Cos'è il diritto

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Cos'è il diritto

COS’E’ IL DIRITTO

Il diritto è anzitutto una scienza sociale cioè una disciplina che studia le relazioni tra gli individui nella società, come anche la storia, la filosofia, la sociologia, l’economia. Al contrario le scienze naturali studiano il mondo che ci circonda  da un punto di vista fisico e naturale (es. biologia, fisica, matematica). Queste ultime sono definite anche “scienze esatte” in quanto il fenomeno che descrivono si ripete allo stesso modo in ogni tempo e in ogni luogo: 2+2 fa sempre  quattro in ogni tempo e ogni luogo, la legge di gravità funziona allo stesso modo in ogni angolo del pianeta. Le scienze sociali sono invece relative perché la loro funzione è quella di studiare lo sviluppo delle relazioni tra individui come singoli e come parte di gruppi più ampi per comprendere, poi, alcuni fenomeni e individuare le possibili soluzioni. Queste soluzioni non sono immodificabili e/o sempre le stesse in tutto il pianeta, ma sono diverse a seconda del periodo storico e dello sviluppo culturale e tecnologico. Risentono inoltre delle specificità ambientali, culturali, religiose, sociali che caratterizzano un gruppo o uno  Stato rispetto ad un altro.
Il diritto è un insieme di norme su cui si basa l’organizzazione della società.
Il grande filosofo greco Aristotele affermò che “l’uomo è un animale sociale”. L’uomo ha sempre vissuto con i suoi simili, perché solo cooperando con essi ha potuto soddisfare le sue esigenze e raggiungere un sempre più alto tenore di vita; da questo bisogno di collaborazione è nata la società. La società si è evoluta storicamente. Dalle prime forme di organizzazione sociale basate sulla parentela (famiglie, tribù) si è passati ad organismi più complessi nei quali la sottomissione ad un potere supremo (rappresentato dallo Stato) ha sostituito il vincolo di parentela. Per avere una civile convivenza in ogni società devono esistere delle regole, che devono essere rispettati da tutti i cittadini (chi ruba o uccide deve essere punito, nessuno può farsi giustizia da solo): l’insieme di queste norme costituisce il Diritto. Le norme che interessano il Diritto (norme giuridiche) costituiscono l’Ordinamento Giuridico.
Nella nostra società ogni gruppo (religioso, sportivo, culturale, etc…) deve darsi delle regole per poter raggiungere i propri scopi. Si ha una pluralità di ordinamenti quando accanto all’ordinamento statale ne esistono altri riconosciuti dallo Stato.
L’ordinamento giuridico dovrebbe fondarsi sul rispetto della dignità umana; si tratta di un principio che non sempre è stato rispettato (si pensi alle leggi razziali o alla schiavitù). Va però chiarito che i giudici devono applicare il diritto in vigore, senza valutare se una legge, secondo il proprio punto di vista, sia giusta o ingiusta. Supponiamo che il Giudice reputi “giusta” la pena di morte per chi commette gravi reati. Poiché la nostra Costituzione vieta la pena di morte, quel giudice non può condannare a morte un assassino anche se lo ritiene, dal suo punto di cista, “giusto”.

NORME SOCIALI E NORME GIURIDICHE

Non tutte le regole che rispettiamo ogni giorno fanno parte del diritto; dobbiamo infatti distinguere le norme sociali dalle norme giuridiche. Chi viola una norma giuridica deve essere punito con una sanzione giuridica, mentre chi infrange una norma sociale non viene punito. Le norme sociali sono regole di buona educazione e principi (morali, religiosi) che ognuno è tenuto a rispettare solo sulla base della propria coscienza. Chi infrange una norma sociale può avere dei rimorsi o essere giudicato male dalla società, ma non può essere colpito da alcuna sanzione (nessuno può essere arrestato per non aver ceduto il posto in autobus a una persona anziana). Ad esempio, poichè dal 1993 è considerato reato lo spaccio ma non il consumo di droga: a) chi consuma droga viola una norma sociale (sarà criticato dalla famiglia, sarà emarginato dalla società etc…) ma non incorre in alcuna sanzione giuridica. b) Chi spaccia droga viola una norma giuridica e incorre in sanzioni giuridiche (può essere arrestato).

