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DISPENSA
CORSO DI MICOLOGIA
AI SENSI DELLA LEGGE REG. CALABRIA N. 30 DEL 26/11/2001 ART. 5 COMMA 5
PROMOSSO DALLA COMUNITÀ MONTANA DESTRA CRATI IN COLLABORAZIONE CON L’ASSOCIAZIONE MICOLOGICA BRESADOLA (A.M.B.) GRUPPO MICOLOLOGICO NATURALISTICO “SILA GRECA”.
Indirizzo Web WWW.destracrati.it
Elaborato a cura dall’A.M.B. Gruppo Micologico Naturalistico “Sila Greca”:
Testi di riferimento:
GENERALITA’ - SISTEMI NUTRIZIONALI E RIPRODUTTIVI DEI FUNGHI
La scienza che studia i funghi è la Micologia. Ciò che si raccoglie nel bosco e che generalmente chiamiamo fungo, non è altro che il frutto di un organismo microscopico che cresce sotto terra a cui é stato dato il nome di micelio. Il micelio è formato da un groviglio di tanti filamenti ramificati costituiti da cellule filiformi e sottilissime dette ife. Quando le condizioni ambientali ed atmosferiche sono ideali, questo fruttifica e da vita al fungo (tipico per ogni specie) detto carpoforo che produce le spore per la riproduzione.
I carpofori che si possono osservare ad occhio nudo vengono anche chiamati macromiceti. Ad essi appartengono i due gruppi più evoluti del regno dei miceti che sono i basidiomiceti e gli ascomiceti, i quali si differenziano tra loro per la formazione di particolari organi riproduttivi detti basidi e aschi.
Con il termine epigeo si indicano tutte quelle specie in cui il carpoforo si sviluppa sopra il livello del terreno e che rappresentano la buona parte dei funghi noti ai raccoglitori. Le specie in cui il carpoforo si sviluppa sotto il livello del terreno sono chiamate ipogee; a questo gruppo appartengono i famosi tartufi. Vengono definite poi semiipogee le specie che crescono sotto terra, ma con la parte superiore che fuoriesce appena dal terreno a maturità per favorire così la dispersione delle spore.
Sistemi nutrizionali dei funghi (schema A.M.B.)
La nutrizione del micelio, e quindi del fungo, avviene per semplice assorbimento delle sostanze nutritive circostanti da parte delle ife, che funzionano come le “radici” di una pianta. Ecco perché è importante stare attenti ai luoghi di raccolta poiché i funghi si comportano rispetto all’ambiente come delle spugne, assorbendone anche eventuali sostanze inquinanti.
I funghi, essendo sprovvisti di clorofilla (la clorofilla è il pigmento che da la colorazione verde alle piante), a differenza delle altre piante, non sono in grado di vivere autonomamente, perché non sono capaci di produrre da se le sostanze nutritive come le proteine, le vitamine, ecc. di cui hanno bisogno, ma devono procurarsele, come gli animali, nutrendosi di materiali organici a spese di altri organismi viventi (altre piante o animali), oppure da organismi morti in decomposizione.
In base al tipo di nutrizione o al rapporto che il micelio instaura con gli altri organismi, con i quali si associa, possiamo distinguere tre sistemi nutrizionali diversi:
SAPROFITI, quelli che si nutrono di sostanze organiche, animali o vegetali morti. Tali funghi, assieme ai batteri e ad altri microrganismi, provvedono alla importantissima funzione di degradazione delle sostanze organiche, affinché tutte le spoglie del mondo vivente vengano
trasformate e restituite a quello inorganico sotto forma di acqua, anidride carbonica e sali minerali che assicurano il perpetuarsi del ciclo biologico. L'humus del terreno, costituito da detriti vegetali in tutti gli stadi di decomposizione, rappresenta la fonte di nutrizione dei vegetali e di un grandissimo numero di funghi saprofiti tanto macroscopici che microscopici.
PARASSITI, sono funghi che si nutrono a spese di sostanze animali o vegetali viventi. Gran parte dei parassiti è costituita da microfunghi che possono rappresentare un serio pericolo per le piante, gli animali e l'uomo stesso, essendo la causa di gravi malattie che possono condurre alla morte dell'ospite. La peronospora, l'oidio, la ruggine del frumento, il mal secco della patate, etc., causate da funghi cosiddetti "inferiori", unitamente al mal del falchetto determinato dal notissimo chiodino (Armillaria mellea s.l.), formano alcuni degli esempi più noti di malattie fungine diffuse nel regno vegetale. Tuttavia, i funghi parassiti sono regolatori del bosco poiché, di norma, attaccano solo le piante più gracili o ammalate migliorando, di fatto, la condizione delle altre essenze presenti nel bosco che, "liberate" da altri contendenti, fruiscono meglio delle risorse a loro disposizione. Sono esempi di altri parassiti il fungo dell’ulivo, il Gymnopilus spectabilis e numerose Polyporaceae e Corticiaceae.
SIMBIONTI, quelli che conducono vita in comune con altri organismi viventi, ricavandone entrambi vantaggi (mutualismo). Il micelio entra in simbiosi con le radichette terminali di alberi superiori, arbusti o erbe, stabilendo con esse uno scambio continuo di sostanze nutritive. Il fenomeno, detto micorriza, si realizza per semplice contatto (micorriza ectotrofica, tipica dei basidiomiceti e di taluni ascomiceti). La combinazione è vantaggiosa sia per il fungo che per la pianta, poiché quest'ultima si serve del micelio per estendere notevolmente la superficie da cui trarre sostanze nutritive (inorganiche: acqua e sali minerali) che assumerà utilizzando proprio le ife miceliari quali "tubicini di prolunga" delle proprie radici; ma vantaggiosa anche per il fungo (si intenda micelio) che riceverà indietro dalla pianta gli eccessi di alimentazione ormai fotosintetizzati (sostanze organiche), coi quali potrà esso stesso nutrirsi. È stato dimostrato che alberi micorrizati crescono assai più rigogliosi. Per tale motivo la comparsa di carpofori di funghi simbionti in un bosco ancor giovane prelude ad un sano ed equilibrato sviluppo del medesimo. I particolari e delicati rapporti tra fungo e pianta che si stabiliscono con la micorriza, spiegano anche perché risulta molto difficile se non vana la coltivazione di funghi molto apprezzati come l'Ovolo buono e i Porcini, al di fuori del loro ambiente naturale. E’ interessante notare che alcune specie sono legate esclusivamente ad una pianta, altre invece a tutte le latifoglie (piante a foglia larga), altre ancora a tutte le conifere, ed infine altre specie che crescono ovunque. Sono funghi simbionti i Boletus, compreso il gruppo dei porcini; le Amanite, compreso l’ovulo; i Cantharellus,
compreso il gallinaccio; i Cortinarius, gli Hygrophorus, i Tricholoma, compreso le monachelle; le Russula, i Lactarius, compreso il rosito; etc.
Può sembrare incredibile ma i funghi sono stati creati per "mangiare" e non per essere mangiati! Alludiamo al sistema di nutrizione dei miceli, che qui troverà risposta alla non ingenua, ma pur legittima domanda "A cosa servono i funghi e perché è indispensabile rispettarli ?"
Infatti, i tre sistemi nutrizionali e di vita sopra descritti regolano, insieme ad altri organismi come i batteri, l’equilibrio biologico fondamentale dei cicli della materia, indispensabile per il perpetuarsi della vita nel tempo.
Sistema riproduttivo dei funghi (schema A.M.B.)
Il micelio, così come le piante, utilizza più strategie riproduttive che possono essere grossolanamente riassunte in due modi:
In generale la riproduzione per frammentazione è quella che di norma viene maggiormente adottata almeno finché le condizioni ambientali (temperatura, umidità, luce, ecc.) per la crescita del micelio rimangono favorevoli. Quando, invece, tali condizioni vengono alterate, la fruttificazione rappresenta la via di riproduzione più importante poiché le spore prodotte offrono sia una maggior resistenza ai fattori avversi ma soprattutto una maggiore variabilità genetica e quindi una maggiore capacità di adattamento alle nuove condizioni ambientali.
Per descrivere meglio il ciclo vitale di un fungo, partendo da un carpoforo adulto, come si evidenzia nel disegno che mostra un esemplare sviluppato di Amanita caesarea, si illustrano le seguenti fasi della sua vita: si noterà che dalla zona sottostante il cappello, detta imenoforo, (l’imenoforo è “l’organo” fertile del carpoforo, spesso costituito da lamelle o tubuli) si disperde una "nube" di minuscole particelle. Si tratta delle spore, in realtà non visibili ad occhio nudo, piccolissime cellule in grado di germinare e perciò simili a semi, le quali, una volta giunte a maturazione, abbandonano il carpoforo che le ha generate ed ospitate, per intraprendere il lungo cammino della riproduzione. Ogni singola spora, una volta giunta a dimora (terreno o altro substrato idoneo), germina e da origine ad un filamento composto da cellule filiformi dette ife, che prende il nome di micelio primario. Questa, in realtà, è la vera “pianta-fungo”, ma a questo stadio non è ancora capace di fruttificare. Affinché il micelio possa acquisire la capacità di produrre frutti (carpofori), occorre che si verifichi un nuovo evento: ovvero l’unione di due miceli primari originati da spore di carica sessuale opposta (maschile e femminile) che danno origine al micelio secondario. Nel disegno si può osservare un micelio primario originato da una spora “femmina”, che si incontra e si unisce ad un altro micelio primario originato da una spora “maschio”, costituendo così il micelio secondario che rappresenta una pianta fertile in grado di produrre i carpofori e quindi iniziare un nuovo ciclo riproduttivo. E’ particolarmente importante però notare che la produzione dei frutti (carpofori) di molti funghi simbionti, come ad esempio il porcino, non potrà comunque avvenire se il nuovo micelio secondario cosi formato non sarà indotto a fruttificare dall’organismo di convivenza (piante o altro) necessario per lo scambio, non solo di sostanze nutritive, ma anche di fattori importanti per la regolazione riproduttiva.
