I riassunti , gli appunti i testi contenuti nel nostro sito sono messi a disposizione gratuitamente con finalità illustrative didattiche, scientifiche, a carattere sociale, civile e culturale a tutti i possibili interessati secondo il concetto del fair use e con l' obiettivo del rispetto della direttiva europea 2001/29/CE e dell' art. 70 della legge 633/1941 sul diritto d'autore
Le informazioni di medicina e salute contenute nel sito sono di natura generale ed a scopo puramente divulgativo e per questo motivo non possono sostituire in alcun caso il consiglio di un medico (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione).
Riassunto libro Perlingeri
1. Autonomia privata, eteronomia ed autotutela. L’autonomia privata è quel potere riconosciuto o attribuito dall’ordinamento giuridico al privato, di autoregolare i propri interessi.
I due caratteri distintivi dell’autonomia privata sono:
eteronomia, creazione di regole da parte non del titolare degli interessi, ma di un soggetto estraneo provvisto di un potere pubblico; atti di eteronomia sono la legge, il provvedimento amministrativo, la sentenza. Il fenomeno dell’eteronomia è in espansione, prendendo il posto dell’autodisciplina;
autotutela, consistente nel potere di tutelare da soli i propri interessi; esso è istituito eccezionalmente e al soggetto è consentito ricorrervi solo nelle ipotesi previste dalla legge (es.: diritto di ritenzione art. 1152 c.c., legittima difesa art. 2044 c.c.).
2. Autonomia individuale e collettiva, di scambio e associatività. Facendo riferimento all’interesse autoregolato, si definisce la differenza tra autonomia individuale e collettiva.
La differenza va fatta sul tipo d’interesse da regolare:
l’autonomia individuale, riconosciuta al soggetto individuo, tende a regolare gli interessi del singolo;
l’autonomia collettiva, riconosciuta non solo al soggetto individuo ma anche agli enti, tende a regolare interessi della categoria professionale o sociale che essa rappresenta. Abbiamo anche:
l’autonomia di scambio, dove gli interessi, mossi da posizioni opposte, sono tesi a conseguire scopi non coincidenti;
l’autonomia associativa, dove gli interessi procedono parallelamente, mossi da unoscopo comune.
3. Autonomia privata e pubblica amministrazione. Difficile è fare la distinzione fra autonomia provata e pubblica, perché ormai è superata la tradizionale definizione di autonomia privata come potere riconosciuto o attribuito dall’ordinamento giuridico al privato. Il problema sorge nel fatto che anche il soggetto pubblico agisce da privato, non solo nei rapporti pubblico-privato, ma anche nei rapporti pubblico-pubblico dove gli interessi sono regolati in autonomia privata.
Il diritto privato non è da intendere solo come diritto civile, ma anche come diritto comune.
4. Concetto di autonomia negoziale: dialettica negozio-contratto. L’autonomia negoziale è il potere riconosciuto o attribuito dall’ordinamento, al soggetto di diritto privato o pubblico, di regolare con proprie manifestazioni di volontà interessi privati o pubblici, comunque non necessariamente propri. L’autonomia negoziale si manifesta (si estrinseca) con il compimento di un negozio caratterizzato non solo da negozi bi o plurilaterali, ma anche da quelli unilaterali. L’autonomia contrattuale si manifesta con il compimento del contratto caratterizzato dalla pluralità delle parti e dalla patrimonialità del contenuto (art. 1321 c.c.).
5. Sulla rilevanza costituzionale dell’autonomia contrattuale. L’autonomia contrattuale ha una rilevanza costituzionale da ricercare in un duplice profilo:
quello positivo della ricerca del fondamento e della tutela costituzionale della stessa;
quello negativo, ossia i limiti d’ordine costituzionale da essa imposti.
Facendo un confronto fra l’art. 1322 c.c e l’art. 41 Cost., si nota che l’iniziativa economica individuale s’identifica con l’autonomia contrattuale d’impresa, con la sua particolare categoria di contratti; se si confronta l’art. 1322 c.c. e l’art. 2 Cost., si denota un’autonomia contrattuale
associativa, perché proprio l’art. 2 Cost., tutela le formazioni sociali e il loro svolgimento, però non tutela la personalità di scambio che identifica l’autonomia contrattuale.
6. Fondamenti costituzionali dell’autonomia negoziale. Importante è ricercare non il fondamento costituzionale dell’autonomia contrattuale, ma i fondamenti costituzionali dell’autonomia negoziale: infatti analizzandola si trovano le coordinate per la Costituzione. Esempio sono gli art. 2,13,32 Cost. che riguardano l’autonomia per la cura della propria persona e altrui; gli art. 2,29,30 Cost. riguardano l’autonomia a contenuto patrimoniale e non; l’art. 18 Cost. riguarda l’autonomia negoziale volta a creare organismi associativi a scopi ideali.
7. Limiti costituzionali all’autonomia negoziale. I limiti costituzionali sono delineati dalle stesse norme nelle quali se ne individuano i fondamenti. Così l’art 41 Cost. tutela l’autonomia contrattuale, ma pone limiti per assicurare libertà e utilità sociale; anche l’art 2 e 18 Cost. tutelano il fenomeno associativo, ma denunciano le associazioni segrete a carattere militare; così l’art 29-30 Cost. tutelano l’autonomia negoziale familiare, ma la limitano al rispetto dell’uguaglianza e all’unità familiare; lo stesso discorso vale per i principi economici e di lavoro.
8. Autonomia contrattuale e diritto comunitario. La comunità europea cerca in tutti i modi di non limitare, ma di modulare l’autonomia contrattuale, al fine di conseguire le finalità indicate. Esempi sono la repressione della pubblicità ingannevole e l’imposizione di obblighi d’informazione agli imprenditori oltre agli obblighi, ad esempio per le imprese di investimento, di essere chiare e limpide, e d’informare costantemente il cliente, ecc….
La disciplina comunitaria tende anche a depurare i contratti dalle cosiddette clausole abusive o vessatorie, cioè quelle pattuizioni che determinano a carico del consumatore uno squilibrio di diritti e obblighi derivanti dal contratto.
La CE cerca anche di eliminare del tutto lo stato di abuso derivante da uno stato di dipendenza di un’impresa cliente o fornitrice da parte delle imprese dominanti. Conclusioni:
a) il professionista deve informare per iscritto il consumatore-cliente;
b) scissione dell’autonomia contrattuale in autonomia del professionista e del consumatore-utente;
c) eliminazione dello stato di debolezza conseguente ad un eccessivo squilibrio degli obblighi.
9. Itinerari recenti dell’autonomia contrattuale. L’autonomia contrattuale assistita indica una duplice finalità: assecondare le esigenze di mercato e tutelare i ceti sociali più vulnerabili.
Essa postula che le parti dei contratti, aventi ad oggetto determinate categorie di beni, hanno il potere di derogare a norme imperative solo se gli interessi sono assistiti dalle rispettive associazioni di categoria le quali assicurano un’equilibrata protezione degli stessi interessi.
Si parla dei cosiddetti patti in deroga i quali sono stati poi sostituiti dai contratti regolamentati o calmierati.
Si parla anche di autonomia contrattuale incentivata, quando il legislatore, per alcuni settori trainanti, applica contributi monetari o sgravi fiscali al fine di facilitare la vendita e il commercio a favore di consumatori-utenti.
10. Le classiche libertà contrattuali. Queste sono le libertà dell’autonomia contrattuale:
a) di contrarre, con la scelta di concludere o no il contratto (obblighi legali, patto d’opzione);
b) di scegliere il contraente, con diverse modalità (negozio di fiducia, prelazione volontaria e legale);
c) di determinare il contenuto contrattuale arricchendolo con elementi accidentali ecc… (clausole d’uso);
d) apportare schemi contrattuali atipici, creando contratti misti (combinazioni di più contratti tipici), o stabilire una connessione di più contratti;
e) di determinare nuove forme di contratti come le forme convenzionali o patrizie, e di scegliere anche la forma: o scritta o elettronica.
11. Altre libertà contrattuali. Altra libertà contrattuale è la scelta della struttura negoziale che si fonda sul principio dell’economia delle dichiarazioni. Questa libertà è intesa come il potere riconosciuto ai soggetti di compiere una duplice opzione:
scegliere fra una struttura contrattuale ed una struttura negoziale unilaterale;
scegliere fra diverse strutture contrattuali.
Nella prima categoria si ricorre ad esempio nell’ipoteca, nella seconda si ricorre quando l’iter formativo è diverso in quanto è anticipato il momento perfezionativo.
Altra libertà è la scelta di realizzare il risultato in via diretta o in via indiretta; in via indiretta quando, mediante apposite clausole, si adattano strutture negoziale tipiche o atipiche, destinate a realizzare altre funzioni, senza però eludere l’applicazione di una norma imperativa.
Figura di negozio indiretto, nulli per violazione di questo divieto e quindi in frode alla legge, è la vendita con patto di riscatto.
La libertà di incidere sull’efficacia contrattuale è da intendere:
a) come possibilità di dissociare il momento perfezionativo della fattispecie contrattuale da quello dell’efficacia stessa apponendo al contratto condizione sospensiva o termine iniziale;
b) come libertà di deviare gli effetti del contratto dalla sfera giuridica dei contraenti.
La libertà cosiddetta sanzionatoria consiste nel potere di creare, a carico dei contraenti, pene contrattuali dirette a sanzionare violazioni: regole, condotta, fonte negoziale (es.: sanzioni disciplinari).
12. Autonomia negoziale nel diritto delle persone, della famiglia e delle successioni per causa di morte. L’autonomia negoziale in relazione alla persona è molto ingarbugliata, perché al legislatore spetta l’arduo compito di definire i limiti di disposizione del proprio corpo e di definire la meritevolezza dell’autonomia nel campo della bioetica o del biodiritto.
Altro problema riguarda il collegamento tra l’autonomia negoziale e i rapporti familiari, dove è posto al centro il principio di eguaglianza morale e giuridica dei coniugi.
Di autonomia testamentaria gode l’autore del testamento, il quale può scegliere fra tanti strumenti negoziali idonei a disporre delle proprie sostanze anche dopo la morte.
b. Strumenti dell’autonomia negoziale: profilo strutturale
13. Contratti, accordi e convenzioni. La definizione del contratto è data dall’art. 1321 c.c., mentre gli accordi e le convenzioni non sono definiti dalla legge.
L’art 1321 c.c. afferma che: “il contratto è l’accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale”.
Una differenza fra contratto e accordo sta proprio nel fatto che l’accordo può assumere contenuto patrimoniale o non. Riguardo alla normativa applicabile, la disciplina del contratto, in virtù della sua forza espansiva, è applicata alle convenzioni e agli accordi (art. 1323-1324 c.c.).
14. Contratti e negozi unilaterali: tra tipicità e atipicità. Contrapposti ai contratti, agli accordi e alle convenzioni sono i negozi unilaterali, dove vi è la presenza di una sola parte, ossia di un solo centro d’imputazione giuridica del regolamento d’interessi.
Tali negozi il codice li definisce atti e per alcuni detta una disciplina particolare, per altri regola solo determinati aspetti; per tutti quelli operanti inter-vivos e a contenuto patrimoniale (art. 1324 c.c.) il codice detta la disciplina dei contratti in generale.
È stata rivisitata la tassatività dei negozi unilaterali riconoscendone molti altri, definiti atipici, come quelli inter-vivos a carattere patrimoniale.
La validità dei contratti atipici è naturalmente subordinata all’esito positivo del controllo di meritevolezza di tutela dell’interesse dedotto.
c. “Elementi essenziali” del negozio e “requisiti” del contratto
15. La parte. Il negozio giuridico presuppone l’esistenza di un soggetto legittimato a porlo in essere, che assuma la qualità di soggetto del negozio giuridico.
In tal senso, non è concepibile un atto giuridico in mancanza di un soggetto esistente e determinato; questi è essenziale al perfezionamento della fattispecie negoziale.
La parte è intesa come centro di interessi, assumendo il ruolo di portatore degli interessi negoziali e, di regola, di destinatario degli effetti negoziali.
La parte si identifica in un soggetto o in una pluralità di soggetti; tale pluralità, tuttavia, non nuoce alla configurazione di un'unica parte, perché questa è individuabile in base all’unicità dell’interesse perseguito.
Le funzioni di parte della fattispecie e di parte del regolamento d’interessi sono normalmente svolte da un medesimo soggetto.
Non è escluso però che le diverse componenti della vicenda negoziale siano attribuite o riferite a soggetti distinti; un esempio è la rappresentanza.
Sotto altro punto di vista, l’assunzione della qualifica di parte del regolamento d’interessi costituisce il presupposto per l’attribuzione della titolarità degli effetti negoziali.
Tuttavia, questi ultimi possono essere attribuiti direttamente anche ad un soggetto diverso, come ad esempio nel contratto a favore di terzi o nel contratto per persona da nominare.
La determinazione e l’esistenza del soggetto sono necessarie nella conclusione di negozi a carattere personale (intuitu personae), mentre per altri negozi il soggetto può anche essere indeterminato o determinabile in futuro.
I soggetti sono identificati mediante l’uso dei segni rappresentativi della soggettività e della personalità.
Il problema sorge nel caso una delle parti usi un nome fittizio: in questo caso il contratto conserva la sua efficacia e la sua validità. Problema diverso è se si usa il nome di un’altra persona, usurpandolo.
Esistono delle sanzioni per coloro che utilizzano il nome altrui per scopi economici: il contratto può essere dichiarato nullo o annullabile, se si voleva eludere un divieto normativo oppure si voleva ingannare la controparte.
16. Rappresentanza. Il procedimento di formazione delle fattispecie negoziali, di norma, è dovuto alla diretta e personale partecipazione del titolare degli interessi regolati.
Spesso l’interessato non può o non vuole partecipare personalmente alla conclusione degli atti e ciò determina l’intervento di un soggetto in sostituzione nell’atto negoziale.
Tra gli schemi usati, un ruolo preminente è svolto dall’istituto della rappresentanza.
Nella rappresentanza (art. 1388 c.c.), un soggetto (rappresentante), allo scopo di curare un interesse altrui, compie un atto (rappresentativo) destinato a produrre effetti nella sfera giuridico-patrimoniale di un soggetto diverso (rappresentato).
La rappresentanza si può applicare per i negozi giuridici aventi contenuto patrimoniale, ed anche per gli atti giuridici in senso stretto; non si può applicare per gli atti personalissimi come il matrimonio.
La rappresentanza diretta è caratterizzata dalla presenza di un rappresentante che è legittimato ad agire per nome del rappresentato (spendita del nome) e per interesse dello stesso, perché gli effetti dell’atto si producono direttamente sulla sfera giuridica del rappresentato.
Nella rappresentanza indiretta, un soggetto mandatario si obbliga a compiere un atto giuridico per conto di un soggetto diverso (mandante), senza, però, manifestare l’altruità dell’affare (mandato senza rappresentanza; art. 1705, 1706, 1707 c.c.); il rappresentante compie un negozio per conto dell’interessato, ma questo negozio è concluso a nome proprio, cioè senza spendere il nome del rappresentato.
Nell’acquisto di beni immobili, il mandatario è obbligato a trasferire i beni al mandante; nell’acquisto di beni mobili o nella costituzione di diritti di credito, il mandante può rivendicare i beni ed esercitare i crediti.
Quindi, la differenza principale sta nel fatto che nella rappresentanza diretta, il rappresentato è parte del regolamento contrattuale; nella rappresentanza indiretta, il rappresentante è parte del regolamento contrattuale e il rappresentato è soltanto termine di riferimento degli effetti scaturiti dal mandato.
Il potere rappresentativo può essere conferito dall’interessato (rappresentanza volontaria) o dalla legge (rappresentanza legale).
La rappresentanza legale consiste nel conferire, da parte dell’ufficio di diritto civile, ad un soggetto idoneo, la rappresentanza di soggetti incapaci legalmente (minore età e interdizione legale) al fine di curare i loro interessi.
La rappresentanza organica è il potere di rappresentanza esercitato dagli enti legittimati a compiere atti in nome del soggetto collettivo.
La rappresentanza volontaria esprime la volontà di un soggetto (rappresentato) a legittimare un altro soggetto (rappresentante), mediante procura, ad agire nei suoi (del rappresentato) interessi.
La procura è atto unilaterale, in quanto esprime la volontà di un solo soggetto ed è recettizio, in quanto è rivolto ad un destinatario determinato (rappresentante) e non alla generalità dei terzi.
La procura è un atto unilaterale astratto, ma il fondamento causale della procura risiede nell’interesse del rappresentato alla cooperazione altrui.
A differenza della procura, il mandato ha struttura bilaterale, perché disciplina il rapporto tra rappresentante e interessato, dove il rappresentante-mandatario ha l’obbligo di compiere un atto per conto del rappresentato-mandante.
La forma della procura è determinata dal tipo di contratto che il rappresentante deve concludere (art. 1392 c.c.). La procura può essere:
• speciale, quando conferisce il potere di compiere un determinato atto
• generale, quando riguarda tutti gli atti o determinate categorie di atti relativi al patrimonio del soggetto. La procura generale conferisce il potere di adottare solo atti di ordinaria amministrazione.
La procura può essere revocata con conseguente estinzione del potere rappresentativo; può essere modificata dal rappresentato con atto unilaterale (art. 1396 c.c.).
La revocabilità della procura è esclusa soltanto quando il potere rappresentativo soddisfa sia l’interesse del rappresentato che quello del rappresentante.
Il potere rappresentativo si estingue oltre che per revoca anche per morte, incapacità sopravvenuta, o fallimento del rappresentato o del rappresentante.
Il rappresentante partecipa al negozio mediante una propria dichiarazione che concorre a formare il contenuto del regolamento.
La procura è diversa dall’ambasceria, perché in quest’ultima il soggetto (messo o nuncius) si limita a trasmettere le decisioni dell’interessato.
Carattere della procura è la spendita del nome, ossia il rappresentante agisce in nome del rappresentato; può essere tacita, basta che sia chiara e univoca.
Tuttavia, nei negozi solenni, la contemplatio domini (spendita del nome) deve essere manifestata esplicitamente nel documento.
La spendita del nome può essere anche in bianco, quando il rappresentante dichiari l’altruità dell’affare e la propria estraneità al regolamento negoziale ma senza indicare, nello stesso tempo, l’esatta identità del rappresentato (rappresentanza incertam personam); l’identità dell’interessato sarà manifestata al contraente soltanto in un momento successivo dal rappresentato o mediante la nomina effettuata dal rappresentante (art. 1762 c.c.).
Ai fini della validità dell’atto, al rappresentante è richiesta la capacità naturale, di intendere e di volere; al rappresentato è richiesta, invece, la capacità legale di agire.
I vizi della volontà sono causa di annullabilità solo se riguarda non il rappresentante.
L’abuso di potere consiste in un esercizio della rappresentanza difforme dalla funzione che gli è propria a danno del rappresentato.
Posta a tutela del rappresentato vi è l’annullabilità del negozio, la quale, però, non può essere rilevata d’ufficio dal giudice.
È annullabile il contratto che il rappresentante conclude con sé stesso (art. 1395 c.c.), cioè quando vi è un contraente che ha la duplice qualità di rappresentante e contraente in proprio. L’abuso del rappresentante è escluso qualora vi sia stata preventiva autorizzazione del rappresentato.
L’eccesso di potere del rappresentante è causa di inefficacia; esso consiste nell’eseguire un potere di cui non si è legittimati. Può accadere che qualcuno contratti come rappresentante altrui senza averne i poteri: è il caso del falsus procuràtor.
Se il falsamente rappresentato giudica conveniente l’affare, egli può ratificarlo, legittimando il falsus procuràtor e consentendo la produzione degli effetti negoziali nella sua sfera.
La ratifica è il negozio unilaterale recettizio con il quale il falsamente rappresentato sana il difetto di potere del rappresentante; essa può essere espressa o tacita e, come la procura, è sottoposta ai requisiti di forma imposti per l’atto da ratificare.
La ratifica ha effetto retroattivo.
Nel caso in cui non vi è ratifica, il falsus procuràtor deve risarcire i danni al terzo contraente, purché egli dimostri di essere all’oscuro della carenza di legittimazione del rappresentante.
I danni da risarcire sono: le spese, il pregiudizio sofferto, il venir meno dell’opportunità di concludere altri negozi di analoga natura, ecc….
Fattispecie particolare riguarda la rappresentanza apparente: in base ad elementi obiettivi, i terzi sono indotti senza colpa a credere che il contraente sia titolare di un potere rappresentativo in realtà inesistente a causa del comportamento colposo dell’interessato.
Un esempio è quando il rappresentato ha consapevolmente tollerato il comportamento del rappresentante senza potere, astenendosi da ogni azione diretta ad impedirne il compimento.
I terzi ricevono tutela in applicazione del principio del legittimo affidamento.
Le conseguenze della carenza di legittimazione sono a carico del rappresentato apparente in virtù del principio dell’autoresponsabilità, perché l’atto produce egualmente effetti nei confronti del rappresentato apparente.
17. Contratto per persona da nominare. Il contratto per persona da nominare consiste in un contratto dove uno dei contraenti (stipulante), al momento della conclusione, si riserva la facoltà di nominare in seguito il soggetto (nominato) che diverrà titolare del rapporto contrattuale nei confronti della controparte (promittente).
Con questa clausola il 3° nominato (electus) acquista i diritti e assume gli obblighi scaturiti dal contratto con efficacia retroattiva, cioè come se fosse sin dall’inizio l’unico e diretto destinatario degli effetti contrattuali (art. 1404).
La mancata adozione di una valida dichiarazione di nomina non pregiudica il buon esito dell’affare, dal momento che in tale ipotesi il contratto produrrà i suoi effetti nei confronti dei contraenti originari (art. 1405).
Questo contratto non può essere catalogato fra i tipi di rappresentanza, perché in caso di mancata nomina o accettazione della titolarità dei diritti, lo stipulante non pagherà i danni come il falsus procuràtor, ma ne diverrà il titolare; altra differenza con la rappresentanza sta nel fatto che con la nomina di un terzo si consuma la titolarità dello stipulante, attribuendola in via definitiva e retroattiva all’electus: non si ha quindi una traslazione.
La dichiarazione di nomina (electio amici) è negozio giuridico unilaterale e recettiziomediante il quale si produce la vicenda modificativa del rapporto; essa è soggetta a decadenza e il termine (che deve essere certo e determinato) se non è convenzionale, èlegale ed è di 3 giorni.
Il termine entro il quale può essere effettuata la dichiarazione di nomina è termine di decadenza e non è rilevabile d’ufficio: se non vi è la nomina, la titolarità passa allo stipulante.
Il terzo soggetto acconsente alla nomina tramite l’accettazione che è un negozio giuridico recettizio che può essere o contemporaneo alla dichiarazione di nomina, o atto separato e quindi successivo.
La dichiarazione e l’accettazione, come la procura, devono avere la stessa forma del contratto: in materia tributaria la nomina deve avere la forma dell’atto pubblico o dellascrittura privata autenticata.
La clausola per persona da nominare è applicabile a tutti i negozi tranne per quelli non patrimoniali, intuitu personae, negozi modificativi o estintivi; la clausola è maggiormente usata nello schema dei patti d’opzione o di un contratto preliminare per sé o per persona da nominare.
Articolo 1325 del codice civile:
1. accordo delle parti (art. 1326 ss.);
2. causa (art. 1343 ss.);
3. oggetto (art. 1346 ss.);
4. forma (art. 1350 ss.).
18. Volontà e manifestazione. La volontà è uno degli elementi fondamentali dell’atto negoziale; infatti, il codice civile indica nell’art. 1325 l’accordo tra le parti nei requisiti del contratto.
Nella valutazione dell’atto negoziale si sono avuti accesi dibattiti se tenere in considerazione la teoria della volontà, con la quale si valorizza la volontà interna ossia ciò che il disponente realmente voleva, oppure considerare la teoria della dichiarazione, con la quale si valorizza la volontà esterna manifestata dal dichiarante.
Anche se l’autonomia non è sempre legata alla volontà, quest’ultima continua ad essere considerata il momento dinamico delle relazione giuridiche e quindi necessariamente essenziale.
Infatti, la mancanza della volontà produce la nullità dell’atto, e quando la volontà non è espressa liberamente (cioè è viziata), l’atto è annullabile.
La dichiarazione diretta ad uno o più soggetti determinati si dice recettizia quando, per produrre effetti, deve essere conosciuta dal destinatario o conoscibile mediante l’uso dell’ordinaria diligenza (artt. 1374-1375); si dice non recettizia quando non è diretta a determinati destinatari e produce immediatamente i suoi effetti (es. accettazione dell’eredità).
La dichiarazione espressa consiste non solo nelle parole, ma anche nei gesti, in segni espressivi che, secondo la valutazione nell’ambiente sociale, sono idonei ad esprimere immediatamente e direttamente la volontà; anche il silenzio può assumere valore di dichiarazione.
La dichiarazione tacita comprende quelle dichiarazioni e quei comportamenti che lasciano desumere in modo univoco e immediato la propria volontà (comportamento concludente).
19. Comportamento concludente e attuativo. Con il comportamento concludente, l’agente (inteso come colui che agisce) fa desumere la propria volontà in modo univoco e immediato; un esempio è l’agente che va ad un self-service e si avvicina alla cassa con il vassoio.
Con il comportamento attuativo la volontà è intrinseca nell’immediatezza dell’esecuzione e la volontà si realizza senza dichiarazione.
Se da un determinato comportamento si può desumere una volontà diversa da quella dell’agente, egli la può escludere manifestando espressamente la sua volontà contraria (protestatio).
Il ricorso alla dichiarazione tacita di volontà è naturalmente escluso per quegli atti per i quali la legge richiede la forma scritta o l’atto pubblico.
20. Autoresponsabilità e affidamento. L’autoresponsabilità è una regola generale di comportamento secondo buona fede; essa postula che chi manifesta una concreta determinazione negoziale resti legato alle conseguenze che da questa discendono, tutte le volte che la sua dichiarazione possa apparire.
L’autoresponsabilità è vincolante in quanto “regola”.
Ai fini della validità dell’atto d’autonomia, la legge non richiede che la volontà intima del soggetto risponda a quanto dichiarato, perché ciò che pensa e ciò che vuole sono un qualcosa di proprio (riserva mentale), e quindi resta vincolato alla sua dichiarazione.
La tutela dell’affidamento si ha quando un soggetto ha confidato nel contegno della controparte e tale fiducia si fonda su circostanze oggettive ragionevoli.
Il principio dell’apparenza giuridica tutela e protegge, a differenza dell’affidamento, lo stato di fiducia dell’altro soggetto in buona fede.
21. Mancanza e vizi della volontà: rinvio. La volontà è un elemento essenziale dell’atto d’autonomia e si traduce in una manifestazione che abbia il carattere di un serio impegno sul piano sociale e che ad un tempo sia riconducibile da parte dei terzi.
Essa è un elemento essenziale, in quanto il legislatore dispone che in presenza di alcune circostanze è possibile chiedere l’annullamento dell’atto negoziale.
22. Causa. La causa è uno degli elementi essenziali del contratto ed è tutelato dalla legge, in quanto lecita e meritevole di tutela.
Nel caso la causa fosse illecita e immeritevole di tutela, l’ordinamento sanziona ciò con la nullità del contratto.
Il vigente ordinamento ha accolto il principio della causalità negoziale che, dettato dalla legge in sede contrattuale, opera anche per i negozi unilaterali.
La causa non è solo un elemento essenziale del contratto, ma è intesa anche come quid (qualcosa) che illumina il contratto, un quid che svolge la funzione di regolamento di interessi.
Difatti, alla causa è ricondotta una pluralità di funzioni: una funzione economico-sociale, una sintesi degli effetti essenziali, una funzione economica-individuale, giustificazione dello spostamento patrimoniale, ecc….
Con il codice del 1865 si aveva una concezione soggettiva della causa; il contratto era visto come un’obbligazione e la causa si risolveva nel raggiungimento degli interessi, cioè il contratto era valutato dal punto di vista dei contraenti.
Con l’entrata in vigore del codice civile del 1942, il contratto non è visto più come una mera obbligazione e la causa si risolveva prima nella ragione economica-giuridica del negozio, in seguito nella ragione economico-sociale riguardante quegli atti negoziali che realizzano una funzione di utilità sociale e la quale causa (tipica) è già disciplinata dall’ordinamento.
La causa aveva il ruolo di controllare che i fini perseguiti dai contraenti fossero coerenti con quelli generali fissati dall’ordinamento.
Si ha quindi uno spostamento della valutazione del contratto dal punto di vista dei contraenti, a quello dell’ordinamento (concezione oggettiva).
Un errore che è stato commesso da molti studiosi è quello di ritenere uguali la causa e il tipo, che è lo schema astratto-regolamentare; per non incorrere in tale errore, nella causa si intravede anche la funzione economico-individuale, cioè la reale partecipazione delle parti all’operazione.
L’ordinamento divide i contratti tipici da quelli atipici.
I contratti tipici sono quei contratti caratterizzati da una fattispecie disciplinata e da una causa tipica con schemi previsti; bisogna distinguere la causa in astratto e la causa in concreto.
Per quanto riguarda la causa in astratto, se si tratta di contratto tipico non si pone un problema di mancanza di causa che invece si pone per quanto riguarda la causa in concreto (es: nullità della fideiussione per inesistenza del debito garantito).
Il problema della causa in astratto si pone per i contratti atipici, cioè quei contratti che sono caratterizzati da una fattispecie non disciplinata e da una causa atipica, dove il giudice dovrà accertare se nel contratto ricorre il requisito della causa.
La causa è la funzione giuridica fissata dalla sintesi degli effetti giuridici diretti ed essenziali del contratto; essa (la causa) è costituita dall’incontro del concreto interesse con gli effetti del contratto.
Per sintesi si intende la relativizzazione degli effetti con riferimento al concreto negozio.
Questa funzione giuridica non si risolve in tutti gli effetti riconducibili alla fattispecie, ma solo alla sintesi di quelli essenziali.
Ogni tipologia contrattuale non è possibile ricondurla ad una causa predeterminata, perché, ad esempio, in una pluralità di compravendite è possibile riscontrare non un’identità di tipo contrattuale, ma una pluralità di cause.
Nel caso la causa fosse predeterminata per ogni tipo di contratto ad esempio una compravendita non potrebbe mai presentarsi una causa illecita, che invece potrebbe manifestarsi per i contratti atipici.
Il negozio indiretto, inteso come uno schema tipico per raggiungere uno scopo non riconducibile a quel dato tipo negoziale, non rappresenta una situazione anomala, però è sottoposto a controlli di liceità e meritevolezza.
Il negozio indiretto è una connessione di più negozi al fine di ottenere un risultato che è diverso da quello che persegue ogni singolo negozio, senza eludere il divieto di una norma imperativa.
La causa nella compravendita è il trasferimento della cosa contro il corrispettivo del prezzo, il motivo è tutto ciò che ha spinto i contraenti alla conclusione del contratto.
Il motivo quindi costituisce il concreto interesse di una o di entrambe le parti ed esso non è dedotto nel regolamento da esse (le parti) predisposto; il motivo è rilevante solo se illecito e comune ad entrambi le parti del contratto ed è rilevante non solo in chiave patologica.
L’atto ha meritevolezza soltanto qualora risponde ad una funzione giuridicamente e socialmente utile, poiché la mancanza o l’illiceità della causa producono la nullità del contratto.
I negozi astratti, svincolati dalla causa (nel senso che se la causa manchi o sia illecita, ciò non priverebbe al negozio di produrre gli effetti giuridici), sono meramente teorici, non esistendo alcuna disposizione che discorre di astrattezza.
La natura causale di un negozio non viene meno per il semplice fatto che la causa non è espressamente indicata, perché essa la si deduce mediante il processo di interpretazione e qualificazione.
Tuttavia bisogna dividere il caso di astrattezza piena o assoluta dal caso di astrattezza semplice o relativa, dove nel caso di astrattezza semplice o relativa ossia di negozi provvisti di causa, essi producono gli effetti anche se non sorretti da una causa lecita e meritevole di tutela.
23. Oggetto. L’oggetto è tra i requisiti essenziali del contratto (art. 1325 c.c.); non è facile definirlo in un modo specifico, in quanto, può essere considerato oggetto sia una cosa materiale che una cosa immateriale, sia una prestazione che un diritto, ecc….
Innanzitutto bisogna distinguere l’oggetto del negozio dall’oggetto dell’obbligazione (o del rapporto): il primo indica un elemento della fattispecie, la cui mancanza o patologia (dell’elemento = oggetto) determina l’invalidità della fattispecie; il secondo, invece, indica un elemento del rapporto che scaturisce dall’atto, la cui mancanza o patologia (dell’elemento = oggetto) non determinano vizi genetici della fattispecie ma anomalie che sorgono al momento della fase attuativa o esecutiva del contratto e possono (queste anomalie) essere causa di risoluzione.
L’oggetto del contratto o del negozio individua una categoria logica e non un’entità materiale, perché quest’ultima è estranea alla struttura dell’atto, in quanto, costituisce o l’effetto o il termine di riferimento.
L’oggetto del contratto o del negozio è un requisito della fattispecie, la cosa sul quale si manifesta la volontà e si forma il consenso.
I negozi su beni futuri hanno ad oggetto la vendita di beni futuri come, ad esempio, i frutti di un raccolto e la proprietà passerà dal venditore al compratore nel momento in cui la cosa sarà venuta ad esistenza; è, invece, vietato donare cose future.
Nei negozi l’oggetto può essere determinato in modo generico o da determinarsi per relationem; quando è determinato per relationem, l’oggetto è valutato successivamente su accordo delle parti da una fonte esterna.
Un esempio è la valutazione di una cosa su cui i due contraenti non riescono a trovare un valore comune: essa è stimata a valore di mercato o può essere stimata da un terzo incaricato a valutarla a valore di mercato o sulla base del suo insindacabile arbitrio (arbitraggio).
I requisiti dell’oggetto, indicati dall’articolo 1346 del codice civile, sono: la liceità, la possibilità e la determinatezza o determinabilità.
• Possibilità: l’oggetto del contratto deve essere possibile. La possibilità può essere materiale e giuridica: per quanto riguarda la possibilità materiale, l’oggetto è impossibile quando si tratta di una cosa che non esiste oppure di una prestazione
materialmente ineseguibile; per quanto riguarda la possibilità giuridica, l’oggetto è impossibile quando esso non è per legge una cosa che può formare oggetto di diritto (corpo umano). Sono giuridicamente impossibili anche i beni che la legge dichiara inalienabili o fuori commercio (beni demaniali).
• Determinatezza o Determinabilità: l’oggetto è determinato quando è possibile ed è certa la sua identificazione; l’oggetto è determinabile quando, con stime di mercato o con metodi enunciati nel contratto, è possibile stimarlo e determinarlo.
• Liceità: l’oggetto è illecito quando la cosa dedotta in contratto è il prodotto o lo strumento di attività contrarie a norme imperative, all’ordine pubblico o al buon costume, o quando la prestazione dedotta in contratto è attività vietata.
L’illiceità della causa è differente da quella dell’oggetto, perché quella della causa investe la funzione del contratto: il contratto può avere un oggetto lecito e tuttavia una causa illecita.
Il contenuto è lo stesso atto nel suo complesso, l’insieme delle pattuizioni.
Nel contenuto bisogna discernere l’oggetto dalla causa: difatti, la medesima prestazione può essere oggetto di contratti che hanno causa diversa, in quanto, la condotta dell’obbligato è la stessa, ma le cause sono diverse.
24. Forma. La forma in senso lato, indica il veicolo mediante il quale le parti esteriorizzano le loro manifestazioni di volontà, in senso stretto è il documento (atto pubblico o scrittura privata) dal quale risulta la manifestazione di volontà.
Il nostro ordinamento è governato dal cosiddetto principio della libertà delle forme, dove le parti possono scegliere qualsiasi forma desiderino per manifestare le loro volontà.
A tale principio fanno eccezione quei contratti dove la forma è prescritta dall’ordinamento pena la nullità del contratto.
Questi contratti sono quelli immobiliari: contratti che trasferiscono la proprietà o altri diritti reali su beni immobili.
Al principio della libertà delle forme non è immediatamente riconducibile la mancanza di una norma che prescrive anticipatamente la forma richiesta, perché è più giusto parlare di una contrapposizione tra i contratti senza forma, ossia contratti che hanno come requisiti l’accordo, l’oggetto e la causa, e i contratti con la forma, ossia quei contratti che a questi tre requisiti aggiungono quello della forma. In realtà, le previsioni di forma hanno natura regolare o eccezionale e disciplinano concreti negozi, dove l’interprete deve individuare gli interessi che giustificano la previsione e verificare la loro meritevolezza di tutela.
La forma sul piano giuridico assolve due funzioni:
• le forme ad substantiam condizionano la validità del negozio tanto da determinare la nullità dell’atto nell’ipotesi di una sua (della forma) violazione;
• le forme ad probationem, dove il mancato rispetto della trascrizione incide sui limiti dell’ammissibilità della prova, escludendo la prova testimoniale e quella per presunzione.
La forma può essere orale o scritta; la forma scritta può consistere in un atto pubblico o in una scrittura privata. L’atto pubblico è redatto dal notaio o da un altro pubblico ufficiale autorizzato. La scrittura privata è redatta e scritta dalle stesse parti ed è perfettamente valida; essa può essere anche autenticata dal notaio o da un altro pubblico ufficiale autorizzato e l’autenticazione è usata come mezzo di prova.
Per alcuni contratti è richiesta la forma solenne (art. 1350 c.c.), che può essere scrittura privata o atto pubblico; in alcuni casi (donazione, s.p.a., s.r.l.) è richiesto necessariamente l’atto pubblico. È riconosciuto come forma scritta legale anche il documento informatico.
Per i contratti solenni, la forma scritta è il presupposto della loro pubblicità (trascrizione o iscrizione); essi devono, in ogni modo, rappresentare la diretta esternazione della volontà delle parti.
A volte, la forma scritta è voluta dalla legge per la sola pubblicità, come nel contratto di vendita di autoveicoli, che si può perfezionare anche con una stretta di mano.
Tuttavia, per la trascrizione nel P.R.A. occorre una dichiarazione autenticata del venditore.
Altra funzione che svolge la forma è l’opponibilità ai terzi degli effetti del contratto (es: la vendita mobiliare con riserva di proprietà non è opponibile ai creditori dell’acquirente se non risulta da atto scritto anteriore al pignoramento, in quanto l’acquirente acquista la proprietà del bene solo con il pagamento dell’ultima rata).
In alcune ipotesi la forma risolve un conflitto fra più terzi, come, per esempio, nel conflitto fra più cessionari, dove prevale colui che ha trascritto la cessione del credito per primo.
Importante è il rapporto tra forma e contenuto: il contenuto minimo riguarda lo schema predisposto dalla legge, il contenuto effettivo riguarda le determinazione contrattuali comprese le clausole accessorie volute dalle parti.
La forma solenne investe solo il contenuto minimo, cioè ad esempio nella vendita di un bene immobile, la forma riguarda l’intento dispositivo, l’oggetto e il prezzo; le altre clausole possono essere redatte in altra forma.
Tra le forme si annoverano:
• il telegramma, che ha l’efficacia della scrittura privata quando è sottoscritto dal mittente o con firma autenticata dal notaio;
• il telex è equiparato allo scritto di cui però non si può verificare la veridicità in quanto non richiede l’intervento di un terzo;
• il telefax è una riproduzione meccanica di cui si conosce il responsabile ma non l’autore; non può essere utilizzato per la conclusione di un contratto solenne.
Per quanto riguarda la relatio, il contenuto del negozio è completato da altri elementi, esterni però al contenuto.
Nei casi di negozi senza forma, il problema non si pone, purché questi elementi non riguardino la causa e l’oggetto; nei casi di negozi solenni, questi elementi non devono riguardare il contenuto minimo.
Per la determinazione del tasso di interesse in misura superiore a quello legale, la legge esige la forma scritta.
La forma dei cosiddetti negozi collegati deve essere uguale alla forma di quello principale; esempi sono: la procura, la ratifica e il contratto preliminare.
La sottoscrizione ha la funzione di individuare gli autori; essa deve essere autografa e idonea ad individuare il sottoscrittore.
La mancanza di una sottoscrizione di una scrittura privata può essere surrogata con la produzione in giudizio della scrittura ad opera del soggetto che non l’ha sottoscritta.
