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1 – L’età delle gazzette –
Gazzette. Le prime gazzette a stampa, quindicinali o settimanali, compaiono all’inizio del Seicento e coabitano a lungo con gli avvisi e i fogli di notizie manoscritti. Le prime città sono Anversa, Augusta e Strasburgo. La trasformazione degli avvisi cinquecenteschi è determinata soprattutto dagli interessi di potenza e da quelli collegati ai traffici. In Italia le prime città sono Firenze e Genova. Le prime gazzette contengono notizie dall’estero riguardanti le Corti e un notiziario locale.
Privilegio. L’esercizio della stampa è sottoposto al regime di esclusiva (il privilegio concesso dal principe). Il sistema del privilegio comporta sovvenzioni, agevolazioni e il monopolio dell’informazione politica. Caso esemplare è “La Gazette”, che comincia ad uscire nel 1631 a Parigi per ordine di Richelieu. La compila Theophraste Renaudot.
Il primo quotidiano esce a Lipsia nel 1660.
Inghilterra. In Inghilterra le rivendicazioni per abolire il privilegio e la censura preventiva sono forti. Questo obiettivo viene raggiunto nel 1695 con l’abolizione del Licensing Act. Pochi anni dopo esce a Londra il “Daily Courrant”, il primo quotidiano moderno della storia.
Francia. Nel 1665 esce a Parigi il “Journal de Savants”, primo esempio di giornalismo letterario. In Italia il primato in questo settore spetta a Venezia, con “Il giornale di letterati d’Italia”. Il contenuto abbraccia molti rami del sapere: la storia, la teologia, la scienza, il diritto.
In una prima fase sono i detentori del potere ad assegnare alle gazzette il ruolo di organizzare il consenso tra i diversi gruppi che ormai partecipano all’amministrazione del potere. Nell’età delle riforme e dei primi sconvolgimenti politici e sociali (v.ancien regime), sono le notizie stesse a produrre marcati cambiamenti nell’informazione (le notizie non si possono più nascondere).
2 - Giornalismo politico –
Rivoluzione francese. La Rivoluzione francese dà al giornalismo un impulso straordinario. In Italia le notizie che arrivano dalla Francia provocano nei ceti colti un’eccitazione mai vista. Il primo effetto è l’aumento della diffusione e del numero dei lettori delle gazzette nei caffè. Quasi tutte le gazzette danno conto delle decisioni dell’Assemblea nazionale e della Costituente e pubblicano i documenti rivoluzionari. Tuttavia, di fronte all’inasprimento della Rivoluzione, i governanti degli Stati italiani stringono i freni e rimettono il bavaglio alle gazzette. Con il Terrore, nello Stato della Chiesa, la campagna di stampa controrivoluzionaria è più intensa e di toni apocalittici (tra i bersagli della Chiesa ci sono anche le monarchie dell’assolutismo illuminato).
Napoleone. Il 15 maggio 1796 Napoleone Bonaparte entra a Milano. Cadono le restrizioni sulla stampa. Già un anno dopo però il Direttorio cisalpino dispone la consegna preventiva di dodici copie di ogni periodico. La libertà di stampa torna solo a tratti. In questi anni la capitale della stampa è diventata Milano.(Al primato giornalistico, tolto a Venezia, concorrono anche molti esuli o profughi da altri stati della penisola - v. Foscolo). Il primo foglio libero milanese esce il 23 maggio 1796 ed è il “Giornale degli amici della libertà e dell’uguaglianza”. Altre testate del periodo: “Gazzetta nazionale genovese”, ”Gazzetta piemontese”,”Il monitore fiorentino”,”Gazzetta di Bologna”ecc.
Nell’agosto 1799, le truppe francesi sono costrette dalle forze austro-russe ad abbandonare la penisola. Le Repubbliche crollano e tutti i giornali democratici scompaiono.
L’anno successivo, con la vittoria di Napoleone a Marengo del 14 giugno 1800, si apre per l’Italia la seconda fase repubblicana. Ma il Napoleone che ritorna a Milano non è più un liberatore ma il dittatore del colpo di stato del 18 brumaio. Le autorità impongono ai periodici il bilinguismo; la censura preventiva è più dura.
Nel 1806, dopo la duplice incoronazione a imperatore dei francesi e re d’Italia, N. vuole dimostrarsi un padrone di larghe vedute: fa abolire la censura preventiva e cambia nome alla Magistratura di revisione chiamandola “Ufficio della libertà di stampa” (non occorre più reprimere ma sorvegliare).
Nel 1812 Napoleone procede ad un riordinamento della stampa che si occupa anche di notizie politiche. Non più di un foglio di questo tipo per Dipartimento (ad eccezione di Milano dove ne possono uscire anche otto). Il regime repressivo imposto sull’informazione politica favorisce il risveglio del giornalismo letterario. Su alcuni periodici milanesi compaiono, accanto a quella del Foscolo, le firme di alcuni patrioti dell’età della Restaurazione: Silvio Pellico e Pietro Borsieri. Sia l’attività editoriale e giornalistica sia la tecnica di stampa hanno compiuto sensibili progressi nei 25 anni che vanno dalla Rivoluzione francese alla fine del dominio napoleonico.
3 - Giornalismo del Risorgimento –
Restaurazione. Dopo il Congresso di Vienna tutti gli Stati europei sono retti da regimi assoluti, eccetto l’Inghilterra, patria dei liberali. In Italia le spinte all’azione sono forti (moti del 1820-21 e del 1831). Due fattori specifici contribuiscono a movimentare la scena giornalistica. Il primo è rappresentato dall’estensione e dall’incidenza raggiunte dal giornalismo di ogni tipo, nonostante l’arretratezza delle condizioni politiche e sociali della penisola e i ritardi di carattere tecnico-imprenditoriale rispetto ai paesi più avanzati. Anche se il pubblico è piccolo, ora è formato anche da borghesi e non solo da letterati. Il secondo è rappresentato dall’atteggiamento critico all’assolutismo della maggioranza del mondo intellettuale. Passati all’opposizione nel corso del regime napoleonico, molti scrittori e giornalisti ci restano. Le gazzette e i fogli di ispirazione governativa raccolgono quei giornalisti e scrittori che si schierano con l’assolutismo e spesso accettano di essere servitori.
“Biblioteca” – “Conciliatore”. Un interessante novità è il mensile milanese “Biblioteca”, promosso dagli austriaci nel 1816 per conquistarsi simpatie nel mondo intellettuale. L’autonomia di questo giornale dura poco. Alla “Biblioteca” si contrappone dal 1818 il periodico più significativo di questi anni: “Il Conciliatore”. Compilato da Ludovico di Breme, Silvio Pellico, Giovanni Berchet e Pietro Borsieri, si presenta come un periodico statistico-letterario, di impronta liberale e di stampo europeo.
