Reati omissivi

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Reati omissivi

La responsabilità per omissione: fondamento e problemi.

L’omissione come modalità di offesa di beni giuridici.

La norma penale che configura un reato omissivo rivolge alla cerchia dei suoi destinatari un comando di agire. Il fatto tipico di reato omissivo è il non fare quanto la legge comanda di fare.
Parlare di reato omissivo è possibile e ha senso, in quanto la norma, nel prescrivere quod debetur (ciò che si deve fare), si riferisce comunque al mondo dei fatti.
I dati del reale, che la legge assume ad elementi costitutivi della fattispecie normativa, mantengono anche nelle fattispecie omissive la loro autonomia concettuale e strutturale di fronte alla norma.
Comandi di agire sono la categoria di precetti più intrusiva: non solo delimitano dall’esterno, come i divieti, ma vincolano internamente le scelte d’azione dei destinatari. Non si limitano a porre regole che contemperano le diverse sfere di libertà individuale, ma dettano contenuti di scelte d’azione obbligate.
Le prestazioni che possono essere legittimamente imposte sotto minaccia di pena, sono solo prestazioni volte alla tutela di interessi, che la mancata prestazione esporrebbe ad offesa o messa in pericolo. Un reato omissivo di pura disobbedienza non potrebbe essere considerato legittimo nell’ordinamento giuridico italiano.

I doveri di solidarietà come fondamento della responsabilità per omissione.

Per la giustificazione di comandi d’agire il riferimento al bene giuridico, pur possibile e necessario, non è sufficiente.
L’imposizione di comandi di agire evoca esigenze e vincoli di solidarietà e di cooperazione.
I reati omissivi sono reati propri (salvo l’omissione di soccorso). Gli obblighi di attivarsi penalmente rilevanti si innestano nella complessiva disciplina di particolari ruoli, pubblici o privati, che pongono chi li ricopra in un particolare rapporto con particolari interessi di terzi o della collettività.

Le categorie di reati omissivi.

La fattispecie di reato omissivo può esaurirsi nell’incriminazione della condotta omissiva. In tal caso parliamo di reati di pura omissione. La legge impone un obbligo di produzione di un risultato, mediante la condotta doverosa; l’omissione della condotta dovuta integra il reato omissivo, indipendentemente da conseguenze ulteriori.
È possibile configurare reati omissivi con evento naturalistico, nei quali, cioè, venga in rilievo come causa dell’evento una condotta omissiva? La risposta è si: può essere teoricamente configurata, ed è di fatto conosciuta dagli ordinamenti penali positivi, la categoria dei reati commissivi mediante omissione.
Non ha rilievo se e quale altra condotta (aliud agere) sia stata tenuta in luogo di quella doverosa. È comunque necessario che il mancato compimento dell’azione sia avvenuto in assenza di situazioni che avrebbero impedito la decisione di agire o la sua attuazione.

Reati di pura omissione

La figura del reato omissivo puro, o di mera omissione, corrisponde a quella del reato di mera azione, con una differenza. Un comando di agire non può essere incondizionato, a differenza dei divieti di compiere certe azioni. Precetti che vietano azioni positive pongono un limite esterno alla libertà, che vale in qualsiasi tempo e contesto, salvo eventuali cause di esonero. Ma nessuno può essere obbligato permanentemente a fare alcunché.
L’illecito per omissionem, la trasgressione di un dovere di agire, ha dunque come caratteristica costante, non eliminabile, il collegamento dell’azione prescritta ad un contesto di fatto che ne costituisce il presupposto. Definiamo situazione tipica l’insieme dei presupposti da cui scaturisce l’obbligo di attivarsi.

Reati commissivi mediante omissione.

L’obbligo giuridico di impedire l’evento come condizione di tipicità dell’omissione causale.

La categoria dei reati commissivi mediante omissione è, nel sistema penale italiano, costruita sulla base di una clausola di parte generale.
Art. 40 c.p.: “Non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”.
Viene fondata l’equivalenza fra la condotta omissiva antidoverosa non impeditiva e un’azione causale, e viene dato rilievo penalistico ad obblighi di attivarsi il cui fondamento sta al di fuori del diritto penale.
I reati commissivi mediante omissione appartengono alla categoria dei reati propri.
Il reato commissivo mediante omissione costituisce la violazione di una specifica norma di comando, che pone il dovere di attivarsi per impedire, e non semplicemente il generico di vieto di cagionare un certo risultato.