Norme giuridiche e norme sociali non devono essere confuse anche se spesso hanno identico contenuto; ad esempio “non uccidere” è sia una norma sociale (l’omicidio è proibito anche dalla morale e dalla religione) che una norma giuridica (l’omicidio è punito dal codice penale). E’ quasi impossibile trovare una norma giuridica che non sia anche norma sociale, perché lo Stato trasforma in norme giuridiche quelle norme sociali che sono indispensabili per la vita della collettività. Tuttavia quelle di cui ci occuperemo nel corso di Diritto sono le norme giuridiche. Tutte le norme che costituiscono l’ordinamento giuridico di un certo Stato, in un determinato momento storico, rappresentano il DIRITTO POSITIVO, formate dalle regole stabilite dall’autorità di governo.
Per comprendere appieno il concetto di diritto positivo occorre porlo in relazione con quello di  Diritto Naturale. Quest’ultimo è costituito dai principi di giustizia che sono insiti nell’uomo (diritto alla vita, libertà, dignità umana, incolumità personale, etcc..), che in parte sono comuni a ogni popolo e che in parte variano secondo il luogo e l’epoca e fungono da modello per gli ordinamenti non autoritari che riconoscono i diritti dei propri cittadini. Il diritto naturale non scaturisce dalla legge ma dalla natura stessa dell’uomo; perciò è anteriore al diritto positivo. Il diritto naturale mira a stimolare il legislatore affinchè basi il contenuto della norma giuridica sui principi naturali, in modo che il concetto di bene coincida con quello di giusto. Le norme di diritto naturale si trasformano da ideali in reali e diventano quindi obbligatorie nel momento in cui entrano a far parte del diritto positivo. Tuttavia in caso di contrasto tra diritto naturale e diritto positivo si deve applicare il diritto positivo. Ad esempio in un paese dove la sanzione per alcuni reati gravi è la pena di morte (diritto positivo), non contemplata invece dal diritto naturale, i giudici dovranno applicare la pena di morte, anche se la ritengano non giusta richiamandosi al diritto naturale. Il militare in guerra che rifiuta di combattere richiamandosi alla pace fra i popoli del diritto naturale verrà arrestato per diserzione in quanto norma prevista dal diritto positivo.

La sanzione giuridica è l’evento che consegue alla mancata osservanza della norma giuridica. La sanzione giuridica può essere diretta o indiretta. La sanzione diretta (o riparatoria) mira a raggiungere lo stesso risultato che si sarebbe ottenuto con l’osservanza spontanea della norma (ad es. chi ha commesso un furto di gioielli è costretto a restituirli). La sanzione indiretta (o punitiva) non è in stretta relazione con la violazione compiuta (nell’esempio, chi ha commesso il furto di gioielli è condannato ad un periodo di reclusione). Nei casi meno gravi la sanzione prevista può consistere nel pagamento di una somma di denaro per non aver rispettato un ordine imperativo (es. divieto di sosta), si parla in questo caso di sanzione pecuniaria. Solitamente la violazione di una norma giuridica comporta una sanzione sia diretta che indiretta (nell’esempio chi ha rubato i gioielli è condannato sia a restituirli che a un periodo di reclusione o ad una sanzione pecuniaria).

I CARATTERI DELLA NORMA GIURIDICA

POSITIVITA’: Il termine non comporta alcun giudizio (non vuol dire che la norma è giusta), ma significa che ogni norma giuridica è creata dall’autorità dello Stato che la adotta seguendo le procedure previste dall’ordinamento giuridico. Positività significa anche l’insieme delle norme giuridiche vigenti in uno Stato in un determinato momento. In Italia esistono circa 200.000 leggi realizzate dall’Unità d’Italia ad oggi. E’ evidente tuttavia che non tutte vengono applicate: alcune sono state abrogate, altre sono state sostituite da leggi più recenti e più vicine alle mutate esigenze della società, altre infine sono cadute in disuso e non vengono più applicate. Si stima che le leggi effettivamente applicate in Italia siano circa 20.000.

