Università degli Studi di Parma Facoltà di Economia
Dispensa del Corso:
Applicazioni di Microcredito
A cura di Laura Foschi e Chiara Benvegnù
Gli autori:
Questa dispensa è stata redatta da Laura Foschi e Chiara Benvegnù grazie al prezioso contributo dei collaboratori del Consorzio Etimos Scarl, in particolare Soledad Barbuio e Luca Paonessa, che hanno messo a disposizione le proprie conoscenze e metodologie per la redazione di questo testo. Un ringraziamento particolare va inoltre a Chiara Meneghetti e Ilaria Urbinati, quali studiose della materia, che hanno contribuito in modo significativo alla dispensa.
Laura Foschi è coordinatrice generale delle attività di assistenza tecnica, formazione e consulenza del Consorzio Etimos. E’ inoltre professoressa a contratto presso l’Università di Parma per l’insegnamento di Applicazioni di Microcredito, Chiara Benvegnù è referente dell’Area Europa del Consorzio Etimos e collabora con diverse Università ed istituti di formazione.
PREMESSA
Questa dispensa è stata concepita in modo da fornire al lettore gli elementi di base per comprendere ed approfondire le tematiche legate al microcredito e alla microfinanza, sia da un punto di vista teorico che pratico.
Il percorso logico con cui vengono affrontate le varie sfaccettature della microfinanza parte con una prima analisi del gap di servizi finanziari che caratterizza la quasi totalità dei paesi in via di sviluppo (PVS); passa poi ad analizzare la domanda di microfinanza cercando di individuare le caratteristiche del beneficiario finale del microcredito ed infine analizza nello specifico le metodologie e le modalità della microfinanza.
Nel primo capitolo infatti, si affronta il tema del razionamento del credito causato dall’inasprirsi delle asimmetrie informative nei mercati finanziari dei PVS e si fornisce una breve panoramica, adottando un approccio teorico, alle soluzioni offerte dalle esperienze di microfinanza. Nel secondo capitolo viene presentata, per completare il quadro della mancanza di credito nei PVS, una panoramica sul sistema finanziario informale, illustrando le varie tipologie di attori che normalmente, anche se non sufficientemente, soddisfano i bisogni finanziari delle popolazioni più povere. Con il terzo capitolo si continua ad analizzare il contesto locale con un’ottica rivolta verso l’economia informale, la microimpresa e le attività economiche sviluppate dalle fasce più povere di popolazione, che divengono il target dei programmi e dei progetti di microfinanza.
Dopo avere dedicato ampio spazio al mercato locale, evidenziando quindi caratteristiche e gap di servizi finanziari, si passa, nel quarto capitolo, ad affrontare le metodologie e le esperienze di microfinanza. Aprendo con una panoramica generale sui risultati, si affrontano nel dettaglio le diverse tipologie di strumenti e di strutture che le istituzioni di microfinanza hanno adottato. E’ importante evidenziare come la microfinanza sia un universo di esperienze molto diverse tra loro e soprattutto estremamente adeguate al territorio nel quale sono nate: questo comporta una
difficoltà di catalogazione rigorosa ed esaustiva. In questo testo si è tuttavia cercato di evidenziare le particolarità delle esperienze più significative, creando delle macrocategorie o dei modelli, pur restando sempre consapevoli dell’impossibilità di presentare tutte le modalità di “fare” microfinanza. Proprio per questo motivo si è cercato di dedicare un ampio spazio alla presentazione di casi studio ed esempi concreti. L’ultima parte del quarto capitolo illustra infatti esempi di istituzioni o reti di istituzioni.
La microfinanza e il microcredito, oltre ad essere dei servizi finanziari, sono anche degli strumenti frequentemente adottati nell’ambito dei progetti di cooperazione allo sviluppo. Al fine di dare una trattazione completa sui vari aspetti del microcredito, si è dedicato il capitolo cinque a questo particolare aspetto, cercando di presentare il microcredito come componente di un progetto di cooperazione internazionale.
Vengono messi in evidenza gli aspetti più legati ai servizi non finanziari, alle fasi di programmazione e agli aspetti tecnici dei servizi finanziari.
Infine l’ultimo capitolo è dedicato alla valutazione di impatto dei programmi di microcredito: strumento necessario, auspicato ma, purtroppo, non ancora
adeguatamente diffuso. Rimane invece l’unico mezzo in grado di dimostrare che il microcredito è un reale ad efficace strumento di lotta alla povertà.
CAPITOLO 1
PERCHÉ I POVERI NON HANNO ACCESSO AL CREDITO:
APPROFONDIMENTI TEORICI (di Luca Paonessa)
Negli ultimi anni si è assistito al progressivo riconoscimento dell’importanza del contributo che la finanza può portare allo sviluppo economico dei paesi.
La microfinanza, ed in particolare il microcredito, ha reso possibile e praticabile l’intermediazione finanziaria nei confronti degli individui a basso reddito attraverso l’adozione di alcune particolari metodologie che permettono il parziale superamento dei problemi di asimmetrie informative tra l’istituzione finanziaria ed i propri clienti
Questi problemi sono alla base del razionamento del credito1 osservabile in tutti i
mercati finanziari, ed in particolar modo in quelli dei paesi in via di sviluppo.
In questo capitolo verranno ripresi alcuni concetti di base per meglio spiegare il ruolo delle asimmetrie informative nei paesi in via di sviluppo.
1.1 Il problema delle asimmetrie informative
I problemi informativi sui mercati finanziari sono dati dal fatto che le istituzioni finanziarie, a causa dell' insufficienza delle informazioni a loro disposizione, non sempre riescono a valutare le caratteristiche dei potenziali clienti: l’uso che questi fanno dei capitali una volta ottenuto un prestito, la rischiosità ed il risultato economico atteso dai progetti che essi desiderano intraprendere.
Tutte queste informazioni sono in possesso dei potenziali clienti ma difficilmente ottenibili dalle istituzioni. Da qui nasce il concetto di asimmetria informativa: le differenze esistenti tra i due attori (banca e cliente) nella disponibilità di informazioni rilevanti per la valutazione del cliente, del suo comportamento, dei suoi progetti. Le metodologie del microcredito consistono in alcune procedure che, agevolando la banca nell’ottenimento delle informazioni o collegando l’utilità dei clienti all’adozione di determinati comportamenti, riducono le asimmetrie informative ed i
1 Il razionamento del credito é l’esclusione di determinate tipologie di individui dai servizi finanziari formali, esclusione dovuta al mancato soddisfacimento dei requisiti minimi richiesti dalle istituzioni finanziarie per la concessione di crediti.
costi ad esse relativi, rendendo possibile la fornitura di servizi finanziari a determinate fasce di clienti precedentemente non raggiungibili.
Tra le principali difficoltà nel raggiungimento dei clienti a basso reddito si possono includere quelle relative alla capacità della banca e del sistema legislativo di applicare le sanzioni previste dal contratto in caso di ritardi nella restituzione del prestito o
della mancata restituzione. I procedimenti attraverso i quali è assicurata l’esecuzione di un contratto o di una sua parte prendono il nome di enforcement2.
L’enforcement comporta dei costi, che aumentano nei sistemi finanziari in cui la struttura legale di tutela dei contratti è meno efficiente. Un esempio lampante è il caso dei paesi in via di sviluppo, dove spesso le azioni legali che le banche possono avviare nei confronti dei propri clienti sono eccessivamente costose oppure prive di efficacia. In molti paesi (non soltanto in via di sviluppo), la capacità di enforcement diminuisce con l'entità del prestito poichè aumenta il valore relativo delle spese legali da affrontare: maggiore è il costo delle azioni legali in rapporto alla dimensione del prestito, meno la banca troverà conveniente l'impiego di strumenti legali. Ci sono casi in cui, per i prestiti di entità più lieve si preferisce addirittura la perdita del capitale prestato all'azione legale nei confronti del cliente.
Ogni istituzione finanziaria deve inoltre scegliere come impiegare i capitali di cui dispone. Considerando che l'obiettivo delle istituzioni finanziarie formali è la massimizzazione dei profitti, sarà data precedenza al finanziamento di clienti e di attività imprenditoriali maggiormente redditizie per l'istituzione.
Al momento della decisione su quali attività e quali clienti finanziare, la banca valuterà per ogni richiesta il suo "costo opportunità": la differenza nella redditività attesa per la banca tra il migliore fra i progetti alternativi a quello in esame e quest'ultimo, per gradi di rischio analoghi. Nel caso di richieste di finanziamento che, a parità di rischio, offrono rendimenti maggiori per la banca, queste avranno migliori probabilità di essere accolte.
Nei casi di consistenti problemi di asimmetrie informative e di enforcement, come ad esempio nei paesi più poveri e con un sistema legale poco affidabile, il costo opportunità relativo al finanziamento dei progetti presenta un sensibile aumento, dovuto alla presenza di rilevanti costi di transazione3. Ciò comporta l'esclusione dei
progetti dal finanziamento. Porta, cioè, ad un razionamento del credito.
La forte correlazione tra i rischi relativi ai prestiti presenti in portafoglio, tipica delle istituzioni di microfinanza operanti nei contesti rurali, è un fattore in più per l’aumento dell’incertezza e del rischio che la banca deve affrontare per servire questa particolare tipologia di clienti.
2 L' enforcement è sostanzialmente l'insieme degli strumenti che il sistema legale di uno Stato mette a disposizione di ciascuna delle parti di un contratto per obbligare la controparte al rispetto dei termini del contratto stipulato. In questa sede, tuttavia, si parla di enforcement con riferimento alle azioni legali che una banca può compiere nei confronti di un cliente per costringerlo all'esecuzione del contratto. La capacità di enforcement propria di un sistema legale è quindi l'efficacia di tali azioni legali nell'obbligare i clienti delle banche al rispetto dei contratti.
3 I costi di transazione sono costi legati strettamente al processo di transazione tra due attori
economici, cioè alla raccolta di informazioni, alla contrattazione dei termini del contratto, alle difficoltà nell'esecuzione del contratto.
Nell’ambito del portafoglio clienti di una banca, infatti, è importante valutare non solo il rischio di insolvenza relativo ad ogni singolo debitore, ma anche il grado di correlazione esistente tra i debitori, in altri termini la misura nella quale la solvibilità di ciascun debitore è collegata con quella degli altri. In caso di fallimento di un debitore, aumenta il rischio di fallimento dei debitori a lui maggiormente correlati, in modo proporzionale al grado di tale relazione.
Per evitare una eccessiva correlazione tra i debitori in portafoglio, data la difficoltà nella sua misurazione, le banche adottano generalmente alcune regole di comportamento utili alla riduzione del rischio di portafoglio, note come procedure di “frazionamento del rischio”. Esse si basano sulla diversificazione dei prestiti per classi di importo (il peso di ciascun prestito sul totale dei crediti concessi non deve superare una certa soglia), per settori di attività ( si cerca di combinare nell’ambito del portafoglio imprese appartenenti a settori diversi, debolmente correlati), per zona geografica. (si veda "La Banca come Impresa", a cura di Marco Onado, 1996).
Le banche operanti in contesti rurali o urbani dei PVS con clienti a basso reddito non riescono ad applicare nessuna di queste procedure di frazionamento del rischio: se è vero che i prestiti concessi sono di bassissima entità, non esiste però differenziazione negli importi, ed i costi di gestione sono molto elevati; i settori di attività sono spesso altamente correlati, trattandosi in gran parte delle attività tipiche della comunità cui appartengono i clienti; l’estensione geografica è infine molto ristretta, limitata ad alcuni villaggi.
L’impossibilità di attuare una differenziazione interna al portafoglio clienti espone le IMF ad un considerevole rischio aggiuntivo: si pensi ad esempio agli effetti di una calamità naturale (inondazione, siccità) sul portafoglio di una banca operante in un contesto rurale, costituito in massima parte da piccoli agricoltori.
Il rischio aggiuntivo derivante dalla alta correlazione dei prestiti in portafoglio determina quindi, insieme alle asimmetrie informative ed ai problemi di enforcement, la maggiore difficoltà per le banche commerciali, nella fornitura di servizi finanziari alle fasce di popolazioni a basso reddito.
I problemi di asimmetrie informative non sono tuttavia caratteristica esclusiva dei mercati finanziari nei paesi in via di sviluppo: le banche commerciali europee fronteggiano da secoli tali problemi.
Può allora essere utile ai fini dell'esposizione una breve analisi delle soluzioni tradizionalmente adottate dalle banche commerciali europee per ridurre le asimmetrie informative.
1.2 Adverse selection e moral hazard
Si è definita l’asimmetria informativa (sul mercato del credito) come la differenza esistente tra due attori (banca e cliente) nella disponibilità delle informazioni rilevanti per la costituzione, il mantenimento ed il buon esito di un rapporto contrattuale.
Un elemento che concorre in maniera determinante alla configurazione del rapporto contrattuale è la ripartizione iniziale del potere contrattuale tra le parti.
Per potere contrattuale s'intende il potere che ognuna delle parti ha di determinare unilateralmente il contenuto del contratto (termini e clausole): più il potere contrattuale è distribuito equamente tra le parti, più il contenuto del contratto è il risultato di trattative, che si prolungano fino a quando ogni parte ha ottenuto i risultati ad essa più favorevoli, considerato il potere contrattuale inizialmente detenuto. Al contrario, nel caso in cui una delle parti detenga la totalità del potere contrattuale, la contrattazione sarà inesistente ed alla controparte sarà presentato un contratto non negoziabile (salvo per i punti che il contraente "forte" dovesse trovare più conveniente stabilire di comune accordo), con la possibilità di accettarlo o rifiutarlo.
I fattori che contribuiscono alla determinazione del potere contrattuale sono molteplici, alcuni oggettivamente individuabili (situazione economica delle parti, ampiezza e qualità delle soluzioni alternative disponibili), altri di non immediata individuazione, (attinenti al rapporto intercorrente tra le parti, costituito anche dalle transazioni passate ed in atto). Può accadere che una parte scelga di non servirsi del potere contrattuale di cui dispone in una data transazione (di importanza secondaria ai propri fini), accettando termini meno convenienti in cambio della promessa della controparte di un comportamento analogo in un'altra transazione, futura o simultanea a quella in oggetto.
Sul mercato del credito le relazioni intercorrenti tra le istituzioni finanziarie ed i soggetti richiedenti presentano un'ampia varietà nella ripartizione del potere contrattuale: maggiore è l'ammontare del prestito richiesto in rapporto al portafoglio clienti di una banca, maggiore è il potere contrattuale di cui il soggetto richiedente dispone.
La ripartizione del potere contrattuale tra banca e soggetto richiedente si sposta progressivamente in favore della prima al decrescere dell'ammontare del prestito richiesto fino ad arrivare, nei rapporti tra banca e piccole imprese o tra banca e nuclei familiari, alla situazione limite precedentemente esposta: al richiedente viene sottoposto un contratto nel quale tutte le condizioni importanti non sono negoziabili. In questi casi alcuni elementi del mercato dei prodotti finanziari, in particolare il grado di concorrenza interna, possono restituire al soggetto richiedente parte del potere contrattuale: hanno la possibilità di rivolgersi ad un'altra istituzione finanziaria che offre condizioni più convenienti per la tipologia di credito richiesto.
Nei mercati finanziari meno sviluppati, con concorrenza interna ridotta, questa "protezione" per i piccoli clienti è inesistente: la relazione contrattuale tra banche commerciali e piccoli imprenditori è dunque basata su di un forte disequilibrio nella ripartizione del potere contrattuale a favore della banca.
Poiché la finalità principale del nostro studio è valutare gli effetti di queste asimmetrie sulla clientela a basso reddito nei paesi in via di sviluppo, nel corso della nostra analisi dei problemi di asimmetrie informative sul mercato del credito faremo riferimento unicamente a situazioni contrattuali nelle quali il potere contrattuale è interamente detenuto dall'istituzione finanziaria. Per i clienti i contratti di credito offerti dalle banche assumono dunque la caratteristica del "prendere o lasciare".
Passiamo ora ad un'esposizione più specifica dei problemi di asimmetrie informative, distinguendoli in adverse selection e moral hazard.
1.2.1 Adverse selection
Il primo problema che la banca deve affrontare è quello della selezione dei clienti, decidere quali richieste di finanziamento accogliere e quali, al contrario, rigettare. Ogni richiesta di finanziamento presuppone un “progetto imprenditoriale”, costituito non solo dall’attività economica per la quale il finanziamento è richiesto ma anche da un certo grado di rischio, dipendente da svariati fattori tra cui il tipo di attività svolta e l’abilità dell’ “imprenditore”.
Come è facilmente intuibile, la banca non ha interesse a finanziare i progetti che hanno un’alta probabilità di fallire: si pone quindi il problema della selezione dei progetti meno rischiosi e, di conseguenza, maggiormente meritevoli di finanziamento.
Esiste asimmetria informativa in quanto il richiedente è perfettamente cosciente della rischiosità del proprio progetto mentre la banca non è in grado di valutare il rischio associato ad ogni proposta di finanziamento, se non attraverso una complessa e costosa procedura di raccolta di informazioni sul cliente e sulla sua attività.
Spesso il costo di questa procedura detta di screening4 è troppo elevato per consentire alla banca di raccogliere informazioni su ogni singolo cliente, soprattutto per finanziamenti di entità ridotta. Nonostante le tecnologie informatiche attualmente disponibili permettano alle banche di scambiarsi agevolmente le informazioni sui crediti concessi, una buona attività di screening deve basarsi anche su valutazioni più approfondite della situazione economica dell'impresa del richiedente e sulle sue prospettive di crescita all'interno del settore in cui opera, valutazioni che comportano costi insostenibili in rapporto a prestiti di bassa entità. La banca si trova nella situazione di dover selezionare i progetti meno rischiosi, ma non possiede gli strumenti informativi per farlo, oppure tali strumenti comportano costi eccessivamente
elevati. In questi casi si parla di asimmetrie informative di tipo adverse selection
(selezione avversa).
1.2.2 Moral hazard
Il secondo problema di carenza di informazioni si pone in un momento successivo alla concessione del prestito al richiedente, che è dunque diventato cliente della banca, e riguarda il comportamento da questi tenuto nella gestione del proprio progetto.
L’impegno che l’imprenditore profonde nella sua attività economica influenza in modo sostanziale la probabilità di riuscita dell’attività stessa. Maggiore sarà l’impegno profuso, maggiori saranno le probabilità di ottenere un risultato positivo, ferme restando le condizioni di rischiosità iniziali nel contesto delle quali l’attività è svolta.
Un altro aspetto relativo al comportamento del cliente riguarda la possibilità che questi, una volta ottenuto il prestito, decida in modo cosciente di non restituirlo,
4 Lo screening è una valutazione preventiva del potenziale cliente basata sulla raccolta di informazioni riguardanti tra l'altro la sua situazione patrimoniale al momento della richiesta ed il suo comportamento in passato come debitore presso altre istituzioni finanziarie. Nei paesi sviluppati esistono delle istituzioni deputate alla raccolta delle informazioni su tutti i crediti concessi dalle banche operanti sul territorio nazionale ed all'elaborazione delle stesse, per agevolare l'attività di screening delle singole banche. In Italia tale istituzione è la Centrale dei Rischi, attivata presso la Banca d'Italia.
evitando così di pagare il costo del servizio finanziario ricevuto e tenendo per sé tanto il capitale iniziale quanto gli eventuali profitti. Si parla in questo caso di “comportamento opportunistico” del cliente.
L’asimmetria informativa consiste in questo caso nell’impossibilità per la banca di conoscere in anticipo il grado di impegno che il cliente deciderà di mettere in atto, nonché la sua “buona fede”. L’unica possibilità per la banca sarebbe quella di controllare frequentemente l’operato del cliente, acquisendo informazioni presso tutte le fonti utili e verificando periodicamente lo stato di salute dell’impresa, in modo da poter intervenire tempestivamente in caso di carenza di impegno o possibilità di comportamento opportunistico. Questa attività di controllo e verifica costante della gestione di un progetto da parte della banca è conosciuta come monitoring.
Come già osservato per l’attività di screening, anche il monitoring comporta dei costi elevati, che aumentano con l’aumentare del numero dei clienti serviti e con la diversificazione settoriale e geografica del portafoglio clienti.
Se i clienti operano tutti in un ambito territoriale ristretto, il controllo potrà essere svolto da un numero sicuramente inferiore di funzionari rispetto al caso in cui i clienti siano localizzati in ambiti territoriali molto distanti tra loro a causa dei tempi e costi degli spostamenti da zona a zona. E’ molto più facile ed economico monitorare l’attività di diversi clienti operanti nello stesso settore economico o in settori fortemente correlati. Perché si può usufruire di informazioni che presentano le caratteristiche della comunanza, valide cioè per una pluralità di soggetti allo stesso tempo. Si pensi ad esempio agli imprenditori che operano all’interno di uno stesso distretto industriale (nel quale sono contemporaneamente presenti i due caratteri di uniformità geografica e settoriale): le informazioni che possono essere agevolmente raccolte sull’andamento del settore possono già fornire un indicatore di massima, dello stato di salute delle imprese dei clienti; le informazioni raccolte monitorando un singolo cliente forniscono inoltre indicazioni anche abbastanza precise sugli imprenditori a lui maggiormente correlati (fornitori e clienti della sua impresa).
Le procedure di “frammentazione del rischio di portafoglio” precedentemente descritte, avendo come obiettivo una forte diversificazione tanto territoriale quanto settoriale, contribuiscono all’aumento dei costi del monitoring, rendendo quest'attività difficilmente praticabile per molte banche commerciali, soprattutto di dimensioni medio-grandi.
La non praticabilità di un sufficiente livello di monitoring è dunque alla base delle difficoltà delle banche per la valutazione dell’impegno e buona fede dei clienti. I problemi di asimmetrie informative derivanti da incertezze nel “comportamento” del debitore sono conosciuti in letteratura come moral hazard (azzardo morale).
1.3 Soluzioni tradizionali ai problemi di asimmetrie informative sul mercato del credito
Sono stati fin qui esposti i principali problemi derivanti da asimmetrie informative sul mercato del credito, identificandone due tipologie, una relativa alla selezione iniziale dei potenziali clienti (chiamata adverse selection), l’altra relativa al comportamento assunto dal cliente una volta ottenuto il prestito (moral hazard).
E’ opportuna a questo punto una breve esposizione delle soluzioni che gli istituti di credito hanno adottato per la riduzione delle asimmetrie informative, e delle
motivazioni per le quali queste stesse soluzioni sono inefficaci nei confronti di un certo tipo di clientela, formata dagli individui a basso reddito e con scarsa disponibilità di beni, causandone l’esclusione dal mercato del credito.
Le metodologie tradizionalmente utilizzate dalle banche consistono sostanzialmente nell’aggiramento delle asimmetrie piuttosto che nell’acquisizione di informazioni per il loro superamento. “Aggirare” il problema invece che risolverlo significa che, non potendo la banca acquisire in modo economico le informazioni necessarie alla riduzione delle asimmetrie, agisce sui termini del contratto in modo da sfruttare indirettamente le informazioni possedute dal cliente o da soggetti terzi.
1.3.1 Entità del capitale proprio investito
Per il superamento dei problemi di adverse selection, la strategia più comune consiste nell’esigere che il cliente contribuisca con fondi propri al finanziamento del progetto. L’entità del capitale proprio richiesto al cliente è estremamente variabile in funzione dell’ammontare del finanziamento richiesto. Essa è abitualmente misurata in percentuale sul totale del finanziamento: più è alta la percentuale di capitale proprio investita nel progetto, maggiori sono le probabilità che la richiesta di finanziamento venga accolta dalla banca.
Questo perché la banca suppone che, potendo il cliente disporre delle informazioni relative alla rischiosità del progetto, non sarà disposto ad investire un importante capitale in un progetto che ha alte probabilità di fallire. L’entità della partecipazione del cliente al finanziamento del progetto con capitali propri è dunque considerata dalla banca un buon indicatore della rischiosità del progetto stesso. Imponendo che una quota del finanziamento necessario provenga dal cliente, la banca si affida alle informazioni da questi possedute, limitandosi a fare in modo che esse vengano usate anche a proprio vantaggio, utilizzando le condizioni contrattuali sulle quali, come precedentemente stabilito, ha pieni poteri.
Una strategia di questo tipo, però, risolve il problema solo in parte. Con il metodo del capitale proprio investito nel progetto, la banca riesce a selezionare tra gli individui che possiedono i capitali necessari quelli che propongono i progetti meno rischiosi.
Nessun progresso è fatto invece nella valutazione dei progetti presentati dagli individui che non dispongono dei capitali richiesti; al contrario, essi non sono ammessi a partecipare alla selezione, indipendentemente dalla validità del progetto. Risulta quindi evidente che il criterio di selezione basato sull’entità del capitale proprio investito soddisfa in modo limitato gli interessi della banca, in quanto pur costituendo un buon “filtro” per la rischiosità dei progetti, ha l’effetto secondario indesiderato dell’esclusione dal mercato del credito di tutti gli individui che non soddisfano la condizione richiesta per la selezione iniziale (la disponibilità di un certo capitale di rischio). All’interno del mercato del credito si crea quindi una situazione nella quale un certo numero di individui, pur presentando dei progetti a basso rischio di fallimento che la banca avrebbe tutto l’interesse a finanziare, non ha accesso al credito.
E’ questo un caso in cui i problemi di asimmetrie informative di tipo adverse selection
causano il razionamento del credito.
Quanto agli effetti del razionamento del credito sull’equilibrio di mercato nei vari paesi, questi sono di gran lunga più deboli nei paesi industrializzati, nei quali il reddito medio degli individui raggiunge livelli decine di volte superiori a quello dei
paesi in via di sviluppo. Nei paesi industrializzati, grazie al maggiore livello di ricchezza degli individui, solo una minoranza della popolazione non possiede una dotazione di capitale sufficiente ad ottenere un prestito. Il razionamento del credito riguarda cioè una parte, se non minima, senz’altro secondaria della potenziale clientela.
Nei paesi non industrializzati, dove le dotazioni di capitale pro-capite raggiungono livelli minimi, il fenomeno del razionamento del credito in corrispondenza di criteri di selezione basati sull’entità del capitale proprio investito riguarderebbe la stragrande maggioranza della popolazione, con la conseguenza che solo una piccola parte della clientela potenziale potrebbe usufruire di servizi finanziari. Ciò sarebbe controproducente non solo per gli individui stessi, che verrebbero privati dell’occasione di far crescere la propria attività e con essa la propria condizione economica, ma anche per il sistema finanziario nel suo complesso, il cui sviluppo può contribuire sensibilmente alla crescita economica di un paese, come vedremo nel
corso del lavoro.
Lo strumento del capitale proprio investito nel progetto, pur con i suoi forti limiti, può dunque avere una certa validità nell’ambito delle strategie per la riduzione delle asimmetrie informative di tipo adverse selection, ma solo se attuato all’interno di un sistema economico sviluppato, caratterizzato da una buona dotazione di capitale pro- capite, perché gli effetti di razionamento del credito che l’adozione di questo strumento inevitabilmente comporta sarebbero non solo troppo elevati, ma addirittura dannosi in un sistema economico in via di sviluppo.
1.3.2 Fideiussione
Un altro metodo utilizzato per la riduzione delle asimmetrie informative di tipo adverse selection, basato ancora una volta non sulla raccolta di informazioni ma sulla predisposizione di condizioni contrattuali che portino i soggetti possessori delle informazioni rilevanti ad utilizzarle nell’interesse della banca, è quello della fideiussione: il prestito viene concesso solamente se il richiedente riesce ad ottenere
la firma a suo favore di un terzo soggetto, che si impegna a rispondere alla banca delle eventuali inadempienze del cliente. Naturalmente, il soggetto terzo (fideiussore) deve essere sufficientemente facoltoso e solvibile da costituire per la banca un' assoluta garanzia.
In questo modo la banca non fa altro che trasferire il rischio per essa rappresentato dal cliente ad un terzo soggetto, sul quale possiede informazioni sufficienti a considerarlo affidabile. Il principio qui utilizzato è sostanzialmente lo stesso dell’esempio precedente, solo ribaltato su una terza persona: non potendo la banca valutare direttamente la rischiosità del cliente, si affida alla valutazione del fideiussore, che non sarebbe disposto a garantire con capitali propri per un progetto con alte probabilità di fallire.
Questo secondo metodo offre, rispetto al precedente, risultati migliori in termini di razionamento del credito in quanto gli individui che sanno di avere un buon progetto, se non dispongono di capitali propri, possono cercare di convincere un terzo soggetto della validità del proprio progetto. In questo modo, se i due strumenti di selezione operassero parallelamente, il razionamento del credito all’interno del sistema finanziario risulterebbe ridotto della porzione di potenziali clienti che riescono ad avere accesso al credito attraverso la fideiussione.
Nei sistemi economici caratterizzati da povertà diffusa il principio della fideiussione incontra però forti ostacoli nella sua attuazione, o meglio nella portata degli effetti della sua attuazione: nei paesi in via di sviluppo, infatti, la percentuale di popolazione con reddito e capitali tali da poter fungere da fideiussore è estremamente ridotta. Il metodo della fideiussione dunque, pur essendo in linea di principio preferibile a quello dell’entità del capitale proprio investito per la possibilità che offre ad alcuni individui altrimenti esclusi di accedere al mercato del credito, è scarsamente efficace se inserito nel contesto economico dei paesi più poveri.
1.3.3 Garanzie
Per quanto riguarda invece le soluzioni tradizionalmente adottate dalle banche per il superamento delle asimmetrie informative di tipo moral hazard, la più utilizzata è sicuramente quella della richiesta di una garanzia sul prestito. Normalmente la garanzia è costituita da uno o più beni (mobili o, più spesso, immobili), che non vengono investiti nel progetto, ma costituiscono una sorta di “pegno” per la banca: in caso di fallimento del progetto e quindi di mancato rimborso del prestito concesso, la banca ha diritto a rivalersi sui beni dati in garanzia, acquisendone la proprietà ed il possesso o, più frequentemente, vendendoli per rientrare del capitale prestato.
Gli effetti della garanzia come strumento per la riduzione delle asimmetrie informative di tipo adverse selection sono paragonabili a quelli della richiesta di investimento di capitale proprio nel progetto: il rischio del progetto non viene modificato, viene unicamente condiviso dalla banca con il cliente.
Ciò che viene modificato dall’introduzione della garanzia è invece il rischio di un comportamento opportunistico da parte del cliente una volta ricevuto il prestito, con effetti positivi nella riduzione dei problemi di moral hazard. Neanche in questo caso la banca acquisisce direttamente nuove, rilevanti informazioni: ancora una volta essa agisce sulle condizioni contrattuali imposte per far sì che sia nell’interesse del cliente non adottare comportamenti che possano portare al fallimento del progetto.
La garanzia rappresenta il prezzo che il cliente dovrà pagare in caso di fallimento del proprio progetto. Più è alto il valore per il cliente del bene dato in garanzia, più è alto il prezzo che questi dovrà pagare in caso di insuccesso. Di conseguenza, l’introduzione della garanzia fa sì che il cliente abbia tutto l’interesse a non fallire, riducendo così il rischio di comportamenti opportunistici o di scarso impegno del cliente. Senza la richiesta di garanzia, i costi del fallimento per il cliente sarebbero nulli o quasi e, in caso di comportamento opportunistico (quando cioè il cliente ha i mezzi per restituire il prestito, ma decide comunque di non restituirlo), saranno più che compensati dall’utilità tratta dalla disponibilità del capitale ricevuto.
Inoltre, ciò che conta per la banca, proprio per la funzione di riduzione del rischio di comportamenti opportunistici che essa è chiamata a svolgere, è il valore della garanzia per il cliente, che può differire molto dal valore per la banca. Come esempio si consideri il caso in cui il cliente offra in garanzia per un prestito l’unica abitazione che possiede, nella quale vive insieme alla propria famiglia. Ora, è facile costatare che, a prescindere dalla somma realizzabile dalla vendita dell’immobile (cioè dal suo
valore di mercato), il valore della garanzia per il cliente è di gran lunga maggiore del valore per la banca, in quanto entrano nella valutazione elementi che non possono essere espressi in termini economici, come la mancanza di una casa per la propria famiglia in caso di fallimento.
Sarà dunque interesse della banca, al di là del valore che essa associa al bene offerto in garanzia, che il costo della restituzione del prestito per il cliente rimanga sempre inferiore al costo del fallimento, la cui componente preponderante è il valore della garanzia per il debitore. Fino a quando questa condizione è vera, il cliente avrà interesse a restituire il prestito, e di conseguenza ad assumere i comportamenti adatti, il che rappresenta in definitiva l’obiettivo che la banca si pone richiedendo la garanzia. Allo stesso tempo, la banca ha interesse alla restituzione del prestito da parte del cliente solo fino a quando il valore della garanzia per la banca (che possiamo identificare con la somma che la banca stima di ottenere dalla vendita del bene che costituisce la garanzia) rimane minore del valore della restituzione, dato dalla somma prestata più gli interessi. Il contemporaneo soddisfacimento di queste due condizioni assicura il comportamento “diligente” da parte del cliente.
I limiti dell’applicabilità di questo strumento in un contesto economico non sviluppato sono del tutto analoghi a quelli degli strumenti precedentemente presi in considerazione: l’introduzione delle garanzie sui prestiti, dato il limitatissimo numero di individui in grado di soddisfare le condizioni richieste (la disponibilità di beni di
un certo valore), comporterebbe un forte razionamento del credito, con effetti negativi sulla crescita economica degli individui e del sistema finanziario del paese.
L’applicabilità della garanzia per la riduzione dei rischi di comportamenti opportunistici nei paesi in via di sviluppo può però essere sensibilmente migliorata cambiando leggermente i criteri di valutazione del suo valore per la banca e per il cliente. Nei paesi industrializzati le banche valutano la “consistenza” di una garanzia in base al valore di mercato del bene in questione. Ciò porta inevitabilmente all’esclusione dal credito per gli individui che non dispongono di beni con un sufficiente valore di mercato.
Spostando l’attenzione non più al valore di mercato del bene, ma al valore per il cliente, che abbiamo visto essere di più difficile ed arbitraria quantificazione, e facendogli assumere rilevanza prioritaria rispetto al valore di mercato nella decisione sulla concessione del prestito, si conserva intatta la funzione della garanzia per la banca (che abbiamo visto essere non tanto di riserva di liquidità in caso di fallimento del cliente quanto di stimolo per il cliente ad un comportamento corretto), e si eliminano al tempo stesso molti degli impedimenti da cui originano gli effetti di razionamento del credito.
Si pensi ad esempio al caso di un piccolo artigiano, che produce mobili in legno. L’artigiano richiede un piccolo finanziamento ad una banca per poter acquistare le materie prime per la sua attività, ma il finanziamento gli viene negato per mancanza di garanzie valide: gli unici beni di sua proprietà, gli utensili che egli adopera nel suo lavoro, hanno un valore di mercato pressoché nullo.
Ragionando invece nell’ottica del valore per il cliente, gli utensili hanno per l’artigiano un valore molto alto in quanto costituiscono la sua unica fonte di sostentamento. Di conseguenza, la prospettiva della loro perdita è uno stimolo più che sufficiente per l’artigiano a comportarsi in modo adeguato.
Uno dei punti di forza del microcredito è stata in effetti la creazione di nuove metodologie, per lo più basate su di un’analisi dei valori rilevanti per gli individui a basso reddito, spostando l’ottica da valutazioni puramente economico-quantitative a valutazioni che comprendano elementi non necessariamente quantificabili (quindi spesso non suscettibili di valutazione economica), ma non per questo meno validi ai fini della predisposizione di termini contrattuali vantaggiosi per l’istituzione finanziaria e per il cliente.
Il microcredito può quindi essere visto come un insieme di strumenti che riescono a tener conto di variabili e caratteristiche relative agli individui, a cui i tradizionali strumenti del credito non riescono a dare un valore, adoperandole nella definizione dei contratti e rendendo in molti casi non indispensabile l’uso di criteri di selezione dei clienti basati sulla disponibilità di beni e capitali.
1.4 Attitudine verso il rischio
Abbiamo finora discusso la relazione contrattuale banca -cliente sul mercato del credito partendo dall’ipotesi di neutralità al rischio dei due soggetti. Nella realtà, tanto gli individui che le banche mostrano una certa avversione al rischio, seppure in misura diversa. Una breve discussione sull’importanza dell’attitudine verso il rischio nella determinazione dei contratti di credito può essere di una certa utilità ai fini della comprensione dei meccanismi alla base dei problemi di asimmetrie informative.
Essere avversi al rischio significa preferire un reddito certo ad un reddito incerto con lo stesso valore atteso. In altri termini, per i soggetti avversi al rischio l’incertezza è fonte di disutilità. La funzione di utilità dei soggetti avversi al rischio è concava, cioè al crescere del reddito derivante da un’attività rischiosa, l’individuo presenta incrementi sempre più contenuti nell’utilità: l’utilità marginale derivante da un aumento del reddito è dunque decrescente. La concavità della funzione di utilità dei soggetti avversi al rischio è intuitivamente spiegabile: più un progetto è rischioso, infatti, maggiore sarà la differenza tra valore massimo e minimo che il reddito da esso derivante può assumere. Al contrario, più un progetto è “sicuro”, minore sarà lo scarto tra valore massimo e valore minimo del reddito.
La concavità della funzione riflette allora la preferenza del soggetto per i progetti meno rischiosi, caratterizzati da redditi massimi inferiori a quelli dei progetti più rischiosi.
Sebbene l’attitudine verso il rischio sia una caratteristica riferibile al singolo individuo ed ai valori etici e sociali per esso rilevanti, è possibile, in relazione a determinate categorie sociali ed economiche, formulare un giudizio di massima sulla attitudine verso il rischio degli individui che a tali categorie appartengono4.
4 Gli speculatori di borsa, che puntano ad ottenere guadagni ingenti nel breve periodo, possono ad esempio essere considerati come categoria piuttosto propensa al rischio, mentre le famiglie che investono i propri risparmi in Titoli di Stato a lunga scadenza sono con tutta probabilità soggetti avversi al rischio.
Nel rapporto di credito, ai potenziali clienti può essere attribuita una certa avversione al rischio: i progetti per i quali gli individui richiedono i finanziamenti sono supposti essere di tipo “imprenditoriale”, cioè con l’obiettivo della massimizzazione dei profitti di lungo termine. L’obiettivo di lungo termine dovrebbe, almeno ad un primo livello di analisi, escludere intenti puramente speculativi e riflettere una inclinazione alla prudenza nella gestione del progetto.
Per quanto riguarda le banche, si è visto come esse preferiscono finanziare progetti caratterizzati da un basso coefficiente di rischio.
Anche le banche possono quindi essere identificate, in prima analisi, come soggetti avversi al rischio. Tuttavia, le metodologie di diversificazione del rischio di portafoglio, largamente impiegate dalle banche commerciali, agiscono nel senso della neutralità al rischio, riducendo la dipendenza della banca dai singoli prestiti in portafoglio.
Di conseguenza, pur non potendo parlare di assoluta neutralità al rischio delle banche, anche in considerazione del fatto che l’elevata correlazione dei prestiti in portafoglio tipica delle IMF riduce la portata degli effetti delle metodologie di diversificazione dei rischi, è lecito ipotizzare una minore avversione al rischio delle banche rispetto ai clienti.
Questa differenza nell’attitudine verso il rischio può portare, all’interno del quadro teorico di riferimento della teoria principale-agente, a sostanziali cambiamenti nella definizione del contratto ottimale5.
Supponendo per comodità la neutralità al rischio per il principale (la banca) e l’avversione al rischio per l’agente (il cliente), esiste la possibilità di un aumento del benessere sociale in seguito alla negoziazione dei rischi. Il principale potrebbe offrire all’agente la certezza di percepire un reddito corrispondente alla sua utilità di riserva, e l’agente potrebbe in cambio rinunciare all’eventuale (ed incerto) reddito aggiuntivo del progetto.
Questa situazione rappresenterebbe un aumento del benessere in senso paretiano, in quanto l’incertezza costituisce una fonte di disutilità per l’agente, mentre il principale è indifferente al rischio.
Il principale fornirebbe dunque piena assicurazione all’agente, assumendosi tutti i rischi derivanti dall’incertezza sui risultati del progetto.
Tuttavia, in un contesto di informazione imperfetta nel quale le azioni dell’agente non sono osservabili, per il principale potrebbe risultare non ottimale offrire piena assicurazione all’agente: questi infatti, una volta sicuro di percepire un reddito pari alla propria utilità di riserva, non avrà alcun incentivo ad esercitare un alto livello di sforzo.
Si configura quindi un problema di trade-off tra assicurazione ed incentivi: un elevato livello di assicurazione comporta la scomparsa degli incentivi per l’agente.
Il principale deve allora fornire un’assicurazione parziale all’agente, per mantenere gli incentivi necessari a garantire elevati livelli di sforzo dell’agente nella gestione del progetto.
In sintesi, in condizioni di neutralità al rischio del principale ed avversità al rischio dell’agente, anche se il principale fosse disposto ad offrire assicurazione totale
5 Per un maggiore approfondimento sulla teoria principale agente si veda l’appendice a questo capitolo.
all’agente, in un contesto di asimmetria informativa, l’assicurazione fornita sarà limitata.
Vediamo ora come questa differenza nell’attitudine verso il rischio tra principale ed agente modifica il contratto ottimale determinato in condizioni di neutralità al rischio di entrambi i soggetti.
L’avversione al rischio dell’agente modifica quantitativamente (ma non qualitativamente) il vincolo di partecipazione, in quanto il principale deve tener conto della diversa funzione di utilità dell’agente.
L’utilità marginale decrescente caratteristica della funzione di utilità degli individui avversi al rischio comporta un cambiamento nelle proporzioni tra l’utilità attesa del progetto e l’utilità di riserva per l’agente: l’incertezza rappresenta per esso una fonte di disutilità, il che significa che rispetto al contratto ottimale in caso di soggetti neutrali al rischio, il principale dovrà offrire all’agente un valore atteso del progetto maggiore, per uguagliare l’utilità di riserva.
In sostanza, per l’individuo avverso al rischio l’utilità corrispondente ad un reddito certo è maggiore dell’utilità corrispondente ad un uguale reddito atteso. Maggiore è il grado di avversione al rischio, maggiore è la differenza tra l’utilità corrispondente a un reddito certo e quella corrispondente ad un reddito atteso. Ancora, tale differenza tende ad aumentare con il crescere dell’ordine di grandezza del reddito del progetto.
Chiariti alcuni dei presupposti teorici fondamentali, si può ora procedere con l’analisi degli strumenti del microcredito.
Verrà dapprima fornita una descrizione di questi strumenti, accompagnata da una prima spiegazione intuitiva del loro funzionamento, per poi approfondire gli aspetti maggiormente significativi mediante l’uso di modelli teorici.
1.5 Gli strumenti del microcredito e modelli teorici
In questo paragrafo vengono illustrati i principali strumenti tipici del microcredito e viene svolta un’analisi degli effetti di tali strumenti sulle asimmetrie informative presenti nei mercati finanziari. Obiettivo dell’analisi è in particolare quello di confrontare le soluzioni tradizionali esaminate nei paragrafi precedenti e le innovazioni apportate dal microcredito, con riferimento al contesto economico e sociale dei paesi in via di sviluppo.
Le innovazioni di maggiore importanza apportate dal microcredito all’attività tradizionale di intermediazione finanziaria possono essere sintetizzate in tre punti6:
1.5.1 Introduzione del group lending (prestito di gruppo)
L’introduzione del prestito di gruppo è stata senza alcun dubbio la componente predominante del successo del microcredito.
6 Un’analisi teorica degli argomenti qui accennati è svolta nel “Testo di Approfondimento sugli aspetti teorici del microcredito” L. Paonessa, disponibile sul sito del corso di “Applicazioni di Microcredito”
Il prestito di gruppo non è peraltro una metodologia nata con il microcredito, ma piuttosto la rielaborazione di alcuni principi da tempo praticati all’interno delle società rurali, principi che sono in parte alla base di istituzioni come le Cooperative di Credito europee e le Rosca’s7 , tipiche di molti paesi in via di sviluppo. In sostanza, questo strumento consiste nel formare dei gruppi di clienti ai quali viene concesso un
prestito su base individuale, senza richiesta di garanzie. Ogni componente del gruppo è in parte responsabile anche per la restituzione del prestito da parte degli altri componenti.
Esiste cioè una “responsabilità congiunta” (joint liability) dei membri del gruppo: nessuno dei componenti il gruppo riceverà un nuovo prestito fino a quando tutti i membri non avranno interamente ripagato il debito. Questa comunione di responsabilità spinge i membri del gruppo a “monitorarsi” reciprocamente, creando quindi le condizioni per il superamento delle asimmetrie informative di tipo moral hazard.
1.5.1.1 Interpretazione estensiva del concetto di garanzia
Nel mercato del credito tradizionale la garanzia è costituita, come abbiamo visto, da uno o più beni immobili o mobili, ed ha la funzione di diminuire il rischio di comportamento opportunistico del cliente, che perde il bene dato in garanzia in caso di fallimento. La garanzia può quindi essere interpretata come una sanzione che la banca applica nei confronti del cliente in caso di fallimento di quest’ultimo.
Abbiamo inoltre visto che il valore della garanzia per il cliente può differire sensibilmente dal valore per la banca, e questo perché nella determinazione del valore della garanzia per il cliente intervengono considerazioni non esclusivamente economiche.
Un’ulteriore considerazione sul valore della garanzia come strumento di sanzione riguarda le caratteristiche del sistema legale del paese in cui l’istituzione finanziaria opera: la garanzia svolge la propria funzione al meglio solo nei contesti in cui la legislazione vigente è in grado di assicurare l’applicazione delle penalità che essa comporta in caso di fallimento del cliente. In altri termini, è la certezza della sanzione, e non la sua severità, a determinarne l’efficacia.
Nei paesi in via di sviluppo alla bassa dotazione di capitale pro capite che limita il raggio d’azione, l’applicabilità della garanzia, si aggiunge la debolezza del sistema legale, che limita l’efficacia della garanzia come strumento di sanzione.
Da qui l’esigenza di adottare strumenti alternativi alla garanzia, capaci di svolgere la propria funzione prescindendo dalla disponibilità di capitali del cliente e dalla affidabilità del sistema legislativo nell’ambito del quale le IMF operano.
Il microcredito ha utilizzato per la progettazione di strumenti innovativi, i vantaggi derivanti dall’operare all’interno di comunità rurali caratterizzate da forti interazioni ed interdipendenze tra i propri membri; l’innovazione si basa in questo caso sulla
7 Le Rosca’s ( Rotating Savings and Credit Associations) sono delle associazioni di tipo mutualistico nelle quali gli individui formano dei gruppi, utilizzando i risparmi provenienti dalle attività di tutti membri del gruppo per costituire un capitale che viene consegnato ad uno di essi. Il meccanismo viene quindi ripetuto ed il gruppo non viene sciolto fino a quando tutti i suoi componenti non hanno ricevuto il capitale pattuito. In genere questo sistema è utilizzato per permettere agli individui che non hanno accesso al credito di acquistare dei beni indivisibili (una casa o delle attrezzature, per esempio)
capacità delle comunità di sanzionare i membri che agiscono contro il loro interesse. In sostanza, si tratta di creare un contratto che riesca a sfruttare tale capacità di sanzione allo scopo di ridurre il rischio di comportamenti opportunistici da parte dei clienti.
1.5.1.2 Visione innovativa del rapporto con i clienti
Uno degli strumenti più efficaci nella riduzione dei problemi informativi che causano il razionamento del credito nei paesi in via di sviluppo è stato quello della creazione di rapporti di lungo periodo con i clienti, nei quali le condizioni contrattuali offerte sono stabilite sulla base dei risultati conseguiti dai clienti nel corso del rapporto, con lo scopo di creare un sistema di incentivi di tipo “dinamico”. Le IMF cioè, non potendo acquisire informazioni sui clienti da altre fonti, si sono dedicate all’osservazione diretta del loro comportamento, acquisendo dunque in modo graduale le informazioni necessarie all’identificazione precisa della rischiosità dei propri clienti. Le condizioni contrattuali (tasso di interesse e dimensione dei prestiti, ma anche ammontare delle rate di restituzione e frequenza delle rate stesse) subiscono di conseguenza sensibili variazioni nel corso del tempo, adattandosi alle caratteristiche che il cliente dimostra di possedere.
1.6 Appendice: Applicazioni della teoria principale-agente alla microfinanza
La teoria principale-agente è una struttura utilizzata per lo studio delle relazioni contrattuali tra agenti economici contraddistinti da diverse funzioni obiettivo, nelle quali una parte, il principale, delega ad un’altra parte, l’agente, alcune azioni implicanti il controllo di risorse.
Essa offre quindi un modello teorico di riferimento per lo studio delle relazioni contrattuali di tipo subordinato, che comportino al tempo stesso un certo grado di discrezionalità per l’agente.
La teoria principale-agente studia i differenti modi in cui il principale può indurre l’agente ad intraprendere azioni che apportino benefici al principale ma che potrebbero essere non ottimali per l’agente se non fosse sottoposto ad alcun vincolo, i modi cioè in cui il principale può spingere l’agente ad utilizzare la propria discrezionalità nell’interesse del principale stesso.
Il principale induce l’agente a compiere le azioni desiderate variando gli incentivi contenuti nel contratto al fine di rendere tali azioni desiderabili per l’agente. In altre parole, il contratto impone all’agente dei vincoli che fanno si che le azioni da questi intraprese siano ottimali dal punto di vista del principale ed ottimali, considerando i vincoli imposti dal punto di vista dell’agente.
In questo schema vengono deliberatamente ignorati i problemi di potere contrattuale tra le due parti: si assume che il potere contrattuale sia nelle mani del principale, che offre all’agente un contratto con le condizioni già definite, senza possibilità di negoziazione; l’agente può decidere se accettare il contratto o non accettarlo.
Le relazioni che si instaurano sul mercato del credito mostrano tutte le caratteristiche di un tipico problema di agenzia: un agente (il cliente) agisce per conto di un principale (la banca), i cui fondi devono essere ripagati. Nelle relazioni di agenzia le asimmetrie informative appaiono perché una delle parti possiede informazioni private, non osservabili dalla controparte. Nella relazione tra banca e cliente, il principale ha forti difficoltà nell’osservare le azioni o il “tipo” di agente (con “tipo” si intende la rischiosità associabile ad ogni agente). Di conseguenza, il principale deve investire risorse per riconoscere il tipo di agente o per indurre gli agenti ad intraprendere azioni che non siano nocive per i propri interessi. Problemi di moral hazard emergono quando le azioni intraprese da una delle parti della transazione (l’agente) modificano la valutazione che la seconda parte (il principale) fa della transazione. Ciò avviene frequentemente nelle relazioni contrattuali che implicano lo svolgimento da parte dell’agente di un’attività caratterizzata da incertezza sui risultati futuri, in cui il principale è incapace di osservare perfettamente le azioni dell’agente. E’ questo il caso in cui, ad esempio, il principale desidera che l’agente eserciti un alto livello di sforzo nella gestione del suo progetto, mentre l’agente può intraprendere azioni che comportano un basso livello di sforzo.
I rendimenti di un’attività produttiva sono di solito positivamente correlati al livello dello sforzo esercitato nell’intraprendere l’attività stessa. Lo sforzo profuso nello svolgimento dell’attività rappresenta per l’agente una fonte di disutilità; di conseguenza è ragionevole dedurre che, senza i giusti incentivi, egli non eserciterà spontaneamente il livello di sforzo desiderato dal principale. Questa evenienza è resa
possibile dall’asimmetria informativa che impedisce al principale di osservare perfettamente le azioni dell’agente e quindi di valutare l’intensità dello sforzo profuso. Nel caso del rapporto di credito, come abbiamo visto, in conseguenza ad un basso livello di sforzo l’output del progetto potrebbe essere insufficiente al rimborso del prestito: il comportamento opportunistico dell’agente consiste dunque nell’esercitare uno sforzo modesto nella gestione del progetto, sfruttando in seguito l’incapacità di valutazione del principale per dichiarare che i rendimenti ottenuti sono in realtà prodotto di un alto livello di sforzo.
Affinché un agente sia disponibile ad accettare un contratto che comporta un certo grado di restrizioni alla sua libertà di scelta, è necessario che questi sia compensato per le azioni che accetta di compiere, specificate nel contratto.
Definiamo utilità di riserva l’utilità generata per l’agente dalla migliore delle attività che egli può decidere di intraprendere in alternativa a quella oggetto del contratto.
Ogni contratto offerto dal principale deve offrire all’agente la prospettiva di conseguire un livello di utilità uguale o superiore alla sua utilità di riserva. Si parla in questo caso di vincolo di partecipazione dell’agente.
Possiamo esprimere il vincolo di partecipazione dell’agente in forma analitica:
ph uh + ( 1 ph ) ul vh u (6)
Dove ph è la probabilità di ottenere un output alto esercitando un alto livello di sforzo, ( 1 ph ) è la probabilità di ottenere un output basso nonostante l’alto livello dello sforzo, uh è l’utilità per il cliente associata all’output alto, ul è l’utilità associata all’output basso, vh è la disutilità per il cliente derivante da un alto livello di sforzo, u è l’utilità di riserva per il cliente.
Il lato sinistro della disuguaglianza (6) rappresenta l’utilità attesa del progetto per il cliente: se essa è superiore all’utilità di riserva, il cliente trova conveniente accettare il contratto.
Inoltre, un agente che si comporti in modo razionale intraprende le azioni che massimizzano i suoi rendimenti netti: il contratto deve allora offrire all’agente motivazioni sufficienti a fargli scegliere le azioni ottimali per il principale. L’utilità attesa del rendimento netto per l’agente in corrispondenza di output alto deve essere maggiore dell’utilità attesa del rendimento netto in caso di output basso: si parla in questo caso di vincolo di incentivo per l’agente.
In forma analitica:
ph uh + ( 1 ph ) ul vh pl ul + ( 1 pl ) ul vl
Questa formulazione del vincolo di incentivo può essere utilmente semplificata. Dopo alcuni passaggi algebrici essa diventa:
( ph pl ) ( uh ul ) vh vl (7)
La predisposizione del contratto ottimale per il principale consiste nel massimizzare il proprio rendimento netto atteso, sotto i vincoli di partecipazione ed incentivo per l’agente.
Il rendimento netto atteso per il principale è:
p = ph ( Yh Rh ) + ( 1 ph ) ( Yl Rh ) (8)
L’ espressione (8) è la funzione da massimizzare per il principale, sotto i vincoli dati dalle espressioni (6) e (7) .
L’ insieme dei contratti possibili dati i vincoli posti è dato, nel grafico in figura 2.1, i cui assi rappresentano l’utilità per l’agente in caso di output alto ed in caso di output basso, dall’insieme dei punti a destra della retta P , che rappresenta il vincolo di partecipazione, ed al di sopra della retta IC , che rappresenta il vincolo di incentivo. Il contratto ottimo si trova in corrispondenza del punto S , intersezione tra le rette P e IC e la curva di indifferenza del principale, I.
Figura 0.1 - Equilibrio sul mercato del credito in presenza di asimmetrie informative.
In un contesto di informazione perfetta, invece, continuando a supporre la neutralità al rischio di principale ed agente, il vincolo di incentivo non è più necessario, in quanto il principale, potendo osservare perfettamente le azioni compiute dall’agente, può predisporre il contratto in funzione delle azioni che l’agente deve intraprendere per conseguire un alto livello di output.
Il principale può allora limitarsi ad offrire all’agente un rendimento che gli garantisca la sua utilità di riserva, assicurandosi così la partecipazione dell’agente al contratto. Il solo vincolo rilevante è quindi quello di partecipazione.
In caso di informazione perfetta, dunque, il principale può offrire un contratto che, pur giacendo sulla retta P, gli permette di conseguire un’utilità maggiore. Il contratto ottimo si trova infatti in corrispondenza del punto di tangenza tra il vincolo di partecipazione e la curva di indifferenza I, che rappresenta un livello di utilità maggiore per il principale rispetto alla curva I.
L’equilibrio di mercato ed il contratto ottimo in caso di informazione perfetta sono rappresentati nel grafico in figura 2.2.
uh
P ul
Figura 0.2 - Equilibrio sul mercato del credito con informazione perfetta
CAPITOLO 2
L’OFFERTA DI SERVIZI FINANZIARI NEI PAESI IN VIA DI SVILUPPO: LA FINANZA INFORMALE
(di Laura Foschi e Ilaria Urbinati)
Questo capitolo ha l’obiettivo di introdurre il lettore al tema dell’offerta informale di servizi finanziari nei paesi in via di sviluppo. Nella maggioranza dei paesi in via di sviluppo infatti troviamo un dualismo finanziario caratterizzato dalla presenza di un settore finanziario formale regolamentato e controllato da un organismo centrale, e una moltitudine di esperienze di finanza informale che molto spesso rappresentano la principale forma di approvvigionamento del credito per gran parte della popolazione. Come analizzato nel capitolo precedente, diversi autori evidenziano tuttavia un gap esistente fra domanda ed offerta di credito dovuto per grande parte ad uno sviluppo del sistema finanziario formale inadeguato ai paesi in via di sviluppo, basato su analisi e metodologie tipiche dei paesi industrializzati, ma impossibili da riproporre in molti contesti rurali o di forte povertà e vulnerabilità.
Il fallimento di molti programmi di governo, di banche di sviluppo e di grandi banche internazionali che avevano lo scopo di incrementare l’offerta di servizi finanziari in molti paesi in via di sviluppo ha portato a rivedere le modalità di intervento e soprattutto a trarre alcune lezioni importanti dalle forme di finanza informale8.
Analizziamo di seguito le caratteristiche della finanza informale esplicitando nella tabella che segue la suaimportanza della per i progetti di microcredito.
8 Per un maggiore approfondimento del sistema delle banche di sviluppo e il ruolo da queste assunte nei PVS, si veda il lavoro di L.Viganò (2000).
2.1 La finanza informale nei paesi in via di sviluppo
Si può affermare che, fino all’inizio degli anni 90, fra gli studiosi dell’economia dello sviluppo la considerazione per la finanza informale era molto bassa e fondamentalmente legata alle attività svolte dai “prestatori professionali” (usurai che sfruttano i piccoli commercianti in situazione di difficoltà) oppure legata ai prestiti di piccolissimo importo offerti da parenti ed amici.
Negli anni successivi la percezione della finanza informale è molto migliorata soprattutto a seguito di studi e analisi non solo sociologici o antropologici ma anche economico e finanziari.
Adams e Fitchett (1994) ricordano a questo proposito come il termine finanza informale derivi da un processo di approfondimento: solo qualche decennio fa il termine prestatori veniva utilizzato per categorizzare tutte le forme di prestiti al di fuori delle norme governative di un paese. Con l’approfondimento del tema si è mostrato evidente come tale termine non potesse comprendere tutte le variegate forme di finanza informale, si è allora passati ad utilizzare termini come finanza non organizzata o finanza non istituzionale, ma anche queste terminologie risultavano inadeguate rispetto ad esempio alle esperienze di associazioni di credito e risparmio. E’ all’inizio degli anni 90 che prende sempre più spazio, sostituendosi ai termini precedenti, l’uso del termine finanza informale.
Ma che cosa intendiamo esattamente per finanza informale?
Secondo Lelart (1990) la nozione di finanza informale si riferisce all’insieme di meccanismi originali e non ufficiali che permettono di fare circolare la moneta in contropartita di un accumulazione temporanea di crediti e debiti. La finanza informale
quindi raggruppa l’insieme delle transazioni finanziarie che non sono regolamentate da una autorità monetaria centrale o da un mercato finanziario centrale. Con il termine finanza formale si individuano le attività finanziarie regolamentate.