Pertanto, è solo il micelio secondario che, qualora si ritrovi nelle condizioni di calore e umidità adatte, potrà avviarsi alla fruttificazione e quindi ad un nuovo ciclo.
Un ecosistema può essere considerato come una macchina che produce sostanza vivente, utilizzando l’energia solare, e partendo da sostanze inorganiche (anidride carbonica, acqua, sali minerali).
Ogni macchina ha bisogno di energia e gli ecosistemi utilizzano quella del Sole, che nel nostro pianeta è la fonte primaria di energia, e la trasformano in energia chimica, che è l’energia della vita. Le piante verdi infatti, grazie alla clorofilla, immagazzinano energia nelle sostanze organiche che costruiscono, come i carboidrati, dei quali si nutrono esse stesse o gli animali.
Nell’ecosistema le piante sono chiamate produttori o autotrofi, perché producono sostanza organica di cui si nutrono, nella quale è immagazzinata l’energia chimica, e gli animali sono i consumatori o eterotrofi. Gli animali erbivori sono detti consumatori di primo ordine, i carnivori di secondo ordine, e così via. Nell’ecosistema forestale c’è un terzo gruppo di viventi, gli eterotrofi saprofagi, che per vivere utilizzano l’energia chimica contenuta nei resti e nei rifiuti degli altri viventi della comunità. Così facendo essi demoliscono questi residui e restituiscono all’ambiente le sostanze inorganiche, che costituiscono i mattoni della vita, e il ciclo ricomincia. Per questo motivo i saprofagi vengono chiamati demolitori o decompositori
Esempi di demolitori sono i batteri, i funghi saprofiti.
Dunque che ruolo giocano i funghi negli ecosistemi?In generale hanno il grande ruolo dei demolitori. Possiamo immaginare una foresta come una grande tela di Penelope. La fedele moglie di Ulisse di giorno tesseva la tela e di notte disfaceva il lavoro fatto; in una comunità naturale le piante costruiscono nuova sostanza organica, catturando energia solare, mentre i funghi –in stretta relazione con alcuni batteri- demoliscono il lavoro fatto dalle piante. Solo così la macchina naturale funziona garantendo un continuo flusso di energia e di sostanze. E’ evidente che i funghi, occupando l’ultimo anello della catena alimentare, sono i responsabili della totale demolizione delle molecole organiche e della loro demolizione a molecole piccole e povere di energia, nuovamente assunte dalle piante verdi, andranno a costituire i mattoni per nuove grandi molecole organiche.
I funghi, così come le piante e gli animali, hanno delle caratteristiche specifiche proprie, per cui sono stati separati dal regno vegetale in cui un tempo erano compresi, ed oggi appartengono ad un regno a parte: Regno dei funghi o Mycota.
Per attribuire il nome ai funghi (nomenclatura) si è adottato il sistema binomio (genere e specie), che é un po’ come l’anagrafe o meglio l’albero genealogico del fungo, che ci
permette di conoscere e classificare ogni specie. Questo sistema è suddiviso in vari raggruppamenti, che racchiudono delle caratteristiche tipiche, via via sempre più selettivi indicati con: la divisione (-mycota), la classe (-mycetes), l’ordine (-ales), la famiglia (- aceae), ed infine si arriva al genere e alla specie.
Questo sistema è paragonabile, volendo usare come esempio la descrizione di appartenenza di un italiano, con la seguente sequenza: la divisione il continente, la classe la nazione, l’ordine la regione, la famiglia il comune di appartenenza, il genere il cognome, la specie il nome.
In definitiva, il nome completo di un fungo viene dato da un binomio che è rappresentato dal genere (cognome) scritto col primo carattere maiuscolo e dalla specie (nome) col primo carattere minuscolo, di solito seguita o dalla varietà o dell'autore che ha pubblicato per primo la specie, talvolta seguito ancora da successivi autori che ne hanno modificato la tassonomia (es. il porcino nero si chiama Boletus aereus Bulliard: Fries).
Il riconoscimento di una specie avviene alla fine di un’attenta osservazione di tutti i suoi caratteri morfologici, ecologici ed organolettici, e a volte (come per i professionisti) anche da osservazioni microscopiche di alcune parti significative (come le spore, ecc.).
L'osservazione dei caratteri organolettici (sapore e odore), quando è possibile, poiché l’assaggio è sempre sconsigliato per le specie sconosciute perché rischioso, ci permette di valutare caratteristiche come l’odore e il sapore ; ma per una corretta determinazione è importante anche un’attenta e scrupolosa osservazione della morfologia del fungo come: il cappello, l’imenio, il gambo, i veli, la carne, ecc.. Non meno importante è ancora l'ecologia o meglio dire l’osservazione dell’ambiente circostante al luogo di ritrovamento del fungo, al fine di tenere presente tutte le piante ed ogni altro elemento che si trovano in un raggio di almeno 20 metri, che possono risultare importanti per una più corretta identificazione.
Il sapore é importante per identificare le specie dei diversi generi, specialmente riferito al lattice dei lattari, oppure alla carne dei boleti. Può essere dolce, amaro, acre, pepato, di farina, di ravanello, legnoso, di pesce, ecc. Questo si può percepire subito o dopo una adeguata masticazione. Fra due persone ci può essere differenza di interpretazione di odore. Importante é, in base al genere che si vuole analizzare, conoscere gli odori base; al riguardo si consiglia sempre di basarsi sugli odori delle specie note e fare il confronto.
Vi proponiamo nella figura 1 i disegni schematici di alcuni funghi, riproducendo le forme e le famiglie più comuni e più note con la rispettive denominazioni principali.
Ogni specie ha delle caratteristiche specifiche che vanno osservate, specialmente quelle che rendono possibile la differenza rispetto al sosia pericoloso.
Di seguito saranno evidenziate le principali caratteristiche morfologiche delle diverse parti di cui è costituito il carpoforo (cappello, imenio, gambo, veli, carne).
ascella
Gli elementi importanti da osservare, alcuni rappresentati nella figura 2 con disegni schematici, sono: le dimensioni limitate al diametro; il colore nei diversi stadi di crescita e condizioni atmosferiche; l'aspetto morfologico. Quest'ultimo può essere: convesso, depresso, pianeggiante, globoso, ecc.; il disco (la parte centrale) può risultare: umbonato, ombelicato; il margine (la parte periferica) può essere: liscio, striato, involuto; il rivestimento può essere: viscido, asciutto, igrofano, verrucoso, squamato, fibrilloso, zonato, ecc.
L'imenio costituisce la parte fertile del carpoforo, cioè dove si trovano le spore; nel nostro caso è costituito da lamelle, da tubuli oppure da aculei.
È un particolare di grande aiuto per la determinazione. Nel caso delle lamelle possono essere rispetto al gambo: distanti, smarginate, adnate o decorrenti.
Delle lamelle va anche osservato il colore ed il loro portamento. Rispetto a quest’ultimo aspetto le lamelle si posso presentare: rade, fitte, con lamellule, biforcate.
Sui tubuli va osservato: colore e presenza di viraggio. Nei pori (estremità dei tubuli) va osservato: il colore, se concolore ai tubuli oppure differente, nonché la loro forma.
Sugli aculei vanno osservati: il colore e l'inserzione sul gambo.
Importanti da osservare sono: le dimensioni in proporzione al diametro del cappello; si dice corto se la sua lunghezza é molto inferiore, medio se é all'incirca uguale, grande se é più lungo; la posizione rispetto all’inserzione sul cappello: centrale, eccentrico, laterale; la sua forma risulta: cilindrica, obesa, claviforme; la base: normale, attenuata, bulbosa, radicata, volvata; la struttura: omogenea, eterogenea, piena, cava; se la superficie é concolore al cappello oppure diversa; l'ornamentazione può essere, reticolata, granulosa, fibrillosa, squamata; la presenza di veli.
Alcuni generi appena nati, per proteggere il carpoforo, sono avvolti da un velo generale, detto anche universale, che lo copre interamente (ad esempio nello stato di ovulo delle amanite); alcuni altri generi da giovani sono muniti di veli parziali, i cosiddetti anelli, a protezione dell'imenio. Carne
Va distinta la carne del cappello da quella del gambo; accertare la presenza di lattice o meno; la consistenza può essere: compatta, molle, fibrosa, cassante = rottura netta come nei lattari, ecc. Il colore iniziale e la possibile presenza di viraggio (cambiamento di colore).
