Corso di formazione addetti al pronto soccorso

Corso di formazione addetti al pronto soccorso

 

 

 

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Corso di formazione addetti al pronto soccorso

A partire dal 1955, diverse leggi e circolari hanno definito precise regole comportamentali in materia di infortuni sul lavoro e sulle malattie professionali. A ben vedere, le leggi e le circolari sulla prevenzione seguono la dottrina di Frederick Winslow Taylor, ingegnere di Filadelfia che fu il primo a sviluppare una teoria sull’organizzazione del lavoro (definito taylorismo).
 Taylor riteneva possibile trovare per ciascun lavoro il miglior modo di eseguirlo, che andava quindi insegnato e imposto a tutti gli addetti di quella determinata professione. In accordo con la teoria precisata, è quindi possibile prevedere un rigido elenco di norme tecniche di sicurezza che devono essere acriticamente applicate da tutto il personale al fine di abolire il fattore infortunio.
   La corretta applicazione di tali norme comporta, sicuramente, una riduzione del numero totale di infortuni e l’abbattimento del tasso medio di malattie professionali, ma non risponde allo spirito della recente normativa sulla sicurezza e salute sul luogo di lavoro.
   La legislazione precedente al Decreto Legislativo n. 626 del 19 settembre 1994 proponeva un arido elenco di regole fisse che non fornivano, però, le risposte alle due domande più importanti che s’impongono nei luoghi di lavoro: che cosa posso fare io lavoratore per evitare che un infortunio capiti a me e per non avere una malattia professionale?
E cosa si può fare per prevenire le malattie professionali e far sì che i dipendenti si comportino in modo da evitare gli infortuni?
Le mancate risposte ai quesiti sopra formulati dipendono dal fatto che il sistema di norme rigide non considera la variabile uomo, responsabile di eventi non prevedibili che modificano il rischio professionale.
Il D.Lgs. 626/94 recepisce gli orientamenti dell’unione Europea e istituisce in ogni luogo di lavoro la figura aziendale del responsabile per la sicurezza. Esso riporta, inoltre, tra le misure da adottare per la prevenzione degli infortuni, l’individuazione e la formazione dell’addetto al primo soccorso, d’ora in poi definito soccorritore.
Un malore, una crisi cardiaca, un infortunio, un incidente sono evenienze della vita di tutti i giorni, che possono avvenire in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo, in particolare durante le ore di lavoro.
   Sapere come comportarsi in questi casi è importante per risolvere infortuni e soccorrere i feriti nelle grandi emergenze. Occorre, però farlo con cognizione di ciò che sta accadendo e dove sta accadendo: perché svenire per strada o mentre si guida un’auto, o mentre si lavora in cucina comporta, a seconda del luogo, rischi differenti.

 Un’ulteriore sensibilizzazione all’attenzione dei rischi professionali e alle procedure di primo soccorso arriva con il decreto ministeriale n. 388, emanato dal Ministero della salute il 15 luglio 2003 e in vigore dal 3 febbraio 2005, contenente il “Regolamento recante disposizioni sul pronto soccorso, aziendale” rendendo obbligatori i corsi di primo soccorso.
Questa norma rende operativa ora, a distanza di dieci anni dall’emanazione del D.Lgs. 626/94, il pronto soccorso aziendale individuando le attrezzature minime che i datori di lavoro devono garantire in azienda e definendo gli obiettivi didattici e i contenuti minimi della formazione dei lavoratori responsabili.
    Si tratta di un provvedimento innovativo che rende obbligatoria la presenza di un primo soccorso in qualsiasi tipologia di azienda, negozi, laboratori, uffici e via dicendo. Le aziende sono classificate dal decreto in tre gruppi (A, B e C) in base alla tipologia dell’azienda, al numero dei lavoratori occupati e ai fattori di rischio specifici.

L’inquadramento dell’azienda in una delle tre categorie è di competenza del datore di lavoro, sentito il medico competente (se previsto); se l’azienda o l’unità produttiva svolgono attività lavorative comprese in gruppi diversi, è necessario fare riferimento all’attività con indice di rischio più elevato.
Gli adempimenti per il datore di lavoro variano a seconda dell’appartenenza a un gruppo piuttosto che ad un altro. Nelle aziende di gruppo A e B, il datore di lavoro deve garantire le seguenti attrezzature:

  • cassetta di pronto soccorso, tenuta in ciascun luogo di lavoro, adeguatamente custodita in un posto facilmente accessibile con segnaletica appropriata, contenente la dotazione minima indicata dal decreto, e della quale siano costantemente assicurati la completezza e il corretto stato d’uso;
  • un mezzo di comunicazione idoneo ad attivare rapidamente il sistema di emergenza del Servizio Sanitario Nazionale.

Nelle aziende o unità produttive di gruppo C, la cassetta di pronto soccorso può essere sostituita dal pacchetto di medicazione (che è di contenuto più ridotto) se il numero di dipendenti è inferiore a tre.
 Esclusivamente nel caso di appartenenza al gruppo A, il datore di lavoro è tenuto a darne comunicazione all’Azienda sanitaria locale competente sul territorio in cui si svolge l’attività lavorativa.
Molto rilevante è poi la previsione della formazione obbligatoria per il personale: gli addetti al pronto soccorso, designati ai sensi del D.Lgs. 81/08 e legge 106 del 2009, saranno formati con lezioni teoriche e pratiche (con corsi di almeno 16 ore per il gruppo A e di 12 ore per i gruppi B e C) per l’attivazione del primo intervento interno. La formazione dei lavoratori designati è svolta da personale medico coadiuvato da personale specializzato in emergenza e, quando possibile, in collaborazione con il sistema di emergenza del Servizio Sanitario Nazionale.
La formazione dei lavoratori designati andrà aggiornata con cadenza triennale, quantomeno per ciò che attiene alla capacità di intervento pratico.
E’ infine importante segnalare che, in caso di presenza di una pluralità di sedi di lavoro o unità produttive (es. punti vendita, filiali ecc.), gli adempimenti di cui sopra dovranno essere espletati per ogni singola sede di lavoro o unità produttiva: sarà pertanto necessario acquistare una cassetta di pronto soccorso o un pacchetto di medicazione e, ovviamente, formare un lavoratore per ogni sede di lavoro.      

PRESENTAZIONE DEL CORSO

Questo corso è stato strutturato in 2 o 3 moduli per una durata minima di 12 ore e massima di 16 ore e si svolgerà nel seguente modo.

  • Test anonimo sulle conoscenze di base inerenti al primo soccorso
  • Primo Modulo: tratta di normativa, organizzazione del primo soccorso, valutazione dell'organizzazione del primo soccorso, sicurezza, tutela e protezione del soccorritore.
  • Secondo Modulo: fornisce dei cenni di anatomia e fisiologia del corpo umano, affronta lo scenario di un'emergenza sanitaria, trattando delle prime fasi del soccorso e delle alterazioni delle funzioni vitali.
  • Terzo Modulo: tratta di interventi specifici di primo soccorso e prove pratiche.
  • Test finale

RIFERIMENTI LEGISLATIVI

  • Articolo 388 del DPR n. 547/1955
  • Articoli 27 usque 32 del DPR n. 303/1956
  • Decreto del Ministero del lavoro del 28 luglio1958
  • Decreto Legislativo 626/1994
  • D.M. 388 del 15/07/2003
  • Legge 81/08 e 106 del 2009

NORMATIVA

  • La figura giuridica del soccorritore
  • Lo stato di necessità
  • Il soccorritore e le manovre sanitarie

Articolo 388 del DPR n. 547/1955

  • I lavoratori devono denunciare subito al proprio datore di lavoro od ai propri capi gli infortuni, prescindendo dalla loro gravità, occorsi nell'espletamento del lavoro.
  • Il datore di lavoro deve disporre che vengano prestati all'infortunato i soccorsi d'urgenza.

Articolo 27 del DPR n. 303/1956
Obbligo per il datore di lavoro delle aziende industriali, e in quelle commerciali che occupano più di 25 dipendenti, di detenere presidi sanitari idonei per cure a lavoratori infortunati o colti da malore, contenuti in un pacchetto di medicazione o in una cassetta di pronto soccorso o in una camera di medicazione.
Articolo 28 del DPR n. 303/1956
Pacchetto di medicazione:

  • aziende industriali non comprese nelle precedenti situazioni;
  • aziende commerciali con più di 25 dipendenti.

Articolo 29 del DPR n. 303/1956
Cassetta di pronto soccorso:

  • aziende industriali fino a 5 dipendenti con rischi di asfissia, scoppio, infezione, avvelenamento e lontane da posti pubblici di pronto soccorso;
  • aziende industriali con più di 50 dipendenti;
  • aziende industriali sino a 50 dipendenti e lontane da posti pubblici di pronto soccorso.  

Articolo 30 del DPR n. 303/1956
Camera di medicazione:

  • aziende industriali con più di 5 dipendenti con rischi di asfissia, scoppio, infezione, avvelenamento e lontane da posti pubblici di pronto soccorso;
  • aziende industriali con più di 50 dipendenti, obbligati a visite periodiche e preventive.

Articolo 31 del DPR n. 303/1956
Decentramento del pronto soccorso:

  • ai complessi industriali distanti dal posto di pronto soccorso dell'azienda può essere prescritta l'istituzione di altri presidi, che naturalmente verranno distinti (cassetta di pronto soccorso, pacchetto o camera di medicazione).

Articolo 32 del DPR n. 303/1956
Personale sanitario:

  • nelle aziende ove vi è l'obbligo di visite mediche preventive e periodiche deve essere affisso in luogo ben visibile un cartello indicante il nome, il cognome e il domicilio o il recapito del medico a cui ricorrere ed eventualmente il suo numero telefonico oppure il posto di soccorso pubblico più vicino all'azienda.

Decreto Ministero del Lavoro 28 luglio 1958
Definisce le dotazioni dei presidi chirurgici e farmaceutici aziendali riportando:

  • istruzioni d'uso e nozioni di pronto soccorso;
  • comportamenti del soccorritore in attesa dell'intervento qualificato;
  • mantenimento dei presidi in condizione di efficienza;
  • possibilità di esonero o di sostituzione previa autorizzazione dell'Ispettorato del lavoro.

Decreto Legislativo 626/1994

Nel Decreto Legislativo 626/1994 il Primo Soccorso viene affrontato nelle seguenti parti:

  • Articolo 15

- comma 1
- comma 2
- comma 3

  • Allegato II

- punto 2

Nel dettaglio:

Articolo 15 (commi 1 e 2)
il datore di lavoro, considerando la natura delle attività e le dimensioni dell'azienda, sentito il medico competente:

  • adotta i provvedimenti necessari in materia di pronto soccorso ed assistenza medica, stabilendo i rapporti con i servizi esterni
  • designa uno o più lavoratori incaricati del pronto soccorso, qualora non vi provveda direttamente

Articolo 15 (comma 3)
in relazione al rischio dell'attività produttiva e al numero degli occupati, con decreto ministeriale verranno individuati:

  • le caratteristiche minime delle attrezzature
  • i requisiti delle attrezzature
  • la formazione professionale degli incaricati in materia di soccorso e salvataggio

 
Allegato II (punto 2)

  • il numero dei locali da adibire al pronto soccorso dipende dal tipo di attività svolta nelle aziende e dalla frequenza di infortuni
  • tali locali, individuabili con segnaletica conforme alla normativa vigente, devono essere facilmente accessibili con barelle

 

Decreto Legislativo 626/1994: designazione degli incaricati                

  • Prima di affidare questo compito, l'Azienda deve invitare i dipendenti a offrirsi spontaneamente
  • Si evidenzia, comunque, che l'incaricato "non può rifiutarsi senza giustificato motivo"

 DM 388/03         

Il Decreto 388/03, messo a punto dal Ministero della Salute in attuazione dell'articolo 15 (comma 3) del Decreto Legislativo 626/94, prevede:

  • i criteri organizzativi generali
  • la classificazione aziendale
  • i presidi sanitari 
  • il personale addetto e la sua formazione

Criteri organizzativi generali

  • Classificazione delle aziende secondo il numero dei dipendenti e la tipologia delle attività svolte
  • Provvedimenti di pronto soccorso commisurati alla possibilità di raggiungere le aziende da parte dei servizi pubblici di assistenza sanitaria di emergenza entro 20 minuti

Classificazione aziendale

      • Aziende di gruppo A:
  • aziende a rischio elevato (DPR 175/1988, D.Lgs. 230/1995, DPR 320/1956)
  • aziende con oltre 15 addetti, con elevata probabilità di infortunio da scoppio, asfissia, avvelenamenti, traumi meccanici gravi, lesioni da elettricità o da calore.
    • Aziende di gruppo B:
  • aziende industriali, agricole o commerciali non rientranti nel gruppo A

I presidi sanitari

      • Aziende tipo A e B raggiungibili in 20 minuti:
  • cassetta di PS a contenuto minimo
  • completezza e corretto uso della cassetta
  • individuare presidi sanitari specifici in base alla tipologia dei rischi aziendali.
  • designare uno o più addetti al primo soccorso
  • rendere disponibile almeno un telefono collegato con l'esterno
  • concordare modalità idonee per accedere ai servizi di emergenza pubblici o privati
    • Aziende tipo A non raggiungibili in 20 minuti:
  • quanto previsto per le precedenti aziende
  • istituire un sistema di pronto soccorso con personale, locali, farmaci, presidi, attrezzature e mezzi, concordando idonee modalità di accesso alla rete dei servizi di assistenza sanitaria
    • Aziende tipo B non raggiungibili in 20 minuti:
  • quanto previsto per le precedenti aziende
  • concordare le modalità di accesso alla rete dei servizi di assistenza sanitaria di emergenza, anche attraverso la costituzione di consorzi fra aziende e l'eventuale ricorso a strutture private

Personale addetto e sua formazione

      • Personale addetto:
  • caratteristiche personali adeguate
  • adeguata formazione
  • capacità di agire adeguatamente, evitando di peggiorare lo stato della vittima
  • capacità di fornire al personale qualificato idonee e precise informazioni
    • Formazione:
    • programmi didattici stabiliti per un minimo di 12 ore
    • addestramento da ripetere annualmente

 

La figura giuridica del soccorritore 

  • Figura del soccorritore a titolo di volontario:
    • articolo 45 della legge 833/1978
    • L. 266/1991:
  • legge quadro con criteri di massima a cui le Regioni si attengono per emanare la normativa che sul territorio disciplina le varie associazioni.
  • alla lettera la legge 266/1991 non indica se il soccorritore volontario sia un incaricato di pubblico servizio (qualsiasi attività, cioè, che senza rappresentare una funzione pubblica, persegua comunque interessi della collettività), anche se non sembrerebbe essere una forzatura considerarlo tale

 

    • Figura del soccorritore come attività di servizio:
      • prevista dal mansionario

 

Lo stato di necessità

Lo stato di necessità come sostegno all'opera di soccorso:

  • articoli 54 e 55 del Codice Penale:
  • l'articolo 54 non punisce chi abbia commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo non da lui volontariamente causato né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionale al pericolo
  • l'articolo 55 prevede l'eccesso colposo per atti commessi in situazioni di necessità con azioni eccedenti i limiti imposti dalla legge, dall'autorità e dalla necessità, per negligenza, imprudenza o imperizia (condotta colposa)

 

Il soccorritore e le manovre sanitarie

Il soccorritore:

  • non ha un elenco di compiti o di manovre sanitarie che può effettuare
  • ha il compito di fare da tramite con il lavoro di altro personale qualificato
  • non farà mai qualcosa che vada oltre le sue competenze, pena la commissione di imprudenza e l'accusa di lesioni personali (articolo 590 C.P.) o di omicidio colposo (articolo 589 C.P.) o di esercizio abusivo di professione (articolo 348 C.P.) 

Le manovre eseguibili da un soccorritore:

  • valutazione dei parametri vitali e delle principali alterazioni
  • ventilazione artificiale
  • massaggio cardiaco esterno
  • immobilizzazione degli arti
  • emostasi, protezione e medicazione di ferite
  • sottrazione di un ferito o di un malato da situazione di immediato pericolo

Il ruolo dell'incaricato di primo soccorso

L'addetto al servizio di primo soccorso, oltre ad essere formato, deve:

  • collaborare alla formazione del piano di emergenza
  • coordinare l'attuazione delle misure previste
  • predisporre i numeri telefonici d'emergenza
  • curare la tenuta dei presidi sanitari
  • tenere un registro del materiale sanitario
  • effettuare le manovre di soccorso di sua competenza

d.lgs. 81/2008, e d.lgs. 106/2009:
Il d.lgs. 81/2008, recentemente modificato ed integrato dal d.lgs. 106/2009 ha mantenuto le disposizioni del vecchio testo di Legge per quanto concerne la frequentazione obbligatoria del corso primo soccorso.
Il corso primo soccorso in particolare è disciplinato dall’art. 45 d.lgs. 81/2008 che fa un esplicito rimando al D.M. 388/03, l’ultima norma in materia di corso pronto soccorso. Detta norma suddivide le aziende in due macro categorie: aziende del gruppo A (che dovranno frequentare un corso primo soccorso della durata di 16 ore) ed aziende del gruppo B/C (in questo caso la durata del corso primo soccorso sarà di sole 12 ore). (la maggior parte delle Società si trovano nella seconda categoria) La norma stabilisce anche che il corso pronto soccorso debba essere periodicamente ripetuto con cadenza almeno triennale. La circolare interpretativa del Ministero della Salute (3 giugno 2004, n. Prot. GPREV-13008/P) ricorda infatti che l’obbligo di aggiornamento relativo al corso pronto soccorso con cadenza triennale:

  • - è da ritenersi immediatamente vigente con l'entrata in vigore,
  • - è da riferirsi alla formazione acquisita,
  • - ha il fine di sopperire a carenze connesse a formazioni datate.

La circolare precisa inoltre che “….per la ripetizione della formazione il riferimento è costituito dalla data di ultimazione dell'ultimo corso effettuato”.
Quanto ci viene richiesto un corso primo soccorso la domanda che spesso viene posta riguarda il numero di addetti da formare ed in particolare viene domandato se la formazione di un solo addetto al corso primo soccorso sia sufficiente. Si deve rilevare come il D.M. 388/03 non ponga un limite inferiore al numero degli addetti al primo soccorso, in pratica lascia la scelta al datore di lavoro che istituirà la squadra di gestione dell’emergenza sulla base delle effettiva necessità aziendali.
Resta da osservare che la formazione di un solo addetto al primo soccorso possa risultare spesso insufficiente in tutti quei casi in cui, in sua assenza, la squadra di gestione delle emergenze è prima del lavoratore che ha frequentato il corso primo soccorso. In relazione a questo argomento l’AUSL  si è espressa confermando il fatto che sia buon prassi la formazione di almeno due addetti al primo soccorso.
l corso è rivolto a tutti i lavoratori, siano essi datori di lavoro, dirigenti, preposti, RLS o lavoratori incaricati dal datore di lavoro (la formazione è obbligatoria da parte del lavoratore) alla gestione delle emergenze e prepara a gestire eventuali eventi accidentali per le persone presenti nella realtà aziendale. In particolare gli addetti al primo soccorso recepiscono le norme comportamentali da far rispettare ai lavoratori sia in forma preventiva che in forma di protezione per la gestione delle emergenze.
Il corso primo soccorso, così come imposto dalla vigente normativa, viene erogato da personale medico ed al termine della formazione verrà rilasciato regolare attestato comprovante l’avvenuta formazione.
Inoltre sappiamo che tra gli obblighi del datore di lavoro indicati dal Decreto legislativo 81/2008 è presente (art. 18) l’obbligo di designare preventivamente i lavoratori incaricati dell’attuazione delle misure di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo grave e immediato, di salvataggio, di primosoccorso e, comunque, di gestione dell’emergenza.

LA VALUTAZIONE
DELL'ORGANIZZAZIONE DEL PRIMO SOCCORSO

Ogni attività aziendale deve presupporre un’oculata programmazione, cioè:

  • porsi degli obiettivi e standardizzare un metodo per raggiungerli
  • adottare un sistema di verifica per il controllo del procedimento ed il raggiungimento del risultato prefissato

La programmazione aziendale

Ogni azienda dovrebbe applicare lo strumento della programmazione per tutto ciò che riguarda la prevenzione dei rischi lavorativi e la protezione della salute dei lavoratori.
Anche la pianificazione dell'emergenza sanitaria rientra a pieno titolo in questa attività aziendale.
Uno dei primi passi della pianificazione di un programma di emergenza sanitaria è l’individuazione delle cause di infortunio e la correzione delle situazioni rischiose.

Per questo aspetto ritorneranno molto utili:

  • la valutazione dei rischi
  • il registro infortuni

Oltre a questi due strumenti sarebbe utile creare, in azienda, altri due registri:

  • il registro dei "quasi infortuni" (cioè di tutti quegli incidenti che non comportano un danno);
  • il registro degli "eventi pericolosi" (cioè di tutte quelle situazioni in cui non si è verificato l'incidente per pura casualità)

La tenuta dei registri in questione potrebbe riguardare anche gli incaricati al primo soccorso, i quali d'altronde, non possono non essere coinvolti nella programmazione del piano per la gestione delle emergenze in un'azienda.
Con la realizzazione e la compilazione dei documenti predetti (valutazione del rischio, registro degli infortuni, registro dei quasi infortuni e registro degli eventi pericolosi) sarà molto più semplice individuare le fonti di rischio e operare un'oculata e puntuale correzione.

L'organizzazione del primo soccorso

L'organizzazione del primo soccorso aziendale comprende:

  • la progettazione di un piano di emergenza per il primo soccorso
  • l'individuazione di persone e mezzi per fronteggiare le situazioni di emergenza relative al primo soccorso

Nella realizzazione di un piano per la gestione del primo soccorso si dovranno considerare:

  • obiettivi
  • procedure
  • norme comportamentali

Queste ultime verranno considerate in un opportuno e singolo capitolo.

Gli obiettivi di un piano di primo soccorso rientrano in quelli già previsti per il piano di emergenza in generale e sono:

  • protezione della persona coinvolta
  • controllo dell'incidente
  • evitare o contenere i danni all'ambiente
  • realizzazione di un primo soccorso in attesa dell'arrivo di personale qualificato.

Le procedure dovranno essere standardizzate e riguardare diversi soggetti presenti in azienda e non soltanto gli incaricati al primo soccorso, in modo tale da snellire la gestione della situazione di emergenza e permettere, al personale qualificato esterno, di trovare una situazione facilmente risolvibile.

 

I soggetti interessati     

I soggetti interessati alle procedure da realizzarsi in una situazione di emergenza sono:

  • colui che scopre la situazione di emergenza
  • gli incaricati al primo soccorso
  • l'addetto al centralino telefonico
  • l'addetto alla portineria

La persona che scopre l'emergenza dovrà avvisare gli incaricati al primo soccorso (nel caso di un'emergenza sanitaria) e, successivamente, informarne il datore di lavoro.
Gli incaricati di primo soccorso dovranno accertarsi della necessità di chiamare un soccorso esterno ed iniziare le prime fasi soccorso.
Il responsabile del centralino telefonico s'incaricherà di attivare il personale interno e/o esterno necessari all'aiuto.
Il dipendente addetto alla portineria, infine, cercherà di realizzare una situazione ambientale, all'ingresso dell'azienda, ottimale e priva d'ingombri per i mezzi di soccorso.
Nelle situazioni caratterizzate da un'emergenza sanitaria, spesso si ritrovano anche situazioni di emergenza più vaste ed interessanti l'intera azienda o una parte di essa (incendi, fuga di gas, dispersione nell'ambiente di sostanze dannose), per cui tutti i dipendenti possono essere coinvolti in procedure opportune.
Per tutti, quindi, potrà rendersi opportuno porre in sicurezza:

  • un impianto o un reparto (ad esempio togliere la corrente)
  • se stessi e gli altri (portandosi in centri di raccolta o restando fermi sul posto di lavoro, qualora il proprio reparto non sia interessato all'emergenza)

I rischi principali nell'organizzazione del primo soccorso aziendale sono:

  • cattiva pianificazione
  • assenza di coordinamento

I suggerimenti utili sono:

  • inserimento dell'organizzazione del primo soccorso nell'organizzazione generale dell'impresa
  • verifica periodica con strumenti di autorevisione

L'autorevisione dovrà considerare:

  • l'adeguatezza dell'equipaggiamento
  • la congruità della cassetta di soccorso
  • l'informazione del personale
  • il piano di pronto soccorso
  • la formazione del personale
  • le conoscenze del responsabile

La valutazione dell'organizzazione del primo soccorso può essere realizzata con strumenti molto semplici, rappresentati da schede di valutazione.
Queste schede di valutazione comprendono questionari con domande che prevedono una scala graduata di risposte e che alla fine permetteranno di identificare meglio le correzioni da apportare.
Uno strumento simile è stato realizzato, ad esempio, dalla Commissione Europea (Manuale di Autorevisione per le PMI), e rientra nel grande progetto di sicurezza e salute sui luoghi di lavoro della Comunità Europea.