OBBLIGATORIETA’: le norme giuridiche sono obbligatorie in quanto in quanto sono vincolanti (anche se non ci piacciono) e tutti sono tenuti a rispettarle. 
COATTIVITA’: le norme giuridiche possono essere imposte con la forza a chi non le rispetta perché, come sappiamo, chi viola una norma giuridica incorre in una sanzione. La sanzione serve non solo a punire , ma soprattutto a prevenire l’inosservanza della norma; ad esempio la norma “non uccidere” ha come obiettivo primario quello di evitare gli omicidi e non di condannare gli assassini. Coattività significa anche che lo Stato può usare la forza per costringerci a rispettare quella norma. Se ad esempio se non paghiamo le tasse o una multa, lo Stato, tramite un ufficiale giudiziario pignorerà e farà vendere i nostri beni fino a recuperare l’importo che non abbiamo pagato. Solo lo stato può usare legittimamente la forza per far rispettare una norma. Non è ammessa nel nostro ordinamento l’uso della forza per farsi giustizia da sé.
NOVITA’: Ogni norma giuridica viene emanata per regolare un comportamento che in precedenza era regolato diversamente (una legge del 1970 permette il divorzio, mentre prima due coniugi erano costretti a restare sposati contro la loro volontà). Solo nel 1986 è entrata in vigore la legge che obbliga i motociclisti ad usare il casco, mentre prima il diritto si disinteressava di questo problema.
GENARALITA’: La norma giuridica non fa riferimento ad un determinato soggetto o gruppo di persone, ma si rivolge indistintamente a tutti i cittadini e non  presenti in uno Stato. Ad esempio una norma giuridica non può affermare “se il Sig. rossi commette un furto incorre in una sanzione”, ma deve stabilire: “chiunque commetta un furto incorre in una sanzione”. A volte sembrerebbe che la formulazione di alcune norme violino questo principio. L’art. 58 della Costituzione stabilisce che possono votare per eleggere i senatori solo coloro che hanno compiuto il venticinquesimo anno di età, sembrerebbe pertanto escludere tutti gli altri. Ciò non significa che la norma non esista per chi ha meno di 25 anni, solo che a questi non si applica temporaneamente fino al compimento dei 25 anni. Ragionamenti analoghi possono essere fatti per le norme del codice della strada riferite agli automobilisti (a chi non la patente non si applicano fino a quando non la consegue) o alle norme a tutela dei lavoratori (non si applicano fino a quando non si inizia a lavorare).
ASTRATTEZZA: La norma giuridica è la previsione astratta di una situazione tipo chiamata “fattispecie” che deve ancora verificarsi, toccherà poi al giudice valutare se quel determinato atto concreto possa o meno rientrare nella fattispecie. Ad esempio la norma che impedisce di rubare non elenca tutti i beni che non possono essere rubati. Se una persona ruba un’automobile è il giudice a stabilire che quell’atto rientra nella fattispecie “non rubare”.
BILATERALITA: Ogni norma giuridica conferisce ad alcuni soggetti dei diritti a cui corrispondono inevitabilmente dei doveri per altri; ad esempio, a fronte del diritto di proprietà sul mio cellulare, sta il dovere degli altri di rispettarlo.
RELATIVITA. Le norme giuridiche non sono immutabili nel tempo e nello spazio, ma cambiano insieme al mutare della società, delle culture e del sentire comune. In particolare, esse variano:

  1. nel tempo: ogni norma viene emanata per regolare un comportamento che era regolato diversamente o non era regolato affatto. Inoltre, il passare del tempo comporta una trasformazione nella cultura e nei valori di riferimento, cosicchè un comportamento ritenuto non conforme e penalizzato dall’ordinamento giuridico può essere, con il trascorrere del tempo e il cambiare della percezione comune, perfettamente lecito (es. divorzio) o viceversa comportamenti prima tollerati vengono puniti severamente (es. reati ambientali o contro gli animali);
  2.  nello spazio: le norme sono valide all’interno del territorio dello Stato che le emana. Ad esempio le norme giuridiche Italiane sono valide all’interno dei confini del territorio Italiano. Se esaminiamo altre realtà e gli ordinamenti giuridici di altri Stati, troviamo numerosi esempi di difformità tra le norme di quegli ordinamenti giuridici e le norme del nostro (ad es. l’ordinamento di alcuni paesi prevede la pena di morte, che in Italia non è contemplata).

