodio da 1 litro (1). |
Flaconi di soluzione fisiologica ( sodio cloruro - 0, 9%) da 500 ml (3). |
Compresse di garza sterile 10 x 10 in buste singole (10). |
Compresse di garza sterile 18 x 40 in buste singole (2). |
Teli sterili monouso (2). |
Pinzette da medicazione sterili monouso (2). |
Confezione di rete elastica di misura media (1). |
Confezione di cotone idrofilo (1). |
Confezioni di cerotti di varie misure pronti all'uso (2). |
Rotoli di cerotto alto cm. 2,5 (2). |
Un paio di forbici. |
Lacci emostatici (3). |
Ghiaccio pronto uso (due confezioni). |
Sacchetti monouso per la raccolta di rifiuti sanitari (2). |
Termometro. |
Apparecchio per la misurazione della pressione arteriosa. |
Allegato II
CONTENUTO MINIMO DEL PACCHETTO DI MEDICAZIONE |
Guanti sterili monouso (2 paia). |
Flacone di soluzione cutanea di iodopovidone al 10% di iodio da 125 |
ml (1). |
Flacone di soluzione fisiologica (sodio cloruro 0,9%) da 250 ml (1). |
Compresse di garza sterile 18 x 40 in buste singole (1). |
Compresse di garza sterile 10 x 10 in buste singole (3). |
Pinzette da medicazione sterili monouso (1). |
Confezione di cotone idrofilo (1). |
Confezione di cerotti di varie misure pronti all'uso (1). |
Rotolo di cerotto alto cm 2,5 (1). |
Rotolo di benda orlata alta cm 10 (1). |
Un paio di forbici (1). |
Un laccio emostatico (1). |
Confezione di ghiaccio pronto uso (1). |
Sacchetti monouso per la raccolta di rifiuti sanitari (1). |
Istruzioni sul modo di usare i presidi suddetti e di prestare i primi |
soccorsi in attesa del servizio di emergenza. |
Allegato III
OBIETTIVI DIDATTICI E CONTENUTI MINIMI DELLA FORMAZIONE DEI LAVORATORI DESIGNATI AL PRONTO SOCCORSO PER LE AZIENDE DI
GRUPPO A |
OBIETTIVI DIDATTICI PROGRAMMA,TEMPI. |
Prima giornata |
MODULO A totale n. 6 ore |
Allertare il sistema di soccorso |
a) Cause e circostanze dell'infortunio (luogo dell'infortunio, numero delle persone coinvolte, stato degli infortunati, ecc.); |
b) comunicare le predette informazioni in maniera chiara e precisa ai servizi di assistenza sanitaria di emergenza |
Riconoscere un'emergenza sanitaria |
1) Scena dell'infortunio: |
a) raccolta delle informazioni; |
b) previsione dei pericoli evidenti e di quelli probabili; |
2) Accertamento delle condizioni psicofisiche |
del lavoratore infortunato: |
a) funzioni vitali (polso, pressione, respiro); |
b) stato di coscienza |
c) ipotermia e ipertermia; |
3) Nozioni elementari di anatomia e fisiologia dell'apparato cardiovascolare e respiratorio. |
4) Tecniche di autoprotezione del personale |
addetto al soccorso. |
Attuare gli interventi di primo soccorso |
1) Sostenimento delle funzioni vitali: |
a) posizionamento dell'infortunato e manovre per la pervietà delle prime vie aeree; |
b) respirazione artificiale; |
c) massaggio cardiaco esterno; |
2) Riconoscimento e limiti d'intervento di primo soccorso: |
a) lipotimia, sincope, shock; |
b) edema polmonare acuto; |
c) crisi asmatica; |
d) dolore acuto stenocardico |
e) reazioni allergiche |
f) crisi convulsive; |
g) emorragie esterne post-traumatiche e |
tamponamento emorragico |
Conoscere i rischi specifici dell'attività svolta |
Seconda giornata |
MODULO B totale n. 4 ore |
Acquisire conoscenze generali sui traumi in ambiente di lavoro |
1) Cenni di anatomia |
2) Lussazioni, fratture e complicanze |
3) Traumi e lesioni cranio-encefalici e |
della colonna vertebrale |
4) Traumi e lesioni toraco-addominali |
Acquisire conoscenze generali sulle patologie specifiche in ambiente di lavoro |
1) Lesioni da freddo e da calore |
2) Lesioni da corrente elettrica |
3) Lesioni da agenti chimici |
4) Intossicazioni |