La causalità dell’omissione.

Può un’omissione (antidoverosa) di una data condotta essere condizione necessaria di un evento, secondo il modello della condizio sine qua non?
Se ciò che è stato omesso fosse stato fatto, l’evento si sarebbe verificato o no? Se la risposta è sì, ciò equivale a dire che il non agire in un certo modo è stato condizione necessaria, sine qua non, dell’evento.
Un problema concerne l’efficacia impeditivi di qualcosa che non è accaduto, rispetto ad un evento realmente accaduto i cui antecedenti positivi sono stati accertati.
Le sezioni unite hanno ritenuto che l’indirizzo tradizionale in materia di responsabilità omissiva del medico comporta una erosione del paradigma causale, fondando la responsabilità sul disvalore della condotta e sulla mancata riduzione del rischio, mentre la legge richiede l’effettiva causazione dell’evento secondo il paradigma della condicio sine qua non. Se non vi è certezza che l’azione omessa avrebbe avuto per effetto l’impedimento dell’evento, non è possibile concludere con certezza che l’omissione sia stata una condizione sine qua non dell’evento. Difficoltà di prova non possono legittimare un’attenuazione del rigore nell’accertamento del nesso causale; l’accontentarsi dell’aumento o della mancata diminuzione del rischio si risolverebbe in una abnorme espansione della responsabilità, in violazione del principio della responsabilità per fatto proprio.
Il problema specifico della causalità omissiva sorge in relazione ad eventi i cui antecedenti positivi sono stati accertati, e riguarda una relazione ipotetica fra l’evento accaduto ad una condotta che non è stata tenuta, della quale si discute se avrebbe impedito l’evento. Per risolvere la questione viene in rilievo l’esperienza sulle percentuali di successo di un intervento del tipo di quello ritenuto doveroso, in situazioni analoghe. Non è invece applicabile il criterio dell’esclusione di fattori alternativi, che per la prova della causalità attiva è il criterio di per così dire di chiusura. E se non è possibile escludere decorsi causali in cui l’azione impeditiva non avrebbe avuto successo, la prova della causalità omissiva finisce per rivelarsi irraggiungibile.
Emerge un limite specifico di funzionalità del modello del reato commissivo per omissione.

La tipicità dell’omissione causale. Le posizioni garanzia.

L’obbligo giuridico che fonda la responsabilità commissiva mediante omissione non è un qualsivoglia obbligo di attivarsi. Non basta un dovere che può gravare su chiunque, come il dovere di soccorso di cui all’art. 593 c.p.; la legge penale dà rilievo a un vincolo speciale di tutela, gravante su una speciale categoria di soggetti, con specifica funzione di garanzia di interessi penalmente protetti. Si parla di posizioni di garanzia.
Il principio di legalità esige che le posizioni di garanzia penalmente rilevanti abbiano fondamento legale e siano identificabili con sufficiente precisione.
Come fonti dell’obbligo di garanzia, la dottrina enumera una accanto all’altra fonti diverse ed eterogenee: la legge, ogni altra disposizione che abbia efficacia vincolante, negozi giuridici, e anche situazioni di mero fatto tali da rendere un soggetto garante di altrui interessi.
Nel modello adottato dal codice Rocco, pur in assenza di una puntuale tipizzazione, l’esigenza di un fondamento legale delle posizioni di garanzia trova riscontro nella attribuzione di rilevanza penale esclusivamente ad obblighi giuridici. La giuridicità dell’obbligo, di cui parla l’art. 40 c.p., non può che significare la volontà legislativa di subordinare la rilevanza penale della posizione di garanzia all’esistenza di un obbligo di protezione, formalmente posto da una fonte dell’ordinamento a ciò abilitata.

 

 

 

Il sistema delle posizioni di garanzia.

Classificazione delle posizioni di garanzia.

Le categorie fondamentali di posizioni di garanzia, che la dottrina ha individuato, sono le posizioni di protezione e le posizioni di controllo. Una terza categoria è quella degli obblighi di impedimento del reato altrui.
Parlando di posizioni di protezione si ha riguardo agli interessi tutelati: al garante è affidato un compito di protezione di determinati interessi da determinati pericoli.
Parlando di posizioni di controllo si ha riguardo a particolari fonti di rischio, rientranti nella sfera di signoria del garante, che costui deve assicurare non producano danni o altre situazioni contrarie alla legge.
Il catalogo delle posizioni di garanzia è potenzialmente aperto, dipendente da scelte dell’ordinamento giuridico complessivo.