DIRITTO OGGETTIVO E SOGGETTIVO

Il diritto oggettivo è l’insieme delle norme giuridiche. Ne consegue che “diritto oggettivo è sinonimo di ordinamento giuridico (insieme di tutte le norme vigenti in uno stato in un dato momento) e quindi anche di “diritto positivo”.
Il diritto soggettivo è il potere che un soggetto ha di tutelare un suo diritto basandosi sull’esistenza di una norma giuridica. Ad esempio L’art. 13 della Costituzione afferma che “la libertà personale è inviolabile”; in questo caso: a) Il diritto oggettivo è l’art. della Costituzione che stabilisce che la libertà personale è inviolabile; b) Il diritto soggettivo è il potere del soggetto di agire per tutelare il suo diritto alla libertà personale (nessuno può costringermi a compiere un atto che non voglio fare). L’ordinamento giuridico garantisce il singolo lasciandolo libero di agire (o meno)  per tutelare il suo diritto soggettivo. Il diritto soggettivo si basa sul diritto oggettivo che ne costituisce il necessario presupposto (io posso far valere il mio diritto sulla proprietà del mio cellulare perché vi è una norma che prevede la tutela della proprietà privata). Sono in ogni caso due angolazioni diverse da cui è possibile analizzare il diritto.

DIRITTO PUBBLICO E DIRITTO PRIVATO

Il DIRITTO PUBBLICO  regola un attività esercitata dallo Stato, che si trova in una posizione di supremazia rispetto ai soggetti privati. Tale attività deve essere rivolta al conseguimento di un interesse collettivo e può essere esercitata anche dagli enti Autonomi Territoriali (Regione, Provincia, Comune): Il DIRITTO PUBBLICO si distingue in vari rami: 1) Il Diritto Costituzionale, presente nella Costituzione, stabilisce sia i diritti e i doveri fondamentali dei cittadini sia le norme che regolano l’ordinamento Statale (poteri del Presidente della Repubblica, del Governo, del Parlamento, dei Giudici); 2) Il diritto Amministrativo regola l’attività amministrativa che i soggetti pubblici svolgono per attuare i loro fini; 3) Il dirittoPpenale stabilisce le azioni che devono essere considerate reati e fissa le conseguenti sanzioni giuridiche; 4) Il diritto Ecclesiastico regola i rapporti fra lo Stato Italiano e la Chiesa Cattolica , che si basano sul nuovo concordato del 1984; 5) il Diritto Internazionale Pubblico è costituito  dalle norme che regolano i rapporti fra gli Stati.
Il DIRITTO PRIVATO  regola le attività esercitate da soggetti privati che agiscono in posizione di parità fra di loro per tutelare i rispettivi interessi. Ad esempio nella compravendita di un cellulare, il compratore ha il diritto di ottenere un cellulare che funzioni perfettamente, il venditore ha il diritto di ottenere interamente la somma di denaro pattuita. Ognuna della parti ha la possibilità di far valere il proprio diritto (soggettivo) se alcuni obblighi non vengano rispettati. Tale attività è quindi rivolta al conseguimento di interessi particolari. Va precisato che si applica il diritto privato anche quando lo stato agisca come soggetto privato. Ad esempio un ospedale pubblico acquista dei letti da un impresa privata. Anche il DIRITTO PRIVATO si divide in vari rami: 1) Il Diritto Civile regola la condotta degli individui nei loro rapporti privati (proprietà privata, famiglia, contratti, successioni etc..); 2) Il Diritto Commerciale disciplina le attività economiche e commerciali (imprese, società, titoli di credito, etcc); 3) Il Diritto Internazionale Privato stabilisce quando si devono applicare  le norme Italiane e quando quelle Straniere.