“Antologia”. A Firenze nel 1821, nasce l’ “Antologia, giornale di scienze, lettere ed arti”, che rappresenterà per 12 anni uno dei più efficaci esempi di quel lavoro culturale e politico diretto a formare un’opinione in grado di premere sui governi e spingerli alle riforme. Fondatore e animatore di questo mensile è Gian Piero Vieusseux.
“Giovine Italia”. Nel 1832 Mazzini fonda la “Giovane Italia” e una rivista dallo stesso titolo. Ne escono sei numeri, ma la sua comparsa segna l’avvento nella lotta politica del giornalismo mazziniano. L’agitatore genovese fa molto affidamento sui giornali come veicoli di conoscenze, di apostolato e di mobilitazione degli animi.
“Politecnico”. Importante fu poi nel 1839 il “Politecnico” fondato da Carlo Cattaneo (quando C. è costretto a chiuderlo nel 1844 passa a collaborare attivamente alla “Rivista europea”).
Pio IX – Carlo Alberto. Con l’Editto di Pio IX (15 marzo 1847) e con quello di Carlo Alberto (26 marzo 1848) si ha una svolta nella stampa. C’è spazio ora per una forte caratterizzazione politica di molti fogli nuovi e vecchi, che diventano l’espressione dei maggiori gruppi politici. Si delinea così una divisione tra i periodici che prendono partito e quelli che mettono in primo piano la funzione dell’intrattenimento. Quella fioritura di giornali che si era verificata nelle fasi rivoluzionarie, si ripete in misura molto più ampia e intensa nel biennio 1848-49.
A Torino, nel corso del 1854, di quotidiani ne escono addirittura 13. Alcuni sono destinati a una vita molto lunga come la “Gazzetta del Popolo” o lunga come “L’Armonia”,”L’Opinione” ed il neonato “Il Diritto”. Nel 1853 nasce a Torino anche la prima agenzia di stampa italiana. Direttore è Guglielmo Stefani.
Il giornalismo italiano del periodo risorgimentale si è sviluppato con una forte connotazione politica; ed è praticato sopratutto come un’attività politica. Sulla funzione educativa del giornalismo, di formazione delle opinioni oltre che delle conoscenze, sono d’accordo in molti ma non la Chiesa (che lo vede come una piaga e come uno strumento di perpetua agitazione fra i popoli).
4 - Dall’Unità alla svolta di fine secolo –
Unità d’Italia. Dopo l’Unità, è soprattutto attraverso i giornali che si manifestano e si delineano tendenze e correnti all’interno dei due maggiori schieramenti, la Destra, poi definita Destra storica, e la Sinistra.
Sulla piazza di Milano, nei mesi successivi alla partenza degli austriaci, circolano 32 giornali, quotidiani e periodici. Tra i più importanti la Gazzetta di Milano, diretta da Raffaele Sonzogno. La vitalità di Milano e della sua editoria giornalistica è dimostrata anche dalla uscita de “Il Sole” (1865), il primo quotidiano economico, commerciale e finanziario.
Torino perde l’Agenzia Stefani, che segue il governo a Firenze. La scelta di Firenze a sede del governo e del parlamento favorisce l’ascesa del gruppo liberal-conservatore toscano rappresentato da “La Nazione”, il quotidiano che Bettino Ricasoli ha fondato nel 1859.
A Roma l’unica novità di rilievo prima di Porta Pia è l’avvio nel 1861 della serie dell’ ”Osservatore romano”, quotidiano che continua tuttora come voce ufficiale della Santa Sede.
I fogli dell’opposizione di sinistra sono i più bersagliati dai prefetti e dalla magistratura. L’inasprimento dei controlli polizieschi e degli intralci amministrativi comincia nel 1869 e culmina nel 1871 per i timori sollevati dalla Comune di Parigi. Nei confronti dei giornali cattolici i governi della Destra usano cautela. Ai giornali amici, governo e prefetti possono dare vari tipi di sostegno. Il principale è la pubblicazione a pagamento degli atti ufficiali del parlamento.
C’è un abisso tra le tirature dei quotidiani più diffusi in Francia, in Inghilterra e negli Stati Uniti e quella delle maggiori testate italiane (primato assoluto “Petit Journal” 1867 - 300mila copie). I trasporti e i sistemi di vendita italiani sono arretrati. I prezzi sono alti, le notizie fresche scarse perché la Stefani è ancora modesta.
“Il Secolo”. Nel 1866 Edoardo Sonzogno fonda a Milano “Il Secolo”, primo quotidiano moderno italiano. “Il Secolo” segue con cura e precisione gli avvenimenti della Terza guerra di Indipendenza. Il suo pubblico è la media e piccola borghesia. La linea politica è democratica. Ampio spazio è dato alla cronaca cittadina, al romanzo a puntate e alle rubriche di varietà. Nel 1876 “Il Secolo” raggiunge le 30.000 copie.
Pubblicità. A incrementare i guadagni dei giornali più intraprendenti contribuisce la pubblicità. Gli avvisi commerciali, che i quotidiani pubblicano in quarta pagina, crescono, e gli inserzionisti logicamente scelgono il giornale più diffuso e popolare.
Il più solido dei nuovi giornali romani è “La Capitale”, fondato (1870) da Raffaele Sonzogno, fratello del fondatore del “Secolo”. E’ il primo giornale della Sinistra costituzionale che esce a Roma.
“Corriere della Sera”. “Il Corriere della Sera” compare il 5 marzo 1876. Lo dirige Eugenio Torelli Viollier il quale è convinto che sia venuto il momento di dare alla borghesia milanese la “versione di destra del Secolo”. Con le sue 40mila copie il “Secolo” appare un gigante ben saldo nel mercato lombardo. Tredici giorni dopo, la “rivoluzione parlamentare” rovescia la Destra. Il “Corriere” è all’opposizione. L’avvio è sulle 3.00 copie.
Scandalo Banca Romana. L’inchiesta sullo scandalo della Banca Romana scoppiato nel 1893, accerta che dal 1887 le tre Banche più forti (Romana, Nazionale e Banco di Napoli) hanno incominciato ad elargire sovvenzioni permanenti e sussidi sotto varie forme ad una decina di giornali e a non pochi giornalisti.
“The Times”. A Londra il “Times” ha già stabilito la propria egemonia, con una tiratura in fondo modesta rapportata alla sua autorevolezza: 60mila copie dopo il conflitto di Crimea .
Per il “Corriere della Sera” una svolta decisiva arriva nel 1885 quando il cotoniere Benigno Crespi entra in società con Torelli Viollier. Il giornale esce in tre edizioni, sfrutta di più il telegrafo e aumenta il numero dei redattori. Nel 1889 tocca le 60.000 copie, “Il Secolo” ne ha 100.000.