L'ecologia di un fungo, detta anche habitat, riguarda l'ambiente di crescita in relazione anche alle piante con cui convive. Le caratteristiche ecologiche sono anche aspetti di crescita che ogni specie manifesta; in particolarmente si dice: solitario quando cresce singolo, gregario quando diversi esemplari crescono vicini, cespitoso quando diversi esemplari sono uniti alla base, allineati che crescono in fila, a circolo crescenti a forma di cerchio; oppure, terricolo che crescente sulla terra e lignicolo sul legno .
Il modo corretto per la raccolta del fungo è raccoglierlo intero, esercitando sul gambo, ove possibile, una breve e delicata torsione. Sapendo che il vento e i raggi solari danneggerebbero gravemente il micelio, è importante quindi coprire, con fogliame o altro, quel piccolo vuoto che ha lasciato sul terreno l'asportazione del fungo. Così facendo non si lascia traccia del passaggio dell'uomo, si mantiene intatta la natura e il luogo di ritrovo del fungo non sarà scoperto da altri. Se invece si tratta di funghi ove la torsione diventa difficoltosa, allora si consiglia di tagliarlo alla base. La raccolta dei carpofori interi è necessaria quando devono essere sottoposti a controllo ispettivo per la loro identificazione.
I funghi vanno puliti dal terriccio sul luogo di raccolta. E' proprio il terriccio adiacente la base del gambo che é ricco di micelio pronto per la fruttificazione (facendo il paragone con le piante, i filamenti di micelio rappresentano le punte dei rami su cui si sviluppano i frutti). É necessario che questo resti nel bosco e non finisca in una pattumiera. Un altro vantaggio è che riponendoli nel cesto già puliti, non si imbrattano di substrato terroso reciprocamente.
La raccolta dei funghi è consentita solo nelle ore diurne.
All’interno delle aziende dove si pratica la caccia la raccolta dei funghi è consentita nei soli giorni di divieto della caccia stessa.
Art.2
Art.3
Art.4
Vademecum del raccoglitore (Raccomandato dall’AMB) Informati preventivamente sulle norme che regolano la raccolta e rispettale.
Indossa indumenti adatti al luogo della raccolta, in particolare calzature robuste, che evitano distorsioni e cadute e che coprono adeguatamente gli arti inferiori; prevedi i bruschi cambiamenti del tempo in montagna.
Rispetta il bosco senza provocare danni alla flora; calpestare e distruggere i funghi velenosi o quelli sconosciuti è un danno ecologico; non lasciare traccia del tuo passaggio.
Deposita e trasporta i funghi raccolti in un cesto rigido e areato, possibilmente un tradizionale paniere; sono banditi sacchetti e contenitori di plastica!
Raccogli solo funghi freschi, interi e in buono stato.
Non usare rastrelli o bastoni uncinati, rovinano lo strato umifero e il micelio.
Non fidarti degli esperti praticoni, chiedi informazioni a persone attendibili, come micologi, ispettori dell’ASL, studiosi dei Gruppi Micologici.
Rivolgiti per il controllo all’Ispettorato Micologico dell’ASL.
Cuoci i funghi, previa accurata pulizia e lavaggio, il più presto possibile, preferibilmente in giornata.
Ricorda che i mezzi empirici per accertare la velenosità ( cucchiaio d’argento, aglio, ecc.) sono atti di irresponsabile incoscienza.
Osserva e rispetta la natura, goditi le sue bellezze, non alterarne l’equilibrio, non lasciare rifiuti, evita il calpestio, non rovinare lo strato umifero, non dimenticare che gli alberi e la falda acquifera sono fonte di vita, non disturbare la fauna, non danneggiare i funghi, non raccogliere fiori, osservali soltanto e pensa che del bosco sei ospite.
… arriva un temporale improvviso
Per il rischio di fulmini evitare di sostare vicino ad alberi, specialmente se emergono dal bosco e se isolati sulle alture. Fermarsi lontano dalle piante e tenere le gambe unite. Evitare di usare ombrelli con la punta di metallo. Raggiungere luoghi di rifugio, strutture usate da boscaioli, pastori, agricoltori, senza arrecare danni alle cose. Evitare ripari lungo i corsi d’acqua.
Spegnerlo, solo se di piccolissime dimensioni, altrimenti allontanarsi velocemente dal luogo seguendo una direzione controvento ed allertare il servizio antincendio chiamando il numero 115. Se non si trova un telefono, raggiungere la strada più vicina e dare l’allarme tramite automobilisti di passaggio.
Evitare di sostare sotto le piante infestate da tale parassita, che si riconoscono per la presenza dei nidi sericei pieni di bruchi (grosse ragnatele di forma globosa). Non toccare il nido o la stessa processionaria, contiene un liquido e peli urticanti, evitare di inalarli. Per distruggere i bruchi bisogna bruciarli, con precauzione, senza venire a contatto diretto con i parassiti. In caso di contatto lavare abbondantemente con acqua e sapone la zona d’urto.
Spalmare un antistaminico nella zona della puntura, in mancanza strofinarvi foglie di piantaggine (Plantago lanceolata oppure Plantago maior, nome acrese: cientunierbi). Se possibile rinfrescare la parte dolorante con acqua fredda di sorgente o con quella della borraccia.
Con una pinzetta, senza alcuna aggiunta, (olio o altro liquido, indurrebbe la zecca a difendersi e a riversare nel corpo della persona sostanze nocive), afferrare la zecca e ruotarla in senso antiorario (come se si svitasse una vite). Assicurarsi, dopo tale operazione, che la testa della zecca sia stata sicuramente asportata. Disinfettare se c’è la possibilità, lavare con acqua fresca, garantire al ritorno un controllo sanitario.
Per evitare rischi, non sdraiarsi sull'erba in modo incauto, non fiancheggiare briglie, muri a secco, muraglie di pietra, cataste di legna, rive di corsi d’acqua o stagni; prima di sedersi sui sassi, pietre, tronchi, ceppaie, ecc. ispezionare accuratamente il luogo. In caso di morso di vipera, sulla pelle si notano due forellini circondati da un alone rosso che con il tempo diventano violacei, distanziati 6-8 mm, da cui fuoriesce sangue misto a siero. Steccare l’arto per immobilizzarlo, tenere calmo l’infortunato, praticare, se possibile e con la massima cautela, un taglio ma non succhiare la ferita, specie se non si è esperti in questa pratica o se non si possiedono adeguate competenze di pronto soccorso, chiamare il 118, allertare con ogni mezzo il più vicino ospedale.
I morsi degli animali selvatici sono ad alto rischio di infezione per i germi presenti nella loro saliva. Lavare bene la ferita e disinfettare. Essere in grado sommariamente di descrivere l’animale una volta giunti al pronto soccorso.
La volpe malata riesce a vedere solo i movimenti, restare immobili. Se si avvicina prendere un legno e agitarlo, lasciate che lo afferri a morsi. Lasciate lentamente il legno e sempre lentamente allontanarsi. Essa resterà a mordere il legno.
Specialmente nelle giornate senza sole il rischio è grande se non si conosce bene il bosco. Prima di avventurarsi con condizioni atmosferiche avverse, è necessario studiare la piantina del bosco, munirsi di una buona bussola, osservare la vegetazione e il rilievo lungo il cammino. In ogni caso, se si ha la sensazione di avere perso l’orientamento, è bene salire su un cucuzzolo o comunque verso l’alto per cercare di capire in che direzione dirigersi. Prima di
entrare nel bosco è utile guardarsi intorno per memorizzare punti di riferimento sull’orizzonte. Il muschio delle piante esposto a Nord, spesso inganna. In caso di smarrimento, e sta per sopraggiungere la notte, cercare di individuare un rifugio sicuro, se ciò non è possibile fermarsi in un luogo riparato, munirsi di bastone, accendere un fuoco, prendendo tutte le precauzioni per evitare rischi di incendio ed attendere con pazienza l’alba.
Solitamente le cause di incidente sono: limitata efficienza fisica, imprudenza, mancanza di esperienza, disattenzione, equipaggiamento non idoneo, scivolata su sentiero.
Portare il paziente in un luogo ombroso e farlo sdraiare sulla schiena. Sbottonare i vestiti e fare impacchi freschi sulle gambe, braccia, collo, capo. Somministrare bevande fresche e saline.
Se trattasi di traumi dei muscoli il dolore è forte. La terapia è quella del riposo, coadiuvata da impacchi di acqua fredda.
Se ci sono traumi ossei il dolore è anche forte, aumenta al minimo movimento, inoltre subentra il gonfiore. Non resta altro che steccare l’arto interessato con mezzi di fortuna, e organizzare l’immediato trasporto in ospedale. Per traumi di una certa gravità non toccare il ferito, coprirlo adeguatamente e offrirgli assistenza psicologica, mentre uno del gruppo allerta il 118.
Per piccole ferite con fuoriuscita di sangue, lavare la ferita, disinfettarla e bendarla, garantire in giornata il controllo sanitario.
Generalità e contaminazione dei funghi
Non sempre gli avvelenamenti che si verificano dopo aver consumato funghi sono da imputare alla loro tossicità. Infatti si rischia un'intossicazione alimentare se:
Si calcola che circa un terzo degli avvelenamenti da funghi sia solo di origine psichica; spesso i funghi vengono consumati con superficialità e soltanto dopo si inizia a riflettere sulla loro commestibilità.
Non tutte le persone riescono a digerire i funghi, indipendentemente dal loro grado di commestibilità, ciò si può verificare sia con i funghi che con altri alimenti. Esistono anche allergie individuali per una o più specie fungine.