Le transazioni della finanza informale vengono effettuate a seguito di regole prestabilite da parte degli intermediari stessi senza formalizzazione in termini di regolamenti normativi o autorizzazioni, nella maggior parte dei casi questi meccanismi non sono illegali in quanto tollerati dalle autorità pubbliche.
Anziché una semplice definizione dicotomica, è senza dubbio più utile immaginare le attività della finanza non regolamentata come un continuum composto da transazioni finanziarie che vanno da un semplice prestito concesso a parenti o amici, fino a istituzioni strettamente controllate da una banca centrale, passando per prestiti concessi da commercianti e negozianti, depositi e prestiti offerti da una varietà di gruppi di risparmio e credito informali, o ancora prestiti su pegno offerti da organizzazioni a volte riconosciute dal governo come società finanziarie ma non regolamentate, o ancora servizi offerti da cooperative di risparmio e credito che sono regolamentate in alcuni paesi e non in altri. In molti paesi il centro di questo continuum è una zona grigia che non si presta a una categorizzazione dicotomica, e che quindi definiamo come finanza semi-formale.
2.1.1 I diversi operatori del settore finanziario informale
La grande varietà dei bisogni finanziari espressi dalle comunità locali viene soddisfatta da una moltitudine di meccanismi informali. A fianco dei prestatori professionisti esistono numerosi altri sistemi che favoriscono le transazioni finanziarie nei paesi in via di sviluppo. Alcuni di questi sistemi esistono da secoli mentre altri, più recenti, sono la dimostrazione di come la finanza informale evolve in misura e sulle necessità della società e dell’economia, evidenziando due delle sue caratteristiche più importanti: flessibilità e creatività.
Fra gli operatori della finanza informale distinguiamo tre macrocategorie: gli operatori individuali, i gruppi di persone organizzate su una base mutualistica e solidale, le società organizzate (vedi finanza semi-formale).
2.1.1.1 Gli operatori individuali
Si tratta di persone che prestano occasionalmente o abitualmente le loro risorse e/o che forniscono dei servizi di raccolta di risparmio o depositi. Fra questi ritroviamo:
• Prestatori non professionisti. Per il prestatore i prestiti sono generalmente di natura non commerciale, sono molto diffusi e profondamente radicati nella società e nelle tradizioni locali. Si tratta di amici, parenti o vicini di casa, i prestiti possono essere in natura o in danaro e generalmente vengono accordati senza interesse, né garanzie, molto spesso si accordano facilitazioni nelle modalità di rimborso. In alcuni paesi questi crediti rappresentano la metà o più dei prestiti informali, con durata e valore molto vari. La principale caratteristica di questi prestiti è la loro reciprocità: è sottointeso che colui che riceve ora il
prestito accetterà di fornirne uno al creditore in un qualsiasi momento futuro. La reciprocità rappresenta un ottimo strumento per gestire il rischio e l’incertezza, stabilendo e rinforzando dei legami interpersonali.
• Prestatori professionisti: sono persone che abitualmente prestano danaro per piccoli importiper una breve durata e a clienti solitamente conosciuti. Non vengono richieste garanzie ed il tasso di interesse è generalmente più elevato di quello di altri organismi di prestito, anche la disponibilità del prestito è immediata e non vengono applicati costi di transazione aggiuntivi. La caratteristica principale di questa forma di finanza informale è data dalla prossimità del prestatore verso il cliente; è grazie a questo contatto quasi quotidiano che il prestatore può accedere a tutte le informazioni necessarie per la riduzione del rischio di credito.
• Commercianti e grossisti: in questo caso i prestatori esercitano normalmente un’altra attività di tipo generalmente commerciale, ma dispongono di un capitale che possono prestare a terzi. I prestiti sono generalmente legati alle attività di acquisto o vendita delle derrate. Queste operazioni di credito informale di natura commerciale possono essere a base di denaro, terra, o beni commerciali. Normalmente non viene fissato un tasso esplicito su questi prestiti, anche se molte volte il tasso implicito applicato risulta di molto superiore al tasso applicato dai prestatori professionali. Come questi ultimi i commercianti dispongono di informazioni a costo zero sulle caratteristiche di colui che riceve il prestito.
• I custodi di denaro o money-keeper: fra gli operatori individuali troviamo anche soggetti che accettano dei depositi, offrendo un luogo sicuro dove lasciare in giacenza fondi in eccesso, principalmente derivanti da una attività commerciale giornaliera. Nella maggioranza dei casi i custodi di denaro non offrono un tasso di interesse per remunerare il deposito, al contrario spesso vengono considerati come soggetti che rendono un servizio al depositante. Il custode di denaro può utilizzare i fondi depositati a suo piacimento e senza restrizione, l’ammontare medio del deposito e il periodo di giacenza sono di solito molto ridotti.
• Gli agenti specializzati in prestiti: rappresentano un altro tipo di finanza informale. Gli agenti di prestito facilitano l’incontro fra chi offre e chi chiede prestiti, attraverso uno scambio di informazioni sui clienti potenziali (Adams e Fitchett, 1994). Di solito si tratta di prestiti di importo abbastanza elevato e di durata più lunga di quella di altri prestiti del settore della finanza informale. Considerato che di solito chi si rivolge agli agenti di prestito non ha i requisiti per accedere al credito offerto dalle banche tradizionali, il rischio è che il tasso di interesse applicato sia molto alto. L’agente non è di solito uno dei partner della transazione ma solo un facilitatore.
• I prestatori su pegno: è una delle forme di finanza informale più antica, che può essere svolta in maniera continuativa od occasionale e assumere anche alcune forme più strutturate assimilabili a forme di finanza semiformale. Ad esempio in Indonesia, Bangladesh, India e Sri Lanka gli sportelli dei prestatori su pegno sono affiliati alle banche. La differenza principale con gli altri operatori dell’economia informale è che il prestatore su pegno non necessita di informazioni sulle attività del debitore in quanto garantito dal bene che viene lasciato a garanzia.
2.1.1.2 I gruppi di persone organizzate su base mutualistica e solidale
Questi gruppi funzionano secondo delle regole stabilite di comune accordo fra i membri ed hanno la stessa struttura di base: un gruppo di persone aventi un legame comune (famiglia allargata, amicizia, vicinato, lavoro nella stessa impresa, etnia, ecc.) si riuniscono per mettere in comune le loro risorse al fine di beneficiare di una facilitazione nel risparmio e/o nel credito in vista di una spesa che non potrebbero affrontare da soli o per assicurare mutualisticamente la famiglia in caso di emergenza. In alcuni casi l’obiettivo del gruppo può essere anche quello di contribuire alla realizzazione di un progetto comunitario.
In molte regioni dei paesi in via di sviluppo la partecipazione a questi gruppi è così numerosa che supera di gran lunga il numero di clienti degli istituti finanziari formali. Alcuni studiosi hanno rilevato negli anni 80 (Schrieder 1989) che il volume dei depositi mobilizzato dai gruppi di risparmio e credito in Camerun è maggiore del volume monetario detenuto dalle banche. Tali gruppi rappresentano una leva finanziaria importante per la promozione dello sviluppo locale, in quanto mobilitano il risparmio locale per investirlo in attività di supporto alle attività economico- produttive.
Esistono essenzialmente due tipi di gruppi informali che esercitano l’attività di intermediari finanziari: i gruppi a sola vocazione di risparmio ed i gruppi a vocazione di risparmio e credito.
Gruppi a vocazione di risparmio: hanno l’obiettivo di offrire facilitazioni nel risparmio ai loro membri a cui è negato l’accesso ai servizi di risparmio presso il settore formale. Questo avviene perché le somme disponibili ai membri non sono sufficientemente elevate per giustificare una operazione bancaria oppure perchè la distanza dalle più vicine filiali è molto grande. I fondi accumulati sono solitamente utilizzati per un uso specifico che può essere esplicitato o no all’inizio della raccolta. La partecipazione al risparmio mutualistico risponde sostanzialmente a una forma
assicurativa in caso di malattia, decesso, incidente, furto, incendio, disoccupazione, ecc.
Gruppi a vocazione di risparmio e credito: la contribuzione regolare di ogni membro al processo di accumulazione del risparmio, gli fornisce il diritto di ricevere un prestito da parte del gruppo stesso. Fra gli esempi di questo tipo di gruppo possiamo citare le Mutuali di credito informale, le associazioni di risparmio e credito informali, le associazioni rotative di risparmio e credito (ARRC).
A lato di questi dispositivi informali a vocazione finanziaria, possiamo citare anche le organizzazioni di auto-assistenza in cui i servizi resi sono in natura: si tratta di associazioni di operai giornalieri, di associazioni rotative di lavoro, assimilabili a quello che oggi ritroviamo nei paesi industrializzati, come banche del tempo.
2.1.1.3 Le società organizzate
Queste si trovano nei paesi dove l’economia informale prende forme più complesse ed evolute non solo da un punto di vista delle sue caratteristiche strutturali e operative ma anche da un punto di vista del posto che essa occupa nell’attività finanziaria globale. Si tratta di solito di organizzazioni sofisticate ma non regolamentate o limitatamente regolamentate. La regolamentazione può essere circoscritta alla richiesta di una licenza o ad un controllo molto superficiale.
Il caso dell’India è il più comune: a fianco delle attività di risparmio e di credito dei prestatori individuali e dei piccoli gruppi, esiste una serie di “compagnie” o “società” che, a scapito della loro consonanza formale, sono considerate come facenti parte del settore finanziario informale (o meglio semi-formale) indiano.
2.1.2 Caratteristiche, vantaggi e limiti della finanza informale
Il settore informale ingloba quindi l’insieme delle transazioni finanziarie che si effettuano fuori dai regolamenti imposti al sistema finanziario formale. Riprendiamo qui di seguito l’analisi effettuata da Adams e Fitchett (1994) sulle principali caratteristiche, vantaggi e limiti del sistema finanziario informale.
2.1.2.1 Caratteristiche della finanza informale
• Assenza di condizioni prestabilite da uno standard normativo. Per esempio, per essere prestatore professionale o per partecipare a un gruppo di credito e risparmio non è necessario richiedere una autorizzazione o presentare documenti o fornire garanzie, o modulistica da riempire o scadenze e attesa da rispettare. Nei gruppi i partecipanti auto-definiscono regole e modalità di partecipazione, che possono essere diverse anche all’interno dello stesso villaggio.
• Assenza di spese di gestione. L’amministrazione dei fondi è ridotta al minimo, non ci sono registri (al massimo un quaderno), non ci sono spese di affitto per locali o stipendi da pagare a dipendenti.
• Assenza di un inquadramento standardizzato. Alcune associazioni raggruppano meno di dieci membri, altre più di 100, alcune durano qualche settimana, altre degli anni.
• Assenza di controllo. Visto che si basano tutte su relazioni interpersonali non esiste controllo esterno o pubblico sulle attività svolte dagli operatori della finanza informale, come non esistono modalità per tassare i proventi derivanti da tali attività.
• Presenza costante. La finanza informale è presente nella maggioranza dei nei paesi a basso reddito. Si concentra più spesso nelle zone dove hanno luogo transazioni commerciali, ma esiste anche in zone rurali e disperse e si sviluppa qualunque sia lo stato di evoluzione del sistema finanziario formale.
• Partecipazione di tutte le classi sociali. Ovviamente la finanza informale è uno strumento che permette di accedere ai servizi finanziari alle categorie più povere ed escluse della popolazione, ma la partecipazione alla finanza informale è frequente anche all’interno di classi sociali medio alte e appartenenti ai più vari contesti socio economici.
• Adattamento. I mercati della finanza informale si adattano perfettamente all’ambiente economico e sociale locale. Se alcuni strumenti di finanza informale spariscono, altri si creano a seguito di un adattamento al contesto locale sia nei paesi dove i mercati finanziari formali funzionano efficacemente sia nei paesi dove i mercati finanziari sono del tutto assenti.
• Diversità di servizi. La finanza informale non offre solo dei servizi di credito, l’opportunità di mobilizzare il risparmio è una delle componenti più importanti della finanza informale.
• Si considera inoltre che la finanza informale migliori l’efficacia di allocazione delle risorse. Essa permette a milioni di individui e di imprese che hanno un surplus di fondi, di ripiegare su forme di prestito ad altri individui ed imprese che hanno migliori opportunità economiche. Il risultato di un aumento del rendimento e della formazione del capitale è superiore rispetto a quello che si avrebbe se i mercati finanziari informali non funzionassero o non potessero funzionare.
• Sembra evidente che in molti casi la finanza informale e la finanza formale si completino piuttosto che sostituiscano l’una all’altra. In effetti i depositi informali arrivano spesso alle banche ed i fondi provenienti dai prestiti formali circolano spesso via circuiti informali.
• Generalmente non è richiesta nessuna garanzia: la garanzia di un credito è assicurata dalla condotta passata del debitore in materia di rimborsi, dalla fiducia personale, dalla pressione sociale per favorire i rimborsi, dalla flessibilità a
livello del tasso di interesse applicato che permette ai debitori di coprire il costo opportunità dei fondi impegnati e il rischio di fallimento del pagamento.
2.1.2.2 Vantaggi della finanza informale
Varietà dei servizi resi. I tipi di servizi reso dalla finanza informale sono estremamente vari; questo dimostra come anche le popolazioni dei paesi a basso reddito abbiano una domanda molto differenziata di servizi finanziari. Questi servizi sono generalmente molto diversi da quelli dei programmi tradizionali di credito, infatti depositi e prestiti di piccolo ammontare e breve durata costituiscono la
maggioranza della transazioni finanziarie informali. Questi prodotti finanaziari sono raramente offerti dai programmi formali9 di credito ai poveri e si può quindi dedurre che un buon numero di questi programmi tradizionali di credito offrono dei servizi finanziari adeguati.
Sistema basato sulla disciplina. La finanza informale richiede ai suoi partecipanti, sia per i creditori che per i debitori, un comportamento fortemente disciplinato,. I prestatori informali devono auto disciplinarsi per risparmiare i fondi necessari da prestare e per raccogliere le informazioni sufficienti sui loro clienti/associati potenziali per prestare questo danaro su una consistente base di solvibilità. Solo dopo diversi anni i prestatori informali sono capaci di gestire questo talento necessario allo sviluppo dei loro affari.
Dato che i prestatori informali investono delle risorse proprie considerano i prestiti come un privilegio e non come un diritto, considerano il prestito come una transazione seria e non un gioco dove si agisce facendo favori e privilegi. Dall’altro lato i debitori devono dimostrare di avere un modo di agire corretto e responsabile, la possibilità di prendere a prestito informale è un privilegio che solitamente è acquisito a seguito di molteplici tappe come: risparmiare prima di prendere a prestito, rimborsare i piccoli prestiti prima di riceverne di più importanti e sempre rimborsare tutti i debiti per mantenere l’accesso alla finanza informale. Tale disciplina permette di solidificare le relazioni professionali fra prestatori e debitori, relazioni che sono alla base di un mercato finanziario stabile e durevole.
Risparmio. La maggior parte del sistema finanziario formale fallisce nella mobilitazione del risparmio locale; le banche rurali e le grosse cooperative spesso non riescono o non possono mettere sul mercato dei prodotti soddisfacenti per attirare l’attenzione dei potenziali risparmiatori. Il sistema finanziario formale è spesso connotato sul territorio come un fornitore a buon mercato di fondi principalmente provenienti dai governi o da donatori internazionali piuttosto che un mobilizzatore di risparmio volontario.
Reciprocità. La maggior parte delle forme di finanza informale implicano un rapporto di forte reciprocità che si instaura fra debitore e creditore sapendo che un giorno questi ruoli potrebbero essere invertiti.
9 Vedi banche commerciali o banche di sviluppo
Le innovazioni finanziarie e adattabilità. La finanza informale comporta un certo numero di innovazioni finanziarie che permettono di ridurre i costi di transazione sia per i depositanti che per i debitori. È in effetti sbalorditivo constatare la rapidità con cui la finanza informale possa si può rinnovare per adattarsi alle condizioni rapidamente variabili come l’inflazione, le crisi ed i problemi economici.
Efficacia. La finanza informale permette di mantenere i costi di transazione poco elevati per i debitori e risparmiatori fornendo servizi finanziari nei luoghi e nei momenti più convenienti ai propri clienti. D’altro canto la finanza formale tende a ridurre i costi di transazione dell’intermediario finanziario e si preoccupa poco delle conseguenze sui clienti e sui debitori.
Possiamo inoltre notare che gli intermediari formali cercano prima di tutto di instaurare buone relazioni con chi li rifornisce di risorse importanti di fondi, cioè con gli agenti governativi, gli impiegati delle banche centrali e gli impiegati delle organizzazioni donatrici. I debitori ed i risparmiatori di piccole somme, invece, sono solitamente trattati con poca considerazione. In maniera inversa si comportano gli intermediari informali che si preoccupano quasi unicamente di mantenere delle relazioni di qualità con i loro debitori e depositanti.
2.1.2.3 I limiti della finanza informale
Assenza di una reale intermediazione finanziaria. Non è possibile comparare il settore finanziario informale alle banche. Pare che le organizzazioni informali non siano in grado di colmare nello stesso tempo le due funzioni che caratterizzano un intermediario finanziario: raccogliere delle risorse a breve e trasformarle in impieghi a lungo termine per soddisfare i bisogni di finanziamento. In effetti, se il settore finanziario informale sembra poter acquisire delle informazioni sui debitori a minor costo e mantenere la fiducia dei depositanti principalmente per le zone rurali, non sembra poter sopportare i costi legati all’ eventuale fallimento dei debitori (malgrado si verifichi raramente grazie alla pressione sociale esercitata dal gruppo). In questo modo i prestiti accordati in seno alla finanza informale saranno soprattutto prestiti di breve termine per finanziare il capitale di giro.
Difficoltà a finanziare capitali di investimento. La finanza informale finanzia molto raramente l’acquisizione di beni di investimento, poichè offre prestiti a breve termine e di ammontare limitato che impediscono operazioni a lungo termine. Malgrado ciò nel caso asiatico ritroviamo esperienze di associazioni che incoraggiano il finanziario di lungo termine dei loro membri.
Tasso di interesse applicato vicino a termini da usura. Il tasso di interesse elevato è una delle maggiori critiche che vengono rivolte al settore della finanza informale e che molto spesso conduce analisti superficiali ad una condanna senza risoluzione degli operatori della finanza informale. Diversi sono i fattori di cui tenere conto quando si affronta il tema del tasso di interesse nella finanza informale: costo opportunità dei fondi disponibili, rischio elevato, importo molto ridotto e breve durata
del prestito, mobilità geografica dei debitori e creditori, ecc. I tassi di interesse elevati sono un indicatore del fatto che nel mercato informale i fondi sono rari e il
rendimento delle attività economiche sviluppate grazie all’accesso al credito è molto elevato10.
A conclusione di questa analisi possiamo dire che è soprattutto la flessibilità che caratterizza la finanza informale. I costi di transazione del settore informale, quando applicati, sono generalmente più elevati e l’accesso ai finanziamenti informali è relativamente facile rispetto al settore formale. La flessibilità delle condizioni e delle operazioni di credito permettono di adattare i servizi finanziari ai bisogni specifici, la rapidità di trattamento delle domande di prestito e soprattutto la volontà di trattare le piccole somme che corrispondono ai bisogni e alla capacità della maggioranza della popolazione fanno in modo che il meccanismo informale sia più adatto dei meccanismi formali ai bisogni del settore urbano e rurale in cui operano. Ciò spiega in parte che il credito informale è più diffuso che il credito formale malgrado il suo costo più elevato.
10 Nel capitolo 5 il tema del tasso di interesse verrà ripreso e analizzato nel contesto dei progetti di microcredito
2.2 Appendice sul tema della finanza informale: Les Tontines
Il fenomeno delle Tontines è rimasto a lungo sconosciuto. Il progressivo fallimento del sistema bancario e finanziario formale nei Paesi in via di sviluppo, ha messo in evidenza il ruolo di alcuni circuiti finanziari informali dove le Tontines sono una componente essenziale. Diversi autori negli ultimi 30 anni si sono dedicati allo studio delle Tontines, riprendiamo in questa analisi il lavoro di Bouman (1977) e Gasse- Hellio (1999).
La Tontine è un’associazione di persone unite da legami famigliari, d’amicizia, professionali, di clan o regionali, che si ritrovano a periodi alterni variabili, al fine di mettere in comune il risparmio per risolvere problemi particolari o collettivi. Secondo Bouman (1977) “le Tontines sono associazioni che raggruppano i membri di un clan, familiari, vicini, che decidono di mettere in comune beni e servizi per il beneficio di tutti o uno, a turno.”
Sempre Bouman definisce le Tontines come “Associazioni circolari di risparmio e di credito”ed è da questa definizione che derivano i nomi più conosciuti ed attribuiti alle tontines: Associations Rotatives d’Epargne et Credit –AREC, in francese o Rotative Saving and Credit Associations –ROSCA, in inglese.
Le Tontines esistono in tutti i paesi del mondo, ma sono maggiormente diffuse in Africa ed in Asia. Anche se hanno diversi nomi da un paese all’altro, presentano generalmente le stesse caratteristiche e nascono da relazioni molto strette tra i loro membri.
La struttura più semplice di Tontines è una formula mista di risparmio e credito. Si versa una quota fissa in un fondo comune (cassa) che è distribuito a turno a ciascuno dei membri, designato spesso a sorte. Quando ciascuno dei membri ha ricevuto la cassa, il circolo ricomincia.
Le Tontines esistono da prima dell’introduzione della moneta nell’economia. Originariamente erano gruppi di lavoro che si mettevano insieme per accumulare e distribuire servizi, per rispondere ai bisogni immediati come scavare delle tombe, acquistare delle tegole od organizzare una festa.
L’origine è sicuramente asiatica, mentre in Africa il fenomeno è più diffuso e radicato nei paesi dell’Africa orientale.
Per comprenderne meglio la natura e le varie sfaccettature è comunque importante studiarne le variabili nazionali, regionale ed etniche. Vediamo di seguito alcune caratteristiche delle Tontines in Africa e in Asia.
2.2.1 Le Tontines africane
Sono le più studiate ed hanno prevalentemente origine rurale. I membri si conoscono bene e l’adesione è libera ma piuttosto selettiva. Il concetto di fiducia è garanzia di sicurezza, la cauzione è la persona stessa, il suo capitale è la sua credibilità all’interno
del gruppo. Se qualcuno non rispettasse i propri impegni, perderebbe qualsiasi prestigio nella comunità.
Le Tontines africane variano per grandezza, costituzione e posizione geografica. Possono essere miste, ma generalmente si differenziano per sesso e fascia d’età, la loro durata è variabile ed è decisa dai membri.
I momenti delle riunioni sono molto importanti perché sviluppano socialità, relazioni interpersonali e perché sono il luogo ideale per la soluzione dei problemi degli individui e della comunità. I giovani le considerano più come uno strumento economico, mentre per i più anziani prevale l’elemento di socialità.
Per i membri di una Tontine la presenza è obbligatoria, esserci è un dovere morale, esistono sanzioni (soprattutto morali) per chi viene meno agli impegni presi e generalmente i versamenti sono accettati solo dai membri. Il momento finale della vita della Tontines ha sempre una connotazione rituale, di festa.
La composizione delle Tontines è molto strutturata, al suo interno troviamo, organizzati in maniera molto diversa da un paese all’altro: membri fondatori, coordinatori della commissione di credito, presidente, vice-presidente, segretaria, tesoriere, commissari (che verificano la contabilità), sindaci (che disciplinano).
La conformazione della Tontine dipende da fattori legati alla formazione socio- professionale (funzionari, agricoltori, artigiani, commercianti, impresari) ed alla provenienza geografica (di villaggio, di quartiere).
In Africa le Tontines non sono riconosciute legalmente in tutti i paesi ma, rappresentano comunque una forma di sicurezza sociale ed economica.
2.2.1.1 Le Tontines in Gambia
Il termine juloo, corda, per un Mandiko ha più significati. Può essere usato per riferirsi ad un piccolo commerciante, ad un credito o ad un debito. I commercianti danno crediti e i loro crediti, benché utili, alla maniera di una scala di corda, ingabbiano una persona che ha bisogno di un prestito, figurativamente è come avere un cappio al collo! Quando gli abitanti dell’area del Gambia rurale fanno riferimento al termine juloo si riferiscono alla schiavitù.
In Gambia, i meccanismi finanziari rurali promossi dalle banche di sviluppo e dai programmi governati basati unicamente sul credito prestito, sono quelli che hanno dato i peggiori risultati. Le maggiori agenzie di sviluppo hanno gestito i loro progetti senza preoccuparsi troppo di mobilizzare i fondi a livello locale. Per questo la percezione delle persone che abitano nelle zone rurali è che la maggior parte dei programmi di credito appartengono ad altri: ai funzionari della capitale, del governo, ai bianchi. Gli interventi internazionali verso l’agricoltura gambiana si sono basati esclusivamente sul credito, ma lo studio del contesto locale ha evidenziato che è necessario avere opportunità di risparmio migliori e più numerose e soprattutto che riducano la dipendenza del debitore.
I meccanismi informali rurali in Gambia, così come nel resto dei paesi africani, associano il prestito al deposito (il credito al risparmio); è una combinazione di elementi di responsabilità individuale e collettiva con totale condivisone del rischio. Infatti i sistemi finanziari informali che sembrano funzionare meglio, come gli osusus, sono quelli che associano il deposito al prestito.
In questi contesti il risparmio viene concepito come la conservazione di un bene mobile per un individuo o per un gruppo per una successivo utilizzo. In generale in Gambia la parte maggiore del risparmio familiare è in forma non monetaria. Esistono molte strategie individuali di risparmio in Gambia e si distinguono tra risparmi d’investimento e di consumo. Generalmente il risparmio prende forma non monetaria.
Altre modalità di risparmio sin concretizzano attraverso i gruppi locali che offrono servizi di risparmio e di credito e la cui composizione è molto variabile. Può dipendere da legami etnici oppure può trattarsi, per esempio, di gruppi patrilineari, o matrilineari che seguono alcune linee di affinità (alleanze, legami religiosi ecc.)
Ci sono dei controlli sociali al di sopra dei meccanismi di debito e credito di un gruppo sociale o di una comunità.
Questi gruppi si chiamano kafo, in linguaggio mandika. L’adesione è volontaria e racchiude tutte le persone eleggibili (per sesso ed età) del villaggio. Vanno da 10 a 300 persone. Nascono come mobilitazione della mano d’opera che può essere utilizzata gratuitamente dai membri.
I kafo hanno una natura multifunzionale e sono presenti in zone sia rurali che urbane. Sono prevalentemente femminili e funzionano su modello classico: versamento di quote fisse a intervalli regolari che un membro ritira al momento dei versamenti. Nei villaggi, i gruppi sono costituiti prevalentemente da donne di una fascia d’età piuttosto uniforme.
Gli osusus gambiani sono molto importanti per le donne che lavorano nei mercati delle città e in zone agricole. Una ricerca antropologica di Parker Shipton nel 1978 ha rivelato che il 17% delle donne interrogate appartiene almeno a una di queste associazioni contro l’1% degli uomini.
La partecipazione di ciascuno dei membri è assicurata dalla pressione degli altri membri ed è assicurata da molteplici legami: abitanti di uno stesso quartiere, sesso e età in comune, relazioni familiari o appartenenza da uno stesso gruppo etnico. Ogni gruppo possiede un capo riconosciuto da tutti.
Alcune caratteristiche sugli osusus in Gambia:
I club di contribuzione monetaria sono il risultato di un’idea che si è sviluppata nelle zone rurali del Gambia, derivate dai kafo, gruppi di uomini e donne che mobilitavano prevalentemente mano d’opera.
Tutti i membri dell’osusus versano delle somme fisse a intervalli regolari, ad ogni versamento un membro ritira i fondi. Ogni persona ritira i fondi a turno fino a completare il ciclo che può allora ricominciare.
Per i membri che ricevono il fondo all’inizio del ciclo, il gruppo rappresenta un meccanismo di credito, per coloro che si trovano alla fine del ciclo è un meccanismo di risparmio.
I gruppi studiati in Gambia hanno una composizione media di 13 membri per gli
osusus di villaggio e di 24 membri per gli osusus di città. Il versamento medio del
91% dei gruppi è di meno di un dollaro a settimana. I fondi vengono utilizzati prevalentemente per cerimonie, vestiario, acquisti di piccole attrezzature.
La durata è varia, si va da oltre i dieci anni a quattro-sei anni. Gli osusus gambiani sono modelli tipici dei gruppi dell’Africa orientale.
L’ordine di rotazione può essere deciso prima dell’inizio del ciclo, secondo diversi metodi, o si può seguire la sorte. Di fronte a bisogni urgenti di alcuni membri il gruppo riesce sempre a trovare delle soluzioni che tengano conto del bisogno del singolo e del gruppo.
Vantaggi:
• L’osusus dà ai risparmiatori una scusa socialmente valida per rifiutare un prestito ai non membri.
• L’osusus offre dei servizi finanziari a delle persone che diversamente non potrebbero beneficiare di servizi bancari per la mancanza di un deposito iniziale o per altri motivi: generalmente non è richiesta nessuna cauzione.
• L’osusus non è una struttura così intimidatoria come un organismo finanziario formale e soprattutto non ci sono ostacoli linguistici per chi vi partecipa.
• Non c’è bisogno di troppa burocrazia, complicati incartamenti da riempire e sono ridotti al minimo i costi di transazione.
• È l’occasione di momenti di riunione sociale. I gruppi che si riuniscono per fare i propri versamenti possono beneficiare dell’occasione per momenti di convivialità.
• Il rischio di furto od imbroglio è ridotto a causa della pressione del gruppo.
• Se il gruppo lo desidera, può sorvegliare le modalità con le quali i membri spendono i loro fondi.
• L’osusus può essere anche una forma di assicurazione.
• Poiché è nata dall’iniziativa dei propri membri, l’osusus è sentito come una forte impegno.
Il risparmio nel quadro di un osusus non è soggetto a nessun esame governativo, né ad un controllo, né a nessuna imposta fiscale.
Gli inconvenienti:
• Gli osusus che hanno durata annuale non sono ideali per le comunità che dipendono da agricoltura perché è verosimile che i bisogni dei membri posso arrivare tutti nello stesso momento a causa della stagionalità. Per la stessa ragione, le osusus sono utilizzati raramente per finanziare bisogni legati all’agricoltura e alle attività produttive.
• Nonostante la maggior parte degli osusus abbiano un sistema di rotazione flessibile, può capitare che i bisogni di un membro siano giudicati più urgenti di altri, indipendentemente dalle sue capacità di rimborso.
• Il gruppo dipende fortemente della partecipazione continua di tutti i suoi membri.
• Il gruppo non sempre si adatta facilmente al cambio dei suoi membri, sia che entrino nuovi o che se ne vadano.
• I depositi o prestiti ottenuti in un osusus non sono segreti a livello locale.
Poche sono le informazioni disponibili su queste associazioni di risparmio e di credito rotativo. Sono inoltre molto variabili per tipologia, grandezza, organizzazione ecc.
Sembra che riescano meglio di quelle miste le associazioni rurali che comprendono membri dello stesso sesso. Inoltre, data la stessa composizione sociale e generazionale, risulta più facile che i membri di uno stesso osusus rurale abbiano livelli di solvibilità e di capacità finanziarie simili.
I gruppi che riescono maggiormente a mobilitare finanza a livello locale sono quelli che hanno già altri scopi (lavori agricoli, attività per i giovani, sports).
Un altro vantaggio dell’osusus e di altri club di contribuzione è che i loro membri non si possono facilmente indebitare poiché i prestiti sono regolamentati e calibrati a seconda di quello che possono depositare agricoltori in condizioni simili.
Inoltre questo sistema di credito e di risparmio tende a funzionare meglio di ogni sistema individuale per i contadini poveri e per le donne.
2.2.2 Le Tontines in Asia
La Tontines in Asia sono più strutturate che in Africa. È molto frequente ritrovare nelle Tontines asiatiche un regolamento molto dettagliato, che specifica tutte le norme operative che possono esistere tra i partecipanti. In Asia le Tontines sono diventate delle imprese vere e proprie, ed essere dirigente o responsabile di una Tontines è al giorno d’oggi un mestiere come un altro.
In numerosi paesi asiatici le Tontines, o le società di Tontines, sono delle vere e proprie istituzioni finanziarie.
A differenza dei paesi africani, dove le pratiche finanziarie informali sono orientate alla mobilitazione del risparmio, in Asia lo sono verso la disponibilità di credito.
Inoltre anche se l’aspetto della convivialità è presente, non è così dominante. Le Tontines di natura finanziaria sono le più importanti, e l’utilizzazione dei fondi è orientata verso l’investimento piuttosto che verso il consumo.
Esistono nei paesi asiatici prevalentemente due forme di Tontines: quelle indirizzate verso la mutua assistenza a livello familiare e quelle più orientate verso la finanza e gli affari.
Le Tontines che si basano sull’aiuto reciproco a livello familiare hanno diverse forme. Lo scopo principale è permettere ai membri di poter affrontare delle spese occasionali per eventi importanti come, per esempio, le spese legate alla morte di un parente. Gli apporti possono essere in natura o sottoforma di servizi. Esse assomigliano maggiormente alle Tontines africane per la loro vocazione sociale.
Le Tontines di risparmio o di consumo sono costituite da un soggetto che dà inizio ad un gruppo di persone: fattore determinante è che tutti abbiano fiducia in lui, regola fondamentale per coloro che desiderano prendere in prestito del denaro. Egli dispone dei primi versamenti e diventa debitore degli altri partecipanti, rimborsandoli progressivamente per tutta la durata del ciclo. Gli altri turni sono determinati per accordo reciproco, o sono tirati a sorte.
Nelle Tontines a vocazione finanziaria i fondi sono distribuiti a turno, ma vanno prima a colui che ha dato il via all’iniziativa e poi a coloro che offrono la remunerazione più alta. L’offerta può essere determinata da due fattori: dall’aumento
dei versamenti successivo ad ogni rotazione e dalla diminuzione dei versamenti che i partecipanti devono effettuare successivamente al beneficio dell’interessato.
Il tasso d’interesse è presente quindi in queste forme di Tontines e cambia secondo i partecipanti.
Il fatto che le Tontines si siano evolute in Società di Tontines ha accelerato la loro legislazione. Il Giappone è stato il primo paese a regolare le Società di Tontines (Mujin Business Act nel 1915); altre leggi sono state invece promulgate per limitare o restringere le attività delle Tontines e per trasformarle progressivamente in società in modo da avvicinarsi alle banche.
2.2.2.1 Le Tontines in Giappone
Le Tontines giapponesi sono chiamate kous e già alla metà del XX secolo costituivano una forma d’intermediazione finanziaria popolare, soprattutto nelle regioni rurali.
Oggi sono pressoché scomparse ma nel passato hanno giocato un ruolo molto importante nel paese, che oggi possiede un sistema finanziario moderno ed efficace.
Si può quindi studiare il caso del Giappone come esempio per seguire questo sviluppo.
Sembra che i kous siano apparsi tra il XII e il XIII secolo e che abbiano mantenuto lungo i secoli la stessa struttura di base e le stesse regole. Sono stati presenti sia nelle regioni urbane sia nelle regioni rurali e sono stati anche molto popolari all’interno della società samurai. All’inizio del XX secolo la loro presenza era particolarmente consistente. Si contavano 985 kous nella prefettura di Kyoto, 4.000 nella prefettura di Fukushima e più di 22.300 in Hiroshima. I kous esistevano nel 75% dei villaggi e delle piccole e grandi città.
Le Tontines avevano non solo un ruolo economico ma anche sociale e religioso ed erano anche occasione di svago e aggregazione popolare.
Si ritiene che i kous fornissero fondi prevalentemente per obiettivi a lungo termine. Le Tontines hanno cominciato a sparire soprattutto nelle regioni rurali verso il 1950.
Molto interessante è il ruolo che i kous hanno avuto in Giappone sulla creazione delle istituzioni finanziarie moderne e soprattutto sulle associazioni di credito rurale e le compagnie Muijin urbane. I kous erano popolari anche nella società samurai che li utilizzava come strumenti fiscali per finanziare delle spese pubbliche.
Kou è il termine per definire un’associazione di risparmio e di prestito di gruppo in Giappone. La provenienza della parola fa riferimento a due termini che richiamano l’aiuto reciproco verso i più poveri e la finanza nel senso di guadagno monetario.
Il termine muijin, che si riferisce ad associazioni più urbane, nella letteratura buddista assume il significato di “mondo assoluto, senza limiti ed inespugnabile”.
Si crede che i primi kous fossero presenti in Giappone sin dalla fine del XIII secolo. La loro struttura non è cambiata nel corso dei secoli per cui si possono recuperare le loro caratteristiche anche consultando un contratto del 1345:
I membri redigono un contratto alla prima riunione (inizialmente non è quasi mai scritto) ed accettano di obbedire alle regole del kou;
• I membri devono versare una somma di denaro ad ogni riunione salvo quando devono tenere la cassa;
• La rotazione della cassa è decisa a sorte;
• I membri che hanno ricevuto la cassa, non possono ricevere fondi supplementari;
• I membri si riuniscono due o tre volte per anno;
• Quando tutti i membri hanno ricevuto la cassa una volta il kou può essere sciolto.
Queste regole erano simili a quelle dei kous moderni, a parte il fatto che la rotazione è stata regolata piuttosto che destinata al sorteggio.
Nei kou la quota del debito era relativamente bassa; il tasso d’interesse era più basso di quello del settore formale ed era una struttura che generalmente rifiutava l’ipoteca. La relazione di fiducia reciproca e le sanzioni informali (obbligo morale) assicuravano il rimborso dei prestiti all’interno del kou.
Alcune innovazioni moderne sono state: la variabile tra la somma di accumulo in cassa ed i versamenti, la possibilità di introdurre il trasferimento dei diritti nel kou, per cui è possibile accettare o vendere la propria parte all’interno di un kou e l’ipoteca. Queste innovazioni finanziarie sono la base delle formazione delle compagnie-mujins che fecero il loro ingresso nelle zone urbane più tardi.
Anche se verso la fine del 1800, iniziarono a sorgere alcune istituzioni finanziarie moderne, i prestiti informali continuavano ad essere l’essenziale dei servizi finanziari.
I kou sono stati più numerosi ed efficaci all’interno delle zone rurali dove ogni ciclo aveva una durata consistente tanto che possono essere definiti degli strumenti finanziari a lungo termine. Il fatto che il 90% dei kou fosse in denaro e non in natura, dimostra che l’alto grado di monetarizzazione del Giappone anche nelle zone rurali. I prestiti nei kou avevano obiettivi a lungo termine poiché, essendo realtà spesso limitate ad una stessa area geografica, non potevano certo risolvere i bisogni a breve termine di tutti i membri, che verosimilmente potevano coincidere date le condizioni di vita molto simili. Dopo il 1950 i kou cominciarono a sparire dalle zone rurali e ne rimansero esempi solo nelle isole minori o in qualche zona isolata di montagna come Nagano, Yamanashi e Gifu.
Vediamo ora i punti di forza e di debolezza delle Tontine giapponesi: Punti di forza
• Tutti conoscono i kous perché sono molto popolari e sono esistiti per lungo tempo;
• Un kou era facile da organizzare;
• L’accesso era consentito anche a semplici contadini;
• Incoraggiavano il risparmio;
• I tassi d’interesse dei kous erano più bassi di quelli dei creditori professionali,
• Era possibile fare prestiti a lungo termine;
• In generale i prestiti non avevano bisogno d’ipoteca;
• Il Kou era mosso da uno spirito d’aiuto vicendevole e solidale;
• Il kou incoraggiava anche lo spirito speculativo;
• Tutti i partecipanti avevano la possibilità di beneficiare di un prestito Punti di debolezza:
• I tassi d’interesse variano molto, a seconda delle offerte;
• I tassi d’interesse sono forzatamente elevati;
• Un organizzatore (colui che aveva l’iniziativa di avviare un kou) poteva imbrogliare a danno dei membri;
• Nei kous più complessi, i membri sbagliavano nel calcolare i tassi d’interesse;
Dopo questa prima panoramica dei kou, è importante vedere se e come hanno contribuito alla costituzione del sistema finanziario attuale del Giappone.
Essi hanno avuto in realtà due sviluppi diversi: nelle zone rurali hanno facilitato la diffusione di cooperative agricole molto competitive, mentre nelle zone urbane hanno favorito la formazione delle compagnie-mujins che sono diventate le istituzioni finanziarie moderne.
I mujin
Nel processo di trasformazione dal sistema informale a quello formale era necessario determinare la solvibilità dei membri ed un modo per misurare il livello di fiducia all’interno del gruppo. I kou che si erano orientati verso la finanza avevano membri molto rappresentativi, che generalmente ricevevano dei privilegi, come un commerciante o un proprietario, cosa che faceva aumentare anche la credibilità dell’associazione all’esterno della comunità.
La prima compagnia mujin è nata a Tokyo nel 1901 con un capitale di 10.000 yen.
Il successo di queste forme di finanza è stato dettato da alcune ragioni; la principale è che erano una risorsa per i piccoli risparmiatori che non avevano accesso a sistemi più complessi. A differenza che neii kou, nei Mujin, anche in caso di fallimento di uno dei soci era possibile lo stesso ricevere un prestito. Il loro successo non è più basato sulla fiducia del gruppo ma sulla reputazione della compagnia verso l’esterno.
I Mujin sono stati istituzionalizzati con il Mujin-Business Act del 1915. I kou e le associazioni rurali di credito
I kou hanno favorito la nascita di associazioni rurali finanziarie. Verso il 1940 tre erano le tipologie di istituzioni finanziarie nella regione rurale giapponese: le banche private, le istituzioni finanziarie specializzate e le associazioni di credito.
Le istituzioni specializzate offrivano prestiti a medio e lungo termine su cauzione o ipoteca. Ricevevano una sorta di privilegi governativi e sono state completamente disciplinate.
Le associazioni rurali di credito funzionavano a partire dallo stesso spirito di aiuto mutualistico tradizionale che si trovava nei kous.
L’abitudine ad una collaborazione nel lungo periodo aveva sicuramente favorito l’attività di gruppo e di cooperazione, la comprensione dei benefici del risparmio e la necessità di rimborsare i debiti. Grazie alla partecipazione nei kous, i contadini giapponesi avevano appreso che la disciplina è un elemento fondamentale nell’intermediazione finanziaria di successo e la struttura formale di cooperativa ha dato l’occasione di esercitare questa disciplina all’interno di un quadro istituzionale più ampio.
I risultati si sono visti dal 1905 al 1925: il numero di cooperative di credito giapponesi è passato da 600 a più di 12.000; le cooperative agricole giapponesi, nate dall’esperienza delle associazioni di credito, sono in grado di fornire servizi finanziari agli agricoltori e di finanziare attività legate all’agricoltura; la banca Norichukin,
banca di cooperative agricole giapponesi è diventata una delle banche più grandi del mondo.
La storia della finanza informale è stata lunga e molto ricca in Giappone. Anche se le forme più tradizionali, ad esempio i kou, sono scomparse, possiamo dire che la loro influenza è stata determinante per la nascita delle compagnie-mujin e per le
cooperative agricole, soprattutto per il concetto di disciplina necessaria per tutelare il risparmio, per rimborsare i soldi presi in prestito e per accordare i prestiti in base alla solvibilità.
Un elemento molto importante dell’esperienza dei kou è stata la capacità di influenzare le strutture formali che ne sono derivate verso la fornitura di servizi al grande pubblico.
In Giappone la finanza informale non è mai stata destituita ma incorporata in un processo culturale molto lento, tanto che i Giapponesi sentono le nuove istituzioni come un qualcosa di originale e non proveniente dall’esterno.
CAPITOLO 3
LA MICROIMPRESA E LE ATTIVITÀ GENERATRICI DI REDDITO DELLE POPOLAZIONI PIÙ POVERE
(di Ilaria Urbinati)
Negli ultimi anni vi è stato un serio ripensamento delle politiche e delle strategie di aiuto allo sviluppo dovuto perchè i programmi di aiuto intrapresi hanno spesso fallito nel raggiungere i più poveri. Molti dei programmi di assistenza pubblica, infatti, sono risultati inefficaci perché hanno offerto limitate possibilità di sviluppo di attività
auto-sostenibili, creando spesso situazioni di dipendenza: anziché focalizzare le risorse e le energie sulla creazione di condizioni di impiego, e quindi stimolare l’iniziativa privata, tali programmi forniscono strumenti di minima sussistenza quotidiana.
Questo capitolo si basa su un’analisi dei soggetti a cui i programmi di microfinanza rivolgono prevalentemente i propri servizi. Questi soggetti devono essere individuati con particolare riferimento al contesto nel quale sono inseriti: si va dall’ampio panorama dell’economia informale a piccole attività formali.
Si procede quindi ad un analisi dell’economia informale in prospettiva di un’analisi del processo di consolidamento e dei diversi tentativi di formalizzazione delle attività economiche.
Le peculiarità di queste attività, generalmente definite come microimprese, sono analizzate ponendo particolare attenzione al livello di povertà che contraddistingue le diverse componenti. Essendo questo un elemento molto difficile da definire, si sono sviluppati diversi approcci che evidenziano tutta la complessità del tema e che, però, aiutano ad inquadrare il focus dei programmi di microfinanza.
Importante, nel corso del capitolo è l’analisi dei fattori correlati al concetto di povertà, esterni ed interni, che caratterizzano i soggetti della microimpresa e che possono condizionare i risultati dei vari interventi.
Si conclude il capitolo cercando di verificare quali sono i veri destinatari del microcredito e l’impatto dei vari programmi, tenendo come riferimento il livello di benessere, non solo economico, dei beneficiari.
La peculiarità della microfinanza sta innanzitutto nei suoi beneficiari o clienti che in molti casi sono i più poveri tra i poveri11.
Yunus M. (1988) afferma che “anche il povero possiede, in modo istintivo, la capacità di usare un prestito per organizzare un lavoro autonomo che gli consenta di migliorare le proprie condizioni di vita, e arriva ad assegnare al credito la forza di un diritto,
11 Come vedremo in seguito, la Campagna del Microcreditsummit e le risoluzioni delle Nazioni Unite promuovono l’obiettivo di raggiungere, con lo strumento del microcredito, i più poveri tra i poveri. Come è facilmente intuibile tale obiettivo non solo non è perseguito da tutti gli operatori di microfinanza; anche fra coloro che lo individuano nella loro mission, non tutti riescono a raggiungerlo.
ritenendo che la povertà e la mancanza di diritti sono, in qualche modo, situazioni che si equivalgono, ovvero sono causa ed effetto una dell’altro”12.
Questo evidenzia che l’enfasi sull’eliminazione della povertà e sulla crescita a favore dei poveri è indirizzata all’esistenza di politiche per lo sviluppo a favore di piccole attività economiche.
Infatti non è sufficiente proporre come obiettivo politico il soddisfacimento dei bisogni primari per la parte più povera della popolazione: l’impegno, per una maggior equità distributiva, deve consistere nella diffusione di nuove opportunità di vita a tutti i gruppi e in ogni ambito territoriale, con maggior attenzione per quelli che ne sono maggiormente carenti.
Alcuni autori pongono infatti l’accento sulle potenzialità che il settore informale e di sussistenza possono avere all’interno dei processi di sviluppo (Hulme e Mosley 1996), Questo settore costituisce però un panorama talmente vario e complesso, che necessita di politiche ed obiettivi differenziati e specifici. Ad esempio, Frigero pone l’accento sulla cattiva considerazione che di solito viene attribuita al settore informale. “Il panorama economico di riferimento nei paesi in via di sviluppo ha spesso una struttura dualistica: esempi di settore economico moderno si intersecano con forme di produzione piuttosto arretrate. Il dualismo risulterebbe lacerante, con costi sociali elevati, se il settore di sussistenza e quello delle microimprese si rivelasse unicamente come manifestazione di arretratezza e non potesse generare alcuna attitudine imprenditoriale. Gli interventi di cooperazione economica rivolta a questi ambiti e le iniziative di microfinanza, dovrebbero invece avere lo scopo di ampliare un’area da cui si possano generare i tentativi, necessariamente numerosi, di costituire imprese nuove a partire dalle dimensioni minori” (P. Frigero).
Si è ormai convinti che il cosiddetto “effetto sgocciolamento” della ricchezza dalle fasce alte al resto della società (trickle down effect) non sia stato così efficace, ed è stata mostrata l’incapacità del mercato di garantire un’equa distribuzione della ricchezza. A questo proposito è importante capire se il settore più informale dell’economia non sia in realtà una parte strutturale di quelle società in cui è maggiormente presente. Questa analisi é importante per distinguere i diversi modelli produttivi che possono, in qualche modo, superare il loro carattere marginale e scommettere su una vera crescita economica e sociale (Conato D., Navarro H., Morente P., 1996).
3.1 L’economia informale e il suo ruolo nei processi di sviluppo
Uno dei limiti delle politiche di intervento nei paesi in via di sviluppo (PVS) consiste nel non aver considerato adeguatamente la natura particolare che caratterizza la quasi totalità dei sistemi economici di queste zone, con la conseguenza che finanziano ed incentivano le strutture meno propense al reale sviluppo di questi paesi. Non si è dato giusto peso al fatto che le economie dei PVS si caratterizzano per la presenza di un crescente settore informale. Esso comprende le attività economiche non ufficiali, che ormai costituiscono una componente stabile e rilevante delle economie nazionali.
Il settore informale rappresenta tuttavia solo una parte di quel segmento di economia detta “nascosta” o “non formale”.
12 Sul diritto di accesso alle risorse, fra cui anche le risorse finanziarie, e il loro legame con la situazione di povertà e sottosviluppo, si veda anche A. Sen “Lo sviluppo è libertà”, Mondatori, Milano, 2000
Tutte le attività economiche che si svolgono al di fuori dei mercati formali e dei loro sistemi regolamentati, possono essere classificati in tre generali categorie:
- attività illegali;
- economia sommersa;
- settore informale.
Le attività illegali sono quelle il cui esercizio è vietato dalla legge; sono tali anche attività di fatto legali ma svolte da persone che, per qualche ragione, non sono autorizzate. Si ha dunque un’attività illegale sia quando si produce, si vende, si distribuisce o si possiedono beni o servizi vietati dalla legge, sia quando le persone che svolgono attività legali non sono autorizzate a farlo.
L’economia sommersa riguarda invece forme di produzione legali, tenute volontariamente nascoste allo stato per evasione fiscale, oppure non conformi ai requisiti previsti dalla disciplina sul lavoro o non rispettose delle norme amministrative.
Il settore informale è costituito dalle unità produttive caratterizzate da alcuni elementi fondamentali quali: il basso livello di organizzazione; la scarsa o nulla divisione fra lavoro e capitale; relazioni di lavoro non sancite da veri e propri contratti ma da occupazione occasionale; vincoli di parentela o relazioni personali.
Naturalmente tra queste tre categorie è difficile individuare confini definiti, soprattutto se si considera che all’interno delle stesse vi sono notevoli sovrapposizioni.
Il ruolo del settore informale si è manifestato in quelle aree dove la struttura economica esistente non consente la formazione di un consolidato settore economico formale. Si tratta di una realtà che ha rappresentato, a partire dagli anni ’70, il tentativo del Sud del mondo di arginare la crescita allarmante di povertà e disoccupazione: una risposta non sviluppata dai governi ma dai soggetti capaci di convertire le attività di sopravvivenza in attività economiche.
Questo è conseguenza di una struttura politico-sociale gravemente carente: in molti casi lo stato non riesce a svolgere il suo ruolo di protezione e promozione di diritti e delle iniziative economiche. L’iniziativa informale è una reazione all’impossibilità di creare attività economiche appartenenti al circuito formale. Alcuni ostacoli possono essere costituiti dalla struttura economica o legislativa del paese ma anche da eventi non previsti come, per esempio, eventi naturali (carestie, siccità, alluvioni, ecc.) o squilibri sociali (cambiamenti demografici, conflitti). Il settore informale riesce ad affermarsi in queste situazioni grazie alla sua flessibilità; si tratta, infatti, di attività economiche prive di una struttura rigida e come tali adattabili velocemente a cambiamenti, anche improvvisi.
3.1.1 Le caratteristiche dell’impresa informale
L’impresa informale ha ridotte dimensioni economiche ed occupazionali, è generalmente esclusa dai circuiti istituzionali di credito ed è un settore molto flessibile con un elevata elasticità della produzione rispetto alla domanda; è, però, anche caratterizzato da una diffusa illegalità e da una presenza di fasce della popolazione molto deboli, prevalentemente donne.
Sebbene possa sembrare riduttivo, si è comunque cercato di dare una definizione delle attività informali e delle piccole attività fomali. Si sono prediletti come categorie i
gradi di informalizzazione ed il livello di impiego e si sono evidenziati tre livelli che aggregano le caratteristiche predominanti:
• Piccole attività formali
Si possono considerare in questa categoria le classiche piccole imprese della letteratura dell’economie del Nord, ma che si trovano anche nel Sud. Queste imprese hanno regolarizzato la maggior parte delle loro procedure, hanno una buona presenza di capitale umano e sono integrate all’intero di strutture dell’economia formale. Non sono spesso considerate nel dibattito del settore informale e della lotta alla povertà, ma sono dei partner potenzialmente validi come risorsa di skills e come elementi di influenza per le altre categorie.
• Piccole attività informali
Sono le attività economiche che vengono spesso definite come “di successo”, “emergenti” , “sostenibili”, “imprenditoriali”. È la fascia che contiene tutte le attività economiche che dal settore informale raggiungono i livelli inferiori del settore formale. Anche se dal esterni rispetto al settore formale, i proprietari/operatori hanno avuto una discreta vicinanza al settore dell’educazione, della formazione e dell’impiego formale. Queste sono generalmente le attività che hanno un ruolo centrale nel dibattito sulla crescita e lo sviluppo come importanti produttori di beni, servizi e bacini di impiego. Non significa comunque che siano attività che fanno parte di progetti di crescita economica e industriale dei loro paesi, spesso sono ancora in fase di sviluppo.
• Attività di sopravvivenza
Sono le attività in cui l’equazione tra povertà ed economia informale è più evidente. Sono prevalentemente indirizzate al commercio ma anche a forme di produzione di base e di bassa qualità; per coloro che le gestiscono, economicamente collocati al livello di sussistenza, il guadagno diventa una delle diverse risorse che, combinate tra loro, consentono la sopravvivenza.
Questa categorizzazione tiene conto del fatto che le barriere di confine tra i tre gruppi sono spesso molto labili e che tutti fanno parte di un continuum in movimento e sviluppo.
La produttività dell’economia di piccola scala è strettamente legata a quella dell’economia generale. È importante comprendere che le micro e piccole imprese sono intimamente connesse alle imprese più sviluppate, sia positivamente attraverso scambi e collaborazioni, sia negativamente attraverso l’esclusione e l’isolamento dall’economia industriale, che determina le regole del mercato.
Le politiche di cooperazione allo sviluppo hanno un impatto diretto o indiretto sulle piccole e medie imprese: nei paesi con politiche nazionali appropriate, c’è infatti un maggior supporto da parte di fonti esterne, con più attenzione anche da parte dei donatori stranieri.
Durante l’ultimo quarto di secolo il settore informale è stato maggiormente analizzato e le piccole e medie imprese sono state il focus di vari studi sulla crescita e la riduzione della povertà condotti sia a livello nazionale che da parte di donatori per.
Oltre che verso le microimprese di sussistenza o sopravvivenza, si è sviluppato un grande interesse anche verso le imprese emergenti che non solo si sono scontrate con
un sistema dove la competizione è stimolo per cambiamenti, ma hanno anche applicato l’elemento della flessibilità come fondamento per lo sviluppo.
Tra le attività economiche che caratterizzano il settore informale alcune sono più tradizionali come la produzione di beni e servizi, la commercializzazione stagionale di prodotti o la fornitura di servizi di manutenzione e riparazione, mentre altre sono sicuramente più innovative per la realtà dei PVS, come il riciclaggio dei rifiuti o l’esecuzione di piccoli trasporti.
3.2 I beneficiari dei progetti di microcredito
Come vedremo in seguito, i beneficiari dei programmi di microfinanza possono appartenere a diversi livelli di povertà. In questa trattazione si è cercato di includere il più ampio gruppo di potenziali beneficiari, proprio perché le esperienze di campo dei progetti di microfinanza evidenziano questa forte varietà.
Il problema che rimane ancora insoluto è definire lo strumento per identificare il livello di povertà del beneficiario; alcuni operatori hanno tentato di adottare alcuni strumenti, vediamo qui di seguito alcuni di queste approcci.
3.2.1 La Microfinanza e la Poverty Alleviation
I poveri non sono un mercato omogeneo ma un eterogenea collezione di gruppi di consumatori, produttori, risparmiatori, investitori. Remenyi (2000) ha teorizzato la diversità dei poveri costruendo una piramide che si basa sul livello di povertà dei nuclei familiari; ogni settore della piramide è analizzato anche nella prospettiva del mercato per la microfinanza.
Alla base vi sono i più poveri tra i poveri ossia i vulnerable poor, così chiamati poiché la loro sopravvivenza dipende dall’attività di altri. I servizi di microfinanza per questa categoria mirano a potenziare la loro produttività economica e il loro valore all’interno della famiglia o del villaggio, in modo che la loro vulnerabilità possa diminuire .
Appena sopra ci sono i labouring poor, che hanno come risorsa economica la vendita del proprio lavoro, sono per la maggior parte contadini. La micro finanza permette alle famiglie povere di realizzare benefici grazie alla diversificazione economica e li conduce verso opportunità più produttive nell’auto-impiego e nelle attività imprenditoriali.
I poveri self-employed non sono legati ad attività di sussistenza ma alla produzione per il mercato informale, spesso sono impegnati a tempo parziale; in molti casi hanno un lavoro salariato parallelo, ma il loro guadagno continua a dipendere dal mercato. Al vertice della piramide ci sono gli operatori della microimpresa che vengono definiti enterpreneurial poor . Si distinguono perché sono in grado di dare lavoro ad altri, soprattutto ai familiari a tempo ridotto. L’impossibilità di accedere a finanziamenti per il capitale circolante è spesso una delle costrizioni che bloccano gli imprenditori poveri all’espansione delle loro attività commerciali.
Sempre Remenyi (2000) ci ricorda che la povertà è multifaccia e non è solo privazione economica. E’ importante valutare soprattutto la dimensione non economica della povertà e procedere alla soluzione delle cause non economiche perchè i servizi offerti
dalla microfinanza possano avere un impatto considerevole. Bisogna, infine, capire le cause della povertà e se soprattutto non è dovuta solo alla carenza di servizi finanziari: questi ultimi potrebbero non essere la soluzione più efficace del problema. Proprio per confermare i vari tentativi realizzati a livello internazionale verso l’identificazione della povertà, si riportano i risultati di uno studio, compiuto dal Finca International nel 1998 e che ha distinto 4 livelli di povertà, a conferma del fatto che ci troviamo di fronte a degli elementi complessi e difficilmente identificabili se non attraverso molte variabili.
La povertà può quindi essere determinata da diversi fattori legati a:
- problematiche di genere;
- abuso dei diritti umani;
- accesso alla giustizia;
- effetti collaterali di attività economiche che danneggiano la salute e la qualità della vita;
- analfabetismo cronico;
- mancanza di luoghi per i poveri dove poter esprimere le loro esigenze davanti alle autorità competenti.
3.2.2 Caratteristiche dei beneficiari dei progetti di microfinanza
Questo capitolo è strettamente legato al capitolo 5 sulla progettualità del microcredito. Verranno infatti trattate di seguito alcune metodologie riprese da manuali di progettazione che possono aiutare nell’identificare il target di un progetto di microfinanza.