“Il Messaggero” – “Avanti!”. Nella capitale sta salendo “Il Messaggero” lanciato dal giovane giornalista Luigi Cesana nel dicembre 1878 (60mila copie nel 1883). Una raccolta di fondi tra i militanti e la sottoscrizione di 3.000 abbonamenti consentono la nascita dell’ ”Avanti!”che compare a Roma il 25 dicembre 1896.
Negli ultimi anni del secolo, la libertà, quale si era venuta configurando nel giovane Stato unitario, corre un rischio mortale per il prevalere dei propositi reazionari.
Ai primi di giugno 1898 Torelli Viollier passa la mano a Domenico Oliva, imposto dai conservatori lombardi. In una lettera a Luigi Roux, il vecchio giornalista napoletano confida l’amarezza e l’avversione che l’involuzione reazionaria aveva suscitato in lui. Il 13 giugno 1900 la guida passa a Luigi Albertini.
5 - Dall’età giolittiana alla fine della libertà –
All’inizio del ‘900 diversi editori affrontano decisamente la nuova fase del processo di industrializzazione della stampa. Nelle redazioni dei maggiori quotidiani, che ormai sono una decina, procede la razionalizzazione del lavoro, con suddivisione dei compiti e degli orari. Soltanto nei quotidiani piccoli, quelli di provincia, i redattori restano tuttofare.
Il settore che conta il maggior numero di giornalisti sta diventando la cronaca cittadina. Si delineano le suddivisioni per argomenti con testatine apposite.
I quotidiani scelgono la formula “omnibus” (dominata però da un’impostazione elitaria e da una partecipazione attiva alla politica che spesso è dipendenza). Sulla strada della diversità dei pubblici si sono avviati invece i settimanali di attualità e varietà. L’ “Illustrazione italiana” è già da parecchi anni il settimanale della buona borghesia. Cresce la diffusione della stampa femminile e di quella per i bambini e i ragazzi. Ma anche in questi settori il nuovo secolo porta la sparizione di quasi tutti i numerosi giornaletti nati in varie città negli ultimi 20 anni dell’800. Nel 1896 nasce a Milano la “Gazzetta dello Sport” (in rosa dal 1908 - quotidiano dal 1919).
La tempestività delle notizie è il fattore primario del successo. Ma la concorrenza quotidiana si basa inoltre sulla ricchezza e la qualità dei servizi politici, sul prestigio o la popolarità delle firme dei redattori viaggianti o dei collaboratori culturali.
Nasce in questi anni la Federazione nazionale della stampa italiana.
Albertini. Nel 1904 Albertini, non lesinando nelle spese telegrafiche e spendendo 100mila lire all’anno per i diritti, si assicura la possibilità di riprodurre in contemporanea le corrispondenze e i dispacci esclusivi di quotidiani importanti come “Daily Telegraph” e “Daily Chronicle”, oltre al “Times”. Il “Corriere” ha una fitta rete di corrispondenti dalle capitali europee. La veste resta austera, le fotografie pubblicate sono poche. La “Domenica del Corriere”, settimanale, allarga le sue radici negli strati degli artigiani e degli operai. Nel corso del 1904 Albertini può intimare a Romussi, direttore del “Secolo”, di togliere dai manifesti e dalle locandine la dicitura “Il più diffuso quotidiano d’Italia”. A determinare la decadenza del “Secolo” sono una certa incomprensione dei mutamenti intervenuti nella società lombarda e l’incapacità di cogliere i nuovi termini della lotta politica ed economica.
“La Stampa”. A Torino, nel 1894, “La Stampa”, diretta da Alfredo Frassati, subentra alla “Gazzetta Piemontese”. Frassati si ispira ai principi del riformismo liberale e si circonda di redattori (tra i quali Luigi Einaudi) attenti ai problemi sociali ed economici.
“Giornale d’Italia”. A Roma Alfredo Bergamini inizia le pubblicazioni del “Giornale d’Italia” nel 1901. Bergamini fa un foglio movimentato e meno austero dei suoi rivali: le notizie e gli articoli più interessanti in prima pagina, servizi dall’estero, molte interviste e referendum tra i lettori. Nella stessa pagina vengono poi riuniti tutti gli articoli di argomento culturale (nasce la “terza pagina”). Bergamini arruola letterati di prestigio, come Benedetto Croce, e accende o alimenta polemiche letterarie.
Quando anche Albertini adotta la terza pagina, impone ai collaboratori l’esclusiva della firma.
Il cammino di Giolitti è accidentato (v.avversione di Albertini e Bergamini – “Corriere” e “Giornale d’Italia”). G. reagisce facendo ricorso ai vecchi metodi sotto forme meno sfrontate e intimidatorie di una volta che il nuovo clima politico e sociale e le campagne per la moralizzazione della vita pubblica non consentono più. Nel 1906 viene interdetta ogni possibilità di sequestro preventivo.
Declino del “Secolo”. L’avvio del “Secolo” verso il viale del tramonto, i passaggi di mano e, in certi casi, l’attenuazione del primitivo impegno politico, sono i segnali vistosi del generale declino della stampa di tendenza democratica e radicale che si sta compiendo alla fine del primo decennio del Novecento.
I fermenti che si manifestano nel paese dopo la svolta di fine secolo si riflettono nella stampa politica in modi più diretti che nei giornali di informazione e di opinione (v. stampa socialista - “Avanti!”).
La stampa dell’ ”Avanti!” a Milano comincia il 9 ottobre 1911, dieci giorni dopo l’inizio della guerra di Libia. Le vendite aumentano fino a 30mila copie e due nuove iniziative editoriali (l’ ”Avanti della domenica” e la “Difesa delle donne lavoratrici”, periodico diretto da A. Kuliscioff) sono il segno del rilancio.
Intensa è anche l’azione della stampa cattolica (“Il momento” e il “Corriere d’Italia”), con un maggior impegno nella lotta sociale a dispetto del non expedit.
Nazionalismo. La novità più significativa del giornalismo politico è la comparsa della stampa nazionalista. Nel 1910 viene fondata l’ ”Associazione nazionalista italiana”, alla quale aderisce anche D’Annunzio.