Decidere di prestare aiuto significa agire !

 

La paura di commettere errori, la mancanza di serenità durante un intervento di emergenza spesso fa sì che il soccorritore si limiti solo a chiamare aiuto, ma questo non è sufficiente a salvare una vita. In alcuni casi, come gli arresti cardiocircolatori, respiratori, e le gravi emorragie, l’addetto al pronto soccorso dovrà intervenire prontamente e solo così il suo collega avrà una speranza di salvezza. Nell’approccio ad un ferito, il soccorritore deve tenere presente alcune importanti regole:

  • comprendere la successione degli incidenti: capire come si sono svolti i fatti valutando attentamente i rischi ambientali al fine di poter soccorrere le possibili lesioni con maggior coerenza
  • il soccorso è un obbligo che la legge sanziona penalmente ma è soprattutto un dovere morale
  • non occorre avere approfondite conoscenze di medicina per prestare un buon soccorso
  • soccorrere significa anche recare il minor danno possibile o evitare che altri lo arrechino al ferito sia nelle fasi di assistenza che in quelle di trattamento
  • il soccorritore deve mantenere sempre la calma, non deve urlare, adirarsi e non deve costringere gli altri a comportamenti che non gradiscono ma cercare di spiegare i motivi del suo comportamento, cercando eventuale collaborazione.

La persona che rifiuta l’aiuto non deve essere soccorsa a tutti i costi: deve capirne le motivazioni e il suo rifiuto eventuale deve essere motivato (tutto questo se è in grado di intendere e volere, se non è un minore e se non versa in immediato pericolo di vita).
Il  primo soccorso è prestato dalle persone che occasionalmente si trovano, per prime, sul luogo del malore o dell’incidente. Spesso non c’è il tempo per attendere l’arrivo di soccorsi specializzati (118); pertanto, chi si trova sul posto deve fare del suo meglio con i pochi mezzi a disposizione.
Per questo motivo non bisogna mai lasciarsi prendere dal panico e perdere di vista l’obiettivo principale del soccorso, cioè il rispetto della vita altrui e la sua preservazione.
Per raggiungere questo scopo, il soccorritore deve tranquillizzare le vittime di traumi o malori, parlare loro con calma cercando di rassicurarle e ascoltando quanto esse riferiscono sulle loro condizioni (dolori, sensazioni, impossibilità al movimento).
In assenza di pericoli derivanti dall’ambiente (elettricità, esplosioni, incendi e così via) non si deve spostare il ferito dal luogo in cui si trova, se non dopo avere effettuato un esame completo sulla dinamica dell’evento traumatico ed un esame accurato delle eventuali lesioni e avere applicato i primi soccorsi idonei a non aggravare, con lo spostamento, le lesioni provocate dall’incidente.
CONSEGUENZE DEL SOCCORSO

Sia nella prevenzione degli incidenti sia nel soccorso non bisogna dimenticare le conseguenze che gli infortuni possono avere nella vita sia del soggetto da soccorrere sia del soccorritore.
Infatti, mentre da un lato soccorrere con accortezza e cautela può cambiare radicalmente l’evoluzione del danno, dall’altro un intervento maldestro può causare un danno ulteriore e diminuire la probabilità di ripresa dopo l’incidente.
Trasportare la vittima di un trauma o un paziente con funzioni vitali in pericolo, con un mezzo non idoneo, per la fretta di accompagnarlo in ospedale, può causare gravi danni alla vittima stessa. Nel caso di un motociclista a terra, togliere il casco senza motivo e non adottando le precauzioni per evitare lesioni alla colonna cervicale può compromettere la sua vita.
In un intervento di soccorso, quindi, bisogna comportarsi con estrema cautela.

LA CHIAMATA DI SOCCORSO

La chiamata di soccorso effettuata dal cittadino arriva alla centrale operativa 118, numero di telefono gratuito al quale risponde un operatore non dedicato alla valutazione della emergenza urgenza che, percepito il bisogno dell’utente, passa la telefonata all’infermiere di valutazione; è indispensabile che colui che  richiede il soccorso mantenga la calma e risponda a tutte le domande che gli saranno poste.

  • CHE COSA E’ SUCCESSO
  • DOVE E’ SUCCESSO
  • NUMERO DELLE PERSONE COINVOLTE
  • PERICOLI AMBIENTALI
  • CONDIZIONE DEI FERITI
  • PRESENZA DELLE FORZE DELL’ORDINE
  • NUMERO DI TELEFONO DEL RICHIEDENTE

RICORDA CHE LA TELEFONATA E’ REGISTRATA PER LA TUA TUTELA E PER QUELLA DELL’OPERATORE DEL 118.

Ricorda inoltre che la tua collaborazione sarà indi-spensabile per lo svolgi-mento di un buon soccor-so; le ambulanze medicalizzate e gli elicotteri sani-tari non sarebbero sufficienti se tutti ne pretendessero l’arrivo senza mo-tivo alcuno. Molto spesso è sufficiente un’ambulanza di base con volontari ben addestrati e preparati ad assolvere alle urgenze che non richiedono interventi sanitari di stabilizzazione e trasporto medico protetto. La vostra collaborazione permetterà di inviare il mezzo giusto nel posto e nella situazione che lo richiede, senza spreco di risorse e permettendo così a tutti di essere soccorsi nel modo più opportuno alle proprie esigenze mediche.


RISCHIO AMBIENTALE IN EMERGENZA

DAI  DEL  “TU”
ALL’EMERGENZA
MA  RICORDATI  DI
DARE  DEL  “LEI”
AL  RISCHIO
LIVIO PINELLI

Fare soccorso può essere molto pericoloso: affronteremo in seguito i vari rischi connessi con l’intervento di primo soccorso e cercherò per quanto possibile, di mettere in luce le varie possibilità di pericolo al quale un soccorritore può venire a contatto.
E’ bene comunque ricordare che nonostante tutte le valutazioni connesse con il rischio ambientale, il pericolo di rimanere coinvolti in un incidente durante il soccorso permane; è quindi indispensabile che il soccorritore rimanga sempre vigile prima e durante un soccorso.
La valutazione del rischio passa attraverso tre momenti distinti, che ci permettono la valutazione e la protezione:
 
1       SICUREZZA
VALUTAZIONE RISCHIO E PROTEZIONE
2       SCENARIO
NUMERO VEICOLI, DANNI, ENERGIA
3       SITUAZIONE
COS’E’ ACCADUTO?
PERCHE’?
QUANTE PERSONE COINVOLTE?
ETA’ DELLE VITTIME

I rischi verranno in seguito così classificati:
1.         AMBIENTE
2.         PROCEDURE DI IMPIEGO O COLLABORAZIONE
3.         PAZIENTE

  • ERRORE UMANO
  • AMBIENTE
  • Condizioni ambientali disagiate o modalità d’intervento difficili o critiche.

Traffico, folla, scarsa visibilità, condizioni meteorologiche estreme o conformazioni particolari del territorio, luogo confinato, rumore, temperatura.

  • Rischio in atto

Fuoco, gas tossici o velenosi, sostanze chimiche, inondazioni, radiazioni, elettricità.

  • Rischio evolutivo

Instabilità del luogo in cui si trova la vittima od il mezzo con possibile evoluzione di frane, crolli, esplosioni, incendi, inondazioni ecc.

  • PROCEDURE DI IMPIEGO O COLLABORAZIONE

Mezzi di soccorso: (per le ditte che ne sono fornite).
Ambulanza: criteri d’impiego correlati con la criticità della vittima.
Sicurezza sul mezzo in movimento e a terra.
Eliambulanza: norme di sicurezza a terra.

  • PAZIENTE
  • Condizioni fisiche

Malattie contagiose – infettive
(N.B. in un intervento d’emergenza bisogna sempre considerare il paziente come potenzialmente infetto. Ne consegue che vanno sempre poste in essere tutte le misure di protezione e di prevenzione).

  • Condizioni psichiche

 

Rischio per il soccorritore (agitazione psichica durante il soccorso, aggressione fisica, atti di violenza).

  • ERRORE UMANO
  • Imperizia

Non si conosce il rischio e/o non si hanno le abilità richieste.

 

  • Imprudenza

Il soccorritore, pur conoscendo l’entità del rischio, sopravvaluta le proprie capacità.

  • Negligenza

 

Si conosce il rischio, ma nell’azione si è disattenti e superficiali.
Mezzi di protezione fisica

I mezzi di protezione fisica dei soccorritori nella fase extraospedaliera hanno la duplice funzione di proteggere le parti del corpo più vulnerabili od esposte e consentire il movimento nelle fasi d’intervento senza procurare alcun impaccio.

  • Elmetto rigido per la prevenzione dei traumi del capo.
  • Visiera od occhiali di plastica per la protezione degli occhi da corpi estranei o liquidi contaminati.
  • Maschera facciale (pocket Mask) per RCP (rianimazione cardio polmonare).
  • Mascherine di carta per la protezione di naso e bocca.
  • Guanti in lattice o in vinile come difesa dalle malattie contagiose.
  • Guanti da lavoro in cuoio per eventuali manovre di forza.
  • Scarponcini dotati di protezione delle caviglie e punta, suola isolante o antiscivolo. 

 

 

IL COMPORTAMENTO DEL SOCCORRITORE IN SITUAZIONE DI EMERGENZA

Il sistema di servizi per il soccorso sanitario tecnico può essere considerato una catena di risorse umane e fisiche, create per prestare un’assistenza di pronto intervento completa ad un soggetto infortunato. L’addetto al pronto soccorso della ditta o azienda è abilitato a fornire prestazioni di pronto soccorso di base come previsto dalla legge.
La responsabilità principale del soccorritore è l’incolumità personale che comporta l’assicurazione di poter raggiungere, trarre in salvo ed assistere senza rischi una persona infortunata. Il desiderio di aiutare a tutti i costi una persona infortunata o una persona in pericolo non dovrà mai prevalere sulla valutazione dei rischi potenziali presenti sullo scenario.

A tal fine al soccorritore è richiesto di:

  • Controllare il luogo dell’intervento al fine di proteggere se stesso e l’infortunato, prevenendo ulteriori incidenti ed effettuando la valutazione dei rischi come prima fase d’ogni operazione di soccorso.
  • Essere quindi a conoscenza dei pericoli che potrebbero derivare da uno scenario incidentale a volte anche complesso, quando possibile anche prevenendoli, altrimenti affrontandoli disponendo di alcune utili informazioni che integrano il bagaglio professionale del dipendente.
  • Prendere visione del luogo dell’intervento determinando l’eventuale necessità di altre figure professionali, come il 118 e il 115 e/o forze dell’ordine, ed in loro presenza fornire ogni utile informazione per l’ottimale risoluzione dell’intervento.
  • Rassicurare l’infortunato, ed i presenti, nei limiti delle proprie possibilità.
  • Trasportare senza rischi aggiuntivi l’infortunato in un’area protetta.

 

Sono inoltre importanti alcune caratteristiche della personalità quali:

  • Stabilità emotiva per riuscire ad affrontare e superare gli aspetti spiacevoli di una situazione di emergenza.
  • Capacità organizzativa ed alto senso del principio di collaborazione con le figure professionali che interverranno nelle varie fasi del soccorso.
  • Versatilità e capacità d’adattamento alle situazioni imprevedibili.
  • Spirito d’iniziativa per eseguire le procedure necessarie nel pieno rispetto del ruolo rivestito, determinando l’autonomia decisionale per quanto di propria competenza, non permettendo ingerenze esterne meno qualificate.
  • Moralità e rispetto del prossimo

L’insieme di queste caratteristiche unite all’esperienza porterà ad un comportamento calmo e professionale anche in situazioni gravi.


NORME D’INTERVENTO
PER INCIDENTI CON AUTOMEZZI

 

Le norme di sicurezza e d’intervento in caso d’incidente su carrelli elevatori, camion, trattori ecc. devono tenere conto dei seguenti rischi:

VALUTAZIONE DEL RISCHIO

  1. Rischio movimento del mezzo in fase di soccorso.
  2. Rischio perdita di carburante o di sostanze tossiche e/o corrosive.
  3. Rischio instabilità del mezzo
  4. Rischio posizione del mezzo non sicura
  5. Rischio carichi sospesi
  6. Rischio meccanico
  7. Rischio autista in condizioni psichiche alterate.

AZIONE
MANTENERE LA CALMA

  • Mettere in quiete il mezzo attraverso l’ausilio di freno a mano o pedale in caso di mezzi pesanti o trattori, utilizzare eventualmente anche dei cunei da collocare sotto le ruote del mezzo.
  • Allontanare tutto e tutti coloro che rischiano, con fiamme libere o scintille, di innescare l’incendio del mezzo interessato; in caso di sostanze tossiche o corrosive, e nella non consapevolezza della mancanza di rischi, meglio non avvicinarsi e allontanare chiunque si avvicini al luogo dell’incidente, attendere l’arrivo dei Vigili del fuoco e del 118 ed eventualmente comunicare la sostanza se conosciuta.
  • In caso di mezzo instabile, prima d’ogni intervento l’automezzo dovrà essere messo in sicurezza, fissando con corde o altro che permetta successivamente di intervenire in sicurezza.
  • Se il mezzo sia situato in zona cieca per i veicoli in transito, ci si dovrà preoccupare di collocare un triangolo, o altro segnale visivo o luminoso, atto ad evitare che in caso di soccorso altri mezzi investano successivamente i soccorritori e/o il veicolo accidentato.
  • Non soccorrere alla presenza di carichi sospesi.
  • Molti camion o trattori sono usati per la loro versatilità di mezzi da lavoro su gomma; essi sono dotati di sistemi complessi che permettono al lavoratore di utilizzare a sua discrezione il mezzo meccanico o l’ausilio o entrambi come ad esempio i trattori. Non tenere conto durante un soccorso, dei pericoli di questi mezzi, potrebbe costare la vita al soccorritore o l’esecuzione di un cattivo soccorso. E’ quindi ovvio che prima di tali soccorsi, entrambe le parti meccaniche di questi mezzi dovranno essere poste in quiete.
  • Il soccorritore spesso non tiene conto di colui che guidava il mezzo, questo è un grave errore in caso d’autista in condizioni psicologiche alterate pericoloso quindi per le fasi di soccorso, esso dovrà essere fatto scendere e allontanato dal mezzo prima di intervenire sotto il mezzo o sopra lo stesso.
  • Rimuovere le chiavi dal quadro fino a completamento del soccorso.
  • Staccare i cavi d’alimentazione della batteria.

NORME D’INTERVENTO
SU MACCHINE UTENSILI

Tutte le manovre d’intervento su macchine ed utensili devono essere fatte a macchina esclusivamente ferma e, se possibile, si deve interrompere l’energia d’alimentazione della stessa.
Si dovrà inoltre fare particolare attenzione alle macchine pneumatiche o idropneumatiche e, se del caso, scaricare prima dell’intervento la pressione dell’energia residua dell’impianto.
Prima di intervenire su macchine asservite da sistemi automatici o semiautomatici di scarico e carico del prodotto in lavorazione, occorre arrestare sia la macchina sia l’attrezzatura.


NORME D’INTERVENTO
PER INCIDENTI SU IMPIANTI ELETTRICI

VALUTAZIONE

Qualora avvenga una folgorazione è indispensabile la massima rapidità di soccorso, il soccorritore deve in ogni caso adottare i criteri che seguono al fine salvaguardare anche la propria incolumità.

AZIONE

Interrompere la corrente elettrica agendo sull’interruttore o staccando la spina; qualora ciò non sia possibile si dovrà allontanare l’infortunato dalle parti in tensione utilizzando aste o pedane isolanti o altri mezzi idonei.

SOCCORSO IN SPAZI CONFINATI

Non sottovalutare mai i pericoli durante un soccorso in uno spazio confinato.
Non entrare mai per un’emergenza in uno spazio confinato senza addestramento e senza i dispositivi di sicurezza adatti.

VALUTAZIONE

Valutate attentamente il rischio, considerate ogni spazio confinato pericoloso e finché non siete sicuri che sia senza rischi non entrate in esso.
In caso d’emergenza  chiamate immediatamente i soccorsi 118 e 115.
Seguite sempre le regole di sicurezza in uno spazio confinato, sia quando lavorate sia quando soccorrete: lo dovete a voi stessi e alla vostra famiglia.

 

AZIONE

Un infortunio in uno spazio confinato richiede un’azione immediata.
Se siete un’assistente ecco come potete salvare la vita della persona che, entrata nello spazio confinato, chieda aiuto o perda conoscenza:

  • Usate subito il telefono o la radio per chiamare aiuto (118 – 115).
  • Avviate il dispositivo di ventilazione
  • Entrate nello spazio confinato solo se siete stati addestrati a farlo.
  • Eseguite BLS sul posto solo se l’aria non è contaminata e in assenza di pericoli.

IDENTIFICAZIONE DELLE SOSTANZE PERICOLOSE TRASPORTATE SUI VEICOLI

CODICE KEMLER - ONU

Tutti i veicoli che trasportano sostanze pericolose sono dotati di un pannello arancione delle dimensioni 30x40 cm, con riportati i numeri d’identificazione della materia, scritti in nero e in modo indelebile. Devono essere ancora leggibili dopo un incendio della durata di 15 minuti.

Esempio:

NELLA PARTE SUPERIORE IL CARTELLO
IDENTIFICA IL PERICOLO ( 2 o 3 CIFRE) – KEMLER
                                                                              

 

 
  


Importante è conoscere il significato del primo numero, quello che identifica il pericolo (parte superiore del cartello).

La prima cifra indica il pericolo principale come segue:
2    GAS
  LIQUIDO INFIAMMABILE
4    SOLIDO INFIAMMABILE
5    MATERIALE COMBURENTE O PEROSSIDO ORGANICO
6    MATERIA TOSSICA
8    CORROSIVO

La seconda e l’eventuale terza cifra indicano i pericoli secondari:
0     NESSUN PERICOLO
1    ESPLOSIONE
2    EMISSIONE DI GAS DOVUTA A PRESSIONE O REAZIONE CHIMICA
3    INFIAMMABILITA’ DI LIQUIDI (VAPORI) E GAS
5    PROPRIETA’ COMBURENTE (FAVORISCE L’INCENDIO)
6    TOSSICITA’
8    CORROSIVO
  PERICOLO DI VIOLENTA REAZIONE DOVUTA A DECOMPRESSIONE SPONTANEA            O POLIMERIZZAZIONE

Quando le due prime due cifre sono uguali, si indica un accresciuto pericolo principale (ad es. 33 = liquido estremamente infiammabile). Se il numero d’identificazione della materia è preceduto dalla lettera “x”, si indica il divieto assoluto di contatto tra materia e l’acqua. L’elenco dei numeri d’identificazione delle materie pericolose è contenuto nella normativa specifica (DPR n. 895/79 – DPR n. 532/81 – DM 8 agosto 1980 e successivi aggiornamenti).

Esempi:

20          GAS INERTE
22          GAS REFRIGERANTE
23          GAS INFIAMMABILE
223        GAS INFIAMMABILE REFRIGERATO
225        GAS COMBURENTE REFRIGERATO
30          LIQUIDO INFIAMMABILE
33          LIQUIDO MOLTO INFIAMMABILE
60          SOSTANZA TOSSICA O NOCIVA
266        GAS ALTAMENTE TOSSICO
589        MATERIA MOLTO COMBURENTE E CORROSIVA, PUO’ PRODURRE SPONTANEAMENTE UNA REAZIONE VIOLENTA
886        SOSTANZA MOLTO CORROSIVA O TOSSICA
X333     LIQUIDO SPONTANEAMENTE INFIAMMABILE, REAGISCE  SPONTANEAMENTE CON L’ACQUA
X338     LIQUIDO MOLTO INFIAMMABILE E CORROSIVO, REAGISCE PERICOLOSAMENTE CON L’ACQUA


COLORI DISTINTIVI DELLE BOMBOLE
E DELLE TUBAZIONI

Le bombole e le tubazioni devono avere una chiara ed univoca indicazione del loro contenuto. Tale indicazione è ottenuta mediante l’uso di colorazioni unificate.

 

COLORI DISTINTIVI DELLE BOMBOLE DI GAS COMPRESSI, LIQUEFATTI, DISCIOLTI

GAS

COLORE DISTINTIVO

ACETILENE

                                   ARANCIONE          

AMMONIACA

VERDE CHIARO

ANIDRIDE CARBONICA

GRIGIO CHIARO

AREA COMPRESSA

BIANCO E NERO A SPICCHI

AZOTO

NERO

CLORO

GIALLO

ELIO

MARRONE

ETILENE

VIOLA

IDROGENO

ROSSO

OSSIGENO

BIANCO

PROTOSSIDO D’AZOTO

BLU

 

COLORI DISTINTIVI DELLE TUBAZIONI CONVOGLIANTI FLUIDI LIQUIDI E GASSOSI

FLUIDO

COLORE DISTINTIVO

ACQUA

VERDE

VAPORE D’ACQUA

GRIGIO ARGENTO

OLI E COMBUSTIBILI

MARRONE

GAS ANCHE LIQUEFATTI

GIALLO OCRA

ACIDI E ALCALI

VIOLETTO

ARIA

AZZURRO CHIARO

ALTRI LIQUIDI

NERO

SOCCORSO IN PRESENZA DI
MATERIALI PERICOLOSI

 

 

 

 

Numerosi materiali pericolosi sono oggi utilizzati da molte industrie.
Nonostante siano state stabilite diverse procedure di sicurezza e nella maggior parte dei casi queste siano rispettate, si verificano ugualmente incidenti. Il luogo può essere una fabbrica, una ferrovia, un’autostrada. Quali addetti al pronto soccorso riceverete un’istruzione particolareggiata su molte cose ma certamente il nostro corso non vi metterà nelle condizioni di diventare degli esperti di materiali pericolosi: senza un’istruzione specifica nel settore non si può giudicare lo stato di un contenitore o la probabilità di un’esplosione.
Se non siete stati addestrati in modo specifico e non disponete dell’attrezzatura e del personale necessari, non tentate quindi di soccorrere un paziente qualora sul luogo dell’incidente siano presenti materiali pericolosi:
In caso d’incidente con materiali pericolosi potreste non essere in grado di fare altro che rimanere a distanza di sicurezza ed aspettare l’arrivo degli esperti.
Nel caso foste i primi ad arrivare sul luogo dell’incidente:

  • delimitate una zona di sicurezza
  • tenete lontane le persone non autorizzate
  • state controvento
  • evitate di porvi in una posizione più bassa (come un avallamento) nel caso vi siano dei liquidi che fuoriescano o dei gas che bruciano
  • accertatevi di non essere in una depressione nel caso vi siano esalazioni di fumo che stazionano ad un basso livello del terreno
  • evitate di mettervi in una posizione vicina e in alto rispetto al luogo dell’incidente, in modo da non essere colpiti da esalazioni di gas o da aria surriscaldata
  • prestate attenzione ad alcune fognature che possono diffondere rapidamente materiali pericolosi
  • richiedete tutto l’aiuto di cui avete bisogno (115, 118, 113 ecc.). 

 

 

 

 

 

  CHE COSA FARE…?
 