La commestibilità deve essere riferita, in ogni caso, a funghi sani e in buono stato. I funghi dal precario stato di conservazione, dovuta alla degradazione temporale o ambientale, possono essere oltre che poco appetibili anche decisamente pericolosi.
L’ambiente nel quale il fungo cresce può produrre effetti negativi sulla sua commestibilità. Sono da eludere, in proposito, le credenze popolari come il chiodo arrugginito e il morso della vipera. Considerare invece importanti gli effetti che gli elementi inquinanti hanno sui funghi, come l’uso di pesticidi in agricoltura che producono una sorta di tossicità indiretta, oppure la vicinanza dei funghi ad arterie stradali ad alto scorrimento di traffico o a zone industriali e minerarie.
Alcune specie di funghi hanno la capacita di assorbire metalli pesanti e isotopi radioattivi. Tra le sostanze più pericolose assorbite dai funghi spontanei vi possono essere: cesio, mercurio, piombo e cadmio.
La complessità della tossicologia non consente di consigliare un rimedio di pronto soccorso valido per ogni tipo di sindrome; occorre che, ai primi sintomi, si contatti un medico o meglio se si raggiunge al più presto un pronto soccorso ospedaliero. E’ comunque buona norma non cibarsi di funghi sconosciuti o dubbi.
L’azione velenifera dei funghi è molto complessa e ancora oggi non del tutto chiara; nel testo Lavorato-Rotella 2004 sono suddivisi in 19 diverse sindromi. Elenchiamo alcuni esempi fra i più noti:
Se i sintomi si manifestano entro 3 ore dall'ingestione, si tratta di avvelenamenti percepiti già dallo stomaco, nella maggioranza dei casi non mortali. In questo caso non perdere tempo, forzare il vomito per espellere dal corpo il pranzo poco gradito e poi senza ingerire alcool o altro, correre al pronto soccorso ospedaliero.
Necessita che qualcuno raccolga tutti i resti dei funghi, anche pezzetti finiti nella pattumiera, per portarli ad un micologo qualificato (sarebbe bene prendere almeno un grammo del vomito per fare la ricerca al microscopio); al micologo necessitano anche notizie sull'ambiente di raccolta.
In caso di avvelenamenti dovuti all'ingestione di funghi velenosi, il micologo deve cercare di individuare la specie responsabile per facilitare il compito al medico, fornendogli il nome del fungo e di conseguenza facilitare l'individuazione del veleno che si deve neutralizzare.
Se i sintomi si manifestano dopo almeno 4 ore dall'ingestione, allora potrebbe trattarsi di avvelenamenti seri, il pasto ha già lasciato lo stomaco ed è arrivato nell'intestino e quindi al fegato. Forzare il vomito serve a ben poco, il pranzo poco gradito si trova nell'intestino. Bisogna correre al più vicino pronto soccorso ospedaliero. Anche in questo caso il micologo dovrebbe individuare la specie responsabile.
Casi particolari di tossicità: Tricholoma equestre e Clitocybe nebularis
Il Tricholoma equestre, detto anche fungo del cavaliere o monachella gialla, da sempre dichiarato un commestibile eccellente, è stato messo sotto accusa in seguito ad alcune intossicazioni mortali sopravvenute nel sud della Francia ed in Polonia attribuite a questo fungo.
I casi dichiarati sono stati 11 dei quali 4 mortali. Il dato comune a questi 11 casi è che tutti gli intossicati avevano mangiato delle cospicue quantità di questo fungo in un lasso di tempo breve e spesso in pasti consecutivi. Tutti gli intossicati hanno accusato dolori muscolari, febbre, sudorazioni e nausee.
Nei tre casi mortali si sono verificati delle vere e proprie lesioni muscolari con aumento di un enzima: la creatina chinasi (CK). Nel resto dei nove casi, dove cioè c’è stata una remissione della malattia l’enzima è gradatamente rientrato nei limiti.
È stato constatato che il vero indiziato è il Tricholoma auratum, non è ancora chiaro se si tratta di due specie o di una semplice forma del Tricholoma equestre, in Calabria crescono ambedue le forme, quella cui ha causato gli avvelenamenti corrisponde a quella che cresce in massa sotto il pino silano.
La conclusione di tutto sembrerebbe questa: il Tricholoma che sia equestre o auratum, conferma che, come altri funghi conosciuti, tra i quali le Gyromitra e il Paxillus involutus o taluni Agaricus, hanno dei principi tossici che scatenano i loro temibili effetti quando una certa dose è eccessiva.
Nonostante questi studi siano molto avanzati, non è ancora certa la tossicità del
Tricholoma equestre, perché non è stata identificata la tossina responsabile.
La tossicità di Clitocybe nebularis è pressoché simile al precedente, anche per questa specie gli studi sono molto avanzati, ma non si ha un quadro complessivo di tutto ciò che può causare all’uomo. Di recente in Calabria, un uomo affetto di cancro ad un rene, tramite la biopsia hanno scoperto che sotto la pelle del rene si era accumulata molta nebularina , tossina del suddetto C. nebularis, con molta probabilità che sia stato questi a causare la malattia.
Una serie di micotossine sono prodotte da diversi funghi che crescendo generano le muffe.
Alcune di esse sono estremamente tossiche per gli animali e per l’uomo.
Le micotossine derivano dal metabolismo di alcuni funghi che trovano le condizioni ideali di crescita allorquando temperatura ed umidità sono elevate.
I funghi produttori di queste tossine si sviluppano nel grano, nelle noci, nei pistacchi, nelle arachidi, nella frutta secca, nel mais, nel latte, nei latticini, nel caffè ed anche nei funghi commestibili di aspetto malato.
Le micotossine sono particolarmente insidiose per la salute umana, e sono state identificate come la causa maggiore di intossicazione di massa.
Le muffe produttrici di micotossine possono contaminare gli alimenti sul campo, durante il trasporto, il magazzinaggio e la lavorazione o se sviluppati su funghi mangerecci durante lo sviluppo.
I funghi hanno da sempre esercitato una irresistibile attrattiva sull’uomo, sia per le loro qualità organolettiche sia per l’alone di mistero che in ogni tempo ha circondato il loro aspetto. Oltre alla squisita delicatezza alimentare, i funghi sono stati, dai tempi più remoti, ritenuti “elisir di lunga vita”.
In Cina, i funghi erano considerati un mezzo per raggiungere l’immortalità; presso i Greci ed i Romani erano considerati un rimedio universale nella cura di ferite e malattie.
Oltre all’interesse gastronomico che li ha fatti qualificare come “cibo degli Dei” e farmacologico per le numerose proprietà terapeutiche in vari campi della medicina, i funghi suscitato anche forti reazioni negative in quanto causa di gravi e mortali avvelenamenti.
Il consumo alimentare dei funghi è diffuso in tutti i popoli e consente un apporto di sostanze vitaminiche non comunemente reperibile in altri alimenti.
Molti funghi eduli hanno un valore alimentare tutt’altro che trascurabile.
Ricerche approfondite su dieci specie di funghi eduli tra le quali: Boletus edulis, Cantharellus cibarius, Armillaria mellea, Agaricus bisporus, Marasmius oreades riscontrano i seguenti valori:
- Prataiolo |
90% |
- Tartufo bianco |
79% |
- Porcino |
88% |
- Funghi secchi |
11% |
Le proteine presenti nei funghi contengono gli amminoacidi essenziali e risultano stranamente essere molto vicine come valore biologico a quelle dell’uovo. Sono quindi proteine ad alto valore biologico.
Il contenuto di grassi nei funghi è molto esiguo ma si tratta di grassi importanti ( acido linoleico).
Tra i carboidrati più rappresentativi ricordiamo il mannitolo.
Un etto di funghi contiene potassio e fosforo in quantità superiore rispetto alla nostra necessità quotidiana, tanto zinco quanto ce ne occorre, metà del rame che dovremmo assimilare nelle 24 ore e circa un terzo del ferro che consumiamo giornalmente.
Le vitamine assimilabili dai funghi sono molte e di notevole importanza (A, B, C, D, K, PP) quest’ultima è la più rappresentata e ha funzioni importanti nel nostro corpo. Basta ricordare che la vitamina PP (Niacina o Nicotinaammide) è indispensabile per la formazione dei globuli rossi, ha enorme importanza per la cute e per il sistema nervoso. La vitamina PP è così rappresentata nei funghi che essi diventano gli elementi più ricchi di questa vitamina.
● LE FIBRE 2,9-4,9%
Le fibre sono presenti nei funghi sotto forma di micocellulosa, chitina e chitosano. Il fungo è un buon detergente intestinale, infatti la fibra in esso contenuta concorre ad assorbire le scorie intestinali e ne facilita l’evacuazione.
La chitina, che per processi di trasformazione può diventare chitosano, possedendo dei gruppi amminici a carica positiva, può attaccarsi ai grassi alimentari con carica negativa. Il chitosano quindi permette non solo di diminuire la colesterolemia ma anche di diminuire il grasso corporeo totale. Ecco perché ci sono in giro molti integratori a base di chitosano per le diete dimagranti.