Guerra di Libia. A spingere Giolitti alla guerra in Libia convergono fattori economici e politici. Interpreti di questi interessi, molti giornali influenti concorrono a creare il mito della “terra promessa”. Durante le operazioni militari il “Corriere della Sera” ha una decina di inviati. Barzini è l’uomo dal reportage agile e immediato, che conserva però un’impronta letteraria. Gli altri “corrieristi” si dedicano di più al colore e ai richiami sentimentali. Ma il distintivo del “Corriere” è in terza pagina: ed è Gabriele D’Annunzio. Le sue canzoni d’oltremare sono la punta più elevata della marea di retorica che, attraverso i giornali, invade il paese. Solo i fogli socialisti cercano di contrastare le spinte nazionaliste. La guerra e i suoi strascichi politici provocano però fratture tra i socialisti. La corrente massimalista prevale nel Congresso di Reggio Emilia e dal 1° dicembre 1912 assume la direzione dell’ ”Avanti!” Benito Mussolini (le copie vendute arrivano anche a 60mila).
Interventisti e neutralisti. La parte svolta dai giornali durante la neutralità proclamata dal governo Salandra è rilevante. Lo scontro è tra interventisti e neutralisti. Tra i neutralisti si contano solo “La Stampa”, “La Tribuna”, “Il Mattino” e “La Nazione”. Anche i cattolici sono per l’intervento. Abile e violento polemista, Mussolini nel novembre del 1914 radicalizza la lotta contro i neutralisti, definiti disfattisti, e contro gli incerti. Fin dalle prime settimane il nuovo giornale vende 30mila copie.
Prima guerra mondiale. Con l’entrata in guerra, i giornali non possono dare notizie sul numero dei feriti, dei morti e dei prigionieri. Con un decreto viene data ai prefetti la facoltà di procedere ai sequestri. Entra in funzione la censura militare. I giornalisti ben accetti sono solo quelli accolti nell’Ufficio stampa o nel servizio P (propaganda tra le truppe). I giornali socialisti sono messi al bando. Il “Corriere della Sera” è tutt’uno col governo. Dal fronte i corrispondenti informano puntualmente, con lettere riservate, i rispettivi direttori sulla realtà della situazione, ma tale realtà non si ritrova nei loro articoli. Con l’allontanamento di Cadorna e la sua sostituzione con Armando Diaz, le cose cambiano anche nel campo dell’informazione e della propaganda (a fine nov. 1917 Diaz limita a 500 parole la lunghezza dei dispacci).
Nel 1916 il conte Grosoli raggruppa le testate cattoliche in una nuova società, l’ “Unione Editoriale Italiana”. Nel 1919 esce a Roma “Il popolo nuovo”, settimanale del neonato partito popolare di don Sturzo.
Verso il fascismo. I quotidiani del primo anno di pace, pur costretti ancora ad uscire a quattro pagine per la penuria di carta, sono più vivaci di quelli di un tempo. Comunque dal 1919 il giornalismo italiano è coinvolto, anzi soverchiato, dagli eventi politici, dagli interessi contrapposti, dalle passioni, dalle violenze e dagli altri fattori della crisi che sfocia nel crollo dello stato liberale e nell’avvento di Mussolini al potere.
Nell’autunno 1921 i fascisti prendono di mira il giornale nittiano “Il Paese” che esce a Roma dall’inizio di quell’anno; e nell’estate del 1922 cominciano a boicottare il nuovo foglio liberaldemocratico “Il Mondo”, promosso a Roma da Giovanni Amendola e da Alberto Cianca. Il fascismo trae vantaggio dal fatto che buona parte dei gestori della stampa liberale vede nel movimento reazionario lo strumento per restaurare l’ordine e per difendere il capitalismo. L’atteggiamento filofascista del “Corriere della Sera” è particolarmente accentuato fra il settembre 1921 e il marzo 1922, quando il giornale è diretto da Alberto Albertini perché il fratello Luigi è in missione a Washington.
Mussolini. Nelle prime settimane del governo Mussolini le prime pagine dei giornali d’informazione appaiono politicamente spente oppure danno la sensazione dell’ufficiosità e della soddisfazione. Soltanto gli organi dell’opposizione socialista, comunista e repubblicana e i fogli di battaglia antifascisti (“Il Mondo”) reagiscono al fatto compiuto.
Regio decreto 1923. Un segnale grave per la libertà di stampa è il regio decreto del 12 luglio 1923 di cui Mussolini sospende l’entrata in vigore per usarlo come una minaccia incombente. L’art.1 prevede che il gerente debba essere il direttore e non più un uomo di paglia. L’art.2 dà ai prefetti la facoltà di diffidare il gerente e, dopo aver ascoltato un magistrato e un giornalista, di dichiararlo decaduto. Il “Corriere della Sera” e “La Stampa” prendono posizione contro il decreto, ma le reazioni contrarie dei giornali finiscono qui.
Nella capitale escono, nel 1923 e l’anno dopo, 2 quotidiani che rappresentano le tendenze più oltranziste del fascismo: ”L’Impero” diretto dallo squadrista e avventuriero Mario Carli e il “Tevere” fondato da Telesio Interlandi, un giornalista che non nasconde i suoi sentimenti antisemiti.
Sindacato. Nel gennaio 1924 Mussolini istituisce il Sindacato fascista dei giornalisti, per fare proseliti nelle redazioni.
Dopo il caso Matteotti l’opinione pubblica partecipa intensamente alla battaglia intrapresa dalla stampa contro Mussolini e il fascismo. Il 23 luglio del 1924 a Roma, undici quotidiani costituiscono un Comitato per la Difesa della libertà di stampa che unisce giornali di tipo e orientamento molto diverso. Il 3 gennaio 1925 Mussolini annuncia la dittatura.
Il 28 novembre 1925 esce il “Commiato” di Luigi Albertini.
Soppressione. Il 5 novembre 1926 il governo decreta lo scioglimento dei partiti di opposizione e la soppressione di tutti i giornali avversi al fascismo. I 120 deputati dell’Aventino sono dichiarati decaduti. Il 21 viene approvata la legge per la difesa dello Stato che introduce la pena di morte.
6 - La stampa e la radio del regime fascista –
Fascistizzazione. A Mussolini interessano più le direzioni dei quotidiani che le proprietà, che, d’altra parte, sono già allineate per convinzione o per convenienza. I veri fiduciari di Mussolini diventano i direttori responsabili. La sua tattica è graduale soprattutto vero il “Corriere della Sera” e “La Stampa”, dalle quali pretende all’inizio soltanto la fascistizzazione della parte politica. Il consigliere e la longa manus di Mussolini in molte operazioni editoriali è il fratello Arnaldo. Nel giro di tre anni si susseguono al “Corriere della Sera” tre direttori, Croci, Ojetti e Maffii, ognuno dei quali fa compiere al giornale un ulteriore passo nella fascistizzazione. Nello stesso periodo si chiude il lungo declino del “Secolo” poiché anche l’ultimo tentativo di rilanciarlo è fallito. Alcuni quotidiani di provincia vengono chiusi, altri vengono fondati nelle zone di confine. Verso la stampa cattolica il regime fascista adotta un particolare tatto. L’atteggiamento dei fogli cattolici è prudente. Nel 1929, dopo la Conciliazione, tutti i quotidiani cattolici si allineano.