5) Ferite lacero contuse |
6) Emorragie esterne |
Terza giornata |
MODULO C totale n. 6 ore |
Acquisire capacità di intervento pratico |
1) Tecniche di comunicazione con il sistema di emergenza del SSN |
2) Tecniche di primo soccorso nelle sindromi cerebrali acute |
3) Tecniche di primo soccorso nella sindrome di insufficienza respiratoria acuta |
4) Tecniche di rianimazione cardiopolmonare |
5) Tecniche di tamponamento emorragico |
6) Tecniche di sollevamento, spostamento e trasporto del traumatizzato |
7) Tecniche di primo soccorso in casi di esposizione accidentale ad agenti chimici e biologici |
Allegato IV
OBIETTIVI DIDATTICI E CONTENUTI MINIMI DELLA FORMAZIONE DEI LAVORATORI DESIGNATI AL PRONTO SOCCORSO PER LE AZIENDE DI GRUPPO B E C
OBIETTIVI DIDATTICI PROGRAMMA TEMPI
Prima giornata |
MODULO A |
totale n. 4 ore |
Allertare il sistema di soccorso |
a) Cause e circostanze dell'infortunio (luogo dell'infortunio, numero delle persone coinvolte, stato degli infortunati, ecc.); |
b) comunicare le predette informazioni in maniera chiara e precisa ai servizi di assistenza sanitaria di emergenza |
Riconoscere un'emergenza sanitaria |
1) Scena dell'infortunio: |
a) raccolta delle informazioni; |
b) previsione dei pericoli evidenti e di quelli |
probabili; |
2) Accertamento delle condizioni psicofisiche del |
lavoratore infortunato: |
a) funzioni vitali (polso, pressione, respiro); |
b) stato di coscienza |
c) ipotermia e ipertermia; |
3) Nozioni elementari di anatomia e fisiologia |
dell'apparato cardiovascolare e respiratorio. |
4) Tecniche di autoprotezione del personale addetto al soccorso. |
Attuare gli interventi di primo soccorso |
1) Sostenimento delle funzioni vitali: |
a) posizionamento dell'infortunato e manovre per la pervietà delle prime vie aeree; |
b) respirazione artificiale; |
c) massaggio cardiaco esterno; |
2) Riconoscimento e limiti d'intervento di primo soccorso: |
a) lipotimia, sincope, shock; |
b) edema polmonare acuto; |
c) crisi asmatica; |
d) dolore acuto stenocardico |
e) reazioni allergiche |
f) crisi convulsive; g) emorragie esterne post-traumatiche e tamponamento emorragico |
Conoscere i rischi specifici dell'attività svolta |
Seconda giornata |
MODULO B |
totale n. 4 ore |
Acquisire conoscenze generali sui traumi in ambiente di lavoro |
1) Cenni di anatomia |
2) Lussazioni, fratture e complicanze |
3) Traumi e lesioni cranio-encefalici e |
della colonna vertebrale |
4) Traumi e lesioni toraco-addominali |
Acquisire conoscenze generali sulle patologie specifiche in ambiente di lavoro |
1) Lesioni da freddo e da calore |
2) Lesioni da corrente elettrica |
3) Lesioni da agenti chimici |
4) Intossicazioni |
5) Ferite lacero contuse |
6) Emorragie esterne |
Terza giornata |
MODULO C |
totale n. 4 ore |
Acquisire capacità di intervento pratico |
1) Principali tecniche di comunicazione con il sistema di emergenza del SSN |
2) Principali tecniche di primo soccorso nelle sindromi cerebrali acute |
3) Principali tecniche di primo soccorso nella sindrome di insufficienza respiratoria acuta |
4) Principali tecniche di rianimazione cardiopolmonare |
5) Principali tecniche di tamponamento emorragico |
6) Principali tecniche di sollevamento, spostamento e trasporto del traumatizzato |
7) Principali tecniche di primo soccorso in casi di esposizione accidentale ad agenti chimici e biologici |
BIBLIOGRAFIA
ULTIMO AGGIORNAMENTO MARZO 2010
Fonte: http://www.crocedorosampierdarena.com/app/download/2331482/DISPENSA+PS+2010.doc
Sito web da visitare: http://www.crocedorosampierdarena.com
Autore del testo: Catarsi Fulvio
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