La patria di questo fungo è l’Estremo Oriente. Il nome latino del fungo è Lentinus edodes. Il fungo nasce spontaneo sul legno morto delle fagacee (quercia, castagno), coltivato si
sviluppa anche su legni morbidi come il pioppo o l’ontano. È capace di metabolizzare la cellulosa e anche la lignina. È coltivato da 250 anni, in Europa le prime prove di coltivazione sono state effettuate all’inizio del 1900.
Lo Shii-take è un fungo ricco di minerali e di vitamine (soprattutto vitamina B12, precursore della vitamina D, Riboflavina e Niacina), sostanze aromatiche e gustative.
Indagini sulle proprietà chimiche, fisiche e biologiche dello Shii-take hanno dimostrato che esso può prevenire molte malattie e addirittura aiutare la guarigione di alcune malattie già esistenti.
Il fungo pare sia immunostimolante, antivirale, antineoplastico, ipocolesterolemico.
Quando si parla di funghi per riconoscerli con certezza l’esperienza è determinante, visto che la differenza tra alcune specie “buone” e altre “cattive” in qualche caso è minima (SOSIA TOSSICI).
Non sempre è possibile farsi accompagnare da persona esperta e allora non rimane che far esaminare i funghi raccolti ad esperti del settore.
Presso gli Uffici di Igiene esiste un Servizio Micologico Sanitario in grado di classificare con certezza qualsiasi esemplare fungino.
Il Micologo, per legge, è una persona abilitata ad effettuare l’attività di riconoscimento e controllo dei funghi epigei spontanei.
L’Ispettore micologo è un Micologo che opera presso le strutture pubbliche (ASL) ed ha dei ruoli ben precisi:
Pochissimi generi hanno caratteristiche differenziali di facile inquadramento, come ad esempio i generi Lactarius e Russula, nel cui ambito sono commestibili tutte le specie a lattice e carne dolce, mentre tutte le altre (amare, acri, piccanti ecc.) sono da rifiutare.
Le caratteristiche che permettono di selezionare e riconoscere le diverse specie di funghi sono continuamente oggetto di studio, per cui è necessario un continuo aggiornamento.
Un esempio sono le mazze di tamburo (Macrolepiota). Fino a pochi anni fa risultavano mangerecce tutte quelle che avevano l’anello scorrevole sul gambo; di recente, dopo alcuni avvelenamenti, il criterio di selezione è cambiato, quindi il riconoscimento avviene tramite delle zigrinature presenti sul gambo.
Per la formazione del Micologo si ritiene che è necessario un corso della durata minima di 240 ore di cui almeno 120 di tirocinio pratico.
Esse sono:
Tutti coloro che hanno a che fare con il continuo riconoscimento dei funghi freschi, come micologi, commercianti di funghi e possessori di tesserino professionale - per l’enorme responsabilità civile e penale che assumono, poiché la ricerca micologica è in continua evoluzione, visto che nelle foreste calabre esistono ancora molte specie sconosciute alla scienza - è consigliabile che gli stessi si aggiornino continuamente con l’ausilio degli esperti delle strutture a ciò preposte.
Allo scopo è bene tenere presente quanto segue:
La rapida crescita e la velenosità di alcune specie di funghi hanno suscitato da sempre la curiosità dell’uomo, favorendo il sorgere di un’infinità di credenze, pregiudizi, errati metodi empirici nella determinazione delle specie commestibili.
Una delle credenze popolari più diffusa, riguardo alla commestibilità dei funghi, è quella che dichiara velenosi quelli cresciuti a contatto con ferri arrugginiti e quelli morsi da vipere, ecc.; naturalmente tutto ciò è falso, sia perché la ruggine non è di per sé una sostanza velenosa, sia perché è molto raro, se non impossibile, che una vipera morda un fungo.
Originariamente questa credenza era dovuta al fatto che il fungo veniva ritenuto una emanazione del terreno e di chi gli stava vicino, non il frutto di una ben determinata pianta, per cui avrebbe dovuto acquistare gli stessi pregi e gli stessi difetti del habitat che lo circonda. Infatti, sebbene la tradizione ha tramandato fino a oggi la storiella delle vipere e dei chiodi arrugginiti, una volta questa credenza del habitat velenoso abbracciava qualsiasi cosa fosse ritenuta tossica o dotata di misteriosi poteri come certe erbe, il marciume, le tane di alcuni animali o insetti, pietre ritenute magiche e guardate con sospetto.
Oggigiorno, pur essendo ormai accertato che certi funghi sono tossici a causa di determinate sostanze che li compongono, è ancora difficile convincere molte persone che un chiodo o una vipera non possono alterare le virtù alimentari di un fungo mangereccio.
Questa ingenua credenza non crea tuttavia dei danni: ben più pericolosi sono invece quei metodi che stabiliscono la commestibilità dei funghi in base ai più svariati e falsi pregiudizi. Tra i più diffusi ricordiamo quelli del prezzemolo e dell’argento; non è vero, infatti, che se si cuociono dei funghi tossici insieme con del prezzemolo (o con la mollica del pane, la cipolla, l’aglio) questo annerisce: tant’è vero che il prezzemolo o l’aglio cucinato insieme con l’Amanita phalloides conserva il suo bel colore originale.
Ne è vero che un cucchiaino o una moneta d’argento anneriscano se immersi nel liquido di cottura di un fungo tossico: anche in questo caso, la prova con l’Amanita phalloides dimostra che un cucchiaino o una moneta non subiscono alterazioni di sorta. La serie di metodi popolari errati è tuttavia quasi infinita.
Non è vero che i funghi che crescono sui ceppi o sui tronchi di alberi vivi sono tutti buoni, tanto è vero che l’Omphalotus olearius (fungo dell’ulivo), fungo velenoso in forma abbastanza grave, cresce sul legno degli ulivi e di altre latifoglie.
Non è vero che i funghi di prato non sono mai velenosi: la famigerata Amanita phalloides
cresce spesso sui prati perché il suo micelio o le radici della pianta simbionte si prolungano
notevolmente sotto terra o perché sotto terra ci sono resti vivi di una latifoglia; né mancano, del resto, specie tipiche di prato tossiche, come ad esempio l’Agaricus xanthoderma.
Non è vero che dando da mangiare un fungo a un gatto o ad un altro animale, se questo non muore possiamo consumare tranquillamente quel tipo di fungo. Tralasciando la crudeltà insita in un tale metodo, va infatti ricordato che l’organismo degli animali è spesso assai diverso dal nostro, per cui certi principi tossici potrebbero essere innocui su di loro e invece mortali sull’uomo; inoltre, il veleno di certi funghi fa effetto anche dopo 20 giorni, per cui l’attesa si prolungherebbe per un lasso di tempo davvero eccessivo.
Non è vero che i funghi invasi da larve, insetti o lumache siano tutti buoni, mentre quelli intatti siano da sfuggire: l’Amanita phalloides per esempio è nutrimento (ed anche tana abituale) di certe lumache, mentre numerose specie fungine, ottime da mangiare, non sono mai attaccate da insetti o altri animali; non ci risulta, per esempio, di aver mai visto un’Orecchietta (Auricularia auricula-judae) o un Gallinaccio (Cantharellus cibarius) invasa da larve.
Non è vero che i funghi che profumano di farina siano tutti buoni: l’Entoloma sinuatum ha un gradevole profumo di farina ed è uno dei funghi più velenosi; anzi, i francesi proprio per questo motivo l’hanno chiamato il “perfido”.
Non è vero che i funghi che non fanno coagulare il bianco dell’uovo o il latte sono buoni, un’Amanita phalloides e un’ottima Amanita cesarea, introdotte in una tazza di latte, provocano identica reazione.
Ancora più pericolose sono le credenze che ritengono che i veleni fungini possano essere eliminati con adeguati procedimenti, dai più semplici come la sbollentatura o l’essiccamento, a quelli più complicati come la conservazione sotto sale, la macerazione in acqua e limone o acqua e aceto; oppure una serie di sbollentature prima con l’acqua e sale, poi acqua e aceto, poi acqua e limone. Addirittura si è ritenuto che bastasse cucinarli insieme con una pera per rendere innocuo il loro veleno.
Certamente molti funghi tossici diventano buoni con la cottura o l’essiccamento, ma non tutti.
Non è vero che siano tossici tutti i funghi viscidi (è commestibile, per esempio, il viscidissimo Suillus luteus).
Non è vero che tutti i funghi bianchi siano velenosi, come credono in alcune zone pedemontane dove mangiano solo poche specie pregiate.
Non è vero che siano tossici i funghi di colore viola: alcuni sono tra i migliori.
Non è vero, ad esempio, che i funghi crescono subito dopo la pioggia: alcune specie crescono dopo la pioggia, ma non tutte, ed in ogni caso ci vogliono sempre 8 o più giorni.
Non è vero che un fungo nasca e muoia all’improvviso, nello spazio di una notte: in realtà la maggioranza dei funghi ha un processo di maturazione che dura parecchi giorni, anche se a volte tale maturazione avviene sotto terra.
La credenza popolare più curiosa è quella che attribuisce al fungo una certa…timidezza: cioè si afferma che quando un fungo viene visto da un essere umano interrompe la crescita. In realtà, se si calpesta e si smuove troppo il terreno presso un fungo, si rischia di rompere il micelio che si sviluppa sotto terra, e siccome chi vede un fungo deve per forza essergli passato vicino, ecco nascere la leggenda.
