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La Dittatura
Col termine dittatura si intende comunemente una forma di governo autoritaria, in cui il potere è accentrato in un solo organo, non limitato da leggi o costituzioni. È il contrario di democrazia.
In senso lato, dittatura ha quindi il significato di predominio assoluto e incontrastabile da parte di un ristretto gruppo di persone, quando non di un solo individuo, detentore di un potere imposto con la forza. La negazione e la repressione di qualunque forma di opposizione e di dissenso sono i tratti caratteristici della dittatura, che ha come corollari la censura e la negazione della libertà di stampa.
Il termine ha origine nella Repubblica romana, dove indicava la carica del dittatore e la sua durata. Il dittatore, nominato dai consoli su proposta del senato, era dotato di summum imperium, e cumulava in sé il potere dei due consoli; per questa ragione era accompagnato da ventiquattro littori. Inoltre non era soggetto al limite della provocatio ad populum e per questo i suoi littori giravano anche all'interno della città di Roma con le scuri inserite nei fasci. Tutti gli altri magistrati erano a lui subordinati. Il dittatore romano assumeva il potere in situazioni di emergenza, prevalentemente in tempo di guerra, per sedare una rivolta (dictator seditionis sedandae causa) o per governare lo stato in situazioni di difficoltà (dictator rei gerendae causa) e la sua carica era limitata al tempo massimo di sei mesi. Furono nominati dittatori ad esempio Cincinnato, durante la guerra contro gli Equi e Quinto Fabio Massimo durante la seconda guerra punica, entrambi momenti in cui era a rischio l'esistenza stessa di Roma.
Un esempio di dittatura moderna, con forti motivazioni etiche, è quella instaurata da Oliver Cromwell in Gran Bretagna tra il 1645 e il 1658, dopo che il parlamento fece giustiziare Carlo I Stuart, che dal 1629 al1640 aveva instaurato la cosiddetta Tirannia degli 11 anni.
L'accezione negativa del termine è nata con la Rivoluzione francese, quando il Terrore giacobino instaurato da Robespierre fu chiamato “dittatura” con l’accezione di regime politico tirannico.
La dittatura è una macrocasella che contiene diverse forme espressive.
Possiamo classificare le dittature in base a due Variabili: intensità e ideologia.
In base all'intensità generalmente si distingue tra Totalitarismo, Cesarismo, Autoritarismo, che sono allora variabili della dittatura.
A) Il Totalitarismo è il termine usato da alcuni storici e politici moderni per enucleare lecaratteristiche di alcuni regimi nati nel XX secolo, che mobilitarono intere popolazioni nel nome di un’ideologia o di una nazione. Possiamo definirlo il tipo più moderno di dittatura.
Nelle Origini del Totalitarismo, la studiosa Hannah Arendt indica nel totalitarismo un fenomeno che abbisogna di tre fattori per potersi sviluppare:
a) una società industriale di massa.
b) uno sviluppo tecnologico moderno.
c) l’esistenza di una compagine mondiale competitiva.
Secondo la Arendt gli elementi distintivi del totalitarismo sono l’ideologia e l’uso del terrore.
Possiamo riassumere i caratteri fondamentali del totalitarismo in:
Espressione di Totalitarismo dittatoriale furono il Nazismo e lo Stalinismo che si servirono di strumenti di terrore, come i lager (Germania nazista) e il gulag (Unione Sovietica), dove l’individualità veniva cancellata sistematicamente tramite il dominio assoluto sulle persone. Nel linguaggio politico, storico e filosofico, il termine totalitarismo è usato per indicare “la dottrina o la prassi è di uno Stato che intenda ingerirsi nell'intera vita anche privata dei suoi cittadini, al punto da identificarsi in essi o da far identificare essi nello Stato (caratteristica attribuibile all’idea statale di Hobbes e soprattutto di Hegel; cfr. gli appunti sullo Stato Etico). Va inoltre detto che il dittatore può giungere al potere anche democraticamente e senza violenza (valga l’esempio di Hitler, eletto dal popolo tedesco).