LE FONTI DEL DIRITTO

Per “Fonti del Diritto”  indichiamo, con espressione figurata, le sorgenti da cui nasce il diritto. Esiste una gerarchia delle fonti del diritto, poiché queste hanno diversa importanza. L’importanza delle fonti decresce nel seguente ordine: Costituzione  e leggi Costituzionali, Leggi Ordinarie, Regolamenti e Consuetudine. La Costituzione (fonti supreme) è la legge fondamentale dello Stato, è entrata in vigore il 1 gennaio 1948 ed è composta da 139 articoli. E’ divisa in due parti: nella prima troviamo i principi fondamentali del nostro ordinamento (principio democratico, principio lavorista, principio di uguaglianza etcc..) assieme ai principali diritti di libertà dei cittadini (libertà personale, di domicilio, di stampa, di associazione e riunione, liberta religiosa etc..); nella seconda parte sono elencati i poteri che regolamentano l’amministrazione dello Stato (poteri Presidente della Repubblica, Governo, Parlamento, Giudici). La Costituzione è rigida ed è la norma superiore a cui si devono commisurare tutte le altre fonti. Esa è infatti immodificabile da tutte le altre fonti di grado inferiore. Le leggi Costituzionali sono le sole che possono modificare la Costituzione o integrarla (aggiungendo articoli o parti di essi) o revisionarla (sostituendo articoli o parti di essi). Per approvare una legge Costituzionale è prevista una procedura più complessa rispetto a quella adottata dal parlamento per approvare una legge ordinaria. E’ evidente che dopo l’approvazione , la legge Costituzionale diventa parte della Costituzione stessa.

Le leggi ordinarie (fonti primarie): sono quelle approvate dal Parlamento e non possono contenere disposizioni contrarie alla Costituzione, che le precede nella gerarchia delle fonti. Se viene approvata una legge in contrasto con la Costituzione esiste un organo, la Corte Costituzionale, che ha il potere di annullarla e di cancellarla dall’ordinamento giuridico. Hanno la stessa efficacia delle leggi e occupano quindi lo stesso gradino nella gerarchia delle fonti:  I decreti legislativi e i decreti legge emanati dal Governo; Le leggi Regionali; I regolamenti Parlamentari; Il risultato positivo del referendum abrogativo. I regolamenti dell’Unione Europea,  secondo alcuni giuristi, dovrebbero essere collocati su un livello più alto perché entrano in vigore senza bisogno di essere recepiti da una legge nazionale.
I regolamenti: (fonti secondarie): Poiché le leggi si limitano di solito a fissare i criteri generali di una determinata materia, sono necessari i regolamenti per specificare quanto disposto dalle leggi. Ad es. esiste una legge che stanzia degli aiuti in denaro per gli studenti meritevoli le cui famiglie non superano un determinato reddito. A seguito di ciò i Comuni emanano un regolamento dove si specifica cosa si intende per studente meritevole (es. promosso con almeno la media del 7) e bisognoso (ad es. la cui famiglia ha un reddito inferiore a € 15.000). I regolamenti possono essere emanati: dal Governo (regolamenti Governativi), dai singoli Ministri (regolamenti ministeriali), dalla Pubblica Amministrazione (regolamenti amministrativi). E’ evidente che i regolamenti non possono contenere disposizioni contrarie alla Costituzione e alle leggi (es. non si può dare una borsa di studio ad uno studente che è stato bocciato).
La consuetudine: Non tutto il diritto oggettivo è scritto, a differenza di quanto si pensa comunemente. La consuetudine è una norma giuridica che consiste nella ripetizione di un determinato comportamento in modo uniforme e costante nel tempo. Si basa sul fatto che le persone, tenendo quel comportamento, sono convinte di rispettare una norma giuridica anche se questa non è scritta. Poiché la consuetudine non è scritta, chi ha interesse a farla valere deve dare prova della sua esistenza (solitamente ricorrendo a testimonianze). Ad es. la legge sulla locazione degli immobili (approvata nel 1978 e successivamente modificata) non è in grado di prevedere tutte le controversie che possono sorgere fra inquilino e proprietario; per questo motivo, in caso di conflitto su un argomento non regolato da tale legge il giudice può decidere in base alla consuetudine. Non bisogna confondere la consuetudine con la norma sociale:
La consuetudine è una norma giuridica e chi la viola incorre in sanzioni, mentre chi viola una norma sociale non incorre in alcuna sanzione. E’ evidente che la consuetudine non può essere in contrasto né con i regolamenti, né con le leggi, né con la Costituzione.