La legge attribuisce alle parti il potere di determinare con patto scritto la forma del contratto, qualora la forma sia libera; tuttavia la forma dell’atto negoziale richiede un controllo di meritevolezza finalizzato ad assecondare i valori fondamentali dell’ordinamento.
L’art. 1352 del c.c. afferma che se le parti hanno preventivamente deciso per iscritto una determinata forma per la futura conclusione di un contratto, si presume che quella determinata forma sia richiesta per la validità dell’atto.
Tuttavia l’art. 1352 c.c. appare parziale e difettoso, in quanto alimenta incertezze e dubbi perché manca la regolamentazione di importanti fattispecie.
La forma scritta non è richiesta solo per la validità, ma anche per la produzione di determinati effetti nei casi di interpretazione e di revoca.
I patti dubbi sono quegli atti negoziali le cui parti hanno determinato le loro modalità future, ma non la funzione che tali atti assolvono; in questo caso la giurisprudenza, per risolvere il problema, utilizza le norme generali sull’interpretazione dei contratti (art. 1362 ss c.c.).
Nella pratica accade che le parti si obbligano a ripetere in atto pubblico un contratto solenne in scrittura privata per permettere la trascrizione dell’atto; di fronte all’inadempimento del contraente, l’altro non può agire con l’azione prevista per gli obblighi a contrarre, perché il contratto concluso è definitivo. Tuttavia può chiedere l’azione di accertamento dell’autenticità della sottoscrizione.
La rinnovazione si può avere per due ipotesi:
1. le parti eliminano il precedente negozio ex tunc (da allora) perché ad esempio affetto da nullità, sostituendolo con uno successivo identico al primo con efficacia ex nunc (d’adesso) creandosi uno spostamento temporale del negozio;
2. le parti eliminano il precedente negozio ex tunc, sostituendolo con un nuovo negozio ex nunc che però non ha continuità di effetti con il primo.
d. Strumenti dell’autonomia negoziale: profilo dinamico
25. Formazione dei contratti (art. 1326 ss.). La tecnica dello scambio dei consensi è un procedimento idoneo a produrre regole contrattuali.
Esso postula che due o più persone si accordano sul contenuto del contratto che intendono concludere. Se le parti sono persone presenti non sorgono problemi relativi ai tempi, ai modi, e al luogo; se invece lo scambio avviene tra persone distanti, il contratto è concluso nel momento dell’accettazione dell’altra parte e il luogo della conclusione del contratto è quello dove il proponente ha conoscenza dell’accettazione.
La proposta è l’atto prenegoziale con il quale una parte prospetta (propone) all’altra il contenuto del contratto; tale contenuto deve essere completo ed espresso nella forma richiesta per la validità del contratto.
Quando la proposta è incompleta, l’altra parte sollecita il proponente a precisare un elemento mancante, diventando così un invito a proporre.
La proposta è rilevante quando rappresenta la volontà definitiva del proponente ed è trasmessa all’altra parte.
L’accettazione esprime la volontà di vincolarsi al programma contrattuale della proposta: in caso di un’accettazione parziale o modificativa l’accordo si potrebbe considerare perfezionato. L’accettazione non conforme vale come nuova proposta o controproposta e vale come controproposta anche un’accettazione del contenuto del contratto, ma non espressa nella forma richiesta dal proponente.
L’efficacia della proposta ha un termine che è stabilito o dalle parti in accordo oppure è determinato secondo natura del contratto; il proponente può ritenere valida l’accettazione tardiva salvo l’obbligo di darne immediatamente comunicazione all’accettante (oblato).
La proposta e l’accettazione sono revocabili fino a quando il contratto non sia concluso:
la revoca della proposta deve essere inviata all’oblato prima che la sua accettazione arrivi a conoscenza del proponente; la revoca dell’accettazione deve giungere a conoscenza del proponente prima che giunga l’accettazione.
L’art. 1328 c.c. dispone che se l’oblato, dopo l’accettazione e prima di venire a conoscenza della revoca, ha iniziato in buona fede l’esecuzione, ha diritto ad essere indennizzato per le spese e perdite subite.
L’art 1335 dispone una presunzione quella di conoscenza: la proposta, l’accettazione, la loro revoca e ogni altra dichiarazione diretta ad una determinata persona, si reputano conosciute nel momento in cui giungono all’indirizzo del destinatario anche se questi per cause a lui non imputabili prova di essere stato nell’impossibilità di averne notizia.
La proposta irrevocabile è atto unilaterale, preparatorio, che ha efficacia per un tempo determinato e vincola immediatamente chi la compie; la sua finalità sta nel fatto che il destinatario di tale offerta ha un determinato tempo in cui decidere, sapendo però che il proponente non modificherà i termini della proposta, come ad esempio l’aumento del prezzo oppure di non proporre ad altri l’affare.
La proposta e l’accettazione decadono per morte o incapacità sopravvenuta del proponente prima della conclusione del contratto; non decadono però se vengono fatte dall’imprenditore nell’esercizio dell’impresa.
Ci sono dei contratti che hanno un’esecuzione anticipata: sono quei contratti che su richiesta del proponente o per la natura dell’affare non necessitano di una preventiva accettazione per iniziare un’esecuzione.
Nel momento in cui l’oblato avvia l’esecuzione, il contratto s’intende concluso nel tempo e nel luogo d’inizio dell’esecuzione e il proponente non può più avvalersi del diritto di revoca. L’oblato può concludere il contratto senza attendere che l’accettazione giunga alla controparte, ma ha l’obbligo di mettere a conoscenza il proponente dell’avviata esecuzione, pena il risarcimento del danno.
L’art 1336 dispone dell’offerta al pubblico; essa è un diverso procedimento di formazione del contratto.
La proposta non ha un destinatario prestabilito ma è diretta a chiunque ne abbia conoscenza.
Ai fini della conclusione del contratto è sufficiente che chi abbia interesse all’acquisto lo manifesti con l’accettazione.
Il proponente può revocare la proposta con gli stessi mezzi in cui ha manifestato l’offerta.
L’offerta al pubblico si differenzia dalla promessa al pubblico, perché la promessa è negozio unilaterale immediatamente vincolante per chi lo compie, mentre l’offerta è soltanto una proposta revocabile e priva di effetti negoziali che però si possono verificare con l’accettazione.
L’art 1333 disciplina la formazione del contratto con obbligazione a carico del solo proponente; esso è per definizione a titolo gratuito, ma non è mosso necessariamente da spirito di liberalità.
L’interesse del proponente può avere contenuto economico oppure un contenuto di aspettativa come nel caso della pubblicità.
La proposta è irrevocabile anche in assenza di un termine ed il contratto si reputa concluso se l’oblato non rifiuti nel termine richiesto dalla natura dell’affare o degli usi.
Il contratto con obbligazione a carico del solo proponente è detto anche contratto unilaterale. Si tratta pur sempre di un negozio bilaterale, che si perfeziona mediante comportamenti riservati ad entrambe le parti: l’unilateralità si riferisce non al numero delle parti, ma alla circostanza che la prestazione è a carico di una sola di esse (del solo proponente) (tesi di bilateralità e unilateralità).
Il contratto con sé stesso o l’autocontratto è sicuramente bilaterale, perché il regolamento di interessi è riferito a due parti, al rappresentante e al rappresentato.
Molti problemi recano i contratti informatici; essi sono stipulati tramite macchine e rendono difficile l’imputazione degli effetti del contratto, la valutazione della dichiarazione e la presenza dei vizi della volontà. Quindi il contratto può essere concluso in due ipotesi:
1. mediante l’uso di tessere magnetiche con digitazione di un codice segreto; l’identificazione dell’utente sta nel possesso della tessera e nella conoscenza del codice segreto.
2. L’utente ha l’onere di conservare la tessera e mantenere la segretezza del codice; nei casi in cui l’utente smarrisce o si vede sottratta la scheda, deve tempestivamente comunicare alla controparte il fatto. Per quanto riguarda i vizi di volontà, l’uso del calcolatore richiede che il soggetto sia cosciente e ciò esclude l’ipotesi di incapacità naturale.
3. mediante l’uso di terminali; l’identificazione è fatta presupponendo la personalità del terminale e i vizi possono essere riscontrati nella dichiarazione e nel suo contenuto.
La revoca è applicabile alla proposta e non all’accettazione.
In entrambi i casi, la dichiarazione è imputata direttamente al mandante in virtù dell’utilizzo dell’elaboratore e senza la necessità di una sostituzione formale.
Altri problemi riguardano i contratti via internet, dove è richiesto un minimo di informazione sull’oggetto o sul servizio offerto affinché il messaggio pubblicitario sia riconosciuto come proposta.
Tuttavia se manca tale informazione, il contratto non è concluso anche se l’operatore accetta. I contratti via internet hanno la medesima disciplina dell’offerta al pubblico.
Come ben sappiamo, il contratto si perfeziona con l’accordo delle parti; da quel momento esso produce i suoi effetti.
Tuttavia ci sono casi in cui tale accordo è necessario ma non sufficiente, in quanto il contratto, per perfezionarsi, necessita della consegna della cosa. Sono chiamati contratti consensuali quei contratti che si perfezionano con il solo accordo delle parti; sono chiamati contratti reali quei contratti che per perfezionarsi necessitano non solo dell’accordo delle parti ma anche della consegna della cosa. Esempi di contratti reali sono il comodato, il deposito, ecc….
La categoria dei contratti reali è eterogenea.
Nei contratti standard, il regolamento contrattuale è integralmente disposto da uno dei contraenti, di solito l’imprenditore.
26. Trattative, buona fede e responsabilità cosiddetta precontrattuale. L’art. 1337 c.c. dispone che le parti hanno il dovere di comportarsi secondo buona fede nelle trattative e nella conclusione del contratto.
Le trattative, caratterizzate da una sequenza di proposte e contro-proposte, s’identificano in inviti ad offrire, a loro volta preceduti da informazioni che illustrano alla controparte i vantaggi connessi alla conclusione del contratto.
Circa il dovere di buona fede, un elemento essenziale è l’informazione o meglio del dovere del contraente d’informare la controparte.
Esempio tangibile dell’importanza del dovere d’informazione lo si riscontra in alcuni casi particolari come le prestazione mediche o i contratti finanziari.
Il paziente e il risparmiatore non sono normalmente in grado di valutare i propri interessi, perché questi ultimi (gli interessi) sono rimessi a dati tecnici a loro sconosciuti.
Spetta al contraente (medico o promotore finanziario) tecnicamente consapevole di selezionare i dati da fornire in modo comprensibile alla controparte.
Il dovere autonomo d’informazione non è un semplice momento della formazione del consenso contrattuale, perché riguarda interessi costituzionalmente rilevanti, ed infatti alcuni doveri d’informazione sono sanciti dalla legge, e di altri si auspica l’imposizione.
Di rilevante importanza non è soltanto il dovere d’informazione, ma anche la trattativa in sé, in quanto considerata dato essenziale per la validità di clausole, altrimenti qualificate vessatorie.
La clausola opera nell’interesse di una sola delle parti, poiché l’altra parte è comunque vincolata. L’obiettivo che si vuole raggiungere è un procedimento di formazione del contratto che riequilibri i rapporti tra gli imprenditori e i consumatori, in quanto questi ultimi sono fisiologicamente sbilanciati per la maggiore forza contrattuale dei primi.
Criterio generale per valutare la condotta delle parti è la buona fede intesa in senso oggettivo, perché è indifferente parlare di buona fede o correttezza.
La responsabilità cosiddetta contrattuale o per culpa in contraendo è applicata nelle ipotesi di recesso ingiustificato dalle trattative.
Oggetto di valutazione è il legittimo affidamento che una parte fa nell’altra tanto da rinunciare ad altri affari o a fare spese in funzione della conclusione del contratto.
Eguale responsabilità grava alla parte che non abbia informato la controparte della conoscenza delle cause d’invalidità del contratto oppure alla parte che abbia accettato tale contratto pur riconoscendo un errore nella proposta del contraente.
La dottrina si mostra poco sensibile per quanto riguarda i doveri d’informazione delle cause che non riguardano l’invalidità, in presenza di contratti validamente conclusi.
Il dovere di buona fede è fonte di responsabilità perché nel caso non venga rispettato esso produce un risarcimento del danno; il problema è stabilire se il risarcimento del danno deriva da una fonte contrattuale o extracontrattuale.
La dottrina prevalente afferma che il risarcimento del danno deriva da fonte extracontrattuale, ossia da fatto illecito, che ha preceduto o accompagnato la formazione del contratto e quindi la liquidazione del denaro è regolata dalle norme del fatto illecito; una tesi minoritaria afferma che la responsabilità precontrattuale è da intendersi come responsabilità contrattuale e quindi il risarcimento del danno è liquidato per l’inadempimento dell’obbligazione di comportarsi secondo buona fede nelle trattative e nella formazione del contratto.
e. Vincoli nella formazione dei contratti
27. Vincoli alla libertà di contrarre. Nel trattare l’autonomia contrattuale si è fatto cenno ai limiti delle singole libertà contrattuali; tra queste rilievo particolare assumono i vincoli che limitano o regolano l’esercizio delle libertà nella fase delle formazione del contratto.
Queste libertà sono: la libertà di contrarre o no, la libertà di scegliere con chi concluderlo, la libertà di determinare il contenuto.
La libertà di contrarre o no è tuttavia limitata nel caso di un obbligo alla conclusione del contratto, che abbia la sua fonte o nella legge (obbligo legale a contrarre), o nella volontà delle parti (obbligo negoziale a contrarre).
28. Segue. Obblighi legali a contrarre. L’obbligo legale a contrarre non è incompatibile con la natura contrattuale; esso non si costituisce per legge, cioè non si verifica una sostituzione della legge alla volontà dei privati, ma è una limitazione della libertà contrattuale derivante dall’esigenza di tutelare determinati interessi.
Con l’obbligo legale a contrarre si vuole tutelare il soggetto (es: consumatore) che o non ha la possibilità di scegliere la controparte o è costretto a fare tale scelta tra imprese che non operano in regime di concorrenza.
Al fine di evitare discriminazioni e favoritismi, la legge affianca all’obbligo legale a contrarre, la parità di trattamento di tutti i contraenti; a tali obblighi sono tenuti quegli enti che operano per legge in una situazione di monopolio legale (Enel) e quegli enti che esercitano servizi pubblici (trasporti pubblici).
Nei casi di rifiuto a contrarre il contraente debole (es: consumatore) ha la possibilità di richiedere oltre al risarcimento del danno anche l’esecuzione in forma specifica
29. Segue. Patto di opzione. L’opzione (art. 1331 c.c.), di natura convenzionale, crea un vincolo unilaterale nella formazione del contratto; il patto d’opzione è il contratto con il quale una parte (concedente) rimane vincolata alla propria dichiarazione e l’altra (opzionario) ha la facoltà di accettare tale dichiarazione entro un certo termine.
È un obbligo convenzionale a contrarre. Se le parti non hanno fissato un termine, questo viene stabilito dal giudice secondo la regola generale (art. 1183 c.c.).
Vi sono delle differenze tra il patto d’opzione e la proposta irrevocabile:
1. nell’opzione, il vincolo dell’irrevocabilità della proposta risulta non da un impegno assunto unilateralmente, come nella proposta irrevocabile, ma da un accordo delle parti;
2. l’opzione può essere o un patto autonomo o un patto accessorio ad un contratto più vasto (es: leasing) e può essere oneroso quando è previsto un corrispettivo (c.d. premio) a carico dell’opzionario; la proposta irrevocabile, invece, non può avere carattere oneroso, in quanto atto unilaterale del proponente.
3. l’opzione, a differenza della proposta forma o irrevocabile, può costituire oggetto di cessione ad un terzo: tale cessione può avvenire a titolo oneroso e l’opzione viene considerata come un bene sottoponibile a circolazione.
Vi è anche una differenza tra il patto d’opzione e il contratto preliminare: nel patto d’opzione, l’opzionario può accettare oppure o no la dichiarazione del concedente e quindi ha la libertà di stipulare o no il contratto definitivo; il contratto preliminare, invece, vincola le parti oppure una sola di esse all’obbligo di stipulare il contratto definitivo.
Nel caso in cui l’esercizio d’opzione è impedito o reso impossibile ad esempio per distruzione del bene, le conseguenze sono disciplinate dalla responsabilità precontrattuale, in quanto il concedente è in una situazione di soggezione e non di obbligo.
L’opzione non è suscettibile a trascrizione.
30. Segue. Contratto preliminare. Il contratto preliminare è il contratto con il quale le parti, o anche una sola di esse, si obbligano a concludere un successivo contratto; esso, di natura convenzionale, è un contratto con effetti obbligatori che determina il contenuto essenziale del contratto definitivo.
Il contratto preliminare è utilizzato maggiormente per i contratti reali ed un esempio classico è il preliminare di vendita, dove non si trasferisce la proprietà della cosa, ma sorge l’obbligazione per una parte di comprare e per l’altra di vendere.
Una volta adempiuto il preliminare, le parti concluderanno il contratto definitivo dove si avrà il trasferimento della proprietà.
Il preliminare è considerato incompatibile con la donazione, in quanto, rendendola obbligatoria, viene meno la liberalità propria della stessa.
Le ragioni che inducono le parti a stipulare un contratto preliminare sono varie: ad esempio, il compratore non dispone ancora dell’intera somma necessaria per il pagamento del prezzo, altro esempio è l’esigenza di precisare qualche oggetto accessorio del contratto, ecc….
Qualora una delle parti non adempia il preliminare, l’altra parte può rivolgersi al giudice ed ottenere, se il preliminare non lo esclude, l’esecuzione forzata dell’obbligazione di contrarre: il giudice emetterà una sentenza che produce gli effetti del contratto non concluso.
Nel caso di un preliminare di vendita, la sentenza, cha ha natura costitutiva, trasferisce la proprietà del bene dal promittente venditore al promittente compratore e attribuisce al promittente venditore il diritto ad ottenere il pagamento del prezzo.
L’esecuzione specifica dell’obbligo di contrarre (art. 2932 c.c.) è una novità del vigente codice, in quanto prima tale soluzione era reputata incompatibile con il principio di libertà di contrarre e si riconosceva solo il risarcimento del danno.
Per quanto riguarda la forma, l’articolo 1351 disciplina che il contratto preliminare deve avere la stessa forma del contratto definitivo, pena la nullità; il preliminare di vendita di beni immobili deve essere fatto per iscritto, pena la nullità.
Al fine di tutelare gli interessi sottesi al contratto preliminare, il legislatore permetteva la trascrizione della domanda giudiziale; questa forma di tutela era utilizzata perché non era possibile trascrivere un contratto con effetti obbligatori (contratto preliminare).
In seguito, il legislatore ha introdotto una forma di tutela ulteriormente rafforzata, consentendo la trascrizione dello stesso contratto preliminare, in quanto riconosciuto come segmento di un procedimento che giunge alla nascita di un contratto ad effetti reali.
La trascrizione del preliminare viene cos’ a determinare una prenotazione da valere ai fini di pubblicità.
In passato vigeva il cosiddetto principio dell’intangibilità del preliminare, il quale asseriva che una sentenza costitutiva del giudice non poteva modificare il contenuto del contratto preliminare; oggi, invece, è ammessa una riduzione del prezzo pattuito nel preliminare nei casi di vizi o di difformità della cosa.
La differenza tra contratto preliminare e contratto preliminare improprio o compromesso è che quest’ultimo contiene un accordo definitivo con l’impegno a documentarlo successivamente nella forma prevista. In ipotesi di inadempimento, la sentenza del giudice non procede all’esecuzione specifica dell’obbligo di contrarre, ma mira ad accertare la paternità della sottoscrizione al fine di rendere possibile la trascrizione.
Il contratto preliminare è unilaterale quando l’obbligo a concludere il definitivo è a carico di una sola delle parti; il contratto preliminare unilaterale si differenzia dall’opzione, perché quest’ultima non richiede una nuova manifestazione del consenso della parte obbligata.
Per accordo delle parti, alcuni effetti possono essere anticipati rispetto alla conclusione del contratto definitivo, come, ad esempio, il pagamento del prezzo.
31. Segue. Negozio fiduciario e trust. Il negozio fiduciario è una combinazione di effetti reali e obbligatori, e si ha quando un soggetto (fiduciante) trasferisce ad un altro (fiduciario) la proprietà di un bene, imponendogli con apposito patto (pactum fiduciae) l’obbligo di ritrasferirgli in futuro il diritto o di trasferirlo ad un terzo o di farne uso secondo le direttive impartite.
Con questo negozio il fiduciario acquista la proprietà formale del bene e il fiduciante conserva la proprietà sostanziale del bene in quanto l’effetto reale del trasferimento è limitato con patto obbligatorio. Esempi di negozi fiduciari sono:
• fiducia cum amico, quando il fiduciario deve a sua volta investire un terzo per la fiducia
• fiducia cum creditore, quando il debitore (fiduciante) per garantire il suo creditore (fiduciario), gli trasferisce la proprietà di un bene, con l’impegno che, al momento dell’adempimento, il fiduciario gli ritrasferisca il bene. Tale patto è lecito se non presenta gli estremi del patto commissorio;
• gestione fiduciaria, quando il proprietario di azioni o di altri valori mobiliari li trasferisce fiduciariamente ad una società con l’incarico di provvedere alla loro amministrazione.
Se il fiduciario non rispetta l’obbligo assunto, il fiduciante può agire giudizialmente: ad esempio, nel caso in cui il fiduciario si rifiuti di ritrasferire il bene, il fiduciante può richiedere una
sentenza costitutiva dell’esecuzione specifica dell’obbligo di contrarre, oltre al risarcimento del danno.
Nel caso in cui il fiduciario, violando il pactum fiduciae, trasferisce il bene a terzi, il fiduciante non può opporre tale patto ai terzi, in quanto quest’ultimo non ha valore reale, ma obbligatorio, però può ottenere comunque il risarcimento.
Al modello finora studiato, chiamato romanistico, si oppone quello germanistico: il primo si configura nel trasferimento della proprietà e tutela la posizione del terzo nei confronti del fiduciante; il secondo comporta non un trasferimento della proprietà, ma una forma di “legittimazione”, conservando la proprietà al fiduciante, e tutela la posizione di quest’ultimo rispetto ai terzi.
Una figura molto diffusa nel sistema giuridico anglosassone è la figura del trust (fiducia).
Il trust è l’insieme dei rapporti giuridici istituiti da una persona (costituente) posti sotto il controllo di un trustee (fiduciario) nell’interesse di un beneficiario e per perseguire un fine specifico.
I beni oggetto del trust sono intestati al trustee ma non fanno parte del suo patrimonio; infatti, il trust è opponibile ai terzi e i creditori del trustee non possono soddisfarsi sui beni oggetto del trust.
32. Segue. Divieti legali e convenzionali di contrarre. In materia di libertà di decidere se concludere o no un contratto esistono limiti positivi, ossia l’obbligo a contrarre, e limiti negativi, ossia il divieto a contrarre.
Per quanto riguarda i divieti di contrarre essi sono consentiti in misura limitata perché impediscono l’attuazione del principio della libertà contrattuale e ostacolano la libera circolazione dei beni. Esistono divieti di contrarre sia legali, dettati dalla legge, che divieti convenzionali, la cui fonte è l’accordo fra le parti.
Un esempio del divieto legale di contrarre è il divieto di comprare i beni dati in gestione per gli amministratori di beni altrui. Un esempio del divieto convenzionale di contrarre è il patto di non alienare (art. 1379 c.c.). Tale patto ha effetto soltanto fra le parti e crea fra loro un rapporto obbligatorio; se il contraente, violando il divieto aliena a terzi, questi ultimi acquistano validamente, mentre l’alienante inadempiente è tenuto a risarcire il danno alla controparte.
33.Vincoli alla libertà di scelta del contraente. Prelazioni convenzionali e legali. In materia di libertà di scegliere con chi concludere il contratto, esiste il cosiddetto diritto di prelazione; esso può avere fonte convenzionale o fonte legale.
Il diritto di prelazione convenzionale o prelazione volontaria si configura o come clausola contrattuale o come autonomo contratto e si ha quando un soggetto (promettente o concedente), in sede di conclusione di un determinato contratto, si obbliga a dare ad un soggetto (prelazionario) la preferenza rispetto ad altri a parità di condizioni.
Tale vincolo riguarda solo la scelta del contraente e non la decisione di concludere o no il contratto e per questo motivo non è opportuno eguagliare la prelazione al contratto preliminare.
Il vincolo, quindi, consiste in due obblighi del concedente:
1. un obbligo positivo, ossia il concedente deve comunicare al prelazionario la sua decisione di concludere con questi il contratto a determinate condizioni (denuntiatio) consentendo al prelazionario di esercitare il diritto di prelazione;
2. un obbligo negativo, ossia il concedente si obbliga a non stipulare il contratto con terzi prima o durante la fase della denuntiatio.
Il patto di prelazione convenzionale ha efficacia obbligatoria e quindi non è opponibile ai terzi e nelle ipotesi di sua violazione, il prelazionario può richiedere solo il risarcimento del danno da inadempimento.
Il diritto di prelazione legale è accordato dalla legge al fine di tutelare interessi particolarmente meritevoli: esempio sono le prelazioni previste a favore dell’affittuario coltivatore diretto.
La prelazione legale, a differenza di quella convenzionale, ha efficacia reale ed è opponibile ai terzi, cioè il prelazionario può esercitare il diritto di riscatto del bene acquistato dal terzo.
34. Vincoli alla libertà del contenuto contrattuale: inserzione automatica di clausole, clausole d’uso. La libertà di decidere il contenuto del contratto è un elemento essenziale delle libertà contrattuali; a volte, però, quest’elemento trova delle limitazioni imposte dalla legge.
Infatti la legge prevede che determinate clausole, determinati prezzi di beni o servizi, già disposti dalla legge, siano di diritto inseriti nel contratto e che vengano inseriti anche in sostituzione di clausole difformi decise dalle parti.
Il legislatore prevede anche che le clausole d’uso si ritengano già automaticamente inserite nel contratto, salvo nei casi in cui le parti abbiano disposto di non includerle.
35. Contrattazione standardizzata: condizioni generali di contratto. Moduli e formulari.L’autonomia contrattuale incontra ulteriori limiti non solo al “se” o “con chi” concludere un contratto, ma anche al “come” concluderlo. Infatti esistono alcuni modelli contrattuali in cui risultano marginali la presenza di 2 parti, la loro trattazione, ecc…
Sul mercato si rilevano 2 soggetti:
• un soggetto forte (di norma imprenditore) il quale, muovendosi da una posizione di supremazia, è capace d’imporre alla massa indifferenziata un regolamento contrattuale predisposto;
• un soggetto debole (di norma massa dei consumatori) il quale non può modificare ed incidere assolutamente sui termini del regolamento contrattuale predisposto.
Tali contratti sono rivolti ad una massa indifferenziata e, quindi, vengono chiamati contratti standards, di massa o in serie; questi contratti sono chiamati standards proprio perché standard è il loro contenuto, non essendo compatibile la trattativa con la loro natura di affari.
Il fine di tali modelli contrattuali predisposti è:
• dalla parte del soggetto forte di semplificare, razionalizzare e velocizzare l’economicità, di limitare i poteri dei rappresentanti, di prevenire rischi, ecc…;
• dalla parte del soggetto debole di garantire l’omogeneità e l’uniformità di trattamento, la trasparenza del mercato, la possibile riduzione del prezzo.
L’art. 1341¹ dispone che il regolamento contrattuale possa essere formulato anticipatamente da una delle parti (predisponente, di regola l’imprenditore), mediante la formulazione di condizione generale del contratto, le quali condizioni vincolano l’altra parte (aderente, di regola il cliente-consumatore) se risulta che quest’ultima le ha conosciute oppure che le avrebbe dovuto conoscere usando l’ordinaria diligenza.
Onere imposto dalla legge al proponente è quello di rendere conoscibile le condizioni del contratto, senza, però, richiedere una manifestazione di vero consenso dell’aderente.
Ciò, tuttavia, ha configurato una scarsa tutela del soggetto debole (aderente).
Il legislatore, per risolvere tale problema ha previsto una specifica disciplina per le clausole cosiddette vessatorie. Esse, appunto, perché prevedono particolari vantaggi per il predisponente e particolari oneri per l’aderente, devono essere accettate con una sottoscrizione specifica e quindi estranea e aggiuntiva alla sottoscrizione del contratto.
Le clausole c.d. vessatorie sono disciplinate dall’art. 1341² che presenta un elenco tassativo il quale, però, è logicamente assoggettabile ad interpretazione.
La sottoscrizione è uno dei requisiti della forma ad substantiam e, in ipotesi di un suo difetto, si verifica la nullità del contratto.
Spesso le condizioni generali del contratto sono contenute da moduli o formulari che l’aderente è invitato a sottoscrivere; la sottoscrizione di tali condizioni generali è specifica come quella delle clausole vessatorie. Se al modulo o al formulario sono inserite successivamente clausole aggiunte, queste clausole aggiunte prevalgono su quelle predisposte nel caso in cui le clausole predisposte siano incompatibili con quelle aggiunte, anche se le clausole aggiunte non sono state cancellate.
Lo strumento della specifica sottoscrizione delle clausole vessatorie è purtroppo poco efficace in quanto illusorio, perché il predisponente riesce sempre ad imporre una 2° firma su un documento che l’aderente di solito non legge e che non può modificare.
Per dare una soluzione a questo problema, il legislatore ha orientato la tutela ad un maggiore controllo di liceità e meritevolezza. Anche la comunità europea si è mossa su queste direttrici emanando direttive comunitarie che vengono recepite dai paesi membri nella forma della novellazione.
36.Contratti normativi. Il contratto normativo è concordato dalle parti per regolare loro futuri rapporti; è un accordo con il quale le parti non dispongono immediatamente dei propri interessi, ma fissano il contenuto di futuri contratti con l’obbligo di inserirvi quel determinato contenuto, nel caso questi contratti vengano stipulati.
Nel contratto normativo non sorge l’obbligo di contrarre e quindi non è invocabile l’art. 2932, ma sorge un obbligo di determinazione del contenuto, cioè bisogna inserire nel contratto quel contenuto predeterminato nel contratto normativo.
37. Disciplina dei “contratti del consumatore”. Il consumatore è inteso come la persona fisica e non giuridica che si procura per contratto i beni o i servizi per utilizzarli a fini personali ed estranei alla propria attività imprenditoriale.
Il consumatore è sicuramente una delle figure cardini del campo contrattuale tanto da essere un punto di riferimento di una serie di normative, che danno vita ad un “diritto del consumatore”.
Il sistema giuridico italiano, in riguardo a tale materia, ha colmato le sue lacune sulla base di sollecitazioni comunitarie.
Un esempio è la legge antitrust, che, oltre a porsi come fine un corretto funzionamento del mercato, vuole realizzare una migliore qualità dei beni e dei servizi e di un abbassamento del loro prezzo.
Anche l’area del contratto richiede sempre più l’esigenza di proteggere la posizione del consumatore, in quanto contraente debole. Un ruolo centrale in un corretto funzionamento della contrattazione hanno l’informazione e la trasparenza, che sono a carico dell’imprenditore o professionista.
Il professionista è la persona fisica o giuridica, privata o pubblica, che conclude contratti aventi per oggetto beni o servizi ai fini della sua attività imprenditoriale o professionale.
Delle innovazioni sono state apportate al codice civile dagli art. 1469 bis – 1469 sexies: essi introducono una forma di controllo rivolta a verificare l’equità e l’equilibrio sostanziale del regolamento contrattuale.
Questo fatto è un’innovazione perché prima i principi codicistici rimettevano alle parti la determinazione del “giusto” regolamento contrattuale e il legislatore poteva intervenire solo in via eccezionale ed entro determinati limiti.
La disciplina introdotta da questi articoli ha un ambito d’applicazione sia soggettiva che oggettiva:
• ambito di applicazione soggettiva, nel senso che questa nuova normativa è applicata solo ai contratti tra consumatore e professionista escludendo, dalla figura del consumatore le persone giuridiche e gli intermediari;
• ambito di applicazione oggettiva, la nuova disciplina ha introdotto un giudizio di vessatorietà del contenuto contrattuale: questo giudizio di vessatorietà comprende un elenco di clausole “sospette” che si presumono vessatorie salvo prova del professionista; comprende un elenco di clausole assolutamente vessatorie e comprende una clausola generale che definisce clausole vessatorie quelle clausole che determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio di diritti e degli obblighi derivanti dal contratto.
Quando si parla di squilibrio il legislatore intende non uno squilibrio economico, ma uno squilibrio dei diritti e degli obblighi.
Questa nuova normativa affianca alla tutela individuale una tutela collettiva:
• la tutela individuale ritiene inefficaci le clausole giudicate vessatorie, ma il contratto conserva la sua efficacia. Essa è rilevabile d’ufficio dal giudice;
• la tutela collettiva: le associazioni di consumatori o di professionisti o le Camere di Commercio, una volta accertata la vessatorietà di una clausola, possono chiedere al giudice di inibire anche con un provvedimento d’urgenza l’uso di quella clausola.
Tuttavia la posizione dell’intermediario è tutelata nei confronti dei produttori o dei fornitori, in quanto l’intermediario ha diritto di regresso nei confronti di questi ultimi nel caso di danni subiti dalla dichiarazione di vessatorietà delle clausole nei rapporti dell’intermediario col consumatore; tutto ciò ha la funzione di evitare che gli intermediari possano di conseguenza aumentare il prezzo.
Le clausole proposte al consumatore devono essere sempre redatte in modo chiaro e comprensibile e, in caso di dubbi, queste clausole sono interpretate nel modo più favorevole al consumatore.
La nuova normativa è applicabile nei contratti tra consumatore e professionista, mentre quella preesistente disciplina i contratti che non siano riconducibili a quelli tra consumatore e professionista.
Tuttavia le 2 normative possono coesistere e cooperare come nei casi del contratto standard.
38. Contratti tra imprese. L’ordinamento nel tutelare i soggetti deboli ha disciplinato anche i rapporti fra imprese, vietando l’abuso, da parte di una o più imprese, dello stato di dipendenza economica di un’altra impresa e ritiene nulli i patti con i quali una parte approfitti della propria maggiore forza contrattuale per imporre condizioni ingiustificatamente gravose.
Un’ipotesi di dipendenza economica è la subfornitura, ossia l’affidamento, mediante contratto, ad imprese esterne, di una fase del ciclo produttivo dell’impresa.
Il subfornitore è di solito un piccolo o medio imprenditore che non ha possibilità di accesso diretto al mercato finale e opera per conto di un ristretto numero di imprese committenti.
Il committente, invece, è munito delle necessarie tecnologie produttive e dispone di un largo numero di subfornitore.
La subfornitura non presuppone un contratto principale e non è un subcontratto; a volte il committente stipula la subfornitura senza alcun accordo con i terzi.
Il contratto di subfornitura deve essere concluso in forma scritta, pena la nullità; la proposta scritta del committente può essere accettata dal subfornitore iniziando un’esecuzione conforme.
Il termine per il pagamento dovuto del committente, non può superare i 60 gg. e nel caso esso non avvenga nel termine stabilito, sono previsti interessi superiori oppure viene applicata una penale.
f. Patologia nella fase genetica dei contratti
39. Invalidità negoziale. Considerazioni generali. L’invalidità comprende qualunque difetto originario degli atti di autonomia negoziale e tale difetto può comportare a volte l’inidoneità a produrre effetti; altre volte una precarietà degli stessi effetti.
Le difformità dell’atto negoziale possono assumere varia intensità: la forma più grave è la nullità, quella meno grave è l’annullabilità.
L’ordinamento risponde con lo strumento radicale della nullità quando salvaguarda valori superiori, essendo state violate norme poste a tutela di interessi generali; interviene, invece, con l’annullabilità qualora gli interessi lesi si pongano su un piano subalterno rispetto ai primi, trattandosi di violazione di regole poste a tutela di interessi individuali delle parti.
Di conseguenza si giustifica il diverso regime delle figure di invalidità in relazione agli effetti del negozio viziato:
• il negozio nullo non produce effetti fin dall’origine;
• il negozio annullabile è efficace già dal momento della sua conclusione, ma questa efficacia si rivela precaria, in quanto gli effetti o possono essere eliminati mediante sentenza costitutiva avente efficacia ex tunc (dall’inizio) tra le parti oppure possono essere stabilizzati qualora il legittimato all’impugnazione eserciti il potere di convalida (art. 1444 c.c.) o lasci scadere il termine prescrizionale dell’azione (art. 1442¹).
Nella dottrina tradizionale la nozione di nullità coincide con quella d’inesistenza.
Per quanto riguarda l’inefficacia essa è da intendersi sia in senso lato che in senso stretto:
• in senso lato essa è calcolata sullo stesso piano dell’invalidità e riguarda ogni ipotesi nella quale l’atto negoziale non produce effetti;
• in senso stretto, il negozio inefficace è negozio valido, ma per un fatto esterno non è idoneo a produrre i suoi effetti (es: contratto con condizione sospensiva).
La dottrina traccia numerose distinzioni di inefficacia e si parla di:
• inefficacia pendente, o temporanea, o sospesa, quando l’atto negoziale differisce gli effetti, ad esempio quando le parti hanno convenuto un termine iniziale;
• inefficacia definitiva, quando gli effetti sono impediti fra le parti;
• inefficacia assoluta, quando l’atto non produce alcun effetto né fra le parti, né fra i terzi;
• inefficacia relativa, quando il negozio produce effetti per alcuni soggetti e non per altri e tali ipotesi confluiscono nell’impossibilità;
• inefficacia originaria, quando gli effetti sono impediti dell’inizio (es: condizione sospensiva);
• inefficacia sopravvenuta, quando gli effetti sono impediti ad un contratto inizialmente efficace (es: condizione risolutiva).
La nullità, a differenza dell’annullabilità, tutele interessi di portata superiore e quindi la legittimazione a far valere il vizio è assoluta, cioè spetta a chiunque ne abbia interesse.
Ciò, però, non esclude l’esistenza di una nullità relativa dove la legittimazione è relativa, ed è eccezionalmente limitata ad alcuni soggetti.
Per l’annullabilità, invece, la regola è la legittimazione relativa, in quanto essa può essere fatta valere solo dalla parte prevista dalla legge; tuttavia sono previste ipotesi di legittimazione assoluta (es: interdizione legale).
La nullità di un atto negoziale può essere rilevata d’ufficio dal giudice, ma non sono esclusi i casi in cui è il diretto interessato a rilevarla al giudice; l’annullabilità, invece, non è rilevata d’ufficio dal giudice.
Il carattere imprescrittibile dell’azione di nullità, si pone come una delle differenze più significative rispetto all’azione di annullamento, sempre prescrittibile.
L’imprescrittibilità dell’azione di nullità non travolge gli effetti dell’usucapione e della prescrizione delle azioni di ripetizione.
Nel negozio ad efficacia reale, seguito dall’immissione nel possesso, la dichiarazione di nullità non preclude il maturarsi dell’usucapione.
Così nell’ipotesi di vendita immobiliare nulla per difetto di forma, se l’acquirente ha posseduto lo stabile per 20 anni, può opporre alla sentenza di nullità del contratto l’avvenuto acquisto a titolo originario della proprietà per usucapione.
In genere il termine di prescrizione dell’azione di annullamento è di 5 anni, tuttavia la legge spesso stabilisce differentemente.
Il termine decorre dalla conclusione del contratto. A volte il termine si allunga per effetto dello scivolamento del termine iniziale di prescrizione: per i vizi di volontà, ad esempio, il tempo decorre dal giorno nel quale è cessata la violenza o è stato scoperto l’errore o il dolo; per l’incapacità legale, dal giorno nel quale è cessato lo stato d’interdizione o d’inabilitazione; per il minore, dal giorno nel quale ha raggiunto la maggiore età.
La prescrizione riguarda l’azione e non l’eccezione; l’annullamento non può essere chiesto se sono trascorsi 5 anni, ma può essere opposto anche se sono trascorsi i 5 anni, se solo in quel momento l’altra parte chiede l’esecuzione del contratto.
L’azione di nullità non modifica la situazione giuridica preesistente, ma è solo di accertamento e si limita solo a dichiarare la nullità dell’atto; l’azione di annullamento modifica la situazione giuridica preesistente in quanto ha carattere costitutivo.
40. Mancanza della volontà. L’accordo esprime il consenso delle parti e si raggiunge con la volontà interna che è rilevante quando essa è manifestata all’esterno con una dichiarazione; tuttavia, quando manca la volontà di produrre effetti giuridici, anche in presenza di una dichiarazione contrattuale resa all’esterno, il contratto è nullo.