La più comune classificazione adottata nei progetti di microfinanza per descrivere le dimensioni delle piccole attività economiche è la seguente:
1. Income Generating Activities (IGAs) – Attività generatrici di reddito
2. Microenterprises (MEs) – Microimprese
3. Small Enterprises (SEs) – Piccole Imprese
La distinzione tra i tre livelli di attività è rappresentata dalle azioni, dalle aspettative e dalle aspirazioni di coloro che conducono l’attività stessa.
Per l’imprenditore di una IGA il guadagno dell’attività economica va ad incrementare il reddito del proprio nucleo familiare.
In una IGA il lavoro è nella maggior parte dei casi part-time e spesso l’attività economica è stagionale. Generalmente diversi membri del nucleo familiare sono coinvolti in un’ampia e variabile serie di attività economiche e le fonti di reddito sono diverse, per quanto il reddito complessivo rimanga basso.
Il microimprenditore reinveste parte del profitto nell’attività generando un incremento della produttività ed un conseguente aumento del profitto stesso.
Una ME implica un’attività full-time ed è la principale fonte di reddito per il proprietario e per la sua famiglia.
Sebbene l’attività di microimpresa sia intrinseca all’economia familiare, c’è una tendenza ad iniziare a separare le finanze della famiglia da quelle dell’attività economica. Il proprietario è il principale lavoratore ed è supportato da altri membri della famiglia e a volte anche da lavoratori dipendenti. L’imprenditore della piccola
impresa può reinvestire nell’espansione della sua attività economica; il profitto diviene il carburante per la crescita dell’impresa.
In una SE l’attività è la principale fonte di reddito chiaramente separata dall’economia familiare.
Sebbene i membri della famiglia siano spesso coinvolti nell’attività d’impresa, le piccole imprese usano un numero variabile di impiegati esterni.
Tabella 0.1 - Distinzione tra IGAs, MEs, Ses
IGAs
MEs
SEs
Il profitto è utilizzato per:
Consumi del nucleo familiare
Consumi del nucleo familiare e reinvestimento nell’impresa
Reinvestimento nell’impresa
Strategia:
Diversificazione della attività per incrementare il reddito familiare e per minimizzare il rischio
Specializzazione dell’attività per incrementare il reddito familiare
Specializzazione dell’attività per incrementare il profitto
Numero impiegati:
0
0 - 10
11 - 50
Patrimonio:
Meno di 500 $
Meno di 10.000 $
Meno di 100.000 $
Fonte: CARE Savings and Credit Sourcebook, CARE 1996
Le persone che appartengono a fasce economicamente vulnerabili e che sono in grado di percepire un reddito da self-employment (auto-impiego o lavoro autonomo) appartengono spesso a nuclei familiari che hanno diverse attività economiche produttive in differenti momenti nell’arco dell’anno. Generalmente queste imprese hanno un livello di rischio gestionale basso e prudente ed un limitato ritorno nel breve termine. La produzione è a livello di sussistenza ed è destinata nella maggior parte dei casi al consumo interno anziché al mercato.
Le piccole attività economiche possono svilupparsi in diversi ambiti a seconda, soprattutto, dell’ambiente geografico, economico e sociale del contesto di riferimento. Una generale classificazione comprende:
- agricoltura/allevamento: corrispondono ad attività rurali che si svolgono prevalentemente in pianura, se sono attività agricole ed in zone montagnose se si tratta di allevamento;
- produzione: attività di qualunque tipo e dimensione rivolta ad un mercato al dettaglio;
- artigianato: attività generalmente tipiche di un determinato paese, che nascono e si sviluppano da una determinata tradizione culturale;
- commercio/servizi: attività caratterizzate da un circuito di vendita piuttosto veloce.
3.2.3 La Microimpresa
Il modello organizzativo delle varie unità economiche ha assunto un po’ ovunque la forma imprenditoriale, in cui prevale la struttura familiare (soprattutto in ambito rurale) o la forma di associazione di fatto; non sono rari i casi di forme societarie più evolute come strutture cooperative o forme autogestite, alcune delle quali sono poi in grado di diventare imprese formali. A tali soggetti viene spesso collegata la denominazione di “microimprese”.
Non vi è una definizione per la microimpresa, poichè essa assume forme e significati che differiscono a seconda del contesto in cui si sviluppa (urbano o rurale, africano, anziché dell’America Latina, …).
Ad esempio, USAID (U.S. Agency for International Development) definisce le microimprese come “attività economiche informali organizzate per la produzione di beni agricoli oltre che commerciali, artigianali, ecc. (molti lavorano nella microimpresa come secondo lavoro e/o durante nella bassa stagione). Molte microimprese coinvolgono soltanto una persona, lo stesso imprenditore della microimpresa. Molte altre impiegano il lavoro dei propri familiari, mentre in altri casi ancora impiegano lavoratori esterni”.
USAID attribuisce inoltre il termine Microimpresa ad “… imprese con meno di 10 impiegati, incluso il microimprenditore e i lavoratori della sua famiglia”.
Come sopra evidenziato, microimpresa è intesa di solito come quella gestita dal proprietario e dai suoi famigliari, mentre la nozione di “piccola” fa riferimento ad una attività con un certo numero di dipendenti che cambia secondo i contesti. Ciò che più conta è però la definizione di impresa come consapevole progetto di investimento, che si ritiene capace di evolvere anche attraverso le più semplici innovazioni.
3.2.3.1 L’ambiente generale e l’ambiente specifico
L’impresa svolge le sue attività in un ambiente con diverse caratteristiche ambientali sono più rilevanti quando si tratta di imprese informali o quando le imprese sono beneficiarie dei programmi di microfinanza.
L’ambiente generale dell’impresa può essere definito come un insieme di condizioni e di circostanze in cui l’impresa opera; costituisce il quadro di riferimento comune per tutte le imprese che svolgono la loro attività nel medesimo territorio.
L’ambiente specifico costituisce l’ambito più ristretto in cui l’impresa esplica la propria attività nel medesimo territorio; è individuabile nel settore e nel mercato in cui l’impresa direttamente opera.
L’ambiente generale
L’ambiente generale può essere inteso e analizzato come un sistema complesso formato da diversi sottosistemi:
Y L’ambiente fisico-naturale è un sistema composto da fattori naturali (clima, estensione e caratteristiche del territorio, sistema ecologico, ecc.). I principali effetti di tale ambiente sul sistema aziendale riguardano in special modo la collocazione geografica delle materie prime, la disponibilità di talune risorse naturali ed i vincoli ecologici tendenti a tutelare l’equilibrio dell’ambiente medesimo.
In ambiti rurali gli importi dei crediti richiesti sono generalmente bassi, le infrastrutture sono poco sviluppate e le persone vivono in condizioni di relativo isolamento e di difficili contatti e comunicazioni. Le attività economiche sono legate all’agricoltura e a cicli economici stagionali. I contesti urbani sono invece più favorevoli per le migliori condizioni delle infrastrutture e permettono di ridurre i costi di transizione, grazie alla maggiore vicinanza tra clienti e istituzioni.
Y L’ambiente culturale comprende sia le conoscenze proprie di una determinata comunità, sia le ideologie ed i valori in essa presenti. La conoscenza di tali elementi consente all’impresa una maggiore comprensione dei comportamenti delle persone che operano al suo interno e dei soggetti con i quali essa entra in contatto.
Y L’ambiente tecnologico riguarda l’insieme delle conoscenze tecniche necessarie per lo svolgimento dell’attività produttiva. Esso comprende, in pratica, tutte le innovazioni industriali ed è caratterizzato in ogni paese dal livello e dal ritmo di evoluzione delle innovazioni stesse.
Y L’ambiente sociale si riferisce al tipo e alla struttura della società in cui l’impresa è inserita. Esso tende ad avere degli effetti sull’impresa soprattutto per effetto la continua evoluzione delle condizioni di vita.
Y L’ambiente politico-legislativo può essere individuato facendo riferimento principalmente al regime politico del paese in cui l’impresa opera, al suo ordinamento giuridico ed alla legislazione vigente.
Y L’ambiente economico è rappresentato dal sistema economico che regola la vita della collettività.
L’ambiente specifico
Ogni impresa oltre ad appartenere al descritto ambiente generale, trova collocazione anche in un determinato ambiente specifico, individuabile con la particolare attività da essa svolta, cioè con il settore d’impresa.
Il settore è costituito da imprese la cui attività risulta caratterizzata da uno o più elementi comuni: processi economici di acquisizione dei fattori produttivi; processi economici di produzione dei beni o servizi; processi economici di distribuzione dei beni o servizi prodotti.
3.2.4 Il microimprenditore
Dopo aver trattato brevemente il contesto economico informale o semi informale in cui agiscono i potenziali beneficiari dei programmi di microfinanza, andiamo ad analizzare in questo paragrafo le caratteristiche del beneficiario stesso in qualità di microimprenditore.
Come già accennato, anticipiamo gli elementi che saranno discussi nel paragrafo 5.1. La definizione del target group è, infatti, il primo passo da compiere per la
progettazione di un programma di microfinanza, poiché l’obiettivo principale consiste nel soddisfare i bisogni di questi soggetti.
Il target group deve essere identificato attraverso l’analisi delle caratteristiche delle attività economiche, oltre a quelle demografiche e culturali, in quanto ogni suddetta caratteristica influisce direttamente sulla pianificazione di un programma di microfinanza appropriato sostenibile e rispondente ai bisogni effettivi dei beneficiari. Le caratteristiche di un target group influenzeranno in maniera significativa la tipologia di intervento, la scelta metodologica ed il livello di impatto che il programma intende raggiungere.
Lo scopo di un progetto di microfinanza è quello di creare reddito ed occupazione nei contesti di intervento attraverso lo sviluppo delle microimprese locali e, nel processo, incrementare il benessere finanziario dei microimprenditori, delle loro famiglie e della comunità di appartenenza. Vediamo nello specifico le principali caratteristiche:
3.2.4.1 Caratteristiche demografiche
Le caratteristiche demografiche del microimprenditore beneficiario del credito includono: l’età, la cittadinanza, il genere e il livello scolastico e di alfabetizzazione.
Età
In un programma di microfinanza è importante determinare l’età dei beneficiari perché, se da un lato in alcuni paesi non può essere concesso credito a persone sotto un determinato livello di età (per vincoli legislativi), dall’altro lato, persone di età avanzata in rapporto all’aspettativa di vita, possono creare rischi legati ad un target che si colloca fuori della fascia attiva della popolazione.
Cittadinanza
Alcuni programmi richiedono che i beneficiari del credito siano o cittadini o residenti del paese beneficiario del progetto per motivi di ordine legale e per avere una sorta di certezza sul richiedente prestito. La stabilità residenziale del richiedente è un elemento che fornisce la sicurezza del buon esito dell’impresa ed il conseguente ripagamento regolare delle rate.
La cittadinanza e la stabilità residenziale hanno delle implicazioni importanti sul programma di microfinanza; se il programma, ad esempio, intende favorire gruppi di rifugiati e/o sfollati, vi è l’evidente rischio che queste persone non riescano a costituire delle imprese solide perché spesso mancano di conoscenza e legami con il territorio.
Genere
Se la finalità principale di un programma di microfinanza è la lotta alla povertà, il target group di riferimento può in molti casi essere la donna: circa il 75% dei poveri che vivono con un reddito inferiore ad un dollaro al giorno appartiene al genere femminile (ISAE 2003).
Diversi studi hanno dimostrato che:
• le donne hanno maggior bisogno degli uomini di servizi finanziari;
• le donne fanno un uso più appropriato del reddito familiare rispetto agli uomini;
• le donne sono più fedeli nel ripagamento dei loro prestiti che gli uomini.
Si è inoltre evidenziato che le donne danno grande importanza alle relazioni sociali e questo contribuisce a creare una cultura “corporativa” con un livello di conflitto minimo tra i vari attori.
Le discriminazioni nel settore formale che informale combinate con le restrizioni sociali, culturali e legali per il lavoro delle donne, spesso le da una partecipazione attiva all’interno della comunità di appartenenza.
Le donne impegnate in piccole attività produttive, generalmente lavorano nella trasformazione di prodotti agricoli, nel settore della manifattura tessile ed in quello dell’abbigliamento, mantenendo il ruolo all’interno del nucleo familiare caratteristico dalle loro culture.
Quando un programma intende offrire servizi di credito e risparmio anche alle donne è importante che gli interventi e le metodologie siano appropriati alla dimensione ed al settore di attività nel quale sono coinvolti. Se le donne di un programma sono principalmente impiegate in IGAs o imprese commerciali, per esempio, dovrebbe essere più appropriato usare la metodologia dei prestiti a gruppi (gruppi solidali o Organizzazioni Comunitarie di Base), che forniscono prestiti piccoli e a breve termine. Viceversa, se un programma si rivolge particolarmente alle donne, ma prevede di allargare l’offerta con prestiti a lungo termine per imprese di produzione, non riuscirà a raggiungere il suo target.
Livello Scolastico
Il livello scolastico influenza il processo di definizione di un programma di microfinanza, specialmente in relazione alla componente di formazione ed al processo applicativo. Per esempio, se il target group si colloca in un livello scolastico basso, non è appropriato prevedere che i potenziali beneficiari del programma riescano a compilare moduli di richiesta di prestito scritti.
3.2.4.2 Caratteristiche culturali
Coesione Culturale
Vi è una diretta correlazione tra la metodologia di prestito scelta e il grado di coesione culturale del target group beneficiario del programma. Per esempio i gruppi di solidarietà, in cui ogni membro garantisce il prestito degli altri membri del gruppo, sono raccomandati per IGAs o MEs che generalmente operano in aree con relativa densità di popolazione. Nel caso in cui i promotori del progetto volesseroimplementare la metodologia dei gruppi di solidarietà ma l’impianto socio- culturale del target group non favorisse un buon livello di cooperazione, la metodologia dovrà essere adattata alla situazione e tra gli obiettivi dovrà essere inclusa una conoscenza più approfondita del target group.
Percezione di Credito
E’ importante capire quale è la percezione del credito all’interno del contesto culturale e geografico in cui si intende intervenire con un programma di microfinanza. Se si è constatato che la percezione del credito da parte dei soggetti coinvolti nel programma, è negativo, vi è un’alta probabilità che il tasso di rientro dei crediti sia basso. I promotori del programma di microfinanza dovrebbero progettare degli interventi per contrastare i potenziali effetti negativi di queste percezioni.
3.2.5 Scelta del beneficiario e determinazione di interventi e metodologie, del programma di microfinanza
Il programma di microfinanza può prevedere l’erogazione di diversi servizi finanziari e di supporto alle piccole attività economiche.
Nel capitolo 5 saranno specificati i servizi, per ora è importante sottolineare che le modalità attraverso le quali vengono offerti devono rispondere ai bisogni del target group, in particolare in base alla dimensione delle attività assistite.
Un caso studio relativo ad un programma di formazione ed educazione alla microimpresa destinato ad una fascia di donne a basso reddito ha evidenziato che il periodo di formazione ha contribuito a sviluppare fiducia e convinzione nelle donne stesse. Non solo: ha permesso a molte di loro di avere più opportunità nell’accedere a servizi microfinanziari e le ha aiutate a migliorare la capacità imprenditoriale e commerciale (Colette Dumas 2001).
Tabella 0.2 - Dimensioni dell’impresa ed interventi
IGA ME SE
Bisogno di:
Servizi di credito Alto Alto Alto
Servizi di risparmio Alto Medio Basso
Servizi per il miglioramento gestionale
Basso
Medio
Alto
Servizi di marketing Alto Alto Alto
Servizi per il miglioramento tecnologico
Medio
Alto
Alto
Caratteristiche dei servizi di credito
Uso del prestito
Capitale circolante Capitale circolante e immobilizzazioni materiali Capitale circolante, immobilizzazioni materiale e infrastrutture
Termini del prestito 1 settimana – 6 mesi 4 mesi – 2 anni 6 mesi – 5 anni
Importo del prestito $10 - $300 $200 - $3.000 $2.000 – $50.000
Garanzie disponibili Niente Basso Alto
Tasso di interesse reale effettivo 30% - 240% 15% – 30% 5% - 15%
Caratteristiche dei servizi di risparmio
Ammontare di depositi e prelievi
$2 - $10
$25 - $100 Variabile, dipende dai bisogni personali del proprietario
Periodicità di depositi e prelievi
Molto frequente, spesso settimanale
Frequente, spesso mensile o bimensile Variabile, dipende dai bisogni personali del proprietario
Fonte: CARE Savings and Credit Sourcebook, CARE 1996
Uno studio della Banca Mondiale rileva che le attività informali in Africa costituiscono tra il 30% e il 50% del prodotto lordo totale e tra metà e tre quarti dell’occupazione totale. Altri dati interessanti evidenziati da questo studio sono che che in Kenya e in Malawi fino al 40% delle famiglie è impegnata in micro o piccole imprese; che la maggioranza è impegnata in attività commerciali, mentre le attività manifatturiere assumono importanza soprattutto in ambito rurale; che il 75% delle imprese manifatturiere è situato in ambito urbano e addirittura il 90% nelle aree rurali. In ogni caso la partecipazione delle donne alla gestione è rilevante.
Tra i settori delle attività economiche prevalgono il tessile e l’abbigliamento, i prodotti alimentari e le bevande, la lavorazione del legno e i prodotti derivati. La redditività delle imprese è modesta e l’efficienza è bassa, ma aumenta rapidamente con la dimensione del valore aggiunto.
Questo è un esempio che serve ad evidenziare il fatto che ogni settore di attività è caratterizzato da rischi e bisogni finanziari e formativi particolari i quali vanno ad incidere sulla pianificazione del programma di microfinanza.
Tabella 0.3 - Settori d’ impresa e interventi
Agricoltura/ Allevamento Produzione Commercio/ Servizi
Bisogno di:
Servizi di credito Alto Alto Alto
Servizi per il miglioramento gestionale
Basso
Alto
Medio
Servizi di marketing Alto Alto Alto
Servizi per il miglioramento tecnologico
Alto
Alto
Basso
Caratteristiche dei servizi di credito
Uso del prestito
Capitale circolante e immobilizzazioni materiali Capitale circolante lavoro, immobilizzazione materiali e infrastrutture
Capitale circolante e immobilizzazioni materiali
Termini del prestito Stagione crescente 6 mesi – 5 anni 4 mesi – 2 anni
Importo del prestito Dipende dalla dimensione Dipende dalla dimensione Dipende dalla dimensione
Garanzie disponibili Probabilmente sono basse Alte Probabilmente sono basse
Tasso di interesse reale effettivo 5% - 15% 5% – 30% 20% - 240%
Fonte: CARE Savings and Credit Sourcebook, CARE 1996
3.2.5.1 Metodologia e impatto
Altro elemento molto importante in un programma di microfinanza è la scelta della metodologia di erogazione dei servizi che deve tenere in considerazione le caratteristiche peculiari del target group. In particolare per il servizio del credito, le metodologie basate, per esempio, sul prestito di gruppo generalmente prevedono piccoli ammontari di prestiti (50$-500$) con termini brevi (1-6 mesi). Questo approccio è il più adeguato ad incontrare le esigenze delle IGA e di alcune ME.
Tabella 0.4 - Tipi di imprese e metodologie
Metodologia
IGA
ME
SE
Prestiti individuali
Prestiti a Solidarity Group
Organizzazioni Comunitarie di Base
Fonte: CARE Savings and Credit Sourcebook, CARE 1996
I programmi di sviluppo della microimpresa hanno un impatto diretto sul reddito del nucleo familiare e secondariamente un impatto a livello di economia locale.
Si può tuttavia evidenziare come l’impatto cambi a seconda delle dimensioni delle attività economiche: incremento del reddito del nucleo familiare e/o sicurezza economica
• nelle IGA; incremento del profitto dell’impresa e del reddito del nucleo familiare
• nelle ME; incremento del profitto per l’impresa nelle SE.
Le MEs e le SEs hanno un impatto a livello di economia locale sensibile, mentre quello delle IGAs è minimo.
Da uno studio compiuto su 137 famiglie impegnate nella gestione di attività familiari, è risultato che per 87 casi le modalità di gestione della microimpresa hanno modellato anche la gestione della famiglia. Sembra quindi possibile affermare che è più facile che si aggiustino le esigenze degli affari sulla famiglia piuttosto che il contrario.
3.2.6 Quando il progetto richiede una trasformazione dal settore informale alla formalizzazione delle piccole attività economiche
Le istituzioni di microfinanza (IMF) si pongono come obiettivo principale la riduzione della povertà, promuovendo lo sviluppo umano ed economico del contesto in cui operano (ISAE 2003).
Per raggiungere tale obiettivo è necessario non solo offrire servizi finanziari, ma anche promuovere le condizioni necessarie alla crescita e allo sviluppo delle microimpresa ed incentivare una policy favorevole, un ambiente adatto, istituzioni forti e sostenibili.
Esistono inoltre in alcuni contesti delle forti esigenze di trasformazione dal contesto informale a quello formale, esigenze che crescono anche grazie all’auspicato coinvolgimento dei policy maker sopraccitati in precedenza.
Le microimprese non sono infatti solo un veicolo importante per sfuggire alla povertà, ma, contribuiscono all’aggregazione dell’occupazione, della produzione e del reddito nazionale.
Considerando i bisogni della trasformazione da microimpresa a piccola impresa, il supporto del programma di microfinanza dovrà anzitutto provvedere al credito sia per il capitale operativo che per i bisogni di capitale fisso. I prestiti per capitale fisso devono essere di un ammontare alto, sufficiente per l’acquisto di attrezzature, e la durata del prestito deve essere legata al periodo di recupero delle attrezzature.
Dovranno inoltre essere favoriti alcuni cambiamenti nella gestione della microimpresa come:
- Marketing: la trasformazione dell’azienda deve essere accompagnata da stabili mercati per lo sbocco dell’incremento di produzione. Questo può comportare un’espansione dei piccoli mercati locali informali e la vendita a business formali.
- Tecnologia: nuovi e più larghi mercati spesso richiedono un aumento del livello di produttività e più alti standard di qualità, che possono essere raggiunti con miglioramenti tecnologici.
- Offerta: si crea una forte necessità di riforniture sicure e di lungo periodo.
- Credito; l’aumento del processo di produzione richiede più alti investimenti, in termini sia di credito per capitale circolante, che di credito per capitale fisso.
- Gestione monetaria; con l’incremento delle spese per le materie prime, della forza lavoro e degli alti investimenti richiesti, la trasformazione comporta una distinzione tra i fondi legati all’azienda e quelli relativi al nucleo familiare.
E’ inoltre necessario porre l’accento sul modello organizzativo promosso, che può variare dall’impresa individuale alla forma cooperativa o associativa.
3.2.7 Chi è il vero beneficiario finale del Microcredito?Gli esperti del campo si collocano in una posizione intermedia tra due approcci teorici che sono quelli del poverty approach e del self sustainability approach. Il primo si prefigge di
raggiungere le fasce più povere della popolazione e utilizza come indicatore di base la capacità di soddisfare i bisogni dei propri clienti nel breve periodo. Il secondo si
rivolge a clienti meno poveri, sebbene anch’essi esclusi dal sistema finanziario formale.
La contrapposizione si ha tra chi valuta solo la sostenibilità finanziaria come bontà di un progetto del microcredito e chi invece assegna un ruolo chiave alla sostenibilità sociale, cioè all’utilità per i beneficiari. In realtà, allo stato dell’arte attuale, poiché i programmi di microfinanza sono ancora lontani dallo sradicamento della povertà, dovremmo piuttosto dire che, laddove hanno potuto svilupparsi, hanno ridotto la vulnerabilità della popolazione ed i partecipanti presentano una minore variabilità dell’offerta di lavoro e del consumo.
I programmi di microcredito possono avere il merito di offrire ai poveri forme di tutela che riducono la loro vulnerabilità diversificandone le fonti di guadagno. (Robichaud, McGraw, Roger 2001).
Nel capitolo 6 si cercherà infatti di presentare alcuni strumenti per determinare il livello di impatto dei progetti di microfinanza.
L’aumento e la diffusione di programmi di supporto alla micro-impresa sono stati notevoli negli ultimi anni e molto spesso hanno avuto tra gli obiettivi anche quello del
raggiungimento di uno sviluppo economico. Sebbene lo sviluppo della strategia sia stato notevole, la sua dimensione in questo settore è ancora molto limitata. La microimpresa può essere vista come parte di uno sviluppo economico ma che ha ancora bisogno di essere affiancata da altri fattori. Le variabili non possono essere solo quelle finanziarie, anche se la realtà estesa e varia della microimpresa non facilita l’analisi. Un suggerimento che viene da recenti studi americani è il bisogno di “educare” coloro che pianificano lo sviluppo economico e i policy makers, per integrare lo sviluppo della microimpresa in un piano economico più vasto per le regioni maggiormente interessate, utilizzando nuove strategie che vengono direttamente dal settore. Altri studi hanno evidenziato l’esigenza di compiere analisi nei paesi dove i programmi di supporto alle microimpresa vengono realizzati maggiormente. Questi interventi sono considerati una nicchia nei programmi di prestito e dovrebbero avere un aumento dei destinatari nel prossimo futuro (Servon and Dosh 2001).
CAPITOLO 4
LA RISPOSTA DELLA MICROFINANZA: ASPETTI
METODOLOGICI (di Chiara Benvegnù, Laura Foschi, Chiara Meneghetti e Luca Paonessa)
Dopo aver presentato nei capitoli 2 e 3 il contesto di riferimento in cui si muovono gli operatori della microfinanza, analizziamo ora gli aspetti metodologici ed organizzativi delle strutture dedicate a questo settore. Verranno presentate le procedure utilizzate dalle istituzioni e dai programmi di microfinanza per erogare i servizi ai beneficiari e verrà analizzata la struttura di una istituzione di microfinanza (IMF) nei suoi elementi organizzativi e gestionali, ma prima si cercherà brevemente di dare uno sguardo al settore della microfinanza e alle sue prospettive evolutive. Il paragrafo di chiusura sarà dedicato ad illustrare alcuni esempi significativi di reti di istituzioni di microfinanza.
“…definiamo la microfinanza l’erogazione di servizi finanziari (credito e/o risparmio) a persone che sviluppano una attività produttiva e che non hanno accesso alle istituzioni finanziarie commerciali a causa del loro profilo socio-economico (si tratta di poveri, senza reddito fisso, senza garanzia, ecc)
…L’aspetto più conosciuto della microfinanza è il microcredito.” M.Labie 1999
4.1 Panorama generale della microfinanza
Nel febbraio del 1997 ha avuto luogo a Washington DC il primo Microcredit Summit che ha riunito 2900 fra delegati di organizzazioni ed esperti provenienti da 137 paesi del mondo. L’obiettivo del Summit era quello di promuovere su scala internazionale l’impegno che donatori, governi, pratictioners e ONG si stavano assumendo nel considerare la microfinanza come una strategia vincente per la riduzione della povertà nei programmi di sviluppo. I quattro temi prioritari del Summit sono stati:
i) raggiungere i più poveri;
ii) raggiungere e rinforzare il potere d’azione delle donne;
iii) sviluppare delle istituzioni finanziarie autonome;
iv) assicurare un impatto positivo misurabile sulla vita dei beneficiari e delle loro famiglie.
Il Microcredit Summit del 1997, ha segnato, il momento di riconoscimento internazionale per la microfinanza ed ha messo in risalto l’aspetto più positivo di questo strumento di sviluppo: mettere al primo posto coloro che la società e i modelli
di sviluppo imperanti mettono all’ultimo, aiutando le persone a riprendere il controllo della propria vita e del proprio destino.
L’importanza di questo evento è dovuta anche al fatto che la comunità internazionale, forse per la prima volta, ha riconosciuto l’importanza di inserire progetti di intermediazione finanziaria all’interno dei programmi di sviluppo internazionale. Il messaggio lanciato dal Summit si può sintetizzare con il concetto che adottare strategie di sviluppo basate su servizi finanziari non è più un tabù: i poveri sono degni di fiducia.
Già a partire dalla metà degli anni 80 si era creata una forte tendenza da parte di alcune organizzazioni non governative (ONG) a sviluppare progetti con una grande componente di intermediazione finanziaria. Alcune di queste, infatti, si erano dedicate esclusivamente alla microfinanza approvvigionandosi di fondi attraverso donazioni provenienti da istituzioni dei paesi industrializzati e fornendo direttamente credito ai microimprenditori dei paesi in via di sviluppo. Gli anni 90 hanno rappresentato il boom per la microfinanza come strumento di cooperazione allo sviluppo per la riduzione della povertà.
Le motivazioni di questo successo sono diverse e, come ricorda Labie (1999), possono essere così sintetizzate:
• diffusione di alcuni casi celebri, come BRAC o ancor di più la Grameen Bank, che hanno attirato l’attenzione del grande pubblico e degli attori della cooperazione internazionale;
• in un’epoca di progressiva riduzione delle risorse destinate ai progetti di cooperazione internazionale, le organizzazioni internazionali non possono che essere sensibili a uno strumento che, almeno potenzialmente, permette un effetto leva importante rispetto ai fondi disponibili da impiegare;
• obiettivo di riduzione della povertà attraverso un meccanismo finanziario, forse per la prima volta, vicino ed adatto alla modalità operativa delle ONG. Ricordiamo che l’obiettivo di molte delle istituzioni di microfinanza è di raggiungere i più poveri e quindi lavorare a stretto contatto con loro.
4.1.1 Evoluzione del settore
Il settore della microfinanza è fortemente cresciuto in questi anni sia in termini quantitativi (numero di istituzioni, clienti raggiunti, volumi finanziari, ecc.) che in termini di adesioni di nuovi attori a sostegno dei progetti di microcredito.
I dati pubblicati nell’ultimo Report13 del Microcredit summit sono relativi al dicembre 2002 quando 2.572 istituzioni di microcredito14 raggiungevano 67.606.080 clienti di cui 41.594.778 appartenevano alla categoria dei più poveri ed erano sottoscrittori del
13 Il Report, pubblicato annualmente dal summit e disponibile sul sito www.microcreditsummit.org, è il risultato dell’elaborazione dei dati forniti dalle istituzioni aderenti al summit attraverso il Piano d’Azione. Il piano d’azione è un formulario di richiesta di informazioni sulle attività e le prospettive delle istituzioni di microcredito.
14 Nel rapporto del microcredit summit con il termine “istituzioni di microcredito” si fa riferimento ai
programmi che offrono dei crediti per l’attività imprenditoriale ed altri servizi finanziari e commerciali (compreso il risparmio e l’assistenza tecnica) alle persone molto povere.
loro primo prestito. Se si stima una media di 5 persone per famiglia, l’impatto derivante dal credito erogato ai 41,6 milioni di poveri poteva essere esteso a una massa di 208 milioni circa di persone fra le più povere.
Dobbiamo però considerare che i dati del microcredit summit rappresentano l’espressione di una parte del mondo della microfinanza, quella cioè appartenente dalla rete del summit e che fornisce i propri dati sulla base della compilazione di un piano di azione annuale. Resta chiaro quindi che i dati e i risultati di seguito analizzati sono solo parziali e sotto stimati. La Banca Mondiale ha stimato a circa 7000 il numero delle organizzazioni che forniscono servizi di microfinanza che fornirebbero accesso al credito solo al 2% dei microimprenditori presenti principalmente nei paesi in via di sviluppo.
Per raggiungere l’obiettivo che la Campagna si è posta, cioè raggiungere entro il 2005 100 milioni di famiglie fra le più povere e partendo dai dati del 97, è richiesto un tasso di crescita annuale del 38%. Tale tasso è stato nel 2001 del 55%, garantendo una media di poco più del 40% annuale. Osservando la crescita globale della campagna dal 97 al 2002, la crescita è stata del 447%!
La tabella seguente mostra l’evoluzione del numero di clienti raggiunti dalle istituzioni di microfinanza che hanno presentato il loro Piano di Azione al summit.
Tabella 5 - Evoluzione dei beneficiari di programmi di microfinanza
Anno Numero di istituzioni o
programmi che hanno presentato il Piano d’Azione
Numero totale di clienti serviti Numero dichiarato di clienti serviti “fra i più poveri”
31-dic-97 618 13.478.797 7.600.000
31-dic-98 925 20.938.899 12.221.918
31-dic-99 1.065 23.555.689 13.779.872
31-dic-00 1.567 30.681.107 19.327.451
31-dic-01 2.186 54.932.235 26.878.332
31-dic-02 2.572 67.606.080 41.594.778
Fonte: Microcredit Summit Report 2003
Il grafico seguente mostra l’evoluzione del settore rapportata soprattutto alle necessità di crescita per raggiungere gli obiettivi del 2005. Appare evidente che gli sforzi da effettuarsi restano importanti soprattutto per raggiungere le fasce più povere della popolazione. Dai dati è comunque interessante notare che, malgrado ci sia una certa resistenza a dirigere i servizi di microcredito alle fasce più povere, il rapporto fra totale clienti e clienti più poveri è passato dal 56% nel 97 al 62%.
Sembra quindi che l’impegno costante del Summit nell’abbattere i tre miti15 che
costituiscono l’ostacolo principale alla diffusione del microcredito sia almeno in parte riuscito.
15 Primo mito: le istituzioni non possono raggiungere i più poveri perché è troppo costoso;
secondo mito: se anche una istituzione serve i più poveri, non potrà mai essere finanziariamente autonoma;
Figura 0.1 - Obiettivi microcredit summit 2005
Fonte: Microcredit Summit Report 2003
Le organizzazioni che appartengono al gruppo analizzato nel Rapporto del Summit hanno strutture molto diverse. Come possiamo vedere dalla tabella seguente, le dimensioni sono molto varie e mentre la numerosità maggiore si concentra nelle istituzioni con meno di 2500 clienti, il 48% del totale dei più poveri raggiunto dal microcredito è cliente delle 33 istituzioni più grandi. Questo conferma iel fatto che il raggiungimento delle fasce più povere della popolazione può essere un obiettivo perseguibile anche da grandi istituzioni che, come vedremo in seguito, vantano degli ottimi indici di sostenibilità.
Tabella 6 - Dimensione istituzioni
terzo mito: una istituzione che per miracolo riuscisse a servire i più poveri ed essere finanziariamente autonoma, non farà che mettere sulle spalle di queste povere persone il problema dell’indebitamento. Molte delle esperienze nell’ambito del microcredito hanno di fatto sfatato i tre miti e dimostrato che quando il microcredito è accompagnato da strategie di sviluppo integrato e partecipativo, è strumento di successo per la riduzione della povertà.
Dimensione dell’istituzione per
clienti attivi
Numero di istituzioni Numero di clienti serviti fra i più poveri Percentuale sul totale dei clienti più poveri
1.000.000 8 13.545.168 32,6
100.000 – 999.999 25 6.414.155 15,4
10.000 – 99.999 222 5.961.996 14,3
2.500 – 9.999 410 1.958.777 4,7
< 2500 1.904 1.003.372 2,4
Reti 16 3 12.711.310 30,6
Totale 2.572 41.594.778 100,0
Fonte: Microcredit Summit Report 2003
Da un punto di vista di diffusione regionale, la tabella che segue dà un’idea di questa ripartizione.
Fra le 2.572 istituzioni che hanno inviato il Piano di Azione, 811 si trovano in Africa, 1377 in Asia, 246 in America Latina e Carabi, 47 in America del Nord, 68 in Europa e nei Nuovi Stati Indipendenti (NSI) E 23 in Medio Oriente.
Tabella 7 - ripartizione beneficiari per area geografica
Regione Numero di istituzioni e
programmi Numero di clienti attivi anno 2001 Numero di clienti attivi anno 2002 Numero di clienti attivi fra i più poveri anno 2001 Numero di clienti attivi fra i più poveri anno 2002
Africa 811 4.608.407 5.761.763 3.461.632 4.202.280
Asia 1377 47.891.977 59.632.098 22.340.073 36.304.269
AL&Carabi 246 1.973.352 1.942.055 927.830 976.396
Medio Oriente 23 67.770 83.047 36.293 37.600
Totale PVS 2457 54.541.506 67.418.963 26.765.828 41.520.545
America del Nord 47 263.395 47.01717 31.517 22.469
Europa&NSI 68 127.334 140.100 80.987 51.764
Totale PI 115 390.729 187.117 112.504 74.233
Totale 2572 54.932.235 67.606.080 26.878.332 41.594.778
Fonte: Microcredit Summit Report 2003
Un altro dato significativo che emerge dal Rapporto e che riguarda ancora la ripartizione geografica è l’accesso alla microfinanza.
16 Questo dato si riferisce alle 3 principali reti di organizzazioni di microcredito: Banca Nazionale per l’Agricoltura e lo Sviluppo Rurale dell’India, l’Associazione delle Confederazioni Asiatiche delle Cooperative di Credito, il Bureau per lo Sviluppo Rurale del Bangladesh.
17 La diminuzione del numero di clienti attivi e dei clienti più poveri registrata in America del Nord
nel 2002 riflette l’eliminazione di diverse istituzioni legate in reti i cui clienti erano stati erroneamente inclusi nel rapporto dell’anno 2001.
La figura che segue mostra infatti la relazione fra il numero di famiglie che vivono in uno stato di povertà assoluta (cioè quelle che vivono con meno di un dollaro al giorno) in ogni regione e il numero di famiglie fra le più povere che sono state raggiunte da un programma di microfinanza al dicembre 2002.
Figura 0.2 - Ripartizione regionale dell’accesso alla microfinanza
Fonte: Microcredit Summit Report 2003
Per quel che riguarda gli aspetti di genere, come più volte ricordato, molti programmi di microcredito si rivolgono specificatamente alle donne. La crescita del numero di donne fra le più povere è passata da 10,3 milioni nel 1999 a 32,7 milioni al 31 dicembre 2002, con un tasso di crescita complessivo del 217%.
Tabella 8 - Ripartizione geografica delle DONNE beneficiarie di progetti di microcredito
Regione Numero di Numero di Numero di Numero di
clienti attivi fra i più poveri anno 2001 clienti attivi fra i più poveri anno 2002 clienti attivi DONNE fra i più poveri anno 2001 clienti attivi DONNE fra i più poveri anno 2002
Africa 3.461.632 4.202.280 2.362.172 2.611.650
Asia 22.340.073 36.304.269 18.098.695 29.423.010
AL&Carabi 927.830 976.396 643.547 589.405
Medio Oriente 36.293 37.600 17.324 12.282
Totale PVS 26.765.828 41.520.545 21.121.738 32.636.347
America del Nord 31.517 22.469 16.628 12.450
Europa&EE 80.987 51.764 31.388 28.283
Totale PI 112.504 74.233 48.016 40.733
Totale 26.878.332 41.594.778 21.169.754 32.677.080
Fonte: Microcredit Summit Report 2003
4.1.2 Le prospettive per il futuro
Il 15 dicembre 1998, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato la risoluzione 53/197 con cui dichiarava il 2005 Anno Internazionale del Microcredito. La risoluzione ha designato l’anno 2005 come un’occasione speciale per dare un impulso ai programmi di microcredito nel mondo ed ha invitato i governi, il sistema Nazioni Unite, tutte le ONG coinvolte, gli attori della società civile, il settore privato ed i media a dare più rilevanza al ruolo del microcredito nello sradicamento della povertà.
L’anno 2005 è anche l’anno in cui la nuova legge americana ha richiesto, a tutte le istituzioni che ricevono finanziamenti da USAID per il supporto alle microimprese, di cominciare a utilizzare degli strumenti per misurare la povertà18. Questo per assicurarsi che almeno in 50% dei finanziamenti USAID per la microimpresa sia
rivolto a famiglie che quando entrano nel programma vivono con meno di 1 dollaro al giorno. 600 parlamentari dei paesi industrializzati coinvolti nella campagna del microcredit summit hanno inoltre richiesto a Banca Mondiale, Banca Inter-Americana di Sviluppo e UNDP di adottare lo stesso dispositivo di USAID e di raddoppiare le quote dei fondi per la microfinanza. Se così fosse, le risorse a favore della microfinanza messe a disposizione dai donatori internazionali passerebbero da 550 milioni di dollari all’anno a più un miliardo di dollari l’anno la cui metà sarebbe rivolta ai più poveri fra i poveri.
18 Si vedano i capitoli 5 e 6 per il dettaglio di tali strumenti
4.2 Dalle esperienze più significative alla identificazione di metodologie ed istituzioni
L’esperienza maturata da diverse organizzazioni internazionali nell’ambito della microfinanza e più in particolare del microcredito, ha portato alla definizione di alcune metodologie nell’ambito di precisi contesti economico-sociali in cui la componente cultuale è fondamentale per la sua caratterizzazione.
Proprio perché queste metodologie hanno trovato la loro origine in determinati paesi, non solo è difficile esportarle in altri contesti, senza adattarle alle caratteristiche del target group e dell’ambiente locale, ma è molto probabile un elevato rischio di fallimento.
Le metodologie di erogazione del servizio del credito nei programmi di microfinanza si possono distinguere in due grandi categorie: il prestito individuale e il prestito di gruppo.
I prestiti individuali, pur coincidendo con le metodologie praticate dalle banche commerciali, hanno nell’ambito della microfinanza degli elementi importanti che le contraddistinguono:
• I prestiti sono garantiti da garanzie reali, che sono solitamente pegno su beni mobili, e/o da cogaranti.
• I potenziali clienti sono selezionati sulla base dei loro progetti imprenditoriali e delle caratteristiche settoriali, come già analizzato.
• L’analisi dei prestiti è basata sulla totale solvibilità dell’azienda;
• Lo staff di gestione del servizio di credito è in rapporto di relazione stretta con il cliente/beneficiario.
Nei prestiti di gruppo, come già visto nel paragrafo 10 le funzioni gestite tipicamente dallo staff di banca sono delegate al gruppo di beneficiari:
i membri del gruppo si scelgono autonomamente;
l’analisi del prestito è minima, perché dipende dalla situazione complessiva del gruppo;
i prestiti sono garantiti da ogni membro del gruppo;
lo staff del programma gestisce un più largo numero di clienti perchè tiene relazioni più distanti con i singoli membri.
Un’ altra distinzione all’interno della metodologia dei prestiti di gruppo riguarda l’aspettativa di indipendenza del gruppo dal programma di microfinanza. La principale distinzione è comunque rappresentata dalla tipologia di costituzione del gruppo: può servire semplicemente come meccanismo di garanzia dei prestiti; il gruppo può essere parte integrante dell’istituzione stessa; può essere una combinazione tra le due componenti.
Di seguito riportiamo due schemi di classificazione di metodologie di erogazione dei servizi di credito nei programmi di microfinanza:
Tabella 9 - Confronto tra le caratteristiche di diverse metodologie di erogazione del servizio del credito
Caratteristiche Gruppi Solidali Cooperative Singoli Individui
Approccio seguito da Grameen Approccio seguito da ACCION
Struttura Da piccoli gruppi di 4-8 persone, a gruppi più estesi di 20-40 persone
Gruppi di 5-10 persone
Gruppi molto
estesi, da 50 a più di 200 persone
Singoli Individui
Membri Individui al di sotto della soglia di povertà con caratteristiche
socio-economiche molto omogenee
Diverse tipologie di individui Individui molto eterogenei
caratterizzati da diversi livelli di reddito
Vari
Relazione tra beneficiario e
funzionario del credito
Il funzionario è al servizio di colui che fornisce il prestito
Il funzionario è al servizio di colui che fornisce il prestito
Il funzionario è al servizio della cooperativa Il funzionario è al servizio di colui che fornisce il prestito
Livello di
complessità della gestione
Complessa
Complessa
Complessa
Semplice
Costi di transazione supportati da colui che prende a prestito Elevati. Gli incontri di aggiornamento sono settimanali e i gruppi sono numerosi Variabili, ma inferiori all'approccio di Grameen. Gli incontri, però, sono meno frequenti
Moderati
Bassi
Tasso di interesse Da basso a moderato Moderato Moderato Elevato
Risparmi Basso Da basso a moderato Elevato Da moderato ad elevato
Responsabilità per il rimborso Individuale e del gruppo Individuale e del gruppo Individuale e della Cooperativa Individuale
Incentivi per il rimborso Pressione del gruppo, perdita della possibilità di ottenere un prestito in futuro Pressione del gruppo, perdita della possibilità di
ottenere un prestito in futuro Pressione del gruppo, perdita della possibilità di
ottenere un prestito in futuro
Altro
Fonte: Hulme e Molsey (1996)
Tabella 10 - Le diverse metodologie di erogazione del credito nei programmi di microfinanza
Fonte: CARE Saving and Credit Sourcebook, CARE 1996
4.2.1 Modello di credito individuale
Il Credito Individuale è certamente la forma più antica di microprestiti ed è anche quella più vicina alla metodologia adottata dalle banche commerciali.
Questa metodologia si adatta bene a programmi di microcredito rivolti al contesto urbano, in cui il periodo di restituzione è spesso molto breve (in alcuni contesti si parla addirittura di credito giornaliero). Anche in molti contesti rurali è tuttavia in uso e soprattutto nella situazione in cui la coesione sociale non è così forte da garantire reciprocamente i prestiti oppure in cui la concentrazione demografica è così bassa da non permettere l’effettiva costituzione dei gruppi.
Il credito, in questi casi, si adatta alle specifiche esigenze del cliente, la cui richiesta viene puntualmente analizzata dall’ufficiale del credito.
Beneficiari Microimprenditori individuali.
Relazione degli ufficiali del credito con i beneficiari Relazione molto stretta in ogni fase del rapporto creditizio.
Approvazione del prestito Basata su un’attenta analisi del progetto da finanziare.
Caratteristiche del prestito Prestiti “ritagliati” sulle caratteristiche del cliente e della sua attività economica. I tassi d’interesse sono generalmente più alti rispetto a quelli applicati dal settore formale.
Garanzie Garanzie reali e/o co-garanti.
Risparmio Non è un elemento fondamentale.
Caratteristiche del gruppo Nessuna.
4.2.2 Modello Latin American Solidarity Group
Il modello Latin American Solidarity Group utilizza la metodologia di gruppo prevalentemente come meccanismo di garanzia, per la puntuale restituzione dei prestiti. Questo modello, in cui i gruppi sono composti da 4 a 7 membri, si è sviluppato ed ha trovato un buon successo in ambiente urbano, in particolare in aree in cui è presente un mercato.
I clienti sono di solito donne che svolgono piccoli commerci, che ricevono prestiti molto piccoli per finanziare capitale circolante.
Questa metodologia viene adottata generalmente con un “approccio minimalista”, anche se alcuni programmi prevedono training di base sulla gestione d’impresa.
Beneficiari Microimprenditori individuali.
Relazione degli ufficiali del credito con i beneficiari Relazione relativamente stretta che si concretizza sia prima dell’approvazione del prestit, che durante il rimborso dello stesso.
Approvazione del prestito Basata su una minima analisi del progetto.
Caratteristiche del prestito Le condizione del credito sono limitanti: i nuovi
membri ricevono inizialmente piccole somme di ammontare uguale; soltanto nei cicli successiv le condizioni diventano più flessibili. I membri del gruppo, ifatti, possono richiedere somme più elevate via via che i cicli finanziari si chiudono con successo.
I tassi d’interesse sono in alcuni casi 2-3 volte superiori a quelli presenti nel mercato
finanziario.
Man mano che i clienti ripagano i prestiti e l’organizzazione acquisisce fiducia negli stessi, la velocità di erogazione dei prestiti successivi aumenta.
Garanzie Garanzia solidale di tutti i prestiti; ogni membro garantisce i prestiti degli altri membri del gruppo e nessun può ottenere nuovi prestiti se prima tutti i membri non hanno restituito la somma ricevuta.
Risparmio Ai clienti è spesso richiesto di versare una quota di risparmio obbligatorio, solitamente trattenuta alla fonte.
Caratteristiche del gruppo I gruppi si auto-selezionano, anche se i membri non devono essere parenti e devono avere lo stesso background socio-economico.
4.2.3 Modello Grameen Solidarity Group
Questo modello prevede la formazione di gruppi solidali di 5 membri, incorporati in “Village Centers”, che sono composti da non più di 8 gruppi. I Village Centers sono, a loro volta, riuniti in “Regional Branch Offices”. I membri a tutti i livelli assumono la responsabilità di gran parte della gestione dei servizi finanziari.
La caratteristica peculiare del modello Grameen è l’incorporazione di forti elementi sociali, quali ad esempio l’adesione ai principi promossi dall’organizzazione e la creazione di “fondi di emergenza” gestiti dai “Village Centers” per far fronte ai bisogni dei membri.
Nel contesto dove si è sviluppato questo modello, i clienti tradizionali sono donne che gestiscono piccole attività economiche, solitamente a conduzione familiare, in ambito agricolo o commerciale.
Beneficiari Microimprenditori individuali.
Relazione degli ufficiali del credito con i beneficiari Relativamente scarsa.
Approvazione del prestito Il gruppo è coinvolto nella valutazione e approvazione del prestito. I responsabili dei “Regional Branch Offices” verificano l’attendibilità delle domande di credito e visitano i clienti per verificare le informazioni ricevute.
Caratteristiche del prestito Le condizioni del prestito sono piuttosto limitate. I membri del gruppo possono richiedere somme più elevate via via che i cicli finanziari si chiudono con successo. I tassi d’interesse sono
bassi, ma sono previsti commissioni e risparmio obbligatorio, che accrescono il costo reale del prestito.
L’accesso al credito da parte dei membri di un gruppo avviene a rotazione; l’ordine di accesso è stabilito dal gruppo stesso (generalmente due membri per il primo prestito, due per il successivo e 1 per l’ultimo, di solito destinato al leader del gruppo).
Questa metodologia prevede anche altri tipi di prestito: i fondi raccolti attraverso le commissioni ed il risparmio sono utilizzati per altri investimenti o per provvedere al credito al consumo familiare, con tassi d’interesse agevolato.
Garanzie Garanzie solidali di tutti i membri del gruppo: nessun membro del gruppo può ottenere nuovi prestiti se prima tutti i membri non hanno restituito la somma ricevuta.
Esist, inoltre un Fondo di emergenza, costituito con una parte degli interessi raccolti, destinato alla salute o a garanzia parziale dei mancati pagamenti.
Risparmio Ai clienti è spesso richiesto di versare una quota anticipata di risparmio obbligatorio (generalmente il 5% dell’ammontare del prestito), per un minimo di 8-10 settimane prima di poter accedere al prestito.
Caratteristiche del gruppo I gruppi si auto-selezionano, anche se i membri non devono essere parenti e devono avere lo stesso background socio-economico.
E’ richiesta la presenza a meeting settimanali ed è prevista la creazione di federazioni di gruppi.
4.2.4 Modello Village Banking
E’ una metodologia sviluppata dall’ONG statunitense FINCA grazie all’esperienza maturata in America Centrale.
Una Village Bank è costituita da 20-25 membri, spesso donne che, attraverso la mobilizzazione di fondi all’interno del gruppo e prestiti provenienti da istituzioni finanziarie esterne (governi locali, ong internazionali, ecc.), concedono piccoli prestiti. La Village Bank diviene gradualmente più indipendente da fonti di finanziamento esterne con l’aumento del risparmio dei membri e con la capitalizzazione dell’interesse accumulato.
Beneficiari Gruppo di microimprenditori.
Relazione degli ufficiali del credito con i beneficiari Relazione molto limitata
Approvazione del prestito I prestiti di gruppo vengono valutati dal credit
officer.
I prestiti individuali sono analizzati dal gruppo attraverso un apposito comitato eletto da tutti.
Caratteristiche del prestito Il prestito di gruppo è costituito dalla somma dei prestiti individuali.
I prestiti sono erogati in cicli successivi (10-12 mesi).
Condizioni di prestito molto rigide.
Garanzie Pressioni esercitate dal gruppo. Se un membro non restituisce quanto ricevuto, il debito ricade su tutti gli altri membri (o sui risparmi accumulati).
Nessuna garanzia a livello individuale.
Risparmio Parte essenziale della metodologia. I membri devono iniziare a risparmiare molto tempo prima di entrare nel gruppo. Il programma richiede all’individuo di risparmiare il 20% di quanto ricevuto a prestito in ogni ciclo.
Caratteristiche del gruppo Controllo democratico. Amministrazione autosufficiente.
Indipendenza raggiunta solitamente nell’arco di tre anni.
Autonomia nella selezione dei membri. Riunioni regolari.
4.2.5 Modello Community-Managed Revolving Loan Funds
Le Community Managed Revolving Loan Funds (CMRLF) sono gruppi finanziari informali composti da 30-100 membri, spesso donne. Possono essere paragonate a piccole banche villaggio che mobilizzano i propri fondi e tendono a diventare nel tempo istituzioni indipendenti.
Ai membri è richiesto di risparmiare anche se la fonte finanziaria principale proviene dall’esterno come donazioni.
Beneficiari Gruppo di microimprenditori.
Relazione degli ufficiali del credito con i beneficiari Relazione molto limitata.
Approvazione del prestito Il prestito al gruppo viene valutato dall’ufficiale del credito; i singoli prestiti individuali sono analizzati dal gruppo stesso con un apposito comitato eletto all’interno del gruppo.
Caratteristiche del prestito Il prestito al gruppo è basato sul capitale iniziale raccolto, e ne è un multiplo (2/1 3/1).
Le condizioni di prestito sono piuttosto
flessibili, tanto che la scadenza può essere fissata fino a 2 anni con la concessione di un periodo di grazia.
4.2.6 Modello Saving and Loan Associations
Si tratta ancora di favorire la formazione di una organizzazione comunitaria di base che, in questo caso, non riceve fondi dall’esterno per il suo funzionamento e si basa esclusivamente sulla raccolta del risparmio locale.
Questa metodologia non implica quindi l’erogazione di un prestito ma il supporto alla raccolta e la gestione del risparmio attraverso attività di assistenza tecnica e formazione.
Tabella 11 - Il confronto fra metodologie
Individual lending Peer Lending
• Prestiti garantiti da garanzie reali o co-garanti
• I potenziali clienti sono selezionati sulla base della storia creditizia e delle caratteristiche di riferimento
• L’ammontare del prestito dipende dall’analisi della solvibilità totale
• L’ammontare e la scadenza del
prestito sono adattati ai bisogni del cliente
• Il prestito può raggiungere un elevato ammontare e termini di scadenza più ampi
• Lo staff lavora in una relazione stretta con il cliente
• Ogni cliente è un investimento significativo di staff ed energie • I prestiti sono mutuamente garantiti con gli altri beneficiari
• I potenziali clienti sono selezionati all’interno del gruppo
• L’analisi dell’ attività economica è limitata
• L’ammontare e la scadenza del prestito .seguono strettamente una predeterminata curva di crescita graduale
• Se i prestiti iniziano con ammontari e termini troppo elevati, gli incentivi di ripagamento possono “crollare”
• Lo staff ha una relazione distante con un gran numero di clienti
• I gruppi di solidarietà vengono utilizzati per ridurre il carico di lavoro dello staff
Solidarity Group Community- Based Organisations
• Il programma non sviluppa una capacità auto-
gestionale finanziaria del gruppo
• I partecipanti sono
considerati clienti a lungo termine del programma • Il programma sviluppa capacità auto-gestionali finanziarie della CBO
• Il programma lavora per raggiungere lo scopo
dell’ indipendenza della CBO
Latin
American SG Grameen SG CMLF SLA
La
costituzione del gruppo serve solo
come
meccanismo di garanzia Il gruppo fa parte della struttura
istituzionale CBO riceve e gestisce fondi esterni (grant o prestito), oltre al
risparmio dei membri CBO genera tutti i fondi con il
risparmio interno o l’ interesse
reinvestito; senza fondi esterni
Village Banking Revolving Loan
Fund
Condizio ni di
prestito rigide Condizioni di prestito flessibili
Fonte: CARE Saving and Credit Sourcebook Dicembre 1996
4.3 L’istituzione di microfinanza: aspetti organizzativi e di gestione
In questo paragrafo si focalizzerà l’attenzione sulle istituzioni di microfinanza viste come insieme organico di attività diverse tra loro ma interdipendenti e si cercheranno di evidenziare le connessioni esistenti tra queste attività. Se si trascurano queste connessioni, i dirigenti di una Istituzione di Microfinanza (IMF) potrebbero prendere decisioni errate, compromettendo il raggiungimento degli obiettivi dell’organizzazione. Ci si propone, nel prossimo paragrafo, di fornire una descrizione sintetica della struttura di un’istituzione di microfinanza e delle principali funzioni svolte da ognuno degli elementi che la compongono.
Si passerà in seguito ad un’analisi approfondita della correlazione esistente tra i risultati raggiunti e le singole attività e funzioni. Si dimostrerà in particolare come il raggiungimento degli obiettivi può dipendere da diverse variabili, sulle quali è necessario agire in modo coerente.
Le organizzazioni di microfinanza, come già analizzato nel paragrafo 1, hanno dimensioni molto varie e assumono forme giuridiche ed organizzative diverse (organizzazioni non governative, cooperative, banche dedicate, ecc.), che ovviamente ne modificano la struttura e l’assetto organizzativo.In questo paragrafo verranno trattati solo gli aspetti più generali di una istituzione, lasciando le specificità all’analisi dei singoli casi studio.
4.3.1 Struttura organizzativa e funzioni di una IMF
La struttura minima19 di cui una IMF deve dotarsi per poter operare comprende la Direzione e tre aree operative; l’Area Credito, l’Area Finanza e l’Area Informatica (vedi figura nella pagina successiva).
Di seguito le principali funzioni svolte da ogni area:
4.3.1.1 Direzione
Alla Direzione spetta il ruolo di dare applicazione alle strategie elaborate dal Consiglio di Amministrazione o dall’Assemblea dei Soci a seconda della struttura giuridica dell’istituzione.
Tra i compiti operativi di solito assunti dalla Direzione troviamo la gestione delle relazioni istituzionali (rapporti con organismi locali ed internazionali, relazioni con donatori e finanziatori ecc.) ed il coordinamento di tutte le aree operative.
4.3.1.2 Area Credito
L’Area Credito si occupa della gestione delle attività relative al credito: selezione e monitoraggio dei clienti, controllo del rischio di portafoglio, creazione e revisione dei
19 La struttura organizzativa proposta in questo esempio, in modo molto semplificato, non vuole essere una possibile configurazione per una IMF. La sua funzione è unicamente quella di presentare in maniera immediata le attività operative di base. In realtà la maggior parte delle IMF adotta strutture più complesse, che comprendono un maggior numero di aree e dipartimenti (come le Risorse Umane, o il Marketing).
prodotti di credito, ecc. Se l’istituzione dispone di succursali l’Area Credito ha un Direttore che coordina le succursali e gli agenti di credito.
4.3.1.3 Area Finanza
A questa area spetta il compito di coordinare ed indirizzare tutti i flussi di denaro in entrata ed in uscita. Il Direttore di questa area è responsabile della presentazione del bilancio alla Direzione dell’istituzione e del monitoraggio dell’andamento economico dell’istituzione. Da questa area possono dipendere l’Amministrazione, che si occupa della gestione del personale (stipendi e contrattualistica), delle spese generali e della gestione della liquidità e la Contabilità, che ha il compito di registrazione di entrate ed uscite e di redige il bilancio dell’istituzione.
4.3.1.4 Area Informatica
L’Area Informatica gestisce il sistema informativo. Le funzioni di questa area sono quelle di raccogliere tutte i dati provenienti dalle altre aree (informazioni sul portafoglio e sui clienti, informazioni contabili ecc.) ed elaborarli per fornire ad ogni utente le informazioni necessarie per il suo lavoro con il necessario livello di sintesi.