 

  • Chiamate il 118 e il 115
  • Dite chi siete
  • Riferite da dove chiamate: indirizzo e numero di telefono
  • Comunicate il tipo di materiale pericoloso: gas, sostanza chimica  liquida, sostanza chimica raffreddata, sostanza chimica secca, liquido radioattivo, gas radioattivo, materiali solidi radioattivi
  • Date il nome particolare del materiale o il numero d’identificazione
  • Descrivete il luogo dove è avvenuto l’incidente: magazzino, area aperta o chiusa ecc.
  • Indicate la quantità di materiale presente sul luogo dell’incidente
  • Segnalate lo stato attuale del materiale: fuoriesce come un gas o sotto forma di liquido, viene scaraventato in aria, è in fiamme o sembra essere contenuto
  • Segnalate la presenza di altri materiali pericolosi vicino al luogo dell’incidente
  • Date le condizioni locali, comprese quelle meteorologiche
  • Fate una valutazione del numero delle possibili vittime dell’incidente
  • Mantenete le comunicazioni aperte per tutto il tempo richiesto. In caso di sostanza trasportata comunicate anche:
  • il numero identificativo presente, nel caso esista un modo sicuro per poterlo rilevare
  • se possibile il numero del trasportatore e del produttore
  • il tipo di contenitore
  • se il contenitore è un vagone ferroviario o un camion

MATERIALI

POSSIBILI  PERICOLI

BENZENE

Vapori tossici; può essere assorbito dalla pelle; distrugge il midollo spinale

BENZOIL PEROSSIDO

Fuoco ed esplosioni

TETRACLORURO DI CARBONIO

Danno agli organi interni

CICLOESANO

Sostanza esplosiva, provoca irritazioni agli occhi e alla gola

ETERE ETILICO

Infiammabile: può essere esplosivo; irrita gli occhi e il tratto respiratorio; può causare sonnolenza e perdita di coscienza

ETERE ACETICO

Irrita gli occhi e il tratto respiratorio

DICLOROETILENE

Sostanza molto tossica

EPTANO

Irrita il tratto respiratorio

ACIDO CLORIDRICO

Irrita il tratto respiratorio; l’esposizione ad alte concentrazioni di vapore può causare un edema polmonare; è in grado di danneggiare la pelle e gli occhi

ACIDO FLUORIDRICO

I vapori possono causare edema polmonare e gravi ustioni agli occhi; in forma gassosa e in forma liquida può ustionare la pelle; i vapori possono risultare letali; possono verificarsi reazioni tardive

METILISOBUTILCHETONE (ESOSO)

Irrita gli occhi e le membrane mucose

CLORURO DI METILENE

Danneggia gli occhi

ACIDO NITRICO

Produce un gas tossico (diossido d’azoto); irrita la pelle; può causare autocombustione dei prodotti di cellulosa (segatura)

ORGANOCLORURO (CLORDANO, DDT,
DIELDRIN, LINDANO, METOSSICLORO)

Irrita gli occhi e la pelle; i fumi e le esalazioni sono tossici

PERCLORO ETILENE

Tossico se inalato o ingerito

TETRACLORURO DI SILICIO

Reagisce all’acqua e forma fumi tossici di cloruro d’idrogeno

METILBENZENE (TOLUENE)

Vapori tossici; può danneggiare gli organi

CLORURO DI VINILE

Infiammabile ed esplosivo; tra le sostanze cancerogene

CIANURO DI IDROGENO

Altamente infiammabile; molto tossico per inalazione ed assorbimento

INCIDENTI DA RADIAZIONI

Gli incidenti da radiazioni si dividono in quattro diversi tipi di contaminazione per il paziente. Le vittime potrebbero essere contaminate nei seguenti modi:

 

  1. Incidente pulito

Il paziente ha ricevuto una dose esterna di radiazioni. Il soggetto non presenta un pericolo per il soccorritore.

 

  1. Incidente sporco - Il paziente ha ricevuto una dose interna di radiazioni

Dopo la pulizia esterna non esiste pericolo per il soccorritore. Qualora prima della decontaminazione fosse necessario praticare la respirazione artificiale, utilizzare ossigeno con valvola a richiesta o pallone di Ambu con serbatoio d’ossigeno.

 

  1. Incidente sporco - Il paziente è contaminato esternamente

Esiste pericolo per il soccorritore. Evitate il contatto fino a decontaminazione avvenuta. A meno che il livello di radiazioni non sia elevato, il supporto vitale delle funzioni vitali e la cura delle lesioni potenzialmente letali sono possibili. Utilizzare ossigeno con valvola a richiesta o pallone Ambu per la respirazione artificiale.

 

  1. Incidente sporco - Contaminazione superficiale esterna e ferita

Fate attenzione a non contaminarvi durante l’intervento. Utilizzate ossigeno con valvola a richiesta o pallone Ambu in caso si renda necessario avviare una rianimazione artificiale. Le ferite dovrebbero essere medicate separatamente rispetto alla superficie cutanea e quindi medicate.

COMPORTAMENTO DURANTE UN’EMERGENZA CON RADIAZIONI

I vostri doveri sul posto comprendono:

  • Proteggere voi stessi dall’esposizione.

In caso di dubbi sull’entità delle radiazioni allontanarsi, parcheggiate sopra vento, rimanendo ad una certa distanza dal luogo dell’incidente, dietro qualsiasi protezione che abbia una massa considerevole. I metalli spessi o i muri in cemento, i cumuli di terra o persino gli automezzi pesanti e le attrezzature edili offrono una protezione aggiuntiva.

  • Individuate qualsiasi segnale di pericolo che indichi la possibilità di radiazioni. Se verrà osservata l’elica caratteristica delle radiazioni non effettuate nessun soccorso e attendere l’arrivo dei vigili del fuoco, attivateli per mezzo del vostro centralino.

 

  • Utilizzate tutte le procedure di salvataggio che avete appreso durante l’addestramento nel caso dissoniate di attrezzature adeguate e siete in grado di utilizzarle.
  • Contribuire ad impedire la diffusione delle radiazioni controllando gli articoli contaminati.

 

  • Se avete seguito un corso apposito ricordatevi di avvicinarvi stando sopra vento, evitando se possibile, compatibilmente con la situazione nuvole di polvere o di fumo. Se i livelli di radiazioni sono elevati, liberare la vittima dell’infortunio il più velocemente possibile, senza effettuare nessun controllo, non avviare il BLS, né iniziare alcun altro intervento sul posto. La regola è entrare nell’area contaminata e uscire il più velocemente possibile. Non trasportate il paziente in aree che potrebbero essere contaminate dallo stesso, ma conducetelo in una zona limite dell’incidente ed evitate che gli oggetti e i vestiti del paziente anch’essi contaminati vengano a contatto con altre persone prima di essere decontaminati.
  • ATTENZIONE: quando intervenite sul luogo di un incidente con presenza di radiazioni c’è sempre un certo rischio. Accertatevi di seguire alla lettera tutte le disposizioni locali, intervenite solo se siete preparati tecnicamente, anche all’ausilio di strumenti atti alla protezione da agenti radioattivi, altrimenti tenetevi a dovuta distanza dall’incidente, invitando tutti coloro che si avvicinano ad allontanarsi e con l’arrivo dei vigili del fuoco e dei sanitari del 118 collaborate senza mai intralciare la loro opera di soccorso.   

INCIDENTE CON ESPLOSIONE

  • 1a  fase primaria

      Onda di pressione
Bersagli: gli organi con gas

  • 2a  fase secondaria

      Impatto di schegge e vetri

  • 3a  fase terziaria

      Il corpo diventa un proiettile ed urta contro altri ostacoli

Dopo un’esplosione che può essere definita la liberazione di un’energia, avvengono danni sia strutturali degli edifici sia anatomici di eventuali pazienti. A voi spetta la non sottovalutazione di eventuali vittime che apparentemente possono non manifestare all’inizio alcun segno di lesione importante, ma successivamente morire per le complicanze ad essa dovute.
Questi pazienti devono poter essere visitati da un medico al più presto, ecco perché è importante che dopo un tale evento venga richiesto l’intervento del 118 e del 115.

Il danno è il risultato dell’onda d’urto che è prodotta dopo la liberazione di energia. Quando questa onda si propaga verso l’esterno in tutte le direzioni, si generano due tipi di pressione: la sovrapressione, che determina un aumento di pressione oltre i livelli atmosferici normali (la sovrapressione circonda un oggetto quando questo è colpito dall’onda d’urto che causa una compressione) e la pressione dinamica (come un forte vento che si muove in tutte le direzioni con partenza dall’epicentro dell’esplosione).

I DANNI CHE PUO’ PROVOCARE UN’ESPLOSIONE SONO DIRETTAMENTE PROPORZIONALI ALLA DISTANZA DALL’ESPLOSIONE, E CIOE’ GENERALMENTE SONO PIU’ GRAVI PER COLORO CHE SI TROVANO PIU’ VICINI AD ESSA.

 CHE COSA FARE…?
                       

Attivare i soccorsi 118 - 115

Se decidete che la vittima non possa attendere  i soccorsi e siete sicuri che il vostro intervento non comporti rischi per voi o per gli altri, il vostro intervento dovrà tenere conto dei seguenti rischi:

  • eventuali altre esplosioni
  • perdite di gas
  • incendi
  • danni alle strutture
  • cavi d’energia elettrica scoperti
  • fumi e sostanze tossiche
  • panico

 

Quindi:

    • mantenere la calma
    • sospendere l’erogazione di gas ed elettricità
    • indossate una maschera, che vi tuteli dalla fuoriuscita di sostanze tossiche o da fumi, un elmetto e dei guanti
    • liberatevi degli indumenti che potrebbero essere particolarmente infiammabili
    • camminate lungo il perimetro dei muri e mai al centro delle stanze, o al centro delle scale
    • evitate di camminare alla cieca: servitevi sempre di una torcia a batterie e muovetevi con cautela, facendo attenzione a dove ponete i piedi e a che cosa toccate con le mani
    • controllate le strutture sopra di voi (travi ecc.)
    • nel caso interveniate limitatevi ad un’opera di salvataggio cioè portate la vittima in un luogo sicuro, senza praticare alcun tipo di soccorso sul posto dove è avvenuta l’esplosione
    • attendere infine i soccorsi praticando se necessario il BLS

TRASPORTO IN AMBULANZA

UTILIZZO DELL’AMBULANZA AZIENDALE
Molte ditte o fabbriche sono dotate di ambulanza. E’ bene ricordare che i trasporti effettuati da tali mezzi sono da considerare come veri e propri trasporti non protetti: ciò significa che dovrebbero essere utilizzati il meno possibile e solo con pazienti che necessitano di cure urgenti.
Le ambulanze che le ditte hanno al proprio interno dovrebbero essere considerate come dei taxi, molto più comodi di un’auto ma molto meno sicure di un mezzo del 118 e quindi con esse si potranno trasportare solo pazienti con funzioni vitali non compromesse e le cui condizioni, con il trasporto, non siano soggette a peggioramento o con traumi la cui entità non richieda alcuna precauzione o stabilizzazione.

ATTERRAGGIO E DECOLLO ELIAMBULANZA
Contrariamente a quanto si crede, gli elicotteri non scendono dal cielo su una qualsiasi superficie e con qualsiasi condizione meteorologica, caricano la persona malata o lesa e risalgono dirigendosi poi verso l’ospedale alla massima velocità. In realtà essi atterrano su aree ben definite e predisposte a questo scopo.
Durante le ore diurne, la zona ideale di atterraggio per un elicottero di piccole e medie dimensioni dovrebbero essere di almeno 500 m2 ripartiti su di una superficie quadrata. La superficie d’atterraggio dovrebbe essere piana e non friabile, senza  persone o animali, veicoli, cespugli, rocce e altri impedimenti quali alberi, pali e cavi. I soccorritori dovrebbero farsi carico di raccogliere i detriti che potrebbero essere sollevati dal rotore. Le condizioni meteorologiche possono condizionare l’intervento, quindi è necessario che chi richiede il soccorso sia anche in grado di poter riferire alla centrale 118 se c’è molto vento o piove molto o sta nevicando o grandinando.
Tutto il personale non interessato al soccorso deve essere tenuto ad una distanza di almeno 60 m e chi soccorre deve mettersi ad una distanza di almeno 30 m, ed indossare elmetto e occhiali protettivi di sicurezza; è infatti possibile che detriti portati dall’aria mossa dalle pale penetrino sotto la visiera degli elmetti.
I sottogola dovrebbero essere ben stretti. Non indossate cappellini da baseball; potrebbero essere sollevati dal capo ed attirati dal rotore di coda.

OPERAZIONI DI TERRA
La sicurezza a terra costituisce sempre la preoccupazione principale, anche dopo l’atterraggio.

  • Non avvicinatevi all’elicottero e non permettete a nessun altro di farlo. L’equipaggio scenderà a terra e si avvicinerà a voi quando non vi sarà più pericolo
  • Evitate di fumare ad una distanza di almeno 20 m dal veicolo
  • Rispettate scrupolosamente tutti gli ordini dati dalla centrale operativa 118 e successivamente dall’equipaggio dell’elicottero.

 

Perché la RCP

 

BLS è una sigla che deriva dall’inglese Basic Life Support; in italiano può essere tradotta in “sostegno di base delle funzioni vitali”. Il BLS consiste nelle manovre più semplici della rianimazione cardiopolmonare (RCP), che non prevedono l’utilizzo di attrezzature sanitarie né di farmaci e che tutti possono imparare, potendo così prestare soccorso nel caso si verifichi una improvvisa cessazione dell’attività del cuore o dei polmoni.

La cessazione improvvisa e inattesa della funzione cardiaca è un evento denominato “morte cardiaca improvvisa”, che uccide ogni anno una persona su mille: è una situazione drammatica che, come un fulmine a ciel sereno, può colpire soggetti apparentemente in buona salute (o che non sanno di essere malati), spesso senza alcun segno premonitore. Nella maggior parte dei casi è causata da una malattia delle coronarie, i vasi che riforniscono il cuore di sangue ossigenato. In questi casi è di importanza vitale che vi sia un intervento rapido ed appropriato, in quanto l’arresto delle funzioni del cuore (e di conseguenza dei polmoni) non sempre equivale necessariamente alla morte. Infatti il cuore si può fermare come conseguenza naturale di molte malattie in un organismo che ha perso definitivamente ogni possibilità di sopravvivenza; la morte cardiaca improvvisa invece colpisce spesso un cuore che può tornare in attività ed un organismo che può essere ancora vitale, a patto che si intervenga rapidamente ed in modo appropriato.
Se il cuore ed i polmoni si fermano, cessa il rifornimento di sangue ossigenato a tutto il corpo. Tutti gli organi subiscono gravi conseguenze per la mancanza di ossigeno, ma quello che viene danneggiato maggiormente e nel tempo più breve è il cervello. Già dopo 10 minuti di assenza di circolazione il cervello subisce danni che non gli permettono più di tornare a funzionare normalmente, anche se si riesce a far riprendere al cuore la sua attività. Anche se gli altri organi possono tollerare l’assenza di circolazione e di ossigenazione per tempi più lunghi, è durante questi primi 10 minuti che bisogna intervenire se si vuole che anche il cervello riprenda a vivere con tutte le sue funzioni. Se ciò non avviene, la vittima dell’arresto cardiaco morirà o sopravvivrà, con lesioni cerebrali tali da provocare disturbi dei movimenti o della parola o delle capacità cognitive; in alcuni casi è possibile che persista una condizione di vita vegetativa, cioè priva di capacità di relazione.
In questi primi 10 minuti è fondamentale l’intervento di chi è presente al momento dell’arresto cardiaco e sappia eseguire il BLS, che per mezzo di due manovre principali (la respirazione artificiale ed il massaggio cardiaco) riesce a fornire dall’esterno l’ossigeno in grado di mantenere vitale il cervello.

Il BLS da solo non riesce di solito a far ritornare la circolazione e la respirazione spontanea, ma permette di guadagnare tempo nell’attesa dell’arrivo dei soccorsi qualificati che possono agire con più efficacia sulla causa dell’evento.

LA CATENA DELLA SOPRAVVIVENZA
 

 

La successione di queste azioni del soccorso costituisce la cosiddetta catena della sopravvivenza, che consiste in una serie di interventi coordinati che devono essere attuati quanto più rapidamente possibile; è stata scelta l’immagine della catena perché ogni intervento è strettamente legato all’altro e l’efficacia del soccorso dipende dalla corretta successione.

Chiunque si trovi ad essere testimone di un arresto cardiaco può attivare i primi due anelli: il suo compito consiste nel dare l’allarme al sistema di emergenza 118 e nell’eseguire le procedure BLS.

I successivi due anelli rappresentano il compito del personale dell’emergenza sanitaria che interviene con attrezzature e tecniche specialistiche. Il compito del primo soccorritore è comunque di fondamentale importanza perché le procedure rappresentate dal terzo e quarto anello della catena saranno con più probabilità efficaci se:

  • attuate entro poco tempo dall’evento
  • la rianimazione cardiopolmonare è già stata iniziata dai presenti sul posto.

Per chi si addestra a diventare un soccorritore è importante non solo riconoscere che è avvenuto l’arresto cardiorespiratorio, ma anche capire quali sono i segni premonitori che possono a volte precederlo. Questi segnali, detti “segni di allarme dell’attacco cardiaco” , sono:

  • dolore (o forte senso di oppressione) al centro del torace oppure localizzato alle braccia, alla mandibola, alla gola o, talora, simile al mal di stomaco
  • difficoltà di respirazione e senso di debolezza, accompagnate o no da nausea, vomito o sudorazione.

Questi segni possono comparire a riposo o durante uno sforzo e spesso il dolore non è molto violento e può addirittura mancare,

Il soggetto che presenta questi segni forse sta per avere un infarto o un grave attacco di angina ed è possibile che in queste condizioni si verifichi un arresto cardiaco e che sia necessario iniziare il BLS.

 

VALUTA SE NELL’AMBIENTE CI SONO PERICOLI   

SE L’AMBIENTE E’ SICURO NON SPOSTARE LA VITTIMA

Prima di intraprendere qualsiasi manovra nei confronti di un soggetto che necessiti di aiuto, il soccorritore deve sempre valutare l’ambiente in cui si trova e gli eventuali rischi. Se esistono pericoli per sé o per il soggetto che si vuole soccorrere (ad esempio di incendio, di folgorazione, rischio di essere investito da automobili ecc.), la vittima deve essere spostata e tutte le manovre rianimatorie eseguite in un luogo sicuro. Lo spostamento deve sempre essere effettuato con molta cautela, muovendo la testa ed il tronco come un tutto unico ed evitando ogni estensione o flessione della colonna vertebrale.
In tutti gli altri casi il paziente deve essere rianimato sul posto.
Perché: La sicurezza sia del soccorritore che della vittima è prioritaria durante il soccorso.
Le linee guida sottolineano l’importanza della tempestività ma soprattutto della continuità nella esecuzione della RCP una volta iniziata. Trovare qualcuno che esegua la chiamata per il soccorritore già intento a mettere in atto la sequenza BLS si inserisce in quest’ottica.


STATO DI COSCIENZA

SCUOTI LA VITTIMA
E CHIAMALA AD ALTA VOCE

 

Valuta lo stato di coscienza

Controlla cioè se il soggetto risponde ad una stimolazione verbale e tattile:

  • chiama la vittima a voce alta, puoi dire ad esempio “va tutto bene?”
  • scuoti delicatamente la vittima toccandogli la spalla

 

Se la vittima risponde la si lascia dove la si trova, se non vi è pericolo, e si cerca di capire cosa è successo,si chiede aiuto se serve. se non è cosciente si grida per attirare l’attenzione di qualcuno che possa provvedere alla chiamata del soccorso avanzato (aiuto generico) e si chiede il DAE, si posiziona la vittima supina e si aprono le vie aeree, si valuta se c’è il respiro, polso e segni di circolo, se questi sono assenti si fa chiamare il soccorso avanzato o ci si allontana personalmente per farlo.

 

ALLARME

SE LA VITTIMA   NON RISPONDE

           Chiama aiuto

Se la persona non è cosciente, posizionala su di un piano rigido ( pavimento), allinea il corpo e inizia le valutazioni e azioni.

A – APERTURA DELLE VIE AEREE

Prima di iperestendere il capo ricorda di controllare le vie aeree, alfine di evitare che corpi estranei possano cadere indietro e chiudere le vie respiratorie.

GUARDA IN BOCCA E                               SOLLEVA IL MENTO
TOGLI CORPI ESTRANEI                         ED ESTENDI LA TESTA
EVIDENTI


A – AIRWAYS: PERVIETA’ DELLE VIE AEREE
La perdita di coscienza causa il rilassamento muscolare, la mandibola può cadere all’indietro, la lingua in questo caso va ad ostruire le vie aeree:

  • Per i motivi già specificati, è necessario come prima cosa liberare le vie aeree da qualunque cosa possa ostruire il passaggio dell’aria.

Per ottenere la riapertura delle vie aeree esegui i seguenti passi:
Si posizionano le mani sulla fronte e sulla punta del mento e si procede alla iperestensione del capo e al sollevamento del mento.
Per i sanitari è espressamente previsto il controllo del cavo orale dopo l’apertura delle vie aeree.
Perché:
L’incidenza di soffocamento insospettato come causa di incoscienza o dell’arresto cardiaco è bassa; quindi, durante la RCP controllare ordinariamente la bocca per vedere se ci sono corpi estranei non è necessario.
Nessuno studio ha valutato l’uso sistematico di una pulizia del cavo orale con le dita per eliminare i corpi estranei nelle vie respiratorie in assenza di un’ostruzione visibile. Quattro case reports hanno documentato danni alle vittime e al soccorritore in seguito alla pulizia del cavo orale con le dita; è pertanto sconsigliato l’uso di questa tecnica. In caso di corpo estraneo ben visibile è quindi indicato l’uso di pinze o aspiratore.
Rimuovi i corpi solidi: se visibili inserisci un dito ad uncino nella bocca ed estrai i corpi solidi (pietre, denti rotti, chewing-gum) facendoli scivolare lungo il lato interno di una guancia. 

Rimuovi i corpi liquidi: utilizza l’aspiratore o, se non disponibile, garze o stoffa pulite. Non inserire mai il sondino aspirante per più di 10-12 cm.
Qualora, durante la ventilazione, ti accorgessi che le vie aeree non sono pervie sebbene non vi sia nulla nell'orofaringe, sospetta un'ostruzione a livello delle vie aeree inferiori (es. trachea). Per liberarle esegui la manovra per disostruirle.
B –C RESPIRAZIONE E SEGNI DI CIRCOLO

CHIAMA IL
118
EMERGENZA
SANITARIA

Chiama il 118

Se sei solo, lascia temporaneamente la vittima e chiama tu stesso il 118 e comunica le seguenti informazioni:

  • “c’è una persona non cosciente” e breve storia dell’accaduto
  • dove ti trovi e numero di telefono da dove chiami
  • luogo dell’evento: via, numero, riferimenti stradali (cartelli, numero del km, salita, discesa, ecc.) o aree (chiesa, campo sportivo, fiume ecc.)
  • età presunta della vittima e se sono in corso procedure di rianimazione
  • rispondi a tutte le informazioni richieste dall’operatore e interrompi la telefonata solo quando l’operatore 118 lo deciderà.

IN CASO DI TRAUMA O ANNEGAMENTO, SE SEI  SOLO ESEGUI IL BLS PER DUE MINUTI PRIMA DI ALLONTANARTI PER CHIAMARE IL 118.

VALUTAZIONE FASI B-C

Nel primi minuti dopo l’arresto cardiaco, può persistere una bradipnea estrema o un saltuario gasping. Questi fenomeni non vanno confusi con una respirazione normale. Dopo l’apertura delle vie aeree si valutano simultaneamente respiro, polso e segni di circolo (movimenti, tosse) per non più di 10 secondi. Se non si è certi della loro presenza, si allertano i soccorsi avanzati e si dà inizio alla rianimazione cardiopolmonare.
Perché: Durante i primi minuti dopo l’arresto cardiaco, la cui causa non sia l’asfissia, il contenuto di ossigeno nel sangue rimane alto e la distribuzione dello stesso al miocardio e al cervello è limitata più dalla ridotta gittata cardiaca che da una mancanza di ossigeno nei polmoni. La ventilazione è inizialmente,quindi, meno importante delle compressioni toraciche. Inoltre, è riconosciuto che l’acquisizione ed il mantenimento delle abilità pratiche sono favoriti dalla semplificazione della sequenza di azioni di BLS.
Il respiro e i segni di circolo vengono valutati simultaneamente per accelerare l’inizio della rianimazione cardiopolmonare.

B – C BREATHING: VALUTAZIONE DELL’ATTIVITA’ RESPIRATORIA
Mantieni aperte le vie aeree (estensione del capo, sollevamento del mento), avvicina la guancia alla bocca della vittima con lo sguardo rivolto verso il torace.

G    =    Guarda se il torace si muove
A   =    Ascolta se ci sono rumori respiratori alla bocca della vittima
S    =    Senti sulla tua guancia l’aria eventualmente espirata

 

GAS: guarda, ascolta, senti per 10 secondi per stabilire se la respirazione è presente o meno (ricordati di contare).
E valuta i segni di circolo:
MO- movimento
TO- tosse
RE-respiro     
La presenza di gaspingo respiro agonico(si manifesta con sforzi respiratori irregolari alternati con periodi di apnea più o meno lunghi) equivale all’assenza di respiro.
 

Se la respirazione è assente e non vi sono segni di circolo:

  • se sei solo, lascia temporaneamente la vittima e chiama tu stesso il 118
  • altrimenti manda qualcuno a confermare l’arresto cardio-respiratorio

se non sono presenti atti respiratori normali, tosse o movimenti del corpo cioè qualche segno di vita, quindi se non vi sono segni di vita, devi subito dedurre che il cuore non batta e iniziare la RCP,30:2
Come in tutte le altre operazioni è necessario mantenere con una mano, o con la tavola di rianimazione, l’iperestensione del capo.