L’accordo è un elemento essenziale non solo per la conclusione del contratto, ma anche per il suo scioglimento (es: il mutuo dissenso).
A volte capita che la volontà interna non coincide volutamente con la dichiarazione: è il caso della simulazione dove la parte, agendo in questo modo, crea una situazione di apparenza contrattuale ingannevole per i terzi.
41. Accordo simulatorio. L’accordo simulatorio (art. 1414 c.c.) si ha quando le parti stipulano un contratto, ma in realtà non vogliono che siano prodotti gli effetti oppure vogliono la produzione di effetti diversi. La simulazione è:
• assoluta, quando le parti concludono un contratto e con separato e segreto accordo dichiarano di non volerne gli effetti; lo scopo è quello di creare ai terzi l’apparenza del trasferimento di un diritto, ecc…
• relativa, quando le parti fingono di stipulare un contratto (contratto simulato), ma in realtà vogliono che si producono gli effetti di un altro contratto (contratto dissimulato). Un esempio è la simulazione di una vendita per realizzare una donazione.
La simulazione relativa può riguardare, oltre che l’oggetto o il titolo del contratto, anche i soggetti dello stesso: si discorre allora di interposizione fittizia di persona.
Così, chi vuole acquistare un determinato bene, ma non vuole che agli occhi dei terzi tale bene appaia suo, fa figurare come compratore un altro soggetto dando luogo ad una vendita simulata (nella quale appare come compratore l’interposto) e ad una sottostante vendita dissimulata (nella quale appare come compratore l’interponente, cioè il compratore effettivo).
L’effetto principale della simulazione assoluta è la nullità del contratto; tuttavia si dovrebbe parlare di inefficacia, in quanto non c’è una vera e propria irregolarità del contratto, ma sono le parti a stabilire la non produzione di effetti.
Nel caso, invece, della simulazione relativa, il contratto dissimulato è nullo solo se lo scopo perseguito dalle parti è illecito; negli altri casi esso ha efficacia tra le parti se la dichiarazione apparente contiene i requisiti di sostanza e di forma previsti dalla legge.
Circa la tutela dei terzi, l’ordinamento distingue 2 categorie di terzi interessati:
1. gli aventi causa o creditori del simulato acquirente, che hanno interesse a far valere la situazione apparente in quanto, per esempio, in buona fede hanno sottoposto a pignoramento il bene oggetto del contratto simulato;
2. gli aventi causa o creditori del simulato alienante, che hanno interesse, invece, a far valere la situazione reale, in quanto la legge consente a questi creditori di dimostrare, con ogni mezzo di prova, che il contratto era simulato e di procedere quindi all’esecuzione forzata di quel bene.
42. Incapacità legale e incapacità naturale. Il contratto concluso da incapace legale di agire è dichiarato annullabile; l’annullamento può essere demandato al giudice, da chi esercita la potestà sul minore, sull’interdetto o sull’inabilitato, o anche dagli eredi o aventi causa del minore.
Il contratto del minore non può essere annullato se questi ha occultato con raggiri la sua minore età.
L’annullamento non può essere chiesto dal contraente capace, ma solo dall’altra parte (incapace); questa disposizione mira a tutelare il contraente che, per effetto della sua incapacità, potrebbe aver concluso un affare svantaggioso.
Il contratto concluso dal maggiorenne capace legalmente, ma affetto da una temporanea alterazione delle proprie facoltà mentali, e quindi non interdetto o inabilitato, è annullabile a condizione che si provi l’esistenza di un pregiudizio per l’incapace e si provi l’esistenza della malafede dell’altro contraente; per malafede s’intende la conoscenza dello stato d’incapacità della controparte o la possibilità di conoscerla con la normale diligenza.
Gli atti unilaterali sono annullabili su istanza dell’incapace, dei suoi eredi o dei suoi aventi causa, solo se si prova che l’atto comporta un grave pregiudizio all’incapace.
43. I “vizi” della volontà. La volontà negoziale può essere viziata da errore, dolo o violenza.
L’errore è la falsa rappresentazione della realtà che induce un soggetto a negoziare: esempio classico è l’acquisto di un quadro credendolo autentico, ma invece è una copia.
L’errore può essere motivo od ostativo:
• l’errore motivo incide sulla volontà prima che essa venga dichiarata all’esterno;
• l’errore ostativo si verifica quando la volontà di un soggetto ha una erronea formulazione dell’esternazione; esso non è propriamente un vizio della volontà, ma costituisce una divergenza tra dichiarazione e volontà.
L’errore per determinare l’annullabilità del contratto deve essere essenziale e riconoscibile:
• è essenziale quando:
1. cade sulla natura del contratto (si crede di concludere una compravendita, ma si conclude una locazione) o sull’oggetto del contratto (si acquista un bene credendolo un altro);
2. cade sulla natura o sulla qualità dell’oggetto (si acquista aceto credendo di acquistare vino);
3. cade sull’identità e sulle qualità personali dell’altro contraente (assunzione di un ingegnere straniero non autorizzato dalla normativa italiana).
L’errore può essere di fatto e di diritto:
• è di fatto, quando è determinato dalla falsa conoscenza dei fatti, delle persone o delle cose;
• è di diritto, quando è determinato dalla falsa conoscenza delle norme giuridiche.
L’errore causa l’annullabilità del contratto quando, oltre ad essere essenziale, è anche riconoscibile, cioè quando anche l’altra parte si è resa conto dell’errore commesso dall’altro.
Il dolo è un altro vizio della volontà e comprende tutti gli artifici, i raggiri o la semplice menzogna che hanno indotto una parte a negoziare.
Il dolo può essere commissivo e omissivo.
Il dolo commissivo è:
• determinante, e quindi causa di annullamento del contratto, se il raggiro usato da uno dei contraenti è così fondamentale che, nel caso non fosse stato utilizzato, l’altra parte non avrebbe stipulato il contratto (es: l’imprenditore che vende un terreno con falsa planimetria catastale dalla quale risulta edificabile, ma in realtà non lo è);
• incidente, non è causa di annullamento del contratto; si verifica quando il contraente, vittima del dolo, avrebbe ugualmente concluso il contratto, ma a condizioni diverse (es: il cliente avrebbe lo stesso acquistato il terreno anche se non edificabile ma ad un prezzo minore).
I raggiri possono anche essere commessi da un terzo e, affinché siano causa di annullamento del contratto, tali raggiri devono essere non solo riconoscibili, ma anche noti al contraente che ne ha tratto vantaggio; nel caso contrario, cioè quando il contraente che ha tratto vantaggio dall’affare era all’oscuro del raggiro del terzo, il contratto è ritenuto valido.
Il dolo, oltre ad essere commissivo, è anche omissivo (reticenza).
Il dolo omissivo si identifica nella mancata comunicazione alla controparte dell’esistenza di circostanze che, se fossero state comunicate, lo avrebbero fatto desistere dalla conclusione del contratto.
Il dolo omissivo è causa di annullamento del contratto solo se il contraente aveva l’obbligo d’informare l’altra parte sulle circostanze che potevano essere determinanti per il consenso.
Il dolo consiste anche nella menzogna e si parla di dolus bonus e dolus malus.
Il dolus malus è quello finora descritto; con il dolus bonus si indica l’esagerata vanteria della qualità di un bene o della propria abilità professionale ed esso non è causa di annullamento del contratto in quanto il legislatore tiene conto del comportamento dell’uomo medio.
La violenza si differenzia in fisica e morale:
• la violenza fisica è l’azione materiale che esclude totalmente la volontà del contraente, comportando la nullità del contratto per mancanza del requisito della volontà;
• la violenza morale è l’azione psichica che agisce sulla volontà della vittima inducendola a stipulare il contratto per sottrarsi al male minacciato; comporta l’annullamento del contratto.
La violenza, intesa come vizio della volontà, è la violenza morale che consiste nella minaccia di un male ingiusto e notevole che induce il soggetto a stipulare un contratto non voluto; il male minacciato deve essere ingiusto e notevolmente lesivo.
La violenza è causa di annullamento del contratto anche quando la minaccia del male è rivolta, non direttamente al contraente, ma al coniuge, ai suoi ascendenti o i suoi discendenti; la minaccia rivolta agli amici o conoscenti del contraente è rimessa al giudizio prudente del giudice.
La violenza può provenire anche da un terzo è in questo caso, a differenza del dolo, per ottenere l’annullamento, non è necessario che il soggetto avvantaggiato ne sia a conoscenza.
La minaccia di far valere un diritto non è causa di annullamento del contratto salvo che non venga utilizzata per ricevere vantaggi ingiusti (es: se non pagherai il tuo debito agirò in giudizio); anche il timore riverenziale, ossia stato di psicologica soggezione di un soggetto nei confronti di un altro con maggior potere, non è causa di annullamento del contratto.
44. Illiceità ed immeritevolezza della causa. La causa è sottoposta dall’ordinamento non solo al controllo di liceità, ma anche al controllo di meritevolezza:
• il controllo di liceità è uno strumento di controllo normativo diretto a negare tutela giuridica a interessi in contrasto con i valori fondamentali;
• il controllo di meritevolezza è uno strumento che verifica l’idoneità della realizzazione del concreto interesse.
Logicamente esistono alcuni atti negoziali dove la meritevolezza è in re ipsa (compresa) nella liceità della causa: sono gli atti di valutazione costituzionale come ad esempio i negozi associativi.
La causa del contratto è illecita quando è contraria a norme imperative (es: tangenti per appalto), all’ordine pubblico e al buon costume (es: patto con la prostituta).
È illecita la causa dei contratti in frode alla legge; il contratto concluso in frode alla legge è un mezzo per eludere l’applicazione di una norma imperativa: le parti mirano a realizzare un risultato che la legge vieta, ma, per non incorrere nell’applicazione della norma imperativa che vieta di realizzarlo, essi utilizzano uno o più contratti in sé leciti, in modo da realizzare in concreto un risultato equivalente a quello vietato.
Il codice civile ritiene illecito il contratto quando le parti lo hanno concluso per un motivo illecito comune ad entrambe le parti; il motivo illecito, per rendere nullo il contratto, deve essere esclusivo e comune ad entrambe le parti.
I contratti con motivo illecito sono nulli solo se entrambe le parti lo hanno concluso per trarre un comune vantaggio e non basta che il motivo illecito di una parte sia semplicemente noto all’altro.
Il contratto è nullo quando è riscontrata la mancanza della causa, perché è sempre possibile riscontrare un interesse, ma non è sempre possibile realizzarlo.
45. Mancanza dell’oggetto e difetto dei suoi requisiti. La mancanza o le patologie dell’oggetto determinano la nullità del contratto; tuttavia bisogna distinguere l’illiceità dell’oggetto dalla impossibilità o indeterminabilità dell’oggetto.
L’illiceità dell’oggetto configura l’esistenza di un oggetto che però è giudicato illecito dall’ordinamento, in quanto è in contrasto con norme imperative, ordine pubblico e buon costume.
L’impossibilità e l’indeterminabilità configurano difetti strutturali della fattispecie negoziale, in quanto manca un requisito essenziale del contratto, cioè manca l’oggetto.
Bisogna distinguere il contratto illecito da quello illegale, perché il contratto illecito è insanabile, mentre quello illegale è sanabile con una conversione, perché anche se è in contrasto con norme imperative, esse (le norme imperative) non sono necessariamente inderogabili, purché non rechino danno alla comunità.
46. Difetto di forma. L’ordinamento al difetto di forma non ricollega le stesse conseguenze; il difetto di forma produce nullità del contratto solo nelle ipotesi previste dalla legge.
Quando la forma è requisito essenziale, la sua mancanza produce la nullità; il difetto è rilevabile d’ufficio e da chiunque ne abbia interesse; le parti possono rinnovarlo ex nunc (da adesso), ma non possono sanarlo con convalida.
La legislazione comunitaria, come rimedio al difetto di forma, ha proposto il rimedio della nullità relativa con il quale il contraente protetto può decidere se conservare l’operazione negoziale, eseguendo il contratto, oppure può far cadere l’operazione negoziale, esercitando azione di nullità.
Tale principio è già noto nella giurisprudenza tedesca (BGB) la quale rimette la validità e l’efficacia dell’operazione negoziale alla buona fede di una delle parti; tale principio, però, non è accettato dalla nostra giurisprudenza, la quale ritiene che il difetto di forma deve essere noto alle parti.
Si è posto un grosso problema se ritenere valido o invalido il contratto concluso in forma diversa; una parte della dottrina ritiene che il contratto è valido perché la conclusione aformale ha revocato il precedente accordo di forma; la maggior parte dei dottrinari ritiene che il contratto è invalido in quanto presenta un vizio di forma.
47. Recupero del negozio invalido. L’art. 1423 c.c. afferma che: “Il contratto nullo non può essere convalidato se la legge non dispone diversamente”.
Ai contraenti che vogliono recuperare l’effetto regolato mediante contratto nullo devono ristipularlo ex novo con efficacia ex nunc (da adesso).
Ci sono comunque delle eccezioni al principio di insanabilità del contratto nullo e sono la conferma di testamento e la conferma di donazione. Sono insanabili il testamento falso o revocato, perché manca l’imputabilità al de cuius (all’autore).
La conferma di donazione non è da confondersi con la convalida, in quanto per quest’ultima è necessario che il soggetto convalidante sia lo stesso che ha concluso il contratto invalido.
Un’altra ipotesi di recupero del negozio nullo è la trascrizione c.d. sanante, che tutela gli interessi dei terzi. Esempio classico si verifica quando un soggetto A acquista un bene immobile o mobile registrato dal soggetto B, il quale soggetto B ha acquistato lo stesso bene precedentemente da un soggetto C con contratto nullo; il soggetto C non può far valere la nullità del contratto al soggetto A solo se quest’ultimo ha acquistato e trascritto il bene in buona fede e se sono trascorsi 5 o 3 anni (a seconda del bene) tra la data di trascrizione e la domanda di nullità del contratto.
La nullità parziale di un contratto o la nullità di singole clausole comporta la nullità dell’intero contratto solo se risulta che i contraenti non lo avrebbero concluso senza quella parte del suo contenuto colpita da nullità. In base a questo principio, al fine di conservare il negozio, si hanno due casi:
1. se la clausola colpita da nullità è essenziale per le parti, allora è dichiarato nullo l’intero contratto; la dichiarazione di nullità è fatta solo dopo una rigorosa prova che spetta alla parte che intende far valere la nullità totale dimostrando che vi sono gli estremi per estendere tale nullità all’intero contratto;
2. se la clausola colpita da nullità non è essenziale per le parti, il contratto produrrà gli effetti tenendo conto della loro (degli effetti) riduzione a causa dalla dichiarazione di nullità della clausola.
L’art. 1420 c.c. afferma che nei contratti con più di due parti che operano per il raggiungimento di uno scopo comune, la nullità del vincolo di una sola parte non provoca la nullità del contratto salvo che la sua partecipazione debba considerarsi essenziale.
Un’altra applicazione del principio di conservazione del negozio è la conversione, che opera una modifica o una riduzione del contratto.
Il contratto nullo può essere convertito se è nullo come un dato tipo di contratto, ma presenta tuttavia i requisiti di forma e di sostanza di un altro tipo e se gli effetti che quest’altro tipo di contratto produce sono lo stesso accettati dalle parti
I requisiti affinché operi la conversione del contratto nullo sono: che il contratto sia nullo, che le parti erano all’oscuro della causa di nullità, che gli effetti prodotti dall’altro tipo di contratto sono compatibili con gli interessi non di una ma di entrambe le parti, e, infine, che il contratto nullo deve contenere i requisiti di forma e di sostanza del contratto diverso.
Alla conversione sostanziale si aggiunge la conversione formale, che opera automaticamente quando il negozio, che può avere più vestimenti giuridici, sia nullo per difetto di forma ma possiede i requisiti di altra forma valida; esempio è il testamento segreto il quale è ritenuto nullo per mancanza di qualche requisito, ma vale comunque come olografo se presenta la firma, la data e la sottoscrizione.
La nullità di singole clausole non provoca la nullità del contratto quando le clausole nulle sono sostituite di diritto da norma imperative.
La convalida è il mezzo mediante il quale il legittimato all’impugnazione manifesta la volontà di sanare il contratto invalido e quindi annullabile, rendendolo definitivamente efficacie e impedendo l’annullabilità.
La convalida può essere:
• espressa, atto unilaterale redatto dal legittimato, non recettizio, accessorio al contratto, che contiene il motivo di annullabilità e la dichiarazione di convalida;
• tacita, quando il legittimato all’azione, pur conoscendo il vizio di annullabilità, procede volontariamente all’esecuzione del contratto; in questo caso, se il soggetto legittimato vuole chiedere successivamente all’esecuzione l’annullamento del contratto, l’altra parte può opporgli la sua (del soggetto legittimato) convalida tacita.
Non può essere convalidato il contratto nullo, perché la dichiarazione di convalida o la volontaria esecuzione non impediscono l’azione di nullità.
Un istituto che si basa sul principio di buona fede e sul principio di conservazione del contratto è la rettifica; essa opera per il contratto annullabile per errore.
La rettifica è un negozio accessorio unilaterale recettizio, redatto dalla parte non in errore la quale offre all’altra parte in errore l’esecuzione della prestazione in modo conforme al contenuto e alle modalità del contratto. La parte non in errore, offrendo all’altra parte in errore l’esecuzione del contratto, perde sia il diritto di chiedere l’annullamento, sia il potere di convalidare il contratto.
Il negozio nullo non produce effetti né fra le parti, né rispetto ai terzi; i contratti annullabili producono effetti purchè non siano stati dichiarati annullati.
Tuttavia, per quanto riguarda i contratti annullabili, la sentenza di annullabilità non pregiudica i terzi purchè abbiano acquistato i diritti a titolo oneroso e non gratuito, erano all’oscuro della causa di invalidità e quindi in buona fede, e che non fossero incapaci legalmente.
48. Rescindibilità. La rescissione è una forma di scioglimento del contratto ben diversa dall’invalidità e dalla risoluzione: a differenza dell’invalidità, la rescissione non riguarda la struttura e gli elementi del contratto, a differenza della risoluzione, la rescissione riguarda un vizio genetico sorto al momento della conclusione del contratto derivante da uno squilibrio economico originario, mentre la risoluzione deriva da una difetto sopravvenuto dopo la conclusione del contratto.
Di regola le parti sono libere di determinare il contenuto del contratto, ma, in ipotesi ben definite e per motivi di interesse generale o di determinati soggetti, l’ordinamento può imporre le proprie leggi e quindi limitare l’autonomia contrattuale; è l’esempio della rescissione del contratto quando vi sono squilibri delle condizioni che dipendono dallo stato di pericolo e di bisogno di una parte e dell’approfittamento dell’altra.
È rescindibile il contratto concluso in stato di pericolo, ossia quando un soggetto ha assunto obbligazioni a condizioni inique al fine di salvare sé stessi o altri (e non cose o beni) dal pericolo attuale di un danno grave alla persona.
Il requisito affinché il contratto concluso in stato di pericolo sia rescindibile è che il pericolo deve essere attuale e non semplicemente temuto, deve corrispondere a un danno grave alla persona e può essere causato anche volontariamente o per imprudenza.
Tale requisito è rimesso alla valutazione del giudice, il quale deve anche valutare l’iniquità della condizione; una volta che è stata pronunciata la rescissione, il giudice può anche assegnare un compenso alla parte che ha prestato l’opera.
Più frequenti sono i contratti conclusi in stato di bisogno; in questi casi il codice prevede una rescissione per lesione in quanto non è richiesta la presenza di situazioni gravi come per i contratti conclusi in stato di pericolo.
I requisiti sono:
• l’esistenza di uno squilibrio delle prestazioni; è necessario che la parte lesa abbia eseguito o promesso una prestazione che valga più del doppio di quella ottenuta come corrispettivo;
• lo stato di bisogno di una parte; esso non è paragonabile allo stato di necessità, ma comunque induce un soggetto ad accettare offerte svantaggiose;
• l’approfittamento dell’altra; affinché esso sussista non è richiesto necessariamente un comportamento attivo, ma basta anche un comportamento passivo, ossia la consapevolezza dell’iniquità delle prestazioni, dello stato di bisogno dell’altra parte e dell’ingiustificato vantaggio che si consegue;
se manca uno di questi requisiti, la rescissione non può operare.
Non possono essere rescissi i contratti aleatori, perché il valore di una delle prestazioni non è determinabile e di conseguenza non è determinabile nemmeno la lesione.
L’azione di rescissione spetta esclusivamente al contraente che ha stipulato in stato di bisogno o di pericolo; essa è soggetta a prescrizione con un termine breve di 1 anno ed è soggetta a prescrizione anche l’eccezione di rescissione.
Il contratto rescindibile non può essere convalidato, ma può essere modificato con riequilibrio delle prestazioni.
La sentenza che pronuncia la rescissione ha natura costitutiva ed elimina il contratto con efficacia retroattiva tra le parti, liberando dall’obbligo di adempimento e imponendo la restituzione di quanto già adempiuto.
Una particolare disciplina è prevista per la rescissione del contratto di divisione, dove non sono richiesti lo stato di bisogno e di approfittamento, e la lesione deve eccedere di un quarto.
g. Efficacia dei contratti.
49. Principio con sensualistico. Il contratto produce gli effetti grazie al consenso prestato dalle parti e con tale consenso le parti, quindi, possono creare, modificare ed estinguere rapporti giuridici.
Tuttavia nei contratti solenni il consenso non basta affinché il contratto produca gli effetti perché è richiesta la forma prevista dalla legge.
I contratti reali sono un’eccezione al principio con sensualistico perché gli effetti si producono non dopo il consenso, ma solo dopo la consegna della cosa.
I contratti possono avere effetto traslativo immediato o effetto traslativo differito.
L’effetto traslativo immediato è postulato dall’art. 1376 c.c. che afferma che la proprietà di una cosa determinata o un diritto reale si trasferiscono e si acquistano per effetto del consenso delle parti legittimamente manifestato.
Nei contratti ad effetto traslativo differito, il trasferimento non avviene dopo il consenso delle parti, ma solo dopo un evento successivo; esempio sono i contratti che hanno per oggetto il trasferimento di una cosa determinata solo nel genere.
50. Efficacia negoziale ed efficacia reale. Bisogna fare una distinzione tra gli atti con efficacia finale, cioè quegli atti i cui effetti sono predeterminati dalla legge e che le parti possono solo decidere se compierli o meno, e gli atti con efficacia negoziale, dove le parti possono incidere anche sugli effetti.
Tuttavia la libertà negoziale è meritevole di tutela solo se persegue una finalità socialmente e giuridicamente utile e questa valutazione è svolta dal sistema normativo.
Nella creazione di un contratto, l’autoregolamentazione può anche mancare, ciò che è costante è il potere di iniziativa e di impulso che muove le parti a porre in essere gli atti.
Con queste limitazioni dell’autonomia negoziale delle parti si è indotto a parlare di “morte del contratto” e tale principio si configura nell’intervento dello stato e del suo potere.
Difatti lo stato ha introdotto l’art. 1374 c.c. il quale afferma che il contratto obbliga le parti non solo al suo contenuto, ma anche a tutte le conseguenze che da esso derivano secondo legge o, in mancanza, secondo gli usi e le equità.
51. Il vincolo contrattuale. Il contratto vincola le parti a rispettare le regole che da esso provengono; da questo vincolo le parti possono liberarsi per mutuo dissenso o per le cause previste dalla legge.
Il mutuo dissenso è un nuovo atto di autonomia contrattuale che comporta non l’eliminazione del precedente contratto, ma il venir meno dell’effetto del precedente contratto per volontà delle parti.
Il mutuo dissenso opera solo per i contratti ad effetti obbligatori e per i contratti ad effetti reali con effetti non ancora prodotti cioè ad esempio sottoposti a condizione sospensiva, perché il mutuo dissenso opera per quei contratti i cui effetti non si sono ancora esauriti.
Il mutuo dissenso può avere forma scritta ad substantiam se essa è richiesta.
Il contratto, come sappiamo, vincola le parti ma è possibile che una di esse possa liberarsi da tale vincolo esercitando il diritto di recesso (ius poenitendi); questo potere può essere previsto dalla legge o dall’autonomia negoziale e può essere attribuito ad una o a tutte le parti.
Il diritto di recesso non agisce sul contratto, ma sui suoi effetti e quindi, come per il mutuo dissenso, è necessario che tali effetti non siano ancora esauriti.
Il diritto di recesso è negozio unilaterale recettizio: se previsto dalla legge, la comunicazione deve avvenire nei tempi predeterminati; se previsto dall’autonomia negoziale, la comunicazione deve avvenire nei tempi concordati dalle parti.
La comunicazione può avvenire con ogni mezzo ed è sempre possibile dimostrare che il destinatario ne era a conoscenza.
Di regola il recesso ha efficacia ex nunc (da adesso), ma le parti possono anche prevedere la retroattività.
Il recesso opera anche per i contratti a esecuzione continuata o periodica (contratto che obbliga una o entrambe le parti ad una prestazione continuativa o periodica nel tempo) anche se è avvenuto un inizio di esecuzione, in quanto il recesso non pregiudicherà la prestazione già eseguita o in corso di esecuzione; per i contratti a esecuzione istantanea (immediata) o a esecuzione differita, il recesso può operare solo se il contratto non ha avuto ancora un inizio di esecuzione.
Con il recesso può essere previsto un corrispettivo versato alla conclusione del contratto chiamato caparra penitenziale: se a recedere è chi ha versato la caparra, egli la perde; se a recedere è chi ha ricevuto la caparra, egli deve restituire il doppio di tale caparra.
A volte è prevista anche una multa penitenziale, ossia un corrispettivo che è versato dalla parte che volesse esercitare il diritto di recesso.
Diverso dal recesso è il recesso determinativo che integra i contratti privi del termine finale: infatti, la parte, comunicando il recesso, decide unilateralmente anche il termine non concordato precedentemente.
52. Rafforzamento del vincolo mediante clausola penale e caparra: rinvio. Gli effetti del contratto possono cessare solo se il contratto è annullato, rescisso o risolto, se le parti hanno inserito clausole che privano il contratto dell’efficacia al verificarsi di determinati eventi o se le parti hanno inserito un termine finale allo scadere del quale gli effetti del contratto cesseranno.
In caso di inadempimento o di ritardo nell’adempimento, il debitore è tenuto al risarcimento del danno, ma le parti, al fine di evitare che il debitore sia inadempiente o tardivo nell’adempimento, possono rafforzare il vincolo con la clausola penale.
La clausola penale è un patto accessorio che determina un risarcimento del danno in caso di inadempimento o di adempimento tardivo.
Le parti, comunque, in caso di inadempimento o di adempimento tardivo, possono convenire anche sulla costituzione del diritto di recesso, utilizzando l’istituto della caparra confirmatoria e della caparra penitenziale.
53. C.d. relatività degli effetti contrattuali. A differenza di quanto si pensa, il principio della relatività degli effetti non riguarda gli atti unilaterali che influenzano non solo la sfera giuridica dell’autore, ma anche quella dei terzi.
Il principio della relatività degli effetti postula che il contratto vincola le parti e soltanto eccezionalmente i terzi.
Tuttavia è stata avanzata una critica circa gli effetti verso i terzi: infatti, a riguardo degli atti unilaterali, anche se gli effetti prodotti verso i terzi sono positivi, l’ordinamento, al fine di tutelare le situazioni soggettive, subordina l’esecuzione degli effetti al consenso del destinatario.
Per quanto riguarda i contratti bilaterali, essi possono anche produrre effetti a volte in forma unilaterale e a volte gli effetti prodotti possono interessare anche i terzi.
Per quanto riguarda l’opponibilità, essa è utilizzata per risolvere conflitti tra più aventi causa e l’ordinamento dà preferenza a chi per primo ha non solo acquistato, ma ha anche reso l’acquisto conoscibile ai terzi.
54. Stipulazione a favore dei terzi. Nel contratto a favore di terzo, le parti si accordano affinché un altro soggetto (il terzo) acquisti il diritto contenuto nel contratto; quindi il terzo non assume obbligazioni, ma acquista solo diritti.
Il contratto a favore di terzo è valido solo se lo stipulante abbia un proprio interesse, anche di natura non patrimoniale, a procurare un beneficio ad un terzo.
Le parti di questo contratto sono:
• lo stipulante che è colui che contratta a favore di un terzo;
• il promettente che è colui che si obbliga verso lo stipulante ad eseguire la prestazione a favore di un terzo.
Un esempio del contratto a favore di terzo è quando il soggetto A vende un bene al soggetto B, il quale (soggetto B) si obbliga verso il soggetto A ad adempiere al soggetto C che è il terzo e che non è parte del contratto.
In questa forma di contratto non è richiesta l’accettazione del terzo, perché, nel caso il terzo non accetti, gli effetti del contratto si produrranno lo stesso a beneficio dello stipulante; nel caso, invece, che il terzo accetti, la sua dichiarazione di accettazione non serve a perfezionare il contratto, ma ad impedire la revoca da parte dello stipulante.
Nel caso la prestazione deve essere eseguita dopo la morte dello stipulante, la revoca può avvenire con il testamento anche se il terzo ha dichiarato di voler accettare il beneficio; tale diritto dello stipulante viene meno solo se egli (lo stipulante) vi abbia rinunziato per iscritto a tale potere di revoca.
L’oggetto dei contratti a favore di terzo può essere sia un diritto di credito che un diritto reale, perché, anche se i diritto reali comportano degli obblighi al terzo, egli è sempre libero di rifiutare.
Con l’accettazione del contratto, il terzo rende irrevocabile, da parte dello stipulante, l’acquisto della titolarità del diritto senza, però, subentrare nel rapporto contrattuale che, a differenza della cessione del contratto, continua ad interessare lo stipulante ed il promettente.
Il contratto a favore di terzo è un’eccezione al principio della relatività degli effetti, perché non è richiesta l’accettazione del terzo affinché si producano gli effetti; infatti, se il terzo non accetta la prestazione rimane a beneficio dello stipulante.
Il contratto a favore del terzo, rispetto al contratto con obbligazioni a carico del solo proponente, ha delle differenze e delle affinità:
• l’affinità è che in entrambi i contratti è riconosciuto all’oblato (chi riceve l’offerta) il potere di accettare o meno, e l’accettazione nel contratto con obbligazioni a carico del solo proponente si configura nel non rifiuto;
• la differenza è che nel contratto con obbligazioni a carico del solo proponente lo stipulante si obbliga verso il beneficiario, e tale beneficiario può essere revocato o modificato fino a quando il terzo non abbia dichiarato di volerne profittare.
55. Scioglimento del vincolo contrattuale: rinvio. L’art 1372 afferma che il contratto vincola le parti e riconosce alle stesse il potere di scioglierlo per mutuo consenso.
Altre ipotesi di scioglimento del contratto sono il recesso, la rescissione e la risoluzione.
56. Differimento ed eliminazione dell’efficacia. Il contratto, di regola, produce gli effetti dal momento nel quale è stato concluso; tuttavia le parti possono disporre clausole che subordinano gli effetti al verificarsi di un determinato evento, oppure stabiliscono un termine di decorrenza, oppure possono stabilire che gli effetti durino solo per un determinato periodo.
Da qui la definizione di termine, evento futuro ma certo e di condizione, evento futuro ma incerto.
La condizione e il termine non possono essere apposti ai negozi puri (non tollerano condizioni), perché i loro effetti sfuggono alla disponibilità dei terzi; esempio di negozio puro è l’accettazione o la rinunzia dell’eredità e l’atto di matrimonio.
57. Condizione. La condizione è un evento futuro e incerto, e può essere sospensivo o risolutivo:
• la condizione sospensiva si ha quando le parti subordinano l’efficacia degli effetti del contratto al verificarsi della condizione;
• la condizione risolutiva si ha quando le parti subordinano l’eliminazione degli effetti del contratto al verificarsi della condizione.
La condizione può essere apposta sia ai contratti ad effetti reali, sia a quelli ad effetti obbligatori.
Il periodo che va dalla conclusione del contratto al verificarsi dell’evento è chiamato periodo di pendenza della condizione e in questo periodo il contratto non è privo di effetti, in quanto la parte interessata può disporre di tale contratto, ma resta il fatto che gli effetti si verificheranno solo dopo l’avveramento della condizione.
L’art 1359 c.c. (finzione d’avveramento) afferma che la condizione si considera avverata anche quando non si è verificata per causa imputabile alla parte che aveva interesse affinché non si avverasse la condizione.
La ratio di tale principio è quella di vietare alle parti di influenzare sia positivamente che negativamente l’avveramento della condizione.
Le parti, utilizzando la condizione, danno rilevanza ad interessi soggettivi normalmente irrilevanti, ma che in questo caso decidono la produzione o no degli effetti del contratto.
La presupposizione è una causa di risoluzione del contratto e si presenta come un evento non dichiarato dalle parti nel contratto, ma considerato dalle stesse come evento necessario affinché il contratto produca gli effetti; un esempio è quando un soggetto A prende in affitto dal soggetto B una finestra per osservare una manifestazione; nel contratto gli effetti non sono subordinati al verificarsi della manifestazione, ma nel caso essa non si svolge, il soggetto B (locatore) non sarebbe in buona fede se chiedesse al soggetto A il corrispettivo.
L’istituto della presupposizione può riguardare sia eventi futuri, sia presenti o passati; essa non è prevista dalla legge, ma è molto usata dalla giurisprudenza.
La condizione deve riguardare un interesse meritevole di tutela (giuridicamente e socialmente utile): la condizione se interessa una sola parte, cioè quella che ne trae vantaggio, si chiama condizione unilaterale, se interessa entrambe le parti si chiama condizione bilaterale.
La condizione deve avere come oggetto un evento:
• possibile, cioè realizzabile;
• lecito, cioè non contrario a norme imperative, all’ordine pubblico, e al buon costume;
in caso di condizione illecita, il contratto è nullo, mentre in caso di condizione impossibile, se la condizione era sospensiva il contratto è nullo, se la condizione era risolutiva si considera la condizione come non apposta.
Questo problema di distinzione tra condizione impossibile o illecita non si ha nel testamento perché la condizione viene considerata non apposta.
È nullo il contratto con condizione sospensiva meramente potestativa, perché essa dipende dall’arbitrio di una delle parti: esempio “Ti vendo la mia casa si deciderò di venderla”;
la ragione della nullità sta nel fatto che non c’è la volontà di vendere un diritto o di assumere un’obbligazione da una parte, mentre l’altra resta in balìa dell’arbitrio del suo contraente.
A differenza del contratto con condizione sospensiva meramente potestativa, il contratto con condizione risolutiva meramente potestativa è ammissibile e un esempio calzante è la facoltà di recedere.
La condizione può essere:
• casuale, se dipende dal caso;
• potestativa, se dipende da una delle parti;
• mista, se dipende dall’unione di quella casuale e quella potestativa.
La condizione volontaria è retroattiva, salvo la diversa volontà delle parti o per la natura del rapporto.
Per quanto riguarda la retroattività della condizione sospensiva, essa consiste nel fatto che gli effetti si considerano prodotti non dal giorno in cui si è verificata la condizione, ma dal giorno della conclusione del contratto.
Per quanto riguarda la retroattività della condizione risolutiva, essa consiste nel fatto che gli effetti si presumono eliminati non dal giorno in cui si verifica la condizione, ma dal giorno della conclusione del contratto; tuttavia per i contratti ad esecuzione continuata o periodica con condizione risolutiva, la condizione non ha efficacia retroattiva, cioè non colpisce e pregiudica le prestazioni già eseguite.
Oltre alla condizione volontaria abbiamo anche la condizione legale quando è la legge a subordinare l’efficacia del contratto al verificarsi di un evento futuro e incerto; essa non ha effetto retroattivo.
58. Termine di efficacia e termine di adempimento. Il termine di efficacia è il momento a partire dal quale (termine iniziale) o entro il quale (termine finale) il contratto produce gli effetti; il termine non ha efficacia retroattiva, perché gli effetti si verificano o cessano al momento della sua scadenza.
Il termine può consistere sia in una data che in un evento certo e futuro; tuttavia è anche possibile che il termine conviva con la condizione.
Ci sono delle similitudini e delle differenze con la condizione:
• la similitudine è che entrambi hanno la funzione di circoscrivere l’efficacia temporale;
• la prima differenza è che il termine, al contrario della condizione, non rende incerta la produzione degli effetti, perché esso (il termine) consiste in un fatto futuro ma certo; altra differenza è che la condizione può essere apposta ai contratti con effetti sia reali che obbligatori, mentre il termine non è opponibile ai contratti ad effetti reali, salvo diversa disposizione legale, perché è impensabile che un contratto traslativo di proprietà sia soggetto a termine iniziale o finale dando vita alla c.d. proprietà temporanea.
Accanto al termine di efficacia vi è il termine di adempimento che è il momento a partire dal quale (termine iniziale) o entro il quale (termine finale) il debitore può o deve adempiere.
59. Requisiti legali di efficacia. Fino adesso abbiamo trattato la condizione volontaria; ora parliamo della condizione legale.
La condizione legale si ha quando la legge subordina gli effetti del contratto al verificarsi di effetti futuri e incerti; un esempio è il contratto concluso dal falsus procuràtor che produce gli effetti per il dominus solo se quest’ultimo (dominus) lo ha ratificato.
La condizione legale, come quella volontaria, può incidere sull’efficacia del negozio senza però pregiudicare gli effetti preliminari rispetto a quelli finali.
Una differenza tra la condizione legale e quella volontaria è che nei casi di condizione volontaria i privati possono incidere nei limiti sull’efficacia negoziale.
Tuttavia, per la condizione legale, manca una specifica disciplina e la dottrina è contraria ad applicare, per la condizione legale, la stessa disciplina della condizione volontaria, perché vi sono delle sostanziali differenze:
1. la condizione legale, non è necessariamente retroattiva, ma, appunto perché manca una specifica disciplina, si considera retroattiva.
2. non è estendibile alla condizione legale la norma della finzione di avveramento (art 1359 c.c. , vedi paragrafo 57 “la condizione”), perché il verificarsi dell’evento, di regola, non dipende da chi è parte del negozio.
Alla condizione legale sono invece utilizzate le stesse norme applicate a tutela di chi acquista un diritto sottoposto a condizione volontaria.
60. Interpretazione. Il contratto è soggetto ad interpretazione, che è trattata dagli art. 1362 ss.
L’art. 1362 c.c. afferma che nell’interpretare un contratto si deve indagare la comune intenzione delle parti e non limitarsi al senso letterale delle parole.
L’interpretazione, quindi, al pari di una prova, deve verificare la comune intenzione; tale valutazione è fatta tenendo conto non solo della comune intenzione attuale, ma anche di quella anteriore e posteriore alla conclusione del contratto.
La dottrina associa l’interpretazione alla qualificazione che è rivolta all’accertamento della veste giuridica adeguata.
L’art 1362² c.c. afferma che l’interpretazione deve tener conto non solo del senso letterale delle parole, ma anche di altri dati e di elementi del fatto.
Altro criterio d’interpretazione, c.d. criterio della totalità, è postulato dall’art. 1363 c.c. il quale afferma che le clausole del contratto non devono essere valutate isolatamente, ma devono essere valutate nell’insieme del contratto.
Alle norme d’interpretazione soggettiva finora analizzate, possiamo affiancare, le norme di interpretazione oggettiva, le quali sono legate alla struttura e alla funzione del contratto, e alle tecniche di contrattazione impiegate; tra queste norme vanno ricordate:
• l’art. 1369 c.c. dove in presenza di espressioni con più sensi, esse devono essere intese nel senso più adeguato e conveniente alla natura e all’oggetto del contratto;
• l’art. 1367 c.c. dove nel dubbio, il contratto o le singole clausole devono essere interpretate nel senso in cui possono avere qualche effetto e non nel senso in cui non avrebbero effetti;
• l’art. 1368 c.c. dove le clausole ambigue s’interpretano secondo gli usi che si praticano nel luogo dove è stato concluso il contratto;
• l’art. 1370 c.c. dove le clausole delle condizioni generali di contratto nel dubbio s’interpretano contro l’autore della clausola;
• l’art. 1371 c.c. dove nel momento in cui il contratto rimane dubbio anche dopo tali criteri d’interpretazione, esso è interpretato secondo sia a titolo oneroso o gratuito:
o se è a titolo oneroso, il contratto è interpretato al fine di contemperare gli interessi delle parti;
o se è a titolo gratuito, il contratto è interpretato nel senso meno gravoso per il contraente obbligato.