Figura 3 - Le aree di una IMF
4.3.2 Caratteristiche tipiche delle IMF
Spesso le istituzioni di microfinanza vengono paragonate dal punto di vista dell’operatività, a delle vere e proprie istituzioni finanziarie. Quando si tratta di
analizzare un’istituzione di microfinanza, tuttavia, non si può prescindere dal fatto che le peculiarità del lavoro svolto influiscono in modo sostanziale su molti aspetti dell’organizzazione e sui risultati quantitativi e qualitativi da essa raggiunti.
Le IMF sono istituzioni che, a differenza delle “normali” istituzioni finanziarie, devono adattare la propria struttura e le attività svolte all’ambiente in cui operano. Per questo i risultati finanziari sono difficilmente interpretabili se non osservati alla luce dei dati qualitativi dell’istituzione. Nelle figure in basso un’istituzione di microfinanza è scomposta nei suoi elementi di base (qualitativi e quantitativi), che vengono
successivamente raggruppati in diverse categorie, rappresentanti le principali “aree” di attività di una IMF.
La struttura logica proposta, composta da tre sezioni, è ripresa dalla metodologia utilizzata da Etimos per la valutazione dei progetti da finanziare. Tale modo di procedere permette di avere un quadro generale delle principali funzioni ed attività presenti all’interno di una IMF, necessario per mantenere una visione d’insieme. In seguito
analizzeremo nel dettaglio alcuni di questi elementi ed i loro effetti sulla performance
dell’istituzione:
Figura 4 - Le componenti di una IMF (1)
Figura 5 - Le componenti di una IMF (2)
4.3.3 Le principali aree di attività delle IMF
Come si può notare dalle figure sopra, il complesso delle attività svolte all’interno di una IMF può essere racchiuso in tre principali “aree” : governance e strategie, operazioni, area finanziaria. Analizziamo sinteticamente il contenuto delle tre aree.
4.3.3.1 Governance e strategie
Per “Governance” si intende il complesso di decisioni che vengono prese dalla direzione di un’istituzione: il processo attraverso il quale si giunge alla decisione, gli attori coinvolti ed il modo in cui le decisioni vengono trasmesse ed applicate all’interno della struttura. Gli elementi che contribuiscono alla qualità della governance di una IMF sono i valori del management e del CdA, la storia dell’istituzione, la sua struttura legale, il ruolo degli organi direttivi, l’adeguatezza della struttura organizzativa al tipo di attività svolto. Particolare attenzione va riservata all’identificazione delle strategie formulate dall’istituzione ed alla coerenza di queste con la mission e gli obiettivi che l’istituzione si è posta. Deve inoltre esistere una buona coerenza tra le strategie ed i documenti di pianificazione finanziaria (business plan e budget) predisposti.
4.3.3.2 Operazioni
Nella seconda area di attività inseriamo per lo più elementi relativi al funzionamento interno dell’istituzione ed al complesso delle operazioni nei confronti dei clienti. I principali elementi presi in esame sono quindi la metodologia di credito adottata dall’istituzione e le caratteristiche dei prodotti offerti (prestito individuale o di gruppo, ammontare dei prestiti e modalità di rimborso, rispondenza dei prodotti offerti alle esigenze dei clienti…), le procedure operative (selezione e monitoraggio dei clienti, gestione del contante, procedure contabili ed audit interno), le caratteristiche del sistema informativo utilizzato (affidabilità del sistema, disponibilità di dati e di rapporti sintetici, livelli di sintesi delle informazioni fornite); lo staff ed incentivi (selezione e formazione dello staff, efficacia del sistema di incentivi), le caratteristiche della clientela (attività economica svolta, genere, concentrazione geografica…); la qualità del portafoglio crediti. Si noti come, nonostante la qualità del portafoglio crediti (cioè la percentuale di prestiti che presentano ritardi nel rimborso, divisi per fasce di ritardo) sia innegabilmente un indicatore di performance, e possa quindi essere inserita nell’area finanziaria, si è optato per il suo inserimento nella sezione “operazioni”; questa scelta è stata fatta in base alla sua stretta dipendenza dalle attività operative come si vedrà ra poco.
4.3.3.3 Area finanziaria
Quest’area racchiude i principali indicatori di performance dell’istituzione. L’analisi degli indicatori ci offre una rappresentazione fedele dell’istituzione come organismo che utilizza risorse per svolgere delle attività dalle quali deve trarre i mezzi per il proprio sostentamento. In altre parole, mentre le aree precedenti ci hanno permesso di conoscere valori, strategie ed attività svolte dall’istituzione, osservando l’IMF dal punto di vista degli indicatori si possono trarre indicazioni utili sulle recenti evoluzioni dell’istituzione e sulla sua capacità di “sopravvivere” nel tempo.
Gli indicatori principali riguardano la composizione di passivo e patrimonio (prestiti ricevuti e costo dei fondi, azionisti ed evoluzione del patrimonio), l’attivo (composizione, gestione della liquidità), i livelli di efficienza, produttività e redditività.
Di seguito una tabella riassuntiva delle principali aree di attività di una IMF e degli elementi base che le compongono.
Tabella 12 - Aree di attività di una IMF
Governance e strategie Operazioni Analisi finanziaria
Storia Metodologie e prodotti Analisi del passvio
Mission e valori Procedure operative Analisi dell’attivo
Struttura organizzativa Sistema informatico Indicatori di efficienza e produttività
Strategie Staff ed incentivi Indicatori di redditività
Analisi della clientela Potenziale di crescita futura
Analisi di portafoglio
4.3.4 Interazioni e connessioni tra le attività di una IMF ed i suoi risultati
Dopo aver dato un’idea del funzionamento di una IMF, delle attività svolte e di come esse possano essere utilmente suddivise in diverse aree, passiamo ad una discussione più approfondita delle relazioni esistenti tra elementi qualitativi e risultati finanziari di una IMF.
A tal fine, verranno ora analizzate le principali determinanti dei tre indicatori più importanti per una IMF: il rischio di portafoglio, l’efficienza operativa e la redditività. Si vuole in questo modo mostrare che gli obiettivi della direzione di una IMF, spesso espressi in termini di efficienza, redditività e rischio del portafoglio, non possono essere
conseguiti se non come risultato di strategie che tengano conto delle numerose connessioni esistenti tra le attività20.
4.3.4.1 Il rischio di portafoglio
L’indicatore universalmente utilizzato in microfinanza per misurare la qualità del portafoglio di una IMF è il Portfolio At Risk (PAR)>30 giorni, definito come l’ammontare complessivo dei prestiti attivi in un dato momento che presentano un ritardo di almeno 30 giorni nel rimborso di una o più quote. L’importanza del rischio di portafoglio per una istituzione di microfinanza è intuitiva se si considera che questo indicatore dà una misura (ponderata dalla probabilità) della percentuale dei prestiti concessi che non saranno restituiti. Con una certa approssimazione si può affermare che questo indicatore aiuta la IMF a capire quali saranno le sue future perdite su crediti. Di conseguenza un elevato rischio di portafoglio può compromettere seriamente il risultato d’esercizio di un’istituzione.
20 Per semplicità espositiva, la nostra analisi sarà limitata alle IMF che svolgono unicamente servizi di credito. Molte IMF affiancano al credito tradizionale, che rimane sempre l’attività principale, anche servizi di risparmio, credito al consumo ed altri servizi finanziari e non finanziari.
Supponiamo ora che i responsabili di una IMF vogliano ridurre il rischio di portafoglio della propria istituzione. Quali sono le variabili sulle quali intervenire?
Sicuramente la selezione iniziale dei clienti è la determinante principale del rischio di portafoglio. Se, infatti, l’istituzione riesce, grazie alla qualità delle sue procedure di selezione, a ritenere solo clienti poco rischiosi, il rischio di portafoglio sarà “fisiologicamente” basso. La qualità delle procedure di selezione dipende da alcuni fattori, tra i quali la formazione degli agenti di credito e l’esperienza degli stessi, ma anche la validità degli strumenti analitici a disposizione degli agenti (moduli, software specializzato, informazioni storiche provenienti dal sistema informativo dell’istituzione ecc.) ed il tempo che gli agenti dedicano alla valutazione di ogni cliente. Modificare uno di questi fattori può comportare per l’istituzione investimenti una tantum di entità anche cospicua (si pensi ad esempio alle procedure di formazione degli agenti di credito in una IMF con centinaia di dipendenti), oppure l’aumento stabile dei costi per l’istituzione (si pensi all’aumento dei costi del personale, in rapporto al volume di attività svolto, che deriverebbe dall’aumento del tempo da destinare alla selezione dei clienti). Prima di prendere una decisione, sarà opportuno confrontare i costi di eventuali modifiche alle procedure ed agli strumenti per la selezione dei clienti con i maggiori ricavi previsti grazie alla riduzione del rischio di portafoglio che ne dovrebbe derivare.
Le caratteristiche dei prodotti finanziari sono spesso sottovalutate, ma possono avere un effetto molto significativo sulla qualità del portafoglio. Il prodotto di credito offerto ad ogni cliente deve presentare caratteristiche tali da rispondere il più possibile alle esigenze ed al tipo di attività economica del cliente. L’ammontare del credito offerto e la frequenza delle rate di restituzione, possono mettere anche un “buon” cliente nelle condizioni di non essere capace di restituire il prestito, nonostante la sua attività economica goda di buona salute. Se si offre ad un cliente un prestito di ammontare superiore a quello che la dimensione della sua attività gli consente di gestire in sicurezza, può capitare che egli accetti il prestito perché non in grado di percepire il problema. In questa eventualità è estremamente probabile che l’ammontare delle rate da pagare sia troppo elevato, mettendo in difficoltà il cliente e causando dei ritardi nella restituzione. Anche la frequenza delle rate va determinata in funzione tipo di attività
svolta dal cliente: se il ciclo economico21 dell’attività è, ad esempio, di sei mesi, imporre
un prestito con rate mensili può essere rischioso in quanto il cliente potrebbe non avere la disponibilità dei fondi necessari a pagare le rate ogni mese, fondi che invece otterrà ogni sei mesi.
Le procedure di monitoraggio dei clienti costituiscono un’altra delle variabili fondamentali ai fini della riduzione del rischio di portafoglio. Con questo termine intendiamo l’insieme delle azioni compiute dagli agenti di credito per controllare i propri clienti, con l’obiettivo di limitare il più possibile il rischio di non restituzione. Tra queste azioni rientrano le visite frequenti ai clienti e la raccolta di informazioni presso la comunità di appartenenza degli stessi. Di particolare interesse sono le procedure nei confronti dei clienti in ritardo: l’evidenza empirica mostra che la tempestività dell’intervento degli agenti in caso di ritardo da parte di un cliente può, in alcuni casi, essere determinante per la risoluzione del problema. Alcune IMF adottano
21 Il ciclo economico è il periodo di tempo necessario affinché l’input di un’attività si trasformi in ouput. Per un artigiano il ciclo economico è il tempo necessario a produrre e vendere un’unità di prodotto, mentre per un commerciante è il tempo medio di permanenza dei prodotti all’interno del negozio (in questo caso si parla di rotazione del magazzino)
procedure che prevedono una visita dell’agente di credito già dopo due-tre ore di ritardo, e visite quotidiane fino al pagamento della rata.
La tipologia di clientela scelta può influire pesantemente sul rischio di portafoglio. Il livello di povertà dei clienti può costituire di per sé un rischio: il microcredito ha dimostrato dei limiti evidenti se applicato ad individui in stato di avanzata indigenza, a causa delle difficoltà che questi individui, occupati nella lotta per la sopravvivenza, incontrano nel gestire un’attività economica. Anche il tipo di attività svolta può aggravare il rischio di portafoglio: l’agricoltura, i cui risultati dipendono da molte variabili esterne, è l’attività più rischiosa da finanziare per una IMF, per questo motivo molte IMF cercano di diversificare il più possibile il proprio portafoglio. Anche la distanza geografica dei clienti può aggravare il rischio di portafoglio, aumentando i tempi e le risorse necessarie agli agenti di credito per mantenere un contatto con i clienti e ostacolando le procedure di monitoraggio.
Il sistema informativo utilizzato dall’istituzione ha un ruolo non secondario nella determinazione della qualità del portafoglio poichè è la principale fonte di informazioni per gli agenti di credito. Un sistema informativo di buona qualità dovrebbe permettere agli utenti di conoscere in tempo reale lo stato di ciascuno dei clienti dell’istituzione, nonché una serie di elaborazioni sui dati aggregati. E’ quindi evidente che un sistema informativo non affidabile che fornisce informazioni inesatte o incomplete, può modificare sostanzialmente tanto l’efficacia del lavoro degli agenti di credito quanto i processi decisionali della direzione dell’istituzione.
La retribuzione ed il sistema di incentivi allo staff devono essere considerati come variabili significative nella determinazione del rischio di portafoglio. In particolare il sistema retributivo degli agenti di credito agisce direttamente sulla qualità del lavoro svolto da questi. L’elevata discrezionalità che caratterizza il lavoro di un agente di credito rende altamente raccomandabile l’adozione di un sistema di incentivi che colleghi la retribuzione dell’agente al raggiungimento degli obiettivi fissati dall’istituzione. In alcune IMF la struttura del sistema di incentivi può far sì che un buon agente di credito arrivi a raddoppiare il suo salario base.
Naturalmente, perché il sistema sia efficace, è necessario che i parametri che lo definiscono influiscano direttamente sulle variabili che determinano il raggiungimento degli obiettivi della IMF. Nel caso del rischio di portafoglio, ad esempio, uno dei modi per raggiungere l’obiettivo di ridurre tale rischio potrà essere quello di collegare la retribuzione degli agenti di credito alla qualità del portafoglio da essi gestito. La qualità del portafoglio non può essere tuttavia l’unico parametro di riferimento di un sistema di incentivi: ad essa si affiancano generalmente altri parametri come il numero di nuovi crediti concessi ogni mese e la dimensione totale del portafoglio gestito. Questi parametri hanno la funzione di far rispettare all’agente gli obiettivi di crescita dell’istituzione.
In alcuni casi è possibile che un sistema di incentivi perda efficacia perché esiste una sorta di conflittualità tra i diversi parametri che definiscono l’incentivo mensile. Come abbiamo visto, le caratteristiche dei prodotti di credito, come l’ammontare del credito, possono influenzare la qualità del portafoglio. Un sistema di incentivi all’interno del quale gli obiettivi di crescita siano più importanti della qualità del portafoglio, potrebbe non avere gli effetti sperati in quanto gli agenti di credito, seppur sensibilizzati al contenimento del rischio di credito, saranno incentivati ad aumentare il più possibile l’ammontare dei prestiti concessi, aumentando così il proprio portafoglio e di conseguenza la propria retribuzione. Ciò potrebbe avere anche l’effetto di peggiorare la qualità del portafoglio.
La direzione di un’istituzione dovrà, prima di porre in essere tale sistema, tenere quindi in debito conto tutti gli effetti possibili di un sistema di incentivi e confrontarli con gli obiettivi che si vogliono raggiungere.
Abbiamo preso in esame alcune delle principali variabili che determinano il rischio di portafoglio di un’istituzione di microfinanza. Queste variabili e le loro interazioni dovranno essere tenute in seria considerazione al momento di stabilire le azioni concrete che una IMF dovrà porre in atto per ridurre il proprio rischio di portafoglio. Alcune di queste variabili possono essere modificate con costi ridotti per l’istituzione, mentre
altre invece comportano dei costi che, in alcuni casi, potrebbero essere tanto elevati da pregiudicare il raggiungimento degli obiettivi di efficienza e di redditività della IMF. Ne consegue l’esigenza di coordinare tra loro anche gli obiettivi generali e le risorse impegnate per il raggiungimento di tali obiettivi.
4.3.4.2 L’efficienza operativa
Tutte le istituzioni di microfinanza impostano nei loro piani strategici una serie di azioni e processi il cui obiettivo è l’aumento dell’efficienza operativa. Per efficienza operativa si intende il rapporto tra i costi collegati alle operazioni svolte dall’organizzazione nell’esercizio del credito ed i volumi di attività svolti. In sostanza, una IMF si considera efficiente quando riesce a svolgere elevati volumi di attività con bassi costi. Il principale indicatore del grado di efficienza operativa di una istituzione di microfinanza è l’indice delle spese operative, dato dal rapporto costi operativi/portafoglio prestiti medio22.
Questo indicatore fornisce un dato immediato ed affidabile sulla qualità del lavoro svolto dall’istituzione. Per dare un’idea di massima, un valore di tale indice superiore al 20% (il che significa che per ogni euro prestato l’istituzione spende più di 20 centesimi per costi operativi) indica una situazione di bassa efficienza, mentre un valore inferiore al 10% indica un elevato livello di efficienza. In generale le IMF di dimensioni maggiori presentano anche un buon livello di efficienza operativa perchè riescono a sfruttare i benefici delle economie di scala, che per una IMF si concretizzano di solito nel minor peso dei costi amministrativi in corrispondenza di elevati volumi di attività. La IMF è in questo caso in grado di “spalmare” alcuni costi fissi (si pensi all’affitto dei locali, ai computer, al sistema informativo, costi che dovrebbero essere sostenuti anche se la IMF avesse un solo cliente), su un numero molto grande di clienti e di conseguenza su un portafoglio maggiore.
Il raggiungimento di un buon livello di efficienza operativa è un obiettivo di primaria importanza in quanto ha un impatto diretto sulla sostenibilità e sulla redditività di un’istituzione di microfinanza. Come vedremo, la sostenibilità è la capacità di coprire i costi con i ricavi derivanti dall’attività svolta. Per una IMF che svolge unicamente attività di credito, il portafoglio crediti è l’unica fonte di ricavi che provengono sostanzialmente dagli interessi applicati sui prestiti concessi. Ora, è intuitivo che, a parità di tasso d’interesse, più è alto il costo che l’istituzione deve sostenere per ogni euro prestato, minore sarà la redditività dell’istituzione stessa. Una IMF inefficiente raramente riesce ad operare in condizioni di sostenibilità.
22 I costi operativi comprendono principalmente costi del personale e costi amministrativi. Non sono considerati invece in quest’indice i costi finanziari (cioè l’interesse pagato dalla IMF sui fondi presi a prestito) in quanto non dipendono direttamente dalla qualità del lavoro svolto dall’organizzazione. Il portafoglio medio è la media mensile del valore del portafoglio prestiti durante l’anno.
Andremo ora ad esaminare le azioni che possono permettere ad una IMF di aumentare il livello di efficienza delle sue operazioni e gli effetti che tali azioni possono avere sulla IMF.
Come detto, il numeratore dell’indice delle spese operative è costituito dai costi operativi, cioè costi del personale più costi amministrativi. Le IMF sono organizzazioni ad alta intensità di lavoro umano, di conseguenza i costi del personale costituiscono sempre una parte molto rilevante dei costi operativi. Una prima azione per aumentare l’efficienza operativa potrebbe quindi essere la riduzione del rapporto costi del personale/portafoglio. Come raggiungere tale obiettivo? Aumentando la produttività del personale, cioè riuscendo a far sì che lo stesso personale, pagato nello stesso modo, riesca a gestire un portafoglio crediti maggiore. Ciò si può ottenere in due modi: aumentando il numero di clienti gestiti da ogni agente o aumentando l’ammontare medio dei crediti concessi, a parità di clienti. Le due soluzioni prospettate possono però avere, per ragioni diverse, implicazioni alla nocive per la qualità del portafoglio della IMF. Aumentare il numero di clienti per agente significa aumentare la mole di lavoro dell’agente in generale: se l’agente di credito parte da una situazione iniziale di carico elevato di lavoro, aumentarlo potrebbe costringere l’agente a dedicare minore attenzione alla selezione e soprattutto al monitoraggio dei clienti, cosa che avrebbe un probabile effetto negativo sulla qualità del portafoglio. L’aumento della produttività degli agenti ottenuto attraverso il semplice aumento nel carico di lavoro può dunque essere una soluzione attuabile solo a condizione che gli agenti possano gestire tale aumento senza conseguenze rilevanti sul rischio di portafoglio.
D’altro canto, aumentando l’ammontare medio dei prestiti concessi non si aumenta il carico di lavoro degli agenti, e si ottiene il risultato voluto: l’aumento del portafoglio per agente. Oltre un certo ammontare del credito, però, si prospetta il rischio che l’agente, obbligato a raggiungere un certo volume di portafoglio, offra crediti di ammontare troppo elevato rispetto alle capacità reali dei clienti, con gli effetti che
abbiamo già visto. Inoltre, aumentare l’ammontare dei crediti concessi potrebbe causare problemi di coerenza con la mission dell’istituzione23.
Un modo per temperare gli eventuali effetti negativi sul rischio di portafoglio dell’aumento della produttività degli agenti è quello di agire contemporaneamente anche sulla metodologia di credito e sulle caratteristiche dei prodotti offerti, in modo da adattare le procedure all’aumento dei volumi. L’idea è ridurre ulteriormente le asimmetrie informative esistenti tra agenti di credito e clienti, sfruttando il “capitale” informativo accumulato. Come si è visto nel capitolo 1, alla base del microcredito c’è la riduzione dei costi di transazione ottenuta attraverso l’utilizzo di un certo capitale informativo in possesso di determinati soggetti. La metodologia di credito è sostanzialmente lo strumento che permette all’istituzione di microfinanza di utilizzare questo capitale informativo. Nel caso dell’aumento della produttività degli agenti, si può agire in modo analogo, modificando le metodologie e le caratteristiche dei prodotti nei casi in cui il capitale informativo sia aumentato nel tempo. Le modifiche a metodologie e prodotti si concentreranno quindi principalmente sui clienti che hanno dimostrato, restituendo senza ritardi significativi uno o più prestiti, di non costituire un rischio elevato per l’istituzione. A questi “buoni” clienti si proporrà quindi un prodotto di credito “preferenziale”, che consiste nella possibilità di ottenere un nuovo credito, una volta completata senza ritardi la restituzione del credito precedente, (magari di
23 L’ammontare medio del prestito concesso è considerato un indicatore abbastanza attendibile del livello di povertà dei clienti di un’istituzione: si assume infatti che maggiore è il livello di povertà del cliente, minore è il credito che questi sarà in grado di gestire. Aumentare l’ammontare dei prestiti potrebbe portare gli agenti, per evitare di accrescere il rischio di portafoglio, a selezionare clienti meno poveri, in grado di gestire prestiti maggiori con minore rischio, riducendo così l’impatto sociale dell’istituzione (possibilmente in conflitto con la mission che questa si è posta).
ammontare maggiore) in modo automatico, senza ulteriori analisi da parte dell’agente di credito. In questo modo, il portafoglio di ogni agente di credito comprenderà un certo numero di prestiti per i quali egli avrà svolto un lavoro minimo o nullo. L’agente potrà così dedicarsi alla selezione di nuovi clienti aumentando il proprio portafoglio (cioè la propria produttività) senza vedere crescere il carico di lavoro.
Naturalmente questo metodo può funzionare anche in modo inverso stabilendo, ad esempio, la soglia di ritardi oltre la quale un cliente non ha più diritto a ricevere un nuovo prestito dall’istituzione. L’obiettivo è, in questo caso, la riduzione delle risorse destinate al monitoraggio dei clienti in ritardo, escludendo automaticamente i clienti con un record negativo.
Ma tali modifiche alle metodologie di credito non potrebbero essere attuate senza una modifica corrispondente nelle procedure del sistema informativo utilizzato: deve essere predisposta una procedura che identifichi i “buoni” clienti ed i “cattivi” clienti, permettendo ai primi di accedere automaticamente ad un nuovo prestito, e mettendo i secondi in una “lista nera” che gli agenti possano consultare agevolmente in modo da evitare errori.
La descrizione del processo di adattamento interno necessario perché una IMF raggiunga un dato obiettivo potrebbe continuare, ma ciò che preme in questa sede è evidenziare la dimensione “organica” di una IMF, nella quale il raggiungimento di un certo obiettivo coinvolge, modificandole o adattandole, una serie di attività e procedure a loro volta interdipendenti.
Andremo ora ad analizzare le principali determinanti di quello che può essere considerato l’obiettivo strategico principale di molte delle IMF che hanno superato i primi anni di vita.
4.3.4.3 Sostenibilità e redditività
La sostenibilità economica di una IMF è la capacità dell’istituzione di coprire, con i ricavi, i costi derivanti dalle sue attività. Condizione necessaria e sufficiente perché si possa parlare di sostenibilità è quindi che il risultato d’esercizio (ricavi meno costi) non sia negativo. Si parla invece di redditività quando il risultato d’esercizio è positivo.
I ricavi per un’istituzione di microfinanza provengono fondamentalmente da interessi e commissioni applicati sui prestiti concessi. Ulteriori fonti di ricavi possono essere gli utili derivanti da eventuali investimenti (depositi ecc.), e gli interessi spettanti all’istituzione sul proprio conto corrente bancario. Una particolare categoria di ricavi sono le donazioni, sulle quali ci soffermeremo tra breve.
Esistono invece diverse tipologie di costi che una IMF deve sostenere. In sintesi, essi possono essere ricondotti a quattro categorie:
Costi operativi
A questa categoria si è già accennato nel paragrafo precedente. Includono i costi del personale (salari, contributi, assicurazioni ecc.) ed i costi amministrativi (locazioni, forniture, ammortamenti, consulenze e spese legali ecc).
Costi finanziari
Sono essenzialmente le spese relative ai fondi presi a prestito dall’istituzione. Includono gli interessi e commissioni pagate sui prestiti ricevuti, le spese bancarie per trasferimenti e gestione dei conti correnti e, per le IMF che raccolgono i depositi della clientela, gli interessi corrisposti ai clienti sui fondi depositati presso l’istituzione.
Accantonamenti per perdite su crediti
Si tratta di spese virtuali. In sostanza, l’istituzione stima, sulla base del rischio di portafoglio attuale, che in futuro dovrà subire delle perdite dovute a prestiti non restituiti24. A coperture di tali perdite presunte si crea una riserva per perdite su crediti. Le spese di accantonamento sono l’ammontare che l’istituzione ha deciso di
aggiungere alla riserva durante l’anno in corso, per adeguare il livello delle riserve al rischio attuale del portafoglio.
Spese straordinarie
Sono le spese che, per le loro caratteristiche, si manifestano in modo incostante ed imprevedibile. Per le istituzioni di microfinanza si tratta di solito delle perdite legate ad eventi climatici straordinari come alluvioni, siccità, uragani.
La sostenibilità economica è un obiettivo di primaria importanza per una istituzione di microfinanza in quanto essa permette all’istituzione di poter operare in autonomia, indipendentemente da interventi esterni, ed assicura un orizzonte temporale per le sue attività.
E’ però opportuno fare alcune precisazioni sul ruolo delle donazioni e dei sussidi nella determinazione della sostenibilità delle istituzioni di microfinanza.
Si parla di donazione quando un’organizzazione riceve dei fondi (o dei beni, nel qual caso si parla di donazione in natura) senza obbligo di restituzione. Ma che possono avere vincoli sull’uso che l’istituzione dovrà fare della donazione.
Un sussidio è invece la riduzione di un costo che l’istituzione dovrebbe pagare. Il classico esempio di sussidio è costituito dai prestiti a tasso agevolato, cioè fondi per i quali l’istituzione paga un tasso d’interesse inferiore al normale. Il sussidio è la differenza tra il tasso che l’istituzione avrebbe dovuto pagare (detto tasso di mercato) ed il tasso effettivamente pagato.
Nel bilancio di un’istituzione di microfinanza le donazioni sono spesso registrate come ricavi d’esercizio, concorrono quindi alla determinazione del risultato d’esercizio. Se il nostro fine è capire se una IMF è capace di operare in autonomia, coprendo i propri costi con i ricavi delle attività svolte senza interventi esterni, la presenza di donazioni può però risultare fuorviante. Per questo motivo ai fini della valutazione della sostenibilità i ricavi da donazioni vengono sottratti dai ricavi totali dell’esercizio, ottenendo un risultato d’esercizio al netto delle donazioni.
24 Il processo presenta una certa complessità: si suddivide il portafoglio che presenta ritardi in fasce di ritardo (meno di 30 giorni, 30-60 giorni, 60-90 giorni ecc.) e si decide, per ogni fascia, qual è la percentuale da accantonare. Naturalmente, ai crediti con ritardo maggiore, considerati più rischiosi, corrisponderà un maggiore accantonamento. In molti paesi sono le istituzioni che regolano il settore finanziario ad imporre le modalità di accantonamento alle istituzioni finanziarie.
Per i sussidi ricevuti sotto forma di prestiti a tasso agevolato, il discorso è abbastanza complesso e di interpretazione non univoca: basti sapere che, ad un livello più approfondito di analisi finanziaria, il risultato d’esercizio viene “aggiustato” per tener conto di alcuni fattori tra i quali anche il costo di mercato dei fondi.
Quindi, sintetizzando, possiamo affermare che la sostenibilità (ed a maggior ragione la redditività) è la condizione fondamentale perché un’istituzione possa continuare ad operare nel tempo senza beneficiare di aiuti esterni.
Durante tutti gli anni ’90 si è assistito, tra gli “addetti ai lavori” della microfinanza, ad un interessante dibattito riguardante proprio la sostenibilità e la redditività delle IMF. Al centro di tale dibattito si trovava la concezione stessa delle istituzioni di microfinanza che erano viste da alcuni come dei programmi di sviluppo economico, e quindi assolutamente svincolati da obiettivi di sostenibilità e redditività, avendo come obiettivo principale il massimo impatto possibile sulle condizioni di vita dei propri beneficiari.
L’altra posizione, portata avanti tra gli altri anche dalla Banca Mondiale, vedeva le IMF come delle vere e proprie istituzioni finanziarie, caratterizzate da una clientela più povera di quella normalmente servita dalle banche tradizionali e mirava alla creazione di un nuovo settore finanziario, diffuso su scala mondiale, destinato alla clientela più povera. In quest’ottica, che si è ormai affermata all’interno della comunità internazionale dei donatori e dei finanziatori, sostenibilità e redditività sono viste come condizioni necessarie per l’esistenza delle istituzioni e per l’ingresso degli investitori privati nel settore che, attratti dai buoni rendimenti, apporterebbero i capitali necessari alla crescita dell’intero settore.
Non è questa la sede per un approfondimento delle conseguenze che l’affermarsi di tale visione ha avuto sulle strategie delle IMF e sulle condizioni di vita dei clienti. Ci limiteremo a dire che la sostenibilità è diventata l’obiettivo principale per la grande maggioranza delle IMF, nonché la condizione principale per poter ottenere fondi sotto forma di prestiti.
Ma quali sono gli indicatori che ci aiutano a determinare se un’istituzione di microfinanza è sostenibile?
In realtà ne esistono diversi. Ne segnaliamo due che hanno il pregio di essere altamente affidabili e di facile comprensione: il rendimento dell’attivo (ROA, dall’inglese Return On Assets) e l’autosufficienza operativa.
Rendimento dell’attivo
Il ROA è il rapporto tra il risultato d’esercizio (al netto delle donazioni) e la media mensile dell’attivo di bilancio. In sostanza questo indicatore ci dice qual è il rendimento medio degli investimenti effettuati dall’istituzione. Un ROA del 5%, ad esempio, ci dice che ogni euro utilizzato dall’istituzione rende in media 5 centesimi. Si noti che al denominatore di questo indice abbiamo l’attivo totale dell’istituzione, che comprende il portafoglio prestiti (che ha un rendimento molto superiore al 5%), ma anche gli edifici ed altri beni di proprietà dell’istituzione (che hanno rendimento minimo o nullo) nonché gli eventuali investimenti effettuati. Perché l’istituzione sia sostenibile, il ROA deve essere uguale o maggiore di zero. Perché l’istituzione possa essere considerata come un buon investimento da parte dei potenziali investitori, il ROA deve assumere (ma il livello varia enormemente tra le diverse zone geografiche) un valore pari almeno al 10- 15%. Un ROA negativo, naturalmente, significa che l’istituzione è in perdita.
Autosufficienza operativa
L’autosufficienza operativa è il rapporto tra i ricavi ottenuti dall’istituzione (tranne le donazioni) e tutte le spese non straordinarie (cioè costi operativi, costi finanziari ed accantonamenti). Questo indicatore misura la capacità dell’istituzione di coprire i costi derivanti dalle operazioni svolte con i ricavi ad esse corrispondenti. La sostenibilità è raggiunta quando l’autosufficienza operativa è pari al 100%. Un’autosufficienza operativa inferiore a 100% indica una situazione di non completa sostenibilità e ad essa corrisponde, tranne per i casi in cui esistono rilevanti ricavi straordinari, un risultato di esercizio negativo.
Una volta definito il significato di sostenibilità e redditività ed individuati i principali indicatori per la loro misurazione, esaminiamo le principali variabili che influiscono sul grado di redditività di un’istituzione di microfinanza (la sostenibilità può essere considerata come una situazione di redditività nulla, così come la non sostenibilità può essere considerata una situazione di redditività negativa). A tal fine, ci porremo la solita domanda: quali decisioni dovrà prendere, su quali variabili dovrà agire la direzione di una IMF che abbia l’obiettivo di conseguire una redditività positiva?
Come abbiamo detto, la sostenibilità è una condizione di equilibrio tra i ricavi ed i costi sostenuti dall’istituzione. I ricavi dipendono in massima parte dal tasso d’interesse praticato sui prestiti, di cui discuteremo alla fine; passiamo quindi ad esaminare le tipologie di costo e le strategie per poterli ridurre.
Costi operativi
Le determinanti dei costi operativi sono state discusse nel paragrafo dedicato all’efficienza operativa. Abbiamo visto che un modo efficace per ridurre il rapporto costi operativi/portafoglio crediti è quello di aumentare la produttività del personale, aumentando il carico di lavoro assegnato ad ogni agente di credito o aumentando l’ammontare medio dei prestiti concessi. Abbiamo visto anche che tali misure possono comportare alcuni effetti negativi sulla qualità del portafoglio, effetti che possono essere mitigati agendo contemporaneamente sulla metodologia di credito e sulle caratteristiche dei prodotti di credito. L’aumento dell’efficienza operativa, riducendo il costo associato ad ogni unità di moneta prestata, ha un effetto positivo diretto sulla redditività.
Parallelamente al ragionamento sull’aumento di produttività, l’istituzione deve anche svolgere un’analisi approfondita della struttura dei costi operativi, in modo da identificare le possibilità di riduzioni di tali costi. In particolare, si dovrà esaminare l’efficacia ed il costo del sistema di retribuzione degli agenti di credito e la coerenza tra struttura organizzativa esistente ed il volume e la complessità delle attività svolte dall’istituzione, per individuare potenziali tagli ai costi amministrativi. Infine, come abbiamo visto nei paragrafi precedenti le decisioni strategiche riguardanti il tipo di clientela servita e le zone geografiche nelle quali operare possono influenzare fortemente i costi operativi.
Accantonamenti per perdite su crediti
Le spese relative agli accantonamenti per perdite su crediti sono direttamente correlate al grado di rischio del portafoglio crediti, come è facile osservare. Di conseguenza, la riduzione di tali costi passa necessariamente attraverso il miglioramento della qualità del portafoglio, che abbiamo visto dipendere da molteplici fattori.
La politica di accantonamento può variare notevolmente da istituzione ad istituzione. In linea di massima, alle istituzioni sottoposte a regolamentazione viene imposta una
politica di accantonamento minima, che risponde ai criteri prudenziali adottati dagli organismi deputati alla sorveglianza delle istituzioni finanziarie. Le IMF che non devono rispettare nessuna politica di accantonamento a causa del loro status giuridico o per mancanza di una regolamentazione specifica, , sono libere di adottarne una che risponda ai propri criteri. In questi casi non è raro osservare con un’analisi approfondita dei dati finanziari, che un risultato d’esercizio positivo è in realtà dovuto all’inadeguatezza delle riserve costituite rispetto al rischio di portafoglio. In sostanza, l’istituzione non tiene conto delle future perdite su crediti e non costituisce le corrispondenti riserve. Quando le suddette perdite si verificheranno, però, le riserve non saranno sufficienti a coprirle, e la IMF potrebbe far registrare risultati d’esercizio negativi. Lo scopo delle riserve è appunto quello di controllare il rischio di portafoglio, “mettendo in conto” con largo anticipo le perdite su crediti, presentando così un bilancio in cui il risultato d’esercizio sia veritiero, e l’incertezza dovuta al rischio di credito sia ridotta al minimo.
Costi finanziari
I costi finanziari sono, come detto, i costi relativi ai fondi che la IMF ha preso in prestito per i quali paga degli interessi. I fattori che determinano il costo dei fondi prestati ad una IMF sono molteplici e dipendono solo in parte dall’istituzione. Tra i
fattori “esterni”, il più rilevante è la situazione macroeconomica del Paese in cui opera la IMF, che determina il livello del tasso di sconto praticato dalla banca centrale. Il tasso di sconto costituisce la “base” del tasso d’interesse praticato all’istituzione; al tasso di sconto si aggiungono poi varie maggiorazioni, che dipendono dal numero e dal tipo di soggetti intermediari. Il tasso di sconto (detto anche “costo del denaro”) può variare
molto da paese a paese: per avere un’idea, si immagini che in Europa e negli USA questo tasso si è mantenuto nel periodo 2001-2003 al di sotto del 3%, mentre ad esempio in Brasile il tasso di sconto è stato regolarmente superiore al 10%.
Un altro fattore importante, che entra in gioco quando il prestito è concesso in divisa estera (dollaro americano o euro), è la svalutazione della moneta nazionale rispetto alla moneta internazionale. Immaginiamo che un prestito venga emesso in dollari americani. La IMF deve convertire i fondi ricevuti in moneta locale per poter emettere a sua volta prestiti ai propri clienti. Allo scadere di ogni rata di restituzione, la IMF dovrà riconvertire un certo ammontare di moneta locale in dollari, da inviare all’organismo creditore. Ebbene, se nel frattempo la moneta locale si è svalutata rispetto al dollaro, la IMF dovrà convertire un ammontare maggiore di quello previsto per ottenere la quantità di dollari stabilita. Ciò fa si che in caso di svalutazione della moneta locale, il tasso di svalutazione diventa un costo vero e proprio per la IMF, che si somma al tasso d’interesse stabilito. In alcuni casi, la portata di questo fenomeno è tanto grave da rendere impossibile la restituzione del prestito.
Ai fattori “esterni” si aggiunge la situazione economica dell’istituzione: le IMF che presentano rischio minore (cioè quelle con una buona qualità del portafoglio e con un certo livello di redditività) otterranno probabilmente migliori condizioni rispetto alle IMF più rischiose.
I costi finanziari dipendono però anche dalla capacità dell’istituzione di stabilire relazioni privilegiate con Organizzazioni locali ed internazionali, in grado di prestare fondi a tasso ridotto o nullo.
In sintesi, quindi, le strategie a disposizione di una IMF per ridurre i costi finanziari sono: aumentare il proprio potere contrattuale nei confronti del creditore, attraverso la riduzione del rischio di portafoglio ed il conseguimento della sostenibilità economica; stabilire relazioni istituzionali stabili, che diano accesso a fondi agevolati; cercare di coprirsi rispetto ai rischi cambiari quando le condizioni macroeconomiche lo richiedano, stipulando contratti che prevedano la condivisione di tale rischio tra le parti.
Tasso d’interesse
Il tasso d’interesse relativo ai prestiti emessi è la fonte principale di ricavi per ogni istituzione di microfinanza.
In prima approssimazione, per conseguire la sostenibilità economica il tasso d’interesse deve essere fissato ad un livello tale da permettere all’istituzione di coprire i costi operativi, finanziari, e di accantonamento per perdite su crediti.
In linea di massima, per l’istituzione è più conveniente ragionare in termini di ricavi totali da conseguire durante l’anno che saranno successivamente suddivisi tra ricavi da interessi, ricavi da commissioni ed altre spese per i clienti, eventuali ricavi da investimenti. Stabiliti i ricavi da interessi e commissioni, si potranno definire le
caratteristiche dei singoli prodotti finanziari offerti (tasso d’interesse, commissioni, frequenza rate ecc.). Naturalmente, la determinazione dei ricavi totali da conseguire durante l’anno si baserà sulle previsioni di spesa che dipenderanno dai volumi d’attività previsti (numero di clienti, crescita del portafoglio, finanziamenti disponibili ecc.) dall’istituzione. Da qui nasce l’esigenza di condurre un serio processo di analisi interno all’istituzione, che dovrà coinvolgere il maggior numero di attori possibile e che avrà come risultato la formulazione del budget (conto economico previsionale) d’esercizio. La fissazione del tasso d’interesse sui prodotti di credito ha però una serie di implicazioni indipendenti dalla copertura dei costi della IMF. Tali implicazioni, discusse nel dettaglio nel capitolo 1 (paragrafo 0)riguardano la relazione esistente tra tasso d’interesse e qualità del portafoglio di una IMF. E’ necessario determinare il più precisamente possibile il rendimento delle varie tipologie di attività economiche svolte dai clienti obiettivo dell’istituzione, in modo da assicurarsi che il livello del tasso d’interesse scelto non renda troppo difficile o poco conveniente la restituzione del
prestito da parte dei clienti, cosa che avrebbe come effetto immediato il peggioramento della qualità del portafoglio dell’istituzione.
Si vede quindi come la fissazione di un tasso d’interesse che assicuri la sostenibilità all’istituzione possa richiedere, in alcuni casi, un cambiamento nel tipo di target. In sostanza, bisognerà rivolgersi ad una clientela che svolga attività più redditizie. La fissazione di un tasso d’interesse sostenibile è tra le cause che hanno portato le IMF a ridurre considerevolmente i finanziamenti all’agricoltura, spostandosi verso settori più redditizi come il commercio e l’artigianato.
In conclusione, possiamo affermare che gli aspetti gestionali sui quali una IMF può intervenire per raggiungere i propri obiettivi sono molteplici e devono essere considerati sia individualmente che nelle reciproche correlazioni. L’obiettivo della sostenibilità economica, necessaria perché la IMF possa continuare ad operare nel tempo senza dipendere da aiuti esterni, deve essere conseguito come risultato di un processo complesso, di cui abbiamo analizzato due fasi importanti: il miglioramento della qualità del portafoglio e l’aumento dell’efficienza operativa. Questo processo non si riduce però alle due fasi analizzate ma deve comprendere tutte le attività che permettono ad una IMF, organismo operante in ambienti mutevoli ed esposto a rischi considerevoli, di gestire tali rischi e verificare continuamente le proprie capacità operative.
4.4 Le reti di istituzioni di microfinanza
Una Rete di Istituzioni di Microfinanza è un organismo composto da un insieme di Istituzioni di Microfinanza che opera allo scopo di fornire un supporto di tipo finanziario, organizzativo e/o tecnico alle singole istituzioni che lo compongono, generalmente caratterizzate da un team di lavoro limitato o da capacità tecniche non sufficientemente adeguate.
Le Reti di Istituzioni di Microfinanza svolgono un ruolo determinante nello sviluppo delle Istituzioni socie e nella loro visibilità di fronte all’opinione pubblica, al potere politico ed al sistema bancario tradizionale.
La creazione di Reti di Istituzioni di Microfinanza sono una risposta alla necessità di trovare un punto di riferimento in cui le diverse realtà che operano nell’ambito della microfinanza, possano confrontarsi e lavorare insieme per la creazione di strumenti finanziari e di politiche adeguate che rispondano alle loro necessità. Rispetto alle singole istituzioni membri, le reti cercano di fornire sostegno mettendo a disposizione fondi finanziari, favorendo lo sviluppo di buone prassi, lo scambio di esperienze e di know- how maturati nel corso degli anni tra i membri della rete stessa, fornendo assistenza tecnica nelle diverse fasi di realizzazione dei progetti, migliorando la formazione degli operatori e/o definendo le strategie operative.
Esistono diverse tipologie di Reti di Istituzioni di Microfinanza, ciascuna con le proprie peculiarità e obiettivi da perseguire; troviamo, ad esempio: le Reti di Istituzioni di Microfinanza a livello locale, che coinvolgono organismi locali, regionali o di livello nazionale; le Reti di Istituzioni di Microfinanza a livello internazionale, a cui partecipano organismi di più ampia dimensione, attivi a livello internazionale o organismi nazionali di diverse paesi, che interagiscono insieme in un quadro di cooperazione per la realizzazione di progetti di sviluppo; le, Reti di Istituzioni di Microfinanza incentrate nella fornitura di servizi finanziari; le Reti di Istituzioni di Microfinanza incentrate solamente in servizi non-finanziari ed altre ancora che
forniscono sia i servizi finanziari che non finanziari.
4.4.1 Obiettivi perseguiti da una Rete di Istituzioni di Microfinanza
Gli obiettivi che una Rete di Istituzioni di Microfinanza persegue dipendono dalla mission delle singole istituzioni di microfinanza (IMF) che la compongono. Tuttavia, alcuni obiettivi generali sono comuni alle diverse Reti:
1. diffondere l’accesso al sistema economico agli individui che ne sono esclusi: minoranze etniche, poveri o svantaggiati ed emarginati sociali;
2. fornire ai propri membri gli strumenti necessari per lo svolgimento delle proprie attività e il perseguimento degli specifici obiettivi;
3. aumentare il livello di conoscenza e professionalità dei propri membri;
4. aumentare la visibilità delle IMF;
5. aumentare il potere delle IMF all’interno del mercato finanziario tradizionale;
4.4.2 Servizi forniti
I servizi forniti dalle diverse Reti di Istituzioni di Microfinanza dipendono dagli obiettivi e dalle caratteristiche delle istituzioni partecipanti. Alcuni tra i principali servizi offerti sono:
1. Assistenza tecnica
2. Corsi di formazione per gli operatori delle istituzioni associate alla rete
3. Approvvigionamento di risorse finanziarie a basso costo e/o garanzie
4. Monitoraggio
5. Servizi di Benchmark
6. Servizi di valutazione
7. Interscambio di conoscenze e informazioni fra gli associati
8. Servizi di consulenza
4.4.3 Casi Studio: Reti Locali di Istituzioni di Microfinanza e Reti Internazionali di Istituzioni di Microfinanza
All’inizio del paragrafo si è accennato all’esistenza di diverse tipologie di Reti di Istituzioni di Microfinanza; la molteplicità delle tipologie dipende dal fatto che le
caratteristiche di una rete sono strettamente collegate alle tipologie delle istituzioni che la compongono ed inoltre dal fatto che si possono classificare sulla base delle
caratteristiche che si prendono in considerazione.
Si possono, ad esempio, distinguere reti a seconda della loro influenza geografica, delle attività svolte, della loro funzionalità, ecc.
La distinzione presa in esame in questo testo è la distinzione basata sull’influenza territoriale della rete che implica, quindi, una distinzione tra rete locale e rete globale.
Una Rete di Istituzioni di Microfinanza si definisce locale quando i membri che la compongono appartengono tutti ad un territorio circostanziato e gli obiettivi dei membri e della rete stessa sono focalizzati sul territorio in cui sono insediati.
Una Rete di Istituzioni di Microfinanza si definisce globale quando i membri che la compongono appartengono a diverse nazioni e diversi continenti e gli obiettivi perseguiti si estendono a tutti i beneficiari delle attività delle istituzioni di microfinanza, indipendentemente dal luogo in cui gli stessi sono insediati.
La rete locale di cui seguirà il caso studio è la Réseau des Caisses Populaires du Burkina (RCPB26), la rete internazionale che si prenderà in esame è la rete Women’s World Banking (WWB)27.
26 Tutte le informazioni relative alla Réseau des Caisses Populaires du Burkina sono state tratte dal ‘Rapport d’évaluation technique annuelle (2002 – 2003) de la mise en oeuvre du Plan de redressement de l’URCPSO’, a cura di Daniela Luppi e Filippo Vettorato, collaboratori del Consorzio Etimos.
27 La WWB è una banca che, in collaborazione con le proprie istituzioni socie, opera a favore delle donne svantaggiate
di tutto il mondo per poter loro offrire i servizi finanziari necessari ad avviare un’ attività economica capace di contribuire al miglioramento della propria condizione di vita e quella dei propri familiari.
4.4.3.1 Rete Locale: Réseau des Caisses Populaires du Burkina
La rete di istituzioni finanziarie Réseau des Caisses Populaires du Burkina (RCPB) è una cooperativa costituita da diverse tipologie di istituzioni finanziarie, operante a livello nazionale in Burkina Faso: la sua formalizzazione è stata il risultato di un lungo processo iniziato nel 1992.
La rete è strutturata gerarchicamente in tre livelli differenti: le Caisses Populaires, le Unions Régionales e la Fédération che lavorano con obiettivi e compiti diversi ma nel rispetto della filosofia di cooperazione e mutualità che stanno alla base della rete.
Nel dettaglio, i membri che compongono la RCPB sono:
- le Caisses Populaires: le casse popolari compongono la struttura di base della rete di istituzioni finanziarie RCPB. Raccolgono i risparmi dei propri membri per ridistribuirli sotto forma di crediti con lo scopo di incentivare lo sviluppo locale. Le casse popolari hanno un raggio d’azione di circa km 15.
- Le Unions Régionales: le Unioni Regionali sono composte dalle Caisses Populaires che rientrano nel loro raggio di copertura territoriale, e a cui forniscono assistenza tecnica, formazione e gestione del surplus della liquidità. Le Unioni Regionali hanno il compito di promuovere e sviluppare nuove Casse Popolari per uno sviluppo finanziario regionale.
L’Unione Regionale ha un raggio di azione di circa km 100.
- La Fédération: la Federazione, l’unione di tutte le Unions Régionales, è la rappresentazione nazionale della RCPB, incaricata della sorveglianza finanziaria, dello sviluppo degli strumenti di gestione, delle procedure e delle politiche operative, della definizione delle linee di orientamento e della promozione delle casse popolari all’interno di zone inesplorate.
La Federazione si occupa del supporto a carattere nazionale.
La RCPB, al 31 dicembre 2001, era composta da:
- 4 unioni regionali e 90 casse popolari presenti in 38 delle 45 province del Burkina Faso (tale caratteristica conferisce una capacità operativa a livello nazionale);
- 257.877 membri di cui il 24% donne;
- 13,65 miliardi di FCFA28 di depositi;
- 9,96 miliardi di FCFA di crediti.
L’influenza e l’importanza a livello nazionale della RCPB si rilevano anche dai risultati di uno studio condotto dal Ministero dell’Agricoltura, dell’Idraulica e delle Risorse Alieutiche del Burkina Faso condotto nel primo semestre del 200229 sui sistemi finanziari attivi nel paese. Tale studio ha messo in evidenza che la RCPB rappresenta più
del 60% del mercato coperto dalle istituzioni di microfinanza e che, pur essendoci due reti di IMF di livello nazionale31, la RCPB è comunque la più importante. Lo studio ha anche rilevato che il 48%32 delle istituzioni di microfinanza del Burkina Faso è membro della RCPB che, pur essendo capillarmente sviluppata in gran parte del territorio, raccoglie gran parte del risparmio, circa il 40% totale, attraverso le Caisses presenti nelle due principali città del Burkina Faso: Ouagadougou e Bobo-Dioulasso.
28 Il cambio Euro/FCFA è di 655,957.
29Ministère de l’Agriculture, de l’Hydraulique et des Ressources Halieutiques – Plan d’Action pour le Financement du Monde Rural – Cellule de Gestion, Resume actualise du Plan d’Action pour le financement du monde rural, Giugno 2002.
31 L’altra rete di livello nazionale presente in Burkina Faso è il FAARF.
32 Dato aggiornato al 31/12
Obiettivi perseguiti dalla RCPB
Gli scopi della rete nazionale RCPB sono i seguenti:
- Promuovere e sviluppare le cooperative (caisses) di risparmio e credito in tutto il territorio del Burkina Faso, in particolar modo in quelle aree in cui ancora
l’attività finanziaria non è presente;
- Mobilitare il risparmio locale per incentivare il finanziamento dello sviluppo locale;
- Lottare contro la pratica dell’usura attraverso la costituzione di diverse strutture finanziarie decentralizzate e accessibili a tutti;
- Sensibilizzare la popolazione verso tali strutture finanziarie;
- Sviluppare campagne di sensibilizzazione sanitaria a favore di donne e bambini;
- Incentivare le donne all’avvio di una propria attività economica.
Servizi Forniti dalla RCPB
La RCPB cerca di ottemperare agli impegni assunti nei confronti delle casse e delle unioni, attivandosi per: i) la mobilitazione del risparmio locale; ii) lo sviluppo delle cooperative di risparmio e di credito;iii) la promozione di servizi finanziari accessibili e adatti agli individui che sono esclusi dal circuito bancario tradizionale. Fornisce consulenza amministrativa ai propri membri, organizza corsi di specializzazione per lo staff che opera all’interno delle istituzioni della rete, aiuta i membri nelle scelte politiche di sviluppo e nella gestione della liquidità secondo dei principi di gestione democratica basati su regole e principi di cooperazione e nel rispetto della persona.
Storia della Formazione della RCPB
Il Réseau des Caisses Populaires du Burkina è il risultato finale di un lungo processo evolutivo iniziato nel 1972 con la formazione delle prime Caisses Populaires ispirate dall’esempio delle Crédits Unions del Ghana e sotto la spinta e l’appoggio del Développement International Desjardins del Canada (al tempo conosciuto con il nome di CIDR-Canada) che era già presente nella regione Bougouriba.
La scelta di questa regione da parte dell’organizzazione canadese è probabilmente da imputare all’interesse che i colonizzatori avevano da lungo tempo per la zona in questione, molto fertile per la coltivazione dell’arachide e del cotone. D’altro canto però, questa regione presentava diverse problematiche, sia dal punto di vista della
penetrazione del territorio a causa della presenza di poche vie accessibili praticabili, sia dal punto di vista della composizione etnica. Malgrado lo scetticismo iniziale, e in seguito all’invio dei primi cooperanti nella regione da parte del CIDR-Canada, le prime Caisses Populaires hanno iniziato a formarsi.
Il termine Caisse Populaire è la denominazione sociale che è stata prescelta dai membri per “battezzare” le loro Cooperative di Risparmio e di Credito.
Già nel 1976 ben 7 Caisses erano operative e nello stesso anno decisero di fondare una struttura che le coordinasse e le rappresentasse: nacque così l’Union Régionale des Caisses Populaires du Poni et de la Bougouriba (URCPB), che è divenuta, in seguito, l’Union Régionale des Caisses Populaires du Sud-Ouest (URCPSO), di cui si
descriveranno i particolari in seguito.
L’URCPB sviluppò, soprattutto dopo il 1981, alcuni servizi di gestione finanziaria, di assistenza tecnica e di formazione disponibile e accessibile a tutte le Caisses Populaires membri.
Nel 1984 l’URCPB contava 11 Caisses Populaires per un totale di 10.000 membri e 190 milioni di FCFA in risparmi.
L’esperienza delle Caisses Populaires del Bougouriba, nonostante le difficoltà che incontrarono nell’investimento di risparmi e nel recupero dei crediti, suscitò l’interesse
di numerosi gruppi che iniziarono a diffondere il sistema nei territori ancora privi del servizio delle Caisses.
A partire dal 1982 il CIDR canadese, in collaborazione con altri organismi, cercò di sviluppare nuovi studi e ricerche che permettessero lo sviluppo di nuove Caisses Populaires; questo lavoro portò alla preparazione e al successivo riconoscimento di una legge quadro (Legge Quadro n 083-21/CSP/PRESS del 13 maggio 1983) che riconobbe alle Caisses il carattere specifico di Cooperative.
Questa atmosfera di fiducia e di collaborazione ha consolidato e sviluppato le capacità della rete URCPB tanto da portare alla creazione di altre reti regionali nel 1991. Sin dall’inizio queste unioni regionali si avvicinarono l’una all’altra per il consolidamento e la creazione di una Federazione Nazionale più forte e solidale denominata “Réseau des Caisses Populaires du Burkina” (1992).
La Filosofia Cooperativa della RCPB
La gestione delle Caisses Populaires, gli strumenti utilizzati ed i risultati ottenuti sono stati concepiti in funzione di una filosofia cooperativa che ha caratterizzato il lavoro della RCPB fin dal principio. Tale filosofia si caratterizza per essere:
1. fortemente ispirata alle Caisses Populaires Desjardins del Canada;
2. basata sui principi fondamentali del concetto di Cooperativa:
- libertà di adesione;
- apertura ad un numero illimitato di membri;
- validità del principio “una testa un voto”, per cui ogni membro ha lo stesso peso decisionale indipendentemente dal numero di quote associative detenute;
- obbligo della costituzione di riserve monetarie generali alla fine di ciascun esercizio finanziario;
- educazione economica e sociale dei membri all’interno delle attività della Cooperativa.
3. ampliamente aperta all’autopromozione;
4. basata sul principio fondamentale che non si può “sviluppare il sociale” se non si “sviluppa l’economia”, principio che implica che la risoluzione dei problemi sociali parte dall’accumulare adeguate risorse finanziarie;
5. focalizzata sul profitto finanziario delle Caisses Populaires e delle Unions Régionales.
Perché siano rispettati i principi ed i valori alla base della filosofia di cooperazione precedentemente descritta e le risorse acquisite e l’organizzazione del lavoro siano più efficaci ed efficienti, la rete nazionale ha mantenuto i seguenti principi di azione:
- ripartizione delle responsabilità generali e di gestione della Rete Nazionale tra le tre diverse categorie di istituzioni che la compongono: le Caisses Populaires, les Unions Régionales e la Fédération;
- progressivo miglioramento negli anni degli strumenti di gestione, per garantire uno standard minimo di professionalità negli interventi. A titolo d’esempio, inizialmente le Caisses impiegavano dai 10 ai 15 anni per arrivare alla sostenibilità, in seguito sono passati dai 10 ai 5 anni per le Caisses insediate in zone rurali e dai 10 ai 3 anni per le Caisses ubicate in zone urbane;
- organizzazione di un servizio apposito per la formazione professionale degli impiegati e dei dirigenti delle Caisses;
4.4.3.2 Union Régionale des Caisses Populaires du Sud-Ouest
Il caso studio prosegue più nel dettaglio con l’analisi di una singola Unione Regionale per capirne la sua funzionalità rispetto ai suoi obiettivi.
L’Union Régionale des Caisses Populaires du Sud-Ouest (URCPSO) si presenta oggi33
come l’unione di 19 Caisses Populaires.
L’URCPSO lavora nela zona a Sud Ovest del Paese dove il terreno è favorevole alla produzione agricola di arachidi e cotone e per il fatto di essere una delle regioni più sottosviluppate del Paese.
Date le peculiarità determinate dalla sua localizzazione geografica e dalle divergenze nella organizzazione e nella gestione delle Caisses, l’URCPSO decise di continuare la propria attività autonomamente, indipendentemente dalle altre Unioni del Burkina, uscendo dalla RCPB.
La decisione di continuare il proprio cammino autonomamente non ha però portato i frutti desiderati; l’URCPSO ha incontrato grosse difficoltà di sopravvivenza negli anni, fino ad arrivare agli inizi del 2000 al fallimento totale.
Data l’importanza economica della zona Sud Ovest, il Ministero dell’Economia e delle Finanze del Burkina Faso, in collaborazione con la FCPB e con l’appoggio finanziario dell’Unione Europea, è intervenuto per tentare di recuperare e ripristinare la situazione delle caisses in questa parte del Paese.
Il contratto di sovvenzione stipulato ha previsto la nomina della FCPB come Amministratore Provvisorio dell’Union Régionale des Caisses Populaires du Sud-Ouest (URCPSO) e delle Caisses Populaires affiliate, per una durata di tre anni, a partire dal 2002, con l’obiettivo di ristrutturare l’Unione e le sue casse e per ripristinare l’equilibrio finanziario dell’Unione nel suo complesso.