In conclusione, i funghi sono una ricchezza per le popolazioni ed un patrimonio naturale da difendere, ma non trascurare mai il fatto che essi possono essere anche causa di morte. Le cronache dei giornali, tutti gli anni, portano notizie di persone morte o ricoverate in ospedale per avvelenamento da funghi. Bisogna perciò non seguire consigli che non abbiano una validità scientifica, né effettuare prove empiriche.
È buona norma essere cauti nel mangiare funghi poiché esistono veleni fungini come quello, quasi sempre mortale, delle “tre sorelle”, Amanita phalloides, Amanita verna e Amanita virosa, che agiscono dopo un periodo di incubazione che va da 6 a 40 ore; addirittura il Cortinario di montagna “Cortinarius orellanus”, pericolosissimo, può manifestare i suoi letali effetti da 3 a 20 giorni dopo l’ingestione.
La commercializzazione dei funghi è regolata da disposizioni previste sia da leggi regionali che nazionali, aventi come scopo la prevenzione sanitaria e quindi la tutela della salute pubblica.
I funghi possono essere posti in commercio sia allo stato fresco che trattati e secchi.
I funghi freschi vengono distinti in: funghi freschi coltivati e funghi freschi spontanei.
La vendita dei funghi freschi coltivati rimane assoggettata alla normativa vigente per i prodotti ortofrutticoli.
La vendita dei funghi freschi spontanei è riservata ai possessori di tessera professionale così come previsto dalla legge ed è regolata da una normativa regionale e nazionale.
La tessera professionale viene rilasciata dalla Provincia, facendo domanda su apposito modello tramite il Comune di residenza, presentando i seguenti documenti:
La vendita dei funghi freschi al dettaglio comporta:
D.P.R. 376/95);
I funghi epigei spontanei freschi posti in commercio devono essere:
È ammessa esclusivamente la vendita di funghi epigei spontanei freschi inclusi nell'elenco della deliberazione della giunta regionale n. 753/2003.
La vendita dei funghi trattati (sott’olio, sott’aceto, in salamoia, ecc.) è disciplinata dal D.P.R. 376/95, dall’art. 2 della legge n.283/62 e dal D.P.R. 327/80) che, tra l’altro, prevedono:
b) il nome scientifico dei funghi e la quantità controllata;
È assolutamente vietata la vendita di funghi trattati privi di etichetta (vedi Decreto Legislativo 181/2003).
L’etichetta deve corrispondere al contenuto e deve contenere:
E’ ammessa esclusivamente la trasformazione di funghi epigei spontanei freschi inclusi nell'allegato II del D.P.R. n. 376/1995.
Con la denominazione di “funghi secchi” si intende quel prodotto che presenta un tasso di umidità non superiore al 12%.
L’essiccamento può avvenire in modo naturale oppure meccanico; tale trattamento, specie se naturale, deve avvenire lontano da fonti d’inquinamento come strade trafficate, reti di materiali ferrosi, presenza di animali domestici, ecc..
Possono essere posti in commercio, come funghi secchi, solo le specie di funghi contenuti nell’art. 17 della legge n. 352/93 sostituito dall’art. 5 del D.P.R. 376/1995 e sempre che sia acquisita:
I funghi secchi possono essere venduti interi o sminuzzati, in confezioni chiuse ed etichettate, con l’indicazione facilmente visibile del nome scientifico accompagnato da menzioni qualificative rispondenti alle caratteristiche dei funghi (D. Lg.vo 181/2003).
La scadenza dei funghi secchi non può essere superiore a 12 mesi dalla data del confezionamento;
Come funghi secchi sfusi possono essere messi in vendita solamente i seguenti porcini:
Boletus aereus, Boletus edulis, Boletus aestivalis, Boletus pinophilus;
Caratteri salienti dei generi e delle specie di funghi trattati nel corso
Genere Boletus imenio poroso, gambo prevalentemente rigonfio, solitamente reticolato, talvolta granuloso; cappello carnoso, pori tondi e piccoli. Commestibili e velenosi. Il gruppo dei porcini appartiene alla Sezione Boletus: carne dolce, bianca e immutabile; gambo munito
di reticolo fine, inizialmente bianco su sfondo più scuro; pori bianchi, poi giallo verdognoli. Tutti commestibili.
): gambo colore tabacco, corto e obeso anche con l'età; reticolo fino alla base. Cresce prevalentemente sotto pino. Commestibile.
Genere Tylopilus imenio poroso, carpoforo carnoso, pori a maturità rosa e sovente debordanti dalla cuticola del cappello, carne amara, gambo munito di reticolo grossolano in rilievo crema brunastro, più scuro del colore dello sfondo, non commestibile.
Il gruppo dei boleti a carne gialla appartengono a diverse sezioni. Commestibili e velenosi.
6 Boletus regius, boleto reale : cappello colore rosso carminio uniforme, senza toni rosati del cappello, gambo giallo con reticolo concolore e fino a metà lunghezza, la carne gialla, immutabile e dolce. Commestibile.
11 Boletus impolitus, boleto impolito : cappello bruno giallastro, non ruvido; gambo giallo con superficie ricoperta da grossolane granulazioni concolori, reticolo assente; carne dolce e immutabile. Commestibile.
21 Boletus pulchrotinctus, ( ): boleto tinto di rosa cappello rosa lillaceo in periferia, mentre al centro è biancastro, raramente anche lillaceo, gambo prima giallo, poi rosato, infine rosso, reticolo concolore e base radicante. Velenoso.
Genere Suillus imenio poroso, cappello da viscido a glutinoso, una specie squamata; pori angolosi e ampi; gambo liscio o granuloso. Commestibili e leggermente velenosi.
46 Suillus lakei boleto di Lakei ( ): squamettato e crescita sotto la duglasia. Leggermente lassativo.
Genere Leccinum imenio poroso, pori bianchi, grigi, o gialli; tubuli lunghi e asportabili; gambo squamoso o granuloso, apice rastremato; sotto betulle, pioppi, cisti, leccio. Tutti commestibili.
56 Leccinum duriusculum porcinello del pioppo ( ): crescita sotto pioppi, il gambo coperto di scaglie grigio nerastre e l'ossidazione della carne. Commestibile.
Genere Paxillus. Cappello a margine involuto, carnoso, lamelle crema a giallastre e tenere, si staccano nettamente dal cappello ed al tocco anneriscono, molto decorrenti. Tutti velenosi.
Genere Hygrophoropsis Cappello arancione giallastro, lamelle arancione, fitte, leggermente velenoso.
60 Hygrophoropsis aurantiaca, falso galletto ( ): cappello arancione giallastro, lamelle arancione, quasi tutte biforcate o ramificate, fitte, molto decorrenti. Leggermente velenoso.
Genere Omphalotus. Cappello da giallastro a rosso arancio, imbutiforme; lamelle gialle arancio; lignicolo e cespitoso, velenoso.
Genere Pleurotus. Cappello grande e carnoso, lignicolo, non coriaceo, lamelle molto decorrenti. Tutti commestibili.
Lampteromyces japonicus: si tratta di un sosia velenoso del precedente al quale si differisce per la carne basale nerastra che potrebbe essere presente in Calabria. Molto velenoso.
67 Pleurotus eryngii var. ferulae, ferlengo ( ): crescita presso ferula, il cappello grigio bruno, cuticola liscia, lamelle bianche e molto decorrenti, anastomizzate al gambo. Commestibile.
Genere Lentinus. Specie con gambo coriaceo, lamelle con taglio intero, lignicoli.
69 Lentinus edodes, shii-take, fungo della salute ( ): cappello grigio brunastro con margine involuto, anello a forma di cortina, crescita su latifoglie morte, coltivato. Commestibile con notevoli poteri salutari.
Genere Amanita Velo universale a forma di volva persistente, membranosa o fioccosa. Commestibili e mortali.
Amanita caesarea attaccata da Mycogone rosea, ovulo malato (
): la specie precedente aggredita da una muffa di colore rosato. Non commestibile.
72 Amanita muscaria fo. aureola, amanita aureola ( ): cappello da arancione a rossastro, senza verruche, lamelle bianche, anello alto. Velenoso.
87 Amanita rubescens tignosa vinata : cappello bruno rossastro macchiato di vinoso, anello membranoso, bianco e striato; volva dissociata formante diversi segmenti circolari. Commestibile dopo cottura e con prudenza.
89 Amanita pantherina tignosa bruna ( ): colore grigio giallastro, margine brevemente striato, cosparso di minute verruche bianche; anello relativamente basso; volva circoncisa. Molto velenoso.
Genere Tricholoma carpofori medi o grandi, mediamente carnosi; cappello convesso; lamelle smarginate, mai rosa. Commestibili e velenosi.
): cappello giallo verdastro, leggermente viscido; lamelle e gambo gialli; carne bianca, gialla sotto la pellicola; sapore farinoso. Recentemente dichiarato velenoso.
100 Tricholoma sciodes, agarico ombroso ( ): cappello grigio nerastro e umbonato, cuticola liscia, radialmente fibrillosa; lamelle con orlo tardivamente annerente; carne amarognola; cresce prevalentemente sotto faggi. Velenoso.
102 Tricholoma josserandii, ( ): cappello da grigio argenteo a brunastro senza tonalità gialla, cuticola feltrata vellutata, lamelle prima fitte poi spaziate; gambo a base curva; odore di cimice. Molto velenoso.