Un altro criterio utilizzato nell’interpretazione del contratto è dettato dall’art. 1366 c.c. il quale afferma che il contratto deve essere interpretato secondo buona fede; questo criterio è utilizzato per risolvere i problemi riguardanti la lealtà e la correttezza delle parti anche se tale lealtà e correttezza dovrebbero essere una prerogativa della conclusione del contratto.
La giurisprudenza considera tali criteri d’interpretazione del contratto ordinati secondo una scala gerarchica dove al vertice troviamo i criteri d’interpretazione soggettiva e in seguito i criteri d’interpretazione oggettiva.
61. Integrazione. L’art. 1374 c.c. afferma che le parti sono obbligate non solo al contenuto del contratto, ma anche a tutte le conseguenze che ne derivano secondo la legge o, in mancanza, secondo usi ed equità; tale articolo è molto simile all’art. 1124 del codice civile del 1865 che però era annoverato tra le regole sulla interpretazione.
L’integrazione si basa sul presupposto che le parti non regolano ogni aspetto del contratto, ma solo quelli essenziali; in questi casi entra in funzione la legge che dispone un complesso di regole, frutto di una lunga esperienza, che integrano i punti che le parti non hanno voluto o potuto disciplinare.
Tali regole sono chiamate norme suppletive o dispositive, perché colmano le lacune del regolamento contrattuale e disciplinano determinati rapporti; esse, tuttavia, non sono imperative e quindi derogabili dalle parti che possono disporre diversamente.
La legge può intervenire con più incisione sul contratto dettando norme interpretative, con le quali dispone l’inserimento automatico di clausole, anche in sostituzione di quelle contrarie apposte dalle parti; la ratio di tali norme è quella di realizzare l’interesse generale o di determinate categorie anche contro la volontà delle parti.
Un esempio classico sono i prezzi imposti finalizzati alla realizzazione di interessi generali; nel caso tali prezzi non sono rispettati vi è un’automatica riduzione del prezzo.
Dall’intervento della legge sul regolamento contrattuale, mediante le norme interpretative, emerge una nuova nozione di contratto: esso non è più visto come la realizzazione di interessi individuali, ma come realizzazione di interessi generali o di categorie deboli.
Tuttavia, per salvaguardare l’autonomia contrattuale, si è affermato che l’intervento integrativo, in questi casi, opera non sul contenuto, ma sugli effetti: quindi si distingue l’integrazione sul contenuto (art. 1339-1340 c.c.) dall’integrazione sugli effetti (art. 1374 c.c.).
L’art. 1374 afferma che l’integrazione può avvenire non solo secondo la legge, ma anche mediante gli usi: la dottrina afferma che l’art. 1374 c.c. fa riferimento agli usi normativi e l’art. 1340 c.c. fa riferimento agli usi negoziali o contrattuali.
La differenza fra usi normativi e usi negoziali o contrattuali è che: gli usi negoziali o contrattuali fanno riferimento alle pattuizioni in uso in una certa zona e prevalgono sugli usi normativi che, invece, riguardano le consuetudini; altra differenza è che gli usi normativi possono essere provati con qualsiasi mezzo e sono rilevati d’ufficio dal giudice, mentre gli usi contrattuali o negoziali possono essere rilevati solo con i mezzi previsti per la prova dei contratti.
L’art. 1374 c.c. , oltre agli usi, richiama anche l’equità che è operata dal giudice: l’equità integrativa, agisce solo in via sussidiaria su aspetti del contratto non regolati dalle parti e che non sono disciplinati dalla legge.
L’art 1375 introduce come altro strumento integrativo del contratto la buona fede che ha, logicamente, carattere inderogabile ed opera nel momento esecutivo del rapporto; essa consiste in una serie di obblighi imposti alle parti come ad esempio l’obbligo di protezione, di sicurezza, di avviso.
h. Cessione dei contratti e subcontrattazione
62. Cessione del contratto. La cessione del contratto è l’effetto giuridico che si ricollega alla successione inter-vivos di un soggetto nella posizione contrattuale di uno dei contraenti originari: l’effetto giuridico si realizza con il subingresso del nuovo soggetto nel rapporto al posto della parte sostituita.
La cessione del contratto è ben diversa dalla cessione del credito, perché con la cessione del contratto si ha un trasferimento, non di singole situazioni, ma della totalità delle situazioni soggettive sia di carattere sostanziale (diritti potestativi, facoltà, ecc..) sia di carattere processuale (azioni di nullità, risoluzione).
Nella cessione del contratto il consenso del contraente ceduto risulta un elemento costitutivo ed essenziale: tale consenso può manifestarsi sia nello stesso momento dell’accordo, tra cedente e cessionario, sia successivamente all’accordo, sia preventivamente e in quest’ultimo caso l’efficacia della cessione è determinata dalla notificazione al ceduto dell’accordo.
Anche se l’interesse del contraente ceduto è essenziale, affinché avvenga la cessione, tale interesse non fa parte di nessuno degli schemi negoziali tra cedente e cessionario.
Nella cessione del contratto si configurano due strutture negoziali:
1. una prima struttura che riguarda il rapporto fra cedente e ceduto;
2. una seconda struttura che riguarda il rapporto fra cedente e cessionario.
63. Presupposti, oggetto ed effetti della cessione del contratto. Affinché si realizzi la cessione del contratto è necessario che ciò che è ceduto, ossia la totalità delle situazioni, resti immutato; tuttavia, può accadere che, a cessione avvenuta, il cessionario e il ceduto possano accordarsi per modificare il contenuto del contratto.
L’art. 1406 c.c. afferma che sono cedibili solo i contratti con prestazioni corrispettive non ancora eseguite; tuttavia non è del tutto esclusa l’operatività della cessione del contratto per i contratti unilaterali o per i contratti con prestazioni già eseguite ex uno latere.
Per quanto riguarda la cessione di contratti ad effetti reali bisogna verificare se questa cessione sia sufficiente per produrre l’effetto traslativo della titolarità del diritto oppure è necessario, dopo la cessione, un successivo negozio traslativo integrativo.
La cessione del contratto è ammissibile nei limiti della natura del contratto; per esempio non è esclusa del tutto la possibilità di cedere un contratto caratterizzato dell’intutitu personae.
La disciplina della cessione del contratto è completata dagli articoli 1408-1409-1410 c.c. :
• l’art. 1408 c.c. afferma che il cedente è liberato dalla sua obbligazione verso il ceduto solo nel momento in cui la cessione è divenuta efficace; tuttavia il ceduto, se non ha liberato il cedente, può agire contro di lui (cedente), nel caso il cessionario sia inadempiente (differenza con l’accollo: il cedente-accollato non è liberato, ma è condebitore);
• l’art. 1409 c.c. disciplina il rapporto fra ceduto e cessionario: l’articolo afferma che il ceduto può opporre al cessionario tutte le eccezioni derivanti dal contratto e non le eccezioni derivanti da altri rapporti col cedente, salvo che il ceduto ne abbia fatto espressa riserva al momento in cui ha accettato la cessione;
• l’art 1410 c.c. disciplina il rapporto tra cedente e cessionario: l’articolo afferma che il cedente è tenuto a garantire la validità del contratto e, nel caso egli (cedente) si assume la garanzia dell’adempimento del contratto ceduto al cessionario, il cedente risponde come fideiussore per le obbligazioni (non adempiute) del ceduto.
64. Subcontratto e divieti di subcontrarre. Il subcontratto, a differenza della cessione del contratto, è caratterizzato dalla dipendenza e dalla derivazione dello stesso subcontratto al contratto principale; infatti nella sublocazione (art. 1594 c.c.) non vi è successione del terzo nella posizione contrattuale di una delle parti originarie: il rapporto di locazione principale e originario perdura tra le parti.
Nella sublocazione si definiscono la figura del subconduttore, che è colui che acquista in sublocazione una posizione giuridica derivante dal sublocatore: si configura quindi un contratto di sublocazione che dipende dalla locazione principale.
La sublocazione può essere esclusa preventivamente da un patto che le parti appongono al contratto di locazione principale.
Tuttavia, è richiesto, nella sublocazione di locazioni urbane, il consenso autorizzativo del locatore all’adempimento della sublocazione e questo consenso deroga i divieti di subcontrattazione.
In riguardo alla sublocazione bisogna fare una differenza tra le locazione abitative e quelle non abitative; per quelle abitative bisogna fare un’ulteriore distinzione:
• sublocazione totale: il consenso del locatore è funzionale ad una cessione di contratto ed esclude l’utilizzo abitativo del sublocatore;
• sublocazione parziale: il consenso del locatore non esclude l’esigenza abitativa del primo conduttore (sublocatore) che ha l’onere di comunicazione.
Secondo una disposizione, il consenso del locatore è necessario solo se la sublocazione non è attuata nello stesso momento della locazione o della cessione dell’azienda.
i. Esecuzione dei contratti
65. Buonafede nell’esecuzione dei contratti. L’art 1375 postula che il contratto deve essere eseguito secondo buona fede; la buona fede è una regola-principio che disciplina il comportamento esatto ed adeguato delle parti. Essa è utilizzata anche per valutare l’esatto adempimento, è utilizzata per escludere l’inadempimento di una parte, se l’altra parte ha avuto un comportamento non previsto dal contratto, ecc…
In conclusione, la buona fede esprime l’esigenza di valutare e misurare gli interessi coinvolti nell’esecuzione del contratto e tale dichiarazione è fatta secondo principi fondamentali identificati, appunto dalla buona fede.
66. Risoluzione. Risoluzione, dal latino solvère, significa scioglimento; la risoluzione quindi scioglie il contratto e fa venir meno gli effetti e il vincolo da esso (contratto) prodotti.
A differenza dell’invalidità, che opera in presenza di difetti originari e che elimina il contratto dall’inizio come se non fosse mai esistito, la risoluzione opera in casi di difetti sopravvenuti dopo la conclusione del contratto e tali difetti non toccano l’atto, ma il rapporto contrattuale.
Di conseguenza, gli effetti prodotti dal contratto fino al momento della risoluzione non sono privi di causa.
Quindi l’efficacia retroattiva della risoluzione vale solo tra le parti (salvo per i contratti a esecuzione continuata o periodica) e non nei confronti dei terzi (art. 1458 c.c.); difatti se un terzo ha acquistato un diritto da una delle parti del contratto che poi è stato risolto, tale risoluzione non pregiudica la sua (del terzo) situazione.
La risoluzione non è l’unico modo affinché operi lo scioglimento del contratto: difatti abbiamo il mutuo dissenso, il recesso unilaterale e la condizione risolutiva.
La risoluzione opera quando vi è un difetto sopravvenuto che incide sul rapporto contrattuale e che comporta un’alterazione del legame sinallagmatico tra le prestazioni corrispettive (rapporto sinallagmatico = la prestazione di una parte ha la sua giustificazione nella controprestazione dell’altra).
Le tre ipotesi di risoluzione disciplinate dalla legge sono:
a) per inadempimento;
b) per impossibilità sopravvenuta;
c) per eccessiva onerosità.
A) Risoluzione per inadempimento (art. 1453 ss c.c.). In caso di inadempimento di una parte, l’altra ha la facoltà di scegliere tra la domanda di adempimento e la risoluzione. Se permane un interesse ad un adempimento anche tardivo, essa può chiedere la condanna della controparte ad eseguire la prestazione non ancora adempiuta (domanda di adempimento); se, invece, non ha un interesse ad un adempimento tardivo, essa può chiedere la risoluzione del contratto: perde il diritto a ricevere la prestazione, ma, comunque, non deve più eseguire la sua e, nel caso l’avesse già eseguita, può richiedere la restituzione.
Se la parte non inadempiente sceglie l’adempimento tardivo, può sempre chiedere successivamente la risoluzione del contratto; non è possibile il viceversa perché la parte inadempiente non può essere pregiudicata ulteriormente.
La parte inadempiente non può bloccare la risoluzione del contratto con un’esecuzione tardiva, salvo nel caso in cui la parte non inadempiente accetta l’adempimento tardivo e rinuncia alla risoluzione.
La parte non inadempiente può chiedere il risarcimento del danno che è misurato in risarcimento aggiuntivo, se ha chiesto l’adempimento tardivo, oppure è misurato in risarcimento sostitutivo della prestazione, se ha chiesto la risoluzione.
La risoluzione per inadempimento è meglio qualificata come risoluzione giudiziale, in quanto, su domanda della parte, essa è pronunziata dal giudice con sentenza costituiva; la risoluzione, essendo un rimedio estremo, per essere chiesta è necessario che l’inadempimento non abbia scarsa importanza ma, anzi, notevole importanza.
La valutazione della gravità dell’inadempimento è rimessa al giudice, salvo previsione legale; il giudice può anche accertare se l’inadempimento è imputabile o non alla parte inadempiente.
La risoluzione di diritto consiste nel fatto che in alcuni casi la risoluzione opera automaticamente senza la necessità della sentenza del giudice; questi casi sono:
1) diffida ad adempiere;
2) clausola risolutiva espressa;
3) scadenza del termine essenziale.
1) Diffida ad adempiere (art. 1454 c.c.). Affinché possa operare l’adempimento tardivo dell’inadempiente senza ricorrere all’azione giudiziale, la parte non inadempiente può intimare per iscritto all’altra parte inadempiente ad adempiere entro un adeguato termine che, di regola, è di 15 giorni; se entro tale termine la parte inadempiente non adempie, il contratto si ritiene risolto di diritto senza la necessità dell’intervento del giudice. Tale avvertimento, ossia che alla scadenza del termine il contratto si ritiene risolto, deve essere espressamente dichiarato dalla parte non inadempiente, altrimenti l’intimazione vale solo come costituzione in mora.
2) Clausola risolutiva espressa (art. 1456 c.c.). I contraenti possono concordare espressamente che il contratto si risolve nel caso una determinata obbligazione non sia adempiuta secondo le modalità stabilite; in questo caso la risoluzione si verifica di diritto, cioè senza l’intervento del giudice, quando la parte interessata dichiara all’altro di volersi avvalere della clausola risolutiva. Affinché la clausola risolutiva espressa sia efficace non è richiesto che l’inadempimento sia di grande importanza, ma è necessario che le parti abbiano indicato esplicitamente le obbligazioni su cui agisce tale clausola.
3) Scadenza del termine essenziale (art. 1457 c.c.). Il contratto si ritiene risolto senza bisogno di alcuna dichiarazione quando una parte non adempie in un termine essenziale stabilito nell’interesse dell’altra parte; tuttavia, nel caso la parte non inadempiente abbia un interesse a ricevere un adempimento anche tardivo, essa può esigere la prestazione rinunziando alla risoluzione dando notizia di tale decisione all’altra parte entro 3 giorni dalla scadenza del termine. È stato scelto questo termine breve di 3 giorni per non lasciare la parte inadempiente in un lungo stato di incertezza. Il termine è riconosciuto essenziale quando la parte non inadempiente non ha nessun interesse a ricevere un adempimento tardivo; il termine essenziale può derivare o dalla natura della prestazione o dal contratto o dalla volontà dei contraenti.
La risoluzione di diritto non esclude tassativamente l’intervento del giudice, il quale può essere chiamato a risolvere controversie circa la risoluzione: la sua sentenza è dichiarativa e non costitutiva, in quanto accerta solo la validità della risoluzione. Nel caso il giudice accerti che la contestazione contro la parte che si è avvalsa della risoluzione sia fondata, questa parte (che si è avvalsa della risoluzione) è condannata a risarcire il danno per aver impedito e non accettato la prestazione dell’altra parte.
Nel caso di un contratto plurilaterale, l’inadempimento di una delle parti non provoca la risoluzione, salvo nel caso in cui tale prestazione era da considerarsi essenziale (art. 1459 c.c.).
L’eccezione di inadempimento e la sospensione dell’esecuzione sono strumenti di autotutela:
● l’eccezione di inadempimento (art. 1460 c.c.) riguarda i contratti con prestazioni corrispettive: le parti oltre a tenere un comportamento attivo (agendo per l’adempimento) possono tenere un comportamento passivo e di attesa rifiutandosi di adempiere laprestazione nel caso in cui l’altra parte non adempie o non offre di adempiere la controprestazione contemporaneamente, salvo nei casi in cui sono previsti dalla parti o dalla natura del contratto termini diversi per l’adempimento. Un rifiuto illegittimo è contrario alla buona fede.
● la sospensione dell’esecuzione (art. 1461 c.c.): ciascun contraente può sospendere l’esecuzione della prestazione da lui dovuta se le condizioni patrimoniali dell’altra fanno sorgere pericoli pere il conseguimento della controprestazione; tuttavia, se sono offerte idonee garanzie, la sospensione non ha più giustificazione.
Le parti, affinché non sia impedita o ritardata l’esecuzione delle prestazioni, possono accordarsi per apporre al contratto la c.d. clausola solve et repete (art. 1462 c.c.) (prima paghi e poi chiedi la restituzione), la quale impedisce a una delle parti di opporre le eccezioni; tuttavia tale clausola è inefficacie per l’eccezione di nullità, di annullabilità e di rescissione. Il giudice in presenza di gravi motivi può sospendere la condanna all’adempimento imponendo una cauzione.
B) Risoluzione per impossibilità sopravvenuta (art. 1463 ss c.c.). L’impossibilità sopravvenuta per causa non imputabile al debitore provoca l’estinzione del contratto: se il contratto ha per oggetto prestazioni corrispettive legate da un vincolo sinallagmatico, esso (contratto) è ritenuto risolto.
La parte liberata dall’adempimento per impossibilità sopravvenuta della propria prestazione non può chiedere la controprestazione e, nel caso avesse già ricevuto la controprestazione, egli deve restituirla.
La risoluzione opera di diritto ma può essere richiesta anche una sentenza dichiarativa del giudice che accerta la validità de4lla risoluzione. Se l’impossibilità è imputabile al debitore, agiscono le norme della risoluzione per inadempimento.
L’art. 1465 c.c. dispone che nei contratti traslativi o costitutivi di diritti reali, l’acquirente non è liberato dall’obbligo di eseguire la controprestazione se la cosa è perita per causa non imputabile all’alienante, anche se non gli (all’acquirente) è stata consegnata la cosa; se l’oggetto del trasferimento è una cosa determinata solo nel genere, l’acquirente non è liberato dall’obbligo di eseguire la controprestazione se l’alienante gli ha consegnato la cosa o se la cosa è stata individuata. Tuttavia l’acquirente è liberato dall’eseguire la controprestazione se il trasferimento era sottoposto a condizione sospensiva e se l’impossibilità sopravvenuta si è verificata prima che si verifichi la condizione; la ratio di tale articolo basa sul fondamento che i contratti traslativi o costitutivi di diritti reali producono gli effetti già dal momento del consenso.
L’ art. 1464 c.c. dispone che nel caso la prestazione di una parte è divenuta parzialmente impossibile, l’altra parte può o eseguire una controprestazione ridotta proporzionalmente oppure può richiedere la risoluzione del contratto non avendo interesse ad un adempimento parziale; anche l’impossibilità temporanea può comportare la risoluzione del contratto.
C) Risoluzione per eccessiva onerosità (art. 1467 ss c.c.). Essa opera per i contratti a esecuzione o continuata o periodica o differita: la risoluzione per eccessiva onerosità si ha quando a causa di eventi eccezionali ed imprevedibili verificatasi nel momento che va dalla conclusione all’esecuzione del contratto una prestazione diventa eccessivamente onerosa rispetto all’altra creando uno squilibrio. La parte che deve eseguire la prestazione divenuta eccessivamente onerosa può richiedere la risoluzione del contratto.
La differenza tra rescissione e risoluzione è che lo squilibrio della rescissione è presente già al momento della conclusione del contratto, mentre quello della risoluzione è generato da un evento eccezionale ed imprevedibile.
Affinché possa operare la risoluzione è necessario che:
● l’onerosità di una prestazione sia realmente eccessiva e non insignificante: la valutazione logicamente è rimessa al giudice;
● l’eccessiva onerosità non rientri nella casualità-rischio del contratto;
● l’eccessiva onerosità deve verificarsi nel momento che va dalla conclusione all’esecuzione del contratto;
● l’eccessiva onerosità deve essere causata da avvenimento straordinari ed imprevedibili, cioè non realizzabili dalla capacità dell’uomo.
La parte contro la quale è domandata la risoluzione del contratto può, tuttavia, evitarla offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto.
Nel caso di obbligazioni a carico di una sola parte, questa può richiedere una riduzione della sua prestazione o una modifica delle modalità di esecuzione.
L’eccessiva onerosità richiede l’intervento del giudice, il quale valuta i vari parametri e decide quali devono essere le riduzione o le modifiche: quindi per l’eccessiva onerosità non opera una risoluzione di diritto.
L’eccessiva onerosità non agisce per i contratti aleatori, perché il rischio di uno squilibrio delle prestazioni è una sua caratteristica genetica.
La risoluzione del contratto scioglie il rapporto contrattuale e provoca la cessazione degli effetti; essa è retroattiva tra le parti, ma tale retroattività non vale nei confronti con i terzi.
La retroattività trova un limite per i contratti a esecuzione continuata o periodica, perché essa non pregiudica le prestazioni già eseguite.
l. Strumenti dell’autonomia negoziale: profilo sistematico.
67. Principali classificazioni dei negozi e dei contratti. Gli atti di autonomia negoziale sono ordinati in categorie e tale suddivisione è fatta non per una mera finalità teorica ma per una finalità pratica, perché gli atti facenti parte ad una stessa categoria sono assoggettati tutti a specifiche norme e questo fatto rende più facile al giudice la risoluzione delle controversie.
Le categorie si dividono:
● per gratuità ed onerosità; la distinzione tra atti a titolo gratuito e quelli a titolo oneroso fonda sulla diversa tutela che è offerta al terzo, fonda sui limiti di responsabilità e di garanzia delle parti, ecc…
● per numero delle parti; la distinzione è fatta tra i negozi unilaterali , bilaterali e plurilaterali;
● per qualità delle parti; la distinzione è fatta in base alle qualità e all’identità delle parti;
● per natura delle parti; la distinzione è fatta tra gli atti tra privati e quelli conclusi con la Pubblica Amministrazione (P.A.);
● per tecniche di formazione; i negozi si distinguono in consensuali, dove si perfezionano con il semplice consenso, e in reali, che richiedono per il perfezionamento oltre al consenso anche la consegna;
● per attribuzioni patrimoniali; la differenza è fatta tra i contratti unilaterali (contratti con prestazione a carico di una sola parte), dove vi è onerosità solo per la parte a cui la prestazione è a carico, e i contratti corrispettivi, caratterizzati dalla corrispettività ossia dall’equivalenza economica delle prestazioni e dal sinallagma, ossia dal nesso funzionale ed essenziale delle prestazioni;
● per i contratti commutativi e aleatori; la distinzione è fatta tra i contratti commutativi, i quali non dipendono da fattori casuali, e i contratti aleatori, dove è il caso a decidere il vantaggio o lo svantaggio delle parti nel contratto (es: assicurazione);
● per forma; la distinzione è fatta tra i contratti a forma liberi e i contratti formali o solenni, dove è la legge o la convenzione a dettare le forme da utilizzare;
● per efficacia; una prima distinzione è fatta tra i negozi unilaterali recettizi, dove l’atto deve essere ricevuto dal destinatario (es: disdetta del contratto di assicurazione), e i negozi unilaterali non recettizi, dove l’atto non deve essere ricevuto dal destinatario; altra distinzione circa l’efficacia è fatta tra i negozi a effetti reali o traslativi, che producono il trasferimento della proprietà o di un diritto, e i negozi a effetti obbligatori, che comportano la nascita di un rapporto obbligatorio; l’ultima differenza è fatta tra i negozi ad efficacia originaria, che producono immediatamente i loro effetti, e i negozi ad efficacia sospesa o condizionata o a termine, dove gli effetti sono sottoposti a sospensione o a condizione o a termine;
● per esecuzione; la distinzione è fatta tra gli atti negoziali ad esecuzione istantanea, dove l’esecuzione si risolve in tempi brevi, e gli atti negoziali ad esecuzione continuata o periodica, dove l’esecuzione si protrae nel tempo.
C. Singoli Contratti.
77. Premessa. Esistono moltissimi tipi di contratti, ciascuno dotato di un peculiare regolamento; bisogna fare la differenza tra contratti tipici e contratti atipici:
• per i contratti tipici è prevista dall’ordinamento una determinata e specifica disciplina;
• i contratti atipici, invece, sono rimessi all’espressione creativa dell’autoregolamentazione.
a. Contratti relativi al trasferimento di situazioni.
78. Compravendita. L’art. 1470 c.c. definisce la compravendita come “il contratto che ha per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa o il trasferimento di un altro diritto verso il corrispettivo di un prezzo”.
La compravendita realizza quindi un trasferimento di proprietà o di un altro diritto; essa, di regola, è ad effetti reali, cioè la proprietà o il diritto si trasmettono e si acquistano per “effetto del consenso legittimamente manifestato dalle parti”. È un contratto consensuale ad effetti reali.
Tuttavia, esistono situazioni che non permettono immediatamente il trasferimento della proprietà o del diritto: si parla di vendita con effetti obbligatori quando il contratto di compravendita genera a carico del venditore l’obbligo di fare acquistare la proprietà della cosa al compratore.
La vendita ad effetto obbligatorio si distingue dalla vendita con riserva di gradimento e dalla vendita con riserva di proprietà, perché in questi ultimi 2 casi non sorge l’obbligo per il venditore di fare acquistare la proprietà della cosa al compratore:
• nella vendita con riserva di gradimento, la vendita e il conseguente effetto traslativo si perfezionano con il gradimento del compratore;
• nella vendita con riserva di proprietà, la vendita e il conseguente effetto traslativo si perfezionano solo con il pagamento dell’ultima rata di prezzo del compratore.
Nella vendita alternativa (art. 1275 c.c.) il trasferimento dell’oggetto avviene solo quando tale oggetto sia stato scelto tra due o più oggetti alternativi.
Nella vendita di cose generiche (art. 1378 c.c.) il trasferimento avviene solo dopo la specificazione della quantità negoziata indipendentemente dalla consegna.
Nella vendita di cose future (art. 1472 c.c.) il trasferimento si realizza solo dopo che la cosa futura è venuta in esistenza; tale vendita è un contratto ad effetti tipici parzialmente sospesi e può produrre anche effetti preliminari oltre a quelli finali.
La vendita di cosa futura può avere sia una funzione commutativa che una funzione aleatoria:
• se assume una funzione commutativa, il compratore si assume il rischio, non della mancata realizzazione della speranza, ma solo delle normali variazioni che possono avvenire, cosicché, se la cosa non viene ad esistenza, il contratto è nullo;
• se assume una funzione aleatoria, il compratore si assume il rischio della speranza, cioè, anche se la cosa non è venuta ad esistenza, parzialmente o totalmente, egli ha l’obbligo di pagare il prezzo.
La vendita di cosa altrui produce l’obbligo per il venditore di acquistare la cosa dal proprietario per trasmetterla al compratore: la trasmissione della proprietà opera automaticamente nel momento in cui il venditore acquista il bene dal terzo
La vendita di cosa altrui si differenzia dal contratto preliminare, perché nel contratto preliminare la proprietà sosta prima nel patrimonio del venditore ed è necessaria una nuova dichiarazione di volontà del compratore.
Nella vendita di cosa altrui l’inadempimento del venditore comporta il risarcimento del danno; se il venditore inadempiente ha dichiarato propria l’altrui cosa, il compratore può richiedere oltre alla risoluzione del contratto anche il risarcimento del danno.
Nel caso di vendita di cosa parzialmente altrui il compratore può richiedere la risoluzione del contratto e il risarcimento del danno solo se non ha conseguito l’intera proprietà della cosa, altrimenti può ottenere solo una riduzione del prezzo.
L’art. 1465 c.c. dispone che con la titolarità del diritto si trasferiscono anche i rischi derivanti da perimento o deterioramento fortuito della cosa; tuttavia, tale regola è derogata qualora la vendita è sottoposta a condizione sospensiva e l’impossibilità sopravvenuta si verifichi prima della condizione. Regole particolari sono dettate per la vendita di cose viaggianti o da consegnare all’arrivo.
Un elemento essenziale della compravendita è il prezzo, inteso come corrispettivo in denaro: esso deve essere determinato o almeno determinabile. Esso può essere accordato dalle parti oppure da un terzo arbitratore: se manca tale arbitratore, il tribunale può nominare un nuovo arbitratore. Il prezzo è dichiarato indeterminato quando la determinazione del terzo è soggetta ad approvazione delle parti oppure quando tale determinazione è rimessa ad una delle parti. Appunto perché il prezzo è un elemento essenziale della compravendita, il codice detta una serie di criteri legali utilizzati dal giudice:
● criterio del prezzo imposto, nel caso si parli di compravendita di cose il cui prezzo è fissato dalle autorità;
● criterio del prezzo normalmente praticato dal venditore;
● criterio del prezzo di mercato o della quotazione di borsa.
Per quanto riguarda la forma e la pubblicità del contratto di compravendita, è richiesta la forma scritta a pena di nullità solo per la vendita di immobili e beni mobili registrati. Oggi è possibile trascrivere anche il contratto preliminare di compravendita e tale trascrizione ha solo un effetto prenotativo limitato nel tempo.
79. Segue. Gli obblighi del venditore. Il venditore ha una serie di obblighi da rispettare: obbligo inerente alla traslazione è quello di far acquistare al compratore la proprietà della cosa o del diritto; obbligo inerente all’acquisto del possesso è quello di consegnare il bene venduto al compratore.
Per quanto riguarda la consegna, la legge disciplina che la cosa deve essere consegnata nello stato nel quale era al momento della vendita con gli accessori, i frutti e i documenti; obbligo del venditore è quello di custodire la cosa fino al momento della consegna. La consegna deve avvenire nel luogo in cui la cosa si trovava al tempo della vendita oppure nel luogo dove il venditore ha domicilio oppure dove quest’ultimo (il venditore) ha impresa oppure, ancora, dallo spedizioniere o vettore.
Il venditore ha l’obbligo di garantire al compratore che la cosa non è viziata da evizione, ossia quando dopo la vendita un terzo rivendica con successo la proprietà della cosa e il compratore ne perde la proprietà. L’evizione può essere totale, minore o parziale.
In caso di evizione totale, se il terzo ancora non ha iniziato il giudizio, il compratore può sospendere il pagamento del prezzo; se il terzo ha rivendicato con successo la proprietà della cosa sottraendola al compratore, quest’ultimo (il compratore), salvo nel caso in cui la vendita è fatta a rischio e pericolo del compratore, può richiedere oltre alla risoluzione anche la restituzione del prezzo e il risarcimento del danno indipendentemente da dolo o colpa del venditore.
L’evizione è minore quando un terzo ha nei confronti della cosa diritti di godimento non apparenti e non dichiarati che diminuiscono il libero godimento del compratore: in questi casi, il compratore può richiedere o la risoluzione del contratto oppure una riduzione del prezzo con la possibilità di chiedere il risarcimento del danno.
L’evizione parziale si ha quando un terzo rivendica con successo la proprietà di una porzione del bene: anche in questo caso, il compratore può o risolvere il contratto o una chiedere una diminuzione del prezzo con risarcimento del danno.
Il compratore, convenuto in giudizio da un terzo che pretende di avere diritti sulla cosa venduta, ha l’obbligo di chiamare in causa il venditore; se non lo fa ed è condannato con sentenza passata in giudicato, egli (il compratore) perde il diritto alla garanzia se il venditore dimostra che esistono ragioni sufficienti per impedire l’evizione; il compratore perde lo stesso la garanzia se riconosce il diritto del terzo e non prova che non esistono ragioni sufficienti per impedire l’evizione.
Il venditore ha l’obbligo di garantire al compratore che la cosa non ha vizi occulti, cioè vizi materiali, e che non ha vizi redibitori, ossia che la cosa è viziata al punto tale da non essere idonea all’uso a cui è destinata. La garanzia non è dovuta quando i vizi occulti o erano a conoscenza del compratore o il compratore poteva riconoscerli con la normale diligenza, oppure quando il compratore ha alienato o trasformato la cosa.
Il compratore può fare denuncia di vizi entro 8 giorni pena la decadenza: il termine di decadenza decorre dal giorno della consegna se si tratta di vizi apparenti, decorre dal giorno della scoperta se si tratta di vizi occulti. Tale denuncia non è necessaria quando il venditore abbia riconosciuto il vizio o l’abbia occultato.
L’azione di denuncia si prescrive entro 1 anno dalla consegna.
Il compratore, in sede di giudizio, può scegliere o l’azione redibitoria, con la quale chiede la risoluzione del contratto e il rimborso del prezzo, o l’azione estimatoria, con la quale chiede la riduzione del prezzo e, se lo ha già pagato, il suo parziale rimborso.
Il compratore può chiedere la risoluzione del contratto per inadempimento nel caso in cui al momento della consegna il venditore abbia scambiato la cosa (es: aceto invece di vino); tale azione è soggetta a termini ordinari di decadenza e prescrizione.
Se, invece, vi è errore del compratore sulla qualità della cosa, egli (il compratore) può chiedere l’azione di annullamento per errore e tale azione si prescrive in 5 anni.
80. Segue. Gli obblighi del compratore. L’obbligo del compratore è quello di pagare il prezzo nel tempo e nel luogo fissato: il pagamento, in mancanza di accordi, va fatto al momento della consegna nel luogo nel quale questa (la consegna) o per legge o per patto deve avvenire, altrimenti al domicilio del venditore.
In caso il compratore non si presenti per ricevere la cosa o non paghi il prezzo nel termine stabilito, il venditore può o esperire la vendita all’incanto in danno al compratore, incassando il ricavato e domandando un risarcimento, oppure può richiedere la risoluzione del diritto di vendita.
Il venditore per avvalersi della risoluzione deve comunicare la scelta al compratore entro 8 giorni dalla scadenza del termine per il pagamento; in difetto vale la risoluzione per inadempimento.
A carico del compratore sono poste o per legge o per patto le spese della compravendita e le altre spese accessorie.
81. Segue. Discipline particolari e patti particolari. Norme specifiche sono dettate per alcuni tipi di compravendite con riferimento all’oggetto:
• vendita con riserva di gradimento: la vendita si perfeziona con la comunicazione del gradimento del compratore al venditore;
• vendita a prova: la vendita è sottoposta a condizione sospensiva che consiste nell’idoneità o meno della cosa;
• vendita su campione: la vendita è sottoposta a risoluzione se la cosa venduta è anche lievemente difforme dal campione;
• vendita su tipo di campione: in questo caso la risoluzione è possibile solo se la difformità della cosa venduta dal campione è notevole;
• vendita su documenti: tale vendita ha per oggetto cose mobili rappresentate da documenti, i quali attribuiscono a chi li possiede il diritto di ottenere la consegna delle cose dal detentore e il potere di disporne;
• vendita di cose viaggianti: tale vendita ha per oggetto cose viaggianti e tra i relativi documenti trasmessi al compratore vi può essere anche la polizza di assicurazione contro i rischi del trasporto che è in generale a carico dello stesso compratore;
• vendita fronte pagamento a mezzo banca: in questo caso il pagamento del prezzo del compratore è fatto tramite banca incaricata dal venditore; se il compratore si rifiuta di pagare il venditore si può rivolgere direttamente al compratore;
• vendita cif: in questa vendita la somma da pagare dal compratore comprende il prezzo della cosa venduta (cost), delle spese di assicurazione (insurance) e del trasporto (freight);
• vendita fob: la somma da pagare dal compratore comprende oltre alle spese della clausola cif anche le spese di caricamento nel trasporto.
La compravendita con patto di riscatto è il patto dove il venditore si riserva il diritto di riavere la cosa venduta mediante la restituzione del prezzo e dei rimborsi stabiliti dalla legge (art. 1500 c.c.). Tale istituto è utilizzato da chi ha bisogno di liquidità e pensa di recuperare in seguito il bene venduto; il diritto di riscatto non può essere ceduto dal venditore ad un terzo.
Il trasferimento avviene immediatamente e il riscatto opera con retroattività reale, cioè il venditore ha diritto a ricevere la cosa esente da pesi o ipoteche, ma ha tuttavia il dovere di rispettare le locazioni fatte senza frode, la cui durata non supera i 3 anni.
Il diritto di riscatto deve essere esercitato entro 2 anni dalla vendita per i beni mobili e entro 5 anni per i beni immobili; il codice dispone che il prezzo per il riscatto deve essere uguale al prezzo della compravendita maggiorato dei rimborsi.
Il legislatore dichiara nullo la vendita con patto di riscatto a scopo di garanzia, perché è un modo per eludere il divieto del patto commissorio, con il quale viene aggravata non solo la situazione del venditore-debitore, ma anche quella degli altri creditori del venditore.
Con il patto commissorio il debitore-venditore si accorda con il creditore-compratore affinché, in mancanza del pagamento, cioè del riscatto, la proprietà della cosa passa al creditore-compratore.
Il patto di riscatto è differente dal patto di retrovendita, perché il patto di retrovendita è ad effetti obbligatori e quindi il compratore ha l’obbligo di rivendere il bene al venditore;
il trasferimento del bene dal compratore al venditore non è automatico, ma avviene con un successivo atto e non valgono i limiti di tempo e di prezzo stabiliti dal patti di riscatto.
Nella vendita a rate il trasferimento della proprietà si ha con la conclusione del contratto e il prezzo è dilazionato in rate; diversa, invece, è la vendita con riserva di proprietà.
La vendita con riserva di proprietà, a differenza della vendita a rate, è caratterizzata dal fatto che il prezzo è dilazionato in rate, ma la proprietà della cosa passa al compratore solo con il pagamento dell’ultima rata; infatti, fino a quel momento, egli (compratore) non può disporre della cosa liberamente, e se aliena la cosa a terzi dovrà comunque pagare le rate ed il contratto stipulato con i terzi è ritenuto valido se questi erano in buona fede.
Il compratore si assume tutti i rischi di perimento o altro pericolo derivante anche da terzi.
Se il compratore non paga le rate si verifica risoluzione del contratto; tuttavia il non pagamento di una rata che non supera l’ottava parte del prezzo non provoca la risoluzione.
In caso di risoluzione, al compratore spetta il rimborso delle rate, e al venditore spetta un equo compenso per l’uso della cosa e il risarcimento del danno.
Nella vendita fuori dai locali commerciali, se il compratore ha concluso un affare con il venditore fuori dai locali commerciali, egli (compratore) entro 7 gg. può recedere dal contratto; tale disposizione è estesa anche alle vendite aggressive come le vendite per corrispondenza, mezzo TV, ecc….. La ratio del diritto del compratore di recedere dal contratto si basa sul principio che il compratore ha diritto ad essere informato sui termini e sui dettagli del contratto. Il recesso opera quando il venditore non adempie l’obbligo d’informazione e provoca lo scioglimento del contratto con i rispettivi obblighi di restituzione della merce e della caparra o del prezzo.
Le vendite internazionali sono disciplinate da convenzioni internazionali.
82. Cash and carry. Il cash and carry, che letteralmente vuol dire ”prendi e porta via”, è una forma di vendita self-service fra un grossista e dei soggetti autorizzati all’acquisto; tale fenomeno noto negli USA ora è molto diffuso anche in Europa.
Le caratteristiche del cash and carry sono: l’esistenza di un grossista e di un compratore autorizzato, la vendita self-service, prelevamento e trasporto della merce del compratore, pagamento in contanti.
Per la legge tale tipologia di vendita è autorizzata solo ai grossisti e ai soggetti autorizzati, e non è possibile svolgere nello stesso punto vendita l’esercizio congiunto di vendita all’ingrosso e al dettaglio. Il cash and carry ha dei vantaggi sia per il compratore che per il venditore perché velocizza l’economia e riduce i costi.
83. Permuta. La permuta si differenzia dalla vendita perché è lo scambio non di cosa con prezzo, ma di cosa con cosa; se ad una cosa scambiata è aggiunta una somma di denaro, ci troviamo di fronte ad un contratto misto.
La cosa può essere scambiata per ottenere o un diritto di proprietà, o un diritto minore, o un credito; la permuta può essere costituita anche tra una cosa presente e una cosa futura e si realizzerà solo quando la cosa futura sarà venuta in esistenza.
La permuta è un contratto a titolo oneroso e consensuale; è regolata da una specifica disciplina.
84. Contratto estimatorio. Il contratto estimatorio è quel contratto con il quale una parte (tradens) consegna una o più cose mobili ad un'altra parte (accipiens) il quale si obbliga a pagare il prezzo prefissato salvo la scelta di restituire le cose ricevute entro un termine stabilito (art. 1556 c.c.). La finalità di tale contratto è quella di prevenire il rischio di insuccesso di vendita; nel momento della consegna l’accipiens acquisisce il potere di disporre liberamente, mentre il pagamento del prezzo è condizionato alla scelta di tenere o restituire la merce.