Nel 1927 Mussolini decreta il blocco del numero dei quotidiani. Sono 70 e tali restano per vari anni. In precedenza aveva limitato a sei il numero delle pagine. Con questa misura Mussolini aveva voluto favorire il proprio giornale e altre testate deboli e ridurre la potenza dei fogli più ricchi.
Il divario editoriale e tecnico tra la stampa italiana e quella dei paesi più industrializzati aumenta. I grandi quotidiani inglesi, francesi e americani sviluppano quella diversificazione dei contenuti che avevano intrapreso da tempo.
Ufficio Stampa. Lo strumento principale di sorveglianza e di direzione è l’Ufficio Stampa che Mussolini aveva potenziato fin dal 1925, unificando quello della Presidenza del Consiglio e dell’Interno. Lo dirige Giovanni Capasso Torre. Da questo ufficio partono i dispacci telegrafici ai prefetti con le direttive per intervenire presso i direttori dei quotidiani.
L’Agenzia Stefani è un altro strumento per rendere omogenea la parte politica dei quotidiani.
Nel 1928 viene istituito l’Albo dei giornalisti. Per quanto riguarda il Sindacato, l’iscrizione è aperta ai giornalisti aderenti al Pnf.
Giornale Radio. Nel 1930 al giornalismo della carta stampata si affianca quello radiofonico. E’ da quell’anno infatti che i notiziari dell’Eiar assumono la veste del giornale radio e diventano appuntamenti regolari. Il giornale radio dei primi anni deve essere compilato unicamente con le notizie diramate dalla Stefani e con quelle riprese dai quotidiani. Il primato giornalistico resta però alla stampa.
Norme penali. Le nuove norme penali, varate nell’ottobre 1930, integrano i punti lasciati in sospeso dalla legge del 31 dicembre 1925. Per i reati commessi a mezzo stampa viene accentuata la responsabilità del direttore.
Modernizzazione. Il processo di modernizzazione della stampa che coinvolge anche i settimanali, prende avvio alla fine degli anni Venti, e non è un caso che, per i quotidiani, parta da Torino, città industrialmente forte e sede dell’ente radiofonico. La costruzione di nuovi stabilimenti e l’ammodernamento degli impianti di produzione sono le imprese più importanti sul piano tecnico.
“Stampa” vs “Corriere”. La tiratura della “Gazzetta del Popolo” sale fino alle 300mila copie. Nel 1931 diventa direttore della “Stampa” Alfredo Signorotti, fascista dalle origini e giornalista notevole. L’impaginazione è moderna, lo stile chiaro, molte le fotografie, nessun inserto, niente colore. “La Stampa” vuole essere un giornale nazionale ed autorevole come “Il Corriere della Sera”. Al “Corriere della Sera” le cure maggiori sono per la ricchezza e la qualità delle corrispondenze dall’estero (che il “Corriere” non rivende a nessuna testata) e delle collaborazioni per la terza pagina.
Il giornale di Mussolini, “Il popolo d’Italia”, attraversa invece una fase di immobilismo dopo la morte di Arnaldo Mussolini, avvenuta nel 1931.
Messaggero”. Un quotidiano che si trasforma notevolmente è “Il Messaggero”, che nel giro di pochi anni sopravanza sulla piazza di Roma il “Giornale d’Italia” e aumenta, con le edizioni provinciali, la penetrazione nelle regioni del Centro.
Il rotocalco. Una grossa novità tecnica riguarda i periodici: l’installazione delle prime macchine per stampare in rotocalco. E’ un procedimento che consente di riprodurre con grande efficacia le fotografie anche su carta non patinata. Nascono così nuovi settimanali.
In complesso, il potenziamento dei quotidiani maggiori si traduce in una formula ibrida tra foglio del partito unico e foglio di informazione e d’intrattenimento, che, in fondo, Mussolini ha voluto. Lo sviluppo della stampa, la diffusione dei cinegiornali, l’aumento dell’ascolto della radio segnano l’avvento, anche in Italia, di un moderno sistema delle comunicazioni di massa.
Ciano. Il 1’ agosto 1933 Mussolini nomina capo dell’ Ufficio stampa Galeazzo Ciano, suo genero. Ciano si fa notare per la cura delle direttive e dei controlli sul giornale, per l’attenzione rivolta al cinema e alla radio. Istituisce uffici distaccati presso le prefetture dei più importanti capoluoghi di regione.
Etiopia. Il potenziamento è necessario perché Mussolini nel 1933 pensa all’Abissinia. Il linguaggio si fa militare. Ciano estende il suo controllo sulla radio. I giornali e la radio contribuiscono a far risorgere il mal d’Africa e ad individuare i due nemici, il Negus, tiranno barbaro, e le grandi democrazie, ricche ed egoiste. La partecipazione dei giornalisti alla conquista dell’Etiopia è notevole. Le cronache della guerra sono dominate dalla retorica. Il 6 maggio 1936, con l’annuncio che Badoglio è entrato ad Addis Abeba, le tirature dei quotidiani sono alle stelle. “Stampa” e “Stampa Sera” tirano un milione e 300 mila copie.
Mussolini affida a Ciano il Ministero degli Esteri. Il sottosegretario Alfieri diventa ministro per la Stampa e la Propaganda. Quasi tutti gli ordini per i giornali sono però dettati da Mussolini stesso.
Minculpop. Dal 1° giugno 1937 il ministero cambia insegna. Diventa il M.della Cultura popolare, ben presto denominato Minculpop. Si vuole affermare che il fascismo ha una propria cultura che si indirizza al popolo e ne è ispirata.
Le pagine dei quotidiani, in particolare la prima, sono più vistose per la presenza delle fotografie e per i titoli più alti e più neri che lo stesso Mussolini richiede. Più vivace e ricco di novità è il settore dei periodici. L’estensione del sistema di stampa in rotocalco e la diffusione della fotografia e del cinema sono i fattori principali dello sviluppo.
“Guerra delle onde”. Una novità è rappresentata dall’impiego della radio nel conflitto ideologico e propagandistico. Con l’attivazione di alcune emittenti antifasciste, che si contrappongono all’Eiar, comincia infatti la “guerra delle onde”.
Antisemitismo. La stampa è invece chiamata a svolgere un ruolo importante nella diffusione delle idee antisemite. Non vi partecipano i fogli cattolici. Il Minculpop assume la regia di questa campagna creando un ufficio speciale e promovendo il quindicinale “La difesa della razza”. Dal novembre 1939 il Minculpop è guidato da Alessandro Pavolini.