Tutte queste fonti sono dette Fonti di Produzione per specificare il modo di formazione della norma giuridica da parte degli organi legislativi. Da queste si distinguono le Fonti di Cognizione che indicano il mezzo materiale (documento) che ci offre il contenuto della norma e attraverso il quale si viene a conoscenza delle norme vigenti. Le norme giuridiche, prima di essere efficaci, devono essere pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica.
Anche se pochi consultano questo documento (di solito si viene a conoscenza di una legge tramite la stampa o  la TV), rappresenta lo strumento che sancisce la “presunzione di conoscenza di una legge”. Le leggi della Regione Sardegna vengono invece pubblicate su un documento che si chiama BURAS (Bollettino Ufficiale Regione Autonoma Sardegna).

L’INTERPRETAZIONE DELLE NORME GIURIDICHE

A volte è difficile capire il vero significato di una norma, perché il legislatore (chi ha approvato la norma) può essere oscuro o impreciso. Interpretare una norma vuol dire cercare di identificare la volontà del legislatore. In base ai soggetti che effettuano l’interpretazione possiamo distinguere fra:
a) Interpretazione giudiziale: Ogni giudice quando applica una norma in un processo, svolge inevitabilmente un’operazione interpretativa, perché le norme giuridiche sono generali e astratte ma devono essere applicate ai casi concreti. (verificare se il furto di un auto rientra nella norma “non rubare”). L’interpretazione della norma è vincolante solo per quel particolare caso, tanto che la stessa norma potrebbe essere interpretata in modo diverso da un altro giudice in un altro processo (l’auto è stata presa in prestito senza avvisare il proprietario, ma non rubata). Nella realtà, però, se una certa interpretazione viene accolta in molte sentenze è inevitabile che i giudici ne restino condizionati. L’insieme delle sentenze costituisce la “giurisprudenza”.
b) L’interpretazione dottrinale:  viene effettuata dagli studiosi del diritto (giuristi)  per fini didattici o scientifici; essa non è vincolante, anche se un giudice potrebbe essere influenzato dalle teorie di un prestigioso giurista.

c) Si ha l’interpretazione autentica quando, essendo sorti gravi dubbi sulla comprensione di una norma, è il legislatore  stesso (colui che ha fatto la legge) che interviene con un’altra norma (interpretativa) per chiarire l’esatto significato di quella in dubbio. L’interpretazione autentica è vincolante per tutti, e la norma deve essere applicata nel senso chiarito dal legislatore.

Quando non sia possibile applicare i criteri sopra descritti  si applicano i cosiddetti “criteri di interpretazione”. I principali sono i seguenti:

  1. Interpretazione letterale, con la quale si analizza l’esatto significato delle parole delle frasi seguendo le regole della grammatica, della sintassi, della punteggiatura.
  2. L’interpretazione logica  ha lo scopo di accertare qual è stata l’intenzione del legislatore. Se restano dubbi si può ricorrere ai “lavori preparatori” (proposte e discussioni che hanno preceduto l’approvazione della norma); ad es. dai lavori dell’Assemblea Costituente è possibile è possibile ricavare l’intenzione dei Costituenti  e interpretare quindi correttamente la Costituzione.
  3. L’interpretazione analogica: Ad un giudice potrebbe presentarsi un caso che non è regolato espressamente da alcuna norma giuridica; in questa ipotesi il giudice deve ricorrere all’analogia. In un primo tempo il giudice cerca nell’ordinamento una norma che regoli una situazione simile e la applica al caso in esame (analogia di legge). Se non esistono norme affini, il giudice deve decidere secondo i principi generali dell’ordinamento giuridico (tutela della buona fede, uguaglianza tra i cittadini, etc..), perché in questo vi è una presunzione di coerenza e di automatico completamento (analogia di diritto). Se anche la ricerca analogica ha dato esito negativo, il giudice deve concludere che il caso non interessa il diritto. Va chiarito che per le norme penali non è possibile ricorrere all’analogia: una persona non può essere condannata se nessuna legge specifica chiaramente che l’atto commesso è un reato.