Il contratto estimatorio è contratto reale e con la consegna l’accipiens si carica il rischio del perimento delle cose; tuttavia le cose non entrano a far parte del suo patrimonio e quindi i suoi creditori non potranno soddisfarsi su queste cose.
85. Somministrazione. La somministrazione (art. 1559 c.c.) è il contratto con il quale una parte (somministrante), periodicamente o continuatamene si obbliga a fornire delle cose, accordate con l’altra parte (somministrato), previo pagamento del prezzo stabilito.
La somministrazione può essere:
• periodica, quando il prezzo è pagato a ogni singola fornitura,
• continuata, quando il pagamento avviene secondo determinate scadenze.
Le date di fornitura sono fissate dal somministrato e devono essere comunicate al somministrante entro un adeguato termine.
Le parti posso anche decidere di inserire nella somministrazione la clausola d’esclusiva:
• se è a favore del somministrante, l’esclusiva impedisce al somministrato di ricevere la fornitura da altri;
• se è a favore del somministrato, l’esclusiva impedisce al somministrante di fornire terzi nella zona determinata.
La somministrazione si differenzia:
• dall’appalto, perché la somministrazione ha per oggetto un dare, l’appalto un fare;
• dalla vendita, perché la vendita è ad effetti reali, la somministrazione è ad effetti obbligatori;
• dalla vendita obbligatoria, perché la vendita obbligatoria è un'unica prestazione, la somministrazione è una pluralità di prestazioni;
• dalla vendita a consegne ripartite, perché in quest’ultima la ripartizione nel tempo della cose vendute non configura una pluralità delle prestazioni.
La durata e il termine sono elementi essenziali della somministrazione: affinché si realizzi un inadempimento, il ritardo deve essere importante e notevole; se il somministrato è lievemente inadempiente, il somministrante non può sospendere l’esecuzione senza un adeguato preavviso.
Le parti possono recedere dal contratto solo dopo aver comunicato la scelta entro un adeguato termine e le prestazioni già eseguite sono irripetibili.
86. Concessione di vendita. La concessione di vendita è il contratto con il quale una parte (concessionario) s’impegna ad acquistare e poi rivendere i prodotti finiti da una determinata impresa; è un contratto atipico molto utilizzato, ma è socialmente tipico.
Con la concessione di vendita si configura per il concessionario il potere-dovere di utilizzare determinati prodotti, e il potere-dovere di utilizzare, nella propria impresa, il marchio e l’insegna del produttore-fornitore; tale fatto è finalizzato a reciproci vantaggi pubblicitari.
Il concessionario è anche obbligato a praticare i prezzi e le condizioni imposte dal produttore.
87. Mutuo. (art. 1813 c.c.) Il mutuo è il contratto con il quale una parte (mutuante) consegna ad un’altra parte (mutuatario) una determinata quantità di denaro o di altre cose fungibili con l’obbligo del mutuatario di restituire cose delle stessa specie o della stessa qualità delle cose ricevute. Il mutuo si configura come prestito, ma a differenza del comodato che è un prestito d’uso, il mutuo è un prestito di consumo.
Una tipologia di mutuo molto frequente è il mutuo con funzione creditizia che ha per oggetto una somma di denaro; in questo caso la maggior parte delle volte mutuante è la banca, però questo fatto non configura il mutuo come un contratto bancario.
Il mutuo è un contratto reale che si perfeziona con la consegna della cosa; il mutuatario acquista immediatamente la proprietà della cosa mutuata.
Le parti prima di accordare il mutuo possono concludere una promessa di mutuo; nel caso tale promessa non è rispettata da una parte, l’altra parte non può chiedere l’esecuzione in forma specifica, ma può chiedere solo un risarcimento. Tuttavia, il mutuante può legittimamente rifiutarsi ad adempiere alla promessa di mutuo, nel caso le condizioni patrimoniali dell’altra parte facciano presumere che la restituzione sia difficile.
Le parti possono concludere anche un mutuo consensuale e tale contratto è atipico.
Il mutuo generalmente è un contratto oneroso, in quanto il mutuatario è tenuto non solo alla restituzione di cose della stessa qualità o specie della cosa ricevuta (tantundem), ma deve corrispondere anche gli interessi che sono calcolati o con un tasso legale o con un tasso scelto dalle parti; il tasso scelto dalle parti però non deve essere eccessivamente oneroso e quindi non deve essere un tasso usurario. Il mutuo può essere anche a titolo gratuito.
Con il mutuo si configura un’obbligazione di restituire per il mutuatario: la restituzione deve essere eseguita nei termini stabiliti nel contratto e tali termini possono essere scelti o dalle parti o dal giudice; le parti possono anche scegliere la restituzione rateale della cosa mutuata e nel caso il mutuatario non paga anche una sola rata, il mutuante può chiedere l’immediata restituzione dell’intera cosa mutuata. Questo potere del mutuante è però sottoposto ad interpretazione del giudice che valuta la gravità dell’inadempimento e delle circostanze.
La legge o le parti possono stabilire che le somme mutuate siano impiegate per una specifica destinazione; è l’esempio dei mutui a tasso agevolato (mutuo di scopo).
88. Factoring. Il factoring è un contratto con il quale un’impresa cede, al fine di ottenere un corrispettivo, i propri crediti presenti e futuri ad una società di factoring che può essere una società di credito o altra società iscritta all’albo.
Il factor può svolgere diversi compiti rispetto ai crediti dell’imprenditore: può curarne la riscossione come mandatario, può acquistare alcuni crediti, può garantire in prima persona tali crediti oppure lascia il rischio all’imprenditore, ecc…..
Quando il factor diventa proprietario dei crediti cedutigli deve pagare un corrispettivo che di solito è dilazionato nel tempo; tuttavia il factor può scegliere quali crediti acquistare e quali no, oppure può anche solo occuparsi della gestione e riscossione.
Proprio perché il factor svolge molte funzioni è difficile configurare una precisa giustificazione causale e una precisa natura del contratto: secondo alcuni il contratto è atipico, perché la cessione dei crediti ha un ruolo marginale, secondo altri il contratto è preliminare unilaterale, perché obbligato è il solo cedente che deve concludere i successivi contratti.
Il factor può acquistare non solo crediti presenti, ma anche crediti futuri.
Per quanto riguarda la solvenza dei crediti ceduti, essa (solvenza) può essere garantita dall’imprenditore (pro-solvendo), oppure può essere a rischio del factor (pro-soluto).
Per quanto riguarda i conflitti fra più cessionari, se l’imprenditore cede tutti i crediti alla società di factoring e cede un solo credito ad un terzo, tra la società di factoring e il terzo prevarrà chi
per primo: notifica la cessione al debitore, riceve l’accettazione, o effettua il pagamento al cedente.
Per agevolare l’opponibilità ai terzi, il factor può comunicare la cessione di tutti i crediti presenti e futuri ai debitori, senza ripetere tale comunicazione ogni volta che si presenta un credito.
b. Contratti relativi al godimento e alla utilizzazione di beni
89. Locazione. La locazione è il contratto con il quale una parte (locatore) cede ad un'altra parte (conduttore) il godimento di una cosa mobile o immobile, per un tempo determinato, contro il corrispettivo di un prezzo denominato canone.
Il locatore gode indirettamente della cosa, perché riceve un corrispettivo, conservando la titolarità sulla cosa locata; il conduttore consegue direttamente il godimento della cosa anche se non è il proprietario.
La locazione è un contratto a titolo oneroso, perché se fosse gratuita sarebbe un comodato; è un contratto consensuale, in quanto è necessario il consenso fra le parti e ad efficacia obbligatoria, in quanto non c’è un effetto traslativo, ma solo un obbligo a lasciar godere.
Per quanto riguarda la forma, essa è libera, salvo per i contratti di locazione di cosa immobile con durata ultranovennale dove la forma è scritta.
Il contratto di locazione può essere a tempo determinato o indeterminato:
• se è a tempo determinato, la locazione non può eccedere i 30 anni e alla scadenza cessa automaticamente, senza la necessità di disdetta; nel caso sia scaduto il termine, e il conduttore gode ancora della cosa locata con il consenso del locatore, la locazione si ritiene rinnovata tacitamente e si ha una nuova locazione a tempo indeterminato;
• se è a tempo indeterminato, il tempo di durata della locazione è stabilito dalla legge secondo il bene oggetto della locazione, e cessa solo se alla scadenza del termine legale, il locatore ha comunicato la disdetta al conduttore, altrimenti la locazione si ritiene rinnovata tacitamente e si ha una nuova locazione a tempo indeterminato.
I vari tipi di locazione si differenziano per l’oggetto dato in locazione:
• locazione di beni mobili registrati (automobili) e non registrati (libri): non va confusa con il noleggio, perché in quest’ultimo caso il conduttore è obbligato ad utilizzare il bene secondo le indicazioni fornite dal noleggiatore;
• locazione urbana, che ha per oggetto immobili urbani;
• affitto, locazione che ha per oggetto beni produttivi.
Gli obblighi del locatore sono:
1. far godere la cosa liberamente al conduttore;
2. consegnare la cosa in buono stato: il locatore deve anche occuparsi del suo mantenimento, salvo per i beni mobili, dove la conservazione spetta al conduttore. Nel caso il locatore non consegni la cosa in buono stato, e quindi la cosa è affetta da vizi occulti che la rendono non idonea all’uso, il conduttore può chiedere oltre al risarcimento del danno, o la risoluzione del contratto, o la riduzione del canone;
3. garantire il pacifico godimento: il locatore non deve disturbare il godimento del conduttore e deve impedire che le molestie possano provenire da terzi. Se le molestie sono di fatto (rumori), il conduttore può esercitare l’azione di manutenzione; se le molestie sono di diritto (es.: pretesa del diritto di usufrutto da parte di un terzo), la garanzia è offerta dal locatore che è chiamato in causa. Se l’azione del terzo ha successo, il conduttore può chiedere o la risoluzione del contratto o la riduzione del prezzo.
Gli obblighi del conduttore sono:
1. prendere in consegna la cosa;
2. pagare il corrispettivo;
3. utilizzare la cosa secondo l’uso stabilito nel contratto: il conduttore deve usare la cosa con la diligenza del buon padre di famiglia ed è responsabile dei danneggiamenti e della
distruzione della cosa, salvo la prova della sua estraneità; egli è responsabile anche del danno provocato dal terzo al godimento della stessa cosa;
4. restituire la cosa al termine della locazione: se il conduttore non restituisce la cosa è considerato in mora e deve pagare il canone fino alla consegna, oppure offre il risarcimento;
5. obbligo strumentale di custodia;
6. oneri accessori a carico del conduttore: se si tratta di locazione abitativa, il conduttore oltre al canone, deve pagare anche le spese di ordinaria gestione condominiale.
Se il conduttore apporta dei miglioramenti o delle addizioni alla cosa presa in locazione, egli non ha diritto ad un indennizzo da parte del locatore, salvo patto diverso; il conduttore non può staccare le addizioni apportate alla cosa presa in locazione se tale staccamento provoca danni irreversibili alla cosa.
Per quanto riguarda la sublocazione, essa si differenzia in sublocazione parziale o totale;
• in caso di sublocazione parziale, il conduttore può sublocare la cosa, solo se non è vietato nel contratto, con l’obbligo di avvisare il locatore;
• in caso di sublocazione totale, il conduttore non può sublocare senza il consenso del locatore, perché la sublocazione si configura come una cessione di contratto.
Con la sublocazione s’instaurano rapporti tra il locatore e il subconduttore, in quanto il locatore può chiedere il pagamento del canone al subconduttore.
La legge prevede che altre persone possano succedere al conduttore nel rapporto con il locatore e queste persone sono: il coniuge, gli eredi, i parenti, e gli affini.
Le locazioni urbane hanno per oggetto edifici o appartamenti; tale disciplina è stata modificata dall’inserimento di una nuova disciplina che, oltre ad imporre la forma scritta, ha dettato due modelli di conclusione del contratto di locazione:
1. modello della conclusione del contratto caratterizzato dalla libera contrattazione: tale modello prevede che il contratto non deve essere inferiore ai 4 anni, prevede la rinnovazione automatica per il contratto alla prima scadenza, prevede che se il locatore volesse vendere l’immobile, al conduttore spetta il diritto di prelazione.
2. modello della conclusione del contratto caratterizzato dall’operazione di contratti-tipo: tale modello prevede che le parti possano determinare il contratto in base ad accordi stabiliti a livello nazionale tra organizzazioni di locatori ed organizzazioni di conduttori; prevede anche che il contratto, alla prima scadenza, è prorogato di 2 anni, salvo disdetta del locatore.
Per quanto riguarda le locazioni non abitative, la disciplina prevede che le parti possano concordare liberamente la misura del canone, aggiornandolo, di volta in volta, in base al costo della vita: tale contratto ha durata di 6 anni ed è di 5 anni per le attività alberghiere, dove è prevista una rinnovazione tacita se nessuna delle parti comunica all’altra la disdetta.
Per quanto riguarda la disdetta nelle locazioni non abitative, il conduttore può comunicare disdetta, e quindi recedere dal contratto prima del termine, solo per gravi motivi, mentre il locatore può comunicare disdetta, e recedere dal contratto prima della scadenza, solo per determinate ragioni.
Nella locazione non abitativa, al conduttore è riconosciuto il diritto di sublocare l’immobile, o di cedere il contratto a terzi, anche senza il consenso del locatore.
Al conduttore è riconosciuto anche il diritto di prelazione nel caso il locatore volesse vendere l’immobile; il locatore ha l’obbligo di notifica al conduttore che può esercitare la prelazione entro 60 gg. e se il locatore non ha notificato la sua scelta al conduttore, quest’ultimo (conduttore) può riscattare l’immobile dall’acquirente (prelazione reale).
Nel caso di locazione ad uso commerciale, al conduttore, alla fine della locazione, spetta un’indennità per la perdita di avviamento, cioè della clientela.
90. Affitto. (art. 1615 c.c.) L’affitto è la locazione di cose mobili o immobili produttive; all’affittuario, cioè colui che riceve in consegna il bene produttivo, spettano di diritto i frutti e le utilità della cosa.
L’affitto fa nascere degli obblighi e dei diritti per il locatore.
Gli obblighi sono: di consegnare la cosa con gli accessori che servono per l’uso e per la produzione a cui è destinata, di pagare le spese di riparazione straordinaria;
i diritti sono: di controllare che il conduttore rispetti i suoi obblighi e di risolvere il contratto se tali obblighi non sono rispettati.
L’affitto fa nascere anche degli obblighi e dei diritti per l’affittuario.
Gli obblighi sono: di pagare l’affitto, di non modificare la destinazione economica della cosa, di osservare le regole della buona tecnica;
i diritti sono: migliorare la produttività della cosa, di subaffittare la cosa senza il consenso del locatore.
Le parti possono recedere dal contratto dando il preavviso entro un adeguato termine; tuttavia il contratto d’affitto si può sciogliere per interdizione, inabilitazione, o insolvenza dell’affittuario.
Nel caso l’affittuario muoia, i suoi eredi entro 6 mesi possono decidere di recedere dal contratto.
91. Affitto di fondo rustico. L’affitto di fondo rustico è il contratto con il quale il locatore si obbliga a far godere all’affittuario di un fondo rustico, contro un corrispettivo in denaro.
L’affittuario, se è un coltivatore diretto, gode di una serie di agevolazioni come il pagamento di un canone inferiore, il diritto di prelazione, ecc…..
Per fondo s’intende un terreno colto e produttivo senza tener conto delle dimensioni.
Gli obblighi del locatore sono:
1. consegnare il fondo rustico e tutti gli accessori in condizioni tali da essere utilizzati per l’uso a cui è destinato;
2. garantire il fondo da vizi, da molestie, e garantire l’idoneità del fondo.
La durata minima dell’affitto di fondo rustico è di 15 anni e durata diversa è decisa per i territori montani; la durata può anche essere decisa da patti stipulati a livello nazionale.
Le parti possono recedere dal contratto solo dopo un preavviso, comunicato almeno 1 anno prima della scadenza.
Il locatore in presenza di inadempimento dell’affittuario può esercitare il suo diritto di ripresa, e quindi estinguere il rapporto con la risoluzione per inadempimento; il conduttore può fermare tale azione offrendo di sanare il suo inadempimento.
Gli obblighi dell’affittuario sono: curare e gestire con buona tecnica il fondo, pagare il canone, restituire il fondo alla scadenza.
Il canone deve essere tassativamente un importo in denaro che può essere ridotto in caso di calamità o avversità atmosferiche.
Per quanto riguarda i miglioramenti:
• se sono apportati dal locatore, comportano un aumento del canone;
• se sono apportati dall’affittuario, quest’ultimo, alla consegna del bene, avrà diritto ad un’indennità a seguito dell’incremento di valore di mercato del fondo.
92. Leasing. Il leasing è il contratto con il quale una parte (concedente) si obbliga ad acquistare su indicazione di un'altra parte (utilizzatore) un determinato bene per poi darlo in godimento all’utilizzatore il quale, alla scadenza del termine, ha la possibilità di: acquistare il bene, di rinnovare la sua utilizzazione o di restituirlo.
L’utilizzatore deve pagare un canone a rate al concedente e si assume tutti i rischi inerenti al bene; alla scadenza del termine egli può acquistare la titolarità del bene pagando un corrispettivo che di solito è simbolico.
Secondo che il bene sia suscettibile ad obsolescenza e a deterioramento, il leasing si differisce in:
• leasing di godimento che ha per oggetto un bene suscettibile ad obsolescenza e deterioramento; in questo caso il leasing svolge una funzione di finanziamento ed è un rapporto di durata, in quanto la possibilità dell’utilizzatore di acquistare il bene dipende da una contrattazione marginale e accessoria;
• leasing traslativo che ha per oggetto un bene non soggetto ad alterazione, obsolescenza o deterioramento; la sua finalità è quella di far acquistare all’utilizzatore la proprietà della cosa alla scadenza, in quanto si reputa che il pagamento del canone è già un pagamento anticipato del prezzo.
Il leasing non ha per tutti la stessa giustificazione causale: infatti, secondo alcuni è un contratto di affitto o locazione con il godimento del bene; secondo altri è una vendita con riserva di proprietà, in quanto la titolarità del bene potrebbe essere acquistata con il pagamento dell’ultima rata; secondo altri ancora è un contratto con mera funzione di finanziamento.
Per quanto riguarda la risoluzione:
• se il leasing è considerato come un contratto di durata, la risoluzione non pregiudica le prestazione già eseguite e quindi sono irripetibili;
• se il leasing è considerato come una vendita, all’utilizzatore spetta una restituzione parziale delle rate, mentre al concedente spetta un equo indennizzo per l’utilizzazione del bene.
In caso di fallimento dell’utilizzatore, il problema del leasing è risolto secondo alcuni con la disciplina fallimentare, secondo altri sono gli organi fallimentari a decidere se sciogliere o meno il contratto di leasing.
Il leasing operativo si verifica quando il concedente è anche produttore del bene consegnato all’utilizzatore.
Per quanto riguarda il leasing di beni immobili:
• si parla di locazione quando il prezzo finale è elevato e corrisponde al valore reale del bene, e il canone versato è considerato come pagamento del solo godimento:
• si parla di vendita quando il prezzo finale è basso e non corrisponde al valore reale del bene, ed il canone versato è considerato come pagamento rateizzato del valore del bene.
Altro problema riguarda la tutela del diritto dell’utilizzatore dell’acquisto finale, in quanto il concedente, durante il contratto, potrebbe alienare il bene a terzi.
Una variazione del leasing è il sale and lease back: esso è il contratto con il quale un imprenditore vende un suo bene al concedente che poi glielo concede in leasing; la funzione di questo contratto è quella di fornire un’immediata liquidità all’imprenditore, senza perdere l’utilizzazione del bene. Esso ha anche una funzione di garanzia e non elude il divieto del patto commissorio, perché l’ammontare dei canoni è proporzionale al valore del bene, e non vi è quindi quella sproporzione tra il bene offerto e il credito.
93. Comodato. (art. 1803 c.c.) Il comodato (quasi commodo datum) è il contratto con il quale una parte (comodante) dà ad un’altra parte (comodatario) una cosa inconsumabile, mobile o immobile, affinché possa servirsene per un determinato tempo, con l’obbligo per il comodatario di restituire il bene alla scadenza.
Il comodato è un contratto reale, perché si perfeziona con la consegna della cosa ed è essenzialmente gratuito, a differenza della locazione che è onerosa.
Il comodato è detto modale, quando a carico del comodatario ci sono gli oneri di manutenzione e condominiali, pur conservando la gratuità del contratto.
Il comodato è un prestito d’uso, perché il comodatario è detentore della cosa e non può disporne; invece il mutuo è un prestito di consumo, perché il mutuatario, alla consegna, diventa proprietario del bene, con l’obbligo di restituire alla scadenza non la stessa cosa, ma una cosa di eguale qualità e quantità.
Il comodato può avere ad oggetto solo beni inconsumabili, tuttavia può avere ad oggetto anche una somma di denaro e si parla di comodato ad pompam.
Il comodatario può e deve utilizzare la cosa, a differenza del depositario cui è vietato l’uso.
Il comodato è visto anche come un contratto bilaterale imperfetto, perché sorgono obbligazioni solo a carico del comodatario; esse sono: obbligo di custodire la cosa con la diligenza del buon padre di famiglia, obbligo di utilizzare la cosa entro le funzioni e gli usi determinati dal contratto, obbligo di non concedere l’utilizzo della cosa comodata a terzi.
La violazione di tali obblighi determina la possibilità per il comodante di chiedere la restituzione immediata della cosa, oltre il risarcimento del danno.
La restituzione può essere chiesta quando c’è bisogno urgente e imprevisto del comodante, o quando il comodato è stipulato a tempo indeterminato (comodato precario).
Se il comodatario muore, il comodante può richiedere la risoluzione del contratto con la restituzione del bene.
Gli obblighi del comodante sono quelli di consegnare la cosa senza vizi, in quanto, se tali vizi recano danno al comodatario ignaro, il comodante è tenuto al risarcimento del danno subito.
c. Contratti relativi ad esecuzione di opera e servizi.
94. Appalto. L’appalto è il contratto con il quale un soggetto (appaltatore), mediante la sua organizzazione di mezzi necessari e a proprio rischio, assume l’obbligazione di compiere per un altro soggetto (committente) un’opera o un servizio contro un corrispettivo di denaro.
L’appaltatore dispone di un’organizzazione di mezzi e assume a proprio rischio la gestione e l’eventuale inefficienza di tale organizzazione.
L’appalto si differenzia dalla vendita perché ha per oggetto un’obbligazione di fare, mentre la vendita ha per oggetto un’obbligazione di dare.
Gli appalti possono essere privati, se il committente è un privato, e pubblico, se il committente è lo Stato o un ente pubblico.
L’appalto è un contratto a intuitu personae, in quanto si fonda sulla fiducia che il committente ripone nell’appaltatore per la sua professionalità: ne consegue che il subappalto può essere fatto dall’appaltatore solo previa autorizzazione del committente. Il subappalto è il contratto con il quale l’appaltatore cede ad un terzo il suo appalto.
L’appaltatore deve eseguire l’opera o il servizio secondo le modalità pattuite.
L’appalto ha forma libera, ma nella pratica esso è fatto per iscritto.
L’appalto essendo un rapporto di durata è sottoponibile a modifiche; il codice disciplina tre ipotesi di modifica: 1) variazioni concordate tra le parti; 2) variazioni necessarie per l’esecuzione dell’opera a regola d’arte; 3) variazioni ordinate dal committente.
Il committente, al fine di tutelare il suo interesse a ricevere un ottimo risultato, può verificare l’operato dell’appaltatore sia durante i lavori, mediante un tecnico che controlla lo svolgimento dei lavori, sia alla fine dei lavori con il collaudo che verifica se il risultato è conforme al progetto. Il collaudo deve essere fatto prima di ricevere la consegna dell’opera, perché, nel momento in cui il committente riceve la consegna, si ritiene che l’opera sia stata accettata.
Durante l’esecuzione si possono verificare degli eventi che pregiudicano l’esecuzione: se tali eventi non sono imputabili a nessuno, il rischio è distribuito equamente tra le parti.
Le parti possono sciogliere anticipatamente il contratto: se a recedere è il committente, all’appaltatore spetta un indennizzo per le spese e i lavori eseguiti. Nel caso l’appaltatore muore, il committente può decidere di recedere dal contratto se egli non nutre fiducia per gli eredi.
Il corrispettivo per l’appalto è calcolato o rispetto all’opera o rispetto alla misura; il prezzo è suscettibile a modifiche se si verificano circostanze imprevedibili o in base alla sorpresa geologica. Tuttavia le parti possono convenire o che il prezzo resti fisso e invariato per l’intera esecuzione oppure possono decidere che il prezzo sia adeguato automaticamente secondo la clausola Istat.
Il corrispettivo deve essere versato, di regola, solo dopo l’accettazione dell’opera; tuttavia, non è escluso che può essere pagato man mano secondo gli stati di avanzamento dei lavori.
L’appaltatore deve garantire che l’opera non sia viziata e nel caso lo fosse, è onere del committente denunciare il vizio entro 60 gg dalla scoperta; il termine di prescrizione dell’azione di denuncia è di 2 anni.
Garanzia più ampia è offerta per gli edifici a lunga durata: i vizi possono essere denunciati entro 10 anni dall’esecuzione e al committente spetta un risarcimento del danno.
95. Contratto di opera. Il contratto di opera è il contratto con il quale un soggetto, contro un corrispettivo, si obbliga a compiere un’opera o un servizio per un altro soggetto con mezzi propri, caricandosi del rischio e senza vincolo di subordinazione.
Il contratto di opera ha delle affinità e delle differenze con l’appalto: le differenze sono che nel contratto di opera, il soggetto, la maggior parte delle volte artigiano, esegue la prestazione in prima persona senza usufruire di lavoro subordinato, invece, nell’appalto, l’appaltatore per seguire l’opera utilizza il lavoro subordinato di altre persone; le affinità sono che in entrambi i contratti vi è un’indipendenza tra commissionario e committente e viene applicata la stessa disciplina per l’esecuzione del rischio.
96. Contratto di prestazione di opera intellettuale. Il contratto di prestazione di opera intellettuale è un contratto di opera che ha per oggetto l’esercizio di una professione intellettuale, che richiede l’iscrizione in appositi albi o elenchi (avvocato, medico, ecc…).
É un contratto ad intuitu personae, cioè deve essere svolto personalmente dal professionista il quale non può avvalersi di collaboratori, salvo se è consentito dal contratto o dagli usi: se si avvale dei collaboratori, il professionista è responsabile dell’operato di questi.
Un requisito fondamentale è che il professionista deve essere iscritto nell’albo o nell’elenco relativo alla sua professione.
Al professionista spetta un compenso (c.d. onorario) che comprende non solo il pagamento della prestazione offerta, ma anche le spese sostenute; tale compenso è determinato o dall’accordo delle parti o, in mancanza dei tariffari, dal giudice.
Il professionista può ricevere anche un palmario, che è un ulteriore confuso per l’opera svolta; egli può anche esercitare il diritto di ritenzione delle cose e dei documenti ricevuti dal cliente, purché tale diritto sia esercitato solo nel periodo dell’esecuzione della prestazione.
Il cliente può sempre recedere dal contratto, ma al professionista spetta comunque il pagamento del compenso e il rimborso delle spese; il professionista può recedere dal contratto solo se esiste una giusta causa e solo se tale recesso non pregiudichi la situazione del cliente.
Il professionista è responsabile solo per dolo o colpa grave; tale responsabilità per il medico e il chirurgo riguarda il dolo o colpa grave causati dalla loro impreparazione professionale.
97. Mandato. Il mandato (art. 1703 c.c.) è il contratto con il quale un soggetto (mandatario) si obbliga a compiere uno o più atti giuridici per conto di un altro soggetto (mandante).
Nel mandato si ravvisa, in generale, solo un interesse del mandante. Tuttavia nell’esecuzione del mandato si può intravedere anche un interesse del mandatario; è l’esempio di un mandato per una riscossione di un credito: se il mandatario è un creditore del mandante, è anche suo (del mandatario) interesse che l’esecuzione vada a buon fine (mandato in rem propriam).
Il mandato può essere:
● speciale; quando riguarda il compimento di uno o più atti specifici;
● generale; quando riguarda il compimento di tutti gli atti del mandante, non comprendendo però quelli di straordinaria amministrazione;
● con rappresentanza; il mandatario agisce non solo per conto ma anche per nome del mandante e l’atto produrrà gli effetti direttamente nella sfera giuridica del mandante;
● senza rappresentanza; il mandatario agisce solo per conto del mandante e l’atto produrrà gli effetti nella sfera giuridica del mandatario: quest’ultimo poi ha l’obbligo di trasmettere gli effetti al mandante con un successivo e distinto atto. In questo caso non si creano rapporti diretti tra mandante e terzo perché l’atto produrrà gli effetti prima per il mandatario e solo dopo per il mandante.
Il mandato è un contratto consensuale ad effetti obbligatori; esso è un contratto non formale. Tuttavia, per i mandati con rappresentanza, la procura deve avere la stessa forma richiesta per l’atto da compiere; è, comunque, richiesta la forma scritta anche per il mandato senza rappresentanza, perché il mandato svolge la stessa funzione del contratto preliminare, in quanto consiste in un obbligo a ritrasferire.
Il mandato è un contratto per lo più oneroso: il compenso del mandatario è stabilito o dalle parti o dalle tariffe prestabilite o dal giudice; non si esclude, comunque, un mandato gratuito.
Il mandato produce obbligazione per entrambi le parti; esso si differenzia dalla procura perché nel mandato vi è l’obbligo per il mandatario di compiere atti per conto del mandante, mentre, nella procura, che è atto unilaterale, non ci sono obblighi per il procuratore di agire per conto del rappresentato.
Gli obblighi del mandatario sono di: eseguire il mandato con la diligenza del buon padre di famiglia, di attenersi alle istruzioni ricevute, di non eccedere dai limiti del mandato, di informare il mandante, di custodire le cose ricevute dal mandante, di consegnare al mandante le cose ricevute da terzi.
Gli obblighi del mandante sono di fornire al mandatario i mezzi necessari per l’esecuzione del mandato, di rimborsare al mandatario le spese e le anticipazioni, di risarcirgli i danni subiti, di pagargli il compenso.
Il mandatario ha il diritto di soddisfarsi sui crediti pecuniari sorti dagli affari che ha concluso con precedenza sul mandante e sui suoi creditori.
Il mandato pluripersonale si ha quando il mandato è conferito a più persone: esse possono agire disgiuntamente oppure congiuntamente, ma per il mandato congiunto è richiesto il consenso di tutti i mandatari.
Il mandato collettivo è il mandato conferito da più mandanti ad un solo mandatario, ad esempio quando più comproprietari di un immobile conferiscono il mandato a vendere il bene ad un soggetto: la revoca del mandato ha efficacia solo se fatta da tutti i mandati o se ricorre una giusta causa.
Il mandato si estingue per: scadenza del termine, compimento dell’affare, rinunzia del mandatario, revoca del mandante per giusta causa salvo che le parti abbiano stipulato una clausola di irrevocabilità.
Il mandato per volontà delle parti può anche non estinguersi nel caso il mandante muoia; è il c.d. mandato post mortem.
98. Commissione. La commissione è un sottotipo di mandato e più precisamente di mandato senza rappresentanza; essa è il contratto con il quale il commissionario si obbliga, con nome proprio, a stipulare contratti di acquisto o di vendita per conto del committente.
Tale contratto è molto utilizzato nella pratica degli affari: esso ha lo stesso schema del mandato senza rappresentanza.
La commissione è un contratto generalmente oneroso; difatti, al commissionario spetta un compenso (provvigione) che è determinato o dalle parti o secondo gli usi del luogo dove è concluso l’affare o dal giudice. Tale compenso può aumentare ulteriormente quando il commissionario si sia obbligato allo “star del credere”, ossia quando garantisce personalmente l’esecuzione del terzo contraente.
Nel caso il commissionario entri nel contratto, ossia quando acquisti i beni che doveva vendere oppure fornisce i beni che doveva acquistare, il suo (del commissionario) diritto alla provvigione è conservato.
Il committente può revocare la commissione prima che il commissionario concluda l’affare che gli è stato conferito; tuttavia, al commissionario spetta una parte della provvigione, calcolata in base alle spese sostenute e all’opera prestata.
99. Agenzia. L’agenzia è il contratto con il quale un soggetto (agente), contro un corrispettivo, si assume lo stabile incarico di promuovere la conclusione di contratti in una determinata zona per conto di un altro soggetto (preponente). Tale materia è stata più volte rivista e una radicale modifica è stata quella di ritenere necessaria l’iscrizione in appositi registri per coloro che volessero praticare tale professione.
L’agenzia è un contratto con attività materiale e non giuridica come il mandato: l’agente deve solo promuovere i contratti per il preponente e non concluderli. Tuttavia all’agente può essere conferita sia la rappresentanza che il mandato e in questi casi viene applicata la specifica disciplina della rappresentanza o del mandato.
Un diritto del preponente è quello di avere l’esclusiva verso un agente, cioè quest’ultimo (l’agente) si obbliga a promuovere in una determinata zona solo quel preponente (diritto di
esclusiva); tuttavia, anche l’agente può avvalersi del diritto di esclusiva, dove il preponente si obbliga a farsi promuovere in quella determinata zona solo da quell’agente.
A differenza del mediatore, l’agente è legato al preponente da un rapporto di collaborazione e, quindi, l’agente, nel compiere la promozione, deve attenersi alle istruzioni del preponente.
L’agente non è un lavoratore subordinato anche se è sindacalmente organizzato: difatti, il contratto di agenzia si uniforma a quelli stipulati dai rappresentanti di categoria.
L’agenzia è un contratto oneroso; all’agente spetta una provvigione che è calcolata in percentuale sugli affari da lui promossi o conclusi dal preponente. Affinché l’agente possa ricevere la provvigione, egli deve essere iscritto in appositi registri; l’agente ha diritto alla provvigione anche quando l’affare è concluso direttamente dal preponente nella sua zona (salvo patto contrario); quando l’affare non è stato concluso per causa imputabile al preponente; quando, dopo lo scioglimento dell’agenzia, l’affare è stato concluso dal preponente solo in conseguenza all’attività svolta dall’agente.
Gli obblighi dell’agente, oltre quelli di rispettare l’esclusiva e le istruzioni ricevute, sono di informare il preponente sulle condizioni del mercato della zona assegnatagli; di valutare la convenienza dei singoli affari; di comunicare al preponente la sua non possibilità a eseguire l’incarico.
Gli obblighi del preponente sono quelli di agire con lealtà e buona fede; di rispettare l’esclusiva; di pagare il corrispettivo.
La forma scritta è necessaria affinché entrambe le parti abbiano una copia del contratto.
Il contratto è di durata e può essere a tempo determinato o indeterminato; il recesso è consentito solo dopo un adeguato preavviso. Quando il contratto si è estinto per causa non imputabile all’agente, il preponente è obbligato a pagare all’agente un’indennità.
100. Mediazione. La mediazione è il contratto con il quale un soggetto (mediatore) mette in relazione due o più soggetti per la conclusione di un affare, senza essere legato ai soggetti da vincoli o rapporti di collaborazione; se il contratto è concluso, al mediatore spetta una provvigio0ne da ciascuna delle parti.
Affinché il mediatore possa percepire la provvigione, è necessario che egli sia iscritto in un apposito registro pena la restituzione di tutto ciò che ha ricevuto come pagamento della mediazione.
A differenza dell’agenzia, la mediazione è caratterizzata dall’imparzialità e dall’autonomia che configurano la totale assenza di dipendenza, di rappresentanza o di collaborazione del mediatore con una delle parti; la mediazione, appunto perché è imparziale, è inconciliabile con la rappresentanza.
Il contratto di mediazione è consensuale e può essere concluso anche con il conferimento dell’incarico da parte di una sola delle parti; quest’ultima (cioè quella parte che ha incaricato il mediatore) è obbligata a rimborsare le spese al mediatore anche se il contratto non si è concluso, salvo patto contrario. Se anche l’altra parte conferisce l’incarico al mediatore, non sorge un altro vincolo contrattuale, in quanto quest’ultima diviene parte del contratto di mediazione già stipulato dall’altra parte con il mediatore.
Molti discussioni sono state avanzate circa il ruolo della mediazione nella conclusione del contratto: una parte della dottrina ritiene che la conclusione del contratto dipende dalla mediazione in base anche da alcuni effetti che la mediazione produce indipendentemente dalla conclusione o meno del contratto; altri, invece, ritengono che la mediazione è un elemento costitutivo di una fattispecie più complessa.
Affinché il mediatore abbia diritto alla provvigione, è necessario che ci sia un rapporto di casualità tra l’attività del mediatore e la conclusione dell’affare. Per affare si intende qualsiasi operazione economica giuridicamente vincolante; non è da ritenersi affare, per esempio, il matrimonio.
La provvigione, che deve essere versata da entrambe le parti al mediatore, è calcolata o in base a degli accordi o dalla Camera di Commercio; se vi sono più mediatori, essi hanno diritto ad una quota della provvigione.
L’obbligo del mediatore è quello di informare costantemente le parti circa la validità e la sicurezza dell’affare, pena il pagamento di un’ammenda. Nel caso il mediatore nella conclusione del contratto non comunichi ad una parte il nome dell’altra, egli (il mediatore) ne risponde dell’esecuzione, subentrando nei diritti della parte non nominata.
101. Brokeraggio. Nel campo della distribuzione dei prodotti di assicurazione si è affermata da un po’ di tempo la figura del broker o mediatore finanziario.
Il broker è quel soggetto che mette in relazione quei soggetti che intendono assicurarsi contro rischi con le imprese di assicurazione o di riassicurazione con le quali il broker non alcun rapporto di collaborazione e di dipendenza.
Il broker non è da paragonarsi al mediatore, in quanto egli (il broker) agisce per conto del cliente ricercandogli la migliore copertura assicurativa al minor costo: viene a mancare cos’ il presupposto dell’imparzialità tipico della mediazione.
L’atipicità del contratto di brokeraggio è confermata dal fatto che il broker ha diritto ad un compenso, calcolato in percentuale sul premio assicurativo, versato non dal cliente ma dall’assicuratore.
102. Deposito. Il deposito è un contratto con il quale un soggetto (depositario) riceve da un latro soggetto (depositante) una cosa mobile con l’obbligo di custodirla e di restituirla in natura (cioè nello stesso stato in cui la cosa si è ricevuta). È un contratto reale.
Il deposito è un contratto che si perfeziona con la consegna; tuttavia, può essere anche consensuale. Esso può essere sia a titolo oneroso che a titolo gratuito: se è a titolo gratuito, il deposito è visto come un contratto unilaterale in quanto obbliga solo il depositario; se è a titolo oneroso, esso è considerato come un contratto a prestazioni corrispettive in quanto esiste un nesso sinallagmatico tra l’obbligazione del depositario di restituire e l’obbligo del depositante un compenso e viene applicata la specifica disciplina.
Il deposito può avere come oggetto beni mobili o l’universalità di mobili.
Il deposito è detto irregolare quando ha per oggetto denaro o cose fungibili e il depositario può disporre del bene anche con il consenso implicito del depositante: un esempio è il deposito bancario.
Gli obblighi del depositario sono di custodire la cosa con la diligenza del buon padre di famiglia, di non usarla o darla in deposito senza il consenso del depositante, di restituire la cosa insieme ai frutti che ha prodotto; gli obblighi del depositante sono di rimborsare le spese di custodia, di pagare il compenso al depositario se il deposito è a titolo oneroso.
Se il depositario perde la detenzione della cosa per fatto a lui non imputabile è liberato ma deve denunciare immediatamente il fatto al depositante, pena risarcimento del danno.
Una particolare disciplina è applicata al deposito nei magazzini generali: una prima caratteristica è che questi magazzini sono delle imprese che svolgono un servizio pubblico e quindi devono applicare tariffe predeterminate dal Ministero dell’Industria e da leggi speciali; altra caratteristica è la facoltà del depositante di richiedere il rilascio della fede di deposito e della nota di pegno: essi sono documenti che danno a chi li possiede il potere di disporre delle merci.