Situazione Finanziaria dell’URCPSU e delle Caisses Populaires membri (Aprile 2003) Di seguito verranno riportati alcuni dati finanziari che forniscono interessanti informazioni sulla reale situazione dell’attività dell’Union e delle Caisses Populaires ad essa affiliate, di come queste realtà operino e dell’interazione tra i due diversi livelli di organismi.
Le Caisses Populaires raccolgono i risparmi direttamente dai propri membri e concedono crediti per il sostegno delle loro attività economiche. L’Union invece non raccoglie il denaro direttamente presso il pubblico, ma riceve quote dalle Caisses affiliate.
Le quote versate dalle Caisses all’Union rappresentano una percentuale molto variabile, che oscilla tra il 3,34% e il 40,91% dei costi sostenuti dalle Caisses stesse. Questo sistema di quote crea notevoli problemi alle Caisses perché non si tengono in considerazione le loro reali capacità, aumentando gli oneri e le difficoltà che quest’ultime già devono affrontare.
Tasso di Conversione
Il tasso di conversione è dato dal rapporto tra il totale dei prestiti concessi e l’ammontare dei risparmi raccolti ad una determinata data. Tale tasso esprime la capacità di trasformare in prestiti le somme di denaro a disposizione.
33 Rilevazione dei dati ad agosto 2003.
I dati riportati sono quelli relativi ad un intero anno, esaminati con una scadenza quadrimestrale, a partire dall’aprile 2002 fino all’aprile 2003.
Se si analizza, a titolo di esempio, il tasso di conversione dell’Union e delle Caisses alla fine di aprile 2002, si nota come la capacità di trasformare i risparmi in crediti si aggira attorno al 50%, cioè solamente il 50% delle loro capacità creditizie è utilizzata per la concessione di prestiti.
Tabella 13: tassi di conversione
Risparmi
Prestiti Tasso di
Conversione
Risparmi
Prestiti Tasso di Conversione
Al 30/04/2002
Al 31/08/2002
URCPSO 489.620.530 248.332.306 50,72% 480.419.842 80.263.570 16,71%
Totale Caisses Populaires
1.947.423.120
1.053.303.031
54,09%
1.951.873.750
1.012.112.087
51,85%
Consolidato 2.437.043.650 1.301.635.337 53,41% 2.432.293.592 1.092.375.657 44,91%
Risparmi Prestiti Tasso di Conversione Risparmi Prestiti Tasso di
Conversione
Al 31/12/2002
Al 30/04/2003
URCPSO 476.079.661 271.551.445 57,04% 652.879.899 126.051.614 19,31%
Totale Caisses Populaires
1.715.477.755
1.029.693.098
60,02%
1.927.054.841
824.387.509
42,78%
Consolidato 2.191.557.416 1.301.244.543 59,38% 2.579.934.740 950.439.123 36,84%
Il primo elemento che balza agli occhi, osservando le griglie superiori e spostandosi tra i diversi periodi dell’anno, è la notevole variabilità nell’andamento del tasso di conversione. Questa variabilità si riscontra sia confrontando l’andamento del tasso di conversione dell’Union rispetto a quello delle Caisses, imputabile alla diversa attività finanziaria dei due organi e all’azione del Piano di Ripristino, sia confrontando l’andamento del tasso di conversione lungo l’arco temporale. Se infatti si osserva l’andamento del tasso dell’Union, si nota che esso diminuisce notevolmente tra aprile e agosto 2002, passando da un 51% ad un 17%, aumenta passando dal 17% al 57% nel dicembre 2002 e ricade di nuovo al 19% nell’aprile 2003.
Un utile elemento da ricordare per poter meglio interpretare i dati è che la zona dove l’Union risiede è prettamente agricola e rurale e, quindi, l’andamento della richiesta di prestiti e l’ammontare dei risparmi raccolti è legata all’attività agricola e al relativo ciclo di produzione. Le richieste da parte dei membri delle Caisses seguono il ciclo agricolo: pervengono tutte nello stesso periodo per affrontare la nuova semina mentre sono assenti in altri periodi dell’anno.
Tasso di Insolvenza
Il tasso di insolvenza viene calcolato come percentuale dei crediti non rimborsati in funzione del totale dei prestiti concessi.
Tabella 14: tasso di insolvenza
Tasso di insolvenza
30/06/2002 31/08/2002 31/12/2002 30/04/2003
URCPSO 30,04% 33,87% 0,28% 0,70%
Totale Caisses Populaires 7,53% 7,84% 7,26% 8,51%
Consolidato 9,12% 9,75% 6,97% 7,47%
Anche in questo caso l’andamento dei tassi varia notevolmente a seconda che si consideri l’Union o le Caisses e si evidenzia una brusca caduta del tasso di insolvenza dell’Union dall’agosto 2002 all’aprile 2003.
L’andamento del tasso di insolvenza dell’Union è drasticamente caduto soprattutto in conseguenza dell’applicazione del Piano di Ripristino dell’Unione che ha previsto la cancellazione di tutti i crediti da lungo tempo rimasti insoluti e che ha determinato una diminuzione dell’ammontare percentuale dei crediti inesigibili e del relativo tasso.
Il tasso delle Caisses, invece, varia tra il 7-8% e si presenta abbastanza costante nel tempo esaminato. L’obiettivo del Piano di Ripristino sarebbe quello di diminuire il tasso di insolvenza al di sotto del 5%, ma per ora il raggiungimento di tale risultato è ancora difficile perché il servizio di recupero crediti presso le Caisses è debole e non è ancora stata ben impostata una procedura standard da seguire. La situazione è inoltre aggravata dal fatto che normalmente i direttori e gli agenti di credito delle singole Caisses, preposti al recupero crediti, sono oberati di lavoro e non riescono a migliorare la qualità dei crediti erogati. E’ stato pianificato un servizio di recupero crediti centralizzato all’Union ma tale servizio non è ancora pienamente efficace.
Tasso di Crescita dei Crediti Regolari
I crediti regolari sono quei crediti che nel loro percorso finanziario non hanno registrato ritardi e sono stati rimborsati puntualmente.
Il tasso di crescita dei crediti regolari è calcolato come variazione percentuale dell’ammontare dei crediti regolari in un periodo di tempo. Nel caso da noi preso in considerazione ci si basa sui quadrimestri e gli anni.
Tabella 15: tasso di crescita dei crediti regolari 2002
Tasso Annuale di crescita dei Crediti Regolari
Crediti Regolari Crediti Regolari Tasso di Crescita Crediti Regolari Tasso di Crescita
30/04/2002 31/08/2002 04/02 - 08/02 31/12/2002 08/02 - 12/02
URCPSO
228.805.907
53.081.115,00 -76,80%
270.786.882,00 410,14%
Totale CP
1.005.457.881
932.749.895,00 -7,23%
954.959.755,00 2,38%
Consolidato
1.234.263.788
985.831.010,00 -20,13%
1.225.746.637,00 24,34%
Tabella 16: tasso di crescita dei crediti regolari anno 2003
Tasso di crescita dei Crediti regolari
Crediti Regolari Tasso di Crescita Tasso di Crescita
30/04/2003 12/02 - 04/03 04/02 - 04/03
URCPSO
125.212.951 -53,76% -45,28%
Totale CP
754.219.749 -21,02% -24,99%
Consolidato
879.432.700 -28,25% -28,75%
Il tasso di crescita di questi crediti ha un andamento irregolare; il dato più interessante è il tasso di crescita annuo, che esprime la crescita o la diminuzione dell’ammontare dei crediti regolari emessi nell’arco di un anno che non risente, quindi, di alterazioni stagionali relative in particolare all’attività agricola.
Come si vede nella tabella, il tasso annuo si presenta negativo sia per l’Union che per le Caisses a causa dell’azione del Piano di Ripristino che ha sottoposto la pratica di emissione di crediti a regole più ferree, diminuendo così il numero complessivo di crediti erogati, cosa che determina anche una diminuzione del numero di crediti regolari erogati.
Tasso di Crescita dei Crediti Totali
Il tasso di crescita dei crediti totali concessi dall’Union o dalle Caisses è l’indice che esprime la variazione percentuale dell’ammontare dei crediti totali, in riferimento al periodo di riferimento.
Anche per quanto riguarda il tasso di crescita dei crediti totali i periodi presi in esame sono il quadrimestre e l’anno.
Tabella 17: tasso di crescita dei crediti totali
Tasso Annuale di crescita dei Crediti Totali
Crediti Totali Crediti Totali Tasso di Crescita Crediti Totali Tasso di Crescita
30/04/2002 31/08/2002 04/02 - 08/02 31/12/2002 08/02 - 12/02
URCPSO 248.332.306 80.263.570 -67,68% 271.551.445 238,32%
Totale CP 1.053.303.031 1.012.112.087 -3,91% 1.029.693.098 1,74%
Consolidato 1.301.635.337 1.092.375.657 -16,08% 1.301.244.543 19,12%
Tabella 18: tasso di crescita dei crediti totali
Tasso di crescita dei Crediti Totali
Crediti Totali Tasso di Crescita Tasso di Crescita
30/04/2003 12/02 - 04/03 04/02 - 04/03
URCPSO
126.051.614 -53,58% -49,24%
Totale CP
824.387.509 -19,94% -21,73%
Consolidato
950.439.123 -26,96% -26,98%
La diminuzione dell’ammontare totale dei crediti è da imputare alla pulizia del portafoglio delle Caisses e dell’Union e all’applicazione di condizioni più rigorose di accesso al credito determinate dal Piano di Ripristino dell’URCPSO.
Tasso di Crescita dei Risparmi
Il tasso di crescita dei risparmi esprime la variazione percentuale dell’ammontare dei risparmi raccolti nel periodo di tempo considerato, il quadrimestre o l’anno.
Tabella 19: crescita dei risparmi
Tasso Annuale di crescita dei risparmi
Risparmio Risparmio Tasso di Crescita Risparmio Tasso di Crescita
30/04/2002 31/08/2002 04/02 - 08/02 31/12/2002 08/02 - 12/02
URCPSO
489.620.530
480.419.842 -1,88% 476.079.661 -0,90%
Totale CP
1.947.423.12
0
1.951.873.750
0,23%
1.715.747.570
-12,10%
Tabella 20:crescita dei risparmi (2)
Risparmio Tasso di Crescita Tasso di Crescita
30/04/2003 12/02 - 04/03 04/02 - 04/03
URCPSO
652.879.899 37,14% 33,34%
Totale CP
1.927.054.841 12,32% -1,05%
Il tasso di crescita dei risparmi dell’Union è aumentato notevolmente sia nell’ultimo quadrimestre sia a livello annuale, probabilmente grazie ad un incremento della liquidità delle Caisses, generata dalla diminuzione del volume dei crediti erogati.
A livello di Caisses si osserva un andamento parzialmente irregolare durante l’anno di osservazione, con una lieve diminuzione annua risultato di un malessere riscontrato presso i membri delle Caisses, che si sono lamentati dei lunghi tempi di attesa per qualsiasi tipo di operazione allo sportello e per i lunghi tempi di attesa nel caso di apertura di nuovi depositi.
Percentuale di donne
Un dato molto importante da rilevare è la capacità delle Caisses di concedere servizi di risparmio e di credito alle donne. I crediti alle donne sono molto importanti perché legati allo sviluppo dell’economia familiare e perchè emessi a favore di uno dei segmenti socialmente più deboli delle comunità rurali. La fornitura di servizi finanziari è uno dei mezzi con cui le Caisses possono contribuire allo sviluppo sociale della regione.
Si è visto anche come per la rete nazionale nel suo complesso, e di conseguenza per le unioni e le casse che la formano, il credito alle donne sia promosso e incentivato.
Nella seguente tabella è riportata l’evoluzione del numero di donne membri delle caisses in rapporto al totale dei membri delle casse.
Tabella 21:percentuale di donne
30/04/2002 31/08/2002 31/12/2002 30/04/2003
28,77%
28,33%
28,16%
27,97%
La tabella 21 mostra che la percentuale delle donne che sono socie delle Caisses è in diminuzione graduale nel periodo considerato. Anche se i dati non si riferiscono alla clientela attiva, si può affermare che la partecipazione delle donne alla vita delle Caisses è ancora piuttosto esigua.
La Réseau des Caisses Populaires du Burkina e più in particolare il caso ristretto dell’Union Régionale des Caisses Populaires du Sud-Ouest, sono state prese come casi studio perché rappresentano anzitutto un ottimo esempio di formazione di rete locale di istituzioni di microfinanza con una presenza capillare in tutto il territorio, formatasi a partire dagli anni ’70 per incentivare la mobilitazione del risparmio locale e lo sviluppo di cooperative di risparmio e credito in tutto il territorio nazionale.
Questi elementi sono fondamentali ed essenziali per lo sviluppo locale ed il miglioramento delle condizioni di vita degli individui. L’esempio ha inoltre evidenziato l’importanza che una rete locale di IMF assume anche sotto il profilo internazionale, dato che le sorti di una delle Unions di questa rete ha incentivato il Ministero dell’Economia e delle Finanze del Burkina Faso a sviluppare una cooperazione a livello internazionale che coinvolge diversi organismi, tra cui l’Unione Europea.
Il piano di ripristino ha per ora ottenuto dei risultati sul tasso di insolvenza globale dell’Union che è diminuito notevolmente, grazie alla decisione di eliminare tutti quei crediti insoluti che rappresentavano solo un peso per l’Union e per le Caisses. Tale azione ha influito anche sul livello degli altri indici finanziari: sul tasso di crescita dei crediti regolari; sul tasso di crescita dei crediti totali e sul tasso di crescita dei risparmi. Il Piano di Ripristino prevede anche delle migliorie dal punto di vista qualitativo che influiscono sulla gestione dell’Union e delle sue Caisses: la formazione del personale, l’ideazione di un manuale di procedure interne e di nuove metodologie standard per il controllo e il miglioramento dei servizi offerti, un controllo periodico più rigoroso di tutto l’operato svolto, un insieme di azioni per il recupero totale dell’Union e l’inserimento di essa all’interno della Réseau des Caissses Populaires du Burkina.
4.4.3.3 Rete Globale: Women’s World Banking
La rete di istituzioni di microfinanza Women’s World Banking (WWB) è una banca che opera a livello globale con l’obiettivo di espandere le capacità finanziarie, la partecipazione alla vita economica ed il potere decisionale delle donne imprenditrici che vivono con un reddito ed un livello di formazione professionale bassi, fornendo loro la possibilità di aver accesso alla finanza, all’informazione, alla conoscenza ed ai mercati economici.
La cartina che segue (figura 6) dà un’idea della presenza degli organi appartenenti alla rete WWB nel mondo.
Figura6:la rete WWB
I punti indicati nella cartina sono di quattro colori diversi perché la rete globale di WWB è composta da tre distinte categorie di membri (le filiali, indicate con colore rosso, gli associati, indicati con colore blu e i membri appartenenti alla Global Network for Banking Innovation in Microfinance, indicati con il marrone) e da un partner (indicato con il colore verde).
In particolare le tre categorie di membri si distinguono in:
- filiali: le filiali sono istituzioni di microfinanza che operano a livello locale in maniera autonoma e che forniscono servizi finanziari a favore di centinaia di migliaia di donne con un basso livello di reddito;
- associati: i membri associati sono istituzioni di microfinanza che lavorano a livello locale ed in maniera autonoma, non necessariamente gestiti da donne che forniscono servizi finanziari ad una clientela prevalentemente femminile;
- membri appartenenti al Global Network for Banking Innovation in Microfinance (GNBI): la GNBI è una rete globale di IMF creata nel 2001 dalla WWB stessa i cui membri sono regolari istituzioni di microfinanza, cooperative e banche commerciali che vedono nella microfinanza una possibile opportunità di sviluppo commerciale ed un possibile mezzo per cambiare il funzionamento del mondo.
Ed infine, il partner:
- Africa Microfinance Network (AFMIN): rete africana di istituzioni di microfinanza comprendente 14 reti di IMF di livello locale sparse in 14 differenti nazioni africane. Il partenariato tra la rete globale WWB e AFMIN si concretizza nella fornitura da parte della prima di assistenza tecnica nei confronti della seconda.
Tutti i membri e il partner condividono la stessa mission, gli stessi obiettivi, i valori ed i principi della rete globale Women’s World Banking.
La WWB, al 31 dicembre 200234, era così strutturata:
- 26 filiali, 7 associati e 22 membri della GNBI ed 1 partner;
- 582.23435 membri delle filiali, 2,336 milioni di membri degli associati, 8,637 milioni di membri della GNBI e 2,5 milioni di membri dalle istituzioni finanziarie appartenenti ad AFMIN;
- in dettaglio, le aree in cui l’organizzazione ha delle filiali, degli associati o dei partners, sono:
- Africa Sub-Sahariana: 10
- Medio Oriente e Nord Africa: 2
- Asia: 17
- America Latina: 18
- Nord America ed Europa dell’Ovest: 6
- Europa dell’Est ed Asia Centrale: 2
- Le organizzazioni che appartengono alla rete di WWB sono Fondazioni e Organizzazioni non Governative (29), Cooperative (4), Istituzioni finanziarie non bancarie (8), Banche focalizzate sul microcredito (4) e anche Banche tradizionali (10);
- Generalmente le organizzazioni si uniscono alla rete in maniera autonoma e sono tutte organizzazioni che si occupano di microfinanza;
34 I dati sono contenuti nel sito della rete WWB.
35 Dato rilevato al dicembre 2001.
36 Idem.
37 Idem.
- Il 70% dei fondi a disposizione della rete WWB proviene da sovvenzioni pubbliche, il 20% da donazioni di privati ed il rimanente 10% da interessi di capitali investiti.
Obiettivi perseguiti dalla Women’s World Banking
Per raggiungere gli obiettivi precedentemente accennati, la rete WWB si prefigge di:
- Incentivare la creazione di numerose filiali gestite da donne che forniscano servizi finanziari alle donne che ne hanno bisogno;
- Aumentare la rete globale coinvolgendo le filiali, gli associati, i membri della GNBI e dell’AFMIN per generare conoscenza ed innovazione, formare e strutturare il settore della microfinanza ed espandere l’accesso all’economia ed ai servizi finanziari delle donne con basso reddito;
- Ingaggiare tutti gli attori chiave per una trasformazione dei sistemi finanziari attualmente vigenti, volta alla costruzione di un nuovo modo di vedere e vivere il mondo finanziario.
In termini pratici questo consiste nel creare un ambiente in cui le donne con un basso reddito siano in grado di sviluppare il proprio business, migliorare le proprie condizioni di vita, riuscire a sostenere la propria famiglia, garantire una educazione ai figli ed assicurargli un rilievo politico.
La rete WWB si prefigge come impegno quello di costruire dei servizi e delle istituzioni finanziarie sostenibile a favore delle donne.
Servizi Forniti dalla Women’s World Banking
I servizi forniti dalla rete Women’s World Banking alle proprie filiali e a tutti i membri in generale hanno l’obiettivo di aumentare la forza, l’efficienza, la sostenibilità e l’impatto operativo dei singoli membri. I servizi di consulenza tecnica offerti sono: sviluppo di nuovi prodotti, sviluppo professionale delle risorse umane, information technology, e in minor parte anche analisi finanziarie, planning strategico e servizio rating.
Gli altri servizi offerti dalla rete sono: servizi di consulenza strategica e decisionale; servizi di conoscenze gestionali generali e conoscenze gestionali finanziarie, e servizi di ricerca e sviluppo ed innovazione.
Figura 7: Risultati ottenuti dalla Women’s World Banking
I risultati raggiunti dalle filiali alla fine del 2001, erano:
- 582.234 clienti, di cui intorno a 482.000 hanno ottenuto microcrediti e 460.000 hanno ricevuto servizi finanziari a favore dei propri risparmi;
- valore medio di un portafoglio di US$ 356;
- tasso di rimborso a 30 giorni del 95%.
I risultati raggiunti dagli associati, alla fine del 2001, erano:
- 2,6 milioni di clienti;
- valore medio dei prestiti concessi di US$ 308;
- tasso di rimborso a 30 giorni del 99%.
I risultati di AFMIN:
- rete composta da 365 istituzioni di microfinanza sparse in 14 paesi del continente;
- 2,5 milioni di individui che mettono a disposizione i propri risparmi;
- 3,5 milioni di risparmiatori poveri di cui la maggioranza sono donne.
I risultati della GNBI alla fine del 2001:
- istituito la Global Network for Banking Innovation in Microfinance (GNBI) cheinclude 22 istituzioni di microfinanza di 15 differenti paesi.
- GNBI fornisce direttamente ai propri clienti prodotti di microcredito e si stima abbiano concesso intorno a US$ 7 miliardi di prestiti a più di 8,6 milioni di microimprenditori.
La rete globale di istituzioni di microfinanza Women’s World Banking è un ottimo esempio di rete internazionale, non solo per gli ottimi risultati raggiunti ma anche per la sua composizione.
La composizione di WWB è piuttosto complessa, soprattutto se paragonata con la composizione della rete locale nazionale illustrata in precedenza. WWB, infatti, non è solamente composta da singoli organismi che condividono gli stessi obiettivi e operano
seguendo gli stessi standards, ma è una rete composta da altri organismi esterni, partner di WWB, che hanno una esistenza autonoma e propri obiettivi.
WWB, inoltre, ha istituito una nuova rete globale di istituzioni di microfinanza situate in
15 paesi di tutto il mondo impegnate nell’offrire servizi finanziari a quella fascia di popolazione che ne sarebbe altrimenti esclusa: questo è un ottimo risultato per una rete globale.
CAPITOLO 5
LE FASI DI PIANIFICAZIONE DI UN PROGETTO DI
MICROFINANZA E I SERVIZI OFFERTI (di Chiara Benvegnù)
La pianificazione di un progetto di microfinanza si delinea attraverso alcune fasi, strettamente collegate l’una all’altra e necessarie come punto di riferimento e linee guida. Partendo con lo Studio di Fattibilità, si raccolgono e si analizzano una serie di dati e di elementi fondamentali, anzitutto per determinare la concreta possibilità di realizzare un programma di microfinanza in un determinato contesto. Soltanto dopo aver rilevato la presenza di fattori positivi, si può precedere alla pianificazione, attraverso lo strumento del Business Plan, delle fasi operative del progetto, determinandone gli obiettivi, i contenuti e il budget relativo. L’Operatività si concretizza con la realizzazione del programma, coinvolgendo direttamente i diversi attori presenti nel business plan. Una volta che la gestione del progetto si conclude, si procede al
monitoraggio e alla valutazione, per verificare la sostenibilità del programma stesso.
5.1 Studio di Fattibilità
Realizzare uno Studio di Fattibilità vuol dire elaborare in forma analitica informazioni acquisite in un determinato sistema di riferimento, con l’obiettivo di pianificare e realizzare un progetto di cooperazione allo sviluppo.
Lo Studio di Fattibilità fotografa la struttura e le caratteristiche degli elementi determinanti per un progetto sotto il profilo del target group, dell’ambiente e delle organizzazioni esistenti che offrono servizi legati a quelli del programma.
Il target group, sono le persone che il programma intende assistere, sono quindi il punto centrale e più importante dell’intero progetto.
Il Target Group, di cui si è ampiamente discusso nel capitolo 2,, deve essere studiato in modo approfondito in relazione: alle attività economiche svolte dal un punto di vista della loro dimensione economica e del settore d’intervento; alle caratteristiche demografiche della popolazione (età, cittadinanza, genere, livello d’istruzione): alle caratteristiche culturali di un determinato contesto tra cui fondamentalmente la percezione del credito e coesione culturale.
Questi elementi influenzano direttamente la pianificazione del programma di microfinanza ed in particolare la metodologia con la quale i servizi vengono offerti.
L’ambiente nel quale un programma opera comprende diversi aspetti della vita economica, strutturale e politica di un determinato contesto.
Ambiente economico: i fattori economici come il tasso d’inflazione sono interessanti non solo da un punto di vista generale, per determinare il tipo di problematiche presenti, ma anche per la determinazione dei servizi offerti dal programma, che, soprattutto nell’ambito finanziario, devono assolutamente tener conto di tali componenti.
Accessibilità: la presenza o meno di infrastrutture è un altro elemento fondamentale da studiare per capire come erogare i servizi previsti dal programma e la sua relativa espansione geografica.
Mercati: creare l’opportunità di accedere a servizi di credito e risparmio vuol dire dare nuove possibilità di sviluppo economico che, partendo dal basso, possano trovare nuove opportunità, quindi nuovi sbocchi.
Politiche di governo: la microfinanza trova la sua collocazione nell’ambito della finanza informale, che quando è prevista dalla legislazione in essere, a seconda del paese è regolata in modo molto diverso.
Le risorse esistenti: la presenza nel paese d’intervento di enti (associazioni, ONG, IMF) locali o internazionali che si occupano di progetti di sviluppo economico e/o sociale, va presa in considerazione nella determinazione del programma di microfinanza, sia per possibili collaborazioni ed ottimizzazioni delle risorse e delle conoscenze, sia per un confronto con il sistema finanziario formale ed informale presente.
Uno strumento molto utilizzato e ritenuto insostituibile per la raccolta delle informazioni a livello locale è l’intervista. La sua importanza è rappresentata da due determinanti elementi:
- Permette di instaurare relazioni dirette con tutti gli stakeholders del progetto;
- Consente di raccogliere informazioni direttamente dalla fonte e quindi di orientare la raccolta dei dati verso la direzione desiderata.
Sono diversi i soggetti che possono essere intervistati, e diversi sono pure i livelli di profondità che possono essere raggiunti attraverso le interviste; dipende necessariamente dalla conoscenza a priori del contesto dove si vuole operare.
Generalmente, se si realizza uno Studio di Fattibilità in un paese dove non sono mai stati realizzati progetti, bisognerebbe intervistare per lo meno i seguenti soggetti:
• I leader di villaggio: soprattutto nei paesi africani, ma non solo, rappresentano l’autorità effettiva, a cui è riconosciuta maggiore legittimità da parte della comunità.
• I beneficiari: se le interviste sono condotte su un campione significativo, possono aiutare a capire con buona approssimazione chi sono i beneficiari che s’intendono raggiungere e quali sono i loro bisogni economici e sociali.
Le interviste consentono di individuare quali attività economiche caratterizzino la comunità e, soprattutto, quali sono i problemi affrontati dalla gente nello sviluppo di queste attività. Attraverso questo tipo d’indagine è possibile capire quali sono i bisogni finanziari espressi e inespressi della comunità.
• Gli istituti finanziari: le interviste con le banche forniscono informazioni utili sulla loro eventuale esperienza di finanziamenti di piccole attività economiche nell’area.
• Le organizzazioni internazionali: è importante conoscere i progetti di emergenza o di sviluppo presenti e futuri nell’area di intervento, spesso succede che progetti d’altre organizzazioni possano in qualche modo influenzare l’esito di un progetto di microcredito.Le relazioni con le organizzazioni internazionali che operano nell’area sono importanti anche per reperire dati di carattere sociale ed economico del contesto di riferimento.
• Le IMF presenti nell’area: per conoscere il mercato di riferimento, i bisogni rimasti insoddisfatti e le potenzialità di sviluppo future.
Essendo, Proponiamo un generico modello di intervista che considera i beneficiari l’elemento centrale nella struttura di un programma e che tuttavia va adattato, nella pratica, alla realtà locale dove si opera, tenendo opportunamente conto degli elementi sociali e culturali. Ad esempio, in un contesto dove il ruolo delle donne è discriminato,
forse non è opportuno porre domande troppo dirette sulle loro funzioni e sui loro compiti all’interno del nucleo familiare all’interno della comunità stessa di appartenenza.
Dato che i programmi di microfinanza hanno come principale obiettivo quello di combattere la povertà, hanno assunto importanza alcuni strumenti che identificano i livelli più bassi di povertà in una determinata comunità. La Microcredit Summit Campaign ha preso in considerazione i seguenti metodi: l'House Index e il Partecipatory
Wealth Ranking38.
L'House Index è uno strumento che si basa sull'ipotesi che il livello di povertà di una famiglia si identifica sulla qualità dell'abitazione. Partendo da questa considerazione, durante lo studio di fattibilità si osservano le case, determinando quelle che potrebbero appartenere ai più poveri. Viene quindi compilata una scheda e calcolato un punteggio,
38 Tratto dalla tesi di laurea di Stefano Bravin "La valutazione dell'impatto del microcredito come politica per lo sviluppo: aspetti teorici e metodologici", 1999-2000.
basato su un set di alternative localmente rilevanti; in base al punteggio le famiglie vengono classificate con un certo grado di povertà.
L'House Index è uno strumento valido per valutare il livello di povertà; le condizioni della casa non possono, in genere, dipendere da periodici momenti di ricchezza e il loro miglioramento si manifesta qualora la famiglia riesce a mettere del denaro da parte.
Il Partecipatory Wealth Ranking (PWR) è un metodo partecipativo della determinazione dei livelli di ricchezza. Esso si basa su criteri e conoscenze delle persone appartenenti alla comunità in cui si attua l'intervento.
Il PWR segue uno schema specifico di lavoro che inizia con l'organizzazione di un incontro comunitario dei rappresentanti di tutte le aree del villaggio nel quale il programma si realizza. Dopo una generale spiegazione da parte di un moderatore, viene disegnata sul terreno, con un bastoncino o su una lavagna, una mappa dettagliata del
villaggio. I partecipanti a questo punto, scrivono o indicano il nome comunemente usato per ogni famiglia, che viene trascritto in un foglio, in modo da avere un foglio per ogni famiglia presente nell'area considerata.
Il passo successivo è suddividere i fogli in differenti gruppi a seconda dei diversi livelli di povertà. Questo può avvenire in due modi: la suddivisione è effettuata dal rappresentante locale ufficialmente eletto oppure si usano quattro o cinque gruppi di riferimento, formati da tre-cinque abitanti del villaggio, che rappresentino le diverse zone individuate nella mappa. In quest'ultimo caso ogni gruppo si incontra separatamente e divide i fogli in un numero di pile determinato dal gruppo stesso.
Durante il processo di classificazione emergono numerose informazioni sulla percezione dei partecipanti della ricchezza e della povertà. Il moderatore dovrà essere abile a cogliere questi aspetti e a stimolare la discussione.
Il processo si ripete poi con ogni gruppo; la triangolazione dei dati ottenuti permette una maggiore attendibilità dei risultati: il moderatore deve cercare di proporre criteri di selezione comuni e assicurarsi che questi siano applicati in ogni gruppo.
Il PWR è un metodo di analisi molto semplice ed i risultati sono trasparenti; è molto efficace per l'individuazione dei poveri ed il processo di triangolazione assicura una notevole credibilità dei dati poichè ogni gruppo ne verifica l'analisi.
5.2 Business Plan
Con lo Studio di Fattibilità vengono raccolti tutti i dati necessari alla realizzazione della pianificazione del programma di microfinanza, che deve esplicare in particolare i seguenti aspetti della situazione: i tipi di servizi offerti (interventi); come i servizi vengono offerti (metodologie); chi viene coinvolto nella distribuzione dei servizi (canali di distribuzione).
Gli interventi vengono determinati a livelli diversi, a seconda degli obiettivi che il progetto si prefigge di raggiungere; le metodologie di offerta cambiano in base alle
caratteristiche del target group, al contesto socio-economico e a quello culturale in cui il programma si realizza; i canali di distribuzione combinano i soggetti che intervengono direttamente nel programma a seconda del loro specifico ruolo, con i tipi d’intervento predeterminati dal progetto stesso.
Nella fase di pianificazione vanno tenuti in debita considerazione gli obiettivi che si vogliono raggiungere e vari elementi ad essi correlati: l’ impatto, cioè la somma dei benefici economici e sociali risultati servizi offerti dal programma, può variare a seconda della dimensione del progetto e dei livelli dove intende operare; l’efficienza influenzata dalla produttività dello staff di campo, dalla struttura organizzativa, dalle
procedure e dai sistemi della gestione finanziaria; la massimizzare nell’uso delle risorse per raggiungere l’impatto desiderato che il programma dovrebbe prevedere, cioè il più alto numero di clienti al più basso costo possibile; la sostenibilità, che vuol dire che il programma deve assicurare che i servizi continuino ad essere disponibili ad un crescente numero di clienti nel lungo periodo. Perché l’istituzione sia in grado di offrire alle piccole attività economiche servizi nel lungo termine, sono da tenere in considerazione alcuni elementi: la visibilità; le risorse umane; la pianificazione del programma; la solvibilità finanziaria; la struttura organizzativa; i sistemi; i network.
Questi elementi interagiscono in modo reciproco e reciprocamente si influenzano; così le caratteristiche e i bisogni del Target Group sono importanti in relazione alla natura degli interventi che sarà offerto nel programma. Il grado con il quale gli interventi incontrano i bisogni del Target Group è il più importante fattore per determinare se il programma raggiungerà l’impatto desiderato. L’ambiente include l’accessibilità; l’accessibilità dei clienti è un fattore chiave nella scelta nella più appropriata metodologia di prestito per il contesto del programma. L’implementazione di un’appropriata metodologia permetterà all’istituzione di raggiungere un ottimale grado di efficienza. L’esistenza e la conoscenza dei Servizi di risorse permette di identificare appropriati partner. Nella determinazione dei canali di distribuzione possono essere coinvolti questi partner, determinando la sostenibilità istituzionale.
Gli elementi che costituiscono il business plan di un progetto di microfinanza o Microcredito sono molteplici e vanno analizzati e singolarmente. L’elenco che riportiamo qui sotto è un esempio di struttura di business plan tratto dal “Microstart - A guide for planning, starting and managing a Microfinance programme”, redatto a cura dell’UNDP (gennaio 1997):
• Mission e sintesi del progetto
La dichiarazione d’intenti deve contenere l’obiettivo generale che il progetto di microfinanza vuole raggiungere e i principi guida per attuarlo.
La sintesi del programma riguarda la definizione dei principali obiettivi del progetto e la previsione della sua sostenibilità nel medio-lungo periodo.
• Il soggetto promotore
Descrizione dell’organizzazione che promuove il progetto di microfinanza e delle eventuali partnership.
• Ambiente strategico
In questa sezione vengono analizzati gli elementi esterni all’organizzazione che gestisce il progetto e che possono influire sul buono o cattivo esito del programma.
• Mercato di riferimento
In questa sezione devono essere evidenziati i potenziali clienti, i loro bisogni di servizi finanziari e non finanziari e l’ambiente nel quale svolgono le loro attività economiche.
• Piano di marketing
Questa sezione si compone di due parti: una descrittiva, che specifica come si identifica il target e quali sono i diversi step da utilizzare per promuovere i servizi del programma all’interno della comunità di riferimento ed una numerica che comprende il numero di comunità che verranno raggiunte, il numero medio di gruppi ed il numero medio di clienti.
• Servizi offerti
Qui vengono specificati i servizi offerti dal programma di microfinanza e le
caratteristiche relative ad ogni servizio (tutti gli elementi determinanti il servizio e la metodologia di erogazione del servizio).
• Organizzazione
La struttura organizzativa del programma dipende dalla sua estensione territoriale, dalla pianificazione temporale e dalla politica dell’organizzazione promotrice di coinvolgimento dello staff locale.
• Piano di lavoro
Non è altro che la pianificazione per l’intera durata del progetto con la proiezione di clienti attivi, ammontare dei prestiti, tassi d’interesse e fabbisogno finanziario.
• Budget
Il budget è lo strumento tipico per prevedere e monitorare le performance di un progetto di microfinanza.
• Finanziamenti
E’ di fondamentale importanza risalire dal budget al fabbisogno finanziario del progetto di microfinanza per il periodo programmato di intervento.
5.2.1 La missione e la sintesi del progetto Missione
La missione è l’obiettivo generale che il progetto di microfinanza vuole raggiungere ed i principi guida per poterlo attuare.
E’ bene identificare con chiarezza il problema e soprattutto il modo con cui un intervento di microfinanza può contribuire alla sua soluzione, definendo il mercato di riferimento e la strategia da seguire .
E’ quindi importante individuare alcuni elementi determinanti:
./ Il problema prevalente: accesso al credito per i più poveri; diminuzione della povertà; miglioramento della condizione femminile.
./ Chi è in stato di bisogno e come il programma si propone di raggiungere queste persone: qual’è il target identificato; dove vivono e lavorano queste persone; quali sono le loro condizioni di vita; come si pensa di raggiungere e coinvolgere il target clienti.
Sintesi del programma
La sintesi del programma riguarda la definizione degli obiettivi specifici del progetto e la previsione della sostenibilità nel medio-lungo periodo. Ne è parte fondamentale la definizione degli strumenti di misura del successo del programma di microfinanza.
./ Dichiarazione degli scopi specifici: che cosa si spera di raggiungere durante gli anni di gestione del progetto; che cosa ci si aspetta dal programma in termini di crescita e di impatto sulle condizioni di vita del nucleo familiare dei clienti.
./ Valutare la solvibilità del progetto: la pianificazione per l’auto-sufficienza del programma; le misure per ridurre la dipendenza nel lungo periodo.
5.2.2 Il soggetto promotore
In questa parte del Business Plan deve essere indicata l’organizzazione promotrice del progetto. In particolare devono essere messi in evidenza una serie di elementi, che permettono di capire come meglio strutturare il programma come, per esempio:
./ Le infrastrutture esistenti (incluso lo staff, la struttura d’ufficio, i trasporti, ecc..);
./ La gestione, il controllo e la specializzazione tecnica dell’organizzazione promotrice;
./ Le politiche dell’organizzazione promotrice e la compatibilità rispetto al programma di microfinanza;
./ La reputazione dell’organizzazione promotrice rispetto alle comunità, ai governi locali, alle altre IMF o ONGs;
./ Punti di forza e di debolezza.
5.2.3 Ambiente strategico
In questa sezione vengono analizzati gli elementi esterni all’organizzazione che gestisce il progetto e che possono influire sul buono o cattivo esito del programma.
In particolare, vi sono alcuni fattori chiave da prendere in considerazione:
./ Il funzionamento del settore finanziario informale: le risorse finanziarie tradizionali ed i metodi usati dal target group per accedere ai servizi di credito e risparmio (moneylenders; altre risorse, ecc.).
./ Le infrastrutture per trasporti e comunicazioni: condizioni di strade, trasporti e telefoni; questi fattori possono limitare o agevolare la fornitura del servizio finanziario.
./ Assetto geografico: come sono distribuite le comunità target group e quanto distano dalla sede dell’ONG/Istituzione di Microfinanza.
./ Legislazione e politiche governative: leggi bancarie, regolamenti sui tassi d’interesse, richieste per la registrazione delle IMF, controlli e monitoraggi della banca centrale sulle IMF; politiche locali che incoraggiano o limitano lo sviluppo economico.
./ Indicatori economici: tasso d’inflazione e la sua variabilità; trend del livello di povertà; condizioni economiche degli ultimi periodi.
./ Alfabetizzazione: livello di analfabetismo nella comunità di riferimento e lingua locale di riferimento.
./ Problemi di genere: condizione della donna e rapporti con gli uomini (le donne hanno possibilità di avere proprietà o di firmare i contratti di prestito? Quali sono le risorse che le donne possono controllare?); principali vincoli imposti ad un miglioramento delle condizioni di vita delle donne.
./ Ambito culturale: principali norme sociali che possono scoraggiare un potenziale cliente e consuetudini locali che possono incoraggiare la formazione di gruppi.
./ Coinvolgimento del settore finanziario formale: banche o istituzioni finanziarie.
./ Possibili alleanze con istituzioni locali o internazionali: agenzie non-profit locali; istituzioni governative, culturali, sociali e religiose.
5.2.4 Mercato di riferimento
In questa sezione devono essere evidenziati i potenziali clienti, i loro bisogni di servizi finanziari e non finanziari e l’ambiente nel quale svolgono le loro attività economiche. Si distinguono in:
./ Target clienti:
E’ importante descrivere le caratteristiche di base e i bisogni del target group clienti che il programma vuole raggiungere.
./ Target group comunità: identificazione delle caratteristiche comunitarie del target group collocate all’interno di uno specifico contesto storico-geografico.
Un progetto di microfinanza non può servire ogni comunità che dimostra di aver bisogno. E’ importante scegliere le comunità che:
- sono “facilmente accessibili”;
- dimostrano interesse;
- sono impegnate con un ruolo di leadership locale;
- hanno reali potenzialità.
Possono esserci altri criteri di selezione che dipendono dall’obiettivo generale che l’organizzazione promotrice si è posta e i bisogni rilevati in un determinato contesto locale. Per identificare il target clienti e la comunità di riferimento è necessario procedere con un’indagine di campo attraverso delle interviste individuali e confronti con le comunità locali, come spiegato nel paragrafo 5.1.
5.2.5 Piano marketing
E’ importante definire il piano di marketing per avere un’idea generale del numero di beneficiari finali del programma di microfinanza. Lo scopo è anche quello di sviluppare un piano che permetta di raggiungere abbastanza clienti da assicurare la solvibilità finanziaria all’IMF.
Il piano marketing è composto da:
Parte descrittiva
./ Come identificare il cliente;
./ Gli step da utilizzare per promuovere i servizi nella comunità;
./ La comunicazione che viene utilizzata.
Parte numerica
Pianificazione (solitamente triennale) del gruppo di clienti obiettivo, in cui vengono identificati:
./ Numero di comunità che il progetto pianifica di raggiungere ogni anno.
./ Numero medio di gruppi che il progetto pianifica di costituire per comunità ogni anno.
./ Numero medio di clienti che il progetto pianifica di raggiungere per gruppo.
./ Numero medio di clienti che il progetto pianifica di raggiungere per comunità.
./
Tabella 22: Esempio di Piano Marketing
SCOPI DI MERCATO 1 ANNO 2 ANNO 3 ANNO
a) Numero di nuove comunità raggiunte 10 20 30
b) Totale comunità raggiunte 10 30 60
c) Numero medio di gruppi per comunità 5 5 5
d) Numero medio di clienti per gruppo 8 8 8
e) Numero di clienti per comunità 40 (8x5) 40 40
f) nuovi gruppi: tutte le comunità 50 (5x10) 100 (5x20) 150 (5x30)
g) Nuovi clienti: tutte le comunità 400 (50x8) 800 (100x8) 1.200 (150x8)
h) Totale clienti: tutte le comunità 400 1.180(1) 2.321(2)
i) Tasso annuo di abbandono 5% 5% 5%
J) Abbandoni annuali 20 (400x5%) 59 (1.180x5%) 116 (2.321x5%)
k) Totale clienti attivi 380 1.121 2.205
Fonte: UNDP “Microstart. a guide for planning, starting and managing a microfinance programme”, 1997
(1) 100 x 8 = 800
400 x 5% = 20
800 + 400 - 20 = 1.180
(2) 150 x 8 = 1.200
1.180 x 5% = 59
1.200 + 800 + 400 – 59 - 20 = 2.321
5.2.6 Organizzazione
Lo start up di un progetto di microfinanza può iniziare con uno staff che va da quattro a nove membri, includendo alcune figure chiave:
./ Direttore di progetto: responsabile della gestione operativa dell’attività;
./ Credit Manager (o Credit Officer): responsabile della gestione delle attività di campo e di credito;
./ Agenti di campo (Field Agent): per la gestione del portafoglio prestiti;
./ Contabile (e/o tesoriere): per l’erogazione dei prestiti e la riscossione delle rate;
./ Assistente amministrativo: per la gestione dell’ufficio.
Il numero delle persone dello staff dipende dal numero di clienti che si pianifica di servire e dalla struttura operativa del programma di microfinanza.
Nel pianificare l’organizzazione è importante includere:
./ Nome e titolo di tutte le posizioni;
./ Le relazioni tra i diversi organi;
./ La governance o il corpo consultivo ed il consiglio direttivo.
5.2.7 Piano di lavoro
Il piano di lavoro è la pianificazione, generalmente triennale, del progetto di microfinanza con la proiezione di clienti attivi, ammontare dei prestiti, tassi d’interesse e fabbisogno finanziario.
Tabella 23: Elementi di un piano di lavoro
FATTORI SPIEGAZIONI
(a) Numero totale di clienti attivi Si prendono dal piano marketing, gli scopi di marketing
(b) Clienti per agente di campo Stima basata nella geografia. Range da 150 a 300.
(c) Numero di agenti di campo necessari Si divide l’elemento del punto (a) con quello del punto (b).
(d) Percentuale dei clienti beneficiari in un anno Si suggerisce di usare l’85% della percentuale dei beneficiari durante ogni ciclo di prestito
(e) Numero dei clienti beneficiari in un anno Moltiplicare (a) per (d).
(f) Numero di volte prestito in un anno che i clienti chiedono I clienti chiedono il prestito una volta per ciclo ma ci possono essere diversi cicli in un anno.
(g) Numero dei crediti erogati Moltiplicare (e) per (f). Se si stanno erogando crediti di gruppo, il numero risulterà inferiore.
(h) Ammontare medio di prestito Le stime sono basate sulla media dei crediti graduali.
(i) Ammontare erogato in un anno Moltiplicare (h) per (g).
(j) Fattori di aggiustamento Adattare secondo i cicli di ripagamento.
(k) Valore capitale per calcolare il reddito (tasso d’interesse flat) Calcolare gli interessi con il metodo flat.
(l) Tasso d’interesse annuo (flat) Questo metodo permette di coprire i costi operativi di tre anni.
(m) Ammontare interesse annuale Moltiplicare (k) per (l).
(n) Capitale richiesto L’ammontare necessario per continuare ad erogare ai clienti.
Fonte: UNDP “Microstart. a guide for planning, starting and managing a microfinance programme”, 1997
5.2.8 Budget
Dopo che nel business plan di un programma di microfinanza sono state pianificate tutte le attività ed i servizi offerti, specificando il possibile numero di beneficiari, è necessario determinare il budget relativo.
In particolare devono essere evidenziate tutte le spese per il periodo di riferimento relativo generalmente relativo a tre anni secondo le indicazioni che provengono dal piano di lavoro.
Per preparare il budget si deve determinando le categorie dei costi e, successivamente, le singole voci; poi bisogna cercare di stimane gli importi relativi ad ogni voce, cercando di essere il più possibile prudenti.
Il budget si compone di due parti:
Entrate - Generalmente le categorie di reddito si distinguono in:
• Reddito da donazioni;
• Reddito da interesse e commissioni;
• Altro reddito, come l’interesse sui depositi.
Costi - Nelle categorie dei costi, si distinguono:
• Spese operative: costi associati alla gestione della struttura (salari; spese dell’ufficio, telefono, fax; affitto; forniture e servizi, energia elettrica, gas, acqua; spese di viaggio; acquisti vari.
• Spese di campo: costi associati all’attività degli agenti di campo (salari degli agenti di campo; spese di trasporto, gas, olio).
• Acquisti: computers; fax; tavoli; scrivanie; sedie; biciclette; motorini; macchine; ecc..
• Spese variabili: includono i costi associati ai prestiti. Queste spese variano con l’ammontare dei soldi prestati o con il numero dei prestiti che vengono erogati:
Y Crediti con rate in ritardo (bad debts): è l’ammontare degli interessi che si presume di non ricevere a causa di problemi legati a determinati prestiti;
Y Costi di capitale: sono i costi del capitale preso a prestito e gli effetti dell’inflazione sul fondo di microcredito;
Y Perdite su prestiti: il valore dei crediti che probabilmente non rientreranno.
5.2.9 Finanziamenti
E’ di fondamentale importanza risalire dal budget al fabbisogno finanziario del progetto di microfinanza per gli anni programmati di intervento.
Nella Tabella qui sotto sono stati classificati i finanziamenti in tre distinte categorie, ognuna delle quali definisce i fabbisogni finanziari a seconda del loro utilizzo:
Tabella 24: Finanziamenti
UTILIZZO OBIETTIVO TIPO PROVENIENZA
Start-up Funds • Attrezzature, trasporti, ecc.
• Riserva iniziale sulle presunte perdite da crediti;
• Supporto per le spese iniziali Grants Donatori internazionali
Operating Funds Fondi per sostenere le spese operative finché non verranno coperte da interessi e commissioni Grants Donatori internazionali, governi nazionali e altri governi,
istituzioni, individui
Loan Capital Fondi per il portafoglio crediti. Finanziamenti sovvenzionati, prestiti, grants Donatori internazionali e nazionali, banche locali e istituzioni internazionali
Fonte: UNDP “Microstart. a guide for planning, starting and managing a microfinance programme”, 1997
5.3 I servizi offerti alle piccole attività economiche
In un programma di microfinanza possono essere offerti diversi tipi di servizi che variano sulla base delle caratteristiche del target group individuato, ma anche a seconda di quale o quali livelli si vogliono raggiungere. In particolare, si possono distinguere tre distinti livelli:
• Livello delle piccole attività economiche: i servizi del programma sono offerti direttamente ai clienti e comprendendo sia servizi finanziari che servizi di supporto alle piccole attività economiche;
• Livello istituzionale: sono prestazioni fornite alle istituzioni partner per rafforzare la loro abilità nell’offrire appropriati e sostenibili servizi ai propri clienti;
• Livello relativo all’ambientale operativo: sono interventi intrapresi e realizzati assieme ai clienti e/o le istituzioni partner per influenzare positivamente l’ambiente nel quale i clienti e il programma operano.
5.3.1 I servizi del credito e del risparmio
Gli interventi a livello di piccole attività economiche possono comprendere sia servizi di carattere prettamente finanziario che servizi di supporto alle microimprese. Sulla base del contesto locale dove si opera si possono prevedere anche servizi collaterali, come potrebbero essere i corsi di alfabetizzazione.
5.3.1.1 Servizi finanziari
I servizi finanziari offerti alle piccole attività economiche comprendono principalmente il servizio del credito ed il servizio del risparmio.
, Nel caso venga offerto solo il servizio del credito si parla più propriamente di programma di microcredito e questo succede nella maggior parte dei casi; se, invece, viene offerto anche il servizio del risparmio si parla di un programma di microfinanza.
Servizio di Credito
Il credito concesso alle piccole attività economiche può essere utilizzato per finanziare capitale circolante, capitale fisso o entrambi.
Il Capitale Circolante è il denaro utilizzato a copertura dei costi operativi di un’attività economica e dei relativi inputs.
Questo tipo di finanziamento permette piccoli incrementi nello sviluppo dell’attività economica; si possono acquistare materie prime in quantità superiori, abbattendone il prezzo e i costi di trasporto e consentendo anche una differenziazione dei prodotti offerti. La prima conseguenza diretta è la possibilità di avere un incremento del profitto. Il Capitale Fisso è denaro utilizzato per l’acquisto di beni durevoli, come per esempio i macchinari e gli altri beni strumentali all’attività economica.
Il prestito che finanzia capitale fisso può migliorare la produttività e la qualità dei prodotti attraverso l’acquisto di migliori attrezzature, generando un più alto profitto. Nel caso di avvio di una nuova attività economica è spesso necessario, attraverso piccoli prestiti, che possono aumentare nei cicli successivi, l’acquisto di beni strumentali anche usati.
I parametri del credito:
Nella strutturazione del servizio di credito offerto dal programma di microfinanza bisogna tenere in considerazione quattro distinti parametri chiave:
./ Il termine ossia il periodo entro il quale il prestito deve essere ripagato e la frequenza dei pagamenti delle rate.
I termini del finanziamento devono tener conto della destinazione del credito e cioè se è servito a finanziare capitale circolante, capitale fisso o entrambi e quindi dei tempi necessari perché la somma prestata sia investita e possa generare reddito.
Nella definizione dei termini vanno prese in considerazioni anche le specifiche esigenze dell’IMF, strettamente legate ai costi operativi: ogni nuovo finanziamento rappresenta un costo aggiuntivo per l’istituzione.
./ L’ammontare del credito che deve corrispondere alle esigenze del cliente rispetto alla propria attività economica; la definizione di questo elemento comporta per l’istituzione procedure di istruttoria ad alto costo, soprattutto se raffrontate all’esiguità delle somme prestate.
./ Le garanzie, cioè il sistema di recupero del credito, in caso di mancato ripagamento da parte del beneficiario.
Poiché i programmi di microfinanza si rivolgono a coloro che non possono
rivolgersi agli enti finanziari commerciali e che nella maggior parte dei casi non sono in grado di offrire alcuna garanzia di tipo tradizionale, si determinano meccanismi basati su altre forme non tradizionali di garanzie come, ad esempio, sulla garanzia di gruppo.
./ Il tasso di interesse effettivo è il costo del prestito per il beneficiario e, contemporaneamente, il reddito per l’istituzione di microfinanza.
Il tasso dovrebbe essere calcolato in base alle capacità del beneficiario di generare reddito, attraverso la sua attività economica; il cliente generalmente vorrebbe pagare un tasso d’interesse più basso che gli permetta, quindi, di realizzare un effettivo sviluppo della sua attività economica; dall’altro lato l’IMF necessita di determinare ed applicare un tasso sufficiente a coprire almeno tutti i costi operativi di gestione.
Nella determinazione di questi parametri, c’è un certo grado di conflitto tra i bisogni dei clienti e le necessità dell’istituzione di microfinanza, in vista del raggiungimento della sua solvibilità finanziaria.
L’istituzione deve raggiungere il più alto grado di auto-sostenibilità finanziaria per essere in grado di continuare ad offrire servizi nel presente, come nel futuro, ad un numero sempre più alto di clienti che hanno bisogno del servizio del credito.
Risparmio
Il servizio del risparmio crea degli effetti positivi a diversi livelli: di target group: d’istituzione e di economia locale.
Target Group. Il risparmio è un’attività o una strategia delle persone e del proprio nucleo familiare che permette di creare delle riserve di denaro per fare fronte a situazioni di emergenza per provvedere ai consumi futuri e per investire nell’attività economica.
Diversamente da quanto è sempre stato teorizzato, l’esperienza ha dimostrato che non è assolutamente vero che i poveri non sono in grado di risparmiare; il risparmio è infatti una parte integrante dell’economia delle famiglie a basso e bassissimo reddito e delle piccole attività economiche che esse gestiscono.
Il reddito generato da un’attività economica viene usato in parte per soddisfare i bisogni familiari, una porzione è reinvestita nella stessa attività per una sua crescita ed il residuo deve essere risparmiato. La natura stessa delle piccole attività economiche, infatti, fa sì che il flusso del reddito non sia stabile e costante: con il risparmio si possono affrontare i periodi di guadagno scarso o nullo.
I poveri che non hanno accesso ad opportunità di risparmio istituzionale formale ma hanno un reddito eccedente rispetto alle esigenze ordinarie, sono costretti a trasformare la liquidità in surplus (cassa non utilizzata per consumi immediati) in beni o investimenti nell’ambito della propria attività economica; questi risparmi diventano così difficilmente convertibili in liquidità in caso di bisogno futuro. Queste necessità future possono coincidere con l’acquisto di beni familiari, o con esigenze più primarie come il cibo, le spese mediche o d’istruzione oppure possono servire per rispettare importanti incontri sociali e religiosi, identificativi di una particolare cultura.
Gli strumenti di risparmio offrono, inoltre, la possibilità di guadagnare soldi attraverso l’interesse, diventando un altro modo per incrementare il reddito del nucleo familiare.
Vi è una particolare forma di risparmio prevista in molti programmi di microfinanza: il “risparmio obbligatorio”. Il “risparmio obbligatorio” viene usato come forma di garanzia necessaria per ottenere un prestito nel caso di credito individuale, o come garanzia aggiuntiva nel credito di gruppo. Questa forma contrasta con il principio di accessibilità al servizio di risparmio, perché impedisce ai clienti di prelevare liberamente nei momenti di bisogno; può essere preliminare alla concessione del prestito oppure contemporanea prevedendo che una parte del prestito stesso venga utilizzata come risparmio.
Istituzione.
Le istituzioni di microfinanza possono beneficiare in vario modo del servizio di raccolta del risparmio, dipende da come viene strutturato.
In molte IMF il risparmio è comunemente usato come garanzia di prestito. Ad esempio ai clienti è richiesto di risparmiare una percentuale dell’ammontare del credito o prima di riceverlo per un certo periodo di tempo; o sopra l’intero periodo di restituzione, come parte del prestito stess. Questi accorgimenti vengono usati come strumenti di responsabilizzazione dei clienti e come mezzo per conoscere ed acquisire fiducia nei beneficiari stessi.
Non sempre le legislazioni nazionali permettono alle IMF di erogare il servizio del risparmio e, anche quando lo permettono, è soggetto a determinati vincoli di ammontare. Queste limitazioni sono dovute soprattutto dal fatto che l’attività di raccolta di risparmio è ad alto rischio: l’istituzione che la gestisce deve infatti essere sempre in grado di far fronte alle richieste di restituzione dei depositi. Tuttavia, quando una IMF ha la possibilità di offrire il servizio del risparmio, può usare quest’ultimo come risorsa per il fondo rotativo di microcredito ad un costo più basso di quello che proviene da altre fonti, come gli enti internazionali o le banche commerciali.
Quando un’istituzione gestisce direttamente fonti finanziarie (risparmio) e provvede alla loro riallocazione (credito), sta effettuando attività di intermediazione finanziaria in modo simile ad una banca commerciale. Le organizzazioni che svolgono attività di intermediazione finanziaria sono di solito regolamentate dalle stesse leggi del sistema finanziario formale e controllate da appositi organi governativi (Banca Centrale).
Economia locale.
Un sistema finanziario efficiente che mobilizza e alloca risorse, facilita una crescita economica stabile e sostenibile. Il risparmio rappresenta una componente chiave di un sistema finanziario efficiente accrescendo la disponibilità di capitale finanziario interno,
reso disponibile in forma di credito, per finanziare investimenti produttivi. Gli investimenti produttivi incrementano il reddito e l’occupazione.
Se il risparmio non viene mobilizzato, è necessario cercare fonti finanziarie esterne quali capitali esteri o sussidi da parte di donors.
I parametri del risparmio
Il servizio del risparmio deve essere determinato in modo da rispondere ai bisogni delle piccole attività economiche, offrendo un conveniente sistema flessibile di deposito e prelievo e, allo stesso tempo, abbia un positivo tasso reale di ritorno per l’IMF. Nella determinazione delle caratteristiche del servizio di risparmio devono essere presi in considerazione i seguenti parametri fondamentali:
./ L’ammontare, che può essere depositato e prelevato dai clienti, dovrebbe essere il più flessibile possibile per permettere a quest’ultimi di far fronte ad eventuali emergenze. Quando una IMF richiede invece al cliente risparmio obbligatorio per accedere al prestito, l’ammontare di risparmio è legato all’ammontare che il cliente desidera come prestito.
Quando il risparmio è volontario, è costoso per l’IMF gestire piccoli depositi e prelievi, perciò è preferibile accettare di fare questo servizio in caso di ammontari più consistenti. Le istituzioni possono stabilire un ammontare minimo per i depositi e i prelievi, che sia in linea con i bisogni dei clienti e minimizzi contemporaneamente i costi di transazione.
./ La frequenza di deposito e prelievo dipende dai bisogni dei clienti. L’istituzione, che utilizza risparmio obbligatorio come forma di garanzia, non può permettere al cliente di prelevare i suoi risparmi fino a quando il prestito non è stato ripagato.
In caso di risparmio volontario invece, è costoso per l’istituzione gestire depositi e prelievi frequenti sia perché devono essere mantenute riserve più alte, sia perché è più difficile assicurare finanziamenti di lungo periodo.
Per incoraggiare risparmi a più lungo termine l’IMF può sviluppare prodotti di risparmio differenziati, ad esempio depositi a termine con tassi d’interesse superiori.