B) Una variabile di dittatura è il Cesarismo, o Autocrazia, categoria in cui Antonio Gramsci e Max Weber facevano ricadere le dittature del loro tempo. Si parla di Autocrazia quando il potere del capo non si fonda soltanto su strumenti di repressione, ma soprattutto sul Consenso. L’autocrazia necessita di un forte apparato statale ma, anche e soprattutto, della figura di un capo carismatico che incarni o sostituisca l’ideologia con il fascino personale. Caratteristica di questa dittatura è la mediazione tra interessi contrastanti. Consenso e Carisma, sono le parole chiave del cesarismo.
Il termine deriva dalla dittatura di Cesare nell’antica Roma. In base all’ideologia si parla di sultanismo (quando il cesarismo è reazionario) o dibonapartismo ( quello di Napoleone I, in questo caso il cesarismo è rivoluzionario).
C) Con il termine Autoritarismo (o Regime autoritario) si indica l’atteggiamento di chi esercita un’autorità, trascurando o eliminando del tutto i limiti legali del suo potere. All’interno del regime autoritario il mantenimento e consolidamento del potere è esclusivamente su base repressiva. In questo caso, il potere si instaura senza avvertire l’esigenza di coinvolgere le masse, tramite ricorso frequente e costante alla propaganda. Lascia quindi una certa libertà e autonomia personale, non avendo l’esigenza di controllare tutti gli aspetti della società, per dirigere le coscienze. Talvolta rappresenta il tentativo di alcune élite conservatrici di bloccare il processo di modernizzazione, talaltra il tentativo del ceto dominante di favorire la modernizzazione traghettando la società verso un nuovo ordine. A questa specie appartengono il franchismo (autoritarismo reazionario) e le dittature sudamericane di stampo rivoluzionario (“terzomondismo”). Il regime autoritario presenta forti e marcate differenze sia dai regimi democratici, vale a dire le liberal-democrazie moderne, che dalle esperienze totalitarie.
Da un punto di vista prettamente teorico ci troviamo di fronte a un regime autoritario quando l’assetto politico di un paese presenta le seguenti caratteristiche:
Il potere è assunto con la violenza o con il ricatto, anziché essere una libera espressione popolare.
Nel regime autoritario non è eliminato del tutto il pluralismo politico, ma questo si presenta in modo diverso però da quello democratico: infatti le autorità che in qualche modo sono tollerate dal regime sono però anch’esse prive di una legittimazione popolare.
In assenza di libere e competitive elezioni, viene a mancare la necessità da parte di chi detiene il potere di rendere conto al popolo del proprio operato.
A differenza del totalitarismo, gli autoritarismi non hanno ideologie in senso pieno. Generalmente il regime autoritario enuncia principi meramente retorici o posti in maniera più o meno ambigua, che si ritengono accettabili da vasti strati di popolazione, soprattutto in periodi di crisi. Dio, patria, famiglia, ordine.
Il potere centrale non cerca né la mobilitazione né la partecipazione delle masse nella vita politica. Questo indicatore però non è valido per tutti i regimi autoritari: i regimi autoritari di mobilitazione*, come il fascismo italiano, rappresentano in questo senso un’eccezione.
Il potere è interamente concentrato nelle mani di pochi quando non in quelle di una sola persona.
Il regime autoritario comporta l’assenza dello “stato di diritto”. Con l’espressione limiti “mal definiti” intendiamo infatti un’alta discrezionalità delle élite al potere, per la quale però il cittadino riesce a prevedere quali comportamenti siano passibili di sanzione. Questo è un altro elemento distintivo del regime autoritario da quello totalitario, in quanto quest’ultimo manca persino dell’aspetto della prevedibilità.