Se non respira e non vi sono segni di circolo localizza il centro dello sterno e inizia RCP

POSIZIONE DELLE MANI NELLE COMPRESSIONI TORACICHE
Com’era prima: Ricercare il punto di repere al centro del torace facendo scorrere l’indice e il medio sul  margine inferiore della gabbia toracica fino al punto di congiungimento delle coste con lo sterno;posizionare il dito medio su questo punto, appoggiare l’indice sullo sterno, far scorrere la mano libera sullo sterno fino ad affiancarla all’indice e qui appoggiarla. Sovrapporre l’altra mano alla prima.
La frequenza delle compressioni è di circa 100 al minuto (poco meno di due compressioni al secondo).
Com’è cambiato: Porre la parte prossimale del palmo al centro del torace facendo attenzione ad appoggiarla sullo sterno e non sulle coste.
Sovrapporre l’altra mano alla prima. Intrecciare le dita delle due mani sovrapposte. Non appoggiarsi sopra l’addome superiore o l’estremità inferiore dello sterno. La frequenza delle compressioni è di 100 al minuto, poco meno di 2 compressioni al secondo.
Perché:Gran parte delle informazioni sulla fisiologia delle compressioni toraciche, sugli effetti della variazione della frequenza di compressione, del rapporto di compressione-ventilazione e rispetto del ciclo (rapporto fra il tempo di compressione del torace e il tempo totale fra una compressione e la successiva) sono derivati da modelli animali.
Tuttavia, le conclusioni della Consensus Conference 2005 comprendono quanto segue:
1) ogni volta che si riprendono le compressioni, il soccorritore dovrebbe porre le mani, senza indugi, al centro del torace.
2) comprimere il torace ad una frequenza di circa 100 compressioni al min.
3) porre attenzione a raggiungere la profondità massima di compressione di 4-5 cm (nell’adulto)
4) consentire al torace di riespandersi completamente dopo ogni compressione

COME SI ESEGUONO LE COMPRESSIONI TORACICHE

  • Ricerca il punto di compressione: il cuore si trova sotto lo sterno, al centro della cassa toracica, con la punta rivolta verso sinistra

 

 

  • Appoggia la mano che eseguirà il massaggio; questo è il punto corretto dove effettuare le compressioni La parte della mano che si appoggia sullo sterno è solo la porzione inferiore del palmo, in corrispondenza del carpo
  • Appoggia la prima mano sopra l’altra ed intreccia le dita per assicurarti che rimangano sollevate e non comprimano le coste
  • Mantieni le braccia tese, sfruttando il peso del tronco

 

  1. Alterna 30 compressioni a 2 insufflazioni, sia che i soccorritori siano due o che tu sia da solo
  2. Posizionati in modo che le tue braccia e le spalle siano sulla verticale del torace del paziente
  3. Comprimi ritmicamente il torace di 4-5 cm, ad una frequenza di 100 compressioni al minuto
  4. La compressione e il rilasciamento devono avere la stessa escursione e la stessa durata
  5. Comprimi perpendicolarmente al paziente, per evitare il più possibile rotture di coste che possono perforare cuore e polmoni
  6. Continua fino all’arrivo di un soccorso qualificato, interrompendo solo se compaiono segni di vita (movimenti, respiro, colpi di tosse) o se sei esausto.

Se il defibrillatore ti comunica una situazione di fibrillazione ventricolare o tachicardia ventricolare predisponiti ad effettuare le scariche necessarie.(previo corso di abilitazione.

Ricorda che la sequenza BLS nell'adulto non è applicabile a pazienti di età inferiore a 8 anni.

SOPPRESSIONE CONTROLLI POLSO E RESPIRO DURANTE LA SEQUENZA

Com'era prima: si eseguiva la ricerca dei segni di circolo. La sequenza prevedeva che dopo 1" fosse eseguito il primo controllo dei segni di circolo e respiro
Con le nuove linee guida: non si esegue il controllo del polso ma solo quello dell'attività respiratoria, la cui assenza da avvio alla RCP. La sequenza viene interrotta solo dall'utilizzo di un DAE o dalla ripresa di una respirazione efficace, dall'arrivo del soccorso avanzato, dall'esaurimento fisico del soccorritore o dall'arrivo di un medico. . La sequenza risulta dunque ininterrotta, senza ulteriori interruzioni per le valutazioni
Perché: Non vi è prova che il controllo della presenza del polso carotideo sia diagnosticamene superiore alla valutazione di movimenti, respirazione o tosse (“segni di circolo”). E’ pertanto indicato
per i soccorritori sanitari valutarli entrambi.
Se il paziente sembra non avere segni di vita, o se si hanno dubbi in proposito, iniziare immediatamente
la RCP. Ritardare la RCP avrà effetti negativi sulla sopravvivenza del soggetto e quindi deve essere evitato.

RAPPORTO COMPRESSIONI/VENTILAZIONI

Com'era prima: il rapporto compressioni/ventilazioni era 15:2
Con le nuove linee guida: il rapporto compressioni/ventilazioni é di 30:2
Perché: Le prove di evidenza derivanti da studi sull’uomo sono insufficienti per indicare il miglior rapporto compressione-ventilazione. I dati provenienti da studi sugli animali sostengono l’opportunità di un aumento nel rapporto compressioni ventilazioni dal precedente 15:2, un modello matematico suggerisce che un rapporto di 30:2 fornirebbe il compromesso migliore fra il flusso ematico e l’ossigeno somministrato. Ciò dovrebbe fare diminuire il numero di interruzioni nella compressione, ridurre la probabilità di iperventilazione,
semplificare l’insegnamento e migliorare il mantenimento delle abilità. La persona che applica le compressioni toraciche dovrebbe cambiare ogni 2 minuti

RCP PER 2 MINUTI PRIMA DELLA DEFIBRILLAZIONE NEGLI ARRESTI CARDIACI NON TESTIMONIATI (PER I SOCCORRITORI SANITARI)

Ventilazione:
Com’era prima: Si eseguono 2 ventilazioni della durata di circa 2”. Il volume dovrebbe essere di circa 700 ml senza O2 e circa 400 ml con O2.
Com’è cambiato: Si eseguono due ventilazioni della durata di circa 1”. Il volume consigliato è di 500-
600 ml
Perché: Durante la RCP lo scopo della ventilazione è garantire un’ossigenazione sufficiente. Il volume
corrente ottimale, il ritmo respiratorio ed la concentrazione di ossigeno inspirato più efficaci, tuttavia, non sono del tutto noti.
Le raccomandazioni correnti sono basate sulle seguenti prove:
1. Durante la RCP, la perfusione dei polmoni è ridotta sostanzialmente, questo comporta che l’adeguato rapporto ventilazione-perfusione può essere raggiunto con volumi correnti e ritmi respiratori più bassi del normale
2. Non solo una iperventilazione (frequenze elevate o volume troppo grande) è inutile, ma è nociva perché aumenta la pressione intratoracica, facendo così diminuire il ritorno venoso e di conseguenza il volume di sangue arterioso determina, inoltre, una riduzione del flusso ematico coronarico e cerebrale. Tutto questo concorre a ridurre la sopravvivenza.
3. Quando le vie respiratorie non sono protette, un volume corrente di 1 litro produce una distensione gastrica più significativa che un volume corrente di 500 ml.
4. Un basso rapporto ventilazioni-minuto (volume corrente e ritmo respiratorio più basso del normale) possono mantenere una ossigenazione e una ventilazione efficaci durante la RCP.
Durante la RCP nell’adulto i volumi correnti adeguati dovrebbero essere di circa 500-600 ml (6-7 ml/kg).
5. Le interruzioni della sequenza delle compressioni toraciche (per esempio per eseguire le ventilazioni) sono nocive alla sopravvivenza. Erogare ventilazioni più brevi contribuirà a ridurre la durata delle interruzioni a tempi essenziali.
La raccomandazione corrente per i soccorritori è, quindi, di insufflare aria in circa 1 secondo, con volume sufficiente a far espandere il torace, ma evitando ventilazioni troppo veloci o energiche.
Questa raccomandazione si applica a tutte le forme di ventilazione durante la RCP

PRESIDI PER LA VENTILAZIONE

Com’era prima: le tecniche utilizzabili _ bocca a bocca, bocca-naso, bocca-tracheostomia, boccamaschera (con pocket mask), pallone autoespansibile- maschera
Com’è cambiato: Non vi è più il suggerimento ad eseguire il bocca a bocca se il soccorritore non se la sente. In questo caso deve procedere solo al massaggio cardiaco. Il sistema più appropriato rimane il pallone autoespansibile-maschera con l’aggiunta di O2.
Perché: La raccomandazione corrente per i soccorritori è di insufflare aria in circa 1 secondo, con volume sufficiente per fare espandere il torace, ma evitando ventilazioni troppo veloci o energiche.
Questa raccomandazione si applica a tutte le forme di ventilazione durante la RCP, compreso il bocca bocca e il pallone-maschera (BVM) con o senza ossigeno supplementare.

RAPPORTO COMPRESSIONI/VENTILAZIONI

Com’era prima: Il rapporto compressioni/ventilazioni era di 15:2.
Com’è cambiato: Attualmente il rapporto compressioni/ventilazioni è di 30/2

 COME VENTILARE:

  • mantieni il capo esteso ed il mento sollevato
  • Posiziona la maschera in modo che il bordo aderisca completamente al volto del paziente (posizionala prima dalla punta, in modo che circondi la parte chiusa del naso)
  • Con il pollice e l’indice di entrambe le mani, circonda la-maschera
  • Con il medio e l’anulare di entrambe le mani uncina la mandibola del paziente e tira verso di te per mantenere iperesteso il capo (vedi figura) e sublussata la mandibola
  • soffia dolcemente e con gradualità nella bocca della vittima per circa 1 secondo contando mentalmente fino a 1 e osservando l’espansione del torace
  • solleva la tua bocca ed osserva che il torace si abbassi facendo uscire l’aria
  • ripeti di nuovo la sequenza descritta eseguendo in tutto 2 insufflazioni

In caso di trauma, intossicazione da farmaci, annegamento, ostruzione delle vie aeree da corpo estraneo o se si tratta di un bambino, se sei solo esegui un BLS per 2 minuti prima di allontanarti per chiamare il 118.
Se il paziente non respira e non hai un mezzo protettivo o una maschera tascabile, non vi é più il suggerimento ad eseguire il bocca-bocca se il soccorritore non se la sente. In questo caso deve solo procedere al massaggio cardiaco.
Se il paziente respira:

  1. interrompi la sequenza
  2. posiziona il paziente supino e, se possibile, somministra ossigeno
  3. se il paziente vomita usa aspiratore oppure ruotalo su un fianco (posizione laterale di sicurezza), per evitare che il vomito ostruisca le vie aeree

posizione laterale di sicurezza: l'eventuale vomito fuoriesce evitando di ostruire le vie aeree

Se il paziente non risulta cosciente ma presenta attività respiratoria, e quindi anche cardiocircolatoria, somministra ossigeno e mantieni pervie le vie aeree (posizione laterale di sicurezza). Esegui la valutazione secondaria (FR, FC, PA)

RIEPILOGO SEQUENZA BLS A DUE SOCCORRITORI

 

  • Valuta se c’è pericolo nell’ambiente
  • Valuta lo stato di coscienza

Se la vittima non risponde:

A

  


  • CHIAMA AIUTO, posiziona la vittima, allinea il corpo
  • Apri le vie aeree, rimuovi corpi estranei, solleva il mento, iperestendi il capo

 

Se la vittima non respira e non ha segni di circolo :
 

 


                                     

 

  • Valuta per 10 secondi la presenza di attività respiratoria (GAS)  MO-TO-RE

Se la vittima non ha respiro e non si muove:

      • fai chiamare il 118
  • Il secondo soccorritore ricerca il punto di compressione
  • Esegue il massaggio cardiaco esterno ad una frequenza di 80-100 compressioni al minuto
  • Alterna 30 compressioni a 2 insufflazioni, contando ad alta voce le compressioni

 

Continua ad eseguire il BLS fino all’arrivo di un soccorso qualificato, interrompendo solo se compaiono segni di vita (movimenti, respiro, colpi di tosse) o se sei esausto.


SCAMBIO FRA I SOCCORRITORI

 

Quando uno dei due soccorritori è stanco (più facilmente chi esegue le compressioni toraciche e la ventilazione), comunica al leader: "alla fine di questo ciclo, cambio".

  • Finisce le 30 compressioni, si sposta alla testa del paziente
  1. se non ha ripreso afferra la maschera 
  2. L’altro soccorritore, dopo che il compagno ha effettuato le compressioni, ventila 2 volte, ruota il pallone Ambu intorno al raccordo (poiché massaggerà dal lato opposto a quello del compagno), si sposta a fianco del torace, ricerca il punto di compressione e inizia le compressioni toraciche

La RCP è una procedura che prevede la rigorosa applicazione dell’ABC: la respirazione artificiale, infatti, è inutile se le vie respiratorie non sono pervie, come del resto non è di alcuna utilità se il sangue non circola.

Nella maggior parte dei casi il BLS non è sufficiente a normalizzare le funzioni vitali del paziente, pertanto va considerata come fase iniziale, nonché indispensabile, del trattamento rianimatorio. In varie realtà locali sono già attivi progetti di defibrillazione precoce eseguita da personale non medico, appositamente addestrato, con apparecchiature semiautomatiche (BLS-D).

Il livello successivo è l’ALS, indispensabile nella quasi totalità dei casi per il ripristino delle funzioni vitali. L’ALS comprende non solo il BLS, ma anche tutte le manovre e terapie per le quali è necessaria la presenza del medico del P.S. o del MSA.

Come sancisce chiaramente la catena della sopravvivenza, perché la nostra rianimazione cardiopolmonare possa produrre effetti è di vitale importanza il tempo di intervento. Il soccorritore deve essere in grado di intervenire, di riconoscere l’arresto cardiorespiratorio e di iniziare le manovre rianimatorie nel minor tempo possibile. Sappiamo che nel cervello possono verificarsi alterazioni potenzialmente letali entro 4-6 minuti dall’arresto: solitamente la morte delle cellule cerebrali inizia dopo 8-10 minuti dall’arresto: è quindi necessario intervenire entro questo tempo. Purtroppo ciò non è sempre possibile, per ragioni spesso indipendenti dalla nostra volontà: problemi di viabilità, difficoltà nel recupero del paziente per situazioni particolari, posizione topografica dell’infortunato.

Tuttavia siamo legalmente e moralmente tenuti a tentare le manovre rianimatorie in tutti i casi, finché il medico dell’automedica o del pronto soccorso o il medico legale dichiari la morte del paziente dopo esame E.C.G. o auscultazione, oppure salvo non si verifichino lesioni incompatibili con la vita quali:

  • SFONDAMENTO DEL CRANIO E/O DEL TORACE
  1. DECAPITAZIONE
  2. CARBONIZZAZIONE
  3. STATO AVANZATO DI DECOMPOSIZIONE

La semplice midriasi, rigidità del paziente, colorito cianotico o altri segni diversi da quelli elencati non sono sufficienti a dichiarare deceduto un paziente.

ULTERIORI INFORMAZIONI SULLA DEFIBRILLAZIONE.

COMPRESSIONI TORACICHE FINO ALL’APPLICAZIONE DELLE PIASTRE

Com’era prima: Dopo aver verificato che i segni di circolo (e per i sanitari il polso carotideo) erano assenti l’operatore DAE allontanava tutti provvedeva a posizionare le piastre e faceva iniziare l’analisi.
Com’è cambiato: I soccorritori sanitari devono verificare respiro, segni di circolo e, se sono esperti,polso carotideo per 10 secondi, poi, se sono stati essi stessi testimoni dell’AC, proseguono nella stessa sequenza:
• se sono da soli applicano le piastre del DAE,
• se sono presenti più soccorritori, mentre alcuni procedono alla RCP l’operatore DAE applica le piastre.

  • In caso di arresto non testimoniato da loro protraggono la RCP per due minuti prima di operare

la defibrillazione con le modalità appena descritte
Perché: La defibrillazione immediata, non appena un DAE diventa disponibile, è stato sempre un elemento chiave nelle linee guida di riferimento e nell’insegnamento ed è considerato tuttora di capitale
importanza per la sopravvivenza in pazienti con FV. Questo concetto però è stato in parte rivisto perché la letteratura suggerisce che l’immediato inizio della RCP, o almeno delle compressioni toraciche, protratte per un certo periodo prima della defibrillazione – quando il tempo fra la chiamata dell’ambulanza ed il suo arrivo eccede i 5 min – e la sua prosecuzione ininterrotta fino all’erogazione dello shock, può migliorare sensibilmente la sopravvivenza.

SOPPRESSIONE CONTROLLI POLSO DOPO SHOCK

Com’era prima: Dopo le 3 scariche o all’indicazione“shock non indicato” ricontrollare i segni di circolo (e il polso carotideo per i soccorritori sanitari).
Se non c’è polso né ci sono i segni di circolo eseguire una RCP per 1 minuto (rapporto 15:2)
fino a quando il defibrillatore non riprende l’analisi.
Com’è cambiato: Non appena arriva il defibrillatore, applicare le piastre al torace e far analizzare
il ritmo. Se sono presenti FV/TV il defibrillatore si carica e il soccorritore eroga lo shock (150-200-J bifasico o 360- J monofasico). Senza rivalutare il ritmo o controllare il polso, il soccorritore riprende la RCP (rapporto 30:2) subito dopo la scarica, cominciando con le compressioni toraciche.
Perché: Anche se il tentativo di defibrillazione riesce a ristabilire il ritmo cardiaco, è molto raro che il polso carotideo torni palpabile subito dopo la scarica, il controllo del polso fa solo ritardare la ricomparsa della perfusione e quindi comprometterà ulteriormente il miocardio. Se è stato ristabilito un ritmo cardiaco, l’applicazione delle compressioni toraciche non aumenta la probabilità di ricomparsa di FV. In presenza di una asistolia post-shock, le compressioni del torace possono indurre favorevolmente una FV (sensibile alla defibrillazione).

POSIZIONE DEGLI ELETTRODI

Com’era prima: La posizione degli elettrodi era stabilita come segue: una piastra a destra dello
sterno in posizione sottoclaveare e una a sinistra sulla linea ascellare media a livello dell’apice cardiaco.

Com’è cambiato: Attualmente per la defibrillazione delle FV viene confermata la posizione già consigliata nelle precedenti linee guida (una piastra lateralmente a destra dello sterno, sotto la clavicola e la seconda sulla linea ascellare media, a livello della derivazione V6 dell’ECG), ma qualora vi siano degli impedimenti come ad esempio un pace-maker o un defibrillatore impiantabile vengono consigliati altri 3 siti:
• una placca posta sull’apice anteriormente (posizione standard) e l’altra placca applicata posteriormente, nella parte superiore del torace, a destra o a sinistra
• una placca posta sul precordio di sinistra
anteriormente e l’altra in modo speculare posteriormente, medialmente alla scapola sinistra
• una placca posta sulla linea ascellare media sinistra e l’altra sempre sulla linea ascellare media, ma a destra.
Si consiglia sempre di non defibrillare su dispositivi sottocutanei, né su cerotti transdermici, né direttamente sul tessuto mammario nelle donne.
Perché: Nessuno studio sull’essere umano ha valutato la posizione degli elettrodi come determinante
per il ripristino della circolazione o della sopravvivenza dall’arresto cardiaco da FV/TV. E’ stato dimostrato che l’impedenza toracica viene ridotta al minimo quando l’elettrodo dell’apice non è disposto sul seno femminile.
La posizione asimmetrica dell’elettrodo apicale ha minore impedenza quando è posto longitudinalmente piuttosto che trasversalmente. L’asse lungo della piastra apicale dovrebbe dunque
essere orientato in senso cranio-caudale.
L’impedenza transtoracica aumenta durante l’atto inspiratorio (e quindi l’insufflazione), la defibrillazione dovrebbe essere effettuata dunque durante la fase finale della espirazione, quando una minor quantità di aria è presente nei polmoni

OSTRUZIONE DELLE VIE AEREE
DA CORPO ESTRANEO

 

Come riconoscerla?

Una persona che sta soffocando a causa di un corpo estraneo nelle vie aeree:

  • non riesce a respirare
  • non riesce a parlare
  • non riesce a tossire
  • spesso si stringe la gola con una mano
  • può perdere coscienza in pochi minuti

Può verificarsi più frequentemente durante il pasto, specialmente se il soggetto ha scarsa capacità di tossire per età avanzata o per aver assunto alcool o a causa di malattie del sistema nervoso.

Come intervenire?

Se la vittima riesce ancora a respirare e a tossire, 

CHIAMA IL 118

Incoraggiala a continuare a tossire ma non fare nient’altro.

Tecnica delle manovre di Heimlich

Se la vittima è in piedi o seduta:

  • chiama o fai chiamare il 118
  • intervieni con colpi sulla schiena e compressioni addominali
  • colpisci fino a 5 volte  tra le scapole con la parte carnosa del palmo della mano; se non è sufficiente:
  • posizionati alle spalle della vittima
  • metti le braccia attorno alla parte alta dell’addome afferrando il pugno della mano con l’altra
  • appoggia il pugno chiuso fra l’ombelico e l’estremità dello sterno
  • spingi bruscamente verso l’interno e verso l’alto diverse volte, fino a espulsione del corpo estraneo

Manovra di disostruzione nel soggetto non cosciente

Se la vittima in qualunque momento perde coscienza:

  • metti la vittima in posizione supina
  • estendi il capo e solleva il mento, verifica se ci sono corpi estranei visibili nel cavo orale
  • tenta di eseguire 2 insufflazioni, se non sono efficaci tenta di insufflare fino a 5 volte
  • se non riesci ad ottenere 2 insufflazioni efficaci, inizia ad eseguire le compressioni toraciche (massaggio cardiaco)
  • ogni 30 compressioni tenta di effettuare alcune insufflazioni, dopo aver controllato il cavo orale per verificare l’eventuale espulsione del corpo estraneo
  • cerca segni della presenza di circolo solo quando riesci ad insulare in modo efficace.

 

 

Condizioni particolari

Nel caso di paziente gravemente obeso o di gravidanza avanzata, non essendoci spazio sufficiente sotto lo sterno per esercitare spinte addominali, vengono effettuate spinte toraciche sullo stesso punto utilizzato per il massaggio cardiaco.

Se la vittima è in terra il soccorritore si posiziona in ginocchio a fianco del torace.

 

A.M.P.L.E.

E’ un valido aiuto che ci permette di valutare correttamente un paziente che, pur stando male, è in grado senza alcuna difficoltà di rispondere alle nostre domande.
E’ infatti importante ricordare che se il paziente non è in grado di rispondere alle nostre domande o non vuole farlo, il nostro dovere sarà quello di allertare il sistema di emergenza 118, senza perder del tempo prezioso.

      
A   allergie
M medicamenti (quali farmaci assume il paziente)
P    past medical history (anamnesi patologica remota)
L    last meal (ultima assunzione di cibo)
E   events (dinamica dell’incidente)


CRISI IPOGLICEMICA
 


DEFINIZIONE

Situazione patologica che si verifica nei soggetti diabetici, in seguito ad una caduta improvvisa di livello di zuccheri nel sangue.

 

CAUSE

 

In un soggetto diabetico, la crisi ipoglicemica si può verificare quando:

  • si assume una quantità troppo elevata di insulina o ipoglicemizzanti orali
  • non si mangia a sufficienza
  • si eseguono degli sforzi fisici eccessivi
  • in seguito a vomito

SEGNI E SINTOMI

  • Vertigini e cefalea
  • Comportamento anomalo (agitazione, confusione…)
  • Tremori, tachicardia, ansietà
  • Cute pallida, fredda e appiccicosa
  • Svenimenti
  • Senso di fame

 

COSA FARE

  • Accertarsi che il soggetto sia diabetico
  • Se il soggetto è cosciente: somministrategli acqua e zucchero, succhi di frutta o altre bevande zuccherate
  • Creare attorno al soggetto un ambiente tranquillo e ventilato
  • Se necessario posizionate il soggetto in posizione antishock laterale di sicurezza
  • Se il soggetto è incosciente allertare il 118

 

COSA NON FARE

  • Somministrare farmaci e/o alcolici
  • Somministrare liquidi in paziente incosciente

CONVULSIONI E CRISI EPILETTICHE

 

DEFINIZIONE

Contrazioni muscolari improvvise e non controllate, dovute ad una alterazione dell’attività elettrica cerebrale e accompagnate da una perdita di coscienza.

CAUSE
Gli attacchi convulsivi si possono riscontrare in caso di:

  • febbre alta
  • lesione cerebrale (pregresso intervento chirurgico al cervello, ictus cerebrale, tumore, emorragia cerebrale…)
  • soggetto epilettico
  • crisi ipoglicemiche
  • cause sconosciute

SEGNI E SINTOMI
Un attacco convulsivo ha tre fasi distinte:

  • La fase tonica (dura circa 30 secondi) -il corpo diventa rigido, il soggetto può mordersi la lingua, vi può essere il rilascio degli sfinteri, con interruzione della respirazione
  • La fase clonica  (generalmente la durata non è superiore a 1 o 2 minuti) - il corpo è scosso da movimenti violenti e a scatti; il soggetto può emettere schiuma dalla bocca e sbavare
  • Fase successiva all’evento - terminano le convulsioni, il soggetto può riprendere conoscenza e si trova in uno stato di vertigini e confusione, con cefalea; oppure può rimanere incosciente per diverse ore.