./ Il tasso d’interesse pagato sui depositi deve essere il più alto possibile per i clienti, che vogliono poter guadagnare nonostante anche se l’esperienza ha evidenziato il fatto che questa non è una variabile determinante. L’istituzione deve definire il tasso di interesse passivo sui depositi in relazione al tasso di interesse attivo sui crediti. I tassi attivi devono essere sostenibili per i beneficiari, i tassi d’interesse passivi devono essere positivi in termini reali (maggiori del tasso di inflazione), lo spread deve essere sufficiente a coprire tutti i costi operativi e finanziari dell’IMF.
5.3.1.2 I servizi di supporto alle piccole attività economiche
Oltre all’erogazione di servizi finanziari di credito e risparmio, il programma di microfinanza può supportare lo sviluppo delle piccole attività economiche anche attraverso l’erogazione di servizi di formazione e assistenza tecnica, in relazione alle specifiche necessità del target group.
Se è vero che il credito è uno strumento in grado di incrementare gli investimenti produttivi, è altrettanto vero che una buona gestione dell’attività può migliorare l’efficienza; l’introduzione di nuove tecnologie può innalzare la produttività; ed un
miglior accesso ai mercati può permettere all’attività economica di aumentarne il volume di vendite. Il risultato finale dovrebbe permettere un reddito più alto per il beneficiario.
Si possono individuare quattro principali tipi di servizi non finanziari:
1. Servizi di gestione d’impresa: sono finalizzati ad assistere i clienti per migliorare il controllo e l’efficienza dell’operatività aziendale. Questi servizi possono essere offerti attraverso corsi di formazione o attraverso assistenza individuale e possono riguardare la formazione su: business plan, amministrazione, contabilità, gestione finanziaria, determinazione del livello dei prezzi, gestione del personale.
2. Servizi di assistenza tecnica: hanno lo scopo di assistere i clienti per migliorare la produttività dell’impresa. Questi servizi possono essere offerti attraverso corsi collettivi, assistenza tecnica individuale o permettendo l’accesso ad informazioni sulle tecnologie appropriate. Gli argomenti su cui generalmente si focalizzano sono: processi produttivi, appropriati strumenti produttivi (tecnologia), risorse di materie prime.
3. Servizi di marketing: fanno assistenza ai clienti per incrementare il volume delle vendite. Questi servizi possono essere erogati attraverso corsi collettivi o individuali, studi di mercato, accesso alle informazioni nei mercati, assistenza nell’organizzazione di consorzi, accesso a mezzi di trasporto più economici e disponibili. Generalmente in questa categoria rientrano: concetti di marketing, tecniche e abilità, informazioni sui mercati esistenti ed in crescita, vie per identificare e accedere ai mercati.
4. Servizi di orientamento: il loro scopo è assistere i clienti per poter accedere ad altri servizi correlati alla loro attività economica e alle informazioni. Questi servizi possono includere: informazioni su assistenza legale, fiscale o amministrativa; informazioni su agenzie che si occupano di regolamento, registrazione e tassazione delle aziende.
I servizi integrati
Alcuni esperti ritengono che un programma di microfinanza debba concentrare la propria offerta sui servizi finanziari. Questo approccio, che basa le sue ragioni sull’autosufficienza del programma, viene definito come “Approccio minimalista”.
I programmi che forniscono servizi di supporto ai beneficiari accanto ai servizi finanziari, soprattutto per le loro attività economiche, abbracciano il cosiddetto “Approccio integrato”. L’esperienza ha dimostrato che i tradizionali servizi di management training costituiscono un ulteriore costo per l’istituzione erogatrice e inibiscono in modo considerevole la capacità dell’organizzazione di operare senza fonti finanziarie sussidiate. Tuttavia per rendere il programma autonomo e gestito a livello locale fin dall’inizio delle attività è necessario adottare una pianificazione formativa sufficiente per coprire ogni bisogno formativo.
5.4 I servizi offerti a livello istituzionale
Quando un’organizzazione internazionale lavora in partnership con un istituzione locale per la realizzazione di un programma di microfinanza, sia che pre-esista o che venga istituita all’interno del programma stesso, il focus del lavoro dell’organizzazione
internazionale dovrebbe concentrarsi sul livello istituzionale piuttosto che su quello delle piccole attività economiche. E’ infatti l’istituzione locale e non l’agenzia internazionale che dovrebbe provvedere all’erogazione dei servizi ai clienti.
L’assistenza dell’organizzazione internazionale può riguardare i seguenti campi:
Assistenza metodologica. Una delle più comuni ragioni per cui le IMF non riescono a raggiungere determinate dimensioni è l’applicazione di metodologie di prestito inappropriate e inefficienti.
L’organizzazione internazionale specializzata può aiutare l’istituzione di microfinanza attraverso assistenza metodologica a modificare la metodologia di intervento e prestito usata. Se nel programma è prevista la creazione di una nuova IMF, l’assistenza inizierà con l’identificazione del target group e delle sue caratteristiche.
L’assistenza metodologica può prevedere in concreto: corsi di formazione per staff dell’istituzione partner, assistenza on-site e on-going da parte di consulenti tecnici, informazioni sulle differenti metodologie di credito inclusa la documentazione circa l’operatività di programmi simili e scambi con istituzioni che operano in modo efficiente.
Rafforzamento istituzionale. L’organizzazione internazionale può fornire servizi finalizzati allo sviluppo appropriato dell’assetto istituzionale di una IMF locale. E’ auspicabile che un’istituzione di microfinanza possieda le seguenti caratteristiche:
a) Staff motivato e ragionevolmente capace e qualificato;
b) Relazioni tra management, staff operativo e clienti intense e forti;
c) Struttura organizzativa della governance e della proprietà chiara ed appropriata;
d) Nn buon grado di pianificazione delle attività;
e) Programmi di monitoraggio e sistemi di gestione finanziaria funzionali;
f) Un fondo on-going minimo da reperire attraverso fonti esterne e/o interne.
Finanziamento dell’istituzione. L’istituzione partner locale deve poter accedere a fonti finanziarie esterne per coprire i costi operativi ed incrementare il fondo di microcredito. Questo tipo di intervento è particolarmente importante in fase di start up e di crescita, purché sia finalizzato alla progressiva autonomia dell’organizzazione da fonti esterne (donors). Per la copertura dei costi operativi sono necessarie delle donazioni, mentre il fondo di microcredito può essere finanziato anche attraverso prestiti da parte di altre organizzazioni internazionali o da istituti finanziari commerciali. Spesso succede che un’agenzia internazionale sia più in grado di fornire garanzie, piuttosto che prestare direttamente per consentire all’IMF locale di accedere ai fondi di microcredito di altre fonti.
Tabella 25 - Servizi forniti
Tipo di intervento Scopo Come il servizio può essere fornito
Assistenza metodologica Assicurare che l’intervento delle IMF e le metodologie di prestito siano appropriate, di alta qualità e istituzionalmente in grado di raggiungere la sostenibilità finanziaria • corsi di formazione per lo staff del partner locale
• consulenti tecnici on-site
• informazioni
• scambi di visite con altre organizzazioni
Rafforzamento istituzionale Assicurare che ci siano le capacità istituzionali per fornire ai clienti servizi di alta qualità e per implementare programmi di microfinanza sostenibili • corsi di formazione per lo staff del partner locale
• consulenti tecnici on-site
• informazioni
• scambi di visite con altre
organizzazioni
Finanziamenti Assicurare che i fondi siano disponibili per coprire i costi operativi relativi ai servizi offerti e che i fondi di microcredito siano sufficienti per incontrare la domanda dei clienti • donazioni per costi operativi
• donazioni per il fondo di microcredito
• fondi di garanzia che aiutino i partner locali ad accedere a fonti finanziarie esterne
Fonte: CARE Saving and Credit Sourcebook, CARE 1996
5.5 I servizi offerti a livello di ambiente operativo
Gli interventi a livello di ambiente operativo sono intrapresi per influenzare
positivamente l’ambiente in cui operano i programmi di microfinanza ed i suoi clienti. Ci sono due principali tipi di intervento:
Azioni di pressione. Sono interventi che hanno effetti di carattere politico. Azioni di questo genere sono importanti quando l’istituzione ed i clienti si trovano ad operare in un ambiente con legislazione restrittiva che inibisce le opportunità di sviluppo della microfinanza e/o dell’economia informale.
E’ spesso desiderabile per i programmi di microfinanza influenzare queste politiche, sia perché i clienti possono operare in modo più efficiente, sia perchè le istituzioni possano fornire i loro servizi in modo più adeguato possibile.
Affinché il lavoro di influenza sulle politiche abbia effetti diretti sui clienti, le IMF possono lavorare insieme ad essi. Le piccole attività economiche hanno di solito poche possibilità di influenzare direttamente le politiche del governo. Quando un’istituzione aiuta i clienti ad organizzarsi in gruppi di pressione organici, i clienti possono far sentire la propria voce.
Le stesse istituzioni possono associarsi in consorzi per far conoscere i propri bisogni e quelli dei loro clienti.
Interventi sui subsettori. Un subsettore è un gruppo di imprese che opera nell’ambito di una parte di mercato ed è definito dalle principali funzioni, dai partecipanti e dai canali delle imprese stesse.
L’analisi del subsettore è uno strumento di ricerca utilizzato per identificare gli interventi, che vadano a beneficio di un largo numero di piccole attività economiche.
Tabella 26 - Servizi offerti all’ambiente operativo
Intervento Scopo Come può essere fornito il servizio
Azioni di pressione Ottenere i cambi politici che abbiano effetti positivi per le piccole attività economiche e per le IMF - Assistenza ai clienti perché si organizzino in gruppi di pressione
- Lobbying di organizzazioni individuali
- Lobbying di consorzi di organizzazioni
Interventi su subsettori Ottenere effetti positivi per un numero significativo di piccole attività economiche all’interno un subsettore, particolarmente attraverso la fornitura di input, miglioramento tecnico e output commerciali Condurre analisi subsettoriali sulla base di ricerche, intervenendo sulla politica
gestionale e sui punti do forza nei diversi subsettori
Fonte: CARE Saving and Credit Sourcebook, CARE 1996
5.6 Il servizio del credito e i suoi aspetti tecnici (approfondimento)
Nel prendere in esame i servizi finanziari di credito è importante considerare i seguenti diversi aspetti:
• Caratteristiche generiche del prestito
• Tipo di attività da finanziare e ammontare del prestito
• Periodo di ripagamento
• Periodo di grazia
• Frequenza di pagamento
• Modalità di calcolo dell’interesse
• Tasso d’interesse
• Tasso d’interesse di mora
5.6.1 Caratteristiche generiche del prestito
I prestiti dei programmi di microfinanza si caratterizzano per alcuni elementi che sono riconducibili alle caratteristiche stesse del target grup (vedi capitolo 4).
./ Iniziare con piccoli prestiti: con i nuovi clienti è importante iniziare con l’erogazione di piccoli ammontari di prestiti ed incrementarli successivamente, dopo che avranno dimostrato di essere capaci di ripagare perché mancano di esperienza ed è necessario acquisire fiducia in loro.
./ Adeguare l’ammontare del prestito alle condizioni economiche: il microimprenditore che riceve il credito deve essere in grado di ripagare le rate di restituzione con il proprio reddito; il rischio è quello di peggiorare una situazione già precaria.
./ Stabilire cicli uniformi di credito per ogni gruppo: quando il membro di un gruppo riceve per primo il prestito, il ciclo del prestito inizia il suo corso. Il ciclo è completo alla data dell’ultimo pagamento.
La distribuzione dei prestiti in un ciclo può essere fatta a rotazione tra i membri o contemporaneamente a tutti i membri.
./ Adeguare il ciclo del prestito alle condizioni economiche: se i clienti operano in un contesto urbano, i cicli di prestito possono essere brevi (tre o sei mesi) per rispondere ai bisogni del capitale circolante dei venditori di strada o dei manifatturieri. Se i clienti vivono in area rurale e sono, ad esempio, impiegati in attività agricole, i cicli del credito possono essere più lunghi (da sei mesi a un anno).
Mai permettere che i cicli siano superiori all’anno: è troppo rischioso!
./ Incontrare i bisogni dei clienti: è importante rivedere il profilo dei clienti frequentemente e adattare i servizi ai loro bisogni.
I clienti necessitano di: flessibilità, informazioni, prestiti a breve termine; i servizi devono incontrare questi bisogni.
./ Sviluppare un processo di prestito step by step: con la crescita delle attività economiche e l’acquisizione di esperienza da parte dei clienti nella gestione di capitale, essi dovrebbero poter accedere a più ampi ammontari di prestiti.
./ Condizioni di prestito e risparmio a copertura dei costi del programma: i prezzi dei servizi offerti (interesse e commissioni) devono coprire i costi, lavorando in modo efficiente.
E’ necessario raggiungere un volume di clienti che permetta di operare senza continuare a dipendere dai donors.
./ Adottare ripagamenti del prestito semplificati: i clienti possono comprendere meglio e lo staff può amministrare in modo più efficiente i prestiti con uguali pagamenti.
./ Creare incentivi per i clienti: offrire premi per le buone performance ottenute concedendo, ad esempio, prestiti di ammontare più ampio.
./ Responsabilizzare la clientela: ad esempio nei prestiti di gruppo, i membri garantiranno i prestiti, approveranno gli stessi, raccoglieranno i pagamenti e realizzeranno depositi di risparmio.
./ Minimizzare le aggravanti: adottare processi applicativi semplici e assicurare che i prestiti siano concessi entro tre giorni dalla loro approvazione.
Tenere corsi di formazione focalizzati sui programmi di credito.
5.6.2 Tipo di attività da finanziare e ammontare del prestito
L’ammontare del prestito, come le altre caratteristiche, dipende dal tipo di attività economica che si vuole finanziare.
Si distinguono le seguenti attività:
• Agricoltura/Allevamento;
• Artigianato;
• Produzione;
• Servizi o commercio.
L’ammontare è determinato anche in funzione a ciò che si vuole finanziare:
• Capitale circolante;
• Capitale fisso
Altro importante elemento è determinare se vengono finanziate attività di nuova costituzione oppure attività già avviate. Questo elemento influenzerà anche il periodo di grazia concesso.
5.6.3 Periodo di ripagamento
Il termine di un prestito è il periodo entro il quale esso deve essere ripagato e influenza direttamente: l’ammontare delle rate di rimborso; le entrate per l’IMF attraverso le quali si determina l’erogazione di nuovi prestiti ed il costo finanziario per i clienti, determinato dagli interessi passivi.
I termini del finanziamento sono strettamente legati ai costi operativi dell’istituzione; ogni nuovo finanziamento rappresenta un costo aggiuntivo per l’istituzione. Molte piccole attività economiche necessitano di prestiti a breve termine ma questi sono più costosi per l’istituzione; si deve tuttavia considerare che più si incontrano le esigenze dei clienti, più facile sarà il riscontro di buoni e puntuali pagamenti.
5.6.4 Periodo di grazia
Il periodo di grazia è il periodo che intercorre dalla data di concessione del credito a quella del pagamento della prima rata (quota capitale + quota interesse).
Il periodo di grazia varia a seconda del tipo di attività economica che si finanzia; ad esempio l’attività agricola necessita generalmente di un periodo di grazia, prima di avere un guadagno dall’attività pari a quattro/sei mesi.
Tabella 27: calcolo del periodo di grazia
5.6.5 Frequenza dei pagamenti
La frequenza del ripagamento del prestito dipende sia dai bisogni del cliente che dall’abilità dell’IMF di assicurarsi il rientro del capitale più gli interessi.
Solitamente sono due le metodologie utilizzate per i ripagamenti:
Quella basata sulle quote di rimborso, che è anche la più utilizzata: (capitale + interesse) settimanale, bisettimanale, mensile, ecc.;
Quella che prevede il pagamento di una quota totale comprensiva di capitale ed interessi alla fine di un determinato periodo.
Solitamente quindi interessi e quota capitale sono ripagati insieme anche se in alcuni casi le IMF richiedono prima il pagamento dell’interesse anticipato e poi la quota capitale a rate ed in altri, invece, richiedono il pagamento dell’interesse durante la durata del prestito e il capitale alla fine.
In ogni caso si deve ricercare il giusto equilibrio tra gli alti costi di transazione associati a frequenti ripagamenti ed il rischio di perdere i crediti nel caso di ripagamenti infrequenti.
Es. Caratteristiche del prestito:
- ammontare: 100€
- durata: 5 mesi;
- frequenza dei pagamenti: bisettimanali (due al mese);
- tasso d’interesse mensile: 4% Numero rate: 5x2= 10
Quota capitale: 100/10=10 Interesse mensile: (100x4%)/2=2
Tabella 28: esempio di frequenza di pagamenti
PERIODO 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
Credito 100€ 100€ 100€ 100€ 100€ 100€ 100€ 100€ 100€ 100€
Pagamenti
bisettimanali
12
12
12
12
12
12
12
12
12
12
Quota capitale 10 10 10 10 10 10 10 10 10 10
Quota interesse 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2
Quota residua di capitale
90
80
70
60
50
40
30
20
10
0
Totale interesse pagato
2
4
6
8
10
12
14
16
18
20
Fonte: Microstart - A guide for planning, starting and managing a Microfinance programme”, redatto a cura dell’UNDP (gennaio 1997)
5.6.6 Tasso d’interesse
E’ necessario applicare un tasso d’interesse che permetta la sostenibilità operativa nell’arco di tre anni.
L’interesse deve coprire:
• i costi finanziari;
• il rischio stimato di perdite sui crediti;
• i costi operativi;
• l’inflazione.
5.6.7 Come calcolare il tasso d’interesse
Il seguente è un metodo per stimare il tasso d’interesse che un’IMF deve applicare nella concessione dei prestiti, se vuole riuscire a incrementare il suo fondo attraverso la
capitalizzazione del flusso degli interessi.
R = tasso d’interesse effettivo annuo, risultato di una funzione di 5 elementi ognuno espresso come percentuale della media del portafoglio clienti attivo (outstanding loan portfolio).
AE (Administrative Expenses – Spese Amministrative) = salari; affitti; utilities (luce, gas, ecc.); etc.
LL (Loan Losses – Svalutazione dei crediti) = perdita annuale per mancati rientri;
FC (Financial Costs – Costi Finanziari) = tengono conto delle spese relative al finanziamento; principalmente si tratta di compulsory savings e commercial debts.
K (Capitalisation Rate – Tasso di capitalizzazione) = profitto reale che l’organizzazione vuole ottenere.
II (Invested Income – Reddito da Investimenti) = entrate stimate e generate dai financial assets dell’organizzazione, escludendo il loan portfolio. Sono ad esempio il cash, le riserve legali, ecc..
Ogni variabile di questa equazione dovrebbe essere espressione di una percentuale e i calcoli dovrebbero essere fatti in moneta locale, eccetto il caso inusuale dove una IMF rapporta i suoi tassi d’interesse a moneta straniera.
- Le spese amministrative di una IMF efficiente e matura si aggirano attorno al 10-25% del valore della media del portafoglio prestiti.
- Il tasso di svalutazione crediti è la perdita annuale dovuta ai crediti non riscossi. Il tasso di svalutazione dei crediti dovrebbe essere considerevolmente più basso del tasso d’insolvenza dell’IMF.
Un buon indicatore di questo parametro può essere la statistica dei casi legati ad esperienze passate.
Le IMF con tassi di perdita maggiori dl 5% tendono a non essere sostenibili. Molte buone IMF hanno un tasso di perdita pari all’1-2% della media del portafoglio prestiti.
- Il tasso del costo finanziario dipende dal grado di dipendenza dell’IMF dalle donazioni.
- Il tasso di capitalizzazione rappresenta il profitto reale netto che l’IMF desidera ottenere, espresso come una percentuale della media del portafoglio prestiti.
K dipende da quanto una IMF è aggressiva e quale tasso di crescita desidera raggiungere.
Per sostenere la crescita nel lungo termine si suggerisce una percentuale che oscilli tra il 5 e il 15%, calcolato sempre sulla media del portafoglio prestiti.
- Il tasso del reddito da investimento è il reddito previsto da finanziamenti extra portafoglio prestiti. Alcuni di questi investimenti (es. cash, riserve legali, ecc.) maturano poco o nullo interesse; altri (es. certificati di deposito) possono prodotto un significativo reddito.
Questo reddito, espresso come percentuale del portafoglio prestiti, entra come una deduzione dell’equazione.
Esempio del tasso di interesse effettivo di una IMF consolidata. Administrative Expenses (AE): 25%
Financial Costs (FC): 21% Loan Losse Rate (LL): 2% Capitalisation Rate (K): 16% Invested Income (II): 1,5%
(0,25+0,21+0,02+0,16)-0,015 0,625
R= ________________________________ = _________ = 0,638 x 100 = 64%
1-0,02 0,98
Il tasso di interesse effettivo è decisamente alto, anche se ovviamente si deve tenere in considerazione il mercato di riferimento, che però non stiamo ad analizzare in questa sede.
Qui ci sono diverse interpretazioni: i più assidui sostenitori del microcredito ritengono che il punto più importante da considerare sia l’EFFICIENZA dell’organizzazione, in modo tale che il servizio possa essere di lungo periodo, il che può avvenire soltanto se si raggiunge la sostenibilità.
Riteniamo che seppur la considerazione dell’efficienza di una IMF e quindi della sua sostenibilità siano di fondamentale importanza, altrettanto lo sono le esigenze dei clienti per cui sono nati e si sviluppano questi servizi di microcredito. Pertanto condizioni proibitive di ripagamento o comunque troppo stringenti sono da evitare, ricercando un equilibrio tra questi due fattori, che soltanto il tempo e la concertazione continua e prolungata con gli attori locali possono in qualche modo prospettare.
5.6.8 Altri esempi di modalità di calcolo dell’interesse
a) METODO DECLINING BALANCE
Il tasso d’interesse viene applicato solo sul capitale residuo, cioè la quota di capitale che non è ancora stata rimborsata.
(In appendice A: Il metodo del Declining Balance)
i x (1 + i)n
Rata (R) = C
(1 + i)n - 1
Metodo del Declining Balance
Ammontare del prestito: 1.000€
Tasso d’interesse annuale: 20%
Scadenza del prestito: 12 mesi
Frequenza: rate mensili
Mese Rata Interessi Capitale Saldo capitale
0 1.000
1 92,63 16,67 75,96 924,04
2 92,63 15,40 77,23 846,81
3 92,63 14,11 78,52 768,29
4 92,63 12,80 79,83 688,47
5 92,63 11,47 81,16 607,31
6 92,63 10,12 82,51 524,80
7 92,63 8,75 83,88 440,92
8 92,63 7,35 85,28 355,64
9 92,63 5,93 86,70 268,93
10 92,63 4,48 88,15 180,79
11 92,63 3,01 89,62 91,17
12 92,63 1,52 91,11 0
Totale 1.111,56 111,62 1.000
Tasso d’interesse: 20% annuale = 1,66% mensile = 0,017
0, 017 x (1 + 0,017)12
R = 1.000 = 92,63
(1 + 0,017)12 - 1
PERIODO 1°:
I = 1.000 x (1 + 0,017)1 – = 16,67
C = 92,63 – 16,67 = 75,96
Capitale residuo: 1.000 – 75,96 = 924,04
PERIODO 2°:
I = 924,04 x (1 + 0,017)1 – 1 = 15,40
C = 92,63 – 15,40 = 77,23
Capitale residuo: 924,04 – 77,23 = 846,81
b) METODO FLAT
L’interesse viene calcolato moltiplicando semplicemente il tasso d’interesse per l’intero ammontare di capitale preso a prestito per il periodo del prestito.
I vantaggi del metodo “Flat” sono, che a livello contabile e di controllo, il sistema risulta essere estremamente semplice; mentre a livello finanziario porta ad un alto tasso annuale effettivo.
Entrambe le modalità di calcolo dell’interesse permettono di avere quote costanti di rate: con il “Declining Balance” sono diverse sia le quote capitali, che le quote interessi, ma le rate uguali; mentre con il “Flat” sono uguali sia le quote capitali che le quote interessi.
Rata (R) = C x (1 + i x t)
The Flat Method
Ammontare del prestito : 1.000
Tasso d’interesse annuale: 20%
Scadenza del prestito: 12 mesi
Frequenza: rate mensili
Mese Rata Capitale Interessi Saldo capitale
0 1.000
1 100,00 83,33 16,67 916,67
2 100,00 83,33 16,67 833,33
3 100,00 83,33 16,67 750,00
4 100,00 83,33 16,67 666,67
5 100,00 83,33 16,67 583,33
6 100,00 83,33 16,67 500,00
7 100,00 83,33 16,67 416,67
8 100,00 83,33 16,67 333,33
9 100,00 83,33 16,67 250,00
10 100,00 83,33 16,67 166,67
11 100,00 83,33 16,67 83,33
12 100,00 83,33 16,67 0,00
Totale 1.200,00 1.000,00 200,00
Quota capitale: 1.000 / 12 = 83,33
Quota interesse: 1.000 x (20/12 = 1,67)% = 16,67
(In appendice B: Esercitazione sul calcolo dell’interesse con le diverse metodologie)
5.6.9. Tasso d’interesse di mora
Il tasso d’interesse di mora viene solitamente calcolato in percentuale sull’ammontare della rata (quota capitale + quota interesse) non pagata, in relazione al numero di giorni di ritardo.
Qui si può aprire una discussione relativa all’applicazione del tasso d’interesse di mora sull’ammontare della rata o solamente sulla quota capitale.
- Secondo la logica che i soldi prestati sono soltanto la quota capitale, l’interesse di mora dovrebbe essere applicato solo alla quota capitale;
- Se pensiamo che la quota interesse è pianificata dall’IMF come entrata di liquidità e può anche essere reinvestita e fruttare interesse, allora l’interesse di mora dovrebbe essere applicato anche alla quota interesse.
5.7 Appendice
5.7.1 Appendice A Il metodo del Declining Bilance M = Montante (capitale + interessi)
R = Rata (quota capitale + quota interesse)
C = Capitale (credito)
i = Tasso d’interesse
t = Tempo
n = Numero rate
I = Interesse Capitalizzazione semplice: I = C x i x t
Poiché M = C + I
M = C + C x i x t
M = C x (1+ i x t)
Capitalizzazione composta:
Si parte dalla formula del montante della capitalizzazione semplice: M = C x (1+ i x t)
Dopo il primo periodo di capitalizzazione il Montante risulta essere:
M = C x (1+ i x 1) = C x (1 + i) essendo t = 1 il periodo di capitalizzazione
Il nuovo capitale sul quale si va a calcolare l’interesse sarà C x (1 + i); quindi il nuovo montante alla fine del secondo periodo sarà:
M = C x (1+ i) x (1+ i x 1) = C x (1 + i)2
Proseguendo nel tempo allo stesso modo si ottiene: M = C x (1 + i)n
Legge di capitalizzazione:
(1 + i x t) fattore di capitalizzazione semplice
(1 + i)t fattore di capitalizzazione composta Per semplicità si utilizzano la seguente abbreviazione:
1 + i = u
anziché scrivere (1 + i)t scriveremo ut
Rendita:
Il Montante alla scadenza dell’ultima rata di una generica rendita unitaria, che si indica con il simbolo:
s
i
si determina imponendo che siano equivalenti le due seguenti prestazioni finanziarie:
1€ 1€ 1€ 1€ 1€ …………………… ………… ………1€ 1€ 1€ I°
0 1 2 3 4 5 ……………………………………………n-2 n-1 n
*
II°
0 1 2 3 4 5 ………………………………………… …n-2 n-1 n
*= € x s
i
Uguagliando i valori all’epoca n delle due prestazioni finanziarie (I° e II°) si ottiene:
un - 1
s = 1 + u + u2 + ………….. + un-1 = 1 X
i u - 1
poichè u = 1 + i u – 1 = i
(1 + i)n - 1
s = “esse figurato n al tasso i” i i
Il metodo del “Declining Balance”:
Il Montante alla scadenza dell’ultima rata di una generica rendita unitaria è:
M = R x s
s =
i
(1 + i)n - 1
i i
M = R x
(1 + i)n - 1
i
R = M x
i
(1 + i)n – 1
Poiché M = C x (1 + i)n (Legge di capitalizzazione composta)
RATA:
i x (1 + i)n
R = C x
(1 + i)n - 1
QUOTA INTERESSE:
Poiché:
I = M – C e M = C x (1 + i)n
I = C x (1 + i)n – C = C x (1 + i)n -
QUOTA CAPITALE: I = M – C
C = M – I
C = M – C x (1 + i)n - 1
5.7.2 Appendice B Esercitazione sul calcolo dell’interesse con le diverse metodologie
Ipotesi 1°: (calcolo dell’interesse con il metodo del “Declining Balance”)
Un sarto svolge la sua attività artigianale, possedendo gli strumenti di lavoro (es. macchina da cucire).
Ipotizziamo:
- Che il suo ciclo di business sia pari a quattro mesi;
- Che il costo delle materie prime sia pari a 1.000€;
- Che l’entrata netta totale, uniformemente percepita in quattro mesi (ciclo di business) sia pari a 1.600€.
• ALTERNATIVA 1: Prestito di 1.000€ da restituire in 4 mesi, ad un tasso del 3% mensile.
• ALTERNATIVA 2: Prestito di 1.000€ da restituire in 2 mesi, ad un tasso del 3% mensile.
• ALTERNATIVA 3: Prestito di 1.000€ da restituire in 6 mesi, ad un tasso del 3% mensile.
Le 3 alternative dimostrano come il cash flow determini la capacità di ripagare il debito da parte del cliente.
Ecco perché è importante il business plan del microimprenditore e la conoscenza della sua attività.
A seconda della situazione del loro cash flow e del periodo di ripagamento, i clienti possono preferire anche la restituzione anticipata del prestito. Questo produce sostanzialmente 3 vantaggi per il cliente:
1. riduzione dell’interesse;
2. riduzione del rischio-sicurezza e la tentazione di spendere il cash eccedente;
3. riduzione dell’impossibilità di ripagare le ultime quote.
Anche l’IMF ha il vantaggio che ottenendo il rimborso del prestito in anticipo può erogare nuovi crediti e creare una maggiore rotazione del portafoglio. Il rischio è però quello di avere più difficoltà nel pianificare l’attività.
Alternativa 1
Cash Flow di 4 mesi
Periodo Business Prestito Reddito netto
0 -1.000 1.000 0
1 400 -269 131
2 400 -269 131
3 400 -269 131
4 400 -269 131
Totale 600 -76 524
Caratteristiche del prestito
Periodo Rata Interessi Capitale Saldo capitale
0 1.000
1 269 30,00 239,00 761
2 269 22,83 246,17 514,83
3 269 15,44 253,56 261,27
4 269 7,84 261,16 0
Totale 1.076 76 1.000
0,03 x (1 + 0.03)4
R = 1.000 x = 269,03
(1 + 0.03)4 – 1
I = 1.000 x ((1 + 0.03)1 –1) = 30
C = 269,03 – 30 = 239
I = 761 x ((1 + 0.03) – 1)1 = 22,83
C = 269,03 – 22,83 = 246,17
Per 4 mesi il sarto ha delle entrate costanti, e contemporaneamente paga le rate (quota capitale + interesse) di restituzione del prestito. I flussi hanno lo stesso andamento e questo permette al sarto di avere un guadagno finale totale pari a 524€.
Alternativa 2
Cash Flow nei 4 mesi
Periodo Business Prestito Reddito netto
0 -1.000 1.000
1 400 -522,6 -122,6
2 400 -522,6 -122,6
3 400 0 400
4 400 0 400
Totale 600 -45,2 554,8
Caratteristiche del prestito
Periodo Rate Interessi Capitale Saldo capitale
0 1.000
1 522,6 30,00 492,60 507,40
2 522,6 15,22 507,38 0,00
Totale 1.045,2 45,2 999,98
0,03 x (1 + 0.03)2
R = 1.000 x = 522,61
(1 + 0.03)2 – 1
I = 1.000 x ((1 + 0.03)1 –1) = 30
C = 522,61 – 30 = 492,60
I = 507,40 x ((1 + 0.03)1 – 1) = 15,22
C = 522,61 – 15,22 = 507,38
Dovendo restituire il credito in un più breve periodo, l’interesse totale che deve essere pagato dal sarto è più basso, ma contemporaneamente avendo rate più alte, non riesce nelle prime due mensilità a far fronte al debito con la sola attività artigianale.
Alternativa 3
Cash Flow nei 4 mesi
Periodo Business Prestito Reddito netto
0 -1000 1000
1 400 -184,6 215,4
2 400 -184,6 215,4
3 400 -184,6 215,4
4 400 -184,6 215,4
5 0 -184,6 -184,6
6 0 -184,6 -184,6
Totale 600 -107,6 492,4
Caratteristiche del prestito
Periodo Importo rata Interessi Capitale Saldo capitale
0 1000
1 184,6 30,00 154,60 845
2 184,6 25,36 159,24 686
3 184,6 20,58 164,02 522
4 184,6 15,66 168,94 353
5 184,6 10,60 174,00 179
6 184,6 5,38 179,22 0
Totale 1107,6 107,6 1000
0,03 x (1 + 0.03)6
R = 1.000 x = 184,60
(1 + 0.03)6 – 1
I = 1.000 x ((1 + 0.03)1 –1) = 30
C = 184,60 – 30 = 154,60
I = 845,4 x ((1 + 0.03) – 1)1 = 25,36
C = 184,60 – 25,36 = 159,24
Durante i primi 4 mesi il sarto ha un buon reddito netto, registrando tuttavia delle difficoltà durante gli ultimi 2 mesi. Il reddito netto minore è dovuto all’alto interesse pagato (107,6€).
Ipotesi 2°: (calcolo dell’interesse con il metodo del “Flat”)
Un sarto svolge la sua attività artigianale, possedendo gli strumenti di lavoro (es. macchina da cucire).
Ipotizziamo:
- Che il suo ciclo di business sia pari a quattro mesi;
- Che il costo delle materie prime sia pari a 1.000€;
- Che l’entrata netta totale, uniformemente percepita in quattro mesi (ciclo di business) sia pari a 1.600€.
• ALTERNATIVA 1: Prestito di 1.000€ da restituire in 4 mesi, ad un tasso del 3% mensile.
• ALTERNATIVA 2: Prestito di 1.000€ da restituire in 2 mesi, ad un tasso del 3% mensile.
• ALTERNATIVA 3: Prestito di 1.000€ da restituire in 6 mesi, ad un tasso del 3% mensile.
Alternativa 1
Cash Flow nei 4 mesi
Periodo Business Prestito Reddito netto
0 -1.000 1.000 0
1 400 -280 120
2 400 -280 120
3 400 -280 120
4 400 -280 120
Totale 600 -120 480
Caratteristiche del prestito
Periodo Rata Interessi Capitale Saldo capitale
0 1.000
1 280 30,00 250,00 750
2 280 30,00 250,00 500
3 280 30,00 250,00 250
4 280 30,00 250,00 0
Totale 1.120 120 1.000
C = 1.000 / 4 = 250 quota capitale
I = 1.000 x 3% = 30 quota interesse
R = 250 + 30 = 280 rata
Pur essendo l’interesse molto più alto, rispetto allo stesso caso calcolato con il “Declining Balance”, il sarto ogni mese riesce ad avere un reddito positivo.
Alternativa 2
Cash Flow nei 4 mesi
Periodo Business Prestito Reddito netto
0 -1.000 1.000
1 400 -530,00 -130,00
2 400 -530,00 -130,00
3 400 0 400
4 400 0 400
Totale 600 -60,00 540,00
Caratteristiche del prestito
Periodo Rate Interessi Capitale Saldo capitale
0 1.000
1 530,00 30,00 500,00 500
2 530,00 30,00 500,00 0
Totale 1.060,00 60,00 1.000
C = 1.000 / 2 = 500 quota capitale
I = 1.000 x 3% = 30 quota interesse
R = 500 + 30 = 530 rata
Con questa alternativa il cliente non genera abbastanza entrate nei primi due mesi per pagare le quote.
Alternativa 3
Cash Flow nei 4 mesi
Periodo Business Prestito Reddito netto
0 -1.000 1.000
1 400 -196,67 203,33
2 400 -196,67 203,33
3 400 -196,67 203,33
4 400 -196,67 203,33
5 0 -196,67 -196,67
6 0 -196,67 -196,67
Totale 600 -180,00 420
Caratteristiche del prestito
Periodo Rata Interessi Capitale Saldo capitale
0 1.000
1 196,67 30,00 166,67 833,33
2 196,67 30,00 166,67 666,66
3 196,67 30,00 166,67 499,99
4 196,67 30,00 166,67 333,32
5 196,67 30,00 166,67 166,67
6 196,67 30,00 166,67 0
Totale 1.180,00 180,00 1.000
C = 1.000 / 6 = 166,67 quota capitale
I = 1.000 x 3% = 30 quota interesse
R = 166,67 + 30 = 196,67 Rata
Durante i primi 4 mesi il sarto ha un buon reddito netto, si registrano potenziali difficoltà durante gli ultimi 2 mesi. Il reddito netto minore è dovuto all’alto interesse pagato (180€).
CAPITOLO 6
INTRODUZIONE ALLA VALUTAZIONE DI IMPATTO
(di Soledad Barbuio39)
Negli ultimi anni il settore della microfinanza è cresciuto enormemente, tanto nel numero e dimensioni delle istituzioni, quanto nel volume dei clienti.
I programmi di microfinanza sono riconosciuti come utili strumenti per ridurre la povertà nei paesi in via di sviluppo e la missione di quasi tutte le istituzioni di microfinanza è, come già visto nei capitoli precedenti la lotta alla povertà. Questa è anche una delle principali ragioni per cui sempre più donatori destinano fondi alla microfinanza.
Ciò ha fatto sì che molte delle valutazioni d’impatto nella microfinanza siano state focalizzate sulla necessità dei donatori di comprendere la reale efficacia di questi programmi nel far uscire i beneficiari dallo stato di indigenza e povertà e comparare costi e benefici di questi programmi con quelli derivanti da interventi di altro tipo. Sono state condotte diverse ricerche di tipo qualitativo e quantitativo svolte su larga scala ma, malgrado la complessità di questi studi, i risultati non sono stati esaustivi e non hanno, in molti casi, risposto alle necessità di ottenere informazioni sui clienti e
sulla relazione clienti/IMF utili per migliorare la comprensione dei fenomeni e le attività di queste entità.
Il punto centrale di questo dibattito è la produzione di risultati credibili, che possano essere utilizzati come obiettivi specifici. Hulme (2000) presenta una utile dicotomia: “Provare” e “Migliorare”. Laddove è importante provare l’impatto al fine di prendere decisioni sulla distribuzione delle risorse, sono necessari risultati rigorosi che permettano di dimostrare i rapporti di causalità. Per le IMF, che si concentrano principalmente nel miglioramento della propria attività, è molto più importante capire l’impatto ed il modo in cui si offrono i servizi ai clienti, tollerando anche un livello di rigore analitico inferiore.
Attualmente esiste un movimento che favorisce le valutazioni d’impatto focalizzate sulle necessità delle IMF di maggiore comprensione dei propri clienti, sulla generazione di informazioni che possano essere utilizzate per migliorare i servizi e quindi l’impatto sui clienti.
Oltre alle necessità dei donatori e a quelle dei responsabili delle IMF, esistono altri elementi che possono influire sui processi e sui risultati desiderati per una valutazione d’impatto.
6.1 Perché realizzare una valutazione d’impatto
Alcuni donatori non ritengono necessario compiere sforzi per realizzare una valutazione specifica d’impatto sostenendo che i programmi di microfinanza si auto-valutano. L’idea di questo gruppo di donatori è che un programma ha successo se i clienti tornano a
39 Con il supporto alla traduzione di Lorenzo Gui e Sara Candiracci
richiedere i servizi dell’istituzione e se l’istituzione continua a prestare servizi ai clienti in forma efficiente e redditizia.
Nonostante quanto appena detto, la maggioranza delle istituzioni impegnate nel raggiungimento di obiettivi che riguardano la diminuzione della povertà e lo sviluppo locale, considerano fondamentale conoscere i risultati dei programmi e chi ne trae beneficio.
Capire il modo in cui i clienti interagiscono con i prodotti ed i servizi di microfinanza aiuterà gli operatori a migliorare i programmi in risposta alle preferenze ed alle necessità dei clienti.
Per raggiungere questi obiettivi è necessario fare di più che identificare i cambiamenti nelle condizioni di vita dei clienti e stabilire una relazione tra questi e la partecipazione al programma; le IMF hanno bisogno di informazioni che permettano loro di rispondere in forma rapida ai cambiamenti che avvengono sul mercato. Attualmente le istituzioni di microfinanza in vari paesi competono con altre tipologie di istituzioni ed entità per gli stessi clienti. Come risultato di questo fenomeno, le IMF sono interessate ad analizzare il mercato per comprendere meglio le esigenze dei clienti ed offrire loro un miglior servizio e quindi per mantenere i clienti esistenti ed attrarne di nuovi. Il processo che porta alla conoscenza del cliente inizia con la valutazione d’impatto e si conclude con l’indagine di mercato.
6.1.1 Definizione dell’impatto
Nella valutazione dei clienti il concetto di impatto si compone di due fattori tra loro collegati:
a) I cambiamenti che avvengono nelle vite dei clienti ai vari livelli (personale, familiare, impresa e comunità);
b) la misura in cui i cambiamenti identificati sono da ricondursi alla partecipazione dei clienti al programma di microfinanza.
Si può affermare che determinare l’impatto di un programma di microfinanza consiste nel dimostrare che esso è responsabile dei cambiamenti osservati; che è, in altri termini, più probabile che i cambiamenti avvengano se il cliente partecipa al programma piuttosto che se non vi partecipa. Questo non significa che i cambiamenti avvengano sempre in seguito alla partecipazione al programma, al contrario: determinare l’impatto significa determinare la probabilità che avvengano cambiamenti come risultato della
partecipazione al programma 40
6.2 Progettazione di un sistema di valutazione d’impatto41
Le valutazioni d’impatto tradizionali tendono ad essere un evento unico nel tempo e limitato nei suoi obiettivi.
Al contrario, nelle valutazioni d’impatto focalizzate sulle necessità delle IMF, la vera sfida è nella progettazione finale: selezionare una serie di strumenti e metodologie appropriati e inserirli in un processo adatto al contesto ed alla mission dell’organizzazione e che porti al raggiungimento degli obiettivi preposti. Se si deve raggiungere un’ampia gamma di obiettivi, si deve pensare più in termini di sistemi di Valutazione d’impatto piuttosto che di analisi e studi unici ed isolati.
40 Manual de Herramientas de Evaluacion para los Operadores de Microfinanzas, AIMS/SEEP.
41 Documento de trabajo nro. 1a 8 y Reportes finales del programa De Investigacion- Accion de Imp-Act (www.imp- act.org).
L’esperienza ottenuta dal programma Imp-Act con il lavoro dei gruppi tematici permette di affermare che nessuna valutazione d’impatto (VI) dovrebbe essere identica ad un’altra, a meno che le organizzazioni e le condizioni ambientali siano esattamente gli stessi. Ogni valutazione d’impatto deve essere un processo da elaborare progressivamente.
6.2.1 Il programma Imp-Act di Investigacion- Acción
Imp-Act è un programma internazionale di investigacion-accion della durata di tre anni (2001-2004) progettato per migliorare la qualità dei servizi di microfinanza ed il loro impatto sulla povertà. Il programma ha tre obiettivi principali:
1. Sviluppare sistemi di valutazione d’impatto (VI) credibili ed utili basandosi sulle priorità delle Organizzazioni di Microfinanza e degli attori coinvolti.
2. Ampliare la portata della VI per tener conto di una nozione allargata di impatto.
3. Influire sulle teorie e sulle pratiche relative al ruolo della microfinanza nella riduzione della povertà.
In particolare, il programma cerca di attuare le seguenti linee strategiche42:
Cambiare il modo in cui la valutazione d’impatto è intesa e condotta:
Imp-Act promuove processi di riflessione per la progettazione di sistemi di valutazione d’impatto adatti a contesti ed organizzazioni specifici e rispondenti alle necessità dei diversi attori.
Creazione di modelli per la valutazione d’impatto
Il programma mira al rafforzamento delle IMF affinché esse sviluppino sistemi di apprendimento che possano supportare i processi decisionali interni e che possano soddisfare le esigenze dei principali attori esterni. Si stanno sviluppando strumenti per una VI gestita dagli stessi esecutori, flessibile, a basso costo ed utile all’interno dell’organizzazione.
Assicurare la partecipazione effettiva del cliente nel processo di VI
Imp-Act mira a sostenere lo sviluppo di sistemi che spingano le IMF verso una maggiore sensibilizzazione alle necessità dei clienti e che li coinvolgano attivamente nell’auto- valutazione.
Rendere il microcredito più efficace per i più poveri
Imp-Act sta indagando la capacità del microcredito di raggiungere i più poveri. Il programma sfida la nozione secondo la quale il microcredito è inappropriato per i più poveri.
Considerare gli ampi impatti del microcredito
Imp-Act sta lavorando per dimostrare la possibilità di raccolta ed analisi di dati operativamente utili per fornire analisi rigorose sugli ampi impatti del microcredito sulla povertà.
Imp-Act si basa sulla varietà di obiettivi ed esperienze delle IMF socie che coprono un ampio raggio di tipologie organizzative, tra cui il modello Grameen, bancos comunales,
42 “Reflexionando sobre las lecciones aprendidas y mejorando las prácticas”. Rapporto della seconda Riunione Globale di Imp-Act tenuta a Polokwane, Sudafrica, Maggio 2003
prestiti individuali, organizzazioni basate su gruppi di autosostegno, banche commerciali, ONG.
Molte delle IMF coinvolte stanno lavorando con o attraverso reti regionali o nazionali. Il lavoro delle IMF si inserisce all’interno di un’agenda di investigacion-accion più ampia con il lavoro dei Gruppi Tematici.
I gruppi tematici creati all’interno del programma sono stati:
• Sistemi e Processi di VI
• Comprendere gli impatti del microcredito
• Microcredito per i più poveri
• Il ruolo delle reti
Sistemi e processi di VI
Imp-Act sviluppa sistemi di VI che possano inserirsi nelle modalità di lavoro già esistenti presso le IMF, e che possano produrre risultati credibili ed essere usati facilmente dai responsabili e dal personale delle IMF.
Per lo sviluppo dei diversi lavori svolti da questo gruppo tematico, Imp-Act ha creato un quadro di riferimento che si presenta come una guida iniziale che permetterà di comprendere i passi da seguire nel Processo di Valutazione d’Impatto.
Questo quadro di riferimento può essere definito a grandi linee nel seguente modo43:
6.2.1.1. Primo passo: definizione del quadro concettuale di una valutazione d’impatto
Il punto di partenza per qualsiasi valutazione d’impatto deve essere la comprensione del contesto nel quale l’istituzione sta operando ed i risultati ed impatti che l’organizzazione sta cercando di raggiungere, cioè la sua Missione.
Prima di cominciare a pensare al come delle valutazioni d’impatto, è necessario pensare al perché, in altre parole capire a quali domande vogliamo rispondere con la VI:
1. Cosa vuole raggiungere l’organizzazione nel contesto in cui opera.
2. Ragioni per condurre una valutazione d’impatto
3. Cosa una IMF impara dalla VI
43 Documento di lavoro n. 1 Reunion virtual sobre metodologias del gravamen del impacto, Anton Simanowitz. Programa de investigacion- Accion Imp-Act.
Una volta analizzato con attenzione questi elementi, è possibile creare un quadro concettuale ed una serie di ipotesi sugli impatti attesi.
Il quadro concettuale di una VI deve essere abbastanza flessibile da integrare tanto gli impatti previsti che quelli imprevisti. Le informazioni raccolte sugli impatti negativi e positivi possono essere utilizzate per disegnare e ridisegnare il progetto di continuo, facendo della VI una esperienza di apprendimento permanente.
Da una prospettiva semplice si vuole ragionare su come la IMF si inserisce nella vita dei propri clienti e quali sono i probabili meccanismi attraverso i quali i clienti possono trarre benefici. Per esempio, alcune IMF si concentrano nel migliorare le attività economiche dei clienti, di conseguenza sono principalmente interessate alla valutazione dei cambiamenti avvenuti nelle attività stesse. Tuttavia, quando la missione è la riduzione della povertà, l’impatto deve essere esaminato in un contesto più ampio. Può essere necessario sviluppare un quadro concettuale che comprenda diversi livelli di
analisi: il cliente come individuo, il suo nucleo famigliare, la sua attività economica e la sua comunità e le interrelazioni esistenti tra questi livelli
Il processo di VI ed i suoi risultati dipendono dunque dagli obiettivi della MFI.
6.3.1.2 Secondo Passo: determinazione degli obiettivi di una valutazione d’impatto44
Una volta che si ha una visione più chiara di come la mission dell’organizzazione e le sua attività si collegano ai possibili impatti sui clienti, gli obiettivi della valutazione d’impatto possono essere definiti.
Come si è visto in precedenza, la VI può essere utilizzata per vari scopi, secondo le necessità di contesti, obiettivi ed attori differenti. Per determinare gli obiettivi di una VI è necessario definire:
Quali sono le domande alle quali la VI può aiutare a rispondere?
Che tipo di informazione può essere ottenuta con una VI e a quale scopo?
Lo scopo principale di una VI è capire e/o misurare i cambiamenti nelle condizioni di vita dei clienti nel lungo periodo. Questo scopo generale può però essere adattato per raggiungere:
- Certificazione esterna
- Certificazione interna
- Apprendimento interno
- Promozione strategica
- Miglioramento della metodologia/gestione
Determinare gli obiettivi di una valutazione d’impatto implica anche determinare per quale scopo finale si vuole realizzare una VI.
E’ importante riconoscere che le IMF desiderano raggiungere vari tipi di obiettivi.
Ciò nonostante, si deve raggiungere un equilibrio tra questi obiettivi, in maniera che essi aiutino a definire i passi successivi, cioè la focalizzazione della valutazione d’impatto, la selezione di metodologie e strumenti da utilizzare, l’uso e l’utilità dei risultati della VI.
44 Documento di lavoro n. 1 del Pragramma de Investigacion de Accion, di Imp-Act.
6.2.1.3. Terzo passo: il focus di una Valutazione d’Impatto
La definizione degli obiettivi dovrebbe chiarire su quali fattori deve concentrarsi ogni organizzazione. Il focus generale di una VI dovrebbe essere determinato prima di selezionare le metodologie e gli strumenti specifici.
La VI può focalizzarsi su:
• Migliorare l’impatto
• Provare l’impatto
La VI focalizzata sul miglioramento dell’impatto enfatizza l’auto analisi dei clienti e l’apprendimento del personale e mira ad influenzare direttamente il processo metodologico di sviluppo dei prodotti.
La VI che mira a provare l’impatto è centrata principalmente sulle necessità di informazione esterna (certificazione)
I punti, presentati nella tabella seguente, indicano alcuni degli elementi su cui può concentrarsi una VI45:
Tabella 29: elementi possibili di una VI
Quando si realizza la VI? Un unico studio settoriale Processo a lungo termine:
Studio longitudinale e monitoraggio dell’impatto
Quali sono i soggetti coinvolti? Consulenti esterni Clienti, personale, tutti gli attori coinvolti
Metodologia Ricerche/studi quantitativi Processo partecipativo – principalmente qualitativo
Raggio d’azione Solo attività economiche/settore imprenditoriale Individuale, nucleo familiare, attività economica, comunità, impatti più ampi
Scopo dei risultati Giustificare i fondi dei donatori Informazioni utili a migliorare le attività
Per la maggior parte delle istituzioni, il focus della VI si situerà in un punto compreso tra gli estremi di una modalità di effettuare una VI minimalista ed una completa..
Si dovrà costruire un’ampia gamma di componenti differenti e costituire un equilibrio tra la “lista dei desideri” e quello che è realizzabile in termini di costi.
Chi dovrà condurre la valutazione d’impatto? In una organizzazione impegnata nei processi di apprendimento interno, è chiaro che il personale dovrebbe avere grandi responsabilità nel processo. La decisione sull’opportunità di ricorrere a personale esterno dipenderà dalle capacità dello staff interno, dalla necessità di assicurare la credibilità della valutazione e dal valore di un risultato più “neutrale”.
Sicuramente se si coinvolgerà il personale, esisterà la necessità di svilupparne le abilità e capacità di valutazione. Inoltre, potrebbero crearsi tensioni tra lo svolgimento del lavoro “normale” e le mansioni relative alla valutazione d’impatto. Potrebbero anche esistere conflitti d’interesse quando il riportare dati positivi in termini d’impatto possa portare a percepire benefici economici.
45 Reportes del programa: Primera reunion Virtual sobre enfoques y metodologias, Anna Portisch, Imp-act Secretariat
Quando l’obiettivo è quello di raccogliere informazioni destinate ad attori esterni collegati alla IMF, è più probabile che si ricorra a consulenti esterni. Anche in questo caso è tuttavia importante che il personale comprenda i processi in corso e sia capace di partecipare al processo di valutazione d’impatto e nel monitoraggio del lavoro dei consulenti. Le informazioni prodotte dovrebbero essere opportune e presentate in un formato accessibile per gli attori interni all’istituzione.
6.2.1.4 Sviluppo di Indicatori46
Una volta chiarito cosa si cerca con la valutazione d’impatto e il focus da utilizzare, sarà possibile passare allo sviluppo degli indicatori.
Il quadro concettuale ci aiuta a sviluppare ipotesi sui cambiamenti che si attendono ed i processi che possono stabilirsi; definire gli obiettivi aiuta a selezionare il tipo di informazioni di maggior interesse e le domande alle quali rispondere; gli indicatori sono dati specifici che collegano gli obiettivi alle ipotesi e permettono che certi cambi definiti siano misurati o analizzati. Essi aiutano a sviluppare una migliore comprensione della correttezza delle ipotesi e ad evidenziare altri cambiamenti o processi che non erano attesi.
In altre parole, è essenziale assicurarsi che gli indicatori selezionati siano strettamente legati ai cambiamenti che la IMF desidera osservare.
Una volta definiti gli indicatori, il passo successivo è cercare i modi migliori per la raccolta delle informazioni, il che implica la selezione degli strumenti e delle metodologie.
6.2.1.5 Quarto passo: Gli strumenti per una valutazione
La selezione degli strumenti implica la ricerca del punto di equilibrio tra la scelta efficace delle informazioni necessarie e il rispetto degli obiettivi della Valutazione d’Impatto.
La selezione degli strumenti è un equilibrio tra fiducia, sostenibilità e costo/efficacia. Esistono vari strumenti e metodologie disponibili che comprendono tipi di indagine qualitativa, quantitativa e partecipativa. Diversi sono gli strumenti specifici per la valutazione d’impatto. Ciascun strumento presenta dei punti di forza e di debolezza e si può adattare a diverse richieste di informazioni. È necessario conoscere i costi e i benefici dei diversi metodi e soppesare le alternative. Le scelte devono essere fatte considerando che tipo di informazioni sono necessarie, con un approccio di tipo costo- efficacia.
La combinazione di diversi strumenti rende possibile l’incremento della credibilità, del rapporto costo-efficacia e dell’utilità del lavoro. L’informazione che si proviene da distinte fonti può essere triangolata e, se le distinte fonti di informazioni offrono delle risposte simili, si rafforza il grado di credibilità. L’uso di fonti multiple di informazione permette, inoltre, di reperire dei dati differenti per i diversi obiettivi.
La maggior parte delle IMF del programma hanno usato, come punto di partenza per la selezione ed il disegno dei propri strumenti, i lineamenti e gli strumenti sviluppati dalla Rete SEEP-AIMS. Questi presentano caratteristiche di base per il disegno di indagini quantitative e qualitative che si fondono sulla partecipazione e la formazione del
46 Documento di lavoro n. 1 del Pragramma di Investigacion di Accion, di Imp-Act
personale. In particolare, la Rete ha elaborato un pacchetto di cinque strumenti che gli operatori di microfinanza possono usare per valutare l’impatto che si genera nei clienti. Il tipo di approccio utilizzato, come gli strumenti sviluppati dal SEEP, sarà approfondito di seguito.
6.2.1.6 L’uso dell’informazione nella Valutazione d’Impatto47
L’utilità di qualsiasi valutazione d’impatto dipende fondamentalmente dal modo in cui l’informazione raccolta viene presentata agli attori vincolati all’istituzione, oltre che dalle azioni considerate in modo conforme ai risultati. Si potrebbe creare un “circuito di feed-back” che prevede un processo di indagine che parte dalla raccolta delle informazioni, passando per il loro consolidamento, analisi, presa di decisioni e comunicazione dei risultati agli attori coinvolti dall’istituzione. Il processo si può concludere con l’implementazione dei risultati e si può nuovamente riattivare. Molte IMF hanno condotto delle indagini che hanno presentano delle carenze nella fase di elaborazione degli strumenti, nella definizione degli obiettivi e delle attività della mission, oltre che nell’elaborazione di nuove metodologie o politiche.
È importante notare che il processo di valutazione di impatto non è un esercizio neutro di raccolta di informazioni, bensì un processo che consente di verificare le pratiche istituzionali. Una IMF che coinvolge nella valutazione d’impatto il proprio personale, i propri clienti e altri attori principali, dovrà interrogarsi costantemente circa il proprio modo di agire per poter cambiare e rispondere ai temi emersi.
6.3 Gli strumenti di aims-seep48
La Rete SEEP, parte dell’organizzazione privata di volontari vicina ad AIMS, ha elaborato un manuale di Strumenti di Valutazione per operatori di Microfinanza, il cui obiettivo è aiutare le IMF nella valutazione dei propri clienti.
Il manuale comprende un pacchetto di cinque strumenti di valutazione che gli operatori di microfinanza possono utilizzare per raccogliere informazioni inerenti i loro programmi. Si tratta di informazioni molto utili per la Valutazione di Impatto, per l’indagine di mercato e per migliorare i prodotti e servizi che il programma e/o l’istituzione offre.
6.3.1 Il Quadro Concettuale nel Processo di SEEP
Prima di realizzare una breve descrizione dei 5 strumenti, è importante chiarire che la Rete SEEP ha beneficiato del quadro concettuale elaborato dai ricercatori di AIMS al fine di valutare come i programmi di microfinanza contribuiscono alla stabilità ed alla crescita dell’impresa, alla sicurezza della famiglia, al benessere individuale ed allo sviluppo economico delle comunità.
Visto lo stretto legame esistente tra la microimpresa e la famiglia/nucleo familiare, si può sostenere che il quadro concettuale di AIMS e quindi quello usato da SEEP interessa l’impatto che si verifica:
47 Documento de trabajo nro.8: Programma de Investigacion de Accion, Imp-Act.
48 Aprendiendo de los clientes: Herramientas de Evaluacion para los Operadores de Microfinanzas . La red SEEP, Septiembre 2001.
• A livello della famiglia/nucleo familiare
• A livello dell’impresa
• A livello individuale
• A livello di comunità
6.3.2 L’approccio di SEEP
Il tipo di approccio adottato da SEEP nel disegno della Valutazione d’Impatto è diretto agli operatori di microfinanza. L’obiettivo è quello di incontrare un equilibrio tra la qualità della Valutazione di Impatto (credibile, obiettiva, valida ed esaustiva) ed il costo per la realizzazione (misurata a seconda del tempo, delle risorse finanziarie e della capacità).
Nel momento in cui la Rete ha iniziato a lavorare, ha adottato un approccio che prevede i seguenti concetti:
1) La valutazione del cliente deve mettere in rilievo ciò che gli operatori desiderano e necessitano sapere.
Secondo la SEEP, due domande di base sono in grado di definire il tipo di rilievo desiderato:
- Che effetto o impatto hanno i servizi del programma sui clienti?
- Come si può migliorare il programma?