Il legislatore ha disciplinato anche il deposito alberghiero, disponendo che gli alberghi devono fornire un’adeguata protezione da furti e danneggiamenti alle cose del cliente; tuttavia, il risarcimento del danno è ripartito fra le parti nel caso l’esercente (l’albergatore) non è da considerarsi in colpa. L’albergatore, nel momento in cui è stato concluso il contratto di deposito, risponde illimitatamente per le cose consegnate; nel caso in cui non è stato concluso alcun contratto di deposito con il cliente, l’albergatore ne rispende limitatamente per il deterioramento, furto e distruzione.
Per quanto riguarda l’attività del ristorante, l’esercente (il ristoratore) garantisce solo per le cose che sono di intralcio al cliente; la responsabilità è illimitata se il danno è reputabile all’esercente o ad uno dei suoi ausiliari. L’esercente non risponde se il cliente denunci il danno con ingiustificato ritardo o quando il danno è imputabile al cliente, imputabile a forza maggiore o alla natura della cosa.
Ulteriore atipicità è presente nel contratto di deposito di parcheggio, dove gli obblighi di consegna e di restituzione si estendono anche alle cose di pertinenza del mezzo (es: autoradio), salvo patto contrario.
103. Trasporto. Il trasporto (art. 1678 c.c.) è il contratto con il quale un soggetto (vettore) si obbliga, contro un corrispettivo, a trasferire persone o cose da un luogo ad un altro.
Il trasporto è un contratto consensuale, perché si perfeziona con l’accordo delle parti, è non formale, in quanto non prescritta alcuna forma, è a prestazioni corrispettive ed è inquadrato tra i contratti di risultato, dove il soggetto obbligato garantisce non solo l’adempimento della prestazione ma anche la buona riuscita dell’opera.
Al trasporto sono applicate le norme del codice civile, salvo deroghe dettate dal codice della navigazione e da leggi speciali. Tuttavia, le norme si distinguono in base all’oggetto, alle modalità e ai mezzi di trasporto: quanto all’oggetto, il trasporto può essere di cose, dove il vettore prende in custodia le cose da trasportare, e di persone, dove il vettore deve garantire l’incolumità del passeggero durante il trasporto; quanto alle modalità, il trasporto può essere terrestre, marittimo ed aereo; quanto ai mezzi, il trasporto può avvenire su gomma, su ferrovia o per fune.
Il contratto di trasporto di cose per ferrovia è un contratto reale che si perfeziona con la restituzione della ricevuta di spedizione dell’agente.
Nel trasporto di persone, il vettore è obbligato a trasferire da un luogo all’altro il viaggiatore, garantendogli l’incolumità durante il viaggio e garantendogli l’esatta esecuzione del trasporto. Nel caso si verificano sinistri durante il viaggio, il viaggiatore, per ottenere il risarcimento, deve dimostrare l’esistenza di un contratto di trasporto, l’esistenza del danno e l’esistenza di un nesso di casualità tra il danno e il trasporto; il vettore, per superare tale presunzione e quindi per scagionarsi dal risarcire il danno, deve dimostrare che ha adottato tutte le misure idonee per evitare il danno e deve dimostrare che il danno non è imputabile a lui, ma a forza maggiore o a caso fortuito o a terzi.
Il contratto di trasporto, oltre che oneroso, può essere gratuito, ed è applicata la stessa disciplina del contratto oneroso, e può essere amichevole, quando è dettato da un dovere sociale; il contratto amichevole è sottoposto alla disciplina della responsabilità extracontrattuale.
Nel trasporto di cose, il vettore si obbliga a trasferire da un luogo all’altro delle cose, garantendo di custodirle: infatti, il vettore è responsabile nel caso di perdita o avaria, salvo il caso in cui perdita o avaria sono collegate al caso fortuito.
La giurisprudenza per caso fortuito intende il furto commesso con violenza o minaccia, l’evento naturale e l’incendio.
Tuttavia, il mittente, per ottenere il risarcimento, deve provare di avere un contratto di trasporto e che esiste un nesso di casualità tra il danno e il trasporto.
Nel contratto di subtrasporto, un vettore si assume l’obbligazione dell’intero trasporto ma ne esegue sono una parte del percorso, mentre la restante parte è eseguita da altri vettori.
A differenza del contratto di subtrasporto, nel trasporto con rispedizione di merce, il vettore si qualifica tale solo per la parte di percorso da lui eseguita, mentre per la restante parte si qualifica come spedizioniere mandatario.
Con il trasporto cumulativo, più vettori si obbligano al trasporto solo per la parte di percorso da loro eseguita; circa la responsabilità: se il trasporto cumulativo ha ad oggetto trasporto di persone, ciascun vettore è responsabile solo per i danni verificatisi nel suo percorso; se il trasporto cumulativo ha per oggetto trasporto di cose, è prevista una responsabilità solidale per tutti i vettori.
Per quanto riguarda i trasporti internazionali, essi sono disciplinati dalla Convenzione di Ginevra e da altri trattati che sono stati stipulati dall’UE.
104. Noleggio; rimorchio. Con il noleggio, un soggetto (noleggiante) si assume l’obbligo di compiere con una determinata nave uno o più viaggi prestabiliti, entro un determinato periodo di tempo e contro un corrispettivo (nolo).
La differenza tra noleggio e trasporto sta nel fatto che nel trasporto, il vettore si obbliga a trasportare cose o persone; nel noleggio, il noleggiante si obbliga solo di fare viaggi.
Il rimorchio-trasporto è un trasporto per acqua finalizzato a spostare elementi rimorchiati da consegnare al rimorchiatore. Se l’elemento da rimorchiare è privo di equipaggio, tale elemento deve essere necessariamente consegnato al rimorchiatore; se sull’elemento vi è l’equipaggio, il rimorchiatore deve garantire non solo il trasporto, ma anche la custodia delle cose trasportate e degli elementi rimorchiati.
Nel rimorchio-manovra, il rimorchiatore fornisce solo l’energia per effettuare la manovra e non vi è la consegna della cosa da rimorchiare al rimorchiatore.
Al fine di disciplinare questa materia, è stato introdotto il contratto di logistica che regolamenta tutte le attività di movimento e di trasporto dei prodotti.
105. Spedizione. (art. 1737 c.c.) Il contratto di spedizione è un mandato senza rappresentanza che consiste nella conclusione, per conto del mandante, di un contratto di trasporto con le operazioni accessorie.
L’ordine di spedizione evita al mittente la ricerca di vettori disposti a fare il trasporto e le operazioni accessorie; tale ordine è revocabile fino a quando lo spedizioniere non ha concluso il contratto di trasporto.
Lo spedizioniere, quindi, conclude contratti di trasporto per conto del mittente ma in nome proprio; allo spedizioniere spetta una retribuzione calcolata in accordo fra le parti, o in base a tariffari, o in base agli usi del luogo.
Allo spedizioniere è applicata la stessa disciplina del mandato; egli è responsabile solo per colpa commessa nella scelta del vettore e nella trasmissione dei dati a questi, ma non è responsabile dell’operato dell’impresa di trasporto.
La figura dello spedizioniere-vettore si ha quando lo spedizioniere, dopo la conclusione del contratto di trasporto, se ne assume l’esecuzione sia direttamente, sia utilizzando altri soggetti.
Questo tipo di contratto per alcuni è da considerarsi un contratto di trasporto, per altri si tratta di un ingresso dello spedizioniere nel contratto di trasporto.
La figura dello spedizioniere, con l’avvento di nuove tecniche di trasporto (containers, pallets), ha subito moltissime modifiche, soprattutto in campo internazionale; infatti, è scomparsa la figura del semplice spedizioniere, lasciando il posto ad un operatore che è dotato di grandi poteri decisionali e di controllo.
Altra innovazione è che la conclusione del solo contratto di trasporto, senza le operazioni accessorie da parte dello spedizioniere, è un’eccezione, perché le operazioni accessorie non sono più considerate tali, ma anzi, sono operazioni strettamente legate, e quindi necessarie all’esecuzione del trasporto.
106. Contratti di crociera turistica e di viaggio. Il contratto di crociera turistica è il contratto con il quale l’organizzatore si assume l’obbligo di trasportare i croceristi per un viaggio con ritorno al punto di partenza, fornendo altre prestazioni accessorie a bordo come il vitto e l’alloggio; tale contratto si colloca nel trasporto, a differenza del contratto di viaggio turistico, dove l’organizzatore si assume l’obbligo di fornire prestazioni diverse dal trasporto: la differenza sta nel fatto che nel contratto di crociera sono inglobate anche le prestazioni accessorie, mentre nel contratto di viaggio le prestazioni accessorie non sono inglobate nel contratto.
La convenzione di Bruxelles, sul contratto di viaggio, distingue 2 diverse fattispecie:
● contratto ad organizzazione di viaggio; è il contratto con il quale l’organizzatore si assume, contro un corrispettivo, l’obbligo di procurare al cliente un insieme di prestazioni comprendenti il trasporto, il soggiorno e tutte le altre prestazioni accessorie;
● contratto di intermediazione di viaggio; è il mandato con il quale l’organizzatore si assume, contro un corrispettivo, l’obbligo di procurare al mandante un contratto di organizzazione di viaggio (il contratto sopra-analizzato).
107. Altri contratti turistici. Esistono molteplici contratti turistici:
1. contratto d’albergo: è un contratto consensuale ad effetti obbligatori; con esso l’albergatore si obbliga, dietro un corrispettivo, a fornire al cliente molteplici prestazioni come il vitto, l’alloggio, la pulizia, ecc…, al fine di rendere confortevole il soggiorno.
È un contratto oneroso e nel caso il cliente non paghi, l’albergatore ha il privilegio di soddisfarsi sulle cose portate dal cliente in albergo; egli, però, risponde illimitatamente per le cose che gli sono state consegnate.
2. pacchetto turistico: è la combinazione di prestazioni eterogenee (non collegate fra di loro), come l’alloggio, il trasporto e i servizi. Il consumatore-turista paga un prezzo forfetario corrispondente alla combinazione di tutte le prestazioni. Il turista ha diritto ad un’ampia tutela: infatti, egli deve essere informato, mediante documentazione scritta (opuscolo, il quale vincola l’organizzatore ed il venditore), del costo del viaggio, dei costi accessori, orari, itinerari, pasti forniti, caratteristiche dell’alloggio, ecc… Il contratto deve essere in forma scritta in termini chiari e precisi, e al cliente deve essere rilasciata una copia sottoscritta e timbrata dall’organizzatore e dal venditore. Nell’ipotesi di mancato o inesatto adempimento dell’organizzatore e del venditore, questi due sono tenuti al risarcimento del danno, salvo che riescano a provare la loro non imputabilità dell’inadempimento.
3. contratto di ormeggio: è il contratto con il quale un soggetto, concessionario di un’area demaniale e dello specchio d’acqua antistante, concede ad un altro soggetto, contro un corrispettivo, il diritto ad occupare con un’imbarcazione una determinata porzione dello specchio d’acqua, fornendogli anche i servizi accessori necessari all’imbarcazione, come l’uso di catene, boe, ecc… Questo è un contratto misto e il concessionario ha anche l’obbligo di custodia dell’imbarcazione e di quanto in essa contenuto, come nel deposito.
108. Merchandising. Il merchandising è il contratto con il quale il titolare di un marchio, contro un corrispettivo, concede ad altri, in esclusiva oppure no, l’uso del suo marchio, affinché questi ultimi (concessionari) possono utilizzarlo, per contraddistinguere i propri prodotti che sono diversi da quelli del concedente, per un determinato periodo e per una determinata zona.
Il concedente ha il diritto di controllare la commercializzazione dei prodotti che hanno il suo marchio, affinché il marchio non venga sminuito da prodotti scadenti e non conformi.
Il licenziatario (colui che usa il marchio), deve corrispondere un canone e rispettare lo standard qualitativo; Nel caso egli abusi del marchio il concedente può espletare l’azione inibitoria o di rimozione.
109. Contratto di utilizzazione del computer. Per quanto riguarda i contratti di utilizzazione del computer, essi sono riconducibili ai tipi noti di contratti, e la particolarità sta nel fatto che oggetto di tali contratti è un bene informatico come l’hardware (elaboratore) o il software (programma), o entrambi; tali contratti possono avere come prestazioni un servizio di assistenza, lo sviluppo di un software, l’addestramento personale.
110. Franchising. Il franchising è il contratto con il quale un’impresa affiliante (franchisor) concede ad un’altra impresa affiliata (franchisee) il diritto di commercializzare determinati beni o servizi contro un corrispettivo finanziario diretto o indiretto.
Gli obblighi del franchisor sono:
• di trasmettere le sue conoscenze scientifiche e tecniche al franchisee;
• di fornire attività di assistenza e di consulenza di gestione, sia durante la fase dell’apertura che durante la fase di amministrazione;
• di rifornire l’affiliato dei prodotti destinati alla rivendita.
Gli obblighi del franchisee sono:
• di comprare determinati quantitativi di merce;
• di accettare l’imposizione del prezzo di vendita;
• di accettare ispezioni e controlli sull’attività anche amministrativa;
• a volte può succedere che il franchisee deve pagare, oltre ad un prezzo iniziale forfetario (front fee), anche un pagamento periodico (royalties) calcolato in percentuale sul fatturato.
Il contratto ha una durata determinata che può essere rinnovata, salvo rifiuto del franchisor; dopo la scadenza, il contratto di franchising può anche prevedere una clausola che vieta al franchisee di svolgere un’attività di concorrenza al franchisor.
Per quanto riguarda lo scioglimento del franchising, in molti contratti è previsto l’obbligo per il franchisor di riacquistare le scorte del franchisee; questo avviene nel caso in cui lo scioglimento è imputabile al franchisor.
La natura del contratto di franchising è ampiamente discussa: per alcuni è una concessione di vendita, per la maggior parte dei dottrinari è un contratto atipico.
111. Sponsorizzazione. La sponsorizzazione è il contratto con il quale una parte (sponsee, personaggio famoso e conosciuto, oppure i responsabili di un evento pubblico) si obbliga dietro un corrispettivo a pubblicizzare il prodotto e il marchio dell’imprenditore (sponsor).
Talvolta lo sponsee può anche obbligarsi a pubblicizzare il prodotto con una comunicazione pubblicitaria, utilizzando ora le sue competenze professionali, ora la sua notorietà.
La sponsorizzazione è un contratto atipico, a titolo oneroso; esso deve contenere la possibile clausola d’esclusiva, il pagamento e le sue modalità, la durata del vincolo, gli adeguamenti in base agli accrescimenti di vendita e di prestigio apportati dallo sponsee.
112. Catering. Il catering è il contratto con il quale un’organizzazione si obbliga a fornire un insieme necessario di servizi al fine di soddisfare esigenze alimentari di una comunità: esempio classico è il servizio di ristorazione nei treni, aerei e navi da crociera.
Il contratto di catering è visto come:
• un contratto di appalto di servizi, se viene fornita una complessità di servizi;
• un contratto di somministrazione, se si limita a fornire solo i pasti e non si occupa anche della loro distribuzione.
113. Know-How. Per know-how s’intendono tutte le particolari conoscenze tecniche acquisite sulla base di studi e ricerca che sono di norma segreti. Tuttavia, tali know-how possono essere ceduti da un licenziante (concedente) ad un licenziatario (concessionario) anche se tali conoscenze non sono brevettate; possono essere comunque applicate le norme penali sulla concorrenza sleale e sulla rivelazione di segreti industriali.
Gli obblighi del licenziante sono:
• di far conoscere al licenziatario il bagaglio tecnico-scientifico da lui elaborato per agevolare i processi produttivi;
• di fornire assistenza tecnica nella formazione del licenziatario.
Gli obblighi del licenziatario sono:
• di non divulgare le conoscenze ricevute;
• di pagare o un corrispettivo globale, o un pagamento di royalties calcolato in percentuale sui prodotti.
Il contratto può essere a tempo determinato e alla sua scadenza il licenziatario deve restituire le macchine al licenziante.
114. Contratto di ricerca. Il contratto di ricerca è quel contratto con il quale un finanziatore commissiona a ricercatori l’acquisizione di nuove conoscenze scientifiche.
Il rapporto tra ricercatore e committente può avere diversa natura:
• se tale rapporto deriva da un contratto di lavoro subordinato del ricercatore, i risultati della ricerca spettano al committente-datore di lavoro, mentre al ricercatore spetta il diritto morale alla paternità dell’opera;
• se tale rapporto non deriva da un contratto di lavoro subordinato, al ricercatore spetta un corrispettivo.
L’obbligo del ricercatore è quello di comunicare, in via esclusiva al committente, le sue conoscenze acquisite; tuttavia il ricercatore ha diritto, oltre al corrispettivo, anche ad una licenza gratuita.
115. Engineering. L’engineering è quel contratto con il quale l’engineer si obbliga verso il committente o ad elaborare progetti, o ad assistere il committente nell’elaborazione del progetto, o ad eseguire direttamente il progetto elaborato.
Con tale contratto viene offerto al committente non solo il sapere e le conoscenze di tecnici specializzati, ma anche l’elaborazione del prodotto per cui sono state utilizzate tali conoscenze.
L’engineer garantisce al committente l’eseguibilità dei progetti elaborati e, nel caso egli abbia assunto anche l’obbligo di eseguire il progetto, garantisce anche la funzionalità del prodotto.
d. Contratti a titolo gratuito e di liberalità.
116. Premessa. Gli atti di liberalità, sono quegli atti che producono un determinato effetto economico consistente nell’arricchimento del patrimonio altrui, senza corrispettivo e per spirito di liberalità.
Questi atti di liberalità realizzati in via tipica sono contratti di donazione; se sono realizzati in via atipica sono contratti di donazione indiretta (piantagioni, costruzioni, opere fatte su suolo altrui da un terzo a spese proprie).
La liberalità non va confusa con la gratuità, perché la liberalità incide sulla funzione del rapporto, la gratuità incide, invece, sulla disciplina del rapporto.
Con spirito di liberalità s’intende una spontaneità dell’attribuzione e un perseguimento di un interesse non patrimoniale del disponente.
117. Donazioni. (art. 769 c.c.) La donazione è il contratto con il quale una parte (donante) arricchisce un’altra parte (donatario) di un diritto, o assume verso il donatario un’obbligazione con uno spirito di liberalità.
La donazione, pur essendo un contratto fatto tra vivi, è disciplinato dalle norme che riguardano le successioni per causa di morte, perché ci sono molte analogie come il comune carattere di liberalità, e la possibilità di interferenze tra la donazione e la successione mortis causa.
Per spirito di liberalità la giurisprudenza intende la volontà di donare (animus donandi), ossia di conferire ad altri un vantaggio patrimoniale senza esservi costretto, e la volontà di soddisfare un proprio interesse non patrimoniale.
Lo spirito di liberalità non s’identifica con il motivo, ma è spinto, animato dallo stesso; il motivo è eccezionalmente rilevante nei casi di motivo illecito e di errore di motivo. Un particolare motivo ricorre nelle donazioni fatte per riconoscenza, per speciale rimunerazione, o considerando i meriti del donatario; tali donazioni non possono essere revocate né per causa d’ingratitudine, né per sopravvenienza di figli.
La donazione non va confusa con la liberalità d’uso (mance), perché nelle liberalità d’uso, non vi è spirito di liberalità, ma una volontà di conformarsi agli usi.
La donazione obnuziale (favor matrimonii) è fatta dal donante in caso di matrimonio, sia a favore del donatario, che a favore di entrambi gli sposi. Tale donazione si perfeziona senza l’accettazione del donatario e i suoi effetti sono subordinati alla celebrazione del matrimonio, perché nel caso il matrimonio fosse annullato, la donazione si ritiene nulla; anche questa donazione non può essere revocata.
Requisito necessario e fondamentale per la validità della donazione è la capacità del donante di disporre dei propri beni: infatti i minori, gli inabilitati e gli interdetti non hanno la capacità di donare; tuttavia sono valide le donazioni fatte dal minore o dall’inabilitato nel contratto di matrimonio.
Il legislatore prevede una maggiore tutela per il donante incapace naturalmente, in quanto, ai fini dell’annullamento dell’atto, è richiesta solo la prova dell’incapacità di intendere e di volere.
È logicamente vietato al rappresentante legale dell’incapace di fare donazioni in nome della persona rappresentata, perché la donazione è atto personale e, proprio per questo, è nullo il mandato a donare, con il quale un soggetto attribuisce ad un altro la facoltà di determinare il donatario o l’oggetto della donazione; tale mandato è valido solo se il donante ha preventivamente determinato questi caratteri fondamentali.
La donazione a favore dei nascituri è quel contratto di donazione fatto dal donante al figlio concepito o non di una determinata persona vivente al tempo della donazione; al genitore del donatario spetta il potere di accettazione, ma l’amministrazione dei beni oggetto della donazione spetta al donante, fino alla nascita del donatario.
La donazione con efficacia reale consiste nell’arricchimento del donatario mediante il trasferimento a questi di un diritto di proprietà, di un altro diritto reale, di un diritto di credito, della costituzione di un diritto reale di godimento, oppure di una nuda proprietà con riserva dell’usufrutto a favore del donante.
Non possono essere oggetto di donazione i beni futuri e quindi questa donazione è nulla.
La donazione può avere anche efficacia obbligatoria: è l’esempio dell’assunzione del donante di un’obbligazione verso il donatario che può essere anche a carattere periodico.
Nel caso di una semplice obbligazione, il diritto di credito del donatario sorge immediatamente con la stipulazione; nel caso di una donazione con oggetto un’obbligazione periodica, l’obbligo delle prestazioni periodiche del donante si estingue con la morte dello stesso (rendita vitalizia).
La donazione ad efficacia obbligatoria può avere come oggetto un obbligo di dare, ma anche di fare.
La forma richiesta per la donazione è quella dell’atto pubblico, in presenza di 2 testimoni; altro requisito per i beni mobili, è che devono essere specificati e stimati nello stesso atto o in una nota separata.
Il requisito formale dell’atto pubblico riguarda anche l’accettazione del donatario che può essere fatta con atto pubblico posteriore alla donazione: gli effetti si produrranno solo dopo la notifica del donante e le parti, fino a quel momento, possono revocare la loro dichiarazione.
L’atto pubblico non è richiesto per le donazioni di beni mobili di modico valore, in quanto basta la semplice consegna della cosa (donazione manuale).
La donazione si dice modale quando è gravata da un onere per il donatario; egli è tenuto ad adempiere l’onere nei limiti del valore della donazione e, nel caso è inadempiente, il donante o i suoi eredi, possono chiedere la risoluzione per inadempimento se è prevista nel contratto di donazione. L’onere si ritiene non apposto se è illecito o impossibile.
Il modo (onere) obbliga ma non sospende, la condizione sospensiva sospende ma non obbliga, la condizione risolutiva agisce automaticamente, a differenza della risoluzione per inadempimento dell’onere che deve essere prevista nel contratto.
Il donante può riservarsi la facoltà di disporre di qualche oggetto o di una determinata somma che sono compresi nella donazione.
La donazione si praemoriar è sottoposta alla condizione della morte del donante: nel momento in cui si verifica tale evento, la donazione produce i suoi effetti.
Il donante, in caso d’inadempimento o di ritardo nell’eseguire la donazione, è responsabile solo per dolo o colpa grave: egli deve garantire che l’oggetto della donazione sia privo di vizi, rispondendo dell’evizione solo quando ha promesso la garanzia espressamente e il dolo o colpa grave sono a lui imputabili; nelle donazioni modali e rimuneratorie egli è responsabile in proporzione all’onere.
La donazione può essere revocata per ingratitudine o per sopravvenienza di figli; sono irrevocabili la donazione rimuneratoria e quell’obnuziale.
La revocazione per ingratitudine è chiesta se il donatario ha commesso: omicidio (tentato o concluso) del donante, del coniuge o di un suo erede; calunnia, falsa testimonianza e ingiuria grave nei confronti del donante.
Tale revocazione può essere chiesta dal donante, o dai suoi eredi, contro il donatario e suoi eredi, entro un termine di decadenza di 1 anno dal fatto commesso o della sua conoscenza.
Affinché la donazione sia revocata per sopravvenienza di figli, sono necessari 2 presupposti:
1. la mancanza di figli o discendenti legittimi, o l’ignoranza di averne al tempo della donazione;
2. la sopravvenienza o l’apprendere l’esistenza di un figlio o di un discendente legittimo.
Un altro caso possibile per la revoca della donazione è il riconoscimento del figlio naturale effettuato entro 2 anni dalla donazione.
L’azione di revoca della donazione per sopravvenienza di figli decade dopo 5 anni, dal giorno della nascita dell’ultimo figlio o discendente legittimo.
Questa azione non può essere esperita dal donante dopo la morte del figlio o del discendente legittimo.
La sentenza costitutiva di revoca fa sorgere l’obbligo al donatario di restituire i beni in natura e i frutti maturati dal giorno della domanda al donante; nel caso i beni sono stati alienati, il donatario deve restituire il valore che la cosa aveva al tempo della domanda.
118. Divisione. La divisione è il contratto con il quale si scioglie la comunione attribuendo ad ognuno dei condividenti una parte di beni, di valore corrispondente o quello delle relative quote.
La divisione può avere luogo in natura e, al fine di compensare le ineguaglianze tra le quote ereditarie, sono previsti dei conguagli in denaro.
Alla divisione prendono parte tutti i comunisti, pena la nullità dell’atto, e quindi esso si configura come un contratto bilaterale o plurilaterale.
La divisione è un contratto a titolo oneroso e non comporta alcun trasferimento di diritti, in quanto ha efficacia retroattiva: infatti, ciascun condividente si considera come se fosse stato proprietario esclusivo dei beni corrispondenti alla propria quota, sin dalla conclusione della comunione.
La divisione è un negozio dichiarativo in quanto non modifica la realtà preesistente; tuttavia, la giurisprudenza la considera:
• o un contratto modificativo, perché provoca l’estinzione della comunione;
• o un contratto costitutivo, perché produce la nascita di molteplici diritti di proprietà.
Per quanto riguarda la forma, se ha ad oggetto beni immobili è richiesta la forma scritta, pena la nullità dell’atto, e la trascrizione del contratto.
La divisione può essere rescissa quando uno dei condividenti prova di essere stato leso oltre ¼; tale azione si prescrive in 2 anni dalla divisione. L’azione di rescissione della divisione può essere troncata, se il condividente contro il quale è stata promossa l’azione, versa un supplemento della sua porzione all’attore ed agli altri condividenti.
La divisione può essere annullata solo per violenza o dolo, e non per errore; questo perché:
• nel caso di errore di omissione di bene, opera il rimedio del supplemento;
• nel caso di errore sulla stima di beni, opera la rescissione per lesione;
• nel caso di errore sui presupposti della divisione (numero dei condividenti), la divisione si ritiene nulla e non annullabile;
• nel caso di errore derivante da evizione, operano le norme di quest’ultima.
Per la divisione ereditaria e per la divisione di cose comuni sono applicate le stesse norme fornite dal codice in modo dettagliato.
e. Contratti aleatori
119. Gioco e scommessa. Il gioco e la scommessa, nei casi non previsti dalla legge, non sono considerati come un rapporto obbligatorio, ma come un’obbligazione naturale; infatti, il venditore non può agire contro il debitore inadempiente, e il debitore non può ripetere quanto versato, salvo nei casi di frode.
La ratio di tale principio è la futilità della causa del guadagno.
In ipotesi tassativamente indicate (giochi e scommesse riguardanti competizioni sportive e lotterie), il vincitore è legittimato ad agire in giudizio per ottenere l’adempimento della prestazione dal debitore: si parla dei contratti aleatori, dove l’alea (caso) consiste nell’incertezza della vincita. Questi tipi di gioco e scommessa, previsti dalla legge, sono tutelati perché incentivano indirettamente le attività sportive oppure gli obiettivi di utilità sociale.
I giochi d’azzardo (fondati sulla fortuna, più che sulla bravura del giocatore) e le scommesse illecite sono proibiti e sanzionati penalmente dalla legge; tuttavia, quando questi tipi di gioco sono esercitati nelle forme autorizzate (casinò), non è prevista la sanzione penale, ma permane l’impossibilità del vincitore di agire contro il debitore inadempiente, e permane l’impossibilità di ripetere ciò che si è versato.
120. Assicurazione. (art. 1882 c.c.) L’assicurazione è il contratto con il quale l’assicuratore, contro il pagamento di un premio, si obbliga a rivalere (coprire monetariamente) l’assicurato, del danno procuratogli da un sinistro, e si obbliga anche a pagare un capitale o una rendita, nel caso si verifichi un evento attinente alla vita umana dell’assicurato.
Il contratto di assicurazione si è diffuso particolarmente nel settore delle responsabilità civili e soprattutto nel settore delle responsabilità sociali (malattia, infortuni, ecc…) che sono regolate da leggi speciali.
Il settore delle assicurazioni è stato disciplinato anche a livello comunitario, e, infatti, le compagnie assicurative aventi sede nei paesi dell’U.E. possono liberamente operare in tutti i parsi dell’Unione, previa autorizzazione del paese membro in cui vanno ad agire.
L’elemento costitutivo del contratto di assicurazione è il rischio. Infatti, la funzione del contratto di assicurazione è quella di trasferire il rischio dall’assicurato all’assicuratore, il quale entro i limiti consentiti, deve pagare l’assicurato del danno provocatogli da un sinistro (assicurazione contro i danni = funzione indennitaria), oppure deve pagare un capitale o una rendita nel momento in cui si verifica un evento attinente alla vita umana dell’assicurato (assicurazione sulla vita = funzione previdenziale).
Il contratto di assicurazione è:
• un contratto a prestazioni corrispettive, perché esistono 2 prestazioni:
o una che è certa e determinata, ossia il pagamento del premio assicurativo;
o l’altra, invece, che è subordinata al verificarsi del sinistro o dell’evento attinente alla vita umana;
• un contratto commutativo, perché le 2 prestazioni sono scambiate in base ad un nesso di reciprocità;
• un contratto aleatorio, perché l’assicurato rischia di pagare il premio a fondo perduto qualora il sinistro o l’evento attinente alla vita umana non si verifichi, e l’assicuratore, rischia di pagare ingenti somme nel caso il sinistro o l’evento si verifichi: l’alea è appunto il verificarsi del rischio.
L’attività assicurativa presuppone un’organizzazione in forma d’impresa che deve essere esercitata da un istituto di diritto pubblico o da una s.p.a. e con l’osservanza delle norme stabilite dalle leggi speciali; l’attività può essere esercitata anche da cooperative a responsabilità limitata.
L’attività assicurativa è controllata, su autorizzazione del Ministero dell’Industria, da un ente dotato di personalità giuridica come l’ISVAP e la CONSOB.
Le imprese di assicurazione si avvalgono di soggetti che concludono i contratti di assicurazione per nome e per conto delle compagnie in virtù di un rapporto di agenzia: tali soggetti gli agenti di assicurazione, autorizzati a svolgere l’attività.
Nel contratto di assicurazione sono definiti 3 soggetti:
• il contraente, colui che stipula il contratto di assicurazione;
• l’assicurato, colui su cui grava il rischio che si verifichi il sinistro e l’evento attinente alla vita umana;
• il beneficiario, colui che beneficia del pagamento dell’assicuratore.
Non sempre queste 3 figure sono riunite nella stessa persona:
• nel contratto di assicurazione per conto altrui o per conto di chi spetta, la figura del contraente è diversa da quella dell’assicuratore-beneficiario;
• nel contratto di assicurazione sulla propria vita a beneficio di un terzo, la figura del contraente coincide con quella dell’assicurato, ma il beneficiario è in terzo soggetto.
Quando l’assicurazione in nome altrui è stipulata da un rappresentante senza poteri, questi è tenuto al pagamento del premio fino a quando l’assicuratore non ricevi la notizia della notifica o del rifiuto della rappresentanza da parte dell’interessato-rappresentante.
Il contratto di assicurazione è consensuale, in quanto si perfeziona con il consenso delle parti e cioè, quando il proponente ha notizia dell’accettazione da parte dell’oblato.
La proposta del proponente è irrevocabile fino allo scadere del 15° giorno per le assicurazioni contro i danni; è revocabile per le assicurazioni sulla vita e all’assicurato spetta il rimborso dei premi versati dedotte le spese.
La nota di copertura è il contratto con il quale le parti, nelle more, coprono il rischio fino all’eventuale conclusione delle trattative.
Il contratto di assicurazione è efficace solo dal momento del pagamento del premio da parte dell’assicurato; nel caso l’assicurato non paghi alla scadenza, l’assicurazione è sospesa per 24 ore e, se tale situazione perdura, l’assicuratore può agire per il recupero dei premi non pagati e il contratto si risolve automaticamente.
La forma richiesta per il contratto di assicurazione è quella scritta e prende il nome di polizza; essa (polizza) è importante soprattutto per la funzione probatoria.
Nei casi di assicurazioni sulla vita, le imprese hanno l’obbligo di comunicare al contraente, prima e durante il rapporto, una serie di informazioni relative all’operazione contrattuale; nei casi di assicurazione contro i danni, le imprese hanno solo l’obbligo d’indicare al contraente la legislazione applicabile al contratto.
Il rischio si può atteggiare in modo diverso:
• se è inesistente dall’origine, il contratto di assicurazione è nullo;
• se cessa di esistere dopo la conclusione del contratto, il contratto si risolve, ma l’assicuratore ha diritto al premio fin quando la cessazione del rischio non gli viene comunicata o non è da lui conosciuta.
Il premio può essere ridotto nel caso si abbia una proporzionale riduzione del rischio e può aumentare nel caso contrario.
Il contratto di assicurazione è annullabile se l’assicuratore valuta le dichiarazioni dell’assicurato reticenti o inesatte, tanto che se l’assicuratore la avesse conosciute non avrebbe stipulato il contratto.
121. Segue. Assicurazione contro i danni. L’assicurazione contro i danni trasferisce all’assicuratore il rischio connesso al danno che potrebbero subire cose o diritti patrimoniali dell’assicurato.
La ratio di questo contratto è l’interesse dell’assicurato di essere indennizzato nel caso si verifichi il danno che rientra nel rischio dell’assicurato; se tale interesse manca al momento della conclusione del contratto, esso (contratto) è nullo, se tale interesse viene meno durante il rapporto, il contratto viene sciolto.
Si delinea così il principio indennitario, secondo il quale l’assicuratore è obbligato ad indennizzare il danno sofferto dall’assicurato in conseguenza al sinistro, e tale indennizzo non può mai essere superiore al danno subito dall’assicurato.
Le parti possono anche introdurre clausole con le quali delimitano l’oggetto e la misura del rischio assicurato; esempi sono:
• la franchigia semplice, con la quale si escludono i danni inferiori ad una certa cifra;
• la franchigia assoluta, con la quale si prevede un abbattimento alla base sull’indennizzo (riduzione);
• massimale o tetto massimo, con il quale le parti determinano il valore massimo che l’assicuratore deve coprire, fermo restando che l’indennizzo non deve superare il valore che la cosa aveva al tempo del sinistro.
L’assicuratore non risponde dei danni dovuti ad un vizio intrinseco delle cose e non risponde dei danni legati a fatti eccezionali come il terremoto, le insurrezioni, ecc…
La sovrassicurazione si verifica quando l’indennizzo supera il valore che la cosa aveva al tempo del sinistro; essa comporta nullità del contratto se dipende da dolo dell’assicurato.
La sottoassicurazione si verifica quando l’indennizzo dovuto all’assicurato è inferiore al valore che la cosa aveva al tempo del sinistro: essa può essere determinata dalle parti o da una svalutazione monetaria; tuttavia le parti possono accordare la clausola assicurazione a primo rischio, con la quale si obbliga l’assicuratore ad indennizzare l’integrale copertura del danno.
L’assicurazione plurima è il contratto con il quale un soggetto, per il medesimo rischio, contrae più assicurazioni presso diversi assicuratori, previo avviso a ciascuno di essi; al beneficiario, nell’ipotesi di sinistro, spetta l’indennizzo secondo i rispettivi contratti, purché, la loro somma, non superi l’importo massimo dell’ammontare del danno. Il beneficiario, comunque, può rivolgersi indifferentemente ad uno qualsiasi degli assicuratori per riscuotere l’indennizzo, e l’assicuratore che ha pagato l’intero importo ha diritto di regresso verso gli altri.
La coassicurazione è un unico contratto con il quale più assicuratori, in accordo fra di loro, si obbligano a rispondere all’indennità del rischio in proporzione alla propria quota; il contratto è unico e su questo sono riportate le quote di rischio e, mediante la clausola delega, un assicuratore può gestire il rapporto in qualità di mandatario.
L’assicuratore, dopo aver pagato l’indennità, può surrogarsi nei diritti dell’assicurato verso gli eventuali terzi responsabili per l’ammontare dell’indennità versata.
L’assicurato, per ottenere il pagamento dell’indennità, è obbligato ad informare l’assicuratore del sinistro entro 3 gg.; inoltre, egli è tenuto all’obbligo di salvataggio facendo tutto il possibile per evitare o diminuire il danno. Se viola tali obblighi:
• nell’ipotesi di dolo, l’assicurato perde il diritto all’indennità;
• nell’ipotesi di colpa, vi è la risoluzione del contratto.
Se l’assicurato vende la cosa assicurata, il contratto di assicurazione non è risolto, se si tratti di una polizza al portatore; l’assicurato è tenuto ad informare l’assicuratore e l’acquirente, altrimenti egli (assicurato) resta obbligato a pagare il premio. Una volta ricevuta la comunicazione, l’acquirente è libero anche di rifiutare l’assicurazione e l’assicuratore può recedere dal contratto.
L’assicurazione della responsabilità civile, mediante il trasferimento del rischio all’assicuratore, tiene indenne l’assicurato dalla somma che questi dovrebbe pagare ad un terzo per responsabilità derivante da illeciti contrattuali o extracontrattuali, salvo i casi di fatto doloso dell’assicurato.
Tale assicurazione prevede un rimborso dell’assicuratore verso l’assicurato per la somma che quest’ultimo ha dovuto versare al terzo danneggiato.
L’assicuratore ha la facoltà di pagare direttamente il danneggiato, previa comunicazione all’assicurato; tuttavia, se l’assicurato richiede che l’assicuratore paghi direttamente il danneggiato, egli (assicuratore) non può rifiutarsi.
L’assicurazione per la responsabilità civile è diventata obbligatoria per determinati settori come la caccia, la gestione di impianti nucleari, e soprattutto per i proprietari di veicoli a motore e natanti. In quest’ultimo caso, quello dei veicoli e dei natanti, si parla di R.C.A. (responsabilità civile automobilistica). La finalità di questa assicurazione non è tanto tutelare il danneggiante, ma di tutelare il terzo danneggiato. Il terzo danneggiato può agire in modo diretto nei confronti dell’assicuratore del danneggiante per ottenere l’indennizzo; l’assicuratore non può opporre al terzo danneggiato le eccezioni che può opporre al danneggiante-assicurato. Il terzo danneggiato è tenuto ad effettuare una richiesta di indennizzo in forma scritta ed attendere 60 gg.
Per terzo danneggiato non s’intende il guidatore danneggiante, il coniuge e tutti i soggetti legati da parentela fino ad un certo grado.
La legge, per tutelare ulteriormente il terzo danneggiato, ha istituito:
• un fondo di garanzia per le vittime della strada in ipotesi di infortunio causato da veicolo non identificato, sprovvisto di assicurazione, ecc…;
• obbligo legale a contrarre, per le compagnie assicurative, pena la revoca dell’autorizzazione all’esercizio per il ramo R.C.A. ;
• estensione della copertura nell’ipotesi di circolazione di veicolo avvenuta prohibente domino (senza il consenso del proprietario).
Nell’ipotesi di trasferimento dell’autoveicolo si verifica anche la cessione del diritto del contratto ad esse inerente; tuttavia l’assicurato, previa tempestiva comunicazione all’assicuratore, può richiedere il trasferimento del contratto relativo all’autoveicolo alienato ad altro di sua proprietà che ne sia sprovvisto.
122. Segue. Assicurazione sulla vita. Mentre l’assicurazione contro i danni svolge una funzione tipicamente indennitaria, l’assicurazione sulla vita svolge una funzione di natura previdenziale o altruistica; l’assicurazione sulla vita è il contratto con il quale l’assicuratore, contro un versamento di un premio, si obbliga a pagare un capitale o una rendita all’assicurato nel momento in cui si verifica l’evento preso in considerazione della vita umana dell’assicurato.