 

ENTARATA IN VIGORE DI UNA NORMA GIURIDICA

Il procedimento di  formazione di una legge è assai lungo e complesso e va sotto il nome di “iter legis”, a significare tutto il percorso che un atto normativo deve fare per divenire legge dello Stato. La prima fase è quella dell’iniziativa, che consiste nella presentazione a una delle due camere, indifferentemente,  di una proposta di legge redatta in articoli.
L’iniziativa legislativa appartiene: a ciascun membro del Parlamento; al Governo (disegno di legge); a ciascun Consiglio regionale; al consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (CNEL); ai cittadini (raccogliendo 50.000 firme: art. 71 Cost.).
La proposta di legge è esaminata dalla commissione legislativa competente, che redige una relazione e riferisce alla camera di appartenenza (deputati o senatori). La proposta di legge viene prima esaminata articolo per articolo e poi approvata nella sua globalità dalla prima camera. Una volta approvata, viene inviata all’altra camera che, a sua volta, deve discuterla e approvarla con le stesse modalità. Se non vi sono emendamenti (modifiche parziali al testo di legge), ossia se anche la seconda camera approva lo stesso testo di legge, la legge risulta approvata. Se però il testo viene modificato da una delle due camere, torna all’altra camera che è chiamata ad approvare solo gli emendamenti. E’ sufficiente che una sola camera non approvi un progetto di legge, cioè che dalla votazione risulti che la maggioranza di quella camera è contraria, perché la proposta di legge decada. La proposta approvata da entrambe le camere passa alla fase successiva: la promulgazione, che è l’atto con il quale il Presidente della Repubblica, previa verifica della compatibilità della legge approvata dal parlamento alla Costituzione, firma la legge. Il PdR ha la possibilità, per una sola volta, di rinviare la legge alle camere con un messaggio motivato, al fine di richiedere una nuova votazione. Si parla in questo caso di veto sospensivo. Il Parlamento può accogliere i rilievi del PdR e modificare la legge oppure votare a maggioranza assoluta la stessa legge. In questo caso il PdR è obbligato a firmare la legge in quanto è il parlamento titolare della funzione legislativa  e con la seconda votazione se ne assume la responsabilità. La firma del PdR rende la legge esecutoria. La legge viene infine pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica ed entra in vigore, di solito, dopo 15 giorni. Tuttavia sono possibili tempi maggiori (anche un anno) o inferiori (lo stesso giorno della pubblicazione). Questo periodo è stabilito per dare ai cittadini la possibilità di conoscere il contenuto delle norme. La norma giuridica nel momento in cui entra in vigore , si presume conosciuta da tutti. Senza questa presunzione di conoscenza, qualsiasi cittadino potrebbe invocare l’ignoranza per giustificare il mancato rispetto di una legge (…”non lo sapevo”). Insomma vale il famoso detto “l’ignoranza non scusa”.
Leggi di revisione Costituzionale. Al Parlamento compete anche l’eventuale modifica della Costituzione, secondo la procedura prevista dall’art. 138. E’ importante notare che la Costituzione non è modificabile in tutte le sue parti. Vi sono dei limiti alla revisione, posti dalla stessa Costituzione. E’ il caso dell’art. 139, che prevede la non modificabilità della forma Repubblicana, e della prima parte dell’art. 2, che stabilisce il riconoscimento da parte della repubblica dei “Diritti inviolabili dell’uomo”.
Per modificare la Costituzione, il Parlamento deve seguire un procedimento particolare, reso più difficile di quello legislativo normale; infatti la proposta di legge deve essere approvata due volte da ciascuna camera a un intervallo non inferiore a tre mesi e,  nella seconda votazione, è richiesta la maggioranza assoluta dei componenti. Segue la pubblicazione per consentirne a tutti la conoscenza.
Può essere richiesto un referendum, detto Costituzionale, solo nei casi in cui nella seconda votazione la legge Costituzionale non abbia ottenutoli voto favorevole di almeno i 2/3 dei componenti (maggioranza qualificata). In questo caso la legge viene pubblicata per notizia sulla gazzetta ufficiale (quindi non promulgata). Entro i tre mesi successivi 1/5 dei membri del Parlamento, o 500.000 elettori, o cinque consigli Regionali possono avanzare richiesta di referendum. La legge sottoposta a referendum non è promulgata se non è approvata dalla maggioranza di voti validi.
La Costituzione prevede anche il referendum abrogativo con cui i cittadini sono chiamati direttamente a giudicare sull’opportunità di mantenere o meno in vigore le leggi vigenti. Possono partecipare al referendum tutti i cittadini che abbiano compiuto 18 anni. Il referendum abrogativo, come il referendum Costituzionale, può essere richiesto da almeno 500.000 elettori o da cinque Consigli regionali. La richiesta viene esaminata dalla Corte Costituzionale e, se ritenuta valida, è indetto il referendum con decreto del Capo dello Stato. L’abrogazione viene dichiarata dal Presidente della Repubblica  e decorre dal giorno successivo alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dei risultati del referendum, sempre che abbaino partecipato allo stesso almeno il 50% +1 degli elettori. L’art. 75 stabilisce che non è ammesso il referendum per abrogare le leggi di bilancio, tributarie, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali, di amnistia e indulto (l’amnistia è causa di estinzione del reato, è un atto di clemenza generale con cui lo Stato rinuncia ad applicare la pena nei confronti di determinati reati; essa differisce dall’indulto, in quanto in questo caso lo Stato si limita a condonare una parte della pena senza estinguere il reato).