Tale rilevazione ha condotto la SEEP a combinare gli elementi classici di una valutazione classica di impatto con le componenti dell’indagine di mercato.
2) L’esercizio deve essere fattibile per gli operatori.
L’équipe ha preso varie decisioni per equilibrare la fattibilità dell’implementazione e la credibilità dei risultati. I cinque strumenti possono essere usati impiegando qualsiasi combinazione che corrisponda alle risorse del programma. L’approccio si può adattare ad un’ampia gamma di costi, attitudini e tempo.
3) L’approccio deve mettere a confronto le caratteristiche di una Valutazione Credibile e di Qualità
Equilibrando la qualità ed i costi, SEEP ha messo a confronto ciascuna delle seguenti caratteristiche:
• Attitudini: Prima di eseguire la valutazione, il personale si sottopone ad una formazione intensiva;
• Obiettività: In questo approccio alcuni elementi garantiscono un’obiettività: 1) l’équipe di valutazione viene formato intensamente prima di procedere alla raccolta di dati ed è supervisionata adeguatamente durante il processo; 2) il personale del programma conduce la valutazione però non si occupa delle interviste ai clienti coinvolti; 3) si realizza un controllo di qualità dei dati.
• Incarico: L’approccio permette che si sviluppino delle associazioni credibili tra ciò che è stato fatto ed i risultati raggiunti, invece di comprovare la causalità.
6.3.3 Selezione degli Strumenti
Come detto precedentemente, l’équipe SEEP ha selezionato cinque strumenti, tre dei quali quantitativi e due qualitativi.
Ciascuno strumento aiuta a raccogliere differenti tipi di informazione che vanno dall’impatto al feed-back da parte del cliente che costituisce parte del mercato di indagine.
Sebbene ciascuno strumento sia complementare agli altri e tali strumenti siano stati provati dall’équipe di SEEP come un insieme, essi possono essere utilizzati in modo individuale o con qualsiasi combinazione.
Inoltre, ciascuno strumento deve essere adattato, non essendo pronti per essere usati nel modo in cui sono stati disegnati. È necessario che ciascuna IMF disegni la sua propria valutazione.
Oltre alla selezione degli strumenti che più si adeguino agli obiettivi della valutazione del cliente, gli amministratori dovranno considerare le risorse e il tempo che sono in grado di dedicare all’esercizio, che può essere un processo semplice o complesso.
6.3.4 Differenze tra metodi quantitativi e qualitativi
Come indicato precedentemente, l’approccio di AIMS-SEEP rispetto alla valutazione di impatto da parte e per gli operatori, combina le tecniche quantitative e quelle qualitative. AIMS sostiene che queste due categorie di strumenti siano complementari, visto che ciascuna di esse proporziona distinti tipi di informazioni che consentono ai ricercatori di ottenere un’idea completa dell’impatto.
L’approccio quantitativo, con un campione appropriato, consente di misurare le
reazioni di molti soggetti di fronte ad una serie di domande. Sono metodi standardizzati che permettono di ottenere risposte brevi dalla maggiore quantità possibile di clienti.
Tale approccio è utile per ottenere una descrizione generale di una situazione, di come sta cambiando o di come misurare l’impatto. Ciò è utile per appoggiare delle conclusioni e provare delle ipotesi, ma non consente di capire il motivo per il quale sono avvenuti i cambiamenti.
L’approccio qualitativo, ricco nell’impiego di esperienze, opinioni, sentimenti e conoscenze, ci fornisce più informazioni circa ciò che realmente sta succedendo ed offre un quadro più completo del contesto, che consente di comprendere meglio i risultati.
Tale approccio è utile per comprendere le ragioni degli eventi descritti nella valutazione d’impatto. Come esempio dell’applicazione degli strumenti per conto dell’équipe SEEP, si possono identificare le seguenti differenze tra le domante Qualitative e Quantitative49:
49 Figura 3-2 del capitolo 3 del “Manual de Herramientas….” de AIMS-SEEP
Tabella 30 - confronto fra indagine qualitativa e quantitativa
Domande di Indagini qualitativa Domande di Indagini quantitativa
È necessaria una quantità minore di ricercatori È necessaria una maggiore quantità di ricercatori
Le domande aperte e di indagine danno come risultato delle informazioni dettagliate che illustrano diverse realtà ed risaltano la loro diversità. Le domande specifiche ottengono risposte predeterminate a domande standardizzate
Le tecniche di raccolta dei dati variano (focus group ed interviste individuali) Si appoggiano alle indagini quale metodo principale per la raccolta di dati (Indagine di impatto ed Indagine di uscita del cliente)
Non c’è bisogno di un gruppo di controllo Si richiedono gruppi di controllo o comparazione per determinare l’impatto del programma*
Più concentrata in un’area geografica Più disperse dal punto di vista geografico
Tecniche più varie per l’analisi dei dati Si basa su un’analisi standardizzata
Più adeguate quando il tempo e le risorse sono limitati Si basa su interviste più ampie
Conferiscono potere e sono partecipative (sollecitano una riflessione dei partecipanti circa le loro esperienze) Non conferisce potere
Il campione dipende da ciò che si deve verificare L’approccio del campione si basa sulla probabilità e sulla rappresentatività
Proporzionano informazioni relative all’applicazione del programma all’interno di un contesto specifico per una popolazione particolare È più probabile che proporzionino informazioni referenti all’ampia applicazione del programma
Esplorano la causalità (Generano ipotesi) Suggeriscono causalità (Prova le ipotesi)
Fonte: Patton, 1990; Gosling y Edwards, 1995; Carvalho y White, 1997
*I gruppi di comparazione sono composti da clienti che di recente sono entrati nel programma e che non hanno ancora ricevuto servizi del programma.
6.3.4.1 Strumenti quantitativi
Come si è detto anteriormente dei cinque strumenti inclusi nel manuale di SEEP, due di questi sono quantitativi e si denominano come Indagine di impatto (A) e Soddisfazione del cliente (B).
A) Indagine di Impatto
L’obiettivo dell’indagine di impatto è quello di comprovare ipotesi multiple che corrispondono a vari tipi di impatto descritti in ambito concettuale (a livello di famiglia, di impresa, individuale e di comunità)
Dato che l’Indagine di Impatto si concentra su un numero relativamente grande di ipotesi di impatto, è abbastanza lunga. E’ possibile che molte organizzazioni di microfinanza decidano di usare solamente alcune parti essenziali della indagine. Al contrario, le organizzazioni che desiderano esaminare determinati temi in forma esaustiva possono elaborare una gamma di domande addizionali.
La indagine di impatto descrive uno schizzo trasversale, che raccoglie un’informazione di un preciso istante temporale.
L’indagine di impatto si applica a tre gruppi selezionati casualmente: un gruppo di clienti di breve periodo (approssimativamente con un anno di rapporto), un gruppo di clienti di più vecchia data (due o più anni di esperienza all’interno del programma) ed un gruppo di clienti nuovi che da non hanno ricevuto tuttavia nessun servizio. L’indagine si applica nella stessa maniera a tutti gli intervistati e le loro risposte generalmente si riportano in termini di numeri che corrispondono a risposte pre-codificate.
Come si nota in questa breve descrizione, il gruppo di confronto è composto dai clienti che sono da poco entrati nel programma. Essi costituiscono il miglior gruppo di confronto perché, non hanno partecipato al programma il tempo sufficiente per evidenziare alcun impatto e dovrebbero essere persone simili al campione di clienti.
Ipotesi verificabili con questo strumento:
- A livello familiare:
• Aumento dei redditi
• Aumento delle attività
• Aumento del benessere
- A livello di impresa
• Aumento dei redditi
• Aumento delle attività
• Miglioramento della capacità di sopravvivere a periodi di flusso di cassa ridotto
• Cambiamenti nelle pratiche commerciali associati ad una maggior redditività
- A livello individuale
• Aumento dei risparmi personali
- A livello di comunità
• Incremento dell’occupazione
B) Indagine sulla fuoriuscita del cliente
L’indagine sulla fuoriuscita del cliente cerca di ottenere informazioni sui motivi per cui il cliente ha abbandonato il programma, così come sull‘opinione dei clienti sul programma e sul’impatto dello stesso.
Il proposito di questa indagine è di verificare:
- Quando il cliente ha abbandonato il programma,
- Perché il cliente ha abbandonato il programma,
- Che pensa il cliente sull’impatto del programma sui suoi affari;
- Che pensa il cliente dei punti di forza e di debolezza del programma;
- Quando il cliente tornerà nel programma
Sapere perché i clienti se ne vanno può aiutare gli amministratori a decidere come cambiare il programma con la finalità di migliorare i servizi e/o mantenerli competitivi. Data l’importanza per l’amministrazione, questo strumento può essere inteso come un regolare dispositivo di monitoraggio per raccogliere informazioni sugli ex clienti in forma abituale nella misura in cui i clienti abbandonano il programma.
6.3.4.2 Strumenti qualitativi
Gli strumenti qualitativi offerti da AIMS-REED sono tre: A) Uso dei prestiti, Utili e Risparmi nel tempo; B) Soddisfazione del cliente; C) Formazione delle clienti
A) Uso dei prestiti, Utili e Risparmi nel tempo
Questo strumento è composto da due moduli distinti, uno che riguarda l’uso dei prestiti e l’altro l’uso dei risparmi. Questi due moduli si possono utilizzare sia insieme che in forma separata. In entrambi i casi si utilizzano interviste individuali.
B) Soddisfazione del cliente
Lo strumento della Soddisfazione del Cliente è uno strumento per intervistare gruppi sensibili che aiuterà ai responsabili a familiarizzare con il grado di soddisfazione dei clienti per il programma e con i cambiamenti specifici per migliorare i loro bisogni.
L’obiettivo dello Strumento della Soddisfazione del cliente è:
- Determinare il grado di soddisfazione del cliente con i prodotti ed i servizi che offre il programma;
- Sollecitare dei suggerimenti da parte dei clienti per migliorare il programma.
Cercare di ottenere le opinioni degli stessi clienti è a volte la miglior maniera di raccogliere informazioni. Questo strumento serve come verifica della realtà per determinare se il programma sta realmente andando incontrdo alle necessità dei clienti.
C) Formare le clienti
Formare le donne povere affinché si pongano delle mete, si organizzino e prendano delle decisioni sulle loro vite e per le loro comunità, costituisce un elemento chiave per alleviare la povertà. I gruppi marginali devono affrontare barriere culturali, psicologiche ed economiche per ottenere le risorse che permettano loro di conseguire un maggior controllo sulle loro vite. Storicamente il microcredito ha fornito servizi ad un numero di donne molto maggiore che a qualsiasi altro sottogruppo della popolazione. Si pensa che gli elementi tanto finanziari come sociali delle metodologie del microcredito contribuiscano allo sviluppo del concetto tanto importante quanto intangibile di formare e/o potenziare. Pertanto questo Strumento di formazione delle Clienti è stato sviluppato concentrandosi sulle clienti di sesso femminile ma può anche essere adattato facilmente per altri gruppi.
L’obiettivo dello strumento è:
- Determinare se le clienti hanno acquisito maggior fiducia e autostima grazie alla loro partecipazione nel programma;
- Identificare come queste qualità si sono tradotte in cambiamenti specifici nel loro comportamento sfruttando le nuove capacità ed abilità acquisite.
Ipotesi che si verificano con questo strumento:
- A livello individuale:
• Maggior controllo delle clienti sulle risorse economiche
• Aumento della autostima e della fiducia delle clienti
• Maggior partecipazione nella presa di decisioni
• Maggior abilità nel negoziare con terzi.
I metodi per implementare questo strumento:
I tre metodi descritti in seguito consistono in un’intervista esaustiva pensata per quelle clienti che hanno partecipato al programma per più di due anni. Nel corso della intervista si sollecita ogni cliente ad identificare le differenze nel suo comportamento tra passato e presente.
Nel primo, la cliente disegna due autoritratti (passato e presente) come forma di iniziare la discussione sui cambiamenti che ha sperimentato nel tempo. Durante il corso della conversazione, l’intervistatore raccoglie informazioni sul modo in cui la cliente è stata formata personalmente, si per quanto riguarda il livello famigliare, quello comunitàrio e nei suoi affari commerciali. Nel formulare domande che riguardano il ritratto che ha disegnato la cliente, l’intervistatore può determinare come è stata formata la cliente nel tempo e la misura in cui tale cambiamento può essere attribuito al programma.
Il secondo metodo è una variante del primo. Invece di riunirsi con ognuna delle clienti in forma individuale e separata, gli intervistatori si riuniscono in piccoli gruppi di quattro clienti che disegnano i loro autoritratti, li presentano al gruppo e li discutono assieme. Il terzo metodo si basa sulle interviste individuali durante le quali l’intervistatore formula una quantità di domande ad ogni cliente circa le loro vite nel passato e nel momento attuale. Per tutti e tre i metodi, è meglio contare su un intervistatore che formuli le domande ed una persona che registri o annoti le risposte.
Questo strumento è molto personale e intenso. Si avvicina alle emozioni ed ai pensieri più intimi delle clienti molto di più che qualsiasi altro strumento.
CAPITOLO 7 CASO STUDIO KOSOVO(di Chiara Benvegnù)
7.1 Il Kosovo
Cartina del Kosovo
7.1. Il kosovo
Dati del Kosovo (1993)
Nome: in serbo Kosovo, in albanese Kosova
Capitale: Pristina 200.000 abitanti
Superficie: 11.000 kmq.
Età media: 24 anni (oltre il 50% della popolazione ha meno di 20 anni)
Economia del Kosovo prima del conflitto
Il Kosovo possiede un territorio ricco di risorse minerarie e naturali ed un terreno fertile, adatto all’agricoltura. Inizialmente, sotto il governo della federazione Jugoslava,
l’attività principale nella regione era l’agricoltura; solo dopo la Seconda Guerra Mondiale la trasformazione economica guidata dalla pianificazione centrale ha portato a costruire impianti industriali e a sfruttare le risorse minerarie.
Durante gli anni ’70 ed ‘80 la provincia ha ricevuto ingenti risorse per lo sviluppo economico, indirizzate al finanziamento delle industrie estrattive e di trasformazione, ad alta intensità di capitale. Le produzioni prevalenti sono passate quindi da un ruolo centrale dell’agricoltura ad una prevalenza di materie prime e prodotti semi-lavorati (come il piombo).
A metà degli anni ’90, l’ultimo periodo per il quale esistono rilevazioni accurate, la struttura produttiva è regredita a quella di 25 anni prima dopo un ampio processo di de- industrializzazione. Le motivazioni di questa trasformazione vanno fatte risalire alla perdita d’autonomia della regione dall’anno 1989 ed hanno portato all’attuazione di una politica economica poco vantaggiosa per la regione. La produzione industriale è stata fatta decrescere in maniera sensibile e l’occupazione si è ridotta. Le politiche economiche sono state decise in base al modello dell’economia pianificata della Jugoslavia: le industrie sono in grande maggioranza, di proprietà dello Stato ed i criteri decisionali non sono guidati dalla razionalità commerciale ma da scelte politiche basate sulle preferenze regionali.
Tabella 31 Struttura della produzione del Kosovo (in percentuale)
1971 1988 1996
Industria 33,3 47,4 33,8
Agricoltura 28,2 20,4 28,8
Altro 38,5 32,2 37,4
Fonte: Reinvest Consultant, Pristina. Su World Bank, 2001
7.2 Il Kosovo in guerra: la grave situazione di subordinazione alla Serbia
Cronologia storica degli eventi
1912 I Serbi occupano il Kosovo appoggiato da Russia e Francia
1914 1° guerra mondiale: gli eserciti bulgaro e austro-ungarico occupano e si spartiscono il Kosovo
1918 Serbi rioccupano il Kosovo
1919 Accordo di Versailles: Regno dei Serbi, Croati e Sloveni a cui vengono assegnate il Kosovo e la Macedonia
1919/1940 Assimilazione forzata; oppressione, repressione, distruzione di villaggi, espropri, violenze: 300.000 albanesi trasferiti in Turchia
1941/1943 Occupazione italiana: istituto protettorato Albania + Kosovo + Macedonia, nascono scuole in lingua albanese
1943/1944 Occupazione tedesca: si promuove la creazione di una “Grande Albania”
1945 Kosovo occupato e inglobato come territorio autonomo della Repubblica Socialista di Serbia
1946/1966 400.000 albanesi emigrano in Turchia
1963 Nuova costituzione Jugoslava che dà maggiore autonomia al “territorio” Kosovo
1968 Manifestazioni studentesche per la repubblica del Kosova. Il territorio cambia nome “Territorio autonomo del Kosovo”
1974 Nuova Costituzione jugoslava: il Kosovo è riconosciuto come uno dei soggetti costitutivi della Jugoslavia. Rimane “provincia autonoma” della repubblica Serba, ma con proprie istituzioni indipendenti: costituzione, parlamento, governo, magistratura, scuole, ecc.
1981 Manifestazione studentesca a Prishtina per la “Repubblica del Kosova” quale “Settima Repubblica della Federazione Jugoslava”: 11 morti, centinaia di feriti, migliaia di arresti
1987 Milosevic diventa Presidente e inizia il processo di cancellazione dell’autonomia del Kosovo
1988 Scioperi in tutto il Kosovo. Manifestazioni in Serbia al grido di “riprendiamoci il Kosovo”
1989 Modificata la Costituzione della Serbia: eliminata la necessità dell’assenso delle Assemblee elettive delle Province Autonome.
- Stato d’assedio in Kosovo;
- La lingua albanese non è più riconosciuta per gli atti ufficiali
02.07.1990 Il Parlamento del Kosovo proclama la Repubblica Kosovo, federata alla Jugoslavia
05.07.1990 Belgrado dichiara sciolto il Parlamento di Prishtina
07.07.1990 Il Parlamento di Prishtina (in semi clandestinità) approva la nuova costituzione. I serbi chiudono: stazione radio-tv, quotidiani, scuole albanesi, licenziano migliaia di dipendenti pubblici albanesi, diventa obbligatorio l’uso dell’alfabeto cirillico
1990 Dichiarazione d’indipendenza di: Croazia, Slovenia, Macedonia 1991 Referendum Bosnia: boicottato dai serbi di Bosnia: primi scontri 1992/1995 Guerra in Bosnia
1995 Accodo di Dayton: nasce lo Stato di Bosnia e Erzegovina diviso in due entità: Repubblica serba di Bosnia e la federazione Croata- musulmana
1996 Accordo Rugova-Milosevic per riaprire le scuole albanesi pubbliche: accordo mai rispettato
1998 - Inizio repressioni: morti, profughi, distruzione villaggi
- Primo attacco dell’UCK (esercito albanese di liberazione del Kosovo) contro la polizia serba (marzo)
- Milosevic decreta embargo interno contro il Kosovo (maggio)
- Attacco alla prima città: Decan; 55.000 profughi (fine maggio)
- Arrivo osservatori OSCE (ottobre)
1999 Bilancio in Kosovo: (al 29 marzo 1999)
- oltre 1.000 morti;
- 460.000 profughi;
- 250.000 sfollati interni;
- 250 villaggi distrutti.
Notizie sul conflitto
22 marzo 1999: un osservatore in Kosovo dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa aveva esplicitamente parlato di uno “scenario plausibile” secondo il quale i serbi cercherebbero di “stabilire una linea di fatto che divida il Kosovo ripulendo la parte occidentale e quella settentrionale di tutti gli abitanti albanesi”.
27 marzo 1999: “Le ultime notizie di massacri e deportazioni di popolazione dal Kosovo fanno apparire uno scenario da incubo per gli strateghi politici e militari della Nato. La massiccia operazione militare ingaggiata dalle truppe serbe contro gli albanesi kosovari potrebbe avere come obiettivo una “pulizia etnica” totale che miri ad una spartizione di fatto della provincia.
D’altra parte sin dai giorni immediatamente precedenti l’attacco della Nato, le forze serbe avevano accumulato uomini e mezzi nella provincia e nelle immediate vicinanze, ignorando l’impegno sancito internazionalmente con ONU in settembre di mantenere nel Kosovo solo una presenza di polizia. A questo punto, secondo il Ministro della Difesa tedesco, Milosevic può contare addirittura su 40.000 uomini e 300 carri armati impegnati nell’operazione contro gli albanesi. Operazioni facilitate dal fatto che, a causa dei bombardamenti, gli osservatori internazionali dell’Osce sono stati ritirati e i giornalisti sono stati espulsi.
Chi pensa che Milosevic stia prefigurando una spartizione del Kosovo, indica le direttrici di marcia delle truppe lungo gli assi Pristina-Mitrovica e Pristina-Podujevo. L’idea sarebbe quella di “ripulire” la regione a nord di Pristina dove sono concentrate le vie di comunicazione con la Serbia e quel poco di infrastrutture civili ed economiche (ferrovie, miniere) del Kosovo. La striscia occidentale, invece, verrebbe mantenuta perché sede dei più importanti monumenti religiosi ortodossi, come la sede patriarcale di Pec, luogo simbolico della nascita della consapevolezza nazionale serba.
Questo lascerebbe la parte sudorientale della provincia alla popolazione albanese cui – al limite – potrebbe anche essere consentito di aspirare ad una “Grande Albania”, destabilizzando in un colpo solo la vicina Macedonia (la cui popolazione è per il 25% albanese) e poi tutta la regione. Uno scenario da incubo!
7.3 La realtà post-bellica del 1999/2000
Stato della popolazione prima della guerra e stime sulla situazione attuale (2000)
Prima della guerra:
E’ molto difficile riuscire a dare una idea chiara dell’attuale struttura della popolazione del Kosovo, essendo stati i movimenti in entrata e in uscita molto forti. La popolazione serba che prima della guerra rappresentava il 10% della popolazione, ha abbandonato la provincia in misura ancora non ben definita; lo stesso si può dire di Montenegrini, Rom e altre etnie minori. Allo stesso tempo, il numero di albanesi di Albania arrivati sul territorio rimane un grosso punto interrogativo poichè non è possibile indicarne la consistenza numerica. Il fortissimo fenomeno della mortalità bellica, di cui ancora oggi non si hanno dati precisi e l’emigrazione verso l’Europa Occidentale hanno contribuito molto a questa scarsa definizione dei dati.
Va comunque detto che in gran parte si è realizzato il rientro dei profughi dall’Albania, dall Macedonia e da altri paesi limitrofi e che la grande maggioranza di coloro che là si erano rifugiati al tempo della grande operazione di pulizia etnica è tornata nei suoi luoghi di origine.
L’ultimo censimento effettuato risale al 1991, a cui peraltro la popolazione albanese ha partecipato in modo ridotto. Tale censimento indicava una struttura demografica così composta:
Tabella 32: Popolazione in Kosovo nell’anno 1991
Albanesi: 156.072 82%
Serbi: 194.190 10%
Montenegrini: 20.365 1%
Musulmani: 66.189 3%
Rom: 45.745 2%
Turchi: 10.445 1%
Altri: 23.190 1%
Totale: 1.956.196 100%
Per quanto concerne la struttura della popolazione secondo l’età, va rilevato un dato molto importante: la popolazione del Kosovo era la più giovane di tutta Europa. Il 48% delle donne ed il 49% degli uomini rientavano nella classe di età da 0 a 20 anni, il 78% del totale era sotto i 40 anni e solo il 7% oltre i 60 anni. Quindi una popolazione molto giovane, con caratteristiche simili in tutti i distretti. Da ciò conseguiva un tasso di popolazione attiva (15-65 anni) molto alto, pari al 72,2% del totale e di conseguenza un tasso di dipendenza (popolazione non attiva su popolazione attiva) basso rispetto agli standard europei.
La suddivisione tra popolazione urbana e rurale denotava una netta prevalenza della seconda: il 63% della popolazione abitava in zone rurali, a parte la zona di Prizren, dove la maggioranza viveva invece nel centro urbano (52%).
Se questo rappresenta il quadro complessivo della popolazione kosovara al 1991, una stima effettuata per il 1996 indicava cambiamenti non molto consistenti. Va comunque evidenziato una leggera diminuzione del tasso di fertilità (da 3,9 a 3,2 per donna) ed una migrazione verso l’estero pari a circa 17.500 persone all’anno, prevalentemente costituita da uomini (62%).
Dopo la guerra:
Le stime più attendibili sulla attuale composizione della popolazione kosovara parlano di un totale di circa 2.150.000 abitanti, di cui il 60% vive in campagna e il restante 40% nelle aree urbane.
In generale le famiglie delle aree rurali sono più estese di quelle che vivono nelle città ed arrivano mediamente a 10-12 membri. La maggior parte di queste famiglie ha uno o più membri all’estero le cui rimesse contribuiscono in maniera decisiva alla formazione del reddito complessivo del nucleo familiare.
Il Kosovo occupa una superficie di 1.090.800 ettari, il 54% dei quali è costituito da terreno agricolo. Di questo, 408.691 ettari sono costituiti da terreno coltivato, divisi a loro volta in questo modo: : 300.000 a cereali, 12.000 a frutta e 9.300 a vigneto. Oltre a ciò, vi sono circa 480.000 ettari di foreste e 176.000 adibiti a pascolo.
La realtà rurale in Kosovo prima della guerra
Il Kosovo è sempre stata la provincia più povera della ex Jugoslavia. Nel 1995 il PIL pro capita è sceso per mantenersi a 400$, mentre il tasso di disoccupazione ha raggiunto il 70%. Queste sono le cause principali che hanno reso il Kosovo una terra di emigrazione, sia verso le altre province della ex Jugoslavia che verso altri paesi.
Fino all’inizio del conflitto, il 65% della popolazione viveva nelle aree rurali ed il 90% di questo era dedito all’agricoltura, sia a tempo pieno sia a tempo parziale.
Oltre il 50% della popolazione attiva era dedito all’agricoltura; se si considera soltanto la forza lavoro impiegata nel settore, la percentuale saliva al 70%.
Il Kosovo è sempre stato un importatore di prodotti di base per l’alimentazione, soprattutto il grano data la vocazione per le produzioni ad intenso utilizzo di manodopera, come le verdure, la frutta ed alcuni prodotti dell’allevamento.
Il 67% della terra coltivabile, il 30% dei pascoli ed il 38% delle foreste rappresentavano le quote di territorio di proprietà privata. La media delle proprietà private era costituita da 3,2 ha di cui 2,4 di terreno coltivabile.
La componente di reddito delle famiglie rurali data dalle attività agricole è scesa drasticamente dal 50% del 1997 all’11% del 1999, le altre attività non agricole sono
passate dal 25,5% al 20% mentre le rimesse dall’estero sono invece cresciute, passando dal 24 al 30% e ancor di più è aumentata la componente degli aiuti umanitari (dallo 0,6 al 39%).
Circa il 50% del valore delle produzioni agricole era costituito da bestiame che nel 1997, includeva 421.000 mucche, 365.000 pecore, 69.000 maiali, 27.000 capre e 4,5 milioni di galline. Quasi tutti gli agricoltori privati possedevano mucche da latte (in media 1-2 per famiglia rurale) e pollame. Le mucche da latte provvedevano alimento per la famiglia, concime per i terreni coltivati e denaro in contante attraverso la vendita di bestiame e di quote eccedenti di latte. Pecore e capre davano entrate in cash maggiori grazie alla vendita delle stesse e del formaggio. Il pollame garantiva l’approvvigionamento di carne per il consumo familiare poichè la commercializzazione era esclusivamente gestita dalle grandi aziende avicole.
Le imprese di proprietà pubblica agrokombinat erano rappresentate da: due grandi mulini per la produzione di farina e tre di produzione di mangimi; circa dieci forni; due macelli di grandi animali per l’esportazione dei prodotti e altri due per il pollame; una centrale
del latte da 100.000 litri/giorno e molte altre minori; tre o quattro fabbriche di produzione di succhi di frutta; un’industria per la produzione di olio vegetale; un mulino per lo zucchero; molte unità produttive per la trasformazione dei prodotti orticoli e 5 grandi unità per la produzione di vino.
Tutte queste unità produttive scesero nel corso degli anni ’90 al 5% della loro capacità produttiva. Allo stesso tempo, però, diverse imprese private di capacità produttiva molto inferiore sono emerse, sempre nello stesso decennio, al fine di colmare almeno in parte questo vuoto produttivo.
I danni della guerra sull’agricoltura
Dall’agosto 1999, l’85% delle famiglie rurali che avevano abbandonato le loro case ha fatto ritorno nei villaggi d’appartenenza. Dato il livello di distruzione, però, la quasi totalità delle produzioni e dei processi di trasformazione dei prodotti si trovavano a quella data in una posizione di stallo. La struttura delle fattorie private è stata danneggiata in modo massiccio durante il conflitto. La spesa necessaria per rimpiazzare gli animali persi, riparare le aziende agricole distrutte ed i macchinari agricoli è stimabile attorno ai 700-800 milioni di dollari.
La maggioranza del bestiame (mucche: 50%, piccoli ruminanti: 65%, pollame: 85%), che contribuivano per circa la metà al valore delle produzioni agricole, è stato distrutto o ucciso. Oltre la metà dei mezzi meccanici agricoli (trattori:55%, macchine per il raccolto: 75%) sono stati distrutti o hanno bisogno di riparazioni. Molte costruzioni per l’agricoltura (granai, ecc.) sono state distrutte.
Il programma di ricostruzione
La missione ONU ha suddiviso l’intervento in quattro aree di priorità ed ha affidato ciascuna area all’organizzazione internazionale che, per esperienze pregresse, risultava essere la più idonea alle gestione del compito. Così l’amministrazione civile era di responsabilità dell’ONU, l’assistenza umanitaria dell’UNHCR, il processo di ricostruzione delle istituzioni è stato affidato all’OSCE e la ricostruzione materiale all’Unione Europea. L’intera struttura ricade sotto la supervisione e la guida del Rappresentante Speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite.
Le linee guida per la ricostruzione sono individuate dalla Banca Mondiale e dalla Comunità Europea con il “Reconstruction and Recovery Programme” del 1999 che ha individuati gli obiettivi principali da raggiungere a breve e medio termine (4-5 anni):
• Sviluppare una prospera, aperta e trasparente economia di mercato: che possa rapidamente fornire lavoro ad una larga parte della popolazione kosovara; questo richiederà un incoraggiamento per lo sviluppo del settore privato nell’ambito rurale, e l’indirizzare degli sbocchi delle imprese pubbliche.
• Supportare la ripresa della pubblica amministrazione e stabilire istituzioni trasparenti, efficienti e sostenibili: attraverso il rafforzamento e la riforma delle strutture formali e parallele, anche attraverso lo sviluppo di nuove istituzioni dove è necessario;
• Mitigare l’impatto del conflitto ed indirizzare la legalità del 1990 con l’obiettivo di migliorare le condizioni di vita (in particolare con la riparazione delle case e la riabilitazione delle infrastrutture locali), riabilitare le infrastrutture di collegamento necessarie allo sviluppo economico (telecomunicazioni, energie, trasporto) e aumentare la disponibilità dei servizi sociali (educazione e salute).
Iniziative del settore privato
Durante gli anni Novanta, i Kosovari albanesi avevano sviluppato una struttura parallela informale che copriva un’ampia gamma di servizi all’agricoltura, tra cui la meccanizzazione dei processi produttivi dei servizi veterinari e le facilitazioni per la trasformazione dei prodotti. Questa struttura parallela, connotata da una forte capacità di iniziativa privata, sta ora diventando pubblica e rappresenterà un fattore chiave nel recupero delle produzioni agricole. Una tradizione basata sulle fattorie private, la presenza di un settore privato dinamico ed emergente, l’offerta di inputs agricoli e la presenza di processi di trasformazione dei prodotti, sono segnali importanti per il rilancio dell’economia rurale del Kosovo. Su questi presupposti va costruita l’azione di supporto alle attività economiche e sociali delle aree interessate.
La situazione attuale
L’assetto amministrativo
Attualmente il Kosovo ha come “agente amministratore” l’UNMIK, United Nation Mission in Kosovo che rappresenta l’unica forma di amministrazione della cosa pubblica in Kosovo, anche se il suo raggio d’azione non raggiunge tutti gli ambiti. Garantisce tuttavia l’organizzazione delle amministrazioni cittadine e centrale e della polizia in cooperazione con la KFOR.
L’organizzazione di UNMIK ha base regionale; i settori di attività coprono infatti tutte le municipalità che compongono l’area di una regione.
La struttura è composta da:
Un amministratore regionale da cui dipendono direttamente i servizi di documentazione legale, amministrazione, sicurezza e informazione; il Coordinatore di settore con competenze dirette su salute, sociale, educazione e cultura, infrastrutture urbane ed il Vice Amministratore che la responsabilità del controllo delle finanze, delle attività politiche, di quelle economiche e delle Municipalità. Queste ultime prevedono la presenza di un “prefetto” dipendente dell’UNMIK responsabile dell’amministrazione che viene affiancato nello svolgimento delle sue funzioni da un numero vario di “assessori”, espressione della realtà locale dal punto di vista etnico e politico. Si tratta spesso di ex amministratori che hanno svolto le loro azioni durante il periodo antecedente agli anni Novanta.
La situazione delle minoranze
La situazione complessiva dei rapporti tra minoranze e quelli tra maggioranza e minoranze non sta subendo significativi miglioramenti. Se questo è particolarmente vero per quanto riguarda i Kosovari serbi e i Musulmani slavi, migliore è la condizione di vita dei Rom, Ashkaelia, Turchi e Egiziani nei rapporti quotidiani con la maggioranza albanese kosovara.
Sulla consistenza delle minoranze esistono solo stime approssimative: 100.000 Serbi Kosovari, 30.000 Rom, 35.000 Musulmani Slavi, oltre 20.000 turchi, circa 12.000 Gorani e approssimativamente 500 Croati.
La scena politica kosovara è caratterizzata da i due principali partiti kosovaro - albanesi: LDK creato da Rugova e MTK formatasi sulla base dell’UCK, più svariati partiti di riferimento delle minoranze, quali SNV (Srpsko Nacionalno Vece) e SNA (Assemblea Nazionale Serba del Kosovo) per la componente serba; TDBP (Unione Democratica Turca) e THP (Partito del Popolo Turco) per la popolazione di nazionalità turca; mentre la comunità bosniaca è rappresentata dal SDA (Partito d’Azione Democratica). La componente fortemente etnica dei partiti conferma le difficoltà per una convivenza pacifica tra le diverse etnie; laddove la presenza di partiti etnicamente trasversali faciliterebbe le comunicazioni e le soluzioni dei conflitti.
Recenti tendenze di avvio o riavvio di attività anche a livello informale
Circa l’85-90% dell’attività agricola è organizzata in fattorie a conduzione familiare; ogni unità mediamente possiede terreni di 0,5-3 ettari. Attualmente la produzione familiare rappresenta la base della produzione agricola per tutti i prodotti principali. Esistono tuttavia diverse organizzazioni collettive di produttori, 12 in tutto il Kosovo che tecniche di lavoro più intensive e meccanizzate, sia nella coltivazione che nell’allevamento. Oltre a queste sussistono, anche se funzionanti a regime ridotto, alcune cooperative di produttori che stanno affrontando, oltre alle conseguenze della guerra, anche un processo di privatizzazione iniziato precedentemente.
Va sottolineato un altro importante elemento: le rimesse dall’estero, provenienti dai membri delle famiglie stanno dando un contributo determinante per la ripresa della vita economica a livello micro. Oltre a ciò si stanno verificando casi di rientro in Kosovo da parte di persone precedentemente emigrate, che portano con sé, oltre ai capitali, know how, tecnologie ed contatti importanti per la vita produttiva delle comunità. Tale tendenza risulta più evidente nel settore della piccola produzione e dell’artigianato: falegnami, meccanici, lattonieri, ecc.
Il rapido ritorno dei rifugiati durante i mesi di giugno e luglio del 1999 è stato immediatamente seguito da un forte sviluppo di attività economiche, prevalentemente nel settore del commercio e dei servizi. Nuovi negozi, ristoranti, piccole ditte di commercio hanno cominciato ad operare subito dopo l’arrivo della Comunità internazionale. Molto rapidamente la domanda di beni è aumentata e questi hanno cominciato ad entrare in Kosovo dai paesi confinanti, dando un ulteriore impulso allo sviluppo di tali attività; allo stesso modo è cresciuta in modo vertiginoso la domanda di servizi. Già in settembre, praticamente ogni città aveva garantiti i beni e servizi essenziali; un punto di partenza per uno sviluppo di queste attività che sembra non avere pause.
Le attività bancarie
Il settore bancario è stato ovviamente azzerato dalla recente crisi: le banche preesistenti al conflitto hanno chiuso, trattandosi di istituzioni legate al regime jugoslavo.
Recentemente il settore sta dando segnali di ripresa su basi assolutamente nuove e fortemente connotato dall’attività delle organizzazioni internazionali, sia pubbliche sia private. I due segnali più importanti di cui si parla di seguito sono rappresentati dall’apertura della MEB (Micro Enterprise Bank), una istituzione finanziaria tedesca privata e la creazione della BPK (Banking and Payment Authority of Kosovo), la quale dovrà rappresentare una vera e propria Banca nazionale per il Kosovo. Altre diverse MFIs operano sul territorio.
Banking and Payment Authority of Kosovo
Il BPK, Banking and Payment Authority of Kosovo, è un’iniziativa il cui fine consiste nella ricostruzione di una autorità finanziaria in Kosovo dopo la chiusura delle filiali della Jugobanka. Opererà offrendo i principali servizi bancari di deposito e pagamenti. La sua apertura si prevede per la fine di marzo a Pristina e nel corso del mese di Aprile l’apertura di una filiale a Prizren.
Un ambito interessante su cui la BPK intende intervenire è la regolazione delle attività di micro finanza. Un documento ufficiale della futura banca stabilisce che le MFIs sono istituzioni non idonee al deposito, in quanto sono considerate come istituzioni non bancarie finalizzate a rendere disponibili crediti di ridotta entità a clienti che hanno difficoltà a raggiungere il sistema bancario formale.
Ancora più precisamente, la BPK definisce una MFI come una organizzazione privata o non governativa che intende operare o già è presente in Kosovo per la concessione di crediti di piccola entità e che non accetta depositi che eccedano complessivamente i
250.1 DM.
Tutte le MFIs saranno registrate presso la BPK a cui dovranno sottoporre un rapporto quadrimestrale e non dovranno avere crediti in circolazione superiori a 20.000 DM e non dovranno dare crediti con preferenza ai suoi amministratori o persone a essi relazionati. Il ruolo della BPK sarà quello di gestire il monitoraggio delle MFIs per controllare che non operino come istituzioni di deposito; supervisionare la liquidazione, riduzione o abbandono nel caso in cui la fonte di finanziamento di una MFI venga ridotta e controllare l’adempimento alle regole che la BPK stabilisce50.
La struttura della società kosovari
Modelli di organizzazione comunitaria
Come è già stato detto in precedenza, l’elemento base della vita comunitaria kosovara è la famiglia allargata; questo si traduce anche in termini di organizzazione dello spazio. In tutti i villaggi è infatti molto visibile la struttura della sua organizzazione che segue la logica dell’accorpamento delle case appartenenti alla stessa famiglia allargata all’interno di un muro che ne delimita il confine.
L’ampiezza della famiglia determina anche il livello di benessere economico e delle capacità produttive: più grande è la famiglia, più esteso è il terreno di proprietà della stessa, nonché maggiore è la disponibilità di manodopera.
Una parte della vita della famiglia viene svolta dentro le mura che la delimita; si tratta principalmente delle attività gestite dalle donne che vivono all’interno della società kosovara tradizionale un ruolo assolutamente di secondo piano rispetto agli uomini.
Questo dato è rilevante e va tenuto in considerazione, soprattutto se si pensa che le donne rappresentano un target fondamentale in moltissimi programmi di micro finanza in tutto il mondo.
La vita comunitaria rappresenta un esempio importantissimo di come i Kosovari siano in grado di farsi carico di organizzare i servizi di cui la comunità stessa ha bisogno: questa tendenza è la giusta prospettiva per avviare un programma di sostegno allo sviluppo economico locale basato sulla partecipazione diretta delle comunità nella sua implementazione.
Regole e valori che definiscono la vita comunitaria
Gli importanti elementi della vita a cui abbiamo già accennato, si riferiscono principalmente alle consuetudini nella gestione dei rapporti di fiducia tra individui e comunità. La comunità stessa e i suoi leaders rappresentano un ambito in cui una persona, una volta assunto un impegno, è assolutamente tenuta a rispettarlo: il mancato compimento di tali impegni mettono a repentaglio la credibilità della comunità nel suo insieme verso l’esterno. In scala minore, questa regola risulta ancora più forte nell’ambito della famiglia allargata. Oltre a ciò, va evidenziato il forte senso di mutuo sostegno esistente tra persone della stessa comunità.
50 IL 22 Settembre 2006 la BPK è divenuta CBPK (Central Bank Payment and Investment of Kosovo) al fine di garantire maggiore indipendenza al nuovo sistema bancario. I due principali obiettivi previsti dalla nuova regolamentazione sono:
1. Promozione della solvibilità ed efficiente funzionamento del sistema finanziario affinché sia sempre più stabile.
2. Sostenere le politche economiche generali in Kosovo con l’obiettivo di contribuire ad un’allocazione efficiente delle risorse in conformità dei principi del libero mercato.
Una valutazione diversa è doverosa rispetto al ruolo delle donne nel contesto della comunità: le regole che sottostanno ai rapporti tra i generi vedono la donna decisamente svantaggiata e del tutto sottomessa al volere dell’uomo.
Un ulteriore ed importante elemento sembra essere rappresentato dal forte riconoscimento dell’autorità all’interno dei legami comunitari. Il responsabile di
villaggio, pur essendo una figura del tutto informale, è di fatto l’autorità principale della zona. E’ impensabile pensare di svolgere qualunque tipo di attività che coinvolga l’intero ambito comunitario senza aver avuto il parere favorevole della sua unica autorità riconosciuta.
Risulta chiaro come questi valori possano costituire un reale punto di forza in un programma di micro finanza che voglia e debba necessariamente passare attraverso i legami comunitari per garantirsi un successo, non solo in termini di restituzione dei crediti, ma anche di creazione di un modello di sviluppo sostenibile, in cui le scelte strategiche relative a quali attività abbia più senso promuovere partano proprio da una valutazione collettiva delle possibilità e limiti di ogni settore produttivo.
7.4 Il progetto “Diamo credito allo sviluppo in Kosovo”; 1° fase 2000-2001
7.4.1 Presentazione
Il 25 aprile del 1999, durante la guerra in Kosovo, inizia la collaborazione tra la Fondazione Choros ed ICS (Consorzio Italiano di Solidarietà) con il sostegno materiale al campo profughi di Golem in Albania.
Nel luglio dello stesso anno, al termine del conflitto, i volontari di ICS riaccompagnano i profughi nella loro terra avviando un’intensa opera di ricostruzione sia sociale che materiale, volta al rafforzamento delle comunità locali colpite dalla guerra.
In questo ambito, alla fine del 1999, viene riattivata la collaborazione con Choros e le due organizzazioni progettano insieme un progetto per superare la fase dell’emergenza. La premessa è chiara: troppo spesso in contesti post-bellici, una volta calata la tensione legata alla drammaticità dell’evento, non ci si pone il problema di come aiutare le popolazioni colpite a ricominciare una vita “normale” attraverso la riattivazione delle attività produttive di base.
La possibilità di poter ricostituire una microimpresa artigianale o commerciale, così come la speranza di tornare a ricavare dall’agricoltura e dall’allevamento il reddito necessario al fabbisogno alimentare delle proprie famiglie diventa la condizione necessaria per sperare in un futuro di pace e prosperità.
Con questi obiettivi nasce nell’area di Prizren il progetto “Diamo credito allo sviluppo” nel cui ambito, durante tutto il 2000, vengono realizzati corsi di formazione professionale, costituite associazioni di microimprenditori e messi a disposizione dei beneficiari del progetto fondi rotativi per l’erogazione di microcrediti.
La risposta delle popolazioni di Krushe e Mahde e Bresane, i villaggi interessati dall’intervento, è stata molto positiva: si sono messi in moto processi di autorganizzazione e le domande di microcrediti sono state di gran lunga superiori alle aspettative. Il programma, continuato per tutto il 2001, ha mantenuto l’obiettivo di “consegnare” il progetto alle popolazioni locali per consentire la gestione delle microimprese e i microcrediti.
Spezzare il circolo vizioso di povertà e dipendenza economica può contribuire a prevenire altri drammatici conflitti e ridare speranza e dignità alla popolazione kosovara, dare credito allo sviluppo significa confidare nella virtuosità di veri processi cooperazione e solidarietà internazionale.
7.4.2 Approccio partecipativo
Usato da ICS dall’avvio del programma, tipicamente e fortemente orientato alla partecipazione comunitaria, il tipo di approccio utilizzato costituisce un elemento di forza per la prosecuzione del progetto verso l’introduzione di una componente di sviluppo economico basato sulla creazione di un sistema di micro credito, costituendone di fatto la base per la sua attuazione. Oltre a ciò, la peculiarità dell’esperienza kosovara di autorganizzazione e autogestione della vita collettiva costruita in un decennio di struttura parallela rispetto all’organizzazione istituzionale, rappresenta un elemento importantissimo su cui fare leva per far sì che i rapporti comunitari vengano mantenuti e sviluppati anche in altri ambiti.
Il lavoro svolto da ICS, in particolare nell’organizzazione dei Centri Comunitari, offre un esempio importante di come un’organizzazione internazionale possa e debba operare in stretto rapporto con le comunità beneficiarie del progetto, per consolidare le strutture locali, anche se informali, e dare a queste la massima credibilità e operatività.
Il progetto di concessione di supporti finanziari allo sviluppo di attività economiche non può e non deve rappresentare un’eccezione in questo contesto ma deve rappresentare uno stimolo in più per le comunità nell’organizzazione di un pezzo in più della loro vita collettiva.
Questo è ancor più vero in un contesto in cui le istituzioni ufficiali sono assenti; lo sforzo va visto anche in direzione della creazione di un modello complessivo di sviluppo autosostenibile, costruito dal basso e pertanto opposto a una logica di sviluppo eterodiretto.
Per Bresane il ruolo del Centro comunitario sarà centrale nella fase di avvio del programma per tutte le attività e l’approccio si manterrà quanto meno simile; a Krushe Made è previsto un ruolo del Centro più concentrato sulle attività legate allo sviluppo di imprenditorialità femminile e decisamente meno sul sostegno alle produzioni agricole, poiché esiste già una struttura con questo obiettivo.
La presenza e le attività dei centri comunitari possono svolgere un compito molto importante per il buon avvio e successo del programma di sostegno allo sviluppo economico in tutto il paese, ma in modo particolare a Bresane. Essendo i luoghi deputati alla condivisione dei problemi e alla ricerca di possibili soluzioni, risulta evidente come un problema delicato come l’organizzazione di un sistema efficiente ed efficace di offerta di crediti possa trovare in quella struttura un primo importante momento di discussione, soprattutto per quelle attività e soggetti sociali che già trovano lì un punto di riferimento.
7.4.3 Le aree di intervento: la situazione socio-economica di Bresane e Krushe e Madhe
Prima della guerra Krushe e Madhe (5.000 abitanti) era un importantissimo centro agricolo, le cui attività si concentravano principalmente nelle coltivazioni ortofrutticole. Il sistema, basato sulla logica delle cooperative agricole, garantiva un buon livello di produzione e redditività, i prodotti erano esportati in tutta la ex Jugoslavia e anche all’estero. Ancor oggi la qualità della produzione agricola rappresenta uno dei maggiori punti di forza per l’economia locale.
Accanto alle attività agricole ha acquistato un’importanza crescente l’artigianato, soprattutto come forma di imprenditoria femminile. In particolare il settore del tessile sembra avere le maggiori potenzialità di mercato, ma non mancano iniziative in altri settori.
Molti piccoli imprenditori possono affiancare ad una alta motivazione competenze specifiche, spesso acquisite attraverso permanenze all’estero come emigranti.
Krushe e Madhe è ricordato come uno dei villaggi più duramente colpiti dalla pulizia etnica: alla fine della guerra è stata trovata una fossa comune contenente 206 cadaveri. La quasi totalità delle case e delle aziende è stata distrutta, molte famiglie sono state private dei membri in età lavorativa. Nonostante questo difficile contesto la comunità ha risposto all’opportunità offerta dal progetto in modo molto significativo, presentando ben 100 domande di microcredito, provenienti da imprenditori di ambo i sessi.
Bresane (3.500 abitanti) è una località di montagna (1.000 m. slm). Il territorio è costituito prevalentemente da boschi e pascoli. Le attività principali sono legate all’allevamento di bestiame e di conseguenza alla produzione di latte e suoi derivati (formaggi e yogurt), di carne e di pelli. Nel villaggio sono presenti anche alcune piccole attività artigianali.
Storicamente Bresane è sempre stata interessata da un alto livello di emigrazione, che ha portato ad una consistente riduzione dei nuclei familiari, soprattutto nella fascia in età lavorativa.
È un’area che già prima della guerra soffriva di uno scarso livello di sviluppo, in parte per le scelte politiche adottate a livello centrare dalla ex Jugoslavia, in parte per le caratteristiche intrinseche del territorio.
In tutte le attività produttive locali si evidenzia una scarsa conoscenza delle tecniche di produzione più innovative. Tuttavia le potenzialità sono elevate: la qualità dei prodotti è notevole e c’è un forte interesse per l’attività di trasformazione. Anche l’artigianato è un settore interessato da prospettive di sviluppo.
Le lavorazioni nel settore tessile rappresentano, anche per Bresane, una forte tradizione. Molte donne che avevano lavorato in passato in alcune imprese statali ora intendono mettere a frutto la loro esperienza.
Questa vivacità è ben rappresentata dalle 180 domande di microcredito presentate da membri della comunità, uomini e donne.
7.4.4 Obiettivi
Obiettivo generale
Contribuire allo sviluppo socio-economico di medio-lungo periodo dei villaggi di Krushe e Madhe e Bresane, nella zona di Prizren a (sud del Kosovo).
Obiettivi specifici
1. Crescita economica ed incremento del livello di competenze tecniche e gestionali della microimpresa.
2. Rafforzamento della coesione sociale e dei principi di democratizzazione e sviluppo economico partecipato.
Sintesi del programma
Le ipotesi d’intervento nelle due aree indagate:
• Interventi a sostegno del miglioramento delle competenze tecniche e gestionali
• Interventi per il sostegno diretto alla produzione
• Interventi orientati allo sviluppo di capacità di pianificazione strategica
7.4.5 Interventi a sostegno delle competenze tecniche e gestionali
Azioni d’interventi formativi di livello tecnico al fine di migliorare i risultati delle produzioni per i seguenti settori:
Y Allevamento
Y Apicoltura
Y Coltivazione di mirtilli e altri frutti di bosco
Y Produzioni del settore tessile
Allevamento
Circa 200 allevatori di Bresane hanno attualmente 2-3 mucche. Hanno bisogno di supporti per il miglioramento delle tecniche d’alimentazione e cura del bestiame. Attualmente manca completamente una cultura d’ottimizzazione delle produzioni.
Apicoltura
I potenziali fruitori in Bresane di una formazione atta alla divulgazione di pratiche moderne d’apicoltura sono 10. Attualmente tale attività viene svolta solo da un apicoltore in modo molto tradizionale.
Coltivazione di mirtilli e altri frutti di bosco
Attualmente questi prodotti non vengono coltivati, a differenza di altre aree della ex Jugoslavia. Vi sono attualmente 40-50 persone interessate a questa attività in Bresane. Il contenuto della formazione dovrebbe essere rivolto allo sviluppo di tecniche di coltivazione di tali prodotti, soprattutto mirtilli e fragole.
Produzioni del settore tessile
Il numero di donne interessate ad accrescere le proprie competenze in questo settore è molto alto: sono circa 200 in Bresane e 170 a Krushe e Madhe.
Sviluppo di capacità gestionali di micro e piccole attività
Tradizionalmente le produzioni agricole a conduzione familiare sono molto poco ricettive a qualunque tipo di formazione su tematiche gestionali e di sviluppo di capacità imprenditoriali.
E’ tuttavia ipotizzabile che coloro i quali puntano ad uno sviluppo maggiore delle proprie attività possano essere più ricettivi su queste tematiche. Si tratta, ad esempio, di 30-40 allevatori di Bresane, i quali hanno le condizioni per l’avvio di piccole farms, con 15-20 capi di bestiame.
Il settore tessile sembra essere molto più ricettivo: praticamente tutte le partecipanti ai corsi organizzati da ICS sarebbero interessate all’apprendimento di capacità di gestione di una attività.
Complessivamente, si può ipotizzare che circa 100-120 persone di entrambe le comunità siano le potenziali fruitrici di questo livello formativo.
7.4.6 Interventi per il sostegno diretto alla produzione
L’avvio di uno schema di microcredito nelle due aree deve seguire metodologie differenti, poiché sono molte le diversità tra Krushe e Madhe e Bresane e all’interno delle due stesse comunità.
I coltivatori di Krushe e Madhe
Le produzioni agricole presentano caratteristiche tali da consentire un’ipotesi di prestiti individuali. Il numero di agricoltori che hanno già a disposizione tutti gli elementi per affrontare uno schema di credito viene stimato attorno a 200-210, su un totale di circa 350 famiglie. Si tratta delle persone che hanno una situazione lavorativa e familiare solida.
Viene giudicato utile poter offrire crediti di valore pari a 1.500-2.000 DM, con i quali i produttori sarebbero in grado di dare un contributo notevole allo sviluppo delle loro attività, sia per l’acquisto di componenti dei mezzi meccanici, sia per l’investimento da farsi annualmente all’inizio della stagione.
I produttori agricoli di Bresane
La situazione di Bresane presenta caratteristiche differenti e necessita quindi un approccio diverso. Per quanto riguarda gli allevatori di bestiame, praticamente il 90% delle famiglie è dedita a questa attività: ciò porta a stimare intorno a 330-340 i potenziali fruitori di un servizio di credito alla produzione. Essendo però la situazione decisamente meno strutturata e più precaria rispetto a Krushe e Madhe ed essendo, per contro più forte l’elemento comunitario, si può ipotizzare un intervento di prestito a gruppi di mutua garanzia. Ciò consentirebbe di ottimizzare l’erogazione dei fondi e allo stesso tempo di socializzare tra i produttori esperienze e strategie adottate.
Volendo dare una priorità all’interno di quel numero di possibili “clienti”, si dovrebbero privilegiare coloro i quali offrono maggiori garanzie di solidità produttiva, quindi quel gruppo di circa 40 allevatori che puntano alla costituzione di mini farms.
Una disponibilità di 1.800-2.000 DM consentirebbe loro di accrescere il numero di capi o di una mucca di qualità o di due vitelli, più alcuni supporti per l’alimentazione o il miglioramento delle condizioni d’allevamento.
La stessa metodologia darebbe validi risultati per le altre attività agricole della zona, già in corso o in previsione di realizzazione: apicoltura, coltivazione di frutti di bosco.
Qualora esistessero le condizioni essenziali per il successo di tali attività (formazione tecnica e sbocchi di mercato), si può ipotizzare che circa 15-20 produttori su un totale di 60 interessati a tali produzioni potrebbero essere i primi fruitori di un sistema di credito.
Gli investimenti potrebbero essere nell’ordine di 1.000-1.500 DM.
Produzioni del settore tessile
In questo settore le potenzialità di distribuzione di crediti sono decisamente alte: le due comunità insieme raggruppano un numero di possibili micro imprenditrici pari a circa 400 donne.
Una logica perseguibile potrebbe essere quella di valutare la capacità delle stesse di strutturarsi in gruppi coerenti con le loro capacità produttive e quindi con maggiori possibilità di successo di mercato.
Non va dimenticato però che un importantissimo criterio già utilizzato all’interno delle due comunità per la scelta delle candidate ai corsi di formazione è stato l’essere capofamiglia: complessivamente circa 100 donne nelle due comunità si trovano in questa condizione.
La pratica per l’erogazione dovrebbe seguire quindi la logica della costituzione di gruppi: a differenza dei gruppi di solidarietà classici, basati unicamente sulla mutua garanzia per la restituzione dei prestiti, questi potrebbero, come già detto, seguire una logica in cui l’elemento di garanzia viene affiancato da quello di organizzazione efficiente e efficace della produzione.
L’investimento individuale medio per l’avvio o il consolidamento di questa attività viene stimato attorno ai 1.000 DM: consentirebbe l’acquisto di una macchina per cucire, gli attrezzi necessari (forbici, squadre, aghi, ecc.) e il materiale di consumo (tessuti e fili).
7.4.7 Interventi orientati allo sviluppo di capacità di pianificazione strategica
L’associazionismo, anche se non circoscritto alla sua relazione con programmi di micro finanza, viene giudicato in questo studio di fondamentale importanza per il successo del programma di sostegno finanziario alle produzioni locali, perché si giudica lo sviluppo dell’associazionismo locale fondamentale per un obiettivo più ampio. E’ attraverso le strutture locali, infatti, che si sviluppano strategie di pianificazione di sviluppo sostenibile. Queste hanno due caratteristiche fondamentali:
1. Il loro definirsi in termini di processo di lungo periodo
2. La tendenza alla valorizzazione e ottimizzazione di tutte le risorse locali (umane, naturali, infrastrutturali)
Un processo di questo genere vede coinvolti diversi attori sociali ed economici: i produttori locali, le amministrazioni e altri organi di rappresentanza politica e socio economica, le aziende maggiori.
Creare un ambito di discussione in cui siano rappresentati i suddetti soggetti, un “tavolo di concertazione” per la definizione di comuni obiettivi, a cui ciascun attore possa dare il contributo che gli compete, significa dare un’impostazione allo sviluppo dell’area veramente sostenibile, non definito in base alle strategie delle agenzie internazionali ma fornire indicazioni sui tipi di intervento necessari, coerenti alla strategia elaborata.
Avendo tale logica una dimensione prettamente locale, e quindi concentrata su un’area omogenea per caratteristiche produttive, sociali e culturali, risulta evidente come nelle due aree considerate le opportunità di favorire un simile processo siano molto diverse. Se a Krushe e Made, come si è detto, l’esistenza di una associazione locale, il coinvolgimento dell’amministrazione e l’interesse da parte di aziende ad acquistare i prodotti sono fattori che renderebbero tale processo quasi naturale, a Bresane va costruito tutto dall’inizio. E’ fondamentale operare in primo luogo per lo sviluppo di competenze locali organizzative e gestionali che apparterranno al territorio al di là di qualunque progetto implementato.
7.4.8 Lo schema dell’intervento di Choros e ICS: formazione e assistenza allo start up
Per dare solidità e per garantire l’efficacia del programma di microcredito, le attività formative sono state portate avanti con il supporto di associazioni costituite a livello di villaggio. Insieme alla Fondazione Choros e ICS, sono state pertanto costituite le seguenti associazioni:
• Associazione “Perdrini” degli uomini di Krushe Madhe.
• Associazione “Zgjimi” delle donne di Krushe Madhe.
• Associazione “Meshtekna” degli uomini di Bresane.
• Associazione “Sara” delle donne di Bresane.
I loro scopi sono:
- Gestire il microcredito valutando, attraverso i comitati tecnici e sulla base di un regolamento interno, le richieste di microcredito secondo criteri equi e democratici.
- Supportare i microimprenditori e sostenere le produzioni locali, favorendo la commercializzazionedei prodotti, e facilitando processi di aggregazione tra operatori del settore.
La realizzazione del progetto ha richiesto periodi di formazione e affiancamento per i membri delle associazioni. Si tratta di un investimento nelle risorse locali necessario alla sostenibilità di lungo periodo.