Tale tipologia di assicurazione si è sviluppata in un modo così enorme tanto da richiedere una maggiore tutela per il contraente: difatti, il contraente ha diritto a ricevere tutte le informazioni che riguardano l’operazione contrattuale e ha diritto a recedere dal contratto entro 30 giorni mediante una comunicazione che obbliga l’assicuratore a restituire i premi trattenendo le spese, salvo che il contratto non abbia durata pari o inferiore a 6 mesi.
L’assicurazione sulla vita si differenzia in:
● assicurazione per la morte, se l’evento preso in considerazione è il raggiungimento di una determinata età (morte) da parte dell’assicurato;
● assicurazione per la vita, se l’evento preso in considerazione è il superamento di una determinata età (sopravvivenza) da parte dell’assicurato.
L’assicurazione per la morte propria è un contratto a favore di un terzo beneficiario che acquista i vantaggi derivanti dall’assicurazione; l’assicuratore può revocare il beneficiario solo se egli (l’assicurato) non abbia rinunciato al diritto di revoca.
Si ha decadenza del beneficio quando il beneficiario attenti alla vita dell’assicurato e, inoltre, se l’assicurazione è fatta a titolo di liberalità, essa (assicurazione) può essere revocata per ingratitudine o per sopravvenienza di figli.
L’indennizzo che l’assicuratore deve versare al beneficiario è sottratto alle azioni esecutive e cautelari dei creditori in base al principio della funzione previdenziale che svolge.
L’assicurato può esercitare il diritto di riscatto che risolve anticipatamente il contratto, purchè abbia una durata minima e che siano stati versati un certo numero di premi; l’assicurato può esercitare il diritto di risoluzione della somma assicurata cessando il pagamento dei premi.
L’assicurato ha l’obbligo di pagare i premi all’assicuratore; se il contraente non paga i premi successivi ai 20 giorni di tolleranza dalla scadenza, il contratto si risolve di diritto e i premi sono acquisiti dall’assicuratore. L’assicurato, tuttavia, può con la clausola di riattivazione sospendere la risoluzione di diritto pagando i premi scaduti maggiorati degli interessi e dalle spese, sempre che nel frattempo non si sia verificato il sinistro.
Il cambiamento di professione o di attività dell’assicurato può essere la causa della risoluzione del contratto o della riduzione del pagamento della somma assicurata, se la nuova professione o attività può aggravare il rischio di sua morte. Nel momento in cui l’assicurato da notizia all’assicuratore di tali cambiamenti, quest’ultimo (l’assicuratore) deve entro 15 giorni dichiarare se intende risolvere il contratto o ridurre la somma assicurata o aumentare il premio; nel caso in cui l’assicuratore dichiari di voler o ridurre la somma assicurata o di aumentare il premio, l’assicurato deve dichiarare se accetta ( basta anche il silenzio) oppure no e, nel caso non accetti, il contratto si risolve.
Nel caso in cui si verifichi il suicidio dell’assicurato, l’assicuratore non è tenuto al pagamento dall’indennizzo se non sono passati 2 anni dalla conclusione del contratto o dalla cessazione della sospensione del contratto; nel caso contrario, l’assicuratore è obbligato a versare l’indennizzo indipendentemente da un suicidio volontario o meno, perché il suicidio viene equiparato al caso fortuito.
123. Riassicurazione. La riassicurazione è il contratto con il quale l’assicuratore si garantisce dal rischio assunto verso l’originario assicurato assumendo a sua volte la veste di assicurato presso un secondo assicuratore (riassicuratore). Questo contratto viene stipulato dall’assicuratore quando valuta che i premi raccolti sono insufficienti a pagare le indennità dovute.
Il riassicuratore può anche lui assicurarsi stipulando un altro contratto di chiamato retrocessione. Assicurazione, riassicurazione e retrocessione sono tre contratti autonomi ma collegati.
I contratti di riassicurazione possono essere generali o per singoli rischi ed è richiesta la forma scritta a fini probatori.
I contratti di riassicurazione generali sono chiamati anche trattati e si differenziano in:
● trattati di quota pura, quando i rischi di un determinato settore sono riassicurati per una quota prestabilita;
● trattati di eccedenza, quando sono riassicurati i rischi che eccedono una certa quota;
● trattati per eccesso di danno o di perdita, quando sono riassicurati i rischi che eccedono una certa quota o che eccedono i premi incassati in 1 anno.
Nei casi di riassicurazione, il rapporto di assicurazione originario sussiste sempre tra assicuratore e assicurato originario e non sussiste tra assicurato originario e riassicuratore, perché non è il caso della coassicurazione. Tuttavia, l’assicurato originario può surrogarsi all’assicuratore inadempiente nei confronti del riassicuratore; quest’ultimo (il riassicuratore) può opporre all’assicurato originario l’eccezione che avrebbe potuto opporre all’assicuratore-assicurato.
124. Rendita vitalizia perpetua. La rendita perpetua e la rendita vitalizia sono due contratti consensuali ed è richiesta per entrambi la forma scritta, pena la nullità; tuttavia, solo la rendita vitalizia è da considerarsi un contratto aleatorio, mentre la rendita perpetua è un contratto commutativo.
Con la rendita perpetua, un soggetto si obbliga verso un altro soggetto a pagargli in perpetua una periodica somma di denaro o una determinata quantità di cose fungibili come corrispettivo per l’acquisto di un bene immobile (rendita fondiaria) o per la cessione di un capitale (rendita semplice); in entrambe le ipotesi di rendita, fondiaria e semplice, il debitore garantisce la sua obbligazione mediante ipoteca.
La rendita perpetua può essere costituita come onere a carico di colui verso il quale è stata effettuata l’alienazione di un immobile a titolo gratuito o la cessione gratuita di un capitale (donazione modale).
Visto che la giurisprudenza non tollera un debito perpetuo, il debitore ha il diritto al riscatto che comporta l’estinzione del rapporto mediante il pagamento di una somma di denaro pari alla capitalizzazione della rendita annua. Tuttavia, il debitore può anche essere costretto al riscatto (riscatto forzoso) in tre ipotesi:
1. nel caso non ha pagato due annualità di rendita;
2. quando non ha fornito al creditore le garanzie promesse;
3. nel caso il debitore abbia venduto o diviso il fondo tra più di tre persone.
Il debitore, nel caso il creditore ne faccia richiesta e nel caso che la rendita deve durare per oltre i 10 anni, è obbligato a rilasciare la ricognizione, un nuovo documento che assolve a finalità probatorie.
Con la rendita vitalizia, un soggetto (vitaliziante) si obbliga verso un altro (vitaliziato) a pagargli fino alla sua (del vitaliziato) morte una periodica somma di denaro o una determinata quantità di cose fungibili, come corrispettivo per l’acquisto di un bene mobile o immobile o per la cessione di un capitale; la rendita vitalizia termina alla morte del vitaliziato, a differenza della rendita perpetua che è dovuta anche a suoi eredi.
La rendita vitalizia è un contratto aleatorio e l’alea sta proprio nel fatto che non è possibile determinare la data precisa della morte del vitaliziato e quindi è incerta la determinazione dei vantaggi e degli svantaggi.
Essa può essere costituita o a titolo gratuito, per donazione o testamento, o a titolo oneroso; la sua durata può essere rapportata alla durata della vita del beneficiario, di una terza persona o di più persone.
Il debitore non può esercitare il diritto al riscatto e non è ammessa neanche la risoluzione per inadempimento nel pagamento delle rate, perché il creditore-vitaliziato può soltanto far sequestrare e vendere i beni del debitore al fine di assicurarsi il pagamento della rendita.
La risoluzione è ammessa solo se il debitore non fornisce o diminuisce le garanzie pattuite.
Il vitalizio alimentare o contratto di mantenimento è il contratto con il quale un soggetto si obbliga, come corrispettivo all’acquisto di un immobile o di altri beni e utilità, a fornire al soggetto alienante vitto, alloggio, assistenza; è un contratto aleatorio a intuitu personae che ha per oggetto una prestazione di fare e non di dare come la rendita.
f. Contratti di garanzia e di finanziamento.
125. Fideiussione, mandato di credito, anticresi. La fideiussione è una situazione personale di garanzia; è il contratto con il quale una persona (fideiussore) garantisce, obbligandosi personalmente verso il creditore, l’adempimento dell’obbligazione altrui.
Il negozio fideiussorio è preso in considerazione solo quando la volontà del fideiussore di obbligarsi è direttamente espressa; tale volontà deve essere precisa ed univoca perché non basta una semplice dichiarazione come “per i miei clienti rispondo io” per fare sorgere il vincolo fideiussorio. Ancora, per le fideiussioni a favore di un istituto di credito è richiesta, oltre la forma scritta, anche la consegna di un “esemplare” del documento contrattuale del cliente.
Alla fideiussione a volte può essere apposta la c.d. clausola limitativa, che afferma che “ogni eccezione di qualsiasi natura potrà essere fatta valere soltanto dopo l’integrale soddisfacimento della richiesta del creditore”. La funzione di questa clausola è quella di assicurare al creditore una rapida realizzazione del suo interesse: il fideiussore, infatti, per opporre le proprie eccezioni deve prima adempiere al creditore.
Le parti possono anche decidere di apporre alla fideiussione la clausola solve et repete al fine di non evitare e di non ritardare la prestazione dovuta.
Il mandato di credito è il contratto con il quale un soggetto si obbliga verso un soggetto a far credito ad un terzo soggetto; il soggetto che si obbliga assume responsabilità come fideiussore di un debito futuro.
L’anticresi è il contratto con il quale il debitore si obbliga a consegnare un immobile al creditore a scopo di garanzia e il creditore può percepire i frutti imputandoli prima agli interessi e poi al capitale; è, però, vietato che la proprietà dell’immobile passi al creditore nell’ipotesi di debitore inadempiente, secondo il divieto del patto commissorio.
126. Contratti autonomi di garanzia. L’interesse del creditore non è tutelato nella sua immediata realizzazione soltanto con la fideiussione con clausola solve et repete: difatti, esiste anche il contratto di garanzia autonomo a prima richiesta.
Il contratto di garanzia autonomo a prima richiesta è il contratto con il quale un soggetto A garantisce ad un soggetto B il pagamento di una somma di denaro al creditore del soggetto B; di solito il soggetto A, cioè quello che si obbliga, è un operatore professionale (banca, compagnia di assicurazione, ecc…) che si assume il rischio dell’insolvenza del debitore.
La differenza di tale contratto con la fideiussione è che il contratto di garanzia a prima richiesta non ha il carattere dell’accessorietà tipica della fideiussione e il garante non può far valere le eccezioni fondate sul rapporto garantito.
127. Ipoteca e pegno: rinvio. Il pegno è una forma di garanzia reale: esso è concesso dal debitore o da un terzo al creditore insoddisfatto il quale può procedere o alla vendita del bene o alla richiesta di espropriazione.
Il titolo costitutivo del pegno è non solo il contratto, ma l’atto unilaterale e il testamento. Il modo di costituzione, anche se è un contratto consensuale, si identifica nella consegna del bene gravato dal pegno: la consegna produce lo spossessamento del bene dal debitore al creditore, realizzando l’indisponibilità dello stesso bene al debitore.
Tuttavia, non sempre avviene lo spossessamento, anche se la funzione di garanzia produce lo stesso i suoi effetti: si parla di pegno anomalo quando il bene resta in possesso del debitore; si parla di pegno su merci in lavorazione quando la garanzia grava su beni che vengono contrassegnati.
Per i pegni di credito o di altri diritti, il modo di costituzione è rappresentato dalla notifica o dall’annotazione su appositi registri.
Per quanto riguarda l’oggetto, il pegno non può gravare su beni futuri salvo che questi siano determinabili sulla base del rapporto obbligatorio già esistente; è ammesso, comunque, il pegno omnibus che attribuisce alla banca la garanzia pignoratizia su tutti i beni del correntista, non solo su quelli che sono detenuti dalla banca, ma anche quelli che successivamente vengono da essa detenuti.
La forma del pegno è libera e la forma scritta è richiesta solo per l’esercizio della prelazione e non per la validità.
L’ipoteca è una forma di garanzia reale; essa è concessa dal debitore o da un terzo al creditore insoddisfatto che può procedere all’espropriazione.
Il titolo costitutivo si differenzia in base al fatto che l’ipoteca sia volontaria, legale o giudiziale:
● nell’ipotesi di ipoteca volontaria, titolo costitutivo è non solo il contratto ma anche l’atto unilaterale;
● nell’ipotesi di ipoteca legale, titolo costitutivo è la pretesa del legislatore all’iscrizione ipotecaria, che avviene anche d’ufficio;
● nell’ipotesi di ipoteca giudiziale, il titolo costitutivo è un provvedimento giudiziale, come la sentenza di una condanna di pagamento; l’iscrizione spetta alla parte.
Il modo di costituzione è l’iscrizione dell’ipoteca bei pubblici registri immobiliari: l’iscrizione rappresenta una pubblicità costitutiva (perché fa nascere l’ipoteca) a differenza della trascrizione che è una pubblicità dichiarativa.
La forma richiesta per l’ipoteca è l’atto pubblico o una scrittura privata; l’ipoteca può essere concessa anche da un terzo soggetto diverso dal debitore.
Per quanto riguarda l’oggetto, l’ipoteca può gravare anche su beni altrui e su beni futuri:
● l’ipoteca su beni altrui è concessa da chi non è proprietario della cosa e l’iscrizione è valida solo quando la cosa è stata acquistata dal concedente;
● l’ipoteca su beni futuri può essere validamente iscritta solo quando la cosa è venuta in esistenza.
128. Contratti bancari. L’attività creditizia consiste nell’esercizio di due operazioni tra loro collegate: un’operazione passiva, che è la raccolta del risparmio e un’operazione attiva, che è l’erogazione del credito.
L’attività creditizia è un’attività di impresa in quanto professionalmente organizzata per la produzione e lo scambio di beni e di servizi. Tale impresa deve avere uno statuto caratterizzato: da un’autorizzazione per l’esercizio dell’attività; dall’esercizio di vigilanza da parte dell’autorità creditorie come la Banca d’Italia; da una particolare disciplina; dalla garanzia di uno stato sano e di una gestione prudente.
Per quanto riguarda i contratti, è stata introdotta nella disciplina la riproduzione nei contratti delle clausole contenute nelle Norme Bancarie Uniformi (Nbu); è stata introdotta anche un tasso concordemente indicato dalle banche.
La normativa prevede innanzitutto che le banche assolvano un obbligo di informazione, pubblicizzando i tassi di interessi, i prezzi, le spese, le clausole, ecc….
La forma richiesta per i contratti bancari è quella scritta.
Circa il contenuto, nel contratto devono essere specificare le spese, il tasso di interesse e ogni altro prezzo. Per quanto riguarda il tasso di interesse, esso può subire una variazione sfavorevole per il cliente solo se tale possibilità è stata prevista nel contratto; la variazione deve essere comunicata al cliente, pena la nullità, e quest’ultimo ha, entro 15 giorni, il diritto di recedere a di ricevere una liquidazione.
Le imprese creditizie hanno l’obbligo a contrarre, con il conseguente obbligo di specificare in modo esatto il motivo del rifiuto di contrarre con un cliente.
129. Segue. Operazioni passive. Il deposito bancario è un’operazione passiva consistente nella raccolta di risparmi per creare la necessaria provvista per l’erogazione di crediti.
Al cliente è applicato un tasso che è basso, se la banca è tenuta a restituire la somma su semplice richiesta (rispettando comunque un adeguato preavviso), oppure è alto, quando le parti hanno accordato un termine per la restituzione.
Il deposito bancario è visto sia come un deposito irregolare che come un mutuo (dove il mutuante è il cliente e il mutuato è la banca); tale deposito svolge una duplice funzione: una funzione di custodia per il cliente e una funzione di prestito per la banca. Alla scadenza, la banca è tenuta a restituire la somma “ricevuta in prestito” maggiorata dagli interessi.
Il deposito bancario è un contratto oneroso e reale: può essere regolato con conto corrente, con un certificato di deposito o con un libretto di risparmio.
Sul libretto di risparmio vanno annotati tutti i prelievi e i versamenti e tali annotazioni prevalgono anche sui documenti contabili interni della banca.
Il libretto può essere nominativo o al portatore; se è nominativo, esso è un documento di legittimazione in quanto colui a cui è intestato è l’unico avente diritto alla prestazione;
se è al portatore, esso è considerato un titolo di credito perché chiunque la possegga può esercitare il diritto.
130. Segue. Operazioni attive. Tra le operazioni attive, il codice disciplina il credito al consumo, il mutuo (di cui abbiamo già parlato nel paragrafo 87), i crediti speciali, l’aperture di credito, l’anticipazione bancaria, lo sconto.
Per quanto riguarda il credito al consumo, esso è il contratto con il quale un soggetto professionalmente qualificato ed espressamente individuato dalla legge concede un credito sotto forma di finanziamento, dilazione di pagamento, o altra facilitazione finanziaria a favore di un consumatore che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale e professionale.
La ratio di tale contratto è quella di tutelare il consumatore da operazioni finanziarie gravose. È prescritta la pubblicità del contenuto del contratto e le informazioni sul Taeg (tasso annuo effettivo globale), il quale indica il costo totale del credito compresi gli interessi e gli oneri da sostenere.
La forma prevista è quella scritta, pena la nullità; il contratto deve contenere, oltre al Taeg, anche tutti gli altri termini della contrattazione.
Il consumatore ha il diritto di adempiere anticipatamente ma anche di recedere; egli può opporre le accezioni relative all’inadempimento del venditore.
Per quanto riguarda i crediti speciali, essi sono caratterizzati da una peculiare disciplina in base alla particolare destinazione del finanziamento o in base alla qualità del soggetto finanziato; esempi sono: un finanziamento a medio e lungo termine garantiti da ipoteca su immobili, credito alle opere pubbliche, ecc….
Per quanto riguarda l’apertura di credito, è il contratto con il quale la banca si obbliga a tenere a disposizione del cliente una somma di denaro per un dato periodo di tempo o tempo indeterminato; la funzione di tale contratto è quella di permettere al cliente di disporre della somma anche con molteplici prelievi fino all’ammontare di un determinato importo.
La somma messa a disposizione è di proprietà della banca fino a quando non è utilizzata dal cliente e da quel momento vengono calcolati gli interessi da rendere poi alla banca.
La forma prevista è quella scritta: tuttavia, tale contratto può essere già previsto al momento dell’apertura di un semplice conto corrente bancario.
L’apertura di credito può essere sia assistita da garanzia, sia non assistita e in quest’ultimo caso l’apertura di credito è detta allo scoperto.
Quando l’apertura di credito è assistita da garanzia, essa non si estingue quando il cliente non è più debitore della banca prima della scadenza del termine, perché egli può sempre disporre di tale somma fino alla scadenza.
Al termine del rapporto il cliente deve restituire la somma alla banca e tale operazione è chiamata rientro di fido.
La banca può recedere dal contratto di apertura di credito se sono diminuite le condizioni economiche dell’accreditato o se le sue garanzie sono insufficienti; il recesso provoca la sospensione immediata dell’utilizzo del credito, ma la banca deve concedere almeno 15 giorni al cliente per la restituzione. Se il contratto è a tempo indeterminato, le parti possono recedere solo dopo un adeguato preavviso stabilito o dal contratto o dagli usi e, in mancanza, in quello di 15 giorni.
Per quanto riguarda l’anticipazione bancaria, è il contratto con il quale il produttore dà in pegno alla banca merci o titoli al fine di farsi anticipare la somma di denaro che deve riscuotere dai compratori; esso è un finanziamento su merci.
L’elemento essenziale dell’anticipazione bancaria è la costituzione della garanzia: se tale garanzia diminuisce, la banca può richiedere un supplemento di garanzia oppure può procedere alla vendita delle merci o dei titoli soddisfacendosi sul ricavato.
La garanzia si configura nel pegno, il quale può essere:
● pegno regolare; la banca rilascia al cliente un documento nel quale sono individuati le merci o i titoli; la banca non può disporre delle cose ricevute in pegno, deve custodirle a spese del cliente e può anche restituirle parzialmente, trattenendo proporzionalmente un rimborso e le spese;
● pegno irregolare; quando le merci o i titoli non sono stati individuati oppure quando la banca può disporre di tali cose; la banca acquista la proprietà di tali cose, però è obbligata a restituire l’eccedenza;
● pegno su crediti; quando l’oggetto della garanzia sono crediti che devono essere riscossi; in questo caso la banca riscuote alla scadenza i crediti e, una volta trattenuti il rimborso e le spese, deve restituire l’eccedenza.
Per quanto riguarda lo sconto, è il contratto con il quale il cliente cede alla banca un suo credito non ancora scaduto, al fine di farsi anticipare l’importo: in questo caso, la banca acquista il credito e percepisce come prezzo della cessione la differenza tra il valore nominale del credito e la somma anticipata. La banca può disporre liberamente del credito e può anche darlo in risconto ad altre banche.
Lo sconto è eseguito con la clausola “salvo buon fine”, cioè è una cessione pro solvendo dove il debitore-cliente deve garantire alla banca l’esistenza del credito e deve rispondere dell’insolvenza del debitore ceduto.
Lo sconto può avvenire anche tramite girata di cambiali o di assegni; ancora, è molto frequente lo sconto delle ricevute bancarie, cioè lo sconto che avviene sulle quietanze emesse anticipatamente alla riscossione dal creditore e affidate alla banca per l’incasso.
131. Conto corrente di corrispondenza e crediti documentari. Il conto corrente bancario è il contratto con il quale la banca e il cliente regolano futuri rapporti; esso può contenere molte operazioni come il deposito, l’apertura di credito, ecc….
Il correntista può disporre normalmente delle somme a suo credito rispettando, comunque, un termine di preavviso.
Il conto corrente ordinario è il contratto con il quale le parti si obbligano ad annotare in un conto i crediti derivanti da reciproche rimesse (prestazioni) considerate inesigibili e indisponibili fino alla chiusura del conto e, solo in quel momento e una volta eseguita la compensazione, il saldo diviene esigibile.
La differenza tra il conto corrente bancario e il conto corrente ordinario è che il primo è caratterizzato dall’immediata esigibilità del credito da parte del cliente.
Il conto corrente di corrispondenza è il contratto con il quale la banca, dietro un corrispettivo (commissione), si obbliga a eseguire incarichi ricevuti dal correntista come ad esempio incassi, acquisti di titoli, pagamenti, conversione di assegni emessi dal cliente su apposito libretto rilasciato dalla banca, ecc….
Nel caso in cui tra cliente e banca esistono più conti o più rapporti, i saldi attivi e passivi si compensano reciprocamente, salvo patto contrario; nell’ipotesi di conto intestato a più persone, ciascuna di esse è considerata creditore o debitore in via solidale del saldo del conto, salvo patto
contrario, e ciascuna di esse può recedere da contratto dandone preavviso nel termine stabilito o dal contratto o dagli usi o entro 15 giorni.
Nel caso di un credito vantato verso un terzo soggetto, tale credito è incluso nel conto con la clausola “salvo incasso”: difatti, se il terzo è inadempiente, il credito è eliminato dal conto.
Un obbligo molto importante della banca è quello di inviare annualmente o, su richiesta, periodicamente l’estratto conto, un documento che fornisce una descrizione completa e chiara dello svolgimento del rapporto; nel caso il cliente non mandi una contestazione scritta, tale documento si ritiene accettato.
Il credito documentario è un contratto con il quale il correntista-compratore incarica la banca ad effettuare il pagamento delle merci acquistate dietro consegna di documenti; in questo caso la banca anticipa al compratore l’importo necessario al pagamento e può trattenere i titoli fino a quando il cliente non effettui il rimborso. Il credito documentario è anche il contratto con il quale la banca anticipa al venditore l’importo del prezzo su richiesta di quest’ultimo e l’anticipo può avvenire anche su sconto delle cambiali del venditore sul compratore.
In questi casi la banca, oltre che agire come mandataria del proprio cliente, agisce come finanziatrice.
132. Cassette di sicurezza e deposito di titoli in amministrazione. Il contratto relativo al servizio delle cassette di sicurezza è il contratto con il quale la banca, contro il pagamento di un canone, si obbliga a mettere a disposizione del cliente locali dove è possibile usufruire delle cassette di sicurezza e si obbliga a provvedere alla custodia dei locali e delle cassette. Esso è un contratto a prestazioni corrispettive, tipico, dove si combinano elementi della locazione e del deposito; la banca risponde verso il cliente per la sicurezza e la custodia della cassetta, salvo caso fortuito.
Se la cassetta è intestata a più persone, l’apertura è consentita a ciascuna di esse disgiuntamente, salvo caso contrario;: nel caso uno dei cointestatari muore, l’apertura può essere fatta o con accordo dei restanti cointestatari o su modalità dell’autorità giudiziaria.
L’apertura forzata della casetta è prevista: nell’ipotesi di fallimento; nell’ipotesi di morte del cliente; in casi di espropriazione mobiliare o sequestro; nei casi di inadempimento del canone; per ordine del magistrato. Normalmente la cassetta è aperta alla scadenza del contratto.
Il deposito di titoli in amministrazione è il contratto con il quale la banca si obbliga, oltre che a custodire i titoli, a provvedere alla tutela dei diritti legati ai titoli, ad esigerne gli interessi, a curare le riscossioni, ecc…; alla banca spetta un compenso, oltre al rimborso delle spese.
La banca è obbligata ad agire con diligenza professionale e può anche procedere al sub deposito presso la Monte Titoli s.p.a. .
133. Swap. Il contratto di swap (scambio, baratto) ha la funzione di controllare l’incidenza dei rischi derivanti dalla variazione di cambio delle valute; nella pratica sono ci sono tre tipi di contratti swap:
1. currency swap; con questo contratto le parti si obbligano a versare l’una all’altra il vantaggio ottenuto per effetto di un cambio favorevole;
2. interest rate swap; la sua funzione è quella di controllare il rischio derivante dalla variazione del tasso di interessi;
3. cross currency swap; è un contratto di assunzione di crediti o debiti in relazione ai cambi favorevoli o sfavorevoli delle valute.
Questi tre contratti hanno delle caratteristiche comuni: si protraggono nel tempo; sono caratterizzati dall’aleatorietà; sono stipulati dal creditore o debitore con un terzo; non modificano il rapporto originario; determinano la costituzione di un nuovo rapporto obbligatorio di una delle parti con un terzo; in tutti e tre agisce una compensazione volontaria tra i reciproci rapporti.
g. Contratti di investimento in borsa.
134. Premessa. I contratti in borsa sono contratti di compravendita che hanno per oggetto valori mobiliari (titoli e divise) e che sono sottoposti ad una particolare disciplina.
Per “borsa” si intende un mercato istituito, disciplinato ed organizzato secondo delle apposite norme e nel quale sono trattati determinati beni da soggetti con determinati requisiti; essa si differenzia in borsa merci e borsa valori.
Per quanto riguarda la borsa valori, essa è un mercato dove sono negoziati azioni, titoli di capitali, obbligazioni, titoli di stato, titoli di credito, contratti futures, ecc….
Per concludere contratti di borsa non sono richiesti particolari requisiti; tuttavia, è prevista una tassa da pagare mediante appositi foglietti bollati sui quali risultano i dati essenziali del contratto come la data, le parti, il quantitativo, ecc….
135. Contratti a pronti e a termine. I contratti di borsa si differenziano in contratti a pronti e contratti a termine; tutti e due sono contratti a mercato fermo.
I contratti a pronti si dividono in:
● contratti per contante; contratto dove la consegna e il pagamento dei titoli devono avvenire il terzo giorno di borsa aperta successivo al giorno della contrattazione;
● contratti per contante a giorni; contratto dove la compravendita deve avvenire entro il termine massimo di 10 giorni di borsa aperta successivi al giorno della contrattazione.
Il contratto a termine è la compravendita di titoli caratterizzata per la sua periodicità mensile e per il fatto che tale scadenza è fissata in modo uniforme per tutte le compravendite concluse in un certo periodo al fine di permettere la compensazione.
Il contratto differenziale è diverso dal contratto a termine per il fatto che le parti alla scadenza del termine consegnano la differenza tra il prezzo pattuito e il prezzo corrente dei titoli; il saldo sarà a favore del venditore o del compratore a seconda del fatto che il prezzo del titolo è aumentato o diminuito.
136. Contratti a mercato libero o a premio. Ai contratti a mercato fermo, come i contratti a pronti e a termine, si oppongono i contratti a mercato libero o a premi, caratterizzati dal fatto che il contraente mediante il pagamento di un premio può o non dare esecuzione del contratto o modificarne il contenuto.
I contratti a mercato libero sono di natura speculativa; l’elemento che li caratterizza è il pagamento di un premio e tale premio è il corrispettivo della parte che resta vincolata alla scelta dell’altra.
Il termine entro il quale la parte può utilizzare tale facoltà, quindi pagando il premio, è detto risposta premi.
I contratti a mercato libero o a premi si dividono in:
● contratti a premio con facoltà semplice: dont e put;
● contratti a premio con facoltà multiple: stellaggio, strip e strap.
137. Riporto. Il riporto è il contratto con il quale un soggetto (riportato) trasferisce la proprietà di titoli di una determinata specie ad un altro soggetto (riportatore) dietro il pagamento di un prezzo e con la conseguenza che il riportatore si assume l’obbligo di trasferire al riportato, allo scadere di un termine, la proprietà di titoli della stessa specie di quelli precedenti contro un corrispettivo aumentato o diminuito.
Esso è un contratto reale, non consensuale, in quanto si perfeziona con la consegna dei titoli; è caratterizzato da un doppio sinallagma (legame) dei due trasferimenti.
La funzione è quella di un prestito garantito; si parla di:
● riporto, ossia di un incremento del prezzo, quando questo contratto è fatto nell’interesse del riportato che ha bisogno di liquidi e quindi per riacquistarli deve versare un prezzo maggiorato del riporto;
● deporto, ossia di una diminuzione del prezzo, quando questo contratto è fatto nell’interesse del riportatore che ha bisogno di disporre di quei titoli e che quindi li rivenderà al riportato per un prezzo minore su cui è stato detratto il deporto.
Nel caso le parti sono inadempienti, si applicano le norme per l’inadempimento; nel caso non adempiano entrambe nel termine stabilito, ognuno conserva ciò che ha ricevuto.
Con il riporto proroga, le parti prorogano il termine di un contratto di borsa, pagando una somma corrispondente alla differenza del titolo al tempo della contrattazione con il prezzo dello stesso titolo nel giorno della scadenza.
h. Contratti associativi.
138. Società e associazioni in partecipazione: cenni e rinvio. I contratti associativi presentano elementi comuni quali il perseguimento di uno scopo comune e il fatto che le prestazioni delle parti possono risultare di entità diverse fra loro.
139. Joint venture. Le joint venture sono forme contrattuali derivanti dai sistemi giuridici anglo-americani. Per joint venture si indica un rapporto contrattuale che ha per oggetto lo svolgimento da parte di più imprese di un unico affare, senza che tra le stesse imprese si formi un vincolo societario; nel nostro ordinamento, a tale figura, si avvicina molto l’associazione temporanea d’impresa. Ci sono 2 tipi di joint venture:
● contractual joint venture, forma contrattuale caratterizzata da una flessibilità organizzativa e dalla carenza di una propria soggettività; queste caratteristiche differenziano tale forma contrattuale dal corporate joint venture. La contractual joint venture trova difficoltà nel nostro ordinamento a causa dell’esistenza del principio di tipicità contrapposto alla flessibilità della forma contrattuale prima analizzata;
● corporated joint venture, forma contrattuale delle società di capitali costituita fra più imprenditori (covertures); i covertures stipulano tra di loro accordi separati chiamati patti parasociali.
Il joint venture è molto utilizzato nella cooperazione internazionale.
140. Consorzi: cenni e rinvio. Il consorzio è un’associazione con la quale gli imprenditori perseguono uno scopo comune mediante una comune organizzazione; questa forma associativa ha 2 finalità:
1. di regolamentare le fasi delle imprese;
2. di organizzare le fasi delle imprese.
141. Contratti agrari associativi. Il contratto agrario può assumere 2 distinte strutture e funzioni; assume la struttura e la funzione di:
1. contratto di scambio, se il fondo è dato in godimento dietro corrispettivo determinato;
2. contratto associativo, se il fondo è gestito in comune dal concedente e dal concessionario; esempi sono la mezzadrìa, la colonia parziaria e la soccida.
Per quanto riguarda i contratti agrari associativi, la loro disciplina è stata modificata radicalmente; infatti, il legislatore ha disposto che tutti i contratti agrari, stipulati dopo la pubblicazione della legge n. 203 del 3/5/82, sono convertiti in contratti d’affitto con durata massima di 10 anni.
La mezzadrìa è il contratto associativo con il quale il concedente e il mezzadro (in proprio, o come capo di una famiglia colonica) si associano per la coltivazione di un podere e per l’esercizio delle attività connesse al fine di divederne il prodotto e gli utili. Per quanto riguarda la divisione del prodotto e degli utili la legge stabilisce che al mezzadro spetta una parte non inferiore al 58%, salvo patto contrario. Il mezzadro, anche se coopera con il concedente, non perde la qualità di lavoratore subordinato.
La colonia parziaria è il contratto associativo con il quale il concedente o, uno o più coloni, si associano per la coltivazione di un fondo e l’esercizio delle attività connesse, al fine di dividerne il prodotto e gli utili. La colonia parziaria si differenzia dalla mezzadrìa:
● da un punto di vista soggettivo, perché la colonia parziaria può essere concessa a uno o più coloni e non alla famiglia colonica come nella mezzadrìa;
● da un punto di vista oggettivo, perché nella colonia parziaria non è necessario che il fondo sia fornito di casa colonica.
La soccida è il contratto associativo con il quale il soccidante (concedente) e il soccidario (concessionario) si associano per l’allevamento e lo sfruttamento del bestiame, e per l’esercizio delle attività connesse al fine di ripartire l’accrescimento del bestiame e gli altri prodotti e utili che ne derivano; ci sono 2 tipi di soccida:
● nella soccida semplice, l’obbligo del soccidante è quello di mettere a disposizione il bestiame pur conservando la sua proprietà, mentre l’obbligo del soccidario è quello di adempiere a prestazione di opera.
● Nella soccida parziaria, il bestiame è messo a disposizione da entrambi i contraenti.
i. Contratti di lavoro subordinato
142. Modello tradizionale e modelli emergenti. Il modello tradizionale dei contratti di lavoro subordinato ha subito moltissime modifiche negli ultimi anni grazie all’evento di nuove forme e modelli di contratti di lavoro subordinato.
Accanto al modello tradizionale a tempo pieno e a tempo indeterminato sono stati introdotti nuovi schemi contrattuali come il contratto di formazione.
Questi nuovi contratti sono definiti atipici, non per la mancanza dei corrispondenti schemi contrattuali nel codice, ma per la presenza di una o più deviazioni della disciplina; un esempio tangibile è il lavoro ad interim che è finalizzato sia alla creazione di nuova occupazione, sia all’incentivazione part-time, sia al miglioramento dell’apprendistato, ecc…
143. Contratto di lavoro cosiddetto tipico. Il contratto di lavoro tipico si configura nello scambio tra messa a disposizione delle energie lavorative e retribuzione; è un contratto oneroso di durata, dove il recesso da parte del datore di lavoro (licenziamento) trova notevoli limitazioni. La forma è vincolata solo per le clausole di speciale rilevanza o per patti aggiunti, o per atti modificativi o estintivi del rapporto; tuttavia, il legislatore ha previsto che il datore di lavoro deve rilasciare al prestatore una dichiarazione sottoscritta contenente i dati registrati nel libro matricola, pena pagamento di una sanzione.
Il contenuto è quasi completamente determinato dalla legge e dal contratto collettivo applicabile. La subordinazione è la sottoposizione alle direttive del datore di lavoro: la mancanza di questa prerogativa configura il lavoro autonomo; non è facile comunque identificare la subordinazione nei rapporti societari, perché il socio può essere anche un lavoratore.
Il lavoro a domicilio è anch’esso un lavoro subordinato, dove il datore di lavoro non è un imprenditore; tale lavoro è corredato di speciali garanzie e da speciale normativa.
Un aspetto specifico di questo rapporto è la determinazione della retribuzione che è erogata secondo tariffe di cottimo pieno, risultanti dai contratti collettivi di categoria.
Lavoro subordinato è qualificato anche la prestazione a titolo oneroso dell’atleta a vantaggio di società sportive; è prescritta una forma vincolata, pena la nullità del contratto.
Una forma di lavoro che si è sviluppata ulteriormente è il lavoro interinale o in affitto; è un lavoro subordinato caratterizzato dal particolare rapporto di subordinazione che lega il dipendente con l’impresa fornitrice di lavoro.
144. Contratto a tempo determinato. Una forma di contratto molto frequente è il contratto a tempo determinato; questa forma contrattuale è caratterizzata da una deviazione della figura contrattuale tipica: infatti, questo contratto è usato per i lavoratori iscritti nelle liste di mobilità e non deve avere durata superiore a 12 mesi.
Il contratto a tempo determinato ha queste caratteristiche:
● è previsto l’obbligo della forma scritta per la clausola sul termine;
● la proroga di tale termine è ammessa in via eccezionale;
● sono vietate pratiche elusive e il rapporto non può proseguire di fatto dopo la scadenza del termine.
Un esempio del contratto a tempo determinato è il contratto di formazione e lavoro con il quale si vuole dare impulso all’occupazione giovanile; affini a tale contratto sono:
● il tirocinio o apprendistato, dove il datore di lavoro cura l’istruzione professionale dell’apprendista;
● il praticantato, che è un’attività finalizzata all’apprendimento, per poi conseguire un esame per accedere all’abilitazione.
La differenza fra apprendistato e praticantato è che l’apprendistato è oneroso, il praticantato è gratuito. Il contratto di formazione, l’apprendistato e il praticantato sono contratti con causa mista, in quanto c’è uno scambio fra prestazione lavorativa e retribuzione-formazione.
145. Lavoro volontario e socialmente utile. L’attività di volontariato è quell’attività prestata in modo personale, spontaneo e gratuito tramite associazioni di volontariato che perseguono scopi di solidarietà e non di lucro; tale attività può essere svolta anche in forma sociale ed è caratterizzata dalla gratuità.
A differenza dell’attività di volontariato, il lavoro socialmente utile è quel lavoro rivolto a settori innovativi come i beni culturali, la conservazione dell’ambiente, ecc…; il lavoro socialmente utile è caratterizzato dal fatto che coloro che lo prestano hanno diritto ad un sussidio al loro reddito.
l. Contratti diretti a comporre e prevenire liti.
146. Transazione. Le parti hanno la possibilità di superare le possibili liti o di salvaguardarsi da possibili liti con atti di autonomia, senza ricorrere all’autorità giudiziaria: infatti le parti possono utilizzare la transazione, il compromesso, la cessione dei beni ai creditori e il sequestro convenzionale.
La transazione (art. 1965 c.c.) è il contratto con il quale le parti, con reciproche concessioni, pongono fine ad una lite già sorta o che sta per sorgere; l’elemento fondamentale e caratterizzante della transazione è la reciprocità delle prestazioni, ossia che entrambe le parti sopportano un sacrificio per mettere fine alla lite sorta o che stava per sorgere.
La transazione può riguardare anche la costituzione, modificazione o estinzione di rapporti diversi da quello oggetto della lite.
L’oggetto della transazione sono diritti che devono avere necessariamente natura patrimoniale, pena la nullità, e tali diritti devono essere nella disponibilità delle parti; può avere ad oggetto anche controversie relative alla falsità di documenti esibiti in giudizio, salvo che siano stati omologati dal tribunale.
La transazione è un contratto a prestazioni corrispettive e si differenzia dal negozio di accertamento, perché nella transazione, la funzione di accertamento è esclusa alle parti, le quali possono solo disporre dei propri diritti.
Nel caso alle parti viene un dubbio, lo possono eliminare con efficacia retroattiva.
La forma scritta è richiesta solo a fini probatori; tuttavia se la transazione riguarda controversie su beni immobili o diritti reali immobiliari, è richiesta la forma scritta, pena la nullità.
I presupposti della transazione sono: l’esistenza attuale o potenziale di una lite processuale, l’incertezza nell’esito del giudizio.
La transazione mista si ha quando le parti creano, modificano o estinguono rapporti diversi da quello litigioso; la transazione novativa è utilizzata per modificare il rapporto preesistente.
L’effetto della transazione è quello di far cessare una lite ed impedire ad esse di ricorrere all’autorità giudiziaria per mettere di nuovo in discussione il rapporto.