Posizioni di protezione.

Il capitolo delle posizioni di protezione ha a che fare con la protezione di soggetti incapaci di provvedere a sé stessi, per età o per infermità o altra causa.
Il dovere di impedimento riguarda essenzialmente eventi di danno alla persona.
Nel campo dei rapporti familiari, la posizione di garanzia fondamentale è quella dei genitori, garanti a tutto campo degli interessi dei figli di età minore. Possono venire in rilievo anche posizioni derivate, coperte da soggetti cui siano stati trasferiti in tutto o in parte, in via temporanea o stabile, compiti propri dei genitori, o di rappresentanze e cura di persone incapaci.
I presupposti della posizione di garanzia sono determinati dalla legge civile.
Come ipotesi derivate vengono in rilievo quelle di chi abbia assunto la custodia del minore o di altra persona incapace, per infermità o per vecchiaia, di provvedere a sé stessa: babysitter, badanti e simili.
In questi ultimi casi, la posizione di garanzia non ha un immediato fondamento legale, ma nasce da un rapporto negoziale.
La posizione di garanzia sorge solo quando l’incapace sia stato concretamente preso in carico dal garante.
Nell’ambito delle posizioni di protezione, il capitolo di maggiore impatto sulla giustizia penale è quello dei doveri di cura e di soccorso. Viene in rilievo, innanzi tutto, l’esercizio delle professioni sanitarie.
Il terapeuta risponde, innanzi tutto, per le conseguenze di attività positive.
C’è una concreta presa in carico, ovvero un dovere di presa in carico collegato a specifici ruoli e/o a specifiche situazioni.

Posizioni di controllo.

Le posizioni di controllo su fonti di pericolo comprendono situazioni caratterizzate dal controllo (del proprietario o di altri) su cose pericolose, e, soprattutto, lo svolgimento (e il controllo sulle condizioni di svolgimento) di attività pericolose.
Le posizioni di controllo su cose pericolose si ricollegano a criteri di attribuzione di responsabilità per fatto illecito, previsti nel codice civile.
Il garante può essere, e di regola sarà, il proprietario della cosa; ma potrà anche essere un altro soggetto, la cui posizione di garanzia derivi dalla custodia o dall’uso della cosa.

Doveri di impedimento di reati commessi da terzi.

La giurisprudenza e la prevalente dottrina riconoscono una terza categoria di posizioni di garanzia, caratterizzata da obblighi d’impedimento di reati commessi da terzi. Ha riguardo ad obblighi che si assumono nascere da rapporti di parentela, dalla titolarità di funzioni pubbliche e in particolare di funzioni di polizia, da funzioni di diritto privato.
L’evento da impedire, ex art. 40 c.p., si identificherebbe nel reato commesso da altri.
Con riguardo agli appartenenti a forze di polizia, l’orientamento della giurisprudenza, che riconosce una posizione di garanzia di portata generale, è controverso in dottrina.
Una costellazione di casi delicata è quella della eventuale responsabilità per il fatto commesso da persone incapaci in capo a persone che abbiano doveri di sorveglianza o controllo.
Il problema dell’impedimento del reato altrui, come eventuale contenuto di posizioni di garanzia, riguarda infine funzioni caratterizzate da poteri di supremazia. In capo al soggetto responsabile di una struttura organizzativa, sussiste un dovere di impedire la commissione di delitti dolosi da parte di persone sottoposte alla sua direzione o controllo, o eventualmente da parte di altri componenti di organo cui egli appartenga?
La giurisprudenza e la prevalente dottrina non hanno dubitato che una posizione di garanzia faccia capo ad amministratori e sindaci di società, in ragione dei poteri e doveri attribuiti dal diritto societario.

Limiti strutturali alla configurabilità di reati omissivi impropri?

Nella dottrina sono stati proposti taluni criteri di selezione delle fattispecie omissive improprie, in funzione di particolari profili strutturali.
In particolare, si sostiene che possano venire in rilievo solo reati con evento naturalistico, invocando in tal senso la formula stessa dell’art. 40 c.p.. Sarebbero inoltre da escludere dal novero dei reati omissivi impropri le fattispecie caratterizzate da particolari modalità d’azione.
Viene dato rilievo, infine, alla natura degli interessi protetti.

 

Fonte: http://www.studentibicocca.it/file/download/1103?license_confirmed=true

Sito web da visitare: http://www.studentibicocca.it/

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

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