Moduli formativi per i membri delle associazioni
• Strumenti operativi per la gestione delle Associazioni: raccolta e analisi dei dati relativi al fabbisogno formativo e finanziario della popolazione locale; Processi di decision making e procedure di gestione; contabilità; start up.
• Organizzazione e gestione della microimpresa: impresa e microimpresa; Regolamento UNMIK sulla microimpresa; organizzazione gestionale; contabilità elementare per la microimpresa; introduzione al business plan.
• Tecniche di commercializzazione nella microimpresa: commercializzazione in ambito rurale; analisi della concorrenza e posizionamento strategico della microimpresa; strategie di marketing; pianificazione strategica: il piano marketing; l’impresa ponte.
• Elementi di qualità socio-ambientale nella micro e piccola impresa: la pianificazione dell’impresa; esercitazioni pratiche sul business plan; la valutazione socio-ambientale del progetto d’impresa; qualità, ambiente, sicurezza; processi produttivi di qualità.
• Strategie di gestione del fondo rotativo: solidarietà ed efficienza economica e finanziaria; il fabbisogno creditizio della microimpresa; accesso al capitale di investimento; normativa creditizia locale; rapporti col sistema creditizio locale; casi studio; esercitazioni.
• Modalità operative per la gestione del fondo rotativo: modulistica per la concessione e la gestione dei microcrediti; gestione operativa del Comitato Tecnico; esercitazioni contabili; elaborazione di un manuale per la gestione del fondo rotativo.
Formazione tecnica per i microimprenditori
A questa è stata affiancata la formazione a carattere tecnico, per il miglioramento delle attività svolte o per l’avvio di nuove attività, attraverso il recupero di tecniche tradizionali di produzione, associate a modalità innovative a carattere microimprenditoriale.
Particolarmente in questa fase è stato significativo l’apporto fornito dalla collaborazione con i referenti locali. La formazione tecnica è stata predisposta analizzando i dati forniti da una ricerca quantitativa effettuata nell’estate 2000 presso le comunità dei due
villaggi. Sono così emerse esigenze specifiche principalmente nel settore agricolo e zootecnico per gli uomini e tessile/artigianale per le donne.
Per garantire un elevato livello qualitativo i corsi a carattere agronomico sono stati tenuti da professori dell’Università di Pristina ed esperti italiani. I corsi rivolti alle donne, più pratici, sono stati affidati a personale locale di provata esperienza.
L’accompagnamento
I comitati tecnici, in cui le associazioni sono rappresentate e che sono gli organismi che concretamente
gestiscono il credito, sono stati accompagnati dal personale della Fondazione Choros e di ICS nella fase di erogazione dei primi microcrediti.
L’impegno è di renderli quanto prima del tutto autonomi. L’accompagnamento ha riguardato inizialmente la fase di costituzione delle associazioni (estate 2000).
Successivamente si è concentrato nello start up delle associazioni (dicembre 2000) e
attualmente, ormai avviata l’attività, continua con la valutazione, selezione e finanziamento dei progetti di microcredito.
Cronogramma delle attività
4/12/99-12/12/99 2 Primo viaggio conoscitivo (prefattibilità)
marzo/aprile 2000 4 Studio di fattibilità
aprile/maggio 2000
24/07/00-07/08/00 3
2 Business plan a accompagnamento dei referenti
locali
Costituzione delle associazioni
14/07/00-07/08/00
23/10/00-01/11/00 1
2 Formazione sugli strumenti operativi per la gestione
delle Associazioni. Introduzione alla microimpresa Organizzazione e gestione della microimpresa
29/10/00-8/11/00
12/11/00-27/11/00 2
2 Formazione sulle tecniche di commercializzazione
nella microimpresa
Formazione sulla valutazione economica e sociale
25/11/00– 02/12/00
1 del progetto d’impresa
Formazione tecnica sulla zootecnia
28/11/00-14/12/00
18/12/00-24/12/00 2
2 Formazione sulle tecniche di base di erogazione e
gestione di microcrediti
Accompagnamento al Comitato Tecnico nella
12/01/01-20/01/01
2 costituzione del Fondo Rotativo
Monitoraggio del progetto
29/01/01-28.02/01
01.03.01- 31.12.01 2
- Assistenza nella fase iniziale di erogazione dei
crediti
- Attività di affiancamento e formazione continua
- Consolidamento e rafforzamento del fondo di
credito
- Valutazione e diffusione del programma
7.4.9 Condizioni di prestito
Quota d’iscrizione all’associazione: 10€ annuali
Tasso d’interesse: 15% flat annuo (1,25% mensile)
Interessi di mora: 5% del valore della rata (quota capitale più quota interessi), più l’1% per ogni giorno di ritardo
Rimborsi: mensili
Quota per spese amministrative: 1,5% sul valore del prestito
Garanzie richieste: ipoteca su beni mobili corrispondente ad un valore pari al doppio del prestito; formazione di gruppi di solidarietà.
Voce Condizioni
Importo minimo del credito Non definito
Importo massimo del credito 750€ artigianato
1.500€ commercio
1.500€ servizi
1.500€ produzione
1.500€ allevamento
1.250€ agricoltura
Durata minima del prestito Non definita
Durata massima del prestito 8 mesi artigianato
6 mesi commercio
6 mesi servizi
6 mesi produzione
9 mesi allevamento
9 mesi agricoltura
2 mesi artigianato
Periodo di grazia 1 mese commercio
1 mese servizi
1 mese produzione
4 mesi allevamento
6 mesi agricoltura
7.5 Dopo due anni di assenza, come era cambiata la situazione?
L’attività economica in Kosovo ha vissuto un rapido sviluppo dopo la fine del recente conflitto, raggiungendo in molti settori livelli di sviluppo superiori al periodo prebellico. Il boom delle costruzioni civili e delle infrastrutture continua, sostenuto dai programmi internazionali e spesso promosso dai capitali provenienti dalla diaspora kosovara. I settori prioritari identificati per lo sviluppo di nuovi insediamenti produttivi sono l’agroindustriale e il food processing, il farmaceutico-cosmetico, l’ambiente, la lavorazione del legno, del tessile e del cuoio, i trasporti e le telecomunicazioni.
Il IMF stima per i prossimi anni una crescita del PIL pari al 5-7% annuo. L’UNMIK, in qualità di amministratore ad interim del territorio, è impegnato nella regolamentazione del sistema e, nonostante la legislazione sia in continua evoluzione, importanti decisioni sono già state adottate: e’ in vigore una legge che regolamenta e tutela gli investimenti esteri, è in fase di adozione la legge sulla bancarotta, è in fase di elaborazione una legge sulla proprietà, sono state avviate le procedure per accelerare il processo di privatizzazione delle imprese di proprietà sociale.
La quasi totalità dei prodotti commercializzati in Kosovo viene importata ed è ormai riconosciuta l’importanza strategica di avviare produzioni locali e di lanciare l’immagine del Made in Kosovo, anche ai fini di incentivare le esportazioni nei mercati confinanti, che risultano essere importanti trampolini di lancio verso mercati integrati come quello dei Balcani (55 milioni di consumatori) o ancor più verso l’intera Europa Centrale ed Orientale.
La classe imprenditoriale locale, il commercio privato, la presenza di cospicue rimesse dall’emigrazione dimostrano un chiara volontà di ricostruire un’economia indipendente ed autopropulsiva.
Grande aspettativa è data anche dalle prossime elezioni del 17 novembre, che
esprimeranno il primo governo ed il primo parlamento regolarmente e democraticamente eletti nel territorio.
7.6 Il nuovo progetto: “Sviluppo di comunità in Kosovo: iniziative di aggregazione comunitaria, formazione professionale e sostegno alla ripresa produttiva”, 2° fase 2002-2004
7.6.1 Le tappe di pianificazione e approvazione del progetto: definizione degli obiettivi
Durante la realizzazione del progetto “Diamo credito allo sviluppo in Kosovo”, gennaio 2001, è stata pianificata la presentazione di un nuovo progetto al MAE (Ministero Affari Esteri).
La presentazione è avvenuta tra febbraio e marzo 2001, ed è stato approvato a dicembre dello stesso anno.
Il progetto è iniziato soltanto nel luglio 2002 a causa dei ritardi burocratici del MAE.
7.6.2 Il quadro logico
Logica dell’intervento Indicatori Fonti Condizioni
Promuovere la partecipazione dei giovani e delle donne alla ricostruzione del tessuto sociale ed economico di alcuni villaggi del Kosovo per favorire la convivenza civile, l’occupazione giovanile e la crescita del mercato del lavoro, contenendo il fenomeno dell'emigrazione. • Crescita della partecipazione dei giovani e delle donne
alle attività proposte nei Centri.
• Incremento delle opportunità di aggregazione comunitaria attraverso la diversificazione e la qualificazione dei servizi offerti dai Centri.
• Incremento delle opportunità di formazione e di qualificazione professionale offerte.
• Incremento e diversificazione dell’offerta occupazionale.
• Aumento del numero e diversificazione dei settori di intervento delle piccole imprese e cooperative. • Dati forniti dagli organismi internazionali
• Dati forniti dalle Municipalità locali
• Dati forniti delle Associazioni
giovanili e delle donne
• Dati relativi a
studio sul campo di esperti italiani impegnati nelle attività del programma
• Dati forniti da Associazioni e Centri di Formazione professionale e promozione di impresa • Condizioni di sufficiente stabilità politica
• Impegno delle autorità locali ad individuare misure di sostegno alle attività di aggregazione comunitaria.
• Disponibilità del Governo e delle Municipalità a collaborare con le Istituzioni universitarie per aggiornare i programmi formativi e di
orientamento professionale
Logica dell’intervento Indicatori Fonti Condizioni
OBIETTIVO 2
Orientamento e formazione professionale e formazione all'accesso e alla gestione di attività di microcredito finalizzate alla creazione di piccole imprese • Organizzare percorsi di orientamento e formazione professionale funzionali alla concessione di microcrediti.
• Affiancare e coordinare le attività di formazione con quelle in atto presso le Università, i Centri di formazione e le Associazioni.
• Sostenere la nascita di microimprese in settori direttemente produttivi (agricoltura, allevamento, artigianato,…) e di servizio sociale e culturale attraverso lo sviluppo del volontariato e del lavoro associato, della formazione di settore, di attività di ricerca di mercato e di formazione alla gestione d'impresa. • Ampliamento e diversificazione delle attività di formazione professionale proposte e realizzate nei Centri.
• Miglioramento della cultura economica e imprenditoriale locale.
• Aumento delle proposte formative specifiche realizzate con la collaborazione di Associazioni e Università nei settori di riferimento del programma.
• Numero di imprese attivate con il fondo di rotazione • Dati forniti dagli organismi internazionali attivi sul posto (WFP, UNHCR, UNMIK, KFOR, OSCE, MAE-DGCS, ....)
• Dati delle autorità locali di riferimento
• Dati forniti dalle ONG operanti nelle zone indicate
• Dati forniti dalle Municipalità
• Studi, ricerche e statistiche di Università, fondazioni e centri di formazione professionale. • Impegno da parte degli Organismi Internazionali e dei Governi Europei a sostenere progetti di cooperazione internazionale di promozione dello sviluppo locale, che valorizzino scambi formativi e attivazione di joint-venture tra associazioni e piccole imprese del Kosovo e partner omologhi in Europa.
• Attivazione di una collaborazione permanente tra associazioni , fondazioni, Centri di formazione e Università nel percorso formativo e di avvio di progetti pilota di micro impresa
• Capacità dei soggetti indicati di lavorare in rete per la promozione di programmi di sviluppo territoriale.
Risultati Attesi • Conoscenza delle risorse del territorio e delle sue possibilità di sviluppo economico.
• Qualificazione professionale degli operatori delle Associazioni, dei giovani e delle donne coinvolti nei percorsi formativi in Italia e in loco.
• Coinvolgimento dei
giovani e delle donne in programmi pilota di formazione e avvio di microimpresa. • Ricerche prodotte, dati raccolti e studi realizzati.
• Grado di coinvolgimento e partecipazione dei corsisti ai percorsi formativi in loco e in Italia.
• Numero e qualità delle iniziative promosse grazie ai corsi di formazione.
• Grado di coinvolgimento dei giovani e delle donne nei programmi pilota di avvio di
microimpresa
• Diffusione territoriale dei
progetti pilota per l’avvio di micro imprenditorialità previsti dal programma (agricoltura, artigianato, cooperativismo e • Organismi nazionali ed internazionali, Università, ONG, associazioni e fondazioni.
• Monitoraggio periodico di esperti locali e italiani coinvolti nel programma.
• Report delle attività da parte delle Associazioni in Kosovo coinvolte nelle attività.
• Valutazioni ‘in itinere’ e finale dei corsi di formazione realizzati in Kosovo e in Italia
• Valutazioni delle Municipalità coinvolte
• Dati nazionali sull’occupazione giovanile
• Studi e ricerche delle Università locali • Realizzazione di politiche e legislazioni favorevoli all’avvio di microimprenditorialità.
• Sostegno a programmi di microcredito da parte delle istituzioni nazionali e locali.
• Partecipazione attiva delle Università e delle Associazioni alla gestione delle attività di programma.
• Coinvolgimento e sostegno delle Istituzioni alle iniziative in favore dell’occupazione e del cooperativismo sociale e culturale.
impresa sociale e culturale) • Dati forniti relativi alla gestione del fondo di rotazione e rilevati dalle eventuali Agenzie locali di microcredito attivate nel corso del programma
Logica dell’intervento Risorse Costi Condizioni
Attività • Raccolta dei dati economici e sociali relativi ai bisogni e alle risorse che in ciascuna delle zone di attività del progetto possono essere oggetto di specifici percorsi di formazione e orientamento professionale.
• Appoggio, strutturazione e valorizzazione delle esperienze delle Associazioni in Kosovo.
• Attivazione di programmi formativi e stages in loco e in Italia mirati al sostegno ai settori occupazionali a vocazione territoriale e alle nuove esigenze di impresa.
• Sostegno a progetti pilota di microimpresa nei settori indicati • Precedenti esperienze e ricerche compiute dagli organismi internazionali attivi sul posto (WFP, UNHCR, UNMIK, KFOR, OSCE, MAE- DGCS, ....)
• Dati raccolti dalle ONG operanti nelle zone indicate.
• Centri di formazione professionale e Università in Kosovo.
• Esperti e formatori di associazioni impegnate nei settori di riferimento del programma in Kosovo e in Italia.
• Municipalità locali in • Risorse umane locali e italiane (esperti e cooperanti)
• Spostamenti e viaggi nell’area del programma
• Formatori locali
• Formatori italiani
• Materiali didattici
• Materiali di divulgazione
• Attrezzature
• Costi di funzionamento delle sedi di attuazione del programma
• Viaggi in Italia per corsi di formazione
• Viaggi in Kosovo • Disponibilità degli organismi indicati a fornire i dati richiesti
• Volontà dei giovani e degli operatori di settore a partecipare alle iniziative proposte
• Sostegno delle Istituzioni locali e nazionali ai programmi di orientamento e formazione professionale
• Disponibilità delle autorità municipali a collaborare con le attività di formazione proposte nei Centri
• Partecipazione effettiva delle Università e dei Centri di Formazione in Kosovo alle attività del
Kosovo
• Esperti e formatori del mondo del cooperativismo e del volontariato sociale in Italia (Forum del 3° settore)
• Strutture di Enti Locali e Regioni italiane preposte alla formazione professionale
• Enti di orientamento e formazione professionale in Italia
• Fondazioni
• Comitati italiani impegnati in attività di cooperazione decentrata
• Cooperative ed associazionismo socio culturale in Italia per esperti italiani
• Coordinamento del programma in Kosovo e in Italia programma
• Volontà di organizzazioni, imprese e cooperative coinvolte nel programma a coordinarsi tra loro
• Presenza e impegno di formatori qualificati
Logica dell’intervento Indicatori Fonti Condizioni
OBIETTIVO 3
Attività di microcredito • Promuovere la realizzazione di programmi pilota • Crescita dell’offerta del mercato del lavoro in termini di • Dati forniti dalle Municipalità
• Dati forniti dalle • Sostegno a programmi di microcredito da parte delle istituzioni
finalizzate alla creazione di piccole imprese (microcredito) nei settori indicati per favorire la nascita di piccole imprese nel territorio numero di occupati e di diversificazione di attività di impresa Organizzazioni Internazionali impegnate nel settore
• Dati forniti da associazioni nazionali e locali.
Risultati Attesi • Attivazione di programmi di microcredito locali costruiti sulla base dei dati emersi dalle ricerche condotte sul territorio. • Numero di microimprese coinvolte nel programma di
microcredito attivato con il fondo di rotazione. • Idem • Partecipazione attiva ai programmi di microcredito
Logica dell’intervento Risorse Costi Condizioni
Attività • Attivazione di un programma mirato di microcredito • Precedenti esperienze e studi compiuti dalla Fondazione Choros • Formazione professionale mirata alla concessione ed alla gestione del fondo di rotazione • Misure nazionali e locali volte a sostenere attività di microcredito
7.6.3 Lo studio di fattibilità (novembre-dicembre 2002)
Il vecchio progetto a Krusha e Madhe e le prospettive future
A Krushe e Madhe nel vecchio progetto erano state costituite due associazioni di produttori: una di donne “Zgjimi” e una di uomini “Perdrini”.
Le associazioni avevano lo scopo di fornire assistenza tecnica ai microimprenditori che volevano far richiesta di microcredito e nello stesso tempo avevano il ruolo di field agents, nella verifica dei crediti concessi. Fra le due associazioni era stato creato un unico Comitato Tecnico, con lo scopo di valutare le richieste di microcredito, attraverso un’istruttoria, secondo le regole contenute in un regolamento, appositamente realizzato con il supporto tecnico di Fondazione Choros.
Dalle verifiche realizzate nel corso dello Studio di Fattibilità, sembra che le attività di erogazione di microcredito, oltre a quelle di supporto alla microimpresa, si siano interrotte a partire dalla fine del vecchio progetto “Diamo credito allo sviluppo in Kosovo”, 31 dicembre 2001.
Abbiamo ripetutamente chiesto la documentazione relativa ai crediti concessi (richieste di microcredito, contratti di concessione dei microcrediti, schede di monitoraggio, ricevute di pagamento delle rate, bilanci, prima nota cassa, e gli altri documenti contabili delle Associazioni), ma non ci sono state mostrate.
L’espatriato responsabile del programma di microcredito in Kosovo (Stefano Bravin), ha anche effettuato alcuni controlli diretti, andando ad intervistare delle microimprenditrici alle quali è stato concesso il credito. Le donne incontrate avevano tutte ottenuto il prestito durante la realizzazione del vecchio progetto “Diamo credito allo sviluppo in Kosovo”, quando ancora in loco c’era l’espatriato responsabile del programma (2001) e nello stesso periodo era stato chiuso il credito. Non siamo riusciti ad incontrare nessun microimprenditore che abbia oggi in essere un credito concesso.
Le verifiche sul campo, la mancanza di risposte da parte dei membri delle Associazioni, e il loro comportamento ci ha fatto chiaramente capire che il Fondo Rotativo (50 milioni di lire) a loro donato nel dicembre 2001, oggi non esiste, poiché è stato completamente utilizzato dalle Associazioni per coprire i costi di gestione delle strutture, in particolare gli stipendi.
Abbiamo, comunque, proposto loro di poter ristabilire la collaborare, pur ponendo alcune condizioni necessarie a lavorare nel rispetto della legalità e dei valori sociali con i quali noi realizziamo i progetti.
Anzitutto, abbiamo verificato che non si sono ancora registrati presso la BPK- Banking and Payments Authority of Kosovo, la Banca Centrale del Kosovo che controlla l’attività di tutti gli istituti finanziari presenti, locali ed internazionali. Questo vuol dire, che fino ad ora hanno operato a livello “informale”, infatti quando furono create, giugno-agosto 2000, secondo regolamento UNMIK era sufficiente che questo tipo di organizzazioni si registrassero come ONG presso l’ufficio competente UNMIK. Solamente in un secondo momento, con l’applicazione della “Rule XIV on the Registration, Licensing and Supervision of Micro Finance and Financial Institutions Authorized under Sections 3, 6, and 7 of the Regulation and Under Administrative Direction No. 2000/3 of the United Nations Interim Administration Mission in Kosovo”, quando sono state assegnate le funzioni di controllo alla BPK e questa ha riniziato ad operare concretamente, è stato obbligatorio iscriversi presso i suoi registri; la registrazione comporta la consegna di un rapporto mensile e del bilancio annuale certificato.
Abbiamo consegnato alle due Associazioni l’application form della BPK, affinché si registrino; tuttavia, ponendo giustificazioni poco credibili, hanno continuato a temporeggiare e a non rispondere alle nostre richieste.
Alla fine dell’incontro, ci hanno esplicitamente dichiarato che non desiderano continuare la collaborazione, e presa consapevolezza che non erano intenzionati a sottostare alle
nostre condizioni, abbiamo accettato di terminare il rapporto con le due Associazioni “Zgjimi” e “Perdrini”.
Il vecchio progetto a Bresane e le prospettive future
La Society of Farmers and Individual Producers “Meshtekna” nasce nel 2000, grazie all’appoggio tecnico di ICS-Fondazione CHOROS, nell’ambito del progetto “Diamo credito allo sviluppo in Kosovo”. L’attività di erogazione crediti inizia nel febbraio del 2001.
Gli scopi dell’Associazione sono:
· Gestire il fondo rotativo di microcredito valutando, attraverso un comitato tecnico e sulla base di un regolamento interno, le richieste di microcredito secondo criteri equi e democratici;
· Supportare i microimprenditori e sostenere le produzioni locali, favorendo la commercializzazione dei prodotti, e facilitando i processi di aggregazione tra operatori del settore.
Dopo la registrazione presso la BPK (Banking and Payments Authority of Kosovo), che riconosce in Meshtekna l’attività di gestione dei crediti, le fonti a cui l’associazione attinge per la concessione di prestiti divengono due:
- il fondo di rotazione di microcredito dato da ICS-Fondazione CHOROS, che al termine del vecchio progetto è diventato di proprietà di Meshtekna;
- un accordo con l’organizzazione ICMC-KEP, attraverso il quale Meshtekna utilizza fondi di proprietà di ICMC-KEP per erogare crediti.
7.6.4 Condizioni di prestito
Quota d’iscrizione all’associazione: 10€ annuali
Tasso d’interesse: 15% flat annuo (1,25% mensile)
Interessi di mora: 5% del valore della rata (quota capitale più quota interessi), più l’1% per ogni giorno di ritardo
Rimborsi: mensili
Quota per spese amministrative: 1,5% sul valore del prestito
Garanzie richieste: ipoteca su beni mobili corrispondente ad un valore pari al doppio del prestito; formazione di gruppi di solidarietà.
Oltre ai crediti alle imprese, vengono erogati anche crediti al consumo dell’importo massimo di 1.000€, chiedendo, come garanzia, il valore del reddito percepito dal richiedente.
Gli interessi che maturano sui prestiti, la quota per spese amministrative, e la quota associativa, in parte coprono le spese operative di gestione e quelle di struttura, il rimanente viene capitalizzato al fondo di microcredito.
Ci sono, inoltre, alcune condizioni che cambiano a seconda che venga utilizzato il fondo di Meshtekna o quelle fornito da ICMC-KEP.
Voce Fondi KEP Fondi Meshtekna
Importo minimo del credito 500€ Non definito
Importo massimo del credito 5.000€ 750€
1.500€
1.500€
1.500€
1.500€
1.250€ artigianato commercio servizi produzione allevamento agricoltura
Durata minima del prestito 6 mesi Non definita
Durata massima del prestito 15 mesi 8 mesi
6 mesi
6 mesi
6 mesi
9 mesi
9 mesi artigianato commercio servizi produzione allevamento agricoltura
Periodo di grazia 1 mese 2 mesi
1 mese
1 mese
1 mese
4 mesi
6 mesi artigianato commercio servizi produzione allevamento agricoltura
Tipo di attività finanziate Solo attività registrate Attività registrate e non registrate (attività formali ed informali)
Per quanto riguarda i prestiti erogati con il fondo ICMC-KEP, l’interesse del 15% annuale viene ripartito nel seguente modo: il 10% va alla KEP, mentre il 5% a Meshtekna. Una suddivisione analoga viene effettuata per la quota di spese amministrative, l’1% va alla KEP e lo 0,5% va a Meshtekna ed è vincolato alla copertura dei costi operativi.
Il rapporto con ICMC-KEP ha permesso a Meshtekna di soddisfare il crescente numero di richieste di credito. Infatti, inizialmente i beneficiari risiedevano in Bresane e villaggi circostanti, poi Meshtekna ha iniziato ad erogare crediti vicino alla città di Dragash e ai villaggi di Krushevo e Restelica, nella parte più meridionale del Kosovo.
Questo allargamento geografico ha portato all’apertura di un secondo ufficio a Dragash, in modo da poter seguire meglio i clienti della zona. L’allargamento nella zona meridionale della municipalità di Dragash ha permesso di raggiungere anche la minoranza dei Gorani; fino ad oggi, sono stati erogati loro 71 crediti.
Attualmente Meshtekna ha erogato oltre 500 crediti servendo tutti i settori produttivi, anche se c’è una netta prevalenza nel campo dell’allevamento e delle attività commerciali.
Numero crediti concessi per settore produttivo
Allevament o Agricoltu ra Commerc io Artigiana to Falegnameri a Produzio ne Serviz i TOT
ICMC 71 5 150 18 5 56 76 381
Meshtekna 65 1 41 4 3 8 19 141
136 6 191 22 8 64 95 522
Da febbraio 2001 ad oggi sono stati erogati crediti per un valore totale di circa 784.000€ di cui 654.700€ con fondi ICMC-KEP e 129.300€ con fondi Meshtekna.
Situazione portafoglio clienti a fine settembre 2002
Numero Valore in euro
Crediti erogati a settembre 36 37.350
Crediti attivi a settembre 301 281.259
La maggior parte dei crediti erogati sono prestiti individuali; attualmente esistono solo due gruppi solidali, uno composto da 8 uomini, ed uno composto da 7 donne, quest’ultime impiegate in attività artigianali, soprattutto nel settore tessile.
Estendendo la propria attività in nuovi villaggi, le richieste di credito che Meshtekna riceve continuano ad aumentare; di conseguenza anche i bisogni di nuovi strumenti di supporto al lavoro si accrescono, per poter mantenere una gestione dell’attività finanziaria, oltre che quella di assistenza ai microimprenditori, che sia efficiente ed efficace.
I villaggi della nuova area di intervento
Sulla base dell’esperienza maturata nel vecchio progetto “Diamo credito allo sviluppo in Kosovo” (marzo 2000 – dicembre 2001), nell’estendere il modello creato a Bresane e a Krushe e Madhe, si è pensato di promuovere, nella nuova area d’intervento, la costituzione di un’unica associazione di produttori, dove siano equamente rappresentati sia le donne che gli uomini.
Per un coinvolgimento multietnico, volto a stimolare l’integrazione fra culture che si trovano a vivere in zone limitrofi, verranno coinvolti quattro villaggi:
Gjurgjevik
Ha una popolazione di 758 persone, a maggioranza musulmana, così ripartite:
Donne % donne Uomini % uomini Minorenni % minorenni
Donne Uomini
240 32 210 28 162 146 40
A Gjurgjevik sono presenti 92 famiglie, che si occupano di diversi tipi di attività economiche.
Le principali attività economiche per numero di famiglie
Attività Numero famiglie
Agricoltura e allevamento 65
commercio 11
artigianato 10
produzione 4
apicoltori 2
TOTALE 92
L’agricoltura e l’allevamento sono molto diffusi, anche se si tratta di attività per lo più a carattere di sussistenza; qualcuno vende i propri prodotti al mercato di Klina.
Krushevë e Vogël
Ha una popolazione di 614 persone a maggioranza cattolica così ripartite:
Uomini Donne Tot adulti Bambini Bambine Tot minori Totale
Valore 195 188 383 124 107 231 614
% 31,76% 30,62% 62,38% 20,20% 17,42% 37,62% 100%
In totale vi sono 56 famiglie; con una media di 11 persone per famiglia, dove in ognuna di esse ci sono circa 4 minori.
Nel villaggio c’è una forte disoccupazione, in particolare tra i giovani. Molte famiglie svolgono piccole attività agricole, soprattutto di sussistenza o con piccoli sbocchi di mercato a Klina. Tra gli uomini ci sono molti meccanici, saldatori, carpentieri, muratori, che però non trovano nessuno sbocco, sia per mancanza di offerte di lavoro, che per carenza di mezzi finanziari per l’acquisto di materiale e attrezzature. L’attività principale delle donne è il cucito, ma anche in questo caso, spesso mancano i mezzi per una produzione sufficiente a raggiungere il mercato.
Klinavc
Il villaggio è composto da 429 persone di etnia mista, albanese ed Askalja, e di religione cattolica e musulmana.
Questa divisione rende peculiare il villaggio anche nei rapporti con i rappresentanti locali; infatti, esistono tre capivillaggio, due che rappresentano la comunità Askalja ed uno che rappresenta quella albanese. I capivillaggio non sempre comunicano tra di loro e questo rende più complicate le relazioni; sembra invece molto forte il rapporto tra la comunità Askalja di Klinavc e quella del villaggio di Mahalla.
Comunità Askalja
Uomini Donne Totale
Oltre i 40 anni 14 19 33
18-40 anni 28 33 61
Bambini 65
Totale 159
Numero di famiglie 27
Comunità albanese
Uomini Donne Di cui bambini Totale pop. Nr di famiglie
152 118 87 270 32
Anche nel villaggio di Klinavc la disoccupazione è molto diffusa, soprattutto tra i giovani. Esistono abilità, anche qui diverse, che potrebbero essere valorizzate, attraverso adeguati mezzi per lavorare. Molte donne, soprattutto della comunità Askalja, stanno seguendo un corso di cucito a Mahalla, organizzato dalla Kosovo Women Initiative e sperano di poter trovare i mezzi per avviare delle piccole attività artigianali.
Mahalla
Ha una popolazione di 170 persone di cultura musulmana ed appartenenti alla comunità degli zingari Askalja. La popolazione è così composta:
Uomini Donne Bambini Tot popolazione Nr Famiglie
43 55 72 170 24
Il villaggio è molto povero, tant’è che non esistono attività registrate. Ci sono molti agricoltori, che però non hanno mezzi per acquistare sementi, attrezzature, piante e quindi la loro attività non va oltre alla sussistenza. Tra le abilità specifiche ci sono idraulici, piastrellisti, saldatori, muratori, meccanici. Danno una grande importanza alla musica come attività produttiva, visto che il gruppo di suonatori presenti nel villaggio, viene spesso chiamato per matrimoni e feste. Anche qui l’abilità principale delle donne è il cucito, infatti anche loro stanno svolgendo un corso di cucito organizzato da KWI, ma mancano i mezzi per una sua valorizzazione.
Il target group
Il target beneficiario della nuova area d’intervento (Gjurjevik, Krushevë, Klinavc, Mahalla) è quello che fino ad ora non è stato raggiunto da altri programmi di Microfinanza.
Si vuole offrire servizi finanziari e non finanziari a piccole attività economiche, agricole, di allevamento, di produzione e commercio, che sono gestite a livello familiare. Nello stesso tempo, si cercherà di incentivare l’avvio di nuove attività, soprattutto a carattere artigianale, da parte anche di donne, che possano gestire l’attività economica, proseguendo nel loro ruolo di madri e mogli all’interno del proprio nucleo familiare.
Business Plan del nuovo programma
Dopo un’attenta analisi e prendendo in considerazione le diverse alternative di progettazione, si è optato per porre un numero limite di membri nella costituzione dell’assemblea generale dell’associazione di produttori. La scelta è giustificata dal desiderio di raggiungere il valore dell’integrazione multietnica, oltre che di genere, che nel progetto è uno dei fondamentali obiettivi che si vuole raggiungere.
L’idea, per avviare la costituzione dell’associazione, è quella che ogni villaggio elegga 6 persone, per un totale di 24 membri, che andranno a costituire l’assemblea generale iniziale. L’elezione dei membri sarà così ripartita:
1) Gjurgjevik: 3 membri donne e 3 membri uomini
2) Krushevë e Vogël: 3 membri donne e 3 membri uomini
3) Klinavc: 3 membri donne e 3 membri uomini
4) Mahalla: 3 membri donne e 3 membri uomini.
Il primo modulo formativo “La costituzione di un’associazione e la sua gestione” sarà rivolto ai 24 membri dell’assemblea generale e si concluderà con l’elezione dei due organi operativi dell’associazione di produttori: il Comitato Esecutivo e il Comitato Tecnico.
Il Comitato Esecutivo si costituirà di 4 membri: 2 donne e 2 uomini.
Il Comitato Tecnico si costituirà di 5 membri: 2 donne e 2 uomini, appartenenti ai villaggi coinvolti nel programma e 1 rappresentante IPSIA/Choros, con funzione di assistenza tecnica e di controllo, per un anno dall’avvio delle attività di quest’ultimo.
Nell’elezione dei membri dei due Comitati sarà importante la presenza di uomini e donne, in modo che siano rappresentati equamente tutti i villaggi e entrambi i sessi.
Nella determinazione dei ruoli, invece, non si potrà dimenticare la differenza fra culture di appartenenza dei villaggi. Ecco perché è auspicabile che si realizzi l’ipotesi di eleggere come membre donne del Comitato Esecutivo, quelle appartenenti ai villaggio dove sono presenti i cattolici, mentre come membri maschi quelli dei villaggi musulmani, perché è più complesso che delle donne musulmane assumano come ruolo quello di monitoraggio dei crediti presso attività economiche gestite da uomini.
7.6.5 Associazione di produttori di Gjurgjevik, Krushevë, klinavc, Mahalla
Funzioni Funzioni
Raccogliere le richieste di microcredito; accompagnate dal Business Plan;
Verificare il rispetto dei requisiti di base, previsti nel Regolamento;
Aiutare i microimprenditori nella compilazione della richiesta del credito e del Business Plan;
Diffondere il programma alla comunità in modo trasparente e capillare, affinché tutti i microimprenditori siano informati sulla possibilità di presentare la richiesta di microcredito;
Monitorare le attività dei microimprenditori che ricevono il credito.
Valutare le richieste di icrocredito sulla base del egolamento;
Erogare i crediti approvati; Riscuotere le rate di pagamento dei crediti.
Condizione necessaria e sufficiente per presentare una richiesta di microcredito all’Associazione sarà quella di diventare membri dell’associazione stessa, attraverso il pagamento di una quota associativa simbolica (es. potrebbero essere 5 euro).
7.6.6 Metodologia di erogazione dei servizi finanziari
Servizio del credito
Il credito potrà essere erogato sulla base di due diverse metodologie, a seconda del tipo di garanzia offerta:
• Credito individuale: la garanzia potrà essere o personale (un'altra persona garantisce con il proprio reddito il prestito) o reale (l’ipoteca su beni mobili);
• Credito a gruppi solidali: la garanzia viene data dai membri del gruppo in modo reciproco.
Credito individuale:
Fondo di Rotazione di Microcredito (a grant)
Credito a gruppi solidali
Fondo di Rotazione di Microcredito (a grant)
7.6.7 Piano formativo
Formazione tecnica gestionale e sul microcredito:
Sulla base delle necessità formative rilevate durante lo Studio di Fattibilità, le 4 settimane di avvio del progetto nella nuova area e le 10 settimane formative del primo anno di progetto, che si distribuiranno nel corso dell’anno con i seguenti contenuti:
Y Costituzione e gestione di un’associazione di produttori
Y La microimpresa e la sua gestione (contabilità di una microimpresa).
Y Business Plan di una microimpresa, lo sviluppo dell’impresa sociale e le metodologie di marketing.
Y Introduzione al microcredito. Modalità, interventi e risultati nella concessione di crediti.
Y Strategia nella gestione del Fondo Rotativo di Microcredito. Modalità operative nella gestione del Fondo Rotativo.
Y Formazione tecnica professionale:
Cronogramma delle attività
Università degli Studi di Parma – Facoltà di Economia Consorzio Etimos scarl
1° anno (luglio 2002-luglio 2003) 2° anno (luglio 2003-luglio 2004)
L A S O N D G F M A M G L A S O N D G F M A M G
Contatti con la associazioni costituite nel vecchio progetto
Studio di fattibilità nella nuova area d’intervento
Formazione sulla costituzione dell’associazione nella nuova area d’intervento (2 settimane)
Formazione sulla microimpresa: come si gestisce e la sua contabilità (2 settimane)
Formazione sul business plan della microimpresa e lo sviluppo dell’impresa sociale (2 settimane)
Formazione sul microcredito: modalità, interventi e risultati nell’erogazione dei crediti (2 settimane)
Formazione sulla gestione del fondo rotativo. Lo strumento del risparmio (2 settimane)
Formazione tecnica da parte di esperti italiani (4 settimane)
Formazione tecnica per allevatori da parte di esperti locali (1 settimana)
Formazione tecnica per agricoltori da parte di esperti locali (1 settimana)
Formazione tecnica per attività artigianali da parte di esperti locali (1 settimana)
199
Dispensa del corso “Applicazioni di Microcredito” – AA 2006/2007
Trasferimento Fondo Rotativo di Microcredito
Erogazione primi microcrediti
1° Missione di assistenza tecnico e monitoraggio
Seminario formativo in Italia
2° Missione di assistenza tecnico e monitoraggio
Valutazione finale
200
7.6.8 Meshtekna alla fine del 2002
Oggi Meshtekna ha due Fondi Rotativi di Microcredito distinti:
- uno donato dal progetto “Diamo credito allo sviluppo in Kosovo”;
- uno di proprietà di ICMC-KEP, che gestisce in collaborazione con loro.
Numero crediti concessi per settore produttivo (dicembre 2001)
Allevam. Agricol Comm. Artigianato Falegnam Produzione Servizi TOT
ICMC 71 5 150 18 5 56 76 381
Meshtekna 65 1 41 4 3 8 19 141
136 6 191 22 8 64 95 522
7.6.9 Il promosso “Sviluppo di comunità in Kosovo” e le relazioni con Meshtekna
Con il progetto “Sviluppo di comunità in Kosovo” (1 luglio 2002 – 30 giugno 2002), finanziato dal MAE, di cui capofila è l’ONG Italiana IPSIA (Istituto Pace Sviluppo Innovazione Acli) con prima Choros e poi Etimos in partenariato che gestisce la parte relativa al programma “Microcredito e Microimpresa”, abbiamo ripreso i contatti con Meshtekna.
Nel promosso è previsto un sostegno finanziario e tecnico per Meshtekna attraverso la presenza in loco del volontario internazionale Stefano Bravin e
missioni di formazione, monitoraggio e assistenza tecnica da parte dello staff Etimos, in particolare nella persona di Chiara Benvegnù.
Con l’obiettivo di continuare a lavorare nelle aree coinvolte nel progetto (area di Prizren e area dii Klina), sempre in partenariato con IPSIA, ma anche con L’Università di Padova – Facoltà di Agraria e con TransFair, si sta pianificando un nuovo progetto, da presentare a fine 2003 al MAE o alla Comunità Europea.
7.6.10 Alcuni dati di bilancio
L’anno 2002 è stato chiuso con un utile pari a 11.203 euro, di cui:
- entrate dovute alle gestione del Fondo Rotativo di Microcredito: 36.062 euro;
- Spese di gestione: 32.440 euro;
- Contributi: 7.581 euro.
Nello Stato Patrimoniale di rileva:
- capitale proprio: 26.214 euro, di cui 26.214 euro Fondo Rotativo, 11.203 utile capitalizzato;
- capitale di terzi (ICMC-KEP): 183.557.
Attraverso il finanziamento di Etimos, Meshtekna vorrebbe rendersi più indipendente da ICMC-KEP, gestendo in modo autonomo il Fondo Rotativo di Microcredito per rispondere alle sempre più crescenti domande di credito.
7.7 I nuovi conflitti (di Paola Villa)
22.07.2003
La Corte di Pristina ha emesso una condanna contro alcuni membri del disciolto UCK (Esercito di liberazione del Kosovo) operanti nella zona di Llap. I giudici hanno comminato un totale di 45 anni di carcere, 17 dei quali a carico del comandante di zona Rrustem Mustafa, conosciuto con il nome di battaglia di Remi, accusato di crimini di guerra contro suoi compatrioti appartenenti alla comunità albanese.
23.07.2003
Una granata è stata lanciata contro la stazione di polizia di Podujevo, città natale di Remi, e due sono state trovate inesplose nella stessa zona.
Giovedì scorso, il quotidiano Epoka e Re, tra i più radicali nella regione, titolava in prima pagina “Per bloccare l’arresto dei liberatori? Abbattere l’UNMIK (Missione in Kosovo delle Nazioni Unite)”.
L’AAK, quarto partito in Kosovo, ha accusato l’UNMIK di organizzare processi politici contro gli ex membri dell’UCK ed ha ufficialmente richiesto al Segretario generale delle Nazioni Unite di considerare l’ipotesi di chiudere la missione ONU in Kosovo.
“L’AAK non ha alcuna fiducia in queste corti” si sottolinea in un comunicato stampa emesso dall’AAK stesso. “Le corti dell’UNMIK sono state politicizzate da alcuni esponenti all’interno della Comunità internazionale che vogliono bloccare il percorso del Kosovo verso l’indipendenza e riconsegnarlo nelle mani della Serbia. Crediamo fermamente che il comandante Remi, Fatmir Limaj e Daut Haradinaj siano eroi del Kosovo”.
Jakup Krasniqi, attuale Ministro dei servizi pubblici, ha espresso l’opinione del suo partito, il PDK, dichiarandosi deluso per varie ragioni. “Innanzitutto è assurdo che membri dell’UCK vengano accusati di crimini di guerra contro civili albanesi. Il verdetto è stato manovrato dal punto di vista politico e costruito su false accuse sollevate dai servizi segreti di Belgrado”.
Sconcerto è stato espresso anche dalla dirigenza della Protezione civile kosovara (TMK), che ha assunto molti dei membri del disciolto UCK e di cui facevano parte anche i quattro condannati. “Siamo certi della purezza e della giustezza della guerra di liberazione condotta dall’UCK e per questo siamo convinti che prima o poi la giustizia prevarrà”, è stato dichiarato in un comunicato stampa emesso dalla dirigenza del TMK.
Il TMK sta attraversando un momento particolarmente critico: alcuni dei suoi membri, appartenenti anche a livelli dirigenziali, saranno forse obbligati a dimettersi in seguito alla scoperta di loro legami con la criminalità organizzata. I risultati dell’inchiesta condotta da un comitato creato congiuntamente da UNMIK e KFOR, rispettivamente missione ONU in
Kosovo e forza di interposizione militare a guida NATO, saranno a breve resi pubblici e certo non contribuiranno ad allentare le attuali tensioni.
24.07.2003
Due esplosioni a Pristina. Obiettivi la Corte distrettuale ed una stazione di polizia.
01.08.2003
Una violenta sparatoria ha provocato tre morti e quattro feriti nel centro di Pec-Peja. La sparatoria durata alcuni minuti è avvenuta verso le 22,30, a poca distanza dal comando dei carabinieri della polizia militare. Le vittime erano sedute sul terrazzo di un bar quando si sono trovate in mezzo all’intenso fuoco partito da mitragliatrici e pistole. I tre morti sono due ragazze di 14 e 24 anni e un uomo di 30. Non si hanno ancora particolari sui 4 feriti che sono stati portati d’urgenza all’ospedale di Pristina.
02.08.2003
Un poliziotto ONU di nazionalità indiana, Satish Menon, è stato ucciso domenica sera da proiettili che hanno colpito il suo veicolo su una strada del nord del Kosovo, provincia serba a maggioranza albanese. L’attacco si è svolto sulla strada che collega le città di Leposavic e di Kosovska Mitrovica, 55 km a nord di Pristina. Il capo della polizia ONU in Kosovo, Stefan Faller, ha dichiarato che l’attacco è stato opera di un cecchino, ma il movente dell’omicidio è ancora sconosciuto. “E’ un crimine brutale e impensabile. La ragione rimane ancora sconosciuta ma è chiaro che si tratta di un attacco contro la polizia internazionale, perpetrato da criminali intenzionati ad uccidere”, ha dichiarato Faller. La polizia ONU ha bloccato la strada dove il maggiore è stato ucciso e il capo ad interim della missione ONU in Kosovo, Charles Brayshaw, ha dichiarato l’omicidio “un atto ignobile”.
09.08.2003
Il ministro della difesa albanese (già primo ministro) ha rifiutato di partecipare a una conferenza in Montenegro con la motivazione di non volersi sedere allo stesso tavolo con qualcuno che sta preparando una nuova guerra contro gli albanesi.
10.08.2003
Colpi di mortaio sono stati sparati contro una base militare nella Serbia del sud.
12.08.2003
Il governo di Belgrado ieri, per la prima volta dalla fine della guerra, ha approvato una dichiarazione con la quale esclude l’indipendenza del Kosovo (che è formalmente parte della Serbia), accettando invece di concedere solo una “autonomia sostanziale”.
Una pattuglia dell’esercito di Serbia e Montenegro è stata attaccata da guerriglieri albanesi a ridosso della linea del confine amministrativo. Non si ha notizia di vittime.
13.08.2003
Holkeri arriva in Kosovo con l’incarico di nuovo amministratore ONU.
Un gruppo di adolescenti serbi intenti a fare il bagno in un fiume vicino al villaggio di Zahaq, nei pressi dell’enclave di Gorazdevac (nella parte occidentale della provincia), è stato attaccato nel pomeriggio di oggi da sconosciuti armati di fucili mitragliatori Kalashnikov: un ragazzo di 15 anni e uno di 19 sono rimasti uccisi e altri sei feriti, due dei quali in modo grave.
Una bomba è stata fatta esplodere contro la sede del comando regionale della polizia a Prizren. Nessun ferito.
Un ordigno è stato lanciato contro una casa in costruzione a Mitrovica, in un quartiere abitato da albanesi e dalla minoranza bosniaca. Nessun ferito.
14.08.2003
Migliaia di serbi sono scesi in piazza oggi in Kosovo per protestare contro la nuova ondata di violenza etnica che ieri ha provocato la morte di due ragazzi serbi e il ferimento di altri cinque. Manifestazioni sono avvenute nelle città settentrionali di Kosovska Mitrovica e di Zvecan e intorno all’ ‘enclave’ di Gracanica. I dimostranti, pur senza provocare incidenti, hanno accusato con durezza la missione delle Nazioni Unite (UNMIK), la Nato e la comunità internazionale di non essere in grado di garantire la sicurezza delle minoranze. Fra i serbi molti hanno chiesto al governo di Belgrado di inviare “con la forza” unità della polizia e dell’esercito per difendere i civili serbi che vivono in Kosovo.
15.08.2003
Funerali dei ragazzi di Gorazdevac. Alla cerimonia funebre sono intervenuti il primo ministro serbo Zoran Zivkovic (per la prima volta giunto in questa zona del Kosovo) e il suo vice Nebojsa Covic. La missione delle Nazioni Unite (UNMIK) era rappresentata dal vice governatore Charles Brayshaw mentre per la KFOR (forza di pace a guida Nato) è intervenuto il vice comandante della brigata multinazionale sud-ovest il colonnello italiano Antonello Vitale. Le esequie sono state seguite da circa 1.500 civili serbi, in pratica tutti gli
abitanti dell’enclave dalla quale provenivano i sette giovani. Il portavoce dell’UNMIK, Andrea Angeli, ha detto all’Ansa che fino a questo momento “si ignorano i responsabili dell’attacco e la loro appartenenza etnica”. La polizia dell’UNMIK sta continuando a compiere rastrellamenti ed interrogatori nel tentativo di identificare e catturare i responsabili del gesto, che è stato duramente condannato dalla leadership albanese del Kosovo e anche dal
governo di Tirana.
17.08.2003
I bambini dell’enclave serba di Gorazdevac sono stati nuovamente bersaglio ieri di un attacco, per fortuna senza conseguenze. Una dozzina di colpi di arma da fuoco, sono stati sparati contro un gruppo di bambini di Gorazdevac da una zona vicina al villaggio di Grabovac, abitato da albanesi kosovari.
Nessuno è stato colpito.
Il primo ministro Zoran Zivkovic accusa la comunità internazionale di non fare abbastanza nel combattere il terrorismo etnico nella provincia.
Attacco contro un posto di polizia del Sangiaccato (regione al confine fra Serbia e Montenegro abitata da una comunità musulmana), nel quale è stato ferito un agente.
Il ministro serbomontenegrino per i diritti umani e delle minoranze Rasim Ljajic - originario del Sangiaccato – dichiara che l’obiettivo è di ‘kosovizzare’ anche quella regione”.
18.08.2003
I rappresentanti serbi di Gorazdevac chiedono l’allontanamento dei comandanti locali della KFOR e della polizia dell’UNMIK (oltre al sindaco albanese di Pec) perché a loro parere non avrebbero fatto nulla per impedire la strage. Nel frattempo i carabinieri dell’Unità specializzata multinazionale (Msu) insieme ad agenti dell’UNMIK ed ai militari della KFOR proseguono i rastrellamenti nei villaggi albanesi intorno a Gorazdevac alla ricerca degli autori dell’attentato.
Su richiesta di Serbia e Montenegro il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite si è riunito per discutere dell’andamento della situazione in Kosovo a fronte, in particolare, dell’omicidio di Gorazdevac. L’episodio è stato condannato ma non è stata utilizzata la definizione di terrorismo o estremismo né è stata attribuita la responsabilità dell’accaduto ad alcun gruppo etnico.
19.08.2003
Ivanovic (leader del Consiglio Nazionale Serbo del Nord Kosovo) condanna il fatto che ancora una volta le Nazioni Unite abbiano evitato di condannare con chiarezza la situazione e il fatto che non sono stati invitati alla discussione del 18.
Rexhepi (primo ministro del Kosovo) ha inviato una lettera aperta a Belgrado per protestare contro i tentativi della Serbia Montenegro di includere il
Kosovo nella sua nuova costituzione, indifferente dei terribili effetti che questo potrebbe procurare nella provincia. L’ultimo degli atti colpevoli di Belgrado è stato quello di chiedere un incontro con il Consiglio di Sicurezza in modo da presentare solo la sua distorta lettura dei fatti accaduti.
Covic (leader del centro di coordinamento serbo per il Kosovo) condanna
l’ANA (Albanian National Army) come colpevole degli ultimi fatti e arriva a suggerire che il TMK, sia in connessione con l’ANA e sia quindi ugualmente colpevole di questi fatti. Il TMK è stato recentemente bandito da un corso di formazione internazionale a seguito del presunto coinvolgimento di alcuni suoi membri nel bombardamento del ponte ferroviario vicino a Zvecan.
L’UNMIK ha interrotto il divieto in giugno anche se ha affermato che ulteriori investigazioni saranno realizzate.
Rexhepi dichiara che Belgrado tenta senza prove di screditare il TMK.
Il comandante del TMK rifiuta le accuse di Belgrado e dichiara le attività del TMK neppure comparabili con le attività sovversive che Belgrado sta conducendo in Kosovo attraverso la sua gente e i suoi servizi segreti.
Xhaferi, capo del partito democratico albanese in Macedonia dichiara che Belgrado è da ritenersi responsabile delle tensioni nei Balcani. Tutte le guerre nei Balcani sono cominciate, secondo Xhaferi, quando i Serbi hanno cambiato la loro Costituzione. Gli attuali sforzi di Belgrado di includere il Kosovo nella sua nuova Costituzione potrebbero, conclude, avere gli stessi effetti.
Rexhepi dichiara ai giornali che secondo lui l’omocidio di Gorazdevac è stato organizzato dai servizi segreti serbi per tentare di minare le aspirazioni di indipendenza del Kosovo. L’ufficiale KFOR che ha l’incarico di monitorare i media dice che le speculazioni dei giornali sono andate oltre i limiti.
22.08.2003
Il consiglio di sicurezza serbo dichiara che l’escalation del terrorismo in
Kosovo è un segnale alla comunità internazionale che gli estremisti e terroristi albanesi non abbandoneranno i loro obiettivi.
Il ministro della difesa albanese Maiko dichiara che la Serbia si sta preparando ad un nuovo conflitto.
23.08.2003
Tre esplosioni a Presevo, città a maggioranza albanese nel sud della Serbia. Non è noto se l’obiettivo fosse il centro culturale, la stazione della polizia (Serba) o una casa serba. L’organizzazione ANA (Albanian National Army) ha rivendicato l’episodio dichiarando come obiettivi la Polizia e altri “obiettivi militari”. L’organizzazione ANA è presente anche in Kosovo e Macedonia ed è stata dichiarata Organizzazione terroristica da UNMIK.
Il premier serbo Zicvovic dichiara che i serbi hanno una visione completa e chiara della situazione in Kosovo e di quali siano le intenzioni degli estremisti e sono pronti a rispondere a qualsiasi operazione loro possano lanciare. Ha dichiarato inoltre che nel giro di 10 giorni i servizi di sicurezza serbi (a cui è stato dato mandato di investigare sui collegamenti tra i combattenti e le organizzazioni criminali impegnate nei traffici di esseri umani, di commercio e di droghe) avranno completato le loro indagini.
24.08.2003
Belgrado: Diverse migliaia di persone in piazza per commemorare i ragazzi uccisi.
La polizia UNMIK arresta un ventunenne a Mitrovia sospettato dell’uccisione del poliziotto UN.
25.08.2003
Zoran Doncic, un serbo rientrato nel villaggio di Bica, vicino Klina, viene ferito allo stomaco con un colpo di fucile mentre cerca la sua mucca durante una tempesta.
Il premier serbo Zivkovic annuncia l’intenzione di far approvare una Dichiarazione per il Kosovo e Metohia per ricordare alla comunità internazionale che è una sua responsabilità risolvere il problema nella provincia del Kosovo.
Il generale Nato Cumming, assegnato dalla UNMIK a monitorare il Kosovo Protecion Corps, ha rifiutato la denuncia di Covic secondo la quale il KPC sarebbe una organizzazione di copertura per gli ex combattenti dell’UCK e della cosidetta ANA.
Un gruppo di ragazzi e bambini albanesi a Vitine (Kosovo) prendono a sassate un pullman con targa di Nis che da Strpce (Kosovo) andava verso Belgrado trasportando passeggeri serbi di Bresovica (paese a maggioranza serba in Kosovo). Bus danneggiato e 10 feriti lievi.
26.08.2003
Nel villaggio di Dobrosin vicino a Liplian (Kosovo) tre albanesi con una Mercedes Bianca con targa straniera tentano di rapire una bambina serba di 10 anni che però riesce a divincolarsi e scappare.
Macedonia. Due poliziotti sono stati rapiti da un gruppo di albanesi armati, riuscendo tuttavia quasi immediatamente a liberarsi.
27.08.2003
Il parlamento Serbo approva con l’unanimità dei 168 presenti la Dichiarazione sul Kosovo e Motohia.
Il premier Serbo Zicvovic dichiara che il Kosovo è la priorità per la Serbia e che la Dichiarazione sul Kosovo è un messaggio per 4 destinatari: l’opinione pubblica in Serbia, la comunità internazionale, i serbi in Kosovo, gli albanesi in Kosovo.
Il premier serbo dichiara che è in preparazione un libro bianco sul terrorismo in Kosovo che dimostrerà che i cosiddetti combattenti per la libertà del
Kosovo sono in realtà boss della mafia.
La popolazione serba blocca la strada Janievo Liplian per protesta contro il tentato rapimento di una bambina.
Il premier Kosovaro Rexhepi, dopo aver incontrato il nuovo amministratore UNMIK Holkeri, dichiara che la sicurezza in Kosovo è crescente nonostante gli ultimi episodi.
Tachi (presidente del partito PDK), dopo aver incontrato il nuovo
amministratore UNMIK Holkeri, dichiara che il Kosovo sarà indipendente a prescindere dalle dichiarazioni di Belgrado.
Il leader della coalizione serba Povratak, dopo aver incontrato il nuovo amministratore UNMIK Holkeri, dichiara che ha avuto l’impressione che
Holkeri porterà avanti la sua missione in accordo con la Risoluzione 1244, il che potrebbe essere il miglior interesse per tutti quelli che vivono in Kosovo.
Covic (responsabile serbo per il Centro di Coordinamento per il Kosovo e Metohija) dichiara che la situazione nella provincia è estremamente difficile e che la catastrofe umanitaria di una nazione è stata semplicemente sostituita con la catastrofe umanitaria di un’altra nazione.
Il premier serbo Zivkovic dichiara che la soluzione per il Kosovo e Metohia deve essere approvata dalla comunità internazionale e non può essere decisa unilateralmente né dai serbi né dagli albanesi.
28.08.2003
Il colonnello dell’esercizio di Serbia e Montenegro Branko Krga e il comandante italiano KFOR Fabio Mini si sono incontrati nel villaggio di Rudare vicino alla linea di confine amministrativo tra Kosovo e Serbia per discutere della situazione generale, della collaborazione tra i due eserciti e della costituzione di una Groud Safety Zone.
L’UNMIK, a seguito della Dichiarazione sul Kosovo e Metohia del parlamento serbo, ha rilasciato una dichiarazione per nome del portavoce Karlowitz dichiarando che lo status finale della provincia può essere deciso solo dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Nessuna decisione unilaterale può influenzare il futuro della provincia”.
Danneggiata la Chiesa Serba Ortodossa di S. Dimitrri a Susica vicino Gracanica.
Covic dichiara che i reports delle agenzie di sicurezza così come le analisi della situazione sul campo registrano l’intensificarsi dell’attività dei terroristi albanesi nel sud della Serbia e suggeriscono che potrebbero preparare qualcosa di sanguinoso.
Holkeri a Mitrtovica dichiara che l’obiettivo dei recenti crimini è di rendere impossibile il ritorno delle persone e che questo è contrario al futuro del Kosovo. Ha dichiarato inoltre che non resterà una sola pietra non tornata.
Una granata a mano di fabbricazione cinese è esplosa a Presevo vicino ad una casa serba.
Il quotidiano di Mitrovica “Jedinstvo” ha pubblicato una statistica preparata dalla polizia Serba che registra più di 300 terroristi albanesi come responsabili dei crimini commessi nella provincia. Tra i crimini più rilevanti indica il massacro di 44 serbi a Radonjic nel 1998, il rapimento e l’uccisione di 37 civili a Decani poi trasferiti a Glodjane nel 1998. Nello stesso anno, secondo
questa ricerca, i terroristi albanesi avrebbero ucciso non meno di 32 altri civili serbi che sono stati successivamente sepolti nel cimitero musulmano di Gjakova.
Numerosi colpi di pistola sono stati sentiti nel villaggio di Konculi, nella municipalità di Bujanovac.
La Slovacchia si offre di ospitare i colloqui tra serbi ed albanesi.
Un treno passeggeri in viaggio da Tabanovci a Skopje è stato danneggiato da una mina piantata la sera prima nel terreno nei pressi del villaggio di Recica. Nessun ferito.
Il portavoce del partito DPS dichiara che la Dichiarazione sul Kosovo e Metohia non sarà discussa oggi dal Parlamento Federale di Serbia e Montenegro perché il Montenegro non ha ancora definito la propria posizione.
Il portavoce del presidente Rugova ha oggi dichiarato che la Dichiarazione adottata dal Parlamento Serbo non sarà valida nella provincia.
Skopje (Macedonia): durante la notte sono state lanciate alcune granate a mano da una macchina in corsa contro tre edifici governativi. Nessun ferito.
Fonte: Materiale raccolto in Kosovo dagli espatriati che gestiscono in loco il progetto “Sviluppo di comunità in Kosovo” (IPSIA in partenariato con: Consorzio ETIMOS, ARCS,
CAPITOLO 8 BIBLIOGRAFIA
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