La legge si può inoltre abrogare in forma espressa: quando una norma successiva dichiara espressamente abrogata la norma precedente; oppure in forma tacita: quando una norma successiva, pur non dichiarando abrogata quella precedente, contiene delle disposizioni che contrastano o sono incompatibili con la prima (in questo caso per il criterio cronologico si applica la norma più recente).

Normalmente qualsiasi norma giuridica regola i rapporti futuri, cioè non è retroattiva, non può essere applicata a fatti accaduti prima della sua entrata in vigore (principio della irretroattività). Se così non fosse si potrebbe punire chi ha compiuto un atto che, in quel momento, era lecito, e questo sarebbe ingiusto oltre che pericoloso (il 20 luglio 1986 è entrata in vigore la norma che obbliga tutti i motociclisti ad usare il casco; se una persona ha guidato senza casco il 19 luglio 1986 non può essere colpito da alcuna sanzione, perché quel giorno non violato alcuna norma giuridica). Esistono tuttavia alcune eccezioni: In materia penale se una nuova norma è più favorevole al condannato.
Se una nuova norma riduce la pena in caso di omicidio da 30 anni a 20 anni, se un imputato era stato condannato a 30 anni, con l’entrata in vigore della nuova norma si applica la pena inferiore. Del pari sarebbe ingiusto punire chi ha commesso un reato che non è considerato più tale. Ad esempio, dal 1978 l’aborto non è più considerato reato (mentre fino a quel momento lo era): se un ginecologo ha procurato un aborto nel 1977 ha violato una norma giuridica ed è stato pertanto condannato. Successivamente la sua condanna verrà meno perché quell’atto, anche se commesso un’ anno prima, non costituisce più reato.  La retroattività si applica anche alle norme derogative: quando è cioè la stessa norma che dichiara espressamente la sua retroattività (ad es. nel campo dei controlli fiscali).

Le norme giuridiche producono i loro effetti nell’ambito territoriale in cui esercita la sovranità l’Ente che le ha emanate (principio della territorialità). Questo principio vale per le leggi penali e di polizia, e si applica pertanto anche agli stranieri che si trovano nel territorio dello Stato (se un cittadino francese commette un omicidio a Roma sarà giudicato in base al codice penale Italiano). Per gli altri rapporti giuridici (es. rapporti familiari, cessioni, donazioni) si applica la legge dello stato di cui lo straniero ha la cittadinanza. 

 

Fonte: http://www.gpchironi.it/sitenew/attachments/054_INTRDIRITTO.doc

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Autore del testo: non indicato nel documento di origine

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