I corrispondenti di guerra devono descrivere più le impressioni (esaltanti e positive) che i fatti. A mano a mano che le difficoltà crescono, il Minculpop accentua la sua sorveglianza sul fronte interno. Molte veline vengono dedicate alle pesanti conseguenze della scarsità di derrate alimentari e alla campagna contro l’ascolto clandestino delle radio nemiche. Gli strumenti più efficaci di informazione e propaganda quotidiana del regime sono i due giornali radio delle 13 e delle 20 e il commento serale.
Badoglio. L’annuncio delle “dimissioni” di Mussolini e dell’incarico dato dal re a Badoglio di formare il nuovo governo viene dato dalla radio poco dopo le 22 del 25 luglio 1943. Il Minculpop è affidato a Guido Rocco e successivamente a Carlo Galli. Le prime misure di Badoglio per la stampa e la radio sono estremamente severe. I giornali sono presidiati militarmente e alcuni vengono sequestrati. La volontà del re e di Badoglio è di non recriminare sul passato, di attuare un trapasso il meno traumatico possibile, che si traduce nell’obbligo del silenzio sul regime fascista e sulle evidenti aspirazioni degli italiani a uscire da una guerra disastrosa.
Armistizio. Dall’annuncio dell’armistizio, l’8 settembre del 1943, le vicende del giornalismo italiano di dividono in due strade: quella dell’occupazione nazista al Nord e quella della liberazione al Sud e poi al Centro.
Salò. Dopo la fuga del re e di Badoglio da Roma, Mussolini riprende in mano la situazione. La sede del Minculpop è a Salò, dove vengono trasferiti anche l’Ispettorato della radio e l’Agenzia Stefani. Gli ordini del ministro del Minculpop, Mezzasoma, sono tutti improntati alla linea più intransigente del fascismo. Il 22 dicembre 1943 Mussolini, tornato al potere, abolisce la censura preventiva instaurata da Badoglio, ma la rissosità resta così forte da indurlo a ripristinarla il 31 maggio 1944.
I partigiani. I fogli delle formazioni partigiane iniziano a uscire nella primavera del 1944. La loro esistenza è precaria, la loro periodicità irregolare.
7 - Il ritorno della libertà –
Pwb. Dopo la guerra, per la stampa e la radio, tutto dipende dal Governo militare alleato che agisce attraverso il Pwb (Psychological Warfare Branch), creato sia per la propaganda sia per pilotare il ritorno della libertà di stampa nei territori via via liberati dai tedeschi. Dagli angloamericani dipende anche il flusso delle informazioni, selezionate tra quelle diffuse dalle grandi agenzie. I primi fogli promossi dal Pwb escono in Sicilia e in Calabria subito dopo la ritirata delle truppe tedesche. Dei fogli siciliani il più noto è il “Sicilia liberata” che compare a Palermo il 6 agosto 1943, 14 giorni dopo l’uscita dell’ultimo numero del principale quotidiano dell’isola, il vecchio “Giornale di Sicilia”, e dura fino al giugno 1944. Il 7 ottobre esce il “Risorgimento” (direttore Paolo Scarfoglio). A Milano e in altre città del Nord, nelle riunioni clandestine, si discute del futuro della stampa. Le richieste degli alleati perché ricompaiano anche i quotidiani “indipendenti” sono immediate e pressanti. Di giornali ne escono molti nella seconda metà del 1945.
La Fnsi è contraria alla rinuncia all’Albo dei giornalisti istituito dal fascismo.
Rai - Ansa. Sull’assetto da dare alla radio tutti sono concordi sulla continuità del sistema della concessione statale e alla formazione di un nuovo ente pubblico monopolistico – la Rai – costituito il 26 ottobre 1944 alle dipendenze del Ministero delle Poste. Questa soluzione consente al governo di intervenire sui programmi radiofonici. Gli editori fondano anche l’Ansa.
A Roma si contano ad un certo punto ben 23 quotidiani. Già alla fine del 1945 gli abbonati alla Rai sono un milione e 600mila. La ricostruzione della rete radiofonica e il suo successo rafforzano la vecchia schiera dei dirigenti dell’ente.
Il passaggio dei poteri dal Governo militare alleato a quello italiano nelle regioni del Nord, che avviene il 1’ gennaio 1946, segna la fine della tutela del Pwb anche sulle radio.
Alla vigilia del referendum e delle elezioni per l’Assemblea Costituente appare molto rafforzato lo schieramento giornalistico del centro e della destra, del quale fanno parte i fogli cattolici di Milano, Bergamo, Genova, Bologna e Roma.
Legge stralcio 1948. Importante è la legge-stralcio dell’8 febbraio 1948. Essa conferma la figura del direttore responsabile. Inoltre si aggravano le pene per il reato di diffamazione e si instaurano norme severe per le pubblicazioni destinate all’infanzia e per quelle a contenuto raccapricciante.
Con la vittoria alle elezioni del 1948 la Dc estende il proprio potere. La Confindustria acquista i due quotidiani economici di M ilano, il “Sole” e “24 Ore”. La polarizzazione dei giornali in due schieramenti contrapposti si consolida.
Dalla metà del 1949 i quotidiani escono a 6 pagine più volte alla settimana; le 8-10 pagine arrivano dopo la guerra di Corea, che determina difficoltà nel commercio delle materie prime, necessarie per fabbricare la carta. Il modello grafico dei quotidiani di informazione del mattino resta sostanzialmente quello elaborato con la modernizzazione degli anni Trenta, e anche la formula è quella “omnibus”. Mai un’inchiesta né un articolo di intrattenimento culturale. In questi anni sul “Corriere” spiccano le corrispondenze dagli Stati Uniti di Ugo Stille, gli articoli di Indro Montanelli e di Guido Piovene, i racconti di Moravia, le critiche letterarie di Pietro Pancrazi e di Emilio Cecchi e quelle teatrali del vecchio Renato Simoni. Direttore è Mario Missiroli, campione della cautela e dell’ufficiosità. Direttore della “Stampa” è Giulio De Benedetti, che non ha invece paura delle notizie. In politica sostiene De Gasperi e la scelta atlantica, ma con qualche apertura sociale.
Sotto il profilo giornalistico le uniche novità della stampa quotidiana continuano ad essere rappresentate dai giornali del pomeriggio e della sera. Il modello preferito è “France soir” che Pierre Lazareff ha portato ad oltre 1 milione di copie di tiratura. In complesso è chiaro che la scelta che guida gli editori dei quotidiani di informazione che contano è l’immobilismo (invece si registra il forte e crescente dinamismo dei rotocalchi). All’inizio degli anni ‘50 i maggiori quotidiani “indipendenti” e di qualità non hanno l’autorevolezza che viene riconosciuta al “Times”, al “New York Times” e a “Le Monde”. I quotidiani di partito superstiti hanno basse tirature. Grande successo hanno invece i rotocalchi, che soddisfano l’aspirazione a un’esistenza di benessere. Inoltre il loro linguaggio è immediato, aderente alla realtà sociale.
