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RIASSUNTI DEL
“MANUALE DI DIRITTO PRIVATO”
Di: A.Torrente P.Schlesinger
1 L’ordinamento giuridico
L’ordinamento giuridico è costituito dal complesso delle norme e di istituzioni, mediante le quali viene regolato e diretto lo svolgimento della vita sociale e dei rapporti tra i singoli.
La cooperazione tra gli uomini rende realizzabili risultati che sarebbero altrimenti irraggiungibili per il singolo.
Per aversi un gruppo organizzato occorrono tre condizioni:
Il sistema di regole, modelli e schemi mediante i quali è organizzata una collettività viene chiamato “ordinamento”. Quindi la finalità dell’ordinamento giuridico è quella di “ordinare” la realtà sociale.
Gli uomini danno vita a collettività di vario tipo: si pensi alle chiese o ai partiti politici, ai sindacati o alle organizzazioni culturali…Tra tutte le forme di collettività, importanza preminente ha sempre avuto la società politica: quella, cioè, rivolta alla soddisfazione non dei vari bisogni dei consociati, bensì di quello più importante condizionandone il conseguimento, e che consiste nell’assicurare i presupposti necessari affinchè le varie attività promosse dai bisogni stessi possano svolgersi in modo ordinato e pacifico. Naturalmente le società politiche hanno assunto forme diverse nella storia.
Un ordinamento giuridico si dice originario quando la sua organizzazione non è soggetta ad un controllo di validità da parte di un’altra organizzazione.
L’ordinamento di una collettività è costituito da un sistema di regole. Ciascuna di queste regole, proprio perché concorre a disciplinare la vita organizzata della comunità, si chiama norma; e poiché il sistema di regole da cui è assicurato l’ordine di una società rappresenta il diritto di quella società, ciascuna di tali norme si dice giuridica.
La norma giuridica non va mai confusa con la norma morale, nemmeno quando l’una e l’altra abbiano identico contenuto. Difatti, mentre ciascuna regola morale è assoluta, nel senso che trova solo nel suo contenuto la propria validità, la regola giuridica deriva la propria forza vincolante dal fatto di essere prevista da un atto dotato di autorità nell’ambito dell’organizzazione di una collettività.
I fatti produttivi di norme giuridiche si chiamano “fonti”. Di solito la norma viene consacrata in un documento normativo. In tal caso occorre non confondere la “formula” (il testo) della disposizione, con il “precetto” (il significato) che a quel testo viene attribuito dall’interprete.
Non bisogna confondere il concetto di “norma giuridica” con quello di “legge”. Per un verso infatti, la legge è un atto o documento normativo, che contiene norme giuridiche, e che quindi sta con queste in rapporto da contenente a contenuto; per altro verso, accanto a norme aventi “forza di legge”, ogni ordinamento conosce tante altre norme giuridiche frutto di altri atti normativi; per altro verso ancora, una medesima legge può contenere molte norme, ma una norma può anche risultare soltanto dal “combinato disposto” di più disposizioni legislative, ciascuna delle quali può regolare anche un solo aspetto del problema complesso.
Il complesso delle norme da cui è costituito ciascun ordinamento giuridico rappresenta il “diritto positivo” di quella società.
Il c.d. “diritto naturale” è talvolta inteso come matrice dei singoli diritti positivi, talaltra come criterio di valutazione critica dei concreti ordinamenti.
Le norme giuridiche si caratterizzano per il fatto di essere suscettibili di attuazione forzata (coercizione) o sono comunque garantite dalla predisposizione, per l’ipotesi di trasgressione, di una conseguenza in danno del trasgressore, chiamata “sanzione”, la cui minaccia favorirebbe l’osservanza spontanea della norma.
Spesso, accanto a “norme di condotta” (dette primarie), il legislatore prevede una “risposta” o una “reazione” dell’ordinamento (c.d. norme sanzionatorie o secondarie), da far scattare in caso di inosservanza del comportamento prescritto.
Vi è peraltro da rilevare che la difesa dell’ordinamento non viene perseguita soltanto attraverso misure repressive di una situazione preesistente illegittimamente violata, ma anche mediante misure preventive, di vigilanza e di dissuasione, e perfino con l’ausilio di norme che si limitano ad affermazioni di principio, che svolgono un’importante funzione “esemplare”, indipendentemente dalla previsione di qualsiasi sanzione.
Di recente sono frequenti anche norme che stabiliscono “premi” e “incentivi a favore dei soggetti che si vengano a trovare in particolari situazioni (ad es. a favore di imprese che intraprendono nuove attività in zone considerate depresse o sottosviluppate).
La sanzione può operare in modo diretto (realizzando il risultato che la legge prescrive), o in modo indiretto: in questo caso l’ordinamento si avvale di altri mezzi per ottenere l’osservanza della norma o per reagire alla sua violazione. Nel diritto privato, in particolare, la sanzione non opera, di regola, direttamente.
I caratteri essenziali della norma giuridica avente forza di legge sono la generalità e la estrattezza dei relativi precetti.
Con il carattere della generalità si intende sottolineare che la legge non deve essere dettata per singoli individui, bensì o per tutti i consociati o per classi generiche di soggetti.
Con il carattere della astrattezza si intende sottolineare che la legge non deve essere dettata per specifiche situazioni concrete, bensì per fattispecie (stato di cose) astratte, ossia per situazioni individuate ipoteticamente.
Importante è diventata, per caratterizzare la norma avente valore di legge, il c.d. “principio di eguaglianza”(art. 3 Cost.).
Dal principio di eguaglianza va tenuto distinto il principio per cui i pubblici uffici devono rispettare il criterio della imparzialità (art. 97 Cost.), ossia l’obbligo di applicare le leggi in modo eguale.
Nell’art. 3 della Cost. è invece codificato il vero principio di eguaglianza, che ha due profili:
Il controllo del rispetto del principio di eguaglianza è affidato alla corte Costituzionale, la quale può dichiarare l’illegittimità di una norma avente forza di legge quando ritenga “irragionevole” o “incongruente” o “contraddittoria” o “arbitraria” una differenziazione normativa di situazioni che, in realtà, siano omogenee, ovvero un’assimilazione di trattamento nei confronti di situazioni che, in realtà, siano diverse.
In qualche ipotesi può avvenire che l’applicazione del comando al caso concreto dia luogo a conseguenze che urtano contro il sentimento di giustizia.
L’equità è stata, pertanto, definita la giustizia del caso singolo.
L’ordinamento giuridico sacrifica spesso la giustizia del caso singolo all’esigenza della certezza del diritto, in quanto ritiene pericoloso affidarsi alla valutazione soggettiva del giudice e preferisce che i singoli possano prevedere esattamente quali saranno le conseguenze dei loro comportamenti ( principio della certezza del diritto ).
Perciò, nel diritto privato, il ricorso all’equità è ammesso solo in casi eccezionali e precisamente in quelli in cui la stessa norma giuridica rinvia all’equità.
Fonte: http://studiando.altervista.org/UNIVERITY/1anno/PRIVATO/riassunto%20del%20torrente.doc
Sito web da visitare: http://studiando.altervista.org
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
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