Nei regimi autoritari, in base a chi detiene materialmente il potere, posiamo distinguere tra Regimi militari, Regimi civil-militari e Regimi civili.
a) Regimi militari, sono quelli in cui si ha un intervento militare in politica (pretorianesimo). Solitamente s’instaurano i Regimi Militari quando le strutture istituzionali sono deboli, con lo scopo di “sanare” una crisi acuta (sociale od economica) per poi ripristinare lo stato democratico.
A livello di “collaborazione per interesse” il potere può essere detenuto sia da militari sia da classi sociali interessate a migliorare il proprio potere economico o politico attraverso l’eliminazione della democrazia. Una sorta di accordo che dura fino a che durano gli equilibri e i vantaggi delle parti interessate.
Sono i cosiddetti regimi di mobilitazione* che usano strutture come il “partito unico” per creare una partecipazione indotta alla vita politica. Se ne distinguono tre tipi principali:
Mussolini e Gentile, il teorico del fascismo, consideravano il fascismo come un totalitarismo, mentre ricordiamo come (a pag. 162 del volume 3 di Studiare Storia) lo storico Alberto De Bernardi consideri il fascismo come “Totalitarismo imperfetto”, in quanto esso non fosse riuscito a creare la perfetta identificazione tra il cittadino italiano con il fascismo. Mussolini conquistò il “consenso attivo” soltanto di una parte della popolazione, ceti dirigenti e media e piccola borghesia. Al fascismo non riuscì l’operazione, perfettamente riuscita al collega Hitler, di Gleichschaltung , ossia il programmatico “allineamento delle coscienze” con l’ideologia dominante. Inoltre, mentre in Germania non esistevano centri di potere alternativi al Fuhrer, in Italia continuarono ad esistere la Chiesa Cattolica e la Corona, come punti di riferimento.
Il Nazismo e lo Stalinismo a confronto. La differenza tra i due modelli consiste nei fondamenti ideologici e negli obiettivi.
Profondamente Nazionalista e anticomunista, il nazismo ha il suo fondamento nella disuguaglianza tra gli uomini e il razzismo. Come obiettivo ha la grandezza del “popolo tedesco” come “comunità di sangue”, la sua preminenza come razza e la conquista dello spazio vitale, individuato nel luogo d’origine, “a nord-est”, la mitica terra degli Iperborei.
Fondamento e fine del totalitarismo staliniano è la costruzione di un “modello comunista”. L’obiettivo di Stalin è la mobilitazione ideologica delle grandi masse popolari, al fine di costruire una società socialista, racchiusa all’interno della grande nazione sovietica, che Stalin si adopera per trasformare in una potenza industriale. Gli armamenti non sono a scopo offensivo, come quelli di Hitler, ma difensivo della nuova società, invisa all’Europa.
Li accomuna, a parte i baffi, l’uso programmatico del terrore e dei servizi segreti, della propaganda e il culto del capo carismatico, il misticismo e la religiosità degli apparati scenografici mirati ad infondere un senso di unione nella società come una massa di fedeli intorno ad un altare. Infine una nota comune è costituita dall’esaltazione del lavoro, necessario per l’espansione industriale. I campi di concentramento nazisti furono non solo campi di segregazione e sterminio ma anche campi di lavoro, così come i gulag russi furono campi di lavoro “correttivi”, in cui i dissidenti ideologici erano ri-educati con il lavoro. quella di Stalin fu una rivoluzione imposta dall’alto. La collettivizzazione forzata e l’industrializzazione non avevano un puro scopo economico ma intendevano fondare un sistema nuovo, una nuova società.
Karl Marx riteneva “dittature” tutti i regimi politici, per questo considerava necessaria una “dittatura del proletariato” come fase propedeutica per il passaggio al comunismo. Questa idea fu poi alla base dell'affermazione del Comintern secondo cui non vi era differenza tra fascismo e sistemi rappresentativi occidentali.
Fonte: http://keynes.scuole.bo.it/~miglioli/2011_12/DITTATURA%20TOTALITARISMO%20AUTORITARISMO%20NUOVO.doc
Sito web da visitare: http://keynes.scuole.bo.it/
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