8 - Avvento della tv e cambiamenti nella stampa -
Giornalismo schierato. Dopo la morte di Stalin (5 marzo 1953) lo scenario internazionale comincia a cambiare. Fra i due blocchi contrapposti si profila la distensione, mentre si consolida la realtà del “Terzo mondo”. Nello stesso tempo l’Italia si avvia verso una forte e squilibrata espansione industriale e commerciale che alimenta una tumultuosa ondata migratoria dal Sud al Nord, dalle campagne alle città e alle zone dell’industrializzazione. I mezzi d’informazione restano però legati alla logica degli schieramenti contrapposti. La sconfitta della coalizione centrista segna la fine di De Gasperi nel 1953. Nella lunga campagna elettorale gli eccessi prodotti da un giornalismo schierato balzano agli occhi. Il “Corriere”, “La Stampa” e “Il Messaggero” pubblicano diciotto fotografie di De Gasperi e nemmeno una dei leader delle opposizioni. La stessa discriminazione avviene nei giornali radio. Una sintesi dei deteriori aspetti del giornalismo la fa “Il Mondo” in una nota intitolata “L’Italia infetta” pubblicata il 18 maggio 1954. Il settimanale di Pannunzio parla di “un clima di faciloneria e di malafede, di accuse gratuite e di insulti volgari, di piccoli mercati e di grosse mistificazioni“ nonché di una stampa “che offre a queste manovre i più duttili ed efficaci strumenti”.
L’ “Espresso”. L’ ”Espresso” esce a Roma il 2 ottobre 1955. Accanto a Benedetti si ritrovano vecchi e nuovi collaboratori. Il più importante è Scalfari che ha scelto di entrare a tempo pieno nell’attività editoriale oltre che nel giornalismo.
Responsabilità. Fra i molti punti dolenti per la libertà di stampa c’è quello della responsabilità penale del direttore. In base all’articolo 57 del Codice Penale la responsabilità del direttore è oggettiva, mentre la Costituzione dice che essa è personale. Dopo un dibattito lungo e contrastato si arriva a un compromesso: la nuova norma entrata in vigore il 4 marzo 1958, distingue meglio la responsabilità del direttore da quella dell’autore di uno scritto e stabilisce che il primo è “punito a titolo di colpa se un reato è commesso”.
“Il Giorno”. Il 21 aprile 1956 compare a Milano “Il Giorno”. E’ un quotidiano di battaglia politica che sfida il “Corriere”. In politica punta alla collaborazione tra democristiani e socialisti e sostiene la politica della distensione e le aspirazioni dei paesi del Terzo mondo. Si presenta con un’impaginazione vivace, una prima pagina a vetrina, cioè con molti titoli. La tradizionale terza pagina è abolita, un’intera pagina è dedicata ai fumetti e ai giochi. Le inchieste sono frequenti e una pagina è dedicata all’economia e alla finanza. I costi superano i ricavi, ma già nel 1959 si raggiungono le 150 mila copie.
Il Giornale radio della sera rappresenta ormai il più forte strumento di informazione. Le inchieste sono rare.
Telegiornale. Nel 1952 cominciano le trasmissioni sperimentali del telegiornale e di telecronache in diretta. L’inizio ufficiale delle trasmissioni avviene il 3 gennaio 1954. Il Telegiornale trasmette cerimonie di ogni genere. Solo all’inizio del 1958 comincia una serie di dibattiti su questioni di attualità. Compaiono per la prima volta i leader delle opposizioni. Il Tg diventa per un po’ più vivace sotto la direzione Rai di Bernabei, che chiama Enzo Biagi a dirigerlo.
Nel ‘62 c’è il primo collegamento via satellite fra gli Stati Uniti e l’Italia (uomo sulla Luna il 21 luglio 1969).
Con l’avvento della Tv il giornalismo è costretto a ripiegare sulla strada della spiegazione e dell’interpretazione dell’attualità, piuttosto che sulla diffusione delle notizie in sé.
Nel 1961 il “Corriere” si affida ad una trojka: Alfio Russo direttore, Michele Mottola e Gaetano Afeltra vice. Russo imbocca la strada dello svecchiamento: rinnova la cronaca cittadina, lo sport e gli spettacoli, apre una rubrica della posta dei lettori.
Nel dicembre 1968 compare “Avvenire”, che riaccende le attese dei cattolici più avanzati.
Concentrazioni. La situazione economica della stampa quotidiana diventa pesante. Le forti spese per arricchire i quotidiani e gli investimenti per nuovi stabilimenti sono compensati solo parzialmente dall’aumento delle vendite e dagli introiti pubblicitari. Si profilano le prime concentrazioni. I giornali servono agli imprenditori che li detengono per proteggere le proprie iniziative, ma rappresentano anche una merce di scambio politico.
Nel biennio 1968-69 Giovanni Spadolini va a dirigere il “Corriere”, Alberto Ronchey va alla “Stampa”, Domenico Bartoli al “Resto del Carlino”. Sono tutti giornalisti di impronta liberale e moderati.
Agenzie. Cresce il ruolo delle agenzie di stampa e il loro grado di autonomia dal potere politico ed economico. L’Ansa è diretta dal 1961 da Sergio Lepri. Nel 1971 l’Ansa dispone di 3 reti che trasmettono alle testate associate circa 100mila parole al giorno. Altre agenzie sono l’Agenzia Italia (economico-finanziaria), l’Adn Kronos (socialista), l’Asca (cattolica), l’Aga (Confindustria).
9 - Stampa,radio e tv nell’Italia in fermento –
Strategia della tensione. Nel biennio 1968-69 dal movimento studentesco e dai gruppi della sinistra extraparlamentare nasce una pubblicistica molto aggressiva. Il fatto che incide di più nel campo giornalistico è la strategia della tensione. A denunciare la matrice nera non sono solo i fogli extraparlamentari: intervengono “L’Espresso”, “Panorama”, “L’Unità”, “Il Giorno”, “La Stampa”, in contrapposizione al “Corriere” e a tutte le altre testate. Nasce a Milano e a Roma il “Movimento dei giornalisti democratici” che partecipa all’attività di controinformazione e contribuisce al risveglio dei Comitati di redazione e a determinare, nell’autunno 1970, una svolta nella guida del sindacato unitario dei giornalisti (presidente Adriano Falvo). All’inizio degli anni ‘70 si apre un decennio tumultuoso e drammatico: compaiono dei quotidiani della sinistra extraparlamentare (v. “Manifesto”, “Lotta continua”).