         

COSA FARE

  • Chiamare il 118
  • Adagiare il soggetto sul pavimento, se possibile girargli il capo da un lato per favorire il drenaggio del liquido dalla bocca
  • Allentare gli abiti stretti
  • Proteggere il soggetto da lesioni (esempio allontanando sedie, scale…)
  • Al termine delle convulsioni mantenere il soggetto a riposo a possibilmente in posizione laterale di sicurezza; se incosciente posizionare cannula orofaringea
  • Controllare la respirazione ed il polso
  • Creare attorno al soggetto un ambiente tranquillo e ventilato
  • Annotare la durata della crisi

 

COSA NON FARE

  • Somministrare farmaci
  • Somministrare liquidi in paziente incosciente
  • Non tentare di tenere fermo il soggetto

CRISI ASMATICA

 

DEFINIZIONE

E’ una condizione di particolare reattività dell’albero bronchiale a stimoli di varia natura. Questa reattività si caratterizza con uno spasmo diffuso della muscolatura bronchiale ed edema della mucosa, che determinano un restringimento delle vie respiratorie.

 

CAUSE

  • Allergeni presenti nell’aria (polline, piante, inquinamenti industriali ecc.)
  • In seguito ad assunzione di farmaci (esempio: aspirina)
  • Infezioni delle vie aeree
  • Durante sforzo fisico o emotivo

SEGNI E SINTOMI

  • Dispnea (difficoltà respiratoria)
  • Tosse
  • Sibili respiratori
  • Accelerazione del respiro

COSA FARE

  • Se il paziente ne è provvisto somministrare broncodilatatori (spray)
  • Aerare l’ambiente
  • Allontanare il paziente dalla possibile fonte allergica
  • Posizionarlo seduto
  • Tranquillizzare il soggetto
  • Allontanare i curiosi
  • Predisporre per il trasporto in ospedale

COSA NON FARE

  • Sottoporre il soggetto a sforzi eccessivi
  • Somministrare liquidi o cibi solidi
  • Obbligarlo nella posizione sdraiata

EDEMA POLMONARE

DEFINIZIONE

Alterazione dei processi fisiologici di scambio dei liquidi e dei soluti, all’interno delle membrane alveolo-capillari, con conseguente squilibrio delle forze che li governano, che possono provocare un accumulo di liquidi all’interno dei polmoni e degli alveoli stessi: il quadro dell’edema polmonare acuto.

 

CAUSE

  • Cardiopatie (infarto, ipertensione…)
  • Inalazione di vapori acidi
  • Affezioni neurologiche
  • Shock anafilattico

SEGNI E SINTOMI

  • Dispnea (difficoltà respiratoria)
  • Cute fredda, sudata, pallida, cianotica
  • Agitazione, ansia
  • Respirazione rumorosa, frequente e superficiale
  • Torace espanso, quasi immobile
  • Nei casi più gravi: tosse con espettorato schiumoso e roseo

COSA FARE

  • Chiamare il 118
  • Posizionare il soggetto seduto
  • Allentare gli abiti
  • Creare intorno un ambiente tranquillo e ventilato

 

COSA NON FARE

  • Somministrare  farmaci
  • Somministrare liquidi e cibi solidi
  • Obbligare il soggetto nella posizione sdraiata

LIPOTIMIA

 

DEFINIZIONE

Sindrome caratterizzata da malessere profondo, astenia muscolare, alterazione della vista, nausea, sudorazione profusa…; si differenzia dalla sincope poiché non vi è perdita di coscienza.

 

CAUSE

  • Pressione bassa
  • Anemia
  • Digiuno
  • Stress e fatica
  • Permanenza in ambienti chiusi
  • Prolungata stazione eretta
  • Calore eccessivo
  • Dolori e forti emozioni ecc.

SEGNI E SINTOMI

  • La sindrome può essere preceduta da malessere, nausea, debolezza, capogiro…
  • La persona cede sulle gambe (si accascia)
  • Pallore e sudorazione profusa

 

COSA FARE

  • Posizione antishock
  • Allentare abiti, cinture, cravatte…
  • Aerare il locale
  • Allontanare i curiosi
  • Tranquillizzare il soggetto

 

COSA NON FARE

  • Somministrare farmaci
  • Dare schiaffi
  • Introdurre sostanze nel cavo orale fino a quando il soggetto appare incosciente
  • Somministrare alcolici
  • Mettere in posizione semiseduta o eretta
  • Bagnarlo con acqua fredda

ATTENZIONE ! Il soggetto ha le funzioni vitali conservate
e può sentire cosa viene detto intorno a lui


SINCOPE

 

DEFINIZIONE

Perdita improvvisa della coscienza, con possibile caduta a terra del soggetto; solitamente la perdita di coscienza è di breve durata e la persona si riprende spontaneamente, ma vi possono essere delle complicanze che portano ad arresto cardio-respiratorio.

CAUSE

  • Malattie cardio-vascolari(es. alterazione del ritmo cardiaco)
  • In seguito a gravi ipovolemie
  • Diabete scompensato
  • Folgorazione

 

SEGNI E SINTOMI

  • Incoscienza
  • Pallore e sudorazione profusa
  • Polso e respiro alterati

 

COSA FARE

  • Iniziare le manovre del BLS
  • Controllare e trattare eventuali traumi e ferite conseguenti alla caduta

 

COSA NON FARE

  • Somministrare farmaci
  • Dare schiaffi
  • Introdurre sostanze nel cavo orale
  • Mettere in posizione semiseduta o eretta

 

 

L'APPARATO CARDIOCIRCOLATORIO

 

Il cuore e i vasi sanguigni formano un complesso sistema di spinta e trasporto del sangue (nutrimento) a tutti gli organi e tessuti del corpo, in un ciclo continuo di andata e ritorno.
È un vero e proprio sistema idraulico costituito da una pompa (cuore) che agisce contraendosi ritmicamente e da tubi (arterie e vene) che si diramano in tutto il corpo diventando man mano sempre più sottili (capillari).

Nell’uomo e nei mammiferi la circolazione è doppia e completa.

La circolazione è DOPPIA quanto è suddivisa in:

- piccola circolazione (o polmonare) - collega il cuore ai polmoni ed ha lo scopo di “ripulire” il sangue dall’anidride carbonica e rifornirlo di ossigeno e metterlo a disposizione della grande circolazione

- grande circolazione (o sistemica) - collega il cuore a tutti i tessuti del corpo dove trasporta il sangue carico di ossigeno (sangue arterioso) e ritorna al cuore col sangue carico di anidride carbonica (sangue venoso) che poi viene reimmesso nella piccola circolazione per dare vita a un nuovo ciclo.

La circolazione è anche detta COMPLETA in quanto il sangue arterioso (trasportato dalle arterie) e il sangue venoso (trasportato dalle vene) non si mescolano mai, ma si caratterizzano per una continuità di flusso che da arterioso diventa venoso dopo il passaggio nei capillari periferici che irrorano i tessuti e da dove riprende il percorso verso il cuore.

Il CUORE è situato nel torace, tra i due polmoni e il diaframma. Lo avvolgono 3 diverse membrane chiamate endocardio, miocardio e pericardio in relazione alla loro posizione più interna, intermedia o più esterna.
È un vero e proprio muscolo della grandezza di un pugno, cavo all’interno e suddiviso in 4 camere: 2 atri (sinistro e destro) e 2 ventricoli (sinistro e destro).
Approssimativamente il peso del cuore è di circa 300 grammi nell'uomo e 265 nella donna. La capacità globale è di circa 560 centimetri cubi.   
Mentre atrio e ventricolo dello stesso lato comunicano tra di loro attraverso una valvola (tricuspide a destra e bicuspide a sinistra), l’atrio e il ventricolo del lato destro sono separati dall’atrio e ventricolo del lato sinistro rispettivamente dal setto interatriale e dal setto interventricolare. Il setto, nella sua totalità, viene definito setto atrioventricolare.

 


La parte destra (atrio e ventricolo destro) viene anche definita cuore venoso in quanto raccoglie il sangue che proviene dalla periferia e che torna carico di anidride carbonica, mentre la parte sinistra (atrio e ventricolo sinistro) si definisce cuore arterioso in quanto il sangue è quello carico di ossigeno che proviene dai polmoni per essere reimmesso in circolo.
Le valvole agiscono in modo che, chiudendosi, il flusso di sangue proveniente dagli atri non possa tornare indietro durante la contrazione dei ventricoli.

Il meccanismo che mantiene attiva la circolazione è un alternarsi ritmico del ciclo cardiaco, ciclo che nell’uomo ha una frequenza di circa 68-72 volte al minuto. Negli sportivi praticanti si riduce anche notevolmente.

Il CICLO CARDIACO contempla una sequenza di eventi che avviene nell’arco di un battito cardiaco, battito che mediamente ha la durata di 0,8 secondi.

1)      Rilasciamento: gli atri si riempiono di sangue (venoso l’atrio destro e arterioso quello sinistro)
2)      Riempimento: aumenta la pressione degli atri, le valvole cardiache si aprono e iniziano a riempirsi i ventricoli
3)      Diastasi: gli atri e i ventricoli sono pieni e il flusso di sangue agli atri diminuisce e si interrompe
4)      Sistole atriale: si contraggono gli atri mentre i ventricoli sono pieni e distesi
5)      Contrazione: si contraggono i ventricoli (sistole ventricolare) e aumenta la pressione al loro interno. Le valvole si chiudono
6)      Efflusso: continua la contrazione dei ventricoli e continua ad aumentare la pressione al loro interno. Si aprono le valvole semilunari di accesso all’arteria polmonare (sangue venoso) e all’arteria aorta (sangue arterioso). Il sangue viene spinto all'interno di ambedue.

Principali arterie del corpo umano                         
Lo STIMOLO CHE GENERA LA CONTRAZIONEè di natura elettrica e si origina involontariamente dai centri di controllo posti nell’encefalo e nel midollo spinale. Viene trasportato attraverso le vie efferenti parasimpatiche e simpatiche.
Il sistema simpatico, partendo dal centro cardio-acceleratore posto nel bulbo, trasmette in maniera costante impulsi nervosi che tendono ad esaltare la frequenza delle contrazione, la forza e l’eccitabilità.
Il sistema parasimpatico, partendo dal centro cardio-inibitore posto nel bulbo, tende ad equilibrare gli eccessi del simpatico.
All’interno del cuore gli impulsi vengono scaricati da un vero e proprio pacemaker che è il nodo del seno atriale, posto in alto dell’atrio destro in prossimità del setto interatriale. L’eccitamento si propaga sulla muscolatura degli atri che si contraggono iniziando da quello destro. Il nodo atrio-ventricolare, posto in alto del ventricolo destro in prossimità della valvola tricuspide, raccoglie l’impulso e lo distribuisce a tutti e due i ventricoli grazie alla rete nervosa denominata fascio di His. Questo percorre ambedue i lati del setto interventricolare e, grazie alle sue diramazioni al disotto dell’endocardio, lo trasmette alla rete del Purkinje. I ventricoli si contraggono simultaneamente.

 

ARTERIE: vasi sanguigni che, partendo dal cuore, trasportano ossigeno e sostanze nutritive a tutti i tessuti corporei

CAPILLARI: rete periferica di collegamento tra le arterie e le vene; deputati alla diffusione delle sostanze nutritive e dell’ossigeno alle cellule, permettono l'assorbimento dell’anidride carbonica e delle sostanze di rifiuto

DIASTOLE: periodo di rilassamento cardiaco

FREQUENZA CARDIACA: frequenza delle sistoli in un minuto

GITTATA CARDIACA: quantità di sangue espulsa in un minuto. E’ pertanto il prodotto del numero di battiti in un minuto per il volume unitario. Nell’esercizio fisico si può raggiungere anche una gittata intorno ai 30 litri al minuto e questo anche perché il sangue viene espulso completamente, al contrario di quanto avviene a riposo dove il sangue viene espulso per circa il 50%. Inoltre aumenta vistosamente anche la frequenza cardiaca.

SANGUE: fluido che contiene disciolti materiali nutritivi, sostanze protettrici e regolatrici delle funzioni vitali, gas respirati, prodotti di rifiuto del metabolismo cellulare. Il sangue presenta le seguenti caratteristiche:

  • peso totale: circa il 7,7 del peso corporeo totale
  • pH: tra 7,3 e 7,4

Il plasma ne costituisce circa il 55% e in percentuale contiene:

  • acqua per il 90%
  • plasma proteine (siero albumina, siero globulina e fibrinogeno), per circa il 7%
  • minerali vari come cloro, sodio, potassio, calcio, ferro, iodio ecc., per circa lo 0,9%
  • sostanze organiche deputate alla nutrizione cellulare (aminoacidi, glucosio, grassi ecc.) e sostanze organiche di rifiuto prodotte dal metabolismo cellulare (acido urico, urea, creatina, creatinina., ammoniaca ecc.)
  • gas respirati come l’ossigeno e l’anidride carbonica.

Le cellule costituiscono circa il 45% del sangue. Tra queste si evidenziano i globuli rossi, i globuli bianchi e le piastrine.

SISTOLE: periodo di contrazione cardiaca

VENE: vasi sanguigni che dalla periferia trasportano il sangue al cuore; contengono sangue carico di anidride carbonica e sostanze di rifiuto del metabolismo cellulare

VOLUME SISTOLICO: volume di sangue espulso in una singola sistole

Breve glossario

LA PRESSIONE DEL SANGUE: COS'È E COME SI MISURA

La pressione del sangue sulle arterie è determinata dalla “pompa” cardiaca durante la fase di contrazione (sistole, ove la pressione arteriosa è massima) e rilasciamento (diastole e relativa pressione arteriosa minima) del muscolo cardiaco.
Circa un adulto su cinque risulta con valori pressori fuori della norma.
L’andamento giornaliero della pressione non è costante. I valori sono massimi durante la mattinata, scendono nel primo pomeriggio, risalgono la sera e si abbassano di nuovo durante la notte, raggiungendo i valori minimi nella prime ore del mattino.

Gli apparecchi di misurazione sono molteplici, ma il più affidabile rimane sempre il manometro classico (sfigmomanometro) con la misurazione data dalla colonnina di mercurio graduata.

La posizione seduta è la più utilizzata, ma la rilevazione viene fatta anche dalla stazione eretta o da quella supina, che è quella consigliata. Ovviamente i valori pressori, nelle tre diverse posizioni, daranno indici leggermente diversi.


La misurazione della pressione avviene nel modo seguente (Figura):

  • arrotolare il manicotto (una vera e propria camera d’aria gonfiabile) intorno al braccio disteso, posto all’altezza del cuore, facendo attenzione a lasciare libera la piega del gomito, zona di passaggio dell’arteria omerale
  • applicare la membrana del fonendoscopio (stetoscopio) sulla piega del gomito e, nel contempo, porre l’indice e il medio sul polso nella zona dove si percepisce il polso radiale (arteria radiale). Ovviamente quest’ultima operazione può essere fatta solo se una seconda persona ci misura la pressione. Se ci si misura la pressione da soli, fare in modo che la membrana del fonendoscopio rimanga bloccata tra il manicotto e la piega del gomito
  • riempire d’aria il manicotto fino a portare la colonnina di mercurio ad un valore superiore a quello dato al momento in cui, gonfiando, scompaiono i toni cardiaci (di almeno 30 millimetri) e il polso radiale
  • sgonfiare lentamente il manicotto. La pressione massima corrisponde alla cifra raggiunta dalla colonnina di mercurio nel momento della ricomparsa dei toni arteriosi
  • proseguire nel lento sgonfiamento del manicotto. La pressione minima è data dalla cifra raggiunta dal momento in cui scompaiono i toni arteriosi.

Il braccio e l’avambraccio vanno mantenuti sempre rilassati.

È buona norma eseguire almeno due/tre rilevazioni di seguito distanziate di circa tre minuti, quindi fare la media dei valori rilevati.

Misurazione della pressione sanguigna

 

 

 

 

 

Valutazione dei valori della pressione del sangue

 

VALUTAZIONE

Massima
(sistolica)

Minima
(diastolica)

Ottimale
Normale
Superiore alla norma

120
120-129
130-139

80
80-84
85-89

Fascia di confine ipertensione
Ipertensione lieve
Ipertensione moderata
Ipertensione severa

140-160
140-180
oltre 180
oltre 180

90-95
90-105
105-115
oltre 115

 

 

Valori normali della pressione del sangue ed età

                                                                                           


ETà

Massima
(sistolica)

Minima
(diastolica)

Sotto i 18 anni
Tra i 18-50 anni
Dopo i 50 anni

120
140
140-145

80
85
90

 

 


ANGINA

 

DEFINIZIONE

Temporanea  costrizione dei vasi coronarici (spasmi), in seguito a sclerosi delle arterie coronarie. Lo spasmo si risolve rapidamente, l’ischemia è di breve durata e non provoca necrosi ai tessuti.

ATTENZIONE !   Se il dolore si prolunga nel tempo, si tratta di un infarto

 

CAUSE

  • Fumo
  • Obesità
  • Ipercolesterolemia
  • Diabete
  • Pregresso infarto
  • Ipertensione
  • Familiarità
  • Stress

 

SEGNI E SINTOMI

  • Dolore precordiale costrittivo
  • Senso di oppressione toracica con difficoltà respiratoria
  • Pallore e ansia

 

COSA FARE

  • Chiamare il 118
  • Posizionare il soggetto seduto ed immobile
  • Se il soggetto ne è in possesso, somministrare un  vasodilatatore coronario: es. una compressa di trinitrina sotto la lingua o un puff di natispray sublinguale
  • Creare intorno al soggetto un ambiente tranquillo

 

COSA NON FARE

  • Somministrare farmaci
  • Somministrare liquidi o cibi solidi
  • Far fare degli sforzi al soggetto

INFARTO DEL MIOCARDIO

 

DEFINIZIONE
In seguito ad uno spasmo prolungato o per un’ostruzione (trombosi) di un ramo delle arterie coronarie, si ha un’ischemia prolungata in una zona del cuore, con conseguente morte delle cellule (necrosi) nell’area colpita.

CAUSE

  • Fumo
  • Obesità
  • Ipercolesterolemia
  • Diabete
  • Angina pectoris
  • Ipertensione
  • Familiarità
  • Stress

SEGNI E SINTOMI

  • Dolore al petto costrittivo e prolungato
  • Il dolore può essere confuso con disturbi digestivi: ”peso allo stomaco”
  • Pallore, dispnea, sudorazione fredda
  • Ansia

COSA FARE

  • Chiamare il 118
  • Tenere a riposo assoluto il soggetto
  • Far scegliere al paziente la posizione meno dolorosa, meglio semi-seduto, per facilitare la respirazione
  • Creare intorno al soggetto un ambiente tranquillo
  • In caso di perdita di coscienza: BLS

COSA NON FARE

  • Somministrare farmaci
  • Somministrare  liquidi o cibi solidi
  • Far fare degli sforzi al soggetto
  • Utilizzare la posizione antishock poiché il ritorno del sangue arterioso al cuore aumenterebbe solamente il lavoro cardiaco, senza alcun apporto di sangue ossigenato

REAZIONI ALLERGICHE

 

DEFINIZIONE

Una reazione allergica è la conseguenza dell’introduzione nell’organismo di una sostanza estranea.

CAUSE

  • Alimentari
  • Animali (gatto, insetti, acari, ...)
  • Farmaci
  • Vegetali (polline, graminacee)
  • Sostanze ambientali (metalli vari, polveri, solventi, …)

SEGNI E SINTOMI
q        Eritemi                                               q        Sudorazione profusa
q        Prurito                                                q        Dispnea
q        Edemi                                                q        Agitazione psicomotoria

COSA FARE

  • Se il soggetto è cosciente cercare di individuare la causa (chiedergli cosa ha mangiato, quali sostanze ha inalato, con cosa è venuto a contatto ecc.)
  • Chiamare il 118
  • Allontanare tutte le persone dalla zona “inquinata”
  • Aerare il locale
  • Far togliere al soggetto gli indumenti contaminati
  • Se possibile conservare un campione della sostanza allergenica e relativa scheda informativa fornita dalla casa produttrice
  • Lavare la zona contaminata con acqua corrente
  • In caso di dispnea e shock trattare il paziente come indicato nelle specifiche sezioni

 

COSA NON FARE

  • Somministrare farmaci
  • Applicare sulla parte interessata unguenti o pomate
  • Indurre il vomito

SHOCK

 

DEFINIZIONE

Insieme di gravi sintomi che compaiono quando l’organismo riceve un grave insulto; in tempi più o meno brevi si ha una caduta della pressione arteriosa con conseguente diminuzione del flusso di sangue ai tessuti, che entrano in stato di sofferenza.
L’organo che più risente dell’insufficienza respiratoria è il cervello, che può andare incontro a danni irreparabili.

 

SHOCK IPOVOLEMICO

In seguito a diminuzione della massa circolante dovuta a: emorragie, ustioni, disidratazione grave per diarrea, vomito, …

 

SHOCK DISTRIBUTIVO
Il volume dei liquidi è invariato, si dilatano i vasi. Es.: shock neurogeno, in seguito a trauma, scossa del sistema nervoso che provoca un rilassamento delle pareti vasali e di conseguenza ne aumenta il calibro, shock settico, shock anafilattico. L’organismo reagisce all’introduzione di una sostanza estranea (farmaci, sieri, punture d’insetti, …), crea una dilatazione dei vasi

 

SHOCK OSTRUTTIVO
Tamponamento cardiaco, dissecazione aortica, embolia, pneumotorace iperteso

 

SHOCK CARDIOGENO
Può essere causato da una concomitante ischemia, da una grave aritmia, da una contusione miocardia o complicare uno stato di shock già preesistente (ad esempio uno shock emorragico)

N.B. - Possono portare allo shock:

  • gravi emorragie, ustioni
  • ferite, fratture importanti
  • contusioni estese, perforazioni organi interni
  • intossicazioni
  • IMA

RICORDA !
In caso di politrauma vi è sempre rischio di shock

SEGNI E SINTOMI

  • Pallore intenso
  • Cianosi periferica
  • Cute fredda ed umida
  • Sudorazione fredda con brividi
  • Polso debole e frequente
  • Respiro superficiale ed affannoso
  • Alterazione dello stato di coscienza

N.B.  -  L’infortunato cosciente può essere sovraeccitato, oppure apatico, torpido; questi sintomi non sempre si instaurano immediatamente: possono comparire a distanza !
Il soccorritore non dimentichi che lo shock è uno stato gravo e progressivamente può evolversi fino a diventare irreversibile

 

COSA FARE

  • Chiamare il 118
  • Rimuovere (quando possibile) ogni causa (es.: bloccare un’emorragia)
  • Slacciare ciò che stringe
  • Mettere la vittima in posizione antishock
  • Somministrare ossigeno

 

COSA NON FARE

  • Coprire eccessivamente il soggetto
  • Somministrare al soggetto alcolici, caffè, acqua e zucchero, …
  • Applicare fonti di calore (borse d’acqua calda)

 

 

 

 

 

 

 


INTOSSICAZIONI

 

DEFINIZIONE

L’intossicazione è un danno arrecato all’organismo da una qualsiasi sostanza chimica (detta appunto sostanza tossica).