Le parti non possono rescindere la transazione per lesione, ma la transazione è annullabile quando una parte è stata indotta con falsità sui documenti, oppure agisce su una lite già decisa con sentenza passata in giudicato, o si prova che una delle parti non aveva alcun diritto.
La transazione può essere risolta per eccessiva onerosità sopravvenuta o per mutuo dissenso.
147. Compromesso arbitrale. Le parti, oltre che utilizzare la transazione, possono risolvere (compromettere) la controversia affidando la decisione agli arbitri, cioè a giudici privati in numero dispari scelti o nel modo prestabilito o secondo la disciplina: questo è chiamato compromesso arbitrale.
L’arbitrato si distingue dalla transazione perché in quest’ultima il potere decisionale resta nelle mani dei privati, mentre nell’arbitrato la decisione è rimessa ad un collegio privato.
L’arbitrato si differenzia anche dalla clausola compromissoria per il fatto che quest’ultima può essere prevista già anticipatamente nel contratto dalle parti e la nullità del contratto non comporta la nullità della clausola in quanto essa è autonoma rispetto al contratto. Tuttavia, sia per il compromesso arbitrale che per la clausola compromissoria è necessario che l’oggetto sia precisamente individuato, pena la nullità.
148. Cessione dei beni ai creditori. La cessione dei beni ai creditori è il contratto con il quale il debitore incarica i suoi creditori o alcuni di essi a liquidare tutte o alcune sue attività affinché possano ripartirsi il ricavato; esso dà vita ad un mandato irrevocabile ed è prevista la forma scritta.
Per effetto della cessione, il debitore perde la disponibilità dei beni ceduti, ma conserva il diritto di controllare la gestione, di avere il rendiconto della liquidazione e di ottenere l’eventuale residuo.
I creditori devono soddisfarsi proporzionalmente alle proprie quote di credito e possono chiedere l’annullamento della cessione se ilo debitore ha simulato passività inesistenti.
Il debitore è libero solo quando i creditori hanno ricevuto la loro quota di liquidazione; tuttavia, egli ha diritto a recedere dal contratto offrendo ai cessionari il capitale, gli interessi e le spese.
149. Sequestro convenzionale. Il sequestro convenzionale è il contratto con il quale due o più parti (sequestranti) affidando ad un terzo (sequestratario) una o più cose oggetto di controversia affinché le custodisca e le restituisca al soggetto cui spettano nel momento in cui la controversia è finita; esso è un contratto oneroso e reale in quanto si perfeziona con la consegna della cosa.
Il sequestro convenzionale si differenzia dalla transazione e dalla cessione dei beni ai creditori, perché con il sequestro convenzionale non si vuole porre fine a una controversia, ma si vuole solo custodire la cosa oggetto della controversia per poi restituirla al legittimo proprietario alla fine della controversia.
Il sequestratario è obbligato a custodire la cosa e, qualora la natura della cosa lo richieda, è obbligato anche ad amministrarla; egli può essere liberato dalla custodia della cosa anche prima della risoluzione della controversia solo per giusti motivi o per volontà delle parti.
Il sequestro convenzionale si estingue per perimento della cosa e per morte del sequestratario.
Il sequestro convenzionale si differenzia dal sequestro conservativo e dal sequestro giudiziario, perché quest’ultimi due discendono da un provvedimento dell’autorità giudiziaria sulla richiesta della parte interessata.
Il sequestro conservativo è un mezzo di conservazione delle garanzie patrimoniali in quanto rende inefficaci gli atti di disposizione sui beni sequestrati; il sequestro giudiziario presuppone una controversia su determinati beni e la loro consequenziale custodia.
D. Promesse unilaterali e titoli di credito.
a. Promesse unilaterali.
150. Tipicità o atipicità delle promesse unilaterali. La disciplina degli atti e dei fatti diversi dal contratto comprende: le promesse unilaterali, titoli di credito, la gestione di affari altrui, i pagamento dell’indebito, l’arricchimento senza causa e i fatti illeciti.
La promessa unilaterale è un atto negoziale nel quale la manifestazione di volontà di colui che promette è idonea a far nascere un’obbligazione a suo carico; esempi di promesse unilaterali sono: la promessa al pubblico, i titoli di credito, la donazione obnuziale, ecc….
La promessa unilaterale si differenzia dall’obbligazione a carico del solo proponente perché in quest’ultimo il sorgere dell’obbligazione è condizionato dalla volontà del destinatario.
La promessa unilaterale è tipica in quando produce effetti obbligatori solo nei casi previsti dalla legge; alle promesse unilaterali è applicata la disciplina dei contratti in quanto compatibile.
151. Promessa al pubblico. La promessa al pubblico si ha quando un promittente, rivolgendosi al pubblico, promette una prestazione a favore di chi si trovi in una determinata situazione o a chi compie una determinata azione: esempi sono la promessa di una somma di denaro alle famiglie delle vittime del terremoto.
La promessa al pubblico è a titolo gratuito, quando si promette una prestazione a favore di chi si trovi in una determinata situazione, in quanto il destinatario della promessa ne beneficia senza svolgere alcuna attività e senza l’obbligo di prestazione; la promessa al pubblico è a titolo oneroso quando si promette una prestazione a favore di chi compie una determinata azione, in quanto il destinatario della promessa per beneficiarne deve attivarsi e la promessa si configura come un corrispettivo per l’attività svolta.
Nel caso di promessa al pubblico a titolo gratuito, la legge non richiede la forma dell’atto pubblico, richiesta, invece, per la donazione.
La promessa al pubblico è vincolante quando è resa pubblica, ossia quando è resa conoscibile a tutti mediante mezzi idonei come la tv, il giornale.
La caratteristica della promessa al pubblico è che il soggetto creditore della promessa resta indeterminato fino al verificarsi della condizione prevista nella promessa; nel caso più persone abbiano svolto l’attività richiesta oppure si trovino nella stessa situazione richiesta nella promessa, tra loro prevale chi per primo ne ha dato comunicazione al promittente.
Se il termine non è stato fissato oppure non è possibile determinarlo, la promessa conserva l’efficacia vincolante per 1 anno.
La promessa può anche essere revocata dal promittente, ma solo per giusta causa e deve essere resa pubblica nello stesso modo in cui è stata comunicata la promessa.
La promessa al pubblico si differenzia dall’offerta al pubblico, perché nella promessa, negozio unilaterale perfetto, l’obbligazione a carico del promittente sorge nel momento in cui è resa pubblica, mentre nell’offerta, proposta contrattuale, l’obbligazione sorge solo dopo l’accettazione del destinatario indeterminato.
152. Ricognizione di debito e promessa di pagamento. La ricognizione (o riconoscimento) del debito è la dichiarazione del debitore al creditore con la quale egli (il debitore) riconosce un proprio debito: “riconosco di doverti pagare 1000 €”; la ricognizione non fa nascere un nuovo rapporto obbligatorio, ma riconosce l’esistenza di un rapporto obbligatorio preesistente.
La promessa di pagamento è la dichiarazione con la quale un soggetto promette ad altri di effettuare una prestazione: “prometto di pagarti 1000 €”; essa ha valore negoziale.
Sia la ricognizione del debito che la promessa di pagamento possono essere: pura (o astratta), se manca l’indicazione del titolo; titolata (o causale), quando è indicato il titolo.
Una caratteristica fondamentale è che in entrambe vi è l’inversione dell’onere della prova: il debitore che ha riconosciuto o promesso deve sopportare l’onere della prova, mentre il creditore ne è dispensato. Quindi, il debito si presume fino a prova contraria (astrazione processuale).
153. Gestione di affari altrui. Ogni soggetto ha il potere di curare i propri interessi e i propri affari personalmente, salvo casi di incapacità; deroga a tale principio è la gestione di affari altrui.
La gestione di affari altrui si ha quando un soggetto (gestore) interviene spontaneamente per gestire un affare altrui nell’interesse del titolare (interessato o dominus). In questo caso il gestore interviene per evitare un danno o per procurare un vantaggio all’interessato il quale non è tenuto a dare alcun compenso od onorario al gestore.
I presupposti della gestione di affari altrui sono:
● l’utilità iniziale; l’atto o l’attività del gestore deve essere utile per l’interessato;
● l’assenza di un vincolo che leghi il gestore ad intervenire;
● la consapevolezza del gestore di curare un interesse altrui;
● l’alienità dell’affare stesso;
● l’impedimento oggettivo o soggettivo dell’interessato.
Nel caso manchi un di questi presupposti, la gestione è detta irregolare o impropria e rimane tale finché l’interessato non ratifichi l’operato della gestione.
L’oggetto della gestione è sia un’attività, sia singoli atti negoziali che singoli atti giuridici.
Nel momento in cui il gestore inizi la gestione, egli è tenuto a continuare l’affare intrapreso fino a quando l’interessato non sia in condizione di provvedere personalmente; il gestore è obbligato ad adempiere con l’ordinaria diligenza.
La gestione rappresentativa si ha quando il gestore compie atti che producono i loro effetti nei confronti di terzi; essa può essere:
1. gestione rappresentativa diretta: in questo caso il gestore agisce in nome dell’interessato e quest’ultimo è obbligato ad adempiere le obbligazioni assunte in suo (dell’interessato) nome dal gestore e a risarcirgli le spese;
2. gestione rappresentativa indiretta: in questo caso il gestore agisce in nome proprio ma nell’interesse del dominus; l’interessato è obbligato a tenere indenne il gestore dalle obbligazioni assunte a suo (del gestore) nome ma per conto dell’interessato.
La gestione termina quando interviene l’interessato o un suo erede, quando l’affare è concluso oppure per la morte del gestore.
Nel caso in cui la gestione sia svolta in presenza di un esplicito divieto dell’interessato, gli atti prodotti sono ritenuti inefficaci.
b. Titoli di credito in generale.
154. Premessa. Fra le promesse unilaterali troviamo: i titoli di credito.
Il titolo di credito contiene la promessa di adempimento di una determinata prestazione a favore del soggetto che alla scadenza risulti creditore della somma indicata sul titolo.
Il titolo di credito è un documento contenente una dichiarazione con la quale un soggetto si obbliga verso un altro che è possessore del documento.
155. Funzione e struttura. I titoli di credito sono strumenti di circolazione della ricchezza e il loro trasferimento è molto più veloce e sicuro rispetto alla cessione dei crediti.
L’elemento che caratterizza i titoli di credito è l’incorporazione, ossia il collegamento tra diritto e documento; l’effetto dell’incorporazione è che la titolarità del diritto di credito dipende dalla proprietà del documento: infatti, chi acquista il documento, acquista il diritto.
Tuttavia, per esercitare tale diritto non è necessario questo collegamento, in quanto il diritto cartolare (incorporazione) si trasferisce anche con la registrazione contabile, mediante il sistema dell’addebito e dell’accredito dal conto dell’alienante a quello dell’acquirente.
I titoli di credito sono trasferiti secondo le norme del trasferimento di cose mobili e non secondo le norme della cessione del credito.
L’acquirente acquista il diritto a titolo originario e, nel caso acquisti da un soggetto che non è proprietario, tale acquisto è valido se l’acquirente era in buona fede ed abbia rispettato le leggi sulla circolazione di quel preciso titolo; l’acquirente può esigere la prestazione dal debitore presentandogli il titolo senza provare di essere titolare del diritto.
La legittimazione attiva è l’idoneità del soggetto legittimato possessore, e quindi proprietario e titolare del diritto, ad esercitare il diritto cartolare.
La legittimazione passiva è il potere del debitore di liberarsi pagando a che appare legittimato a ricevere; tuttavia il debitore non è liberato, se adempie conoscendo il difetto di titolarità e se il difetto era conoscibile con l’ordinaria diligenza.
156. Caratteristiche del diritto cartolare. Le caratteristiche del diritto cartolare sono la letteralità e l’autonomia:
• per quanto riguarda la letteralità, essa indica la qualità del diritto esercitatile, impedendo al creditore di esigere prestazioni non indicate nel titolo: il principio della letteralità tutela il debitore in quanto gli consente di rifiutare l’adempimento di prestazioni estranee;
• per quanto riguarda l’autonomia, ogni possessore del titolo ha una posizione diversa dal possessore precedente: il principio di autonomia impedisce al debitore di opporre, al possessore del titolo, le eccezioni fondate su rapporti con i precedenti possessori.
157. Regime delle eccezioni. Le eccezioni che il debitore può opporre al creditore nel rapporto cartolare possono essere sia reali (assolute) che personali.
Le eccezioni reali sono quelle che il debitore può opporre a chiunque entri nel rapporto cartolare; esse sono:
1. l’eccezione della falsità della firma;
2. l’eccezione del difetto di forma;
3. l’eccezione del difetto di capacità o del potere di rappresentanza nel momento dell’emissione del titolo;
4. le eccezioni fondate sulla letteralità del titolo;
5. le eccezioni concernenti la mancanza delle condizioni necessarie per l’esercizio dell’azione;
6. l’eccezione della prescrizione decennale; essa è proponibile solo se sul titolo appare una scadenza o un’omissione.
Le eccezioni personali sono quelle opponibili al possessore attuale e che derivano da rapporti personali del debitore con precedenti possessori; esempio: l’eccezione della mancanza di titolarità. Le eccezioni personali possono essere opposte solo se il possessore, nell’acquistare il titolo, ha agito intenzionalmente a danno del debitore; un esempio è quando il possessore acquista il titolo per sottrarre al debitore la possibilità di esperire l’eccezione di compensazione.
158. Vicende del rapporto cartolare. Ci sono 2 teorie circa il perfezionamento dell’obbligazione cartolare:
1. la teoria della creazione afferma che il titolo esiste nel momento stesso della sua redazione e sottoscrizione, e la circolazione produce gli effetti cartolari;
2. la teoria dell’emissione afferma che il titolo fino alla consegna è solo una promessa di pagamento e la circolazione non produce effetti.
La teoria più accolta è sicuramente la teoria della creazione, in quanto è sufficiente la sottoscrizione per l’esistenza del titolo.
La fonte dell’obbligazione cartolare sta nella dichiarazione stessa e non nel rapporto che ne costituisce la giustificazione economica.
La circolazione può essere:
• regolare, se il titolo circola secondo la sua disciplina; esempi:
o i titoli al portatore si trasferiscono con la consegna del documento;
o i titoli all’ordine richiedono oltre alla consegna, anche l’annotazione;
o i titoli nominativi richiedono per il trasferimento la consegna, l’annotazione e un’ulteriore annotazione del nome dell’acquirente sul registro del soggetto che ha emesso il titolo;
• impropria, se il titolo circola secondo le regole del diritto comune;
• irregolare, (o involontaria, o autonoma), se il titolo circola contro o senza la volontà dell’emittente.
Colui che ha perso involontariamente il possesso del documento è reintegrato nell’esercizio del diritto cartolare; per i titoli di credito deteriorati o distrutti, è possibile ottenere il rilascio di un duplicato o di un titolo equivalente.
La legittimazione cartolare per il possessore di un titolo nominativo è ricostruita con la procedura di ammortamento; è autorizzato all’azione di rivendicazione, per ricostruire la legittimazione cartolare, il possessore di un titolo al portatore, purché conosca il detentore.
159. Classificazione dei titoli di credito. I titoli possono essere classificati in:
1. titoli astratti, dove non è menzionato il rapporto fondamentale, e titoli causali, dove, invece, il rapporto fondamentale è menzionato;
2. titoli semplici, che attribuiscono il diritto ad ottenere una determinata prestazione, e titoli complessi, che conferiscono un insieme di poteri;
3. titoli di credito in senso stretto, che hanno per oggetto il diritto ad ottenere una somma di denaro, e titoli di credito rappresentativi di merci, che hanno per oggetto il diritto alla riconsegna delle merci menzionate;
4. titoli individuali, che sono connessi ad uno o più soggetti determinati, e titoli di massa, che sono connessi al pubblico dei risparmiatori;
5. titoli privati, emessi da un privato e il potere di emissione è limitato solo per i titoli al portatore, e titoli pubblici, emessi dallo Stato,
Le cambiali finanziarie e le accettazioni bancarie sono strumenti di finanziamento per le imprese.
160. Altri documenti. I documenti di legittimazione (es: biglietto di un concerto) si differenziano dai titoli di credito, perché non posseggono le caratteristiche dell’autonomia e della letteralità.
I titoli impropri circolano come i titoli di credito, ma la circolazione produce gli effetti della cessione. Con la carta di credito s’instaurano 2 rapporti:
1. di provvista tra l’istituto di credito emittente e il cliente titolare della carta;
2. di valuta tra l’istituto di credito e i fornitori di beni e servizi.
c. Titoli cambiari.
161. Struttura della cambiale tratta. La cambiale tratta è l’ordine incondizionato di un soggetto di pagare una determinata somma, ad un determinato prenditore, ad una determinata scadenza.
Essa è strutturata come una delegazione di pagamento: l’emittente ordina al trattario, che è un suo debitore, di pagare una data somma ad un terzo portatore del titolo cambiario che è creditore dell’emittente; il pagamento del trattario estingue sia il rapporto di valuta fra traente e prenditore, sia il rapporto di provvista fra traente e trattario.
Il portatore, o beneficiario della cambiale, deve richiedere l’adempimento della stessa prima agli obbligati principali (come il trattario), e poi agli altri obbligati in via di regresso come traenti, giranti e avallanti.
Ogni obbligato assume un proprio grado e quindi è impossibile che si realizzi la solidarietà passiva.
La cambiale è titolo astratto, in quanto non è menzionato il rapporto fondamentale; tuttavia non è possibile definire titolo astratto la cambiale agraria, in quanto in essa è presente il rapporto di provvista tra il traente ed il trattario.
La cambiale può consistere anche in una convenzione di favore che ha lo scopo di procurare credito ad un soggetto mediante la spendita del nome di un altro soggetto: si parla di cambiale di favore.
La cambiale può costituire un titolo esecutivo, cioè il portatore può soddisfarsi immediatamente sui beni del debitore, se sono rispettate le norme sull’imposta di bollo.
162. Requisiti formali. La cambiale deve essere redatta per iscritto e deve contenere tali requisiti:
1. la denominazione stabilita della legge;
2. un ordine di pagamento inequivocabile e incondizionato e deve avere come oggetto una somma determinata nell’ammontare; non è possibile inserire clausola di interessi salvo per le cambiali a certo tempo vista;
3. il nome del trattario;
4. il nome del portatore;
5. la data dell’emissione;
6. la sottoscrizione autografata del traente;
7. il luogo di pagamento;
8. il luogo di emissione;
9. la data di scadenza.
Nel caso manchi uno di questi requisiti nel momento del pagamento, la cambiale è inesistente; tuttavia, essa vale come promessa di pagamento tra emittente e primo portatore.
Nel caso manchi uno di questi requisiti nel momento dell’emissione, la cambiale è detta in bianco; essa deve comunque avere un contenuto minimo e le parti devono aver stabilito un patto di riempimento, ossia le modalità per riempire la cambiale. Il termine di riempimento è di 3 anni dalla data di emissione.
Nel caso siano violate le modalità del patto di riempimento o nel caso di riempimento tardivo o abusivo, il prestatore è obbligato a risarcire i danni all’emittente.
163. Requisiti sostanziali. La cambiale per essere valida deve essere fatta da persona capace legalmente: in mancanza, l’obbligazione cambiaria è invalida.
I soggetti legalmente incapaci (il minore emancipato non autorizzato all’esercizio dell’impresa e l’inabilitato) possono sottoscrivere una cambiale purché la loro firma sia affiancata da quello del curatore, previa autorizzazione del giudice tutelare; il curatore deve inserire sulla cambiale la clausola “per assicurare” o altra equivalente per dimostrare la sua qualifica, altrimenti resta obbligato direttamente.
Gli incapaci assoluti (il minore non emancipato e l’interdetto) non possono assumere alcuna obbligazione cambiaria: per il minore non emancipato possono obbligarsi i rappresentanti legali, genitori o tutori, autorizzati dal giudice tutelare; per l’interdetto possono obbligarsi i rappresentanti legali, genitori o tutori, autorizzati dal tribunale.
Anche qui il rappresentante legale deve specificare la sua veste giuridica sulla cambiale, altrimenti resta obbligato direttamente.
La cambiale può essere assunta volontariamente da un rappresentante, se il rappresentato è un commerciante.
164. Circolazione. Il trattario diventa obbligato principale al pagamento mediante una dichiarazione di accettazione: l’accettazione deve essere indicata sul titolo con la parola “accetto” o altra parola simile e può essere omessa se la sottoscrizione compare sulla faccia anteriore del titolo.
L’accettazione deve essere incondizionata, pena l’invalidità; essa può essere anche parziale e in tale ipotesi il portatore può richiedere la somma restante agli obbligati di regresso.
La cambiale non accettata può egualmente circolare ma solo se con essa circoli anche il credito di provvista, ossia il credito che il traente ha con il trattario.
Una tipica garanzia cambiaria è l’avallo, dichiarazione unilaterale recettezia con la quale un soggetto (avallante) garantisce il pagamento della cambiale di uno degli obbligati cartolari (avallato).
La firma dell’avallante va apposta sulla cambiale o sul foglio di allungamento e deve essere accompagnata dalla formula “per avallo” o altra simile.
L’avallo può essere anche parziale, quando l’avallante si obbliga solo per una parte del credito cambiario.
L’avallo può essere dato da più persone congiuntamente e si parla di coavallo; in questa ipotesi il solvens (coavallante) cha ha adempiuto può esercitare regresso non verso gli altri coavallanti, ma verso gli avallati.
L’avallo è diverso dalla fideiussione perché il primo è autonomo dal contratto principale, mentre la seconda è accessoria al contratto principale.
Altre forme di garanzia sono la cambiale ipotecaria, dove l’ipoteca circola con la cambiale ed è annotata sul titolo, e la tratta documentale, dove la cambiale è garantita con il pegno e i documenti devono essere restituiti al momento del pagamento.
La cambiale circola anche mediante girata che è la dichiarazione con la quale il girante ordina al debitore di effettuare la prestazione ad un altro soggetto, il giratario. La girata può avere funzione di garanzia; va scritta dietro la cambiale o sul foglio di allungamento ed è nulla se è parziale.
La girata di ritorno è una sospensione della cambiale in quanto il giratario corrisponde proprio con la figura del trattario; non si parla di confusione.
La girata in bianco si ha quando manca il nome del giratario; è equiparata alla girata al portatore.
La girata impropria si ha quando la legittimazione è attribuita ad un altro soggetto affinché assolva scopi particolari, come la riscossione in nome e per conto del girante.
Il portatore della cambiale, che può presentare molteplici girate, può pretendere il pagamento presentando il titolo al debitore nel luogo di pagamento prestabilito.
Quando il creditore omette di presentare la cambiale, il debitore ha diritto a liberarsi depositando alla Banca di Italia la somma dovuta.
Il debitore ha l’onere di verificare la legittimazione del solvens; egli (il debitore) è, comunque, liberato se paga al giratario legittimato, salvo se il debitore conosceva il difetto di titolarità del portatore.
Il portatore non può rifiutare il pagamento parziale, pena la perdita del regresso verso gli altri obbligati; il trattario ha diritto all’indicazione sulla cambiale del suo pagamento parziale.
Il debitore non è obbligato a pagare prima della scadenza e se lo fa è “a suo rischio e pericolo”, in quanto rischia di non essere liberato per difetto di titolarità del solvens.
165. Processo cambiario. Quando il trattario non accetta l’obbligazione cambiaria, oppure si rifiuta di pagare, il portatore può esperire l’azione diretta nei confronti degli obbligati principali, o l’azione di regresso nei confronti degli altri obbligati.
L’azione di regresso a differenza di quella diretta presenta una disciplina più complessa, in quanto essa è esperibile solo alla scadenza, salvo si verifichino determinati casi come il fallimento del trattario, il suo rifiuto.
Affinché l’azione di regresso possa essere espletata, il portatore deve promuovere il protesto: esso è un atto solenne con il quale si accerta la mancata accettazione o il mancato pagamento.
Il protesto è levato dal notaio, dall’ufficiale giudiziario e dal segretario comunale, e nel caso non sia levato nel termine stabilito, l’azione di regresso decade.
Il protesto non è necessario quando il traente, il girante o i loro avallanti abbiano apposto la clausola senza spese o senza protesto.
Oltre le azioni cambiarie, il portatore può espletare anche rimedi extracartolari, al fine di soddisfarsi; queste azioni sono:
o l’azione causale; affinché il portatore possa esperire questa azione, egli deve non solo levare il protesto, ma deve anche depositare la cambiale nella cancelleria del tribunale in modo da evitare che tale cambiale non ritorni in circolazione;
o l’azione di arricchimento; questa azione può essere esperita quando non esiste più alcun rimedio per il portatore di essere compensato per un omesso pagamento; esso (pagamento) è basato non sulla cambiale, ma sul rapporto fondamentale.
d. Titoli bancari.
166. Assegno bancario. L’assegno bancario è un titolo di credito che contiene l’ordine del traente (emittente) alla banca trattaria di pagare a vista, al portatore legittimato, l’importo menzionato sul titolo. Esso si configura come una delegazione di pagamento; infatti, il traente (debitore del portatore) delega la banca a pagare il suo (del traente) debito.
La differenza fra l’assegno e la cambiale tratta è che nell’assegno la banca non può rifiutarsi di pagare, perché l’assegno non può essere accettato; infatti, il visto bancario è solo uno strumento che accerta l’esistenza di fondi e impedisce al traente di ritirarli prima del pagamento.
Più frequente è il benefondi che la dottrina configura come una semplice richiesta d’informazione sull’esistenza della provvista da parte del traente.
Per quanto riguarda la revoca, l’emittente non può emettere un contrordine, se non dopo lo spirare del termine di presentazione per il pagamento.
L’assegno bancario è pagabile a vista e non è tollerata l’applicazione di scadenze per il pagamento, in quanto termini brevi sono previsti dalla legge.
I requisiti necessari affinché possa esservi l’emissione di assegni sono:
• l’esistenza di fondi disponibili presso la banca (c.d. provvista);
• l’esistenza di una convenzione fra banca e traente (es.: c.c. bancario);
nel caso manchi uno di questi presupposti, sono previste sanzioni penali e civili per i trasgressori.
I requisiti formali sono gli stessi della cambiale tratta, salvo per il fatto che nell’assegno bancario non è necessario il nome del portatore.
L’assegno bancario, essendo un titolo all’ordine, circola mediante girata; tuttavia, tale circolazione può essere esclusa con l’apposizione della clausola non trasferibile, la quale clausola comporta che il pagamento deve essere effettuato solo al prenditore (primo e unico portatore); questa clausola è obbligatoria per importi pari o superiori ai 20 milioni.
Un’altra limitazione alla circolazione è lo sbarramento; esistono 2 tipi di sbarramento:
• sbarramento generale, quando sono presenti solo 2 sbarre, oppure quando è presente la figura del banchiere;
• sbarramento speciale, quando è presente il nome preciso del banchiere.
Tale sbarramento ha la funzione di circoscrivere i soggetti abilitati all’incasso che sono o un banchiere, o un suo cliente.
Per quanto riguarda l’assegno da accreditare, il traente vieta che l’assegno sia pagato in contanti e ordina l’accreditamento sul conto corrente del portatore-correntista.
Disciplina particolare riguardano gli assegni turistici, dove è richiesta una doppia firma del prenditore.
167. Assegno circolare. L’assegno circolare è titolo di credito all’ordine, pagabile a vista, emesso da un istituto di credito autorizzato dalla Banca d’Italia; presupposto fondamentale è che il richiedente deve versare in contanti la somma per la quale l’assegno è emesso.
Sono applicate le stesse norme del vaglia cambiario.
e. Valori mobiliari.
168. Nozione e rinvio. I valori mobiliari sono titoli di credito emessi in quantità notevoli e caratterizzati dalla omogeneità e dalla fungibilità; essi sono strumenti d’investimento, di raccolta di risparmio, di mobilizzazione della ricchezza.
E. Pubblicità e trascrizione.
169. Pubblicità dei fatti giuridici in generale. La pubblicità è il procedimento predisposto dalla legge per rendere conoscibili ai terzi alcuni fatti, atti, negozi giuridici o provvedimenti dell’autorità giudiziaria; la finalità è quella di informare i terzi su fatti o atti giuridici particolarmente rilevanti.
L’ordinamento predispone di molteplici strumenti per attuare il sistema pubblicitario; tra questi ricordiamo:
● Registri dello stato civile, dove si registrano le situazioni personali;
● Registro delle persone giuridiche, dove si pubblicizzano gli atti relativi a associazioni e fondazioni riconosciute;
● Registro delle imprese; dove si pubblicizzano gli atti relativi alle imprese;
● Registro immobiliare; dove si pubblicizzano i fatti costitutivi, estintivi e traslativi della proprietà e di altri diritti su beni immobili;
● Registri dei beni mobili registrati; come il Pra (Pubblico registro automobilistico);
● Registro delle tutele e delle curatele, delle adozioni, delle successioni, dei falliti.
Sicuramente uno dei mezzi per la pubblicità più utilizzato e noto è la Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana.
Per la cessione dei crediti, la pubblicità si attua con la notificazione; per i beni mobili, la pubblicità si attua mediante il possesso, difatti, la situazione possessoria fa presumere anche la situazione di diritto.
170. Diverse funzioni della pubblicità. La pubblicità può avere diverse funzioni e secondo la funzione che svolge si può qualificare in:
● pubblicità notizia; ha solo la funzione di rendere conoscibile ai terzi situazioni o vicende rilevanti; essa è un obbligo, ma la sua omissione pur potendo dar luogo a sanzioni pecuniarie o penali, non incide sulla validità e sull’opponibilità ai terzi del fatto che ne costituisce oggetto;
● pubblicità dichiarativa; ha la funzione di rendere opponibile ai terzi un fatto giuridico, indipendentemente dalla circostanza che ne siano a conoscenza; esso è un onere (e non un obbligo) a carico della parte che ha interesse a rendere l’atto opponibile ai terzi. A volte tale pubblicità può essere sufficiente ma non necessaria: nel caso di pubblicità nel registro delle persone giuridiche, se il fatto è iscritto, ciò basta a renderlo opponibile, se invece non è trascritto, è cmq opponibile verso i terzi che ne erano a conoscenza;
● pubblicità costitutiva; si ha quando la pubblicità è requisito necessario per la costituzione di un rapporto giuridico; l’iscrizione è fondamentale, perché se il fatto giuridico non fosse iscritto non produrrebbe alcun effetto (es: ipoteca);
● pubblicità di fatto; è basata sul semplice fatto della conoscenza che il terzo abbia avuto del negozio o dell’atto giuridico;
● pubblicità sanante; aggiunge la funzione di eliminare i vizi dell’atto dopo un determinato periodo di tempo.
171. Transazione immobiliare: sua funzione dichiarativa. La trascrizione riguarda gli atti che indicano la titolarità di beni immobili e beni mobili registrati e consiste nella riproduzione del contenuto di determinati atti in appositi registri di pubblica consultazione.
La sua funzione si ricollega direttamente ad una precisa esigenza di mercato, che è quella della circolazione di beni nell’ambito di una società organizzata, e della conoscibilità di tale circolazione, per cui si possa sapere in qualsiasi momento a chi appartiene un determinato bene.
Il documento, che mediante la trascrizione è reso conoscibile ai terzi, può essere uncontratto, una dichiarazione unilaterale, un provvedimento dell’autorità giudiziaria o amministrativa.
La trascrizione ha natura dichiarativa ed è a base personale: difatti, gli atti sono trascritti sotto il cognome e il nome delle persone interessate.
La funzione tipica della trascrizione è quella di risolvere i conflitti tra più acquirenti dello stesso bene dallo stesso alienante: difatti, la norma (art. 2644) prevede due effetti:
1. effetto negativo; tale effetto postula che la trascrizione degli atti relativi a beni immobili non ha effetto sui terzi che hanno acquistato un diritto sullo stesso immobile e che anticipatamente hanno trascritto l’atto;
2. effetto positivo; tale effetto postula che tra due acquirenti dello stesso bene dallo stesso alienante prevale colui che ha trascritto l’atto per primo.
Tale norma si basa sul principio consensualistico: esso pone in una situazione favorevole colui che, anche se non poteva acquistare, ha trascritto per primo la vendita.
Esempio - A e B acquistano lo stesso bene dal soggetto C: A lo acquista il 1 gennaio e lo trascrive il 7, mentre B lo acquista il 3 gennaio ma lo trascrive il 5
Tra i due prevale B, perché ha trascritto l’atto per primo. Il secondo acquirente (cioè B che ha prevalso) ha acquistato il diritto a titolo derivativo dal soggetto C, mentre l’acquisto di A è ritenuto come se non fosse mai esistito.
CONSEGUENZE:
1. ad A spetta un risarcimento del danno per inadempimento contrattuale;
2. B, invece, è scagionato da un risarcimento a titolo di Resp. extracontrattuale solo se dimostra di aver acquistato il bene in buona fede, cioè ignorando un precedente acquisto di A.
In conclusione, la giurisprudenza, in caso di conflitto fra più aventi causa dallo stesso alienante, dà la priorità alla pubblicità anziché all’anteriorità del titolo.
172. Eccezionalità della trascrizione con efficacia costitutiva. La trascrizione è una pubblicità con natura dichiarativa; tuttavia, in alcuni casi può avere natura costitutiva, ossia diviene elemento necessario affinché l’atto giuridico produca i suoi effetti.
Esempio è l’usucapione abbreviata: l’usucapione è un modo di acquisto della proprietà a titolo originario e in alcuni casi la legge prevede tempi abbreviati (es: per usucapire i beni mobili registrati devono decorrere 3 anni).
Affinché possa operare l’usucapione abbreviata sono necessari: la buona fede al momento dell’acquisto, un titolo idoneo in astratto a trasferire la proprietà e la trascrizione del titolo.
Il termine di usucapione inizia a decorrere dal giorno in cui avviene la trascrizione (ex nunc).
173. Principio di continuità delle trascrizioni. Il sistema della trascrizione immobiliare si fonda sul principio della continuità delle trascrizioni; infatti, la trascrizione di un acquisto produce i suoi effetti solo se è stato trascritto l’anteriore atto d’acquisto.
Questo principio implica che ad ogni trascrizione contro un soggetto, corrisponda una trascrizione a favore dello stesso soggetto; esempio:
• “Tizio ha venduto a Caio un immobile”, è la trascrizione contro Tizio;
• “Tizio ha acquistato l’immobile da Sempronio”, è la trascrizione a favore di Tizio.
Nel caso manchi la continuità delle trascrizioni, la trascrizione attuale non è annullata, ma è sospesa fin quando la catena dei trasferimenti non venga completata; quando avviene la trascrizione dell’atto precedente, le successive trascrizioni hanno efficacia ex tunc.
Esempio della continuità delle trascrizioni: se Caio acquista un immobile da Tizio, il quale lo ha acquistato da Sempronio, affinché Caio possa rendere opponibile ai terzi il suo acquisto, deve non solo trascriverlo contro Tizio (suo alienante), ma deve accertarsi che sia stata curata la trascrizione a favore di Tizio contro Sempronio (alienante di Tizio); Caio può anche personalmente provvedere alla trascrizione a favore di Tizio contro Sempronio.
Una deroga al principio della continuità delle trascrizioni è rappresentata dall’ipoteca legale a favore dell’alienante e del condividente.
In conclusione, si può acquistare un immobile con tutta sicurezza solo se dai registri immobiliari risulta una serie continua di trascrizioni, che parte dal dante causa e va a ritroso fino al primo proprietario.
174. Atti soggetti a trascrizione e relativa efficacia. L’elenco degli atti che devono essere trascritti è presente nel codice; la caratteristica è che per grandi linee devono essere trascritti tutti quegli atti che richiedono la forma scritta ad substantiam, pena la nullità.
Tra questi atti figurano:
• atti o provvedimenti che costituiscono, modificano, o trasformano la proprietà, oppure altri diritti reali immobiliari;
• il contratto preliminare: la sua trascrizione ha solo un effetto prenotativo;
• i contratti condizionati o a termine;
• gli atti, aventi ad oggetto beni immobili, di permuta, di locazione, di donazione, di transazione;
• l’accettazione dell’eredità;
• le convenzioni matrimoniali: tale trascrizione ha solo una mera funzione di pubblicità notizia;
• la cessione dei beni ai creditori.
175. Trascrizione delle domande giudiziali. La trascrizione delle domande giudiziali ha lo scopo di rendere opponibile la sentenza ai terzi che abbiano acquistato il diritto durante lo svolgimento del processo.
La trascrizione ha una funzione preliminare di prenotazione, in quanto, dopo che la domanda è stata accettata, le trascrizioni successive a quelle della domanda giudiziale non avranno effetti contro colui che ha trascritto la domanda giudiziale.
176. Modalità della trascrizione. La trascrizione si può chiedere esclusivamente in forza di un titolo prescritto dalla legge, come una sentenza, un atto pubblico, una scrittura privata autenticata o accertata giudizialmente.
La trascrizione è un onere per la parte e un obbligo per il pubblico ufficiale che redige l’atto.
I registri immobiliari sono affidati al conservatore; la parte per ottenere la trascrizione deve presentare una copia autentica del titolo e una nota in doppio originale nella quale sono contenute le indicazioni prescritte dalla legge.
Se l’immobile si estende su due circoscrizioni, la domanda deve essere presentata presso entrambe e l’atto trascritto presso entrambi gli uffici.
Il conservatore può rifiutare di ricevere le note e i titoli solo se tali documenti non presentano i requisiti previsti dalla legge; egli non può rifiutarsi pena la sua responsabilità.
Nel caso ci sono dubbi gravi e fondati sulla trascrivibilità di un atto, il conservatore può operare una trascrizione con riserva e la parte controinteressata può proporre reclamo entro 30 giorni.
La domanda di trascrizione può essere presentata solo negli orari d’ufficio (allo scopo di evitare abusi) e il pubblico ufficiale è obbligato a curare la richiesta nel più breve termine possibile, pena la sua responsabilità.
La domanda di trascrizione è annotata dal conservatore sul Registro generale d’ordine; in questo registro non esiste un’elencazione dei beni perché la trascrizione è fatta sotto il cognome e il nome dell’interessato, in base ad un criterio personale e non reale.
177. Altre forme di pubblicità: intavolazione mobiliare e iscrizione costitutiva. Nel sistema giuridico tedesco e in alcune regioni come il Trentino e il Friuli, un istituto giuridico molto simile alla trascrizione è l’intavolazione. Differenze:
1. mentre la trascrizione ha effetto dichiarativo, l’intavolazione ha effetto costitutivo, in quanto solo con essa il soggetto interessato acquista la titolarità del diritto;
2. mentre la trascrizione si basa su un criterio personale, l’intavolazione si basa su un criterio reale, in quanto è attuata con riferimento ai beni e non alle persone.
Anche i beni mobili registrati seguono il criterio reale e non il criterio personale utilizzato dal sistema italiano della trascrizione.
Altra forma di pubblicità è l’iscrizione, che ha efficacia costitutiva: le società di capitali si costituiscono solo con l’iscrizione del relativo atto costitutivo nel Registro delle imprese.
Fonte: http://www.gulliver.univpm.it/download/Riassunti_Perlingeri.docx
Sito web da visitare: http://www.gulliver.univpm.it
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
Il testo è di proprietà dei rispettivi autori che ringraziamo per l'opportunità che ci danno di far conoscere gratuitamente i loro testi per finalità illustrative e didattiche. Se siete gli autori del testo e siete interessati a richiedere la rimozione del testo o l'inserimento di altre informazioni inviateci un e-mail dopo le opportune verifiche soddisferemo la vostra richiesta nel più breve tempo possibile.
I riassunti , gli appunti i testi contenuti nel nostro sito sono messi a disposizione gratuitamente con finalità illustrative didattiche, scientifiche, a carattere sociale, civile e culturale a tutti i possibili interessati secondo il concetto del fair use e con l' obiettivo del rispetto della direttiva europea 2001/29/CE e dell' art. 70 della legge 633/1941 sul diritto d'autore
Le informazioni di medicina e salute contenute nel sito sono di natura generale ed a scopo puramente divulgativo e per questo motivo non possono sostituire in alcun caso il consiglio di un medico (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione).
"Ciò che sappiamo è una goccia, ciò che ignoriamo un oceano!" Isaac Newton. Essendo impossibile tenere a mente l'enorme quantità di informazioni, l'importante è sapere dove ritrovare l'informazione quando questa serve. U. Eco
www.riassuntini.com dove ritrovare l'informazione quando questa serve