Il conformismo resta invece la nota dominante del Telegiornale che nel 1969 Bernabei affida a Willy De Luca.
Ottone. Nuovo direttore del “Corriere” è dal 1972 Piero Ottone, che predica un giornalismo liberal, senza conformismi e pregiudizi. Il nuovo corso procura nuovi lettori di tendenze progressiste e influenza altri quotidiani come “La Stampa” e “Il Messaggero”. Forte però è lo scontento dei conservatori. Il leader degli scontenti è Montanelli, le cui critiche gli provocano nel 1973 il licenziamento.
Cefis. Eugenio Cefis, presidente della Montedison, compra “Il Messaggero” nel maggio 1974 e ne affida la direzione a Italo Petra, socialista. Poche settimane dopo Cefis riesce a entrare nel “Corriere della Sera”.
Rizzoli. Nel luglio del 1974 Andrea Rizzoli acquista, con l’aiuto di Cefis, il “Corriere”. Rizzoli si presenta come un editore puro, moderno e aperto. Nel contempo però intesse buoni rapporti con i partiti che contano. Il problema vero però è il bisogno di soldi. Decisiva per il catastrofico futuro del Gruppo è la scelta dell’espansione editoriale. La scelta si concretizza nel potenziamento del “Corriere”, nell’acquisizione di testate, nei tentativi di inserirsi nel campo televisivo. L’impero è basato sui deficit e sugli intrecci politici. Nel 1977 avviene un’opera di ricapitalizzazione. Chi ha fornito i soldi? Ottone si dimette nell’ottobre del 1977. Nuovo direttore è Franco Di Bella: la sua scelta appare il segno della definitiva chiusura di un ciclo liberal. Il 20 maggio 1981 il Presidente del Consiglio, Forlani, rende pubblico l’elenco degli iscritti alla P2 trovato nell’archivio di Licio Gelli. Nell’elenco compaiono 28 giornalisti e 4 editori (tra cui Rizzoli). Di Bella deve lasciare il giornale, Rizzoli vuole vendere, ma la guerra che si scatena tra i vari partiti blocca diverse trattative. Per il salvataggio bisogna ricorrere all’amministrazione controllata nell’ottobre 1982, che dura due anni.
“Il Giornale” di Montanelli e “La Repubblica” di Scalfari segnano un accrescimento della funzione di intervento politico e di orientamento che ha sempre caratterizzato i quotidiani d’informazione. Il loro successo, anche se di diversa misura, modifica la mappa dei quotidiani nazionali.
“Il Giornale”. Per Montanelli, il presupposto della sua sfida è che il “Corriere della Sera” ha tradito la propria antica vocazione. Il suo “Giornale” (25 giugno 1974), quindi, sarà in tutto e per tutto “l’Anti-Corriere”. Anche se il successo editoriale resta circoscritto, la presenza politica di Montanelli e del suo foglio è un fatto rilevante. Con “Il Giornale” si inserisce nella mappa dei quotidiani nazionali un foglio di opinione moderata, che interviene più attivamente nelle vicende politiche.
“La Repubblica”. Il 14 gennaio 1976 esce “La Repubblica” di Scalfari. Nell’insieme “Repubblica” appare un “Espresso” che esce tutti i giorni. La pagina dei commenti si rivela un punto di forza a mano a mano che si allarga la cerchia dei columnists assidui e quella dei collaboratori occasionali (v. vignette di Forattini). Nell’ ‘81 si uniscono a Repubblica, anche Enzo Biagi e Alberto Ronchey. L’idea di Scalfari è di fare un quotidiano leggero di pagine, diretto a quelli che seguono la politica, l’economia, il mondo della cultura e dello spettacolo, senza cronaca locale e con pochissimo sport. Il mercato da conquistare è prevalentemente costituito dall’area di sinistra. Le donne in redazione sono numerose.
Riforma Rai. La Riforma della Rai arriva con la legge 103 del 14 aprile 1975 all’insegna del “pluralismo”. Viene costituita una terza rete televisiva e un terzo Tg a base regionale e nello stesso tempo bloccata l’emittenza via cavo. I telegiornali e i giornali radio riformati vanno in onda il 16 marzo 1976. Sono più lunghi di prima ma sono vivaci e dedicano una certa attenzione anche ai fatti di cronaca. Le differenze più vistose riguardano la copertura di eventi politici. Ma il 28 luglio 1976 sopravviene una nuova sentenza della Corte Costituzionale che modifica la situazione e fa invecchiare buona parte della legge di Riforma. Il settore televisivo comincia a crescere in maniera selvaggia per mancanza di regole. Nel 1980 si contano 972 emittenti private.
10 - Una legge per la stampa,il Far West per le tv -
Berlusconi. Canale 5 parte nel 1980. Berlusconi batte Rusconi e la Mondadori dimostrando che il mestiere dell’editore è diverso da quello dell’imprenditore televisivo. Entro il 1984 compra Italia 1 e Rete 4. Di una legge regolatrice del sistema misto se ne parla molto ma manca la maggioranza per farla perché Berlusconi può contare sul sostegno del P.S.I di Craxi.
Legge per l’editoria – Garante. La legge per l’editoria è del 5 agosto 1981. Con essa diventa obbligatoria la trasparenza sulla proprietà e sui finanziamenti. Viene fissato un limite alla concentrazione di quotidiani. Per garantire la corretta applicazione della legge è istituita una nuova figura per l’ordinamento italiano, quella del Garante.
Salvataggio del “Corriere”. Le elezioni politiche del maggio 1983 prolungano lo Stato di grave incertezza sul destino del gruppo Rizzoli - Corriere della Sera, al cui salvataggio stanno lavorando soprattutto il presidente del nuovo Banco Ambrosiano e gli amministratori insediati dal Tribunale di Milano. Presidente del Consiglio diventa Craxi. Nel 1984 direttore del “Corriere” è Piero Ostellino. Il salvataggio del “Corriere” avviene ad opera di una cordata di industriali.
11 - Stampa,televisione,nuovi media -
I processi di sviluppo dei media determinano un nuovo aumento del numero dei giornalisti. L’ingresso nell’era digitale comporta l’avvento di altri media nuovi (come la tv interattiva) e la moltiplicazione dei canali e quindi delle pay-tv via satellite. La categoria giornalistica conosce la disoccupazione e la cassa integrazione (1996).
Storia del giornalismo italiano, P. Murialdi, Storia del giornalismo – Paolo Alfieri
Fonte: http://lab.artmediastudio.it/www-storage/appunti/13698/7541/Storia%20del%20giornalismo%20italiano-P.Murialdi.doc
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