 

CAUSE

  • Sostanze tossiche ingerite (sostanze chimiche di uso domestico, composti industriali, medicinali, cibi impropriamente preparati, vegetali, prodotti petroliferi, prodotti agricoli)
  • Sostanze tossiche inalate sotto forma di gas, vapori, spray (monossido di carbonio, ammoniaca, cloro, insetticidi, gas prodotti dalle sostanze chimiche, liquidi volatili)
  • Sostanze tossiche assorbite (sostanze corrosive o irritanti la cute come insetticidi, sostanze chimiche agricole)
  • Sostanze tossiche iniettate (inoculazione di veleni da parte di insetti, ragni, serpenti, pesci ecc.; inoculazione tramite ago di farmaco tossico o sostanza chimica caustica; penetrazione di sostanze caustiche, acide, solventi in ferite aperte)

 

SEGNI E SINTOMI

I sintomi possono essere singoli o associati

 

SOSTANZE TOSSICHE INGERITE

  • Ustioni o macchie intorno alla bocca
  • Odori insoliti dell’alito, del corpo, sugli abiti, sul luogo dell’incidente
  • Frequenza cardiaca e respirazione anormale
  • Dolori alla bocca, alla gola o deglutizione dolorosa
  • Dolori addominali, nausea, vomito, diarrea
  • Convulsioni
  • Stato di shock

 

SOSTANZE TOSSICHE INALATE

  • Vertigini
  • Tosse, respiro superficiale
  • Alterazione della frequenza cardiaca
  • Irritazione della congiuntiva, delle mucose, della cute
  • Cefalea, nausea, vomito
  • Perdita di coscienza o disturbi comportamentali

IN CASO DI MONOSSIDO DI CARBONIO

  • Emicrania
  • Vertigini
  • Dispnea
  • Nausea
  • Cianosi
  • Perdita di coscienza (casi gravi)

 

SOSTANZE TOSSICHE ASSORBITE

  • Reazioni
  • Prurito
  • Irritazione congiuntivale
  • Cefalea
  • Aumento temperatura cutanea
  • Frequenza cardiaca e respiratoria alterate

 

SOSTANZE TOSSICHE INIETTATE

  • Stato di coscienza alterato
  • Segni evidenti di punture o morsi sulla pelle
  • Segni di perforazione
  • Cute arrossata a chiazze
  • Dolore, prurito, intorpidimento localizzato
  • Gonfiore o presenza di vescicole nel punto dell’iniezione
  • Astenia e lipotimia
  • Frequenza cardiaca o respiratoria alterate
  • Cefalea, vertigini, nausea, vomito
  • Dolori muscolari e/o articolari
  • Salivazione e sudorazione abbondante
  • Shock anafilattico

 

IN CASO DI MORSO DI SERPENTE

  • Presenza di morso sulla cute
  • Dolore e gonfiore nell’area del morso
  • Agitazione, sete, dolori muscolari ed articolari, vomito, diarrea, shock (sintomi non immediati)

 


COSA FARE

  • In base alla gravità chiamare il 118
  • Verificare di essere in zona di sicurezza ed evitare di sottoporsi all’azione di agenti tossici (è il caso, per esempio, di sostanze tossiche inalate); ricercare fonti d’intossicazione (recipienti, contenitori rotti, odori particolari, segni di fuoco, di fumo, insetti, animali); valutare il numero di soggetti potenzialmente coinvolti
  • Allontanare il soggetto dalla fonte di veleno; evitare di toccare, senza protezione, abiti o monili contaminati
  • Valutare ABC (controllare eventuale presenza di ustioni nel cavo orale o se l’alito odora di prodotti a base di petrolio)
  • Eventuale BLS associato (in caso di sostanza tossica ingerita verificare eventuale persistenza della sostanza tossica sulle labbra o nelle vie respiratorie del soggetto)
  • Rimuovere abiti o monili contaminati; in caso di sostanze tossiche assorbite sciacquare con acqua le zone del corpo che sono state esposte alla sostanza tossica
  • In caso di sostanze ingerite conservare l’eventuale vomito
  • In caso di morso o di puntura di animali velenosi:
  • tenere immobilizzata la parte colpita
  • tenere a riposo il soggetto

 

COSA NON FARE

    • In caso di puntura di ape o vespa non estrarre il pungiglione o il sacco di veleno (potrebbe essere iniettata un’altra dose di veleno)
    • Non incidere il morso di un serpente, ne succhiare o spremere il veleno
    • Non applicare ghiaccio sull’area colpita (necrosi cutanea)
    • Non indurre il vomito in caso d’ingestione come acidi forti, alcali, prodotti del petrolio  (detergenti per pulizia forno, detergenti per lavaggio a secco, detergenti per wc, lisciva, ammoniaca, candeggina, cherosene, benzina), poiché si aggraverebbe il danno all’esofago e ai tessuti con il rischio di aspirazione dei polmoni

 

 

 

 

 

DINAMICA DEL TRAUMA

 

Le linee guida adottate in questo testo sono assoggettabili a quelle del PHTLS, che senza ombra di dubbio sono attualmente tra le più attendibili nella valutazione del trauma extraospedaliero.

 

OBIETTIVI

       Definire il ruolo della velocità nella dinamica del trauma
       Descrivere i tipi di impatto ed i loro effetti sulle vittime
       Non sottovalutare gli infortunati, determinando le possibili lesioni in relazione al danno del veicolo

Spesso gli infortuni sono sottovalutati perché non si conosce l’importanza dell’energia cinetica. Occorre quindi valutare le seguenti condizioni e, in presenza di una di esse, sopravvalutare le possibili lesioni dell’infortunato:

INCIDENTE CON AUTOMEZZO

  • Velocità sostenuta del veicolo
  • Assenza di frenata
  • Gravi danni ai veicoli
  • Assenza dei mezzi di protezione individuale del lavoratore
  • Vittima espulsa dall’abitacolo del proprio mezzo
  • Decessi tra i componenti dell’equipaggio dei mezzi interessati

CADUTE DALL’ALTO

  • Il corpo è caduto da un’altezza di almeno 3 metri?
  • Il tipo di superficie di impatto può peggiorare l’entità dei danni?
  • E’ importante inoltre capire quale parte del corpo ha urtato per prima la superficie d’impatto; è evidente, per esempio, che chi urta per prima cosa la testa va considerato più grave di chi urta inizialmente altre parti del corpo

ATTENZIONE! La velocità aumenta nella caduta.
Le vittime pesanti generalmente hanno lesioni più importanti

CENNI DI ANATOMIA

 

 

LO SCHELETRO

Il sistema scheletrico è costituito dalle ossa e dalle articolazioni; in un soggetto adulto, si contano in media 208 ossa.

Le ossa

Costituiscono lo scheletro l'insieme delle strutture ossee del corpo aventi funzione di sostegno e di protezione dei tessuti molli.
Le ossa, grazie alla connessione con il sistema muscolare, funzionano da leve consentendo il movimento.

ESTERNAMENTE LE OSSA SI DISTINGUONO IN (Figura):
- ossa lunghe: se la lunghezza prevale sulle altre dimensioni
- ossa piatte o larghe: se la larghezza e la lunghezza prevalgono sullo spessore
- ossa brevi: se le tre dimensioni sono pressoché uguali.
Delle ossa lunghe viene convenzionalmente definita diafisi o corpo la parte principale ed epifisi le due parti estreme (Figura).
La definizione di creste, linee, spine, tuberosità, bozze viene utilizzata per definire le varie sporgenze che un osso presenta. Il termine apofisi, spesso utilizzato per sostituire tutti quelli precedenti, dovrebbe essere riferito a sporgenze particolarmente voluminose e marcate.
Le cavità presenti nelle ossa possono essere articolari e non, a seconda se fanno parte o meno di un'articolazione. Le cavità non articolari possono offrire inserzione ai tendini oppure accogliere organi o rendere l'osso più leggero senza diminuirne la resistenza.

La CONFORMAZIONE INTERNA DELLE OSSA presenta tre tipi di tessuto osseo (Figura):

-  tessuto osseo compatto: risultante dalla
sovrapposizione di numerose lamelle ossee
-  tessuto osseo spugnoso: costituito da tante
piccole cavità, delimitate dall'intreccio di lamelle
ossee
-  tessuto osseo reticolare: simile al precedente ma
con cavità maggiori.

L'osso è una struttura dinamica in continua trasformazione, infatti è provvisto di vasi arteriosi e venosi, vasi linfatici e nervi.


In relazione alla loro DISPOSIZIONE SCHELETRICA le ossa costituiscono (Figura pag. successiva):

  • TESTA: situata superiormente al collo e articolata mediante l’osso occipitale alla prima vertebra cervicale (atlante) si suddivide in:

-     neurocranio - parte superiore e posteriore costituita da otto ossa, quattro impari (frontale, etmoide, sfenoide, occipitale) e due pari (temporali e parietali)
-     splancnocrani - parte anteriore costituita da quattordici ossa, due impari (mandibola e vomere) e sei pari (mascellari superiori, zigomatiche, lacrimali, cornetti inferiori, nasali, palatine)

  • TRONCO formato da:

-     colonna vertebrale: insieme delle vertebre incolonnate lungo la linea mediana posteriore tra il capo ed il bacino. La colonna vertebrale si suddivide in segmenti relativi alla regione del corpo che attraversano e cioè:

    • tratto cervicale (collo), composto da 7 vertebre (le prime due sono l'atlante e l'epistrofeo)
    • tratto dorsale (dorso, composto da 12 vertebre
    • tratto lombare (lombi), composto da 5 vertebre
    • tratto sacrale (sacro), composto da 5 vertebre
    • tratto coccigeo (coccige), composto da 4-5 vertebre. Sia le vertebre sacrali sia le vertebre coccigee sono saldate tra di loro

-     ossa del cinto toracico: collegamento tra l’arto superiore ed il tronco. È formato da:

  • clavicola - osso pari e appiattito articolato tra la parte alta dello sterno e l’acromion della scapola
  • scapola - osso piatto e triangolare situato nella regione superiore laterale del dorso. Nel suo angolo esterno si articola con l’omero e con la clavicola, rispettivamente con la cavità glenoidea e l’acromion

-     gabbia toracica: insieme delle ossa che costituiscono lo scheletro della regione toracica e dorsale. È costituita dalle vertebre dorsali, dalle costole e dallo sterno (osso impari simmetrico costituente la parte anteriore della gabbia toracica. Su di esso si di articolano le clavicole e le costole)
-     bacino: complesso osseo, formato dalle due ossa iliache e dall’osso sacro, su cui si articolano gli arti inferiori e la colonna vertebrale. La parte inferiore dell’osso iliaco viene denominata pube

  • ARTI SUPERIORI, comprendenti:

-     omero - osso lungo costituente la parte scheletrica del braccio. Si articola tra la cavità glenoidea della scapola e l’una e radio dell’avambraccio
-     radio - osso lungo che, insieme all’ulna, costituisce la parte scheletrica dell’avambraccio. Si articola tra l’omero, l’ulna ed il carpo
-     ulna - osso lungo che, insieme al radio, costituisce lo scheletro dell’avambraccio. Si articola sul radio e tra l’omero ed il carpo
-     carpo - regione della mano compresa tra l’articolazione del polso ed il metacarpo. Si compone di otto ossa: scafoide, semilunare, piramidale, piriforme, trapezio, trapezoide, grande osso e uncinato

  • metacarpo - regione della mano che congiunge il carpo alle falangi. Dal punto di vista scheletrico è composta da cinque ossa
  • falangi - segmenti ossei che compongono le dita della mano. Sono tre per ogni dito, rispettivamente falange, falangina e falangetta. Fa eccezione il pollice che ne ha due
  • ARTI INFERIORI, comprendenti:

-     femore - osso lungo della coscia che si articola tra osso iliaco, tibia e rotula
-     rotula - osso piatto della regione anteriore del ginocchio
-     tibia - osso lungo che, insieme al perone, costituisce la parte scheletrica della gamba. Si articola tra femore e rotula (ginocchio) e perone e astragalo (caviglia)
-     perone - osso lungo che insieme alla tibia costituisce la parte scheletrica della gamba. Situato esternamente alla tibia, si articola tra la parte superiore di questa e l’astragalo del piede
-     tarso - regione del piede compresa tra l’articolazione della caviglia e il metatarso. Si compone di sette ossa: astragalo (situato nella regione del calcagno, articolato superiormente con la tibia), calcagno (situato nell’estremità postero-inferiore del piede. Si articola con l’astragalo ed il cuboide. Forma la protuberanza del tallone), scafoide, cuboide e le tre ossa cuneiformi
-     metatarso - regione del piede che congiunge il tarso alle falangi. Dal punto di vista scheletrico è composto da cinque ossa
-     falangi - segmenti ossei che compongono le dita del piede. Sono tre per ogni dito, rispettivamente falange, falangina e falangetta. Fa eccezione l’alluce che ne ha due

 

Le articolazioni

Le articolazioni costituiscono il sistema di connessione tra due o più segmenti ossei.
Nell'esame di una articolazione vanno presi in considerazione le superfici articolari e i mezzi di connessione.
                       

I MEZZI DI CONNESSIONE tra le articolazioni sono (Figura):

  • la capsula articolare, manicotto di tessuto connettivo denso, che si inserisce tra i segmenti ossei in connessione rivestendo completamente l'articolazione

 

  • i legamenti, cordoni fibrosi che uniscono un capo osseo con l'altro. Sono molto resistenti e possono situarsi all'interno o all'esterno della capsula articolare
  • i tendini dei muscoli che si inseriscono in stretta vicinanza della rima articolare di un osso, insieme alla capsula articolare ed ai legamenti, permettendo all'articolazione una maggiore stabilità

 

  • le cartilagini articolari, generalmente cartilagine ialina o fibrosa, rivestono le superfici articolari. In alcune articolazioni si frappone anche un disco cartilagineo (es.: articolazione del ginocchio). La cartilagine articolare è soffice, compressibile, estensibile e deformabile. Inoltre tende a riacquistare sempre il suo spessore di riposo
  • la membrana sinoviale secerne un liquido vischioso che ha lo scopo di facilitare lo scorrimento tra le due superfici a contatto

 

 

 

 

 


 

 

 

Le ARTICOLAZIONI DEL CORPO UMANO sono (Figura):

  • articolazioni del busto:

-  articolazioni del capo (occipito-atlantoidea ed atlanto-epistrofea)
-  articolazioni della colonna vertebrale (intervertebrali)
- articolazioni vertebro-costali
- articolazioni costo-sternali

  • articolazioni degli arti superiori:

- complesso articolare della spalla (sterno-clavicolare, acromio-clavicolare e scapolo-omerale)
- articolazione del gomito (omero-radio-ulnare superiore)
- articolazione del polso (radio-carpica e radio-ulnare inferiore)
- articolazioni della mano

  • articolazioni degli arti inferiori:

- articolazione dell'anca (coxo-femorale)
- articolazione del ginocchio (femoro-rotuleo-tibiale)
- articolazione della caviglia (tibio-tarsica e peroneo-tibiale inferiore)
- articolazioni del piede

I muscoli

I muscoli scheletrici sono gli organi che, tenendo insieme e muovendo i segmenti del corpo, permettono il movimento. Il fatto che il corpo è costituito da circa il 50% di muscoli, ci fa capire l'importanza dell'apparato muscolare e del movimento.
La contrazione, quindi l'avvicinamento dei capi di inserzione, muove i segmenti del corpo in varie direzioni tra di loro e rispetto all'ambiente circostante.
La forza espressa dai muscoli consente anche di spostare e sollevare carichi esterni.

EMERGENZE TRAUMATOLOGICHE

IL POLITRAUMA
NELL’EMERGENZA TERRITORIALE

  

Politraumatizzato: paziente con più lesioni di cui una o più sufficientemente gravi da comportare una minaccia evidente o latente alla sopravvivenza.

E’ necessario nel paziente politraumatizzato agire rapidamente ed efficacemente in condizioni logistiche spesso difficili. Questo obbliga, quindi, ad utilizzare fin dall’inizio schemi mentali diagnostici e terapeutici "a cascata". E’ bene dunque puntualizzare alcune metodologie di approccio al paziente politraumatizzato nelle prime fasi di intervento sanitario (fase preospedaliera) per favorire la scomparsa dei tempi morti e le giuste scelte terapeutiche derivanti sempre da una diagnostica estremamente corretta.

E’ diventata consuetudine tra gli esperti di trauma parlare di "GOLDEN HOUR" per le vittime di importanti traumatismi. Tale definizione deriva dall’osservazione che i pazienti gravemente feriti, se riescono a raggiungere la sala operatoria in un arco di tempo inferiore o uguale ad un’ora, hanno una migliore prognosi, hanno cioè una più alta probabilità di sopravvivenza; per questo nella " GOLDEN HOUR" ogni minuto è prezioso. I tempi di risposta alla chiamata devono quindi essere rapidi, l’equipaggiamento deve essere preparato prima dell’arrivo sulla scena e ogni azione che si va a compiere sul luogo dell’incidente deve avere uno scopo salva-vita.

La gestione extra-ospedaliera del politrauma si articola in 5 fasi :

   controllo della scena
   osservazione clinica primaria
   osservazione secondaria
   trasporto
   consegna del paziente al reparto di accoglienza (118)

 

CONTROLLO DELLA SCENA

a)     Protezione
Sul luogo dell’incidente bisogna innanzitutto proteggere se stessi e la propria équipe nonché l’infortunato e gli astanti osservando:

  • se ci sono feriti al margine della strada
  • se c’è presenza di fumo
  • eventuali tralicci o pali dell’alta tensione caduti
  • cavi elettrici interrotti
  • odori caratteristici

b)     Mezzi coinvolti

c)      Dinamica dell’incidente

  • impatto violento
  • caduta ³ 5 metri
  • grave deformazione del veicolo
  • eiezione del paziente dall’abitacolo
  • morte di un passeggero nel veicolo
  • ribaltamento
  • pedone o motociclista contro veicolo
  • intrappolamento

E’ necessario comunicare lo scenario alla Centrale Operativa 118 per l’eventuale invio di mezzi di soccorso.

 

OSSERVAZIONE CLINICA PRIMARIA

Nella valutazione primaria bisogna identificare i pazienti in pericolo di vita, se non gestiti immediatamente, e verificare quindi i cosiddetti interventi critici da effettuare direttamente sulla scena. Per facilitare la memorizzazione dei passi da compiere sono state prese le prime 5 lettere dell’alfabeto:

A     Airway
B     Breathing
C     Circulation
D     Disability (breve esame neurologico)
E      Exposure

A      AIRWAY (VIE AEREE)
Ricercare ed eliminare subito tutte quelle condizioni che ostruiscono le vie aeree (sangue, vomito o secrezioni) ripristinandone la pervietà nella maniera adeguata.
Ispezionare manualmente le cavità aeree superiori alla ricerca di possibili corpi estranei quali denti fratturati o avulsi, chewingum o protesi delle arcate dentali.
Se il paziente è incosciente occorre utilizzare una cannula oro-faringea per mantenere le vie aeree pervie.
Ogni paziente con una ferita al di sopra della clavicola ed ogni paziente incosciente in seguito ad un trauma deve essere trattato come se avesse subìto un trauma al rachide cervicale fino a prova contraria.
Al paziente incosciente va sempre posizionato il collare cervicale e comunque nelle manovre di valutazione delle vie aeree il collo va mantenuto in posizione neutra (sublussazione della mandibola).

 


B      BREATHING (RESPIRO)
In questa fase si valutano: presenza, frequenza e profondità del respiro; si osserva il collo per evidenziare eventuali deviazioni dell’asse tracheale ed infine si osserva il torace per evidenziare ferite, deformità, segmenti mobili ed instabilità della gabbia toracica (volet costale); infine si ausculta il MV bilateralmente, evidenziando inoltre la presenza di un PNX aperto e di un PNX iperteso.
Una volta terminata l’ispezione del torace si procede alla somministrazione di ossigeno.

OSSIGENOTERAPIA
Ossigeno al 40-50% con presidi tipo VENTIMASK. E’ difficile stabilire in fase pre-ospedaliera la necessità di ossigenoterapia. Comunque, per un breve periodo di tempo, la somministrazione di O2 a flussi elevati non ha controindicazioni e deve avvenire per tutti i pazienti.

PRIORITA’ DI 1° LIVELLO (PRIORITA’ AB )
Esame clinico dell’ossigenazione e della ventilazione e manovre di stabilizzazione respiratoria.
Se sono presenti segni di ostruzione della via aerea o segni di inadeguata ventilazione occorre eseguire le manovre di controllo della via aerea e della ventilazione. Le manovre di primo livello devono essere patrimonio di chiunque presti soccorso ad un traumatizzato. L’intubazione tracheale è sicuramente la metodica di controllo più adeguata e definitiva, ma anche l’esecuzione corretta delle sole manovre di base può garantire una ventilazione sufficiente per lunghi periodi di tempo.

C      CIRCULATION (CIRCOLO)
In questa fase si valutano i polsi periferici e centrali, si effettua il controllo delle emorragie esterne e si evidenzia un eventuale stato di shock. La valutazione del polso può fornirci il valore approssimativo della pressione sistolica :

  • polso carotideo 60 mmHg
  • polso femorale 70 mmHg
  • polso radiale 80 mmHg

Prima di controllare la pressione arteriosa è importante valutare il pallore e le caratteristiche del polso.
L’immobilizzazione e la trazione di una frattura di femore è il miglior mezzo per ridurre una emorragia.

PRIORITÀ DI 1° LIVELLO ( PRIORITA’ C)
Patogenesi ed evoluzione dello shock nel politraumatizzato.
Lo shock è una condizione di ipoperfusione critica dei vari organi; nel trauma è nella maggioranza dei casi conseguente ad una ipovolemia. Più lo shock è prolungato e più è a rischio la sopravvivenza immediata.

  

PROTOCOLLO DI TRATTAMENTO DELLO SHOCK NEL POLITRAUMA

Riconoscimento
Lo shock va riconosciuto sulla base dell’aumento della frequenza cardiaca, della diminuzione della pressione sistolica, della diminuzione della pressione differenziale, dell’aumento della frequenza respiratoria e delle alterazioni dello stato mentale.
Sequenza delle azioni

  • Controllo delle emorragie esterne mediante compressione esterna
  • Prevenzione dell’ipotermia. Per riscaldare il paziente vengono usate le coperte termiche (metalline)

 

D      DISABILITY (BREVE ESAME NEUROLOGICO)

Con questo esame si valuta il diametro delle pupille, il riflesso fotomotore ed il livello di coscienza del paziente attraverso la scala AVPU che analizza lo stato di allerta del paziente (ricorda il suo nome, è vigile, orientato), la sua risposta agli stimoli vocali e dolorosi e la mancanza di risposta a qualsiasi tipo di stimolo:
A      Alert
V      Responds to vocal stimuli
P       Responds only to painful stimuli
U      Unresponsive to any stimuli
Una riduzione del livello di coscienza può essere segno di ipossiemia e richiede un’immediata ossigenazione del paziente.

 
 

E      EXPOSURE

Per completare la valutazione del malato si procede al taglio completo dei vestiti.
NEI PAZIENTI CRITICI VANNO ESEGUITE LE MANOVRE DI RIANIMAZIONE STRETTAMENTE NECESSARIE ! ! ! 

OSSERVAZIONE SECONDARIA E TRASPORTO

Nel paziente critico l’osservazione clinica secondaria va svolta durante il trasporto verso l’ospedale; negli altri pazienti va effettuata sul luogo dell’incidente. In questa fase si analizzeranno tutte le regioni del corpo e si evidenzieranno le eventuali complicanze.

  • Capo: fratture infossate, scalpi, lacerazioni, perdita di liquido cerebro-spinale dal naso o dall’orecchio, trauma maxillo-facciale (palpare le ossa del volto, la stabilità della mandibola)
  • Occhi: ferite penetranti, acuità visiva, valutazione delle pupille
  • Bocca: corpi estranei, perdita o avulsione di denti, vomito, sangue, secrezioni, malocclusione della mandibola
  • Collo: ferite, enfisema sottocutaneo, deviazione della trachea, distensione delle giugulari
  • Torace: ferite aperte, stabilità della clavicola e della parete, eguaglianza dei suoni dei due emitoraci.
  • Addome: segni di contusione, segni da cintura di sicurezza, eviscerazioni, ferite, distensione, rigidità

ATTENZIONE!
In caso di eviscerazione coprire con telini o garze sterili,
non riposizionare niente nell’addome

  • Pelvi: stabilità. In caso di fratture pelviche provvedere all’immobilizzazione (barella a cucchiaio, asse spinale)    
  • Colonna: ferite aperte
  • Estremità: rigonfiamenti, ecchimosi, temperatura polsi, deformità

 

Il paziente politraumatizzato va trattato come se avesse fratture e quindi, in ogni caso, va immobilizzato e, se il paziente è intrappolato all’interno di un veicolo, va estratto dalla macchina con l’estricatore-KED a meno che non si ravvedano dei pericoli immediati per il paziente (situazione ambientale pericolosa, macchina in fiamme ecc., imminente pericolo di vita,  arresto respiratorio o cardio-respiratorio, paziente incosciente): in questi casi va effettuata la estricazione veloce.

E’ di vitale importanza acquisire informazioni circa la modalità e la dinamica del traumatismo: esse daranno indicazioni fondamentali sulle lesioni da ricercare. Qualunque dato anamnestico contribuisce al corretto trattamento del paziente. E’  bene conoscere se il paziente ha in anamnesi storie di allergie a farmaci, se è in trattamento, ad esempio, con terapie che possono modificare la sua risposta al trauma (anticoagulanti - bbloccanti), così come è importante conoscere le malattie contratte in passato o gli interventi chirurgici subiti in precedenza.

Si ricorda che, per facilitare la raccolta dei dati, viene utilizzato l’acronimo AMPLE:
A      allergie
M     medicamenti (quali farmaci assume il paziente)
P      past medical history (anamnesi patologica remota – eventuale gravidanza)
L      last meal (ultima assunzione di cibo)
E      events (dinamica dell’incidente)

ATTENZIONE!
La valutazione del malato va ripetuta continuamente

CONSEGNA DEL PAZIENTE AL REPARTO DI ACCOGLIENZA

  • Passaggio di consegne al collega che assisterà il paziente durante il trasferimento

 

  • Trasferimento del paziente per il trattamento definitivo

 


LUSSAZIONE E FRATTURA DEGLI ARTI

 

LESIONI OSSEE E ARTICOLARI

Le strutture del sistema scheletro-muscolare sono soggette a:

  • frattura

chiusa  (frattura semplice, senza che l’osso fratturato provochi lacerazioni cutanee)
esposta (quando l’estremità dell’osso fratturato o i frammenti ossei trapassano la cute)
scomposta (lesione di un osso che comporta uno spostamento dei monconi ossei)

 

  • lussazione

 

 

quando l’estremità di un osso che fa parte di un’articolazione viene a trovarsi fuori dalla sua sede naturale; ci possono essere danni ai vasi sanguigni, ai nervi, alla capsula articolare…

  • distorsione

 

lesione dell’articolazione nella quale i legamenti vengono strappati in modo parziale e non vi è interessamento osseo

 

 

SEGNI E SINTOMI

  • Storia di trauma
  • Dolore ed impossibilità di movimento del segmento scheletrico interessato
  • Deformazione dell’arto interessato rispetto alla parte corrispondente sul lato opposto (tipico delle lussazioni)
  • Dolenza alla palpazione
  • Perdita di sensibilità (possibile lesione ai nervi)
  • Esposizione del moncone osseo

 

LA DIAGNOSI CERTA DI FRATTURA O LUSSAZIONE SI PUO’ DETERMINARE SOLO CON GLI ESAMI RADIOLOGICI

COSA FARE

  • Chiamare il 118
  • Assistenza globale al soggetto: ABC
  • Priorità dei traumi:

1 - traumi colonna vertebrale
2 - traumi cranici-toraco-addominali
3 - traumi agli arti (togliere anelli, bracciali … dall’arto infortunato)

  • Rimuovere o tagliare il vestiario intorno alla lesione
  • Immobilizzare  la parte secondo gli schemi dei casi specifici
  • Arrestare eventuali emorragie esterne
  • Medicazione in caso di ferite esposte
  • Posizionare borsa del ghiaccio

COSA NON FARE

  • Cercare di ridurre la frattura/lussazione
  • Muovere il soggetto prima di aver immobilizzato la parte lesionata
  • Tentare di allineare l’arto quando vi è una certa resistenza
  • Muovere un soggetto quando vi sia il sospetto di lesione alla colonna

 

COSA OCCORRE

 

  • L’occorrente per medicazioni
  • Bende
  • Stecche (vanno bene materiali di fortuna: assi di legno, cartone rigido, manici di scopa, foulard…)
  • Ghiaccio

TRATTAMENTO LUSSAZIONI E FRATTURE AGLI ARTI

Dopo aver valutatole priorità, in caso di trauma, trattare sempre come se ci fosse una lesione.
Le ossa sono strutture di sostegno; quando si rompono la funzione di supporto viene a mancare e quindi si devono prevenire ulteriori danni.

 

LA STECCA

  • Qualsiasi mezzo utilizzato per immobilizzare una frattura o una lussazione
  • Deve tener fermo sia l’osso lesionato sia l’articolazione superiore ed inferiore della componente ossea interessata
  • Assicurarsi che la stecca rigida sia provvista di imbottitura
  • Fissare la stecca all’arto avvolgendo una benda (iniziare sempre dal lato distale)
  • Non comprimere eccessivamente e successivamente controllare la presenza di polso distale
  • Se possibile sollevare l’arto immobilizzato
  • Posizionare borsa del ghiaccio

IMMOBILIZZAZIONE DELLE FRATTURE


Nel caso di fratture, prima del trasporto bisogna procedere all'immobilizzazione della parte. La cosa migliore è attendere l'intervento dei soccorsi qualificati dotati di apposite attrezzature medicali, come le steccobende, i collari rigidi, le barelle a cucchiaio, il materassino a depressione e via dicendo.
Se questo non è possibile bisogna improvvisare delle immobilizzazioni con mezzi di fortuna.
Bisogna sempre ricordare che in caso di frattura, la parte deve essere tenuta in trazione. In questo modo si evita che i monconi possano danneggiare i tessuti. Inoltre l'infortunato ne trae solitamente un sollievo e una diminuzione del dolore.

Fratture degli arti
Nel caso di una sospetta frattura di un arto si può cercare di steccarlo, con delle stecche di legno o comunque dei sostegni rigidi, avvolti in stracci, giornali, indumenti, e successivamente, bendati e fasciati. Nel caso di frattura di una gamba, in mancanza di meglio, si può usare l'arto sano come sostegno.
ATTENZIONE: spesso, se la frattura coinvolge un'articolazione, l'arto può essere deformato o piegato. In tal caso per immobilizzarlo è necessario raddrizzarlo. Questa operazione è sconsigliabile per chi non è un esperto soccorritore. Tuttavia, se è indispensabile, bisogna ricordare che lo spostamento deve avvenire sempre in trazione, allontanando tra loro i monconi.

Fratture alla colonna vertebrale
L'immobilità dell'infortunato è fondamentale. Se viene leso il midollo spinale, si va incontro a un danno irreversibile, che può portare alla paralisi o alla morte.
Il trasporto richiede alcune attrezzature apposite e un soccorso qualificato. In casi di estrema urgenza (incendio, fughe di gas), l'infortunato può essere trasportato da almeno 3 soccorritori, meglio se in 5. Prima del trasporto si deve mettere in trazione il paziente. La mano sotto la testa deve tirare verso l'esterno mentre bisogna che anche i piedi siano tirati in direzione opposta. Le mani dei soccorritori devono poi scivolare sotto le gambe, i glutei e la schiena, molto aperte e tese, a formare un piano rigido. I soccorritori devono essere coordinati e sollevare il paziente contemporaneamente, mantenendone il corpo sempre perfettamente in asse e allineato. Successivamente l'infortunato va posto su un piano rigido e legato e immobilizzato, prima del trasporto.

 


TRAUMA CRANICO

 

DEFINIZIONE
Le lesioni craniche includono le fratture del cranio e della faccia, con possibile lesione diretta o indiretta del cervello.

 

SEGNI E SINTOMI

  • Mal di testa, fino a malessere generale
  • Perdita di coscienza per breve tempo
  • Perdita di memoria (amnesia) riguardo ad eventi immediatamente precedenti e successivi al trauma
  • Deformazione del cranio, con possibili ferite
  • Diminuzione della frequenza cardiaca
  • Diametro pupillare diseguale (anisocoria)
  • Confusione e agitazione psico-motoria
  • Emorragia dalle orecchie e/o dal naso
  • Presenza di liquido limpido dalle orecchie e/o dal naso (liquido cerebrospinale: sostanza che circonda il cervello e il midollo spinale)
  • Alterazione di respiro fino all’apnea
  • Visione disturbata
  • Disequilibrio
  • Vomito senza nausea
  • Paralisi

 

COSA FARE

  • Allertare il 118
  • Annotare cause, tempo di incoscienza…
  • Assicurare ABC
  • Mettere il soggetto a riposo
  • Arrestare eventuali emorragie
  • Controllare i parametri vitali

 

COSA NON FARE

  • Somministrare farmaci, liquidi, sostanze zuccherate…
  • Palpare il sito colpito
  • Confondere il soggetto con trauma cranico come in stato di ebbrezza o accusarlo di aver fatto uso di sostanze stupefacenti
  • Spostare il soggetto
  • Mettere il soggetto in posizione semiseduta o eretta

LE FRATTURE FACCIALI, dovute a violento impatto, possono passare inosservate o produrre lesioni deformanti al volto

SEGNI E SINTOMI

  • Sangue nelle vie respiratorie
  • Deformazioni facciali: occhi neri o variazione del colore sotto gli occhi, mascella gonfia…
  • Allineamento scorretto dei denti
  • Denti ciondolanti o caduti

 

COSA FARE

  • Allertare 118
  • Immobilizzare la colonna cervicale
  • Assicurare ABC
  • Controllo parametri vitali
  • Ghiaccio

 

COSA NON FARE

  • Somministrare farmaci, liquidi , sostanze zuccherate…
  • Movimenti bruschi

 

 

 

 

 

 

 

 

TRAUMA COLONNA VERTEBRALE

 

DEFINIZIONE

E’ sempre necessario considerare la possibilità di lesioni alla colonna vertebrale quando si riscontrano gravi lesioni al corpo.
Le lesioni della colonna comprendono:

  • fratture con o senza spostamento osseo
  • lussazioni
  • distorsioni
  • lesione dei dischi tra cui schiacciamento

E’ possibile che la lesione alla colonna vertebrale non provochi danni al midollo spinale oppure, nei casi più gravi, può causare  paralisi o addirittura morte del soggetto.

 

SEGNI E SINTOMI

  • Dinamica della lesione
  • Possibile dolore nella zona compresa fra la testa e le natiche
  • Iperestesia (ipersensibilità agli stimoli tattili-dolorosi)
  • Respirazione compromessa
  • Paralisi flaccida immediata, con perdita della sensibilità e dei riflessi agli arti inferiori e/o superiori
  • Perdita involontaria del controllo degli sfinteri
  • Grave shock

 

COSA FARE

  • Allertare il 118
  • Immobilizzare manualmente testa e collo
  • Assicurare ABC
  • Rassicurare il soggetto
  • Allontanare i curiosi e operare sempre in condizioni di sicurezza

 

COSA NON FARE

  • Somministrare farmaci, liquidi, sostanze zuccherate…
  • Spostare o muovere il soggetto (attendere l’arrivo del personale sanitario)

TRAUMA TORACO-ADDOMINALE

 

DEFINIZIONE

Le lesioni toraciche-addominali possono interessare, oltre alla struttura toracica, anche cuore, polmoni, stomaco, grandi vasi sanguigni, organi addominali…
Le lesioni toraciche-addominali possono essere:

  • APERTE (ad esempio quando vi è un corpo contundente penetrato nel torace)
  • CHIUSE (in seguito a contusione, schiacciamento…)

 

SEGNI E SINTOMI

  • Dinamica della lesione
  • Dolore in corrispondenza  del punto leso
  • Respirazione dolorosa e difficoltosa
  • Segni di shock
  • Tosse con emissione di sangue rosso vivo
  • La parete toracica non si espande e non si contrae normalmente
  • Addome contratto ed ipersensibile
  • Lacerazioni evidenti o ferite penetranti nel torace e/o sull’addome

 

COSA FARE

  • Allertare il 118
  • Assicurare ABC
  • Tamponare eventuali emorragie, tamponare ferite
  • Vedi trattamento dello shock

 

COSA NON FARE

  • Somministrare farmaci, liquidi, sostanze zuccherate…
  • Far alzare il soggetto
  • Rimuovere eventuali corpi estranei penetranti

 

 

 

USTIONI

 

DEFINIZIONE
Le ustioni sono lesioni dei tessuti provocate dell’azione del calore.

 

CAUSE

  • TERMICHE (fiamme, radiazioni, calore eccessivo da fuoco, vapore, liquidi bollenti, oggetti che scottano)
  • CHIMICHE (sostanze acide, basiche, caustiche)
  • ELETTRICHE (corrente alternata e continua, fulmini)
  • LUMINOSE (fonti di luce intensa, luce ultravioletta )
  • RADIOATTIVE  (fonti nucleari )

 

SEGNI E SINTOMI

  • USTIONI DI  1° GRADO (interessamento della sola epidermide): arrossamento cutaneo, dolore localizzato
  • USTIONI DI 2° GRADO (interessamento dell’epidermide e del 2° strato della cute): arrossamento notevole, dolore intenso, comparsa di vescicole , pelle chiazzata
  • USTIONI DI 3° GRADO (interessamento di tutti gli strati della cute): presenza di aree carbonizzate scure o bianche e secche, dolore intenso o sua assenza se danneggiati i nervi

 

VALUTAZIONE DELLE USTIONI SEGNI E SINTOMI
Le ustioni sono da considerare gravi quando:

  • sono ustioni di 1° grado che coinvolgono più del 75% della superficie corporea
  • sono ustioni di  2° e 3° grado
    • superiori del 10% in soggetti inferiori ai 10 anni o sopra i 50 anni di  età
    • superiori al  20% in tutti altri gruppi di età
    • ustioni al volto, alle mani, ai piedi o al perineo
  • sono ustioni elettriche
  • sono ustioni chimiche
  • vi è presenza di lesioni o trauma associati
  • sono associate importanti patologie preesistenti (diabete, serie cardiopatie, vasculopatie ecc.)

N.B. - Un modo pratico e veloce per valutare l’estensione di un’ustione è la “regola del palmo della mano”. Il palmo della mano equivale circa all’1% della superficie corporea: è pertanto possibile rapportare il palmo della mano dell’ustionato all’entità della lesione per valutarne l’estensione.

COSA FARE

  • In base alla gravità chiamare il 118
  • Assicurarsi di trovarsi in zona di sicurezza
  • Seguire i seguenti comportamenti in base al tipo di ustione

 

USTIONE TERMICA

      • Se fuoco: bagnare, soffocare le fiamme

Se sostanze semi solide (grasso, catrame, cera): raffreddare con acqua

      • Valutazione ABC (un’eventuale visione delle vie aeree è data dalla presenza di depositi di fuliggine, peli del naso bruciacchiati, ustioni sul volto)
      • Eventuale BLS associato
      • Rimuovere abiti, anelli, gioielli   
      • Avvolgere con medicazione pulita/sterile
  • UMIDA se lesione inferiore al 9%
  • ASCIUTTA  se superiore al 9% o ustione grave :

ELETTRICITA’

  • Eliminare la fonte di elettricità utilizzando materiale non conduttivo
  • Valutazione ABC
  • Eventuale BLS
  • Rimuovere abiti, anelli, gioielli
  • Medicazioni pulite/sterili su ustione

SOSTANZE CHIMICHE

  • Rimuovere la sostanza chimica con acqua corrente (getto abbondante, ma non violento). La calce va spazzolata e non sciacquata
  • Valutazione ABC (porre attenzione alla possibile inalazione di vapori se il soggetto è stato esposto ad una sostanza caustica )
  • Eventuale BLS associato
  • Rimuovere abiti, anelli, gioielli
  • Medicazioni pulite/sterili su ustioni
  • Informarsi e comunicare la sostanza o la miscela responsabili

MATERIALI PERICOLOSI/RADIAZIONI

  • Attenersi scrupolosamente alle procedure anti-infortunistiche impartite (segnalare al 118 eventuali identificativi presenti)
  • Intervenire in assenza di pericolo
  • Valutazione ABC
  • Eventuale BLS associato
  • Rimuovere abiti, anelli, gioielli
  • Medicazioni pulite/sterili su ustione

 

N.B. - Le lesioni ed i traumi associati (ferite, fratture, emorragie) sono valutati e/o tengono conto dell’ABC e vanno pertanto trattati indipendentemente dall’ustione.

COSA NON FARE

  • Non eliminare i tessuti cutanei devitalizzati
  • Non porre ghiaccio sull’ustione
  • Non applicare unguenti, spray o burro
  • Non rimuovere sostanze semisolide come grasso, catrame, cera
  • Non sciacquare la calce secca
  • Non ricorrere ad agenti neutralizzanti come l’aceto o il bicarbonato di sodio in caso di ustioni chimiche

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

FERITE

 

DEFINIZIONE

La ferita è una lesione di continuo della cute cioè una lesione che provoca la rottura della cute esponendo i tessuti sottostanti.

 

CAUSE

  • Lesione superficiale della cute (escoriazione)
  • Tagli netti (ferite da taglio o incisione)
  • Impatti violenti o oggetti contundenti che provocano lacerazione della cute (ferite lacero/contuse)
  • Lesione che attraversa la cute e distrugge i tessuti sottostanti
  • Ferita da punta o da perforazione
  • Penetrante
  • Trapassante (foro di entrata e di uscita)
  • Strappo o asportazione di lembi cutanei (avulsione)
  • Lesione traumatica con asportazione di parte del corpo (amputazione)
  • Estesa lesione addominale con fuoriuscita di organi (eviscerazione)

 

SEGNI E SINTOMI

  • ESCORIAZIONE

Si presenta sotto forma di sfregamenti o graffi di solito interessanti ginocchia e gomiti.
La perdita di sangue, se presente, è minima.

  • FERITA DA TAGLIO

I margini della cute tagliata sono netti. Se la ferita è profonda possono essere compromessi vasi sanguigni e nervi

  • FERITA LACERO CONTUSA

La lesione ha margini frastagliati e irregolari. I tessuti sono strappati con comparsa di uno squarcio di dimensioni variabili con margini molto irregolari. Può essere associata discreta emorragia

  • FERITA DA PERFORAZIONE

Si nota il segno lasciato da oggetti appuntiti come chiodi, punteruoli o trapassanti come proiettili di arma da fuoco

  • AVULSIONE

Segni di asportazione di tutti gli strati cutanei senza interessamento della struttura ossea. Sono avulsioni lo strappo della punta del naso e della parte esterna dell’orecchio

  • AMPUTAZIONE

Riferita generalmente all’amputazione traumatica parziale o totale di un arto o di un suo segmento. Possono essere presenti lembi di pelle frastagliata e spuntoni ossei

  • EVISCERAZIONE

Presenza all’esterno di organi addominali. Si accompagna a stato di shock

 

COSA FARE

  • In base alla gravità chiamare il 118
  • Valutazione ABC
  • Eventuale BLS associato
  • Indossare dispositivi di protezione per evitare di entrare in contatto con sangue o liquidi corporei
  • Esporre la ferita liberandola da indumenti
  • Proteggere la ferita con medicazioni sterile o, in ogni caso, pulita. La medicazione deve coprire tutta la superficie della ferita e le zone circostanti. I margini della medicazione devono essere chiusi per evitare inquinamenti o il rischio di rimanere impigliati
  • Arrestare l’eventuale emorragia
  • Prima di trattare la ferita, considerare un possibile politrauma associato, soprattutto per non aggravare eventuali lesioni spinali o fratture presenti
  • Le ferite da arma da fuoco sono ferite da perforazione che possono fratturare ossa e causare estese lesioni agli organi. La gravità della ferita non può essere determinata dal calibro della pallottola o dal punto di entrata o di uscita. Tutte le ferite da arma da fuoco devono pertanto essere considerate gravi. In caso di ferita da arma da fuoco non alterare lo scenario
  • Le parti avulse o amputate vanno sistemate in contenitori sterili o avvolte in garze sterili; vanno conservate al freddo

 

COSA NON FARE

  • Non rimuovere mai una medicazione applicata per non rischiare di riavviare l’emorragia. Se l’emorragia continua, aggiungere nuove medicazioni su quelle precedenti
  • In caso di lesioni agli arti non coprire, se possibile, la punta delle dita delle mani e dei piedi per permettere di osservare eventuali alterazioni di colore
  • In caso di ferite importanti, non cercare di togliere i vestiti come in condizioni normali per evitare di causare ulteriori danni (utilizzare forbici)
  • Non rimuovere corpi estranei dalla ferita
  • Non chiudere le ferite con strisce di cerotti o cerotti a farfalla
  • Non rimuovere oggetti conficcati (unica eccezione: oggetti conficcati nella guancia, qualora sia possibile)
  • Non immergere mai una parte avulsa o amputata in liquidi
  • In caso di eviscerazione non toccare ne cercare di riposizionare l’organo fuoriuscito
  • Non allargare i bordi di una ferita lacero-contusa nel tentativo di ispezionare l’interno
  • Nel caso di lesioni al cuoio capelluto, non comprimere la ferita nel tentativo di arrestare l’emorragia (possibile presenza di fratture craniche)

EMORRAGIE ESTERNE

 

DEFINIZIONE

L’emorragia esterna è una perdita di sangue al di fuori dell’organismo.

CAUSE
Lesioni o traumi che producono soluzioni di continuo della cute.

  • EMORRAGIA ARTERIOSA - Fuoriuscita di sangue da un’arteria generalmente rapida e copiosa. Il sangue, solitamente rosso vivo, fuoriesce a fiotti
  • EMORRAGIA VENOSA - Fuoriuscita di sangue generalmente a flusso costante ed abbondante. Il colore è rosso scuro
  • EMORRAGIA CAPILLARE - Perdita di sangue dal letto capillare. Il flusso di fuoriuscita è lento, il colore è rosso vivo, ma meno vivo di quello arterioso

SEGNI E SINTOMI
Una grave perdita di sangue mette a rischio la sopravvivenza del soggetto; è sufficiente una perdita del 25-40% del volume ematico totale. La perdita rapida di un litro di sangue da parte di un adulto è una condizione rischiosa, come un quarto o mezzo litro per un bambino e 24 cc per il neonato.
I segni più importanti sono quelli che si verificano in caso di rilevante perdita ematica e sono quelli dello shock (frequenza cardiaca rapida, cute fredda, pressione arteriosa bassa, ansia, irrequietezza)

COSA FARE

  • In base alla gravità chiamare il 118
  • Valutazione ABC
  • Eventuale BLS associato
  • Valutare lo scenario; presenza di pozze di sangue o oggetti intrisi
  • Ricordarsi di indossare dispositivi di protezione per evitare di entrare in contatto con il sangue o con i liquidi corporei
  • Arrestare l’emorragia: il metodo più semplice e percentualmente più risolutivo è la pressione diretta in corrispondenza della ferita

COSA NON FARE

  • Non rimuovere mai una medicazione applicata (rischio di nuove emorragie)
  • Non applicare mai un laccio emostatico se non come ultima risorsa, dopo aver valutato l’inefficacia della pressione diretta. Deve essere utilizzato solo per le emorragie degli arti
  • Non applicare il laccio emostatico in corrispondenza del gomito o del ginocchio o immediatamente sotto
  • Non utilizzare  mai come laccio emostatico materiali con diametro limitato, corde o fili metallici. Piuttosto una cravatta, una calza, una cintura larga
  • Non allentare ne rimuovere il laccio dopo averlo applicato

CORPI ESTRANEI

 

Vengono trattati i corpi estranei di pertinenza della testa e delle vie respiratorie. Per i corpi estranei in altri distretti seguire le indicazioni contenute nella trattazione delle ferite.

 

DEFINIZIONE

I corpi estranei sono quelli “inclusi” di varia origine che possono essere presenti in qualsiasi distretto dell’organismo.

 

CAUSE
Le più svariate: legate all’attività umana, all’azione di altri forme viventi, ad agenti fisici

SEGNI E SINTOMI

Dipendono dalla parte colpita:

  • sensazione di “corpo estraneo”
  • dolore
  • sanguinamento
  • dispnea, cianosi, arresto respiratorio (corpo estraneo nelle vie respiratorie)

 

COSA FARE

  • In base alla gravità chiamare il 118
  • Valutazione ABC
  • Eventuale BLS associato
    • CORPO ESTRANEO NELL’OCCHIO

Irrigare l’occhio con acqua, facendola scorrere dall’angolo mediale a quello laterale. Assicurarsi che il soggetto non sia portatore di lenti a contatto

  • CORPO ESTRANEO NEL NASO

Far soffiare il naso delicatamente, tenendo entrambe le narici aperte

  • CORPO ESTRANEO NELLA BOCCA E NELLE VIE RESPIRATORIE

E’ il caso di ostruzione meccanica dovuta a pezzi di cibo, ghiaccio, giocattoli, protesi dentarie, denti rotti, bottoni, vomito o liquidi. Per le ostruzioni delle vie respiratorie superiori, a seconda della gravità:

  • far tossire il soggetto
  • indossare i guanti
  • visualizzare l’oggetto prima del tentativo di rimozione
  • usare la tecnica idonea prima del tentativo di rimozione
  • manovra di Heimlich (valutare la tecnica in base al grado di coscienza/incoscienza del soggetto e all’età del soggetto)

 

COSA NON FARE

    • Non rimuovere mai un oggetto che si trova sulla cornea o conficcato nella palpebra
    • Non far soffiare il naso se presente emorragia
    • Non cercare di estrarre un oggetto che fuoriesce dal naso perché potrebbe esservi conficcato
    • Non cercare di effettuare una rimozione con le dita dal cavo orale se non è visibile il corpo estraneo

LESIONI DA CALDO

 

DEFINIZIONE

Le lesioni da caldo sono lesioni causate dall’esposizione al calore eccessivo.

 

CAUSE
Le attività chimiche dell’organismo avvengono nell’ambito di variazione termiche limitate; non possono verificarsi, cioè, con l’efficienza necessaria se la temperatura corporea è troppo alta o troppo bassa. Anche gli stessi processi chimici corporei generano calore, tuttavia la temperatura e le altre caratteristiche dell’ambiente possono determinare un aumento o una caduta della temperatura corporea. Il calore che non serve per il mantenimento della temperatura corporea viene disperso tramite i polmoni e la cute. Se la dispersione non avviene si crea una situazione di ipertermia

 

SEGNI E SINTOMI

  • CRAMPI DI CALORE

La temperatura non è necessariamente superiore a quella “normale”. Il soggetto suda molto e beve grandi quantità di acqua. Con la sudorazione vengono perduti i sali corporei e di conseguenza compaiono i crampi. Questi, molto intensi (generalmente alle gambe e all’addome), si associano a spossatezza  e a volte a vertigini o lipotimia

  • COLLASSO DA CALORE

Si ha una perdita massiccia di liquidi e sali in conseguenza ad  esposizione a calore eccessivo o a sforzo eccessivo. Si presentano più frequentemente durante l’estate. Soggetti maggiormente coinvolti: vigili del fuoco, muratori, operai portuali e coloro che lavorano all’interno di magazzini scarsamente areati. La respirazione diventa rapida e superficiale, il polso debole, la pelle fredda e appiccicosa, si ha debolezza generalizzata, vertigini fino a perdita di coscienza. Può evolvere nel colpo di calore

  • COLPO DI CALORE

E’un’evenienza in cui l’organismo non riesce a disperdere il calore in eccesso: è un’urgenza vera. Possono essere colpiti tutti i soggetti che fanno sforzi in ambienti caldi, gli anziani che vivono in ambienti scarsamente ventilati, i bambini lasciati in automobile con i vetri chiusi. La respirazione da profonda diventa superficiale, il polso da rapido e piano a rapido e debole, la cute è secca e molto calda, le pupille sono dilatate, si ha perdita di coscienza; sono possibili crisi convulsive o spasmi muscolari


COSA FARE

 

  • CRAMPI DA CALORE
    • Spostare il soggetto in un luogo fresco
    • Valutazione ABC e, se necessario, allertare il 118
    • Somministrare liquidi (soggetto cosciente)
    • Massaggiare i muscoli colpiti da crampi per diminuire il dolore
    • Applicare impacchi umidi sulla testa e sui muscoli colpiti dai crampi

 

      • COLLASSO DA CALORE
  • Allertare il 118
  • Spostare il soggetto in luogo fresco
  • Valutazione ABC
  • Eventuale BLS  associato
  • Mantenere il soggetto a riposo
  • Togliere parte dei vestiti
  • Somministrare liquidi (soggetto cosciente)
  • Verificare lesioni associate

 

    • COLPO DI CALORE
  • Allertare il 118
  • Valutazione ABC
  • Eventuale BLS associato
  • Raffreddare rapidamente il soggetto: allontanarlo dal sole o dalla fonte di calore, togliere gli abiti, disporre ghiaccio avvolto in panni sotto le ascelle, sotto le ginocchia, sull’inguine, sui polsi, sulle caviglie e ai lati del collo del soggetto

COSA NON FARE

Sottovalutare gli episodi causati da eccesso di calore

LESIONI DA FREDDO

 

DEFINIZIONE

Le lesioni da freddo sono lesioni causate dall’esposizione a freddo eccessivo.

 

CAUSE

Se l’ambiente è troppo freddo, il calore corporeo viene ceduto più velocemente di quanto venga generato. Il corpo tenta di adattarsi alla situazione riducendo il numero delle respirazioni, l’entità della traspirazione e limitando la circolazione sanguigna superficiale. L’attività muscolare aumenta provocando i brividi nel tentativo di generare una quantità maggiore di calore. All’interno del corpo, i cibi utilizzati come carburante vengono metabolizzati più velocemente per produrre più calore. A un certo punto non vi sarà una quantità sufficiente di calore in tutte le zone del corpo, e questo fatto provocherà dapprima danni ai tessuti e infine la cessazione delle funzioni corporee vitali.

 

SEGNI E SINTOMI

  • CONGELAMENTO

E’ un raffreddamento localizzato. Le zone più colpite sono le orecchie, il naso, le mani, i piedi. Può  essere:

  • INIZIALE - Il danneggiamento dei tessuti è lieve. La superficie cutanea e i tessuti sotto la pelle si presentano morbidi, la pelle è inizialmente rossa e poi bianca
  • SUPERFICIALE - Sono interessati la cute e gli strati sottocutanei (è una progressione del congelamento iniziale non curato). La superficie cutanea è rigida, i tessuti sotto la pelle sono morbidi, la pelle è bianca e cerea
  • PROFONDO - Colpiti cute, strati sottocutanei e strutture profonde
      • IPOTERMIA

E’ un raffreddamento generale, conosciuto anche come assideramento. Può essere:

  • LIEVE: brividi, eventuale intorpidimento o leggera sonnolenza
  • GRAVE: respirazione e polso rallentati, deficit visivi, difficoltà di coordinazione dei movimenti e sonnolenza
  • MOLTO GRAVE: perdita di conoscenza, assenza di segni vitali rilevabili, corpo molto freddo al tatto, possibile congelamento di alcune parti del corpo
          • GELONI

Sono lesioni che insorgono in seguito a esposizioni ripetute e prolungate della cute non adeguatamente protetta a temperatura di 15 °C o inferiori. Il soggetto accusa calore, sensibilità pronunciata e prurito. Le zone sono arrossate e rigonfie. I geloni sono cronici

 

  • PIEDE DA TRINCEA

È detto anche piede da immersione. È una condizione patologica che si sviluppa quando le gambe restano nell’acqua fredda per un periodo prolungato. L’arto si presenta gonfio, pallido e freddo. Il soggetto può accusare insensibilità

COSA FARE

  • CONGELAMENTO INIZIALE
  • Allontanare il soggetto dall’ambiente freddo
  • Scaldare la zona colpita

 

    • CONGELAMENTO SUPERFICIALE E PROFONDO
      • Allertare il 118
      • Valutazione ABC
      • Eventuale BLS associato
      • Togliere indumenti umidi sostituendoli con asciutti o coperte
      • Mantenere il soggetto in luogo caldo e a riposo
      • Mantenere il capo più basso rispetto ai piedi
      • Solo nell’ipotermia lieve è possibile riscaldare il soggetto, ma lentamente
    • GELONI

Non esiste cura d’urgenza

  • PIEDE DA TRINCEA
  • Togliere scarpe e calze bagnate
  • Riscaldare delicatamente l’estremità
  • Medicare fra le dita con garze pulite/sterili
  • Mantenere l’arto leggermente sollevato
  • Indirizzare il soggetto in Pronto Soccorso

 

COSA NON FARE

 

  • IN CASO DI CONGELAMENTO
  • Non permettere al soggetto di fumare
  • Non permettere al soggetto di assumere bevande alcoliche
  • Non sfregare mai una zona congelata utilizzando la neve
  • Non permettere al soggetto di camminare se la parte colpita è un arto inferiore
    • IN CASO DI IPOTERMIA
  • Non far deambulare il soggetto
  • Se ipotermia lieve non riscaldare il soggetto troppo velocemente
  • Non cercare mai di riscaldare un soggetto affetto da ipotermia grave

                               

    • IN CASO DI PIEDE DA TRINCEA
  • Non rompere eventuali vesciche che possono essersi formate

DECRETO 15 LUGLIO 2003, N. 388 MINISTERO DELLA SALUTE
Regolamento recante disposizioni sul pronto soccorso aziendale,in attuazione dell'articolo 15, comma 3, del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni. Gazzetta Ufficiale N. 27 del 3 Febbraio 2004
IL MINISTRO DELLA SALUTE, IL MINISTRO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI, IL MINISTRO PER LA FUNZIONE PUBBLICA, IL MINISTRO DELLE ATTIVITA' PRODUTTIVE
Visti gli articoli 12, comma 1, lettere b) e c) e l'articolo 15, comma 3 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni, che demanda ai Ministri della sanita', del lavoro e della previdenza sociale, della funzione pubblica e dell'industria, del commercio e dell'artigianato, il compito di individuare le caratteristiche minime delle attrezzature di pronto soccorso, i requisiti del personale addetto e la sua formazione, in relazione alla natura dell'attivita', al numero dei lavoratori occupati e ai fattori di rischio;
Visto l'atto di indirizzo e coordinamento alle Regioni per la determinazione dei livelli di assistenza sanitaria di emergenza, approvato con decreto del Presidente della Repubblica del 27 marzo 1992, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 76 del 31 marzo 1992;
Vista la legge 23 agosto 1988, n. 400, ed in particolare l'articolo 17, commi 3 e 4;
Visto il decreto del Ministro della sanita' 15 maggio 1992, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 121 del 25 maggio 1992, concernente i criteri ed i requisiti per la codificazione degli interventi di emergenza;
Visto il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni;
Visto l'atto di intesa tra Stato e Regioni recante l'approvazione delle
linee guida sul sistema di emergenza sanitaria dell'11 aprile 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 114 del 17 maggio 1996;
Sentita la Commissione consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e l'igiene del lavoro, di cui all'articolo 26 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626;
Acquisita l'intesa della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano;
Acquisito il parere del Consiglio superiore di sanita';
Udito il parere del Consiglio di Stato espresso dalla sezione consultiva per gli atti normativi nell'adunanza del 26 marzo 2001;
Adottano il seguente regolamento:
Art. 1.
Classificazione delle aziende
1. Le aziende ovvero le unità produttive sono classificate, tenuto conto della tipologia di attività svolta, del numero dei lavoratori occupati e dei fattori di rischio, in tre gruppi.
Gruppo A:
I) Aziende o unità produttive con attività industriali, soggette all'obbligo di dichiarazione o notifica, di cui all'articolo 2, del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, centrali termoelettriche, impianti e laboratori nucleari di cui agli articoli 7, 28 e 33 del decreto legislativo
17 marzo 1995, n. 230, aziende estrattive ed altre attività minerarie definite dal decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 624, lavori in sotterraneo di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1956, n. 320, aziende per la fabbricazione di esplosivi, polveri e munizioni;
II) Aziende o unità produttive con oltre cinque lavoratori appartenenti o riconducibili ai gruppi tariffari INAIL con indice infortunistico di inabilità permanente superiore a quattro, quali desumibili dalle statistiche nazionali INAIL relative al triennio precedente ed aggiornate al 31 dicembre di ciascun anno. Le predette statistiche nazionali INAIL sono pubblicate nella Gazzetta Ufficiale;
III) Aziende o unità produttive con oltre cinque lavoratori a tempo indeterminato del comparto dell'agricoltura.
Gruppo B:
Aziende o unità produttive con tre o più lavoratori che non rientrano nel gruppo A.
Gruppo C:
Aziende o unità produttive con meno di tre lavoratori che non rientrano nel gruppo A.
2. Il datore di lavoro, sentito il medico competente, ove previsto, identifica la categoria di appartenenza della propria azienda od unità produttiva e, solo nel caso appartenga al gruppo A, la comunica all'Azienda Unità Sanitaria Locale competente sul territorio in cui si svolge l'attività lavorativa, per la predisposizione degli interventi di emergenza del caso. Se l'azienda o unità produttiva svolge attività lavorative comprese in gruppi diversi, il datore di lavoro deve riferirsi
all'attività con indice più elevato.
Art. 2.
Organizzazione di pronto soccorso
1. Nelle aziende o unità produttive di gruppo A e di gruppo B, il datore di lavoro deve garantire le seguenti attrezzature:
a) cassetta di pronto soccorso, tenuta presso ciascun luogo di lavoro, adeguatamente custodita in un luogo facilmente accessibile ed individuabile con segnaletica appropriata, contenente la dotazione minima indicata nell'allegato 1, che fa parte del presente decreto, da integrare sulla base dei rischi presenti nei luoghi di lavoro e su indicazione del medico competente, ove previsto, e del sistema di emergenza sanitaria del Servizio Sanitario Nazionale, e della quale sia costantemente assicurata, la completezza ed il corretto stato d'uso dei presidi ivi contenuti;
b) un mezzo di comunicazione idoneo ad attivare rapidamente il
sistema di emergenza del Servizio Sanitario Nazionale.
2. Nelle aziende o unità produttive di gruppo C, il datore di lavoro deve garantire le seguenti attrezzature:
a) pacchetto di medicazione, tenuto presso ciascun luogo di lavoro, adeguatamente custodito e facilmente individuabile, contenente la dotazione minima indicata nell'allegato 2, che fa parte del presente decreto, da integrare sulla base dei rischi presenti nei luoghi di lavoro, della quale sia costantemente assicurata, in collaborazione con il medico competente, ove previsto, la completezza ed il corretto stato d'uso dei presidi ivi contenuti;
b) un mezzo di comunicazione idoneo ad attivare rapidamente il sistema di emergenza del Servizio Sanitario Nazionale;
3. Il contenuto minimo della cassetta di pronto soccorso e del
pacchetto di medicazione, di cui agli allegati 1 e 2, e' aggiornato con decreto dei Ministri della salute e del lavoro e delle politiche sociali tenendo conto dell'evoluzione tecnico-scientifica.
4. Nelle aziende o unità produttive di gruppo A, anche consorziate, il datore di lavoro, sentito il medico competente, quando previsto, oltre alle attrezzature di cui al precedente comma 1, e' tenuto a garantire il raccordo tra il sistema di pronto soccorso interno ed il sistema di emergenza sanitaria di cui al decreto del Presidente della Repubblica del 27 marzo 1992 e successive modifiche.
5. Nelle aziende o unità produttive che hanno lavoratori che prestano la propria attività in luoghi isolati, diversi dalla sede aziendale o unità produttiva, il datore di lavoro e' tenuto a fornire loro il pacchetto di medicazione di cui all'allegato 2, che fa parte del presente decreto, ed un mezzo di comunicazione idoneo per raccordarsi con l'azienda al fine di attivare rapidamente il sistema di emergenza del Servizio Sanitario Nazionale.

Art. 3.
Requisiti e formazione degli addetti al pronto soccorso
1. Gli addetti al pronto soccorso, designati ai sensi dell'articolo 12, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, sono formati con istruzione teorica e pratica per l'attuazione delle misure di primo intervento interno e per l'attivazione degli interventi di pronto soccorso.
2. La formazione dei lavoratori designati e' svolta da personale medico, in collaborazione, ove possibile, con il sistema di emergenza del Servizio Sanitario Nazionale. Nello svolgimento della parte pratica della formazione il medico può avvalersi della collaborazione di personale infermieristico o di altro personale specializzato.
3. Per le aziende o unità produttive di gruppo A i contenuti e i tempi minimi del corso di formazione sono riportati nell'allegato 3, che fa parte del presente decreto e devono prevedere anche la trattazione dei rischi specifici dell'attività svolta.
4. Per le aziende o unità produttive di gruppo B e di gruppo C i contenuti ed i tempi minimi del corso di formazione sono riportati nell'allegato 4, che fa parte del presente decreto.
5. Sono validi i corsi di formazione per gli addetti al pronto soccorso ultimati entro la data di entrata in vigore del presente decreto. La formazione dei lavoratori designati andrà ripetuta con cadenza triennale almeno per quanto attiene alla capacità di intervento pratico.
Art. 4.
Attrezzature minime per gli interventi di pronto soccorso
1. Il datore di lavoro, in collaborazione con il medico competente, ove previsto, sulla base dei rischi specifici presenti nell'azienda o unita' produttiva, individua e rende disponibili le attrezzature minime di equipaggiamento ed i dispositivi di protezione individuale per gli addetti al primo intervento interno ed al pronto soccorso.
2. Le attrezzature ed i dispositivi di cui al comma 1 devono essere appropriati rispetto ai rischi specifici connessi all'attivita' lavorativa dell'azienda e devono essere mantenuti in condizioni di efficienza e di pronto impiego e custoditi in luogo idoneo e facilmente accessibile.
Art. 5.
Abrogazioni
Il decreto ministeriale del 2 luglio 1958 e' abrogato.
Art. 6.
Entrata in vigore
Il presente decreto entra in vigore sei mesi dopo la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare come legge dello Stato.
Roma, 15 luglio 2003
Allegato I


CONTENUTO MINIMO DELLA CASSETTA DI PRONTO SOCCORSO

Guanti sterili monouso (5 paia).

Visiera paraschizzi

Flacone di soluzione cutanea di iodopovidone al 10% di iodio da 1 litro (1).

Flaconi di soluzione fisiologica ( sodio cloruro - 0, 9%) da 500 ml (3).

Compresse di garza sterile 10 x 10 in buste singole (10).

Compresse di garza sterile 18 x 40 in buste singole (2).

Teli sterili monouso (2).

Pinzette da medicazione sterili monouso (2).

Confezione di rete elastica di misura media (1).

Confezione di cotone idrofilo (1).

Confezioni di cerotti di varie misure pronti all'uso (2).

Rotoli di cerotto alto cm. 2,5 (2).

Un paio di forbici.

Lacci emostatici (3).

Ghiaccio pronto uso (due confezioni).

Sacchetti monouso per la raccolta di rifiuti sanitari (2).

Termometro.

Apparecchio per la misurazione della pressione arteriosa.

Allegato II


CONTENUTO MINIMO DEL PACCHETTO DI MEDICAZIONE

Guanti sterili monouso (2 paia).

Flacone di soluzione cutanea di iodopovidone al 10% di iodio da 125

ml (1).

Flacone di soluzione fisiologica (sodio cloruro 0,9%) da 250 ml (1).

Compresse di garza sterile 18 x 40 in buste singole (1).

Compresse di garza sterile 10 x 10 in buste singole (3).

Pinzette da medicazione sterili monouso (1).

Confezione di cotone idrofilo (1).

Confezione di cerotti di varie misure pronti all'uso (1).

Rotolo di cerotto alto cm 2,5 (1).

Rotolo di benda orlata alta cm 10 (1).

Un paio di forbici (1).

Un laccio emostatico (1).

Confezione di ghiaccio pronto uso (1).

Sacchetti monouso per la raccolta di rifiuti sanitari (1).

Istruzioni sul modo di usare i presidi suddetti e di prestare i primi

soccorsi in attesa del servizio di emergenza.

Allegato III
OBIETTIVI DIDATTICI E CONTENUTI MINIMI DELLA FORMAZIONE DEI LAVORATORI DESIGNATI AL PRONTO SOCCORSO PER LE AZIENDE DI


GRUPPO A

OBIETTIVI DIDATTICI PROGRAMMA,TEMPI.

Prima giornata

MODULO A totale n. 6 ore

Allertare il sistema di soccorso

a) Cause e circostanze dell'infortunio (luogo dell'infortunio, numero delle persone coinvolte, stato degli infortunati, ecc.);

b) comunicare le predette informazioni in maniera chiara e precisa ai servizi di assistenza sanitaria di emergenza

Riconoscere un'emergenza sanitaria

1) Scena dell'infortunio:

a) raccolta delle informazioni;

b) previsione dei pericoli evidenti e di quelli probabili;

2) Accertamento delle condizioni psicofisiche

del lavoratore infortunato:

a) funzioni vitali (polso, pressione, respiro);

b) stato di coscienza

c) ipotermia e ipertermia;

3) Nozioni elementari di anatomia e fisiologia dell'apparato cardiovascolare e respiratorio.

4) Tecniche di autoprotezione del personale

addetto al soccorso.

Attuare gli interventi di primo soccorso

1) Sostenimento delle funzioni vitali:

a) posizionamento dell'infortunato e manovre per la pervietà delle prime vie aeree;

b) respirazione artificiale;

c) massaggio cardiaco esterno;

2) Riconoscimento e limiti d'intervento di primo soccorso:

a) lipotimia, sincope, shock;

b) edema polmonare acuto;

c) crisi asmatica;

d) dolore acuto stenocardico

e) reazioni allergiche

f) crisi convulsive;

g) emorragie esterne post-traumatiche e

tamponamento emorragico

Conoscere i rischi specifici dell'attività svolta

Seconda giornata

MODULO B totale n. 4 ore

Acquisire conoscenze generali sui traumi in ambiente di lavoro

1) Cenni di anatomia

2) Lussazioni, fratture e complicanze

3) Traumi e lesioni cranio-encefalici e

della colonna vertebrale

4) Traumi e lesioni toraco-addominali

Acquisire conoscenze generali sulle patologie specifiche in ambiente di lavoro

1) Lesioni da freddo e da calore

2) Lesioni da corrente elettrica

3) Lesioni da agenti chimici

4) Intossicazioni

5) Ferite lacero contuse

6) Emorragie esterne

Terza giornata

MODULO C totale n. 6 ore

Acquisire capacità di intervento pratico

1) Tecniche di comunicazione con il sistema di emergenza del SSN

2) Tecniche di primo soccorso nelle sindromi cerebrali acute

3) Tecniche di primo soccorso nella sindrome di insufficienza respiratoria acuta

4) Tecniche di rianimazione cardiopolmonare

5) Tecniche di tamponamento emorragico

6) Tecniche di sollevamento, spostamento e trasporto del traumatizzato

7) Tecniche di primo soccorso in casi di esposizione accidentale ad agenti chimici e biologici

Allegato IV

OBIETTIVI DIDATTICI E CONTENUTI MINIMI DELLA FORMAZIONE DEI LAVORATORI DESIGNATI AL PRONTO SOCCORSO PER LE AZIENDE DI GRUPPO B E C
OBIETTIVI DIDATTICI PROGRAMMA TEMPI


Prima giornata

MODULO A

totale n. 4 ore

Allertare il sistema di soccorso

a) Cause e circostanze dell'infortunio (luogo dell'infortunio, numero delle persone coinvolte, stato degli infortunati, ecc.);

b) comunicare le predette informazioni in maniera chiara e precisa ai servizi di assistenza sanitaria di emergenza

Riconoscere un'emergenza sanitaria

1) Scena dell'infortunio:

a) raccolta delle informazioni;

b) previsione dei pericoli evidenti e di quelli

probabili;

2) Accertamento delle condizioni psicofisiche del

lavoratore infortunato:

a) funzioni vitali (polso, pressione, respiro);

b) stato di coscienza

c) ipotermia e ipertermia;

3) Nozioni elementari di anatomia e fisiologia

dell'apparato cardiovascolare e respiratorio.

4) Tecniche di autoprotezione del personale addetto al soccorso.

Attuare gli interventi di primo soccorso

1) Sostenimento delle funzioni vitali:

a) posizionamento dell'infortunato e manovre per la pervietà delle prime vie aeree;

b) respirazione artificiale;

c) massaggio cardiaco esterno;

2) Riconoscimento e limiti d'intervento di primo soccorso:

a) lipotimia, sincope, shock;

b) edema polmonare acuto;

c) crisi asmatica;

d) dolore acuto stenocardico

e) reazioni allergiche

f) crisi convulsive; g) emorragie esterne post-traumatiche e tamponamento emorragico

Conoscere i rischi specifici dell'attività svolta

Seconda giornata

MODULO B

totale n. 4 ore

Acquisire conoscenze generali sui traumi in ambiente di lavoro

1) Cenni di anatomia

2) Lussazioni, fratture e complicanze

3) Traumi e lesioni cranio-encefalici e

della colonna vertebrale

4) Traumi e lesioni toraco-addominali

Acquisire conoscenze generali sulle patologie specifiche in ambiente di lavoro

1) Lesioni da freddo e da calore

2) Lesioni da corrente elettrica

3) Lesioni da agenti chimici

4) Intossicazioni

5) Ferite lacero contuse

6) Emorragie esterne

Terza giornata

MODULO C

totale n. 4 ore

Acquisire capacità di intervento pratico

1) Principali tecniche di comunicazione con il sistema di emergenza del SSN

2) Principali tecniche di primo soccorso nelle sindromi cerebrali acute

3) Principali tecniche di primo soccorso nella sindrome di insufficienza respiratoria acuta

4) Principali tecniche di rianimazione cardiopolmonare

5) Principali tecniche di tamponamento emorragico

6) Principali tecniche di sollevamento, spostamento e trasporto del traumatizzato

7) Principali tecniche di primo soccorso in casi di esposizione accidentale ad agenti chimici e biologici

 

BIBLIOGRAFIA

  • Medicina pratica UTET
  • Dizionario Medico ESES
  • Manuale MERK di diagnosi e terapia STAMPA MEDICA
  • Pronto Soccorso e interventi d’emergenza Mc Grow Hill -V ed.
  • Dispensa 118 - Regione Piemonte
  • Basic – Life – Support - secondo le linee guida italiana Resuscitation Council
  • 626/94 -VOLUME A n° 6 - E. B. E. R.
  • D. M.  388/03
  • D. Lgs. n. 81/2008
  • D. Lgs. n. 106/2009
  • American College of Surgeons. Advance Trauma Life Support  6ª ed. 1997 
  • Kram HB, Appel PL, Wohlmuth DA et. al.: Diagnosis of traumatic thoracic aortic rupture: A 10-year retrospective analysis. Ann. Surg. 1988; 208: 615-618 
  • M.L. Callaham , C. W. Barton, H. M. Schumaker: Emergenze mediche. Ed. italiana Mediserve 1995
  • G. Tiberio et al.: Emergenze medico chirurgiche. Masson 2ª ed. 2001
  • F. Meneghini, L. Stellin: Corso di perfezionamento in chirurgia di Pronto Soccorso e Grandi Emergenze-Advance Life Support.  Anno Accademico 2000-2001  
  • Immagini da  http://www.trauma.org/imagebank/imagebank.html

ULTIMO AGGIORNAMENTO MARZO 2010

 

Fonte: http://www.crocedorosampierdarena.com/app/download/2331482/DISPENSA+PS+2010.doc

Sito web da visitare: http://www.crocedorosampierdarena.com

Autore del testo: Catarsi Fulvio

Il testo è di proprietà dei rispettivi autori che ringraziamo per l'opportunità che ci danno di far conoscere gratuitamente i loro testi per finalità illustrative e didattiche. Se siete gli autori del testo e siete interessati a richiedere la rimozione del testo o l'inserimento di altre informazioni inviateci un e-mail dopo le opportune verifiche soddisferemo la vostra richiesta nel più breve tempo possibile.

 

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