104 Tricholoma columbetta columbetta ( ): cappello bianco, lamelle smarginate, base del gambo con sfumature bluastre. Commestibile.
141 Clitocybe cerussata clitocibe cerussata ( ): cappello robusto, inizialmente munito di umbone ottuso, poi convesso; lamelle da adnati a decorrenti e non asportabili. Molto velenoso.
108 Tricholoma imbricatum, agarico imbricato ( ): cappello bruno rossastro, fibrilloso, molto carnoso; carne bianca, soda, rossastra in periferia, odore farinoso, sapore amarognolo; sotto conifere. Commestibile.
110 Tricholoma populinum tricoloma del pioppo ( ): cappello bruno rossastro, lamelle infine rossastre e crescita sotto pioppi. Commestibile.
cappello viscido, rosso bruno; lamelle bianco candide, poi si macchiano appena di rossastro;
zona anulare del gambo pressoché delimitata; carne bianca, leggermente e lentamente arrossante; sotto latifoglie. Commestibile.
121 Tricholoma terreum, moretta : cappello umbonato, grigio nerastro, decorato da fitte fibrille radiali, abbastanza ordinate, margine prima regolare e ricurvo a tendenza involuta, poi aperto e ondulato; inodore, sapore erbaceo. Gambo cavo. Commestibile.
126 Tricholoma virgatum agarico vergato ( ): cappello grigio argenteo con umbone prominente e acuto, sapore molto pepato. Velenoso.
128 Tricholoma pardinum var. filamentosum, agarico tigrato (
): si differisce dal precedente per le poche placche squamose presenti. Molto velenoso. Genere Clitocybe Carpoforo fibroso, lamelle bianche, non asportabili, da adnate a molto decorrenti, specie da poco a nettamente carnose. Commestibili e velenosi.
131 Clitocybe maxima clitocibe massima ( ): cappello poco o non umbonato, lamelle molto decorrenti, gambo corto e odore tipico di acido cianidrico che ricorda il miele.
187 Entoloma sinuatum, agarico livido ( ): cappello carnoso, da biancastro a brunastro, lamelle prima bianche poi rosa, smarginate. Velenoso.
135 Clitocybe costata, clitocibe costata ( ): cappello ocra arancione, margine con costolature evidenti, gambo concolore o leggermente più chiaro del cappello. Commestibile.
134 Clitocybe amoenolens clitocibe odorante ( ): simile alla precedente, differisce per il forte odore fruttato. Velenoso.
Genere Lepista. Simili alle Clitocybe, lamelle asportabili.
146 Lepista inversa ( ): cappello ocra arancione, imbutiforme, tenace; lamelle giallastro arancione, molto decorrenti al gambo e asportabili. Commestibile con cautela.
Genere Lyophyllum. Specie ± carnose, da bianche a grigie, crescita cespitosa e terricola.
cappello da grigiastro a brunastro e glabro, lamelle bianche, odore di farina. Commestibile. Genere Calocybe. Portamento tricolomoide, colori da biancastro a vivace, odore e sapore forte di farina, lamelle smarginate.
Genere Inocybe. Cappello a tendenza conica, ± fibrilloso, margine solitamente fessurato, lamelle mature ocracee. Tutte da sospette a velenose.
229 Inocybe patouillardii inocibe di Patouillard ( ): il cappello bianco crema con il viraggio rosa rossastro e per essere inodore.
Genere Leucopaxillus. Cappello da bianco a bruno rossastro, margine da giovane involuto, lamelle da adnate a decorrenti, terricolo. Commestibili e non.
155 Leucopaxillus giganteus agarico gigante ( ): cappello molto grande, prima biancastro uniforme, poi crema; gambo corto, odore farinoso, cresce fuori del bosco e forma dei grossi cerchi. Commestibile.
Genere Armillaria. Lignicolo, cespitoso, lamelle decorrenti; cappello da giallastro a rossastro, squamato, gambo con o senza anello.
Genere Pholiota. Cappello colorato, munito di squame, lamelle ocracee, lignicolo.
Pholiota squarrosa foliota squarrosa ( ): cappello giallo verdognolo e coperto di squame irsute, le stesse coprono anche la superficie del gambo. Non commestibile.
Genere Hygrophorus Cappello medio grande, ± viscoso, lamelle da annesse a mediamente decorrenti, gambo con apice ± verrucoso, crescita nel bosco.
169 Hygrophorus hypothejus, igroforo giallastro ( ): cappello bruno olivastro giallo, centro umbonato e più scuro; lamelle inizialmente biancastre, poi giallo arancione, spaziate; legato al pino. Commestibile.
172 Hygrophorus russula, agarico vinato : aspetto di un tricoloma, la zona centrale del cappello ha un tipico colore di vinaccia, carne immutabile e dolce, crescita su latifoglie. Commestibile.
179 Hygrophorus pudorinus, igroforo pudorino ( ): il cappello ha un colore rosa arancio, più chiaro in periferia, gambo con base gialla e attenuata, crescita sotto conifere. Commestibile.
Hygrophorus poetarum, igroforo dei poeti ( ): il cappello ha un colore biancastro, al disco rosa giallastro, gambo con base gialla e attenuata, odore balsamico e crescita sotto latifoglie. Commestibile.
Genere Agaricus Lamelle libere, bianche oppure inizialmente rosa e poi bruno cioccolato; carpoforo da poco a molto carnoso, eterogeneo, con anello. Commestibili e velenosi. Sezione Arvenses ingiallente, commestibili in piccole quantità. Sezione Agaricus arrossante, commestibili. Sezione Xanthodermatei alla base del gambo virano al giallo zafferano persistente, odore sgradevole di fenolo, da indigesti a velenosi.
191 Agaricus arvensis, prataiolo maggiore ( ): cappello alla pressione si macchia di giallo, odore di anice e la faccia inferiore dell'anello si rompe a forma di ruota dentata. Commestibile dopo cottura in piccole quantità. Potrebbe provocare la sindrome emolitica se ingerito crudo o poco cotto. Commestibile.
198 Agaricus xanthoderma, agarico xantoderma ( ): cappello bianco, liscio e glabro a tendenza trapezoidale, la base del gambo virante al giallo zafferano e l'odore sgradevole di fenolo. Velenoso.
Genere Macrolepiota Cappello grande, carnoso, squamato; anello singolo o doppio, scorrevole sul gambo; lamelle solitamente terminano in un collare. Commestibili e velenosi.
): cappello prima grigiastro, poi bruno rossastro, squamato, gambo zebrato, anello doppio, carne leggermente arrossante, specialmente alla superficie del gambo. Commestibile dopo cottura. Potrebbe provocare la sindrome emolitica se ingerito crudo o poco cotto.
212 Macrolepiota fuligineosquarrosa parasole tozzo( ): cappello coperto di fiocchi squamosi e un po’ squarrosi, umbone liscio, gambo subconcolore al cappello, liscio; anello semplice, ispessito al bordo con la sensazione che sia doppio, bianco, la faccia inferiore in parte brunastra, carne immutabile. Potrebbe provocare la sindrome emolitica se ingerito crudo o poco cotto.
Genere Agrocybe. Cappello asciutto, crescita cespitosa, anello persistente, crescita cespitosa su legno di pioppo.
219 Agrocybe aegerita, pioppino ( ): cappello prima giallastro, poi marrone e superficie liscia o rugosa, crescita cespitosa. Commestibile.
238 Cortinarius orellanus cortinario orellano ( ): cappello con umbone ottuso e rosso brunastro, carne rossa e gambo leggermente fibrilloso. Velenoso mortale.
Genere Russula Carne cassante, senza lattice. Commestibili tutte quelle a carne dolce, tossiche le altre.
247 Russula cyanoxantha, colombina iridescente ( ): lamelle morbide che alla pressione si schiacciano e non si fratturano, colore del cappello da violetto a verdastro, carne dolce. Commestibile.
254 Russula olivacea russula olivacea ( ): cappello variabile da verdolino a olivastro, cuticola opaca e ruvida, carne dolce, lamelle prima bianche, poi gialle, infine ocracee e spesse, il colore del cappello si estende all'orlo delle lamelle vicino al margine, gambo bianco e rugoloso. Commestibile dopo cottura, cruda velenosa.
Genere Lactarius Carne cassante, con lattice. Commestibili tutte quelle a carne dolce, tossiche le altre.
265 Lactarius deliciosus, parassitato da Hypomyces lateritius, agarico delizioso malato (
. ): la specie precedente aggredita da muffa che deforma le lamelle. Non commestibile.
271 Lactarius controversus lattario controverso : cappello biancastro, zonato di rosa; lamelle presto d’un bel rosa incarnato, decorrenti al gambo, carne dura. Non commestibile.
274 Lactarius chrysorrheus (lattario a lattice dorato) cappello giallo arancione, lattice prima bianco, poi lentamente ingiallente, molto piccante.
Genere Morchella. Imenio alveolato o costolato, gambo cavo, al termine inferiore collegato ± orizzontale al gambo, primaverili. Tutte commestibili dopo essiccati, evitando il consumo di alcolici.
280 Morchella conica, spugnola conica ( ): mitra conica, da nocciola pallido a brunastro, al piede termina con una lieve depressione, non sovrapposta; costolature longitudinali disposte in modo parallelo e annerenti. Commestibile dopo essiccato, velenoso da crudo.
282 Morchella esculenta, spugnola rotonda ( ): mitra sferoidale e da biancastra a grigia, gambo con base leggermente dilatata. Commestibile dopo essiccato, velenoso da crudo.
Genere Verpa. Mitra completamente libera ai lati, collegata al gambo solo all’apice, primaverile.
288 Verpa bohemica, verpa ( ): mitra conica campanulata, nocciola, prevalentemente sotto pioppi e ontani. Non Commestibile.
Genere Gyromitra. Mitra cerebriforme, collegato a circa metà gambo ± orizzontale, primaverili e autunnali. Velenoso.
Genere Lycoperdon Carpoforo inferiore a 10 cm di diametro, a maturità con orifizio apicale, esoperidio decorato,.
292 Lycoperdon perlatum, vescia perlata : aculei conici, facilmente staccabili e la forma di lampadina. Commestibile quando la gleba è ancora bianca.
Genere Langermannia Carpoforo grande e globoso, esoperidio a maturità si rompe in grosse fessure.
298 Langermannia gigantea vescia gigante ( ): si tratta della vescia più grande che si conosca, esoperidio biancastro e liscio. Commestibile quando la gleba è ancora bianca.
Genere Tuber La gleba formata da venature che si estendono fino al peridio.
289 Tuber mesenthericum, tartufo meridionale ( ): la gleba grigio brunastra percorsa da vene simili ad intestini. Commestibile.
Genere Pisolithus La gleba formata da cellule tondeggianti o leggermente allungate e micelio giallo zolfo.
Genere Cantharellus. imenio costolato o venoso, carpoforo da piccolo a medio, carne tenera.
309 Cantharellus cinereus, cantarello cenerino ( ):
cappello bruno fuligginoso, imenio grigio cenere. Commestibile.
Genere Craterellus Cappello imbutiforme, prima grigio poi nero, imenio liscio.
Genere Hydnum. Imenio aculeato, carpoforo da piccolo a medio, carne tenera.
Genere Laetiporus Carpoforo sessile, formato da semicerchi sovrapposti, superficie ondulata, liscia, da giovane morbida, poi dura.
317 Laetiporus sulphureus poliporo sulfureo ( ): il bel colore giallo zolfo e arancione con la crescita lignicola lo separa facilmente da altre specie. Commestibile da giovane.
Genere Grifola Carpoforo imbricato a lamine orizzontali, colore giallo ocra, lignicolo, imenio poroso, carne dolce e immutabile.
Genere Fistulina Carpoforo a forma di mensola, carne con succo sanguigno, lignicolo. Commestibile.
319 Fistulina hepatica, lingua di bue ( ): la forma di mensola, carne con succo sanguigno e forma di mensola. Commestibile.
Genere Ramaria. Carpoforo ramificato, coralloide. Commestibili e velenosi.
321 Ramaria aurea, ditola dorata : rami giallo oro e allungati, carne immutabile. Commestibile da giovane.
323 Ramaria flava (ditola gialla) rami giallo limone, base carnosa e rametti corti.
325 Ramaria pallida, ditola pallida ( ): le ascelle a forma di "V", crema grigiastro, i ramuscoli da giovane hanno sfumature lilacine, carne immutabile con odore sgradevole. Velenoso.
* Nome scientifico None italiano Nome locale acrese Commerciabilità
6 Boletus regius Boleto reale maranzanu solo fresco
8 Boletus appendiculatus Boleto appendicolato solo fresco
11 Boletus impolitus Boleto impolito Sillu giallu solo fresco
37 Suillus luteus Pinarello, bavoso Vavusu fresco, trattato o secco
41 Suillus granulatus pinarolo Vavusu giallu fresco, trattato o secco
56 Leccinum duriusculum Porcinello duro Sillu 'e chiuppu griggiusolo fresco
65 Pleurotus ostreatus Gelone Pinnella 'e chiuppu fresco, trattato o secco
71 Amanita caesarea Ovulo Vrigliuocciudu, voita fresco, trattato o secco
101 Tricholoma portentosum Agarico portentoso Monachella grigia fresco o trattato
104 Tricholoma columbetta Colombetta Perrupatu jancu fresco o trattato
108 Tricholoma imbricatum Agarico imbricato Monachella fresco o trattato
121 Tricholoma terreum Moretta fresco o trattato
130 Clitocybe geotropa Agarico geotropo Ordinatu 'e ditiernu fresco o trattato
163 Armillaria mellea Chiodino Fungiu 'e troccanu fresco o trattato
191 Agaricus arvensis Agarico anisato fresco o trattato
197 Agaricus campestris Prataiolo campestre Pratarudu fresco o trattato
207 Macrolepiota procera Parasole Cunonocchiellu fresco o trattato
219 Agrocybe aegerita |
Pioppino |
Troccanu 'e chiuppu |
fresco o |
trattato |
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264 Lactarius deliciosus |
Agarico delizioso |
Pinicudu, rositu |
fresco, trattato o |
secco |
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280 Morchella conica |
Spugnola conica |
Murruoccudu |
fresco, trattato o |
secco |
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281 Morchella costata |
Spugnola costolata |
Murruoccudu |
fresco, trattato o |
secco |
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282 Morchella esculenta |
Spugnola rotonda |
Murruoccudu |
fresco, trattato o |
secco |
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304 Cantharellus cibarius |
Gallinaccio |
Gallinella |
fresco, trattato o |
secco |
|
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309 Cantharellus cinereus |
Cantarello cenerino |
Gallinella grigia |
fresco, trattato o |
secco |
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312 Craterellus cornucopioides |
Trombetta dei morti |
Gallinella nivura |
fresco, trattato o |
secco |
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313 Hydnum repandum |
Steccherino dorato |
Trippa 'e piecura |
fresco o |
trattato |
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67 Pleurotusferulae Ferlengo Fungiu 'e ferrudazzu
107 Tricholoma acerbum Agarico acerbo Perrupatu
153 Lyophyllum conglobatum Famiglioda Agarico conglobato
169 Hygrophorus hypothejus Igroforo giallastro Chiodinu 'e pinu
179 Hygrophorus pudorinus Igroforo pudorino Chiovari
247 Russula cyanoxantha Colombina iridescente Colombina
322 Ramaria botrytis Ditola cavolfiore Cierru 'e gallu
46 Suillus lakei Boleto di Lakei Vavusu ‘e apitu lassativo
51 Tylopilus felleus Porcino di fiele velenoso
61 Omphalotus olearius | Fungo dell’olivo |
Troccanu 'e adivu |
velenoso |
72 Amanita aureola |
Amanita aureola |
Vrigliuocciudu vedenusu |
velenoso |
82 Amanita phalloides |
Tignosa velenosa |
Vrigliuocciudumortadi |
mortale |
89 Amanita pantherina |
Tignosa bruna |
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velenoso |
98 Tricholoma equestre |
Agarico dei cavalieri |
Monachella gialla |
velenoso |
102 Tricholoma jossernandii |
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velenoso |
109 Tricholomasaponaceum |
Agarico saponaceo |
|
velenoso |
132 Clitocybe nebularis |
Agarico nebbioso |
Ordinatu |
velenoso |
187 Entoloma sinuatum |
Agarico livido |
|
velenoso |
198 Agaricus xanthoderma |
Agarico xantoderma |
Pratarudu vedenusu |
velenoso |
206 Lepiota ignivolvata |
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|
velenoso |
214 Macrolepiota venenata |
Bubbola velenosa |
Cunonocchiellu vedenusu |
velenoso |
271 Lactarius controversus |
Lattario controverso |
Strigliu |
non |
commestibile |
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276 Lactarius tesquorum |
Lattario del cisto |
Pucchiariellu |
non |
commestibile |
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285 Gyromitra esculenta |
Giromitra esculenta |
Murruoccudu |
velenoso |
324 Ramaria formosa |
Ditola formosa |
Cierru 'e gallu vedenusu velenoso |
325 Ramaria pallida |
Ditola pallida |
Cierru 'e gallu vedenusu velenoso |
LA LEGGE SUI FUNGHI IN SINTESI
Legge Regionale 26 novembre 2001, n.30
La tutela ambientale
La prevenzione della salute pubblica
Norme per la regolamentazione della raccolta e commercializzazione dei funghi spontanei epigei freschi e conservati.
Per il raggiungimento di queste finalità sono previste una serie di norme che regolamentano la materia.
Allo scopo di semplificare questo argomento e renderlo più accessibile al cittadino che è interessato alla raccolta e alla commercializzazione dei funghi spontanei epigei freschi, le norme previste possono essere così distinte:
È vietato:
Viene rilasciata, su istanza al Presidente della Provincia per il tramite del Comune di residenza, ai cittadini maggiorenni residenti nel territorio regionale che dimostrino:
Ai titolari di tale tessera viene consentita la raccolta senza limiti quantitativi.
La tessera ha validità di un anno ed è rinnovabile dimostrando di aver effettuato il versamento previsto.
Tale tessera viene rilasciata dalla Regione a soggetti pubblici e privati per comprovati motivi di studio e ricerche o in occasione di mostre, seminari ed altre manifestazioni scientifiche. Consente di raccogliere pochi esemplari di tutte le specie fungine. Può avere validità per più di un anno.
€.516.46;
Fonte: http://www.destracrati.it/Corso%20Micologia/dispensa%20corso%20micologico.pdf
Sito web da visitare: http://www.